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Dichiarazione di Claudio MARTELLI


 

«Altro che trattativa con Cosa Nostra. Lo Stato capitolò» - INTERVISTA

  • (20 luglio 2012) - fonte: Il Mattino - Fabio Scandone - inserita il 20 luglio 2012 da 4110

    La verità sulle stragi dipende anche dalla gestione dei pentiti.

    «Trattativa con Cosa Nostra? Per carità, quella fu la capitolazione in piena regola dello Stato e delle norme di diritto quali il 41bis, il regime di carcere duro, per un esercito di mafiosi sperando di fermare le stragi. Operazione a mio avviso poco etica e morale, ma soprattutto fallimentare visto che dopo Capaci e via D'Amelio le stragi continuarono con Milano, Firenze, l'ipotesi dell'attentato a Roma».

    Nel giorno in cui l'Italia ricorda il ventennale dell'attentato in via D'Amelio contro il giudice Paolo Borsellino e che costò la vita anche a cinque uomini della sua scorta, Claudio Martelli, ministro della Giustizia dal '91 al '93, è netto. Non risparmia critiche, chiama in causa i più alti vertici dello Stato.

    Delinei il quadro istituzionale dunque.

    «A muoversi per l'abolizione del carcere duro, il 41bis appunto, fu il ministro della Giustizia Conso, a sua volta nominato dall'allora presidente della Repubblica Scalfaro che ricevette più di una pressione dai cappellani carcerari per allentare il regime: risultato, allontanò Amato dalla direzione dei sistema carcerario nominando il più soft Capriotti di Trento».

    Ma a vent'anni e più dalle stragi di Capaci e via D'Amelio, quanta parte di Stato ha avuto secondo lei un ruolo nell'intreccio con Cosa nostra?

    «La luce vera su via D'Amelio e Capaci potrà essere fatta quando saranno acccertate responsabilità su depistaggi che certamente ci furono».

    Si riferisce a scheggge impazzite dei Servizi che per esempio si mossero avvisando chi di dovere dell'arrivo a Palermo dell'aereo di Falcone?

    «Guardi, non è che si può andare a sensazioni personali, ma quel che certo è che c'è una responsabilità dell'allora questore di Palermo La Barbera. A questo punto i predecessori dei giudici di Caltanissetta diciassette anni fa, o hanno preso un abbaglio colossale oppure peggio».

    Vale a dire?

    «L'unica cosa possibile, il dolo. Ma questo sarà l'inchiesta ad accertarlo, ci auguriamo».

    Insisto sulle responsabilità dello Stato. Cosa ha pesato di più su via D'Amelio secondo lei?

    «Guardi la cosa più clamorosa è, a mio avviso, che all'indomani di via D'Amelio siano stati impostati processi e processi basati sulla testimonianza di uno, risultato poi estraneo: Tarantino. La domanda fondamentale è perchè mai un uomo che non ha nessun ruolo, si autoaccusa di una strage rimanendo in carcere dal '93 al 2008?

    E lei da ex ministro della giustizia che risposta si dà?

    «Non ho personalmente una risposta se non quella ovvia che doveva avere qualcosa in cambio. Ma tocca a Caltanissettta fare finalmente chiarezza»

    Resta che il ruolo dei pentiti continua a produrre polemiche sulla loro attendibilità.

    «Ma questo dipende sempre dalla deontologia del giudice. Falcone ammoniva a non avere un "rapporto intimistico" con i pentiti, a non farsi scoprire le carte».

    Fonte: Il Mattino - Fabio Scandone | vai alla pagina

    Argomenti: stragi, processi, falcone, borsellino, carcere, ministro della Giustizia, 41 bis, Cosa Nostra, pentiti, Mafia e Politica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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