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Dichiarazione di Antonio MARTINO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) 


 

«L'elusione è peggio dell'evasione» - INTERVISTA

  • (25 agosto 2012) - fonte: Italia Oggi | Luigi Chiarello - inserita il 26 agosto 2012 da 31

    La pratica dell'elusione è una furbata mentre l'evasione è reato.

    Ogni ulteriore balzello «non è più sostenibile». Di più: «se si persegue il pareggio immediato di bilancio si ammazza il paese». Bisogna, al contrario, «agire sulla spesa pubblica con le riforme, non con manovre correttive». Perché, i veri risparmi da fare sono «su spesa sanitaria e enti locali»; tagli che «non si possono fare a legislazione invariata».

    Le circonlocuzioni e i toni soft non fanno per Antonio Martino. Tessera n. 2 di Forza Italia, ministro degli esteri del primo governo Berlusconi e capo della difesa nei due successivi esecutivi di centrodestra, Martino è un liberista impenitente. Il pessimismo non è nelle sue corde: «l'Italia è il paese più solido dell'Eurozona, più della Germania», dice. E al conformismo non si arrende: «gli speculatori? Rischiano i loro soldi. Invece, i banchieri centrali», graffia, «speculano con i nostri soldi». Martino svela la sua visione. Senza sconti a chicchessia. «Perché», ghigna, «restare solo, in minoranza, non mi fa paura».

    Il suo maestro è stato Milton Friedman. Questo basta a dire con chi sta nella storica tenzone tra keynesiani e friedmaniani?

    Io ho scritto la mia tesi su Keynes. E già allora avevo le mie perplessità. Poi, sa, stando a Chicago.

    Secondo i keynesiani, e il Fondo monetario internazionale, la compressione sul fronte salari impedisce la ripresa dell'economia. Perché azzoppa i consumi. Secondo i friedmaniani, l'eccessivo debito pubblico, la spesa pubblica esagerata e la conseguente alta tassazione, espongono il paese alla speculazione internazionale, inchiodano la ripresa e costringono a manovre lacrime e sangue. Lei con chi sta?

    Vede, nella storia non c'è un caso uno di un paese in cui la spesa pubblica superi il 40% del Pil, che abbia uno sviluppo di lunga durata, uno sviluppo rilevante. Ne sanno qualcosa gli svedesi. Lo sviluppo che l'Italia ha ormai da molti anni è molto simile all'errore statistico. Sotto l'1%. Da quando la spesa pubblica ha superato il 50% del Pil, l'Italia ha smesso di crescere.

    La sua lettura?

    Dobbiamo tener presente che la spesa privata viene spiazzata dalla spesa pubblica, indipendentemente da come essa sia finanziata. Perché se la spesa pubblica è finanziata con le imposte, chi paga le imposte non ha più quei soldi da spendere. Se, invece, la spesa pubblica è finanziata con l'indebitamento, gli acquirenti, quelli che comprano i titoli di debito pubblico, non hanno più quei soldi da spendere. Ma li danno allo Stato con obbligazioni. Quindi, se la spesa pubblica viene finanziata in un modo, spiazza la spesa per consumo, se è finanziata nell'altro spiazza la spesa per investimenti.

    Come se ne esce?

    La prima cosa da fare è ridurre il rapporto spesa pubblica/Pil. Agendo sui cosiddetti entitlements, cioè su quelle voci di spesa pubblica che, a legislazione invariata, non possono essere ridotte o fatte variare. Prendiamo, ad esempio, il servizio sanitario nazionale: se non lo si riforma, ma lo si tocca a legislazione invariata, le spese andranno avanti senza che il governo possa fare alcunché. Idem per gli enti locali. Se non li si riforma, la spesa andrà per conto suo. E sono proprio queste due, le categorie più grosse della spesa pubblica locale. Alla fine, le spese riducibili a legislazione invariata sono una piccola parte della spesa pubblica.

    Quindi?

    L'Italia ha bisogno di riforme, non di manovre. Vanno cambiate le leggi che vanno per conto loro. Non bisogna più fare manovre a legislazione invariata, che finiscono per agire solo su piccole voci di spesa pubblica.

    Un esempio?

    Pensi alla spesa di esercizio militare. Viene sempre toccata da tutte le manovre: i carburanti, la manutenzione, l'addestramento e cosi via. Insomma, le cose essenziali per far funzionare la macchina. Mentre era ministro dell'economia Giulio Tremonti, in Francia cadde un elicottero e morirono sette militari. Il pilota non voleva partire perché non era stata fatta la manutenzione. Avevano tagliato lì. Quei piloti sono stati ammazzati da una manovra, che ha tagliato le spese di esercizio.

    Dove si taglia si sbaglia?

    In Italia l'esistente non deve essere gestito, deve essere cambiato. Ci vogliono riforme. Il Servizio sanitario nazionale costa 3.500 euro l'anno a italiano.

    Addirittura?

    Lei pensa che l'ho sparata grossa. E, apparentemente, avrebbe ragione. Ma facciamo due conti: la spesa sanitaria contabilizzata è di 110-130 miliardi di euro l'anno; a questi, però, vanno aggiunti altri 50 miliardi l'anno, che i privati spendono per procurarsi quello che il Ssn non fornisce. E non è finita: l'80% del bilancio delle regioni è utilizzato in spesa sanitaria. Il che significa che l'80% del costo delle regioni va imputato alla spesa sanitaria. Quindi, per l'80% le regioni esistono per gestire la spesa sanitaria. A conti fatti sono più di 200 miliardi di euro l'anno. Diviso 60 milioni di italiani fa qualcosa come 3.500 euro l'anno a persona. Ogni persona, sia essa bambino o anziano.

    Un pozzo senza fondo?

    Abbiamo un sistema sanitario inefficiente e regressivo: tassiamo il bracciante agricolo affinché anche Berlusconi possa avere le medicine gratis! Se, poi, aggiunge che il sistema è marcio e corrotto, con migliaia di frodi nel sistema farmaceutico, allora ne consegue che va riformato al più presto. Perfino un esponente del Pd, Umberto Veronesi, ha proposto di limitare le prestazioni del Ssn ai meno abbienti, così da passare dal servizio sanitario universale a un sistema selettivo, che dia, non tutto a tutti, ma tutto a chi ne ha bisogno.

    La sua posizione in economia, che definisce “semplicemente liberista”, l'ha messa spesso in condizione di «disagio» all'interno del centro-destra.

    Quando ero iscritto al Pli, facevo parte di una minoranza composta da una sola persona (sorride, ndr).

    Il suo «disagio» è sfociato in netto contrasto con l'indirizzo, da taluni definito di “destra sociale”, assunto dall'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti.

    Tremonti è un ottimo tributarista, ma non capisce niente di economia. All'inizio lo negava, perché voleva essere etichettato come economista. Poi ne andava fiero perché convinto che gli economisti non capiscono niente. Come ministro dell'economia è stato persino più disastroso di Padoa Schioppa, da cui ha ricevuto i complimenti.

    Ne ha per tutti

    Forse il meno peggio tra i ministri dell'economia è quello attuale, Grilli. I suoi predecessori, tutti disastrosi. Il mio amico Bassanini ha unito in un dicastero ciò che deve restare diviso, Finanze e Tesoro, entrate e uscite. Se le unisci, poi, non si muove foglia che il ministro dell'economia non voglia.

    Sempre in polemica con Tremonti, nel 2008 scrisse su Libero un fondo dal titolo: “Viva gli speculatori”. In quel caso la speculazione colpiva le commodity e, in particolare, il petrolio, alterandone le quotazioni.

    Vede, come spesso fa, Tremonti doveva trovarsi un capro espiatorio. In quell'occasione prese di mira gli speculatori. Ma gli speculatori privati rischiano i loro soldi sulle previsioni. Scommettono i loro soldi e, se sbagliano, li perdono. Poi c'è anche lo speculatore pubblico, che scommette con i soldi degli altri. E, se sbaglia, la perdita la subiscono gli altri.

    Lo speculatore pubblico? A chi allude?

    Il banchiere centrale è uno speculatore pubblico. Quando c'è un deficit potenziale con l'estero, nella bilancia dei pagamenti, lo speculatore privato vende moneta nazionale per comprare divise estere. Scommette cioè sulla svalutazione della moneta nazionale. Lo speculatore pubblico fa l'esatto contrario. Un esempio? Mercoledì, 16 settembre 1992. In quel giorno, la Banca d'Italia vendette 60 mila miliardi di lire di riserve ufficiali, per impedire la svalutazione della lira. Dopo aver fatto perdere all'Italia 60 mila mld, Bankitalia dovette arrendersi e lasciar svalutare la lira. Tutti diedero la colpa a Soros, perché, si disse, aveva fatto svalutare la lira. Ma Soros scommise i soldi suoi sulla lira svalutata. I 60 mila miliardi di lire che l'Italia perse, a causa della scommessa fallita dal banchiere centrale finalizzata a tener su la lira, erano invece soldi degli italiani. Io tra i due speculatori scelgo lo scommettitore privato, perché rischia i suoi soldi.

    La pensa ancora così, oggi che la speculazione fa cassa sui titoli di stato e su fondamentali di un paese, impossibili da correggere nel breve periodo. Ad esempio il debito pubblico, che fa impennare lo spread. Direbbe anche oggi “viva gli speculatori”?

    Guardi, sgombriamo il campo da un equivoco: l'Italia è di gran lunga il paese finanziariamente più solido dell'Eurozona. E' molto più solido della Germania e di tutti gli altri. Le dico subito il perché:

    Primo: gran parte del debito pubblico è in mano agli italiani; in Italia ci sono debiti pubblici italiani e crediti privati italiani, che si elidono tra loro.

    Secondo: mai nessuna asta di titoli italiani di debito pubblico è andata deserta. Anzi, quasi sempre la domanda ha superato l'offerta.

    Terzo: il patrimonio statale mobiliare e immobiliare è difficile sapere quanto valga, ma non mi stupirei valesse molto più del debito pubblico.

    Quarto: perché esiste lo spread? Perché prendere a prestito Euro in Germania costa meno che in Italia?

    Perché?

    Solo, per motivi psicologici: c'è la diffusa convinzione che la Germania come debitore sia più solida dell'Italia come debitrice. Non è vero. È solo una percezione diffusa, che non si può cambiare con la bacchetta magica. Ma è sbagliata. L'Italia è assolutamente solvibile come debitrice. Uno studio Bankitalia dello scorso anno sostiene che, anche se lo spread arrivasse a 800 punti base, la situazione sarebbe comunque sostenibile.

    Conseguenza?

    Dobbiamo smetterla di piangerci addosso! La cosa essenziale è far ripartire la crescita. Se cerchiamo di far pareggiare in tempi brevi il bilancio dello stato, ammazziamo l'Italia. Perché, per farlo, il contribuente medio dovrebbe versare il 52% allo stato. E le imprese? Quanto dovrebbero versare?

    Nello scontro, tutto tra pensatori liberali e tutto interno al Pdl, tra montiani e anti-montiani, lei sembra iscriversi nel primo filone. L'ultimo episodio è andato in onda sul Foglio, dove un irritato Piero Ostellino continua a combattere la voracità del Fisco e non condivide l'approccio dell'Elefantino, che considera Monti il meglio che oggi possa passare il convento. Perché la lotta agli evasori, dice Giuliano Ferrara, non è più eludibile.

    Il fatto che Giuliano Ferrara mi citi come se io fossi d'accordo con lui non va. Secondo me Ostellino ha assolutamente ragione. Non si possono introdurre nuovi balzelli in un'Italia moribonda. L'Italia ha necessità assoluta di una riforma fiscale. Nel 2012, il gettito Irpef, Irpeg e Irap è stato il 19,6% del Pil. Tutte le imposte dirette prese assieme hanno preso meno del 20% del Pil! Come ce lo spieghiamo? Solo con l'evasione?

    E come lo spiega?

    Certo l'evasione esiste, è un reato. Ma sono l'erosione e l'elusione il vero problema. Sono modi perfettamente legali per evadere le tasse. Perché, chi è già ricco va dal Tremonti di turno e quello gli trova un modo per non pagare. O per pagare poco. Invece, chi potrebbe diventare ricco, cioè crescere, viene ammazzato da queste aliquote. Sono i piccoli commercianti e gli imprenditori, che vengono mitragliati da queste aliquote. Abbiamo un sistema fiscale inefficiente, iniquo e aperto alle furbizie dei tributaristi, che fanno si che chi è già ricco le tasse non le paghi. E a pagarle sono quelli, che ricchi non diventeranno mai.

    Pane al pane, vino al vino?

    Lei crede possibile che io faccia parte dell'1 per mille dei contribuenti più ricchi in Italia? Abito nello stesso appartamento da 30 anni, prendo in affitto la stessa casa al mare, ho una barca da otto metri e mezzo, circondata da enormi yacht. Ma posso essere in quell'1 per mille? Secondo l'Agenzia delle Entrate io ne faccio parte. Lei crede davvero che ci siano tutti questi più poveri di me? E tutti questi yacht di chi sono? Io non credo.

    Di recente, nel corso di una manifestazione del Tea party all'italiana, in piazza Campo San Geremia a Venezia, lei ha detto “Patriota è colui che evade!”

    Io ho premesso: l'evasione vìola la legge e, quindi, è un reato da perseguire. Ma, se si guarda alle conseguenze, l'evasore è un patriota, che sottrae scarse risorse al pubblico spreco per destinarle a scopi produttivi. Non c'è dubbio che il privato spenda meglio i suoi soldi del pubblico. Lo diceva perfino Milton Friedman.

    Monti dice: la crisi sta passando. Passera gli fa eco. Moody's elogia Monti. E dice: Italia salva nel 2013. Per dirla con una battuta, l'agenzia di rating che assicura l'Italia sui mercati si chiama “Moonti's”?

    (Ride, ndr)Se prendiamo per buono ciò che le ho già detto, l'Italia è salva di suo. Il vero problema da cui l'Italia deve salvarsi sono i politici che spendono, spandono e contraggono debiti con i soldi degli altri. Ho sempre detto che, se vogliono far del bene, usino i soldi propri, non quelli degli altri.

    Ultimamente, lei si è detto favorevole a una grosse koalition, guidata da Monti, per le elezioni del 2013. Eppure lei disse a Monti, che conosce dal 1975, che non avrebbe mai votato il suo governo tecnico. Così come non votò quello di Dini, «perché», disse allora, «i tecnici devono essere al servizio dellapolitica e non viceversa».

    Vero. Ma in realtà ho detto un'altra cosa sulla grosse koalition. Dissi che, se si va a votare con una legge elettorale come quella attuale o sua una variazione sul tema, e nessuno dei due schieramenti raggiunge la maggioranza, a quel punto, se i partiti più grandi riuscissero a trovare un accordo sulle riforme, sarebbe auspicabile una grande coalizione, guidata anche da Mario Monti.

    La prospettiva sembra quella di un Monti quirinalizio e un Passera a palazzo Chigi. Sembra tutto preconfezionato. E gradito ai mercati. Una simile impostazione non farà contento Beppe Grillo?

    Non c'è dubbio. I cosiddetti governi tecnici, o governi del presidente, sono l'ammissione che la politica democratica non è riuscita a fornire una risposta. Ciò alimenta l'antipolitica. E' pericolosissimo. Perché produce la richiesta dell'uomo forte. Il fatto di aver avuto il Fascismo potrebbe averci immunizzato da questa pulsione. Anche i Greci hanno avuto i colonnelli. Ma se non ci fossero stati questi episodi recenti, in Grecia e in Italia ci sarebbe stata la tentazione. Chi è democratico deve sfuggire a simili tentazioni e deve esaltare le forme democratiche. Possibilmente con una riforma elettorale. La legge attuale è inaccettabile.

    Lei che legge elettorale vorrebbe?

    Io sono per l'uninominale maggioritario all'americana, con le primarie. Ma va bene anche quello alla francese, purché, nel doppio turno, il ballottaggio sia limitato ai due candidati più votati.

    Fonte: Italia Oggi | Luigi Chiarello | vai alla pagina

    Argomenti: evasione fiscale, legge elettorale, enti locali, tasse, tagli, riforma elettorale, ricchi e poveri, spesa pubblica, soldi pubblici, debito pubblico, speculazioni finanziarie, Governo Berlusconi, ministro Economia, germania, speculazione, Pil, coalizione, governo tecnico, eurozona, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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