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Dichiarazione di Delia MURER

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Maternità e cura, bonus pensione - Proposta di legge

  • (24 maggio 2012) - fonte: www.deliamurer.it - inserita il 24 maggio 2012 da 31

    Ho presentato alla Camera dei deputati una proposta di legge per riconoscere, ai fini pensionistici, il periodo dedicato alla maternità e quello dedicato al lavoro di cura di familiari disabili.

    La proposta stabilisce che per ogni figlio sia riconosciuto alla lavoratrice madre un bonus di due anni di contributi figurativi. Al tempo stesso viene portato a quattro anni complessivi il periodo di congedo straordinario, retribuito, riconosciuto a chi si occupa della cura di un familiare disabile grave convivente.

    “La recente riforma delle pensioni ha alzato l’età pensionabile e ha equiparato l’età per uomini e donne. In questo modo, però, non si riconosce il fatto che ci sono persone che, per la maternità o per la cura di un familiare disabile, di fatto lavorano il doppio, conducono carichi personali altissimi, e non possono andare in pensione così tardi. Operare una forma di compensazione rispetto alla maternità e al lavoro di cura è un elemento di giustizia sociale”.

    Di seguito il testo integrale della proposta di legge.

    PROPOSTA DI LEGGE

    d'iniziativa del deputato

    DELIA MURER

    Introduzione di un credito contributivo ai fini pensionistici per la maternità e aumento del periodo di Congedo straordinario per assistenza e lavoro di cura in favore di familiari conviventi portatori di handicap.

    Onorevole colleghi,

    alcuni recenti provvedimenti del Governo in ordine alla materia previdenziale sono stati volti al progressivo innalzamento dei requisiti anagrafici per il diritto all’accesso dei trattamenti pensionistici. Questo con riferimento sia ai lavoratori pubblici che privati, sia uomini che donne.

    La riforma è avvenuta per due ragioni sostanziali: da una parte lo scopo di adeguare i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT e convalidato dall’EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti. Dall'altra, la necessità di garantire la sostenibilità economica di lungo periodo del sistema che, oltre all'aggancio automatico dell'età pensionabile all'incremento della speranza di vita, ha previsto il posticipo della decorrenza dei trattamenti pensionistici (cd. finestre) e un generale incremento dei requisiti pensionistici.

    L’articolo 24 del decreto-legge 201/2011 ha attuato una revisione complessiva del sistema pensionistico.

    In particolare, sono stati ridefiniti i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia a decorrere dal 1° gennaio 2012 (comma 6), disponendo l’innalzamento a 66 anni del limite minimo per accedere alla pensione di vecchiaia (sia per i lavoratori dipendenti sia per quelli autonomi), nonché l’anticipazione della disciplina a regime dell’innalzamento progressivo dell’età anagrafica delle lavoratrici dipendenti private al 2018 (in luogo del 2026) Più specificamente, sono stati ridefiniti i requisiti anagrafici per l'accesso alla pensione di vecchiaia nei seguenti termini:

    62 anni per le lavoratrici dipendenti private, la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive della medesima; tale requisito anagrafico viene ulteriormente innalzato a 63 anni e 6 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2014; 65 anni a decorrere dal 1° gennaio 2016; 66 anni a decorrere dal 1° gennaio 2018;

    63 anni e 6 mesi per le lavoratrici autonome la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO nonché della gestione separata INPS; tale requisito anagrafico è fissato a 64 anni e 6 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2014; 65 anni e 6 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2016; 66 anni a decorrere dal 1° gennaio 2018; 66 anni per i lavoratori dipendenti privati e i pubblici dipendenti (lavoratori e, ai sensi dell’articolo 22-ter del D.L. 78/2009, lavoratrici), la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima.

    Il successivo comma 10 innalza, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, che maturino i requisiti a partire dalla medesima data, il limite massimo di 40 anni richiesto ai fini del riconoscimento del diritto al pensionamento in base al solo requisito di anzianità contributiva a prescindere dall’età anagrafica (c.d. “quarantesimi”). Sulla base delle nuove disposizioni, l’accesso al trattamento pensionistico è consentito esclusivamente qualora risulti maturata un’anzianità contributiva di:

    nel 2012, 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne;

    nel 2013, 42 anni e 2 mesi per gli uomini e 41 anni e 2 mesi per le donne;

    a decorrere dal 2014, 42 anni e 3 mesi per gli uomini e 41 anni e 3 mesi per le donne.

    In virtù di tale disposizione viene soppressa, sempre a decorrere dal 2012, la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con il sistema delle cd. “quote” introdotto dalla L. 247/2007, con un’anzianità minima compresa tra 35 e 36 anni di contributi. Inoltre, si prevede l’applicazione di una riduzione percentuale del trattamento pensionistico per ogni anno di pensionamento anticipato rispetto all’età di 62 anni (pari all’1%, con elevazione al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto a 2 anni).

    Con la riforma previdenziale, sul fronte del trattamento delle pensioni per uomini e donne, il Governo ha accolto i rilievi dell'Unione Europea sull'uguaglianza tra donne e uomini, predisponendo un intervento legislativo che parifica l'età pensionabile delle lavoratrici del lavoro pubblico a quella dei colleghi maschi, passando, gradualmente, alla medesima età.

    Il provvedimento, giustificato dall'esigenza di riequilibrio dei conti, non tiene del tutto conto di una serie di specificità che investono, in particolare le donne, nella loro storia lavorativa e personale, e innanzitutto del peso che deriva dalla mancanza di una vera politica di pari opportunità che investa nei servizi pubblici, che sostenga le donne nel mercato del lavoro, che dia risposte al lavoro di cura, che allevi le donne da un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita, e che le discrimina di fatto per tutta la loro vita lavorativa salvo saldare una paradossale "uguaglianza" quando si tratta della pensione.

    Il medesimo discorso riguarda chi assiste familiari disabili gravi; lavoro di cura che riguarda spesso le donne ma, a volte, anche gli uomini.

    In Italia ci sono milioni di persone non in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita in modo autonomo o di non deambulare da soli, eccetera, e quindi rientranti in condizione di handicap grave (art.3 comma 3 legge 104). Soggetti che vivono una condizione che incide pesantemente nella loro vita ma anche, almeno per chi ne ha una, sulle loro famiglie, che sono la risorsa vera, dal momento che i servizi pubblici, in questo senso, risentono di note carenze.

    A guardare gli ultimi dati Istat si rileva che il 43% delle donne italiane con età inferiore ai 40 anni (ma ben il 55% di quelle che ne hanno meno di 30), se decidono di avere un figlio non accedono alla maternità con tutti i diritti previsti dalla legge: non ricadono infatti tra le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato che sono il “target” di riferimento della legge 53/2000. Oggi le giovani donne accedono in modo precario al mondo del lavoro, spesso con lavori autonomi, ma si muovono anche in un contesto molto cambiato dal punto di vista culturale, fatto di maggiore equilibrio nelle responsabilità di cura nelle coppie, di consapevolezza di non voler essere messe di fronte alla scelta di rinunciare al lavoro in presenza di un figlio.

    E’ necessario dunque un riconoscimento mirato - materiale ma anche simbolico - del lavoro di cura, è necessario intraprendere un percorso di riequilibrio del sistema di welfare che allarghi i diritti sociali e di cittadinanza a chi, senza distinzione tra donne e uomini, presta attività di cura: la cura – che è attività umana essenziale e ha un valore irrinunciabile - deve entrare nella polis, ridisegnando una nuova mappa del welfare.

    Un sistema di welfare a carattere strutturale, reso più urgente dalla attuale situazione di crisi, iniziando da queste proposte:

    La proposta del Governo di equiparazione dell’età minima della pensione di vecchiaia delle donne, a fronte della sentenza della Corte di Giustizia europea nei confronti della normativa italiana del pubblico impiego, è accettabile solo se si accompagna a una sostanziale riforma del welfare che tenga conto del lavoro di cura. La possibilità di anticipazione infatti costituiva una sorta di “risarcimento”, per quanto generico e generalizzato, del ruolo di cura ricoperto dalle donne nella società. Averla cancellata contempla la necessità di individuare, comunque, una forma di riconoscimento per il lavoro di cura stesso.

    La nostra legislazione già prevede forme di riconoscimento per quelle categorie di lavoratori che hanno un'attesa di vita ridotta come disabili e lavoratori addetti a mansioni usuranti. Chi assiste in famiglia persone con necessità di assistenza continuata risente oggettivamente della medesima “usura” personale, della propria esistenza, tale da giustificare un riconoscimento. La presente Proposta di legge scaturisce dal principio dell’indispensabilità del riconoscimento della cura, a cui va dato un corrispettivo materiale, che viene tradotto nel cosiddetto "Credito di cura", un credito contributivo ai fini pensionistici che riguarda la maternità e il lavoro di cura. Un sistema di crediti che – secondo la nostra proposta – riconosce alle lavoratici madri un bonus di due anni di contribuzione figurativa, per ogni figlio, valido a tutti gli effetti di legge ai fini della maturazione del requisito di anzianità contributiva.

    Inoltre il provvedimento concede un riconoscimento a lavoratori e lavoratrici impegnati, nell'ambito familiare, in un lavoro di cura verso familiari conviventi con handicap grave. La formula è quella di aumentare il periodo di congedo straordinario, già previsto dalla normativa, da due a quattro anni nell’ambito della propria vita lavorativa. Un congedo retribuito a tutti gli effetti e con rilevanza ai fini pensionistici.

    Questa perequazione non solo va nella direzione di riconoscere alle donne quel diritto al riconoscimento di uno svantaggio oggettivo, di tutta quella mole di lavoro di fatto, non retribuito, che viene svolto nella responsabilità familiare, di cura e della maternità; ma aiuta a riflettere anche sul fatto che, se è vero che l'età media e l'aspettativa di vita si sono innalzate, è anche vero che il lavoro di cura logora fino al punto da abbassare la durata dell'esistenza stessa.

    Appare, quindi, necessario destinare a misure di riconoscimento del lavoro di cura almeno una parte dei risparmi ottenuti con l'innalzamento dell'età pensionabile.

    La presente Proposta di legge provvede, dentro questi indirizzi, al conferimento di una delega al Governo in ragione della estrema complessità del sistema previdenziale, che ha bisogno di interventi di varia natura su più provvedimenti che solo da un'analisi normativa e contabile preventiva del Governo possono essere prodotto.

    Per quanto riguarda la copertura finanziaria, non risultando possibile procedere in sede di conferimento della delega, a causa della complessità della materia trattata, all'esatta determinazione degli effetti finanziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni delegate, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità generale dello Stato n. 468 del 1978 e dalla riforma della medesima legge in via di approvazione definitiva (atto Senato 1397-B), la quantificazione degli oneri è rimessa alla fase di adozione dei decreti legislativi, e l'individuazione dei relativi mezzi di copertura è condizionata all'adozione di specifici provvedimenti legislativi. Si dispone, infatti, che i decreti legislativi dai quali derivino nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, siano emanati solo successivamente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo deve essere dunque allegata una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

    PROPOSTA DI LEGGE

    Art. 1.

    (Introduzione di un credito contributivo a fini pensionistici per la maternità).

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l’introduzione di un’agevolazione pensionistica alle lavoratrici madri con il seguente criterio direttivo:

    a) riconoscimento di un bonus di due anni di contribuzione figurativa, per ogni figlio, in favore delle lavoratrici madri, valido a tutti gli effetti di legge ai fini della maturazione del requisito di anzianità contributiva;

    Art. 2

    (Modifiche al Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e alla Legge 8 marzo 2000, n. 53, in ordine alla durata del Congedo straordinario per assistenza e lavoro di cura in favore di familiari conviventi portatori di handicap)

    a) Il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 denominato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita” si intende così modificato: “all’articolo 42, comma 5 bis, portare la durata massima da due anni a quattro anni”.

    b) Di conseguenza analoga modifica alla Legge 8 marzo 2000, n. 53, denominata "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”: “ all’articolo 4, comma due, portare la durata massima da due a quattro anni”.

    Art. 2.

    (Pareri sullo schema di Decreto legislativo).

    1. Lo schema di Decreto legislativo adottati ai sensi degli articolo 1 della presente legge, è deliberato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale.

    2. Lo schema di Decreto legislativo è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro trenta giorni dalla data di assegnazione dello stesso. Entro i trenta giorni successivi all'espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

    Art. 3.

    (Copertura finanziaria).

    1. Il Decreto legislativo di cui all'articolo 1, dai quali derivano nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica sono emanati solo successivamente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

    2. Allo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è allegata una relazione tecnica che rende conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

    Fonte: www.deliamurer.it | vai alla pagina

    Argomenti: Donne, welfare, pensioni, disabili, lavoro femminile, Costituzione, proposta di legge, età pensionabile, maternità | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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