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Dichiarazione di Antonio Catricalà

Alla data della dichiarazione:  Sottosegretario  Presidenza del Consiglio -  Viceministro  Sviluppo Economico


 

«Non vogliamo diventare sudditi della Ue» - INTERVISTA

  • (05 agosto 2012) - fonte: Corriere della Sera - Marco Galluzzo - inserita il 06 agosto 2012 da 31

    Professore come stanno i conti pubblici, farete una correzione?

    «No non ci sarà un decreto di correzione, naturalmente ci sarà la legge di Stabilità. Occorre onorare il Fiscal compact, il pareggio di bilancio nel 2013 lo confermiamo, ma i conti dello Stato vanno bene».

    Cosa vi rassicura?

    «Siamo tranquilli per due motivi: soffriamo di spread alti nel lungo termine, ma quelli a breve sono ancora accettabili per le nostre finanze. Avremo bisogno di una politica di bilanciamento fra medio e lungo termine, ma abbiamo i migliori professionisti europei al Tesoro su questi punti».

    I conti pubblici non vi preoccupano, ma quando comincerete ad aggredire il debito? Per molti siete in ritardo.

    «Abbiamo letto molte ricette, il piano di Alfano, i suggerimenti di Vegas, i consigli di tanti economisti. Ma vorrei dire che esiste anche la linea di Monti e Grilli: abbiamo varato i fondi immobiliari, ci stiamo lavorando, è chiaro che non è facile, né immediato. Ma se avessimo iniziato a lavorare solo sulle dismissioni saremmo stati in grado di fare accettare la riforma dell'Imu? O delle pensioni? Monti ha avuto una visione strategica. In ogni caso non credo che sia realistico spingersi oltre i 15-20 miliardi l'anno, fra l'altro il mercato per ora non ha domanda. E questo range ci consentirebbe di onorare gli impegni di riduzione pluriennale del debito presi a Bruxelles».

    Venderete alcuni asset pubblici?

    «Abbiamo detto che le società pubbliche sono un bene primario dello Stato, non ne perderemo il controllo. Si tratta di capire quali quote, prive di rilevanza strategica, potranno essere dismesse».

    Unicredit, Finmeccanica, altre aziende nazionali: sono nel mirino di qualcuno?

    «È chiaro che il ministro dell'Economia, certamente per Finmeccanica, vigila. Ma non abbiamo intenzione di interferire sul libero mercato. Del resto abbiamo una legge sulla golden share, rispettosa dei vincoli europei, che conferisce al governo poteri rilevanti. Per alcune società in particolare, da Eni a Enel, sino a Terna, scalate ostili le vedo inimmaginabili, solo persone poco avvedute progetterebbero operazioni su attività regolamentate e contro il governo».

    Cosa farete per evitare l'aumento Iva?

    «Di certo non ci saranno tagli alle retribuzioni pubbliche. E non abbiamo alcuna intenzione di toccare le tredicesime, non siamo in queste condizioni . Dal riordino delle agevolazioni si può trovare qualcosa, ma non moltissimo. Viceversa pensiamo di ottenere molto da una spending review che è ancora in corso. Il mandato del commissario Bondi dura sino alla fine del nostro governo: non ha un compitino che è terminato, va ulteriormente implementato. Fra l'altro occorre una certa vigilanza: ogni volta che ci sono state riduzioni di spese la storia insegna che il sistema ottiene altre forme di esborso pubblico».

    Cosa avete in agenda?

    «Di certo faremo nuove norme di liberalizzazioni. Ogni anno c'è da varare una legge per la concorrenza. C'è tutto il settore dei trasporti su cui intervenire: la materia non è stata liberalizzata, è rimessa alla costituzione di un'Autorità che vedrà la luce a settembre. Poi ci sono i decreti attuativi delle liberalizzazioni delle attività economiche già varate. Aprire una palestra a Roma richiede sette autorizzazioni, tutte regionali: in orgine erano 15, c'è molto da fare».

    Chiederete lo scudo anti-spread?

    «La nostra idea è che ce la faremo da soli. Non abbiamo bisogno di nessun aiuto in senso tecnico, ma sappiamo anche che questo periodo di transizione sta diventando troppo lungo, i mercati ci mettono troppo a riconoscere i nostri meriti, la buona salute dei conti pubblici».

    Dunque alla fine lo chiederete? E dovrete firmare un memorandum di ulteriori obbligazioni con l'Europa.

    «Non abbiamo timore di fare un memorandum of understanding . Significherebbe solo confermare impegni già assunti. Sarebbe un atto meramente dichiarativo, senza nuove obbligazioni. Non siamo e non vogliamo diventare sudditi della Ue, ne siamo fondatori e stiamo lavorando per l'Italia e per tutti i cittadini europei».

    Per tanti sarebbe una cessione ulteriore di sovranità.

    «Ma per carità! Quello della sovranità è un problema che riguarda tutta l'Europa, tanto che la Corte Costituzionale tedesca deve decidere se il Fiscal compact impatta sulla loro democrazia. Bisogna essere obiettivi: ci sono dei trattati che abbiamo firmato, che hanno messo insieme dei pezzi di sovranità di tutti i Paesi. Vanno osservati, come fa ogni Stato serio».

    La richiesta dello scudo avrebbe conseguenze sulla maggioranza.

    «È vero, potrebbe essere utilizzato impropriamente, ma sino a ora, quando c'è stato bisogno di manifestare unità del Paese, il Parlamento ha risposto in modo quasi unanime, con stile encomiabile. Non credo che ci sarebbe una reazione di rottura, avremmo forse dei contraccolpi, sono sicuro che li supereremo».

    Prima si muoverà la Spagna, poi, eventualmente, voi?

    «È chiaro che non saremmo mai noi a fare per primi una richiesta, ci guarderebbero come dei matti. Le nostre finanze pubbliche sono molto più solide di quelle di tanti altri. E poi non ci muoviamo se non sappiamo esattamente che cosa prevede l'intervento della Bce. In sintesi: che cosa viene chiesto e cosa viene dato in cambio».

    Un'agenda Monti può sopravvivere al governo?

    «Speriamo che questo governo abbia indicato una modalità di azione, una capacità di raggiungere determinati obiettivi nel breve periodo. Un metodo e una speditezza della decisione. Si può fare, ora è dimostrato, anche in Italia. Occorre riconoscere che abbiamo una maggioranza eccezionale nei numeri, ma il contributo alla governabilità del sistema lo abbiamo dato».

    Finirete la legislatura?

    «Penso assolutamente di sì, non è in aria una crisi di governo. Lo scioglimento anticipato potrebbe aggravare la crisi finanziaria, vedo più rischi che benefici da un'interruzione della legislatura. Questo penserebbero i mercati, la vivrebbero come una forma di destabilizzazione».

    Legge elettorale: i partiti la faranno?

    «È una pregiudiziale assoluta. Antonio Maccanico mi ha insegnato che ogni legge è neutra rispetto al vincitore. Il voto lo indica con certezza, la legge gli consente di governare. Per questo serve una norma che abbia un premio di maggioranza serio e poi una soglia di sbarramento altrettanto seria, così si garantisce la governabilità. I mercati vogliono l'affidabilità della classe politica del Paese, un governo in grado di attuare un programma».

    Perché non è stata ancora fatta?

    «Quando si vuole fare una legge elettorale, ce lo insegna la storia, ci vogliono solo sette giorni per approvarla. Evidentemente non c'era la volontà di votare».

    Monti lo esclude, ma tutti si chiedono: ci sarà ancora un suo impegno?

    «Il problema non è mai di nomi, il problema è di affidabilità e di serietà di impegni. È un falso problema parlare di Monti bis, bisogna parlare di un modello che possa coinvolgere un'ampia maggioranza e attuare in fretta i programmi».

    È vero che siete stati precettati?

    «Nessuno si allontanerà, il governo non va in vacanza. Sono stati sconsigliati i viaggi all'estero: magari, se occorre, non si riesce tornare in fretta. Il 10 c'è il prossimo Cdm, il 24 un altro».

    Quando De Gaulle tornò al potere disse ai francesi: sono qui per fischiare la fine della ricreazione. Con tutto il rispetto, sembra che il governo abbia fischiato solo per alcuni, mentre per altri la ricreazione è continuata.

    «Guardi io posso solo dire che Monti non ha mai perso né psicologicamente né fisicamente lo slancio. Semmai ogni tanto va frenato, perché è un entusiasta. Abbiamo fatto cose difficilissime, in materia di liberalizzazioni moltissimo. Certo, le spinte delle corporazioni ci sono state, la riforma delle professioni è stata un'impresa quasi ciclopica. Abbiamo riformato le piante organiche dei notai e delle farmacie, un'attività economica si può aprire con un semplice dichiarazione, la rete del gas è stata divisa dall'operatore dominante. Si può fare di più, ma il governo non ha finito di lavorare».

    Una vera riforma della pubblica amministrazione non l'avete fatta.

    «È vero che esiste una fetta di pubblica amministrazione che non funziona, ma si tratta di non buttare via il bambino con l'acqua sporca».

    Berlusconi lo sente?

    «Talvolta, il nostro riferimento è il segretario Alfano»

    Antonio Catricalà è magistrato, avvocato, consigliere di Stato. Per sei anni è stato a capo dell'Antitrust. Oggi è sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l'ufficio che Gianni Letta aveva nei governi Berlusconi, snodo centrale della macchina dell'esecutivo. Ha ottimi rapporti con i protagonisti della strana maggioranza: con Casini («Siamo amici, anche fuori dal Palazzo»); con Alfano («Nutro grande stima, credo ricambiata»); con Bersani («Da presidente dell'Antitrust dissi che era stato il migliore ministro dello Sviluppo»).

    Fonte: Corriere della Sera - Marco Galluzzo | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, economia, pubblica amministrazione, liberalizzazioni, spesa pubblica, UE, europa, debito pubblico, dismissioni, BCE-Banca Centrale Europea, Parlamento Italiano, crisi finanziaria, bilancio dello Stato, classe politica, mercati, IMU, Finmeccanica, governo Monti, fiscal compact, spending review | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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