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C'Eravamo tanto Alleati
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(27 agosto 2012) - fonte: Corriere della Sera - inserita il 01 settembre 2012 da 31
Con tutti i veri fascisti che hanno ripreso a circolare in Europa, forse non è saggio inventarsi fascisti immaginari anche da noi a puro fine di polemica; soprattutto se, come da noi, questi fascisti immaginari non aggrediscono immigrati, non predicano il razzismo e si tengono ben dentro l'alveo democratico.Eppure il segretario del Pd ha appena bollato con l'epiteto infamante Grillo e Di Pietro e tutti quelli che gli danno dello zombie. E il direttore di Repubblica ha appena qualificato come «nuova destra» i «linguaggi, comportamenti e pulsioni» del Fatto, giornale avversario. Entrambi hanno ricevuto risposte di analoga sprezzante durezza dai loro competitori.
È evidente che non si sta usando il termine «fascista» nella sua accezione storica. Basti pensare che neanche vent'anni fa il governo del Belgio boicottava quello italiano perché comprendeva il «fascista» Fini; mentre oggi l'accusa non è rivolta a un La Russa o a un Gasparri, ma a personaggi che fino a ieri militavano nello stesso campo, e che insieme si opponevano al «regime» di Berlusconi proprio considerandolo come una nuova forma di fascismo. La prova è nell'evocazione da parte di Bersani della celebre accusa di «diciannovismo», con la quale sia Gramsci sia poi Berlinguer si riferivano a quel massimalismo di sinistra che sempre rischia di aprire la strada al fascismo.
Mentre i presunti «fascisti del web» di oggi non occupano né fabbriche come nel 1919 né università come nel 1977. Bisogna dunque dedurne che stavolta l'aggettivo è usato in un'accezione per così dire «antropologica», e cioè per definire qualcuno la cui arroganza, il cui stile polemico violento, il cui disprezzo irrisorio per l'avversario, il cui fastidio per il «culturame» e per i riti della democrazia, ricordi l'affermarsi dello squadrismo. E in effetti bisogna ammettere che i Grillo, i Di Pietro, i Travaglio, somministrano le loro quotidiane purghe mediatiche come fossero olio di ricino, e idolatrano le manette come igiene della storia.
È molto discutibile però un improvviso rigurgito «antifascista» se è utilizzato per nascondere o far dimenticare la forte intimità, la complicità, l'affetto addirittura con cui questi cosiddetti nuovi fascisti sono stati accolti per anni in quel «campo della sinistra» che ora li scomunica. In fin dei conti Di Pietro cominciò la sua carriera politica in un collegio del Pds di D'Alema, con i voti dei comunisti del Mugello; e siede nel Parlamento attuale solo per la benevolenza di Veltroni, che cacciò Bertinotti dall'alleanza ma volle a tutti i costi Di Pietro, col quale anzi annunciò la nascita di un partito comune. E non è che non si capisse, appena quattro anni fa, di che pasta fosse fatto l'ex pm. L'obiezione vale anche per Travaglio il quale, nonostante mai celate origini di destra (ha votato anche per la Lega) è stato per anni editorialista di punta dell'Unità e tuttora scrive sull'Espresso. Nella comune lotta contro lo «psiconano», insomma, perfino Grillo per un po' è andato bene.
Dare oggi del «fascista» agli alleati di ieri contro il «nuovo fascismo» non può dunque esorcizzare la vera e propria lotta politica per l'egemonia che si è aperta all'interno della sinistra e nel campo dell'antiberlusconismo. E senza una seria riflessione politica sugli errori commessi è difficile che basti l'anatema. Per molte ragioni. La prima è che per un pubblico di elettori ventenni, quelli sulla cui credulità si fondano le varie epifanie del grillismo, la parola «fascista» non vuol dire niente, così come la distinzione tra destra e sinistra.
Il giudizio sulla classe politica della Seconda Repubblica è tale da spazzare via queste distinzioni. Anzi, bollare come «nuova destra» questi movimenti può perfino aiutarli nel bacino di voti in libera uscita dal Pdl e dalla Lega. La seconda ragione è che l'anatema può apparire come un tentativo di evitare la discussione nel merito, che invece questi cercatori di «fatti» presentano come la novità del loro metodo. Ma siccome nella propalazione della loro Verità omettono molte verità e dicono molte bugie, forse sarebbe più utile contestare queste piuttosto che il tono in cui le dicono: ricostruire cioè una narrazione «democratica» dell'Italia di questi vent'anni che smonti la «concezione paranoica» della storia che si sta affermando.
Infine c'è un'ultima ragione che sconsiglia la riesumazione dell'accusa di «fascista»; ed è che prima o poi qualcuno potrebbe essere tentato di riesumare quella di «comunista». Ho già un sospetto su chi potrebbe essere.
Fonte: Corriere della Sera | vai alla pagina » Segnala errori / abusi