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Dichiarazione di Antonio DI PIETRO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) 


 

«Due o tre cose che vorrei dire al Presidente» - INTERVISTA

  • (06 agosto 2012) - fonte: OGGI - Gino Gullace Raugei - inserita il 07 agosto 2012 da 31

    «Napolitano? Un uomo attento al sistema della prima repubblica».


    Di Pietro contro tutti; come ai tempi di Tangentopoli, quando sparava raffiche di avvisi di garanzia e mandati d'arresto che falciarono i super potenti della politica, della finanza e dell'imprenditoria dell'epoca. Ma con una differenza non da poco: allora tutti lo tiravano per la giacchetta per arruolarlo in un progetto politico; oggi nessuno lo vuole più. Nell'inesorabile ristrutturarsi di partiti e schieramenti, tra il centrodestra che è per ora un campo di macerie e il centrosinistra l'ennesimo cantiere senza un progetto chiaro, Tonino rischia di diventare un cassintegrato della politica, fuori dai giochi e dalle alleanze.

    Di Pietro, è questo il momento più difficile della sua abbastanza tormentata carriera politica.

    «Questo è un momento difficile per tutti e io mi sento come Cassandra: prevedo il futuro, ma non vengo ascoltato. Però vivo l'esperienza politica di questi giorni con nuova energia, come se fosse una nuova primavera, quasi fossimo tornati ai tempi di Mani Pulite. Ieri come oggi, quando vedo che il mio Paese è allo sfascio, sento ancor di più la voglia di contrastare questa deriva dell'ipocrisia che descrive agli italiani una realtà totalmente diversa da quella che è».

    Però il suo ex alleato Nichi Vendola per giustificare l'esclusione dell'ldv dall'alleanza di centrosinistra, ha detto che alla deriva ci sta andando lei.

    «Nei giorni scorsi abbiamo depositato i quesiti di quattro referendum in difesa delle fasce sociali più deboli per il ripristino dell'Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, della normativa sui contratti di lavoro collettivi, per richiamare ai propri doveri la casta eliminando finanziamento pubblico dei partiti e il doppio stipendio dei parlamentari. Questa non è una deriva propagandistica, populistica e polemica, come hanno detto, ma un'iniziativa politica concreta che dovrebbe essere inserita in un programma di governo».

    Si sapeva da tempo che i rappori tra lei e Bersani non erano tra i più distesi, ma l'inattesa svolta di Vendola sembra quasi una pugnalata alla schiena.

    «Io aspetterei per vedere come andrà a finire questo nuovo fidanzamento tra Vendola e Casini che credo non durerà lo spazio politico di una notte. Infatti si vedono già i primi forti segnali di ripensamento. Ve lo immaginate voi quando questa nuova alleanza, Pd, Sel e Udc dovrà affrontare nei prossimi giorni il nodo delle elezioni politiche siciliane? L'idea che si possa sostituire nella famosa foto di Vasto la mia faccia con quella di Lombardo o Cuffaro, in permesso speciale dall'Ucciardone o Regina Coeli, mi fa enorme dispiacere, soprattutto per Vendola».

    Di Pietro, per il modo in cui la stanno trattando i suoi ex alleati, c'è tifo sospetto che stiano cercando di farle pagare qualche sgarbo. È così?

    «Certamente la nostra colpa è di essere indipendenti. Se in Parlamento non ci fosse l'Idv a denunciare la violazione quotidiana della Costituzione col ricorso sistematico al voto di fiducia, nessuno Io direbbe. Il presidente della Repubblica, nel novembre scorso, inviò un messaggio alle Camere spiegando che era un abuso costituzionale il ricorso alla decretazione d'urgenza del governo Berlusconi; oggi va a Stromboli in vacanza mentre il governo Monti blocca la sacrosanta discussione in Parlamento su importanti provvedimenti che toccano la vita dei cittadini, chiedendo la fiducia anche due volte al giorno. Diciamo che quando c'è un presidente della Repubblica che si gira dall'altra parte rispetto alla Costituzione, dà fastidio che ci sia un partito che lo fa notare alla gente. Sembra di essere tornati ai tempi dell'istituto Luce: bisogna racontare una realtà falsificata agli italiani. Ma purtroppo c'è un partito non allineato che rompe...».

    Tutti quelli che si permettono di criticare gli atti o le scelte del capo dello Stato finiscono per pagare pegno. È successo persino a Berlusconi e ora sta succedendo a lei.

    «Abbiamo letto sul prestigioso New York Times che al nostro presidente della Repubblica è stato dato il titolo di "Re Giorgio". A nessun altro capo dello Stato era mai capitato prima. Bisogna porsi questo problema. Evidentemente il presidente della Repubblica ha cercato il consenso di tutte le forze politiche per mantenere un'acquiescenza nei suoi confronti, che io non condivido. Io penso che quando c'è un fallo, l'arbitro debba fischiare e non fare finta di niente, sennò cerca di addomesticare la partita».

    Le sue sono parole molto gravi.

    «Guardi, io non faccio politica rinunciando alla mia storia personale. E l'idea che siccome c'è un presidente della Repubblica che si chiama Giorgio Napolitano, di cui non si deve poter parlare manco fosse il padreterno mi sembra così antidemocratica che non accetto di stare in silenzio quando vedo comportamenti e decisioni che ritengo contrari allo spirito della Costituzione. Oggi la pubblicistica ufficiale ci descrive Giorgio Napolitano come Il limpido garante delle regole e leggi democratiche. Io invece ricordo un altro Giorgio Napolitano, quello descritto dall'imputato Bettino Craxi nell'interrogatorio formale che rese nel 1993 durante una pubblica udienza del processo Enimont, uno dei più clamorosi di tutta Tangentopoli. Craxi descriveva Napolitano, allora esponente di spicco del Pci, nonché presidente della Camera, come un uomo molto attento al sistema della cosiddetta Prima Repubblica, specie coltivando i suoi rapporti con Mosca. Io credo che in quell'interrogatorio Craxi stesse raccontando fatti veri perché accusò se stesso e poi gli altri, di finanziamento illecito dei partiti, il cancro che ha divorato l'Italia. Ora delle due l'una; o quei fatti raccontati non avevano rilevanza penale oppure si è usato il sistema dei due pesi e delle due misure».

    L'interrogatorio che lei fece a Craxi durante il processo Enimont si può facilmente guardare su Internet. Ma si tratta di un episodio di quasi vent'anni fa, ormai relegato nei libri di storia. Perché oggi sente il bisogno di ricordarlo?

    «Per invitare i cittadini a riflettere. Se uno che sta in Parlamento non fa notare queste incongruenze che ci sta a fare in politica? Vorrei far capire come in realtà c'è una differenza tra quello che si racconta e quello che si pensa».

    Dica la verità presidente Di Pietro, non è che lei si è stufato di stare in politica?

    «Mettiamola così: quando tanti anni fa partii dalla mia masseria di Montenero di Bisaccia per cercare fortuna nel mondo, chiusi molte porte. Oggi quelle porte sono state tutte di nuovo aperte: la masseria è tornata a funzionare come un'azienda agricola modello. Presto rimetterò la vigna. Ho la mucca e la cavalla che devono partorire e non vedo l'ora di tornare a casa. Insomma, mi preparo al domani: capito il concetto?».

    Fonte: OGGI - Gino Gullace Raugei | vai alla pagina

    Argomenti: casta, tangentopoli, presidente Napolitano, Costituzione, Governo Berlusconi, Vendola, Parlamento Italiano, Craxi Bettino, voto di fiducia, finanziamenti pubblici, articolo 18, finanziamento ai partiti, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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