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Dichiarazione di Maurizio SAIA

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) 


 

Legislatura 16ª - Resoconto stenografico della seduta n. 767

  • (17 luglio 2012) - fonte: www.senato.it - inserita il 22 luglio 2012 da 18661

    "Sono d'accordo con il senatore Di Giovan Paolo, ma la ratio dell'articolo è errata. Si ricordi inoltre la legge n. 110 del 1975 e la direttiva della CEE che ci ha imposto di cancellare il catalogo. Non auspico pertanto una sua reintroduzione, perché sarebbe un appesantimento, uno strumento in più e anche un qualcosa che fuoriesce, a parere mio, dalle regole; l'Italia sarebbe l'unico Paese in Europa in cui si svolge un doppio controllo, che non serve, che sembra capzioso e che può anche dare adito, come dicevo nell'intervento di ieri, a cattivi pensieri. Non c'è la necessità di fare questo tipo di controllo. L'illiceità di utilizzo di armi per altri scopi non la fermiamo con questo tipo di burocrazia, ma in altre maniere. Se gli altri Paesi, che hanno la nostra stessa sensibilità nei confronti del terrorismo, non hanno ritenuto di applicare o trascinarsi strumenti che sono datati, di oltre novant'anni fa, come il catalogo delle armi, evidentemente è perché non ritengono che ciò sia utile, se non a preservare la coscienza del Ministero, che pensa di aver fatto quello che doveva fare, ma poi le armi girano lo stesso, vengono vendute, in una maniera o nell'altra, e chi le usa non ha timore di farlo fuori dalla legge. La verità è che l'articolo 1 è stato scritto male, e condivido pertanto pienamente la decisione del relatore di eliminare l'articolo. Non è vero, a parer mio, pur riconoscendo l'assoluta preparazione in questo campo del collega Orsi (è questa un'interpretazione di legge), che oggi le case produttrici siano bloccate. Questo è ciò che vuole il Ministero, perché è il Ministero che dà questa interpretazione, mentre in tutti gli altri Paesi europei non è così. È esattamente la questione alla base dell'infrazione per cui, nell'ultima legge finanziaria, abbiamo dovuto abrogare il catalogo delle armi. Non è vero che oggi le case produttrici, piccole o grandi che siano, debbano rimanere bloccate, perché la legge non prevede questo. L'interpretazione forzata e capziosa del Ministero per introdurre sottobanco il catalogo delle armi, con un nome diverso, ma con una commissione uguale a quella di prima, che non ha utilità e non serve, è la dimostrazione che non c'è del tutto buona fede da parte del Ministero. Mi pare che il collega Divina stia preparando un ordine del giorno in questo senso - che sottoscrivo - che impegna il Governo a sbloccare tale situazione, consentendo la produzione di nuove armi, con tutti i controlli necessari per legge (in base ad una serie di leggi che esistono già e che già regolamentano tutta la materia), e mettendo da domani i produttori nelle condizioni di avere l'autorizzazione del Ministero ad esercitare la licenza e vendere prodotti nuovi. Ci stiamo costruendo problemi ulteriori, che purtroppo esulano dai titoli molto roboanti a capo di questo articolo, che suggerisce che si stia facendo questo per bloccare il terrorismo. Da uomo di destra, non credo mi si possa negare la sensibilità rispetto al tema del terrorismo, ma non è questa la preoccupazione: le preoccupazioni sono altre. Come al solito, riscontriamo il vizio, in particolare del Ministero dell'interno, di non ragionare in maniera aperta e non ideologica, come diceva il senatore Di Giovan Paolo, e di preservare i piccoli poteri che non hanno più nessuna utilità e bloccano le riforme e la possibilità di andare avanti con leggi più europee, più sburocratizzate rispetto ai meccanismi del Ministero, che francamente hanno un po' stancato. Non è questa la sicurezza che serve al Paese."

    Fonte: www.senato.it | vai alla pagina
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