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Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Camera   (Lista di elezione: PdL)  - Deputato (Gruppo: FLI) 


 

«Impossibile allearsi con chi oggi non sostiene Monti. Per il 2013 una grande coalizione» - INTERVISTA

  • (08 luglio 2012) - fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi - inserita il 08 luglio 2012 da 31

    «Per il 2013 grande coalizione il premier lo sceglieremo dopo».

    Grande coalizione anche per il dopo Monti. E alle urne con un panorama articolato su tre poli, uno dei quali si intesta la serietà e la sobrietà messa incampo dal premier e la necessità di rinnovamento attraverso riforme anche impopolari. Con un forte rinnovamento anche del ceto politico. E’ lo scenario che disegna Gianfranco Fini per il confronto elettorale del 2013.

    Presidente, cominciamo dai temi più stringenti. Come giudica le scelte sulla spending review del governo?

    «E’ certamente necessaria, visto che di revisione della spesa si parla da tempo immemorabile. E poi Monti ha detto chiaramente che se non riduceva la spesa di diversi miliardi di euro sarebbe stato costretto in autunno ad aumentare l’Iva e questo sì che avrebbe avuto un effetto di ulteriore depressione dei consumi e avrebbe colpito i ceti più bassi».

    Ma a lei piace o no?

    «L’intervento, almeno ad una prima lettura, è certamente equilibrato. Per prima cosa accorpa le Province. Personalmente ritengo che arriverà il momento in cui bisognerà accorpare anche le Regioni. Alla luce di un fatto preciso: se si guarda al bilancio del 2011 si vede che solo per acquisti di beni e servizi - dunque senza stipendi, senza pensioni eccetera - nella Pubblica amministrazione complessivamente intesa ci sono stati 140 miliardi di euro di spesa. Inoltre va nella direzione giusta anche la drastica riduzione di piccoli tribunali. E anche per quel che riguarda il pubblico impiego non credo possa destare scandalo il fatto che i dipendenti siano valutati tramite una cosiddetta pagella o che per loro ci sarà una maggiore mobilità».

    E il taglio degli ospedali?

    «Quello non c’è. Francamente non vedo come si possa urlare al massacro sociale o allo sciopero generale».

    Resta, presidente, che nonostante tutti gli interventi del governo lo spread è a 470 punti, le Borse vanno a picco e di ripresa o sviluppo molto si parla e poco o nulla si fa. E allora?

    «Chiaro che lo spread risente anche di speculazioni finanziarie. La crisi è mondiale, è evidente che l’Italia non può avere la presunzione di invertire da sola la tendenza. Alcune misure andranno messe a punto in sede europea. Tuttavia qualcosa va fatto anche sul piano interno. Ad esempio molti fondi per gli incentivi alle imprese sono discrezionali o a pioggia, e non vengono subordinati all’aumento dell’occupazione. Se le imprese vedessero detassati gli utili, e solo gli utili, a condizione che quegli utili producano più impiego, lo Stato non ci rimetterebbe nulla e quei soldi non finirebbero, diciamo così, in nero. In questo quadro, il tema di una progressiva riduzione del carico fiscale è ineludibile. Per questo insisto su quei 140 miliardi, che sono la vera polpa: quattro o cinque miliardi di risparmio consentirebbero di rendere praticabile la mia proposta di detrazione dell’Imu dall’Irpef».

    Lei ha avuto uno scontro con Schifani sulla Vigilanza Rai. Finisce così? Con la possibilità, per usare la sua espressione, che ci sia un altro rigore a favore della squadra del cuore?

    «Beh, diciamo quando un arbitro sbaglia la volta dopo ci sta più attento. In ogni caso per me la polemica è chiusa. La cosa che però emerge con nettezza è che nel Pdl, partito sostanzialmente anarchico, ci sono due questioni: giustizia e tv che sono totem intoccabili. Se qualcuno su questi due temi dissente da Berlusconi, o si è cacciati come è capitato a qualcuno che conosco (ride, n.d.r.) oppure si è rimossi come è capitato al senatore Amato. Sono terreni sui quali nel Pdl si può pensare con la propria testa a patto che quel pensiero non venga espresso».

    Allarghiamo un po’ il discorso. In fondo anche lo scontro, poi risolto, sulla Rai ha dimostrato che il governo viaggia in sicurezza e che Monti arriverà a fine legislatura...

    «E meno male che è così. C’era in verità qualche gufo che pensava che se il vertice Ue fosse andato male Monti, che gode di una oggettiva credibilità internazionale, sarebbe saltato e si sarebbe andati ad elezioni. Per l’Italia sarebbe stato un disastro epocale, un gesto di irresponsabilità nazionale. E’ importante che anche il Pdl abbia deciso di sostenere il premier fino in fondo».

    Bene. Però le volevo chiedere: che Italia ci sarà nel 2013? Che offerta politica verrà presentata agli elettori? E la sua, in particolare, quale sarà?

    «Questa è la grande questione aperta. C’è nel Paese un desiderio di novità; c’è un forte risentimento verso un ceto politico che è di nuovo alle prese con la questione morale; c’è una sfiducia nei confronti dei partiti, più o meno tutti. Tocca alla politica dare una risposta».

    Ovvio. La sua, appunto, quale sarà?

    «La risposta che sto tentando di dare - assieme ad altri: Fli deve essere un motore; l’Udc un altro; altri soggetti sociali pure - è creare un polo, diciamo così, riformatore. Con un forte rinnovamento anche nel ceto politico».

    E le sembra una novità? Tutti: partiti, movimenti e così via si definiscono riformatori. Un termine inflazionato.

    «Fino ad un certo punto. Le dico una cosa. A me l’espressione moderati non dice più nulla, la dicotomia vera oggi non è più tra moderati ed estremisti bensì tra conservatori e chi ha il coraggio, rischiando l’impopolarità, di fare le riforme indispensabili. Dunque, dicevo, un polo riformatore. E anche profondamente europeo. La conseguenza più grave dell’ultimo berlusconismo è aver accreditato l’equazione tra destra e antieuropeismo; destra e qualunquismo; destra ed egoismo sociale. Un polo che si presenti con maggiore credibilità non solo per le proposte che fa, ma anche per le energie che mette in campo. Dobbiamo assolutamente aprire a liste civiche, a movimenti spontanei, ad associazioni. Se i partiti pensano di essere autosufficienti commettono un errore madornale. In questo contesto la cartina di tornasole della credibilità sono le riforme istituzionali».

    Che non si faranno.

    «E’ stato gravissimo che il Pdl abbia fatto saltare l’accordo con Pd e Terzo polo sulla riduzione dei parlamentari e sul superamento del bicameralismo. Il baratto con la Lega: io ti do il Senato federale e tu in cambio mi dai il semipresidenzialismo è roba da suk mediorientale. In Francia non esiste un Senato federale. Si è trattato di una smaccata operazione di propaganda, che temo porterà ancora una volta a non fare le riforme costituzionali e Pdl e Lega se ne assumeranno la responsabilità. Di qui la necessità di lanciare fin d’ora la proposta, per la prossima legislatura, di una Assemblea costituente».

    E la riforma elettorale? Rivoteremo con il Porcellum?

    «Questo no. Mi auguro che almeno una modifica ci sia: ridare al cittadino la possibilità di scegliersi il suo parlamentare».

    E tuttavia, presidente, una cosa è certa: questo polo che lei intende costruire da solo non arriverà al 51 per cento. Con chi si alleerà? Casini ha lasciato intendere che l’accordo con il Pd forse è la strada più praticabile. E lei?

    «Con Casini e anche con altri ci parliamo ogni giorno. Su una cosa siamo completamente d’accordo: piantiamola di dire alleati con Tizio o Caio contro questo o quell’altro. Il governo Monti sta cambiando profondamente la mappa politica italiana. Sarà difficile per Bersani fare un comizio elettorale avendo a fianco Vendola, che sulla spending review parla di massacro sociale. E anche per Alfano sarà difficile fare un comizio al Nord a fianco di Maroni. Le alleanze andranno delimitate all’interno del perimetro delle forze che hanno sostenuto Monti. In termini ancora più chiari: non vedo come Fli potrebbe allearsi con chi fino ad una settimana prima ha tuonato contro il governo attuale. In qualcuno alberga la tentazione di considerare il governo Monti nient’altro che una parentesi, chiusa la quale tutto torna come prima».

    Lei disegna uno scenario da grande coalizione mentre Alfano continua a sostenere la necessità di un confronto tra due schieramenti alternativi? Già un pezzo è perso.

    «E chiaro che Alfano preferirebbe un bipolarismo come quello del passato; ricucendo con la Lega, l’Udc e magari anche con me. A me non interessa un bipolarismo rissoso come quello che abbiamo conosciuto. Quindi con buona pace di Alfano non sarà così sicuro che alle elezioni i poli saranno due. Ce ne saranno tre».

    Appunto. E se uno dei tre non si vuole alleare, giocoforza dovranno farlo gli altri due. Tradotto: maggioranza composta da Pd e Terzo polo. E chi fa il premier? Lei sarebbe disposto a sostenere Bersani a palazzo Chigi?

    «Ma questo si può decidere solo dopo il responso delle urne. E a seconda di quale legge elettorale c’è. Per esempio se resta l’obbligo di indicare un candidato premier».

    D’accordo. Ma lei Bersani lo appoggerebbe o no?

    «Guardi, un governo Bersani o un governo Alfano presuppone che nella coalizione non ci sia chi ha avversato il governo Monti. Cioè che non ci sia la Lega, né Di Pietro o Sel. Più chiaro di così... E’ il sistema politico tutto intero che si sta sgretolando: prima lo si capisce e meglio è».

    Fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, pubblica amministrazione, riforma elettorale, spesa pubblica, europa, alleanze, pdl, Rai, Politica Nazionale, Schifani Renato, presidente della Camera, elezioni politiche 2013, Bersani, Fli, IMU, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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