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Dichiarazione di Patrizio BIANCHI

Alla data della dichiarazione: Assessore Regione Emilia Romagna


 

«Se l'Italia non riparte il Lingotto se ne va» - INTERVISTA

  • (19 luglio 2012) - fonte: Giorno/Resto/Nazione - Massimo Degli Esposti - inserita il 20 luglio 2012 da 31

    Per la Nuova Panda era prevista una produzione annua di 250 mila vetture, su 1,4 milioni di auto che Fiat contava di realizzare in Italia. In realtà tutto il mercato italiano non supererà quest'anno quota 1,5 milioni e le Fiat saranno poco più di 400 mila. Una crisi Fiat, dentro una crisi Italia. Due fenomeni che dovrebbero far scattare l'allarme rosso nel governo, pensa il professor Patrizio Bianchi.

    Economista industriale ora prestato alla politica come assessore all'istruzione e alla formazione dell'Emilia Romagna, ma in passato consulente della Fiat stessa. Allarme, spiega Bianchi, perchè «ormai Marchionne ha esportato le due funzioni chiave dell'industria dell'auto: la finanza, negli Usa, e l'innovazione in Brasile, dove sta sviluppando i motori flexi. E ora l'Italia è solo luogo di assemblaggio, di produzione a basso valore aggiunto».

    Anche lei, come Casini, pensa che Marchionne se ne stia andando alla chetichella?

    «Come dicevo, l'ha già fatto. Il caso Pomigliano dimostra che la grande polemica su contratti e organizzazione aziendale era solo fumo. Sono altri i motivi per cui la Fiat guarda all'estero».

    Quali?

    «Vuole spostarsi dove c'è crescita: l'America, l'Asia. Vede l'Italia come un Paese in declino, che per molti anni ancora continuerà a contrarre i consumi. Del resto ha accumulato manovre per 330 miliardi...».

    E di questo, pensa, che dovrebbe preoccuparsi il governo?

    «Appunto. Fiat potrebbe essere solo la punta di diamante di un fenomeno generale. Nessuno resta a produrre dove non vende e dove i consumi continuano a crollare. Ricominciare a crescere è cruciale».

    Eppure il Lingotto ha preso impegni precisi con questo Paese, e incassato anche tanti aiuti pubblici...

    «Infatti. Penso che il ministro Passera dovrà chiederne conto, se non l'ha già fatto. Deve pretendere che Marchionne, una volta per tutte, dica cosa vuol lasciare qui e cosa vuola spostare all'estero. E inaccettabile che continui a sfogliare il carciofo delle chiusure; prima Termini, poi Mirafiori, ora Pomigliano, ogni volta alzando la posta di quel che chiede al governo per non andarsene in Serbia».

    Fonte: Giorno/Resto/Nazione - Massimo Degli Esposti | vai alla pagina

    Argomenti: Fiat, finanziamenti pubblici, delocalizzazione, Marchionne, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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