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Dichiarazione di Marco Rossi Doria

Alla data della dichiarazione:  Sottosegretario  Istruzione, università e ricerca


 

«Tutor per i compiti e mediatori familiari. La svolta possibile» - INTERVISTA

  • (03 settembre 2012) - fonte: Corriere della Sera - inserita il 04 settembre 2012 da 31

    La dispersione scolastica? Non si cura, si previene. Ne è convinto il sottosegretario all'Istruzione, insegnante di scuola elementare dal '75, maestro di strada nei Quartieri Spagnoli di Napoli e da venti anni esperto di contrasto del disagio e dell'esclusione precoce.

    «La scuola pubblica — sostiene — è nata perché il figlio del contadino possa aspirare a diventare avvocato. Se non può far altro che diventare contadino o operaio, qualcosa non funziona, bisogna intervenire».

    I progetti previsti dal bando da che età partono?

    «Dai 3 anni: i bambini saranno monitorati dalla scuola dell'infanzia, poi studiati in tutti i passaggi fondamentali, quando passeranno dalla scuola dell'infanzia a quella elementare, e poi alla scuola media, anche usando i test Invalsi per valutare l'alfabetizzazione. I segnali per capire se un ragazzo a un certo punto abbandonerà gli studi sono tanti».

    E quali sono?

    «I livelli di competenza alfabetica, prima di tutto: bambini che parlano male, o che alla fine delle scuole elementari non sanno ancora leggere e scrivere correttamente, sono da seguire. Sono bambini assolutamente normali che però non hanno consolidato le proprie conoscenze per colpa di un ambiente psicosociale sfavorevole. I giorni di assenza sono un altro segnale: se un bambino comincia a farne 80-90 in un anno, significa che c'è un problema. Soprattutto se quelle assenze sono in periodi dell'anno in cui non girano influenze e raffreddori. Poi il rapporto con le famiglie: se i genitori non vengono mai a parlare con gli insegnanti, bisogna preoccuparsi».

    Dove accade soprattutto?

    «Nei quartieri più disperati, dove c'è un alto tasso di immigrazione, di povertà, di degrado sociale. Io ho fondato il progetto Chance, per seguire i ragazzi emarginati di Ponticelli, Scampia, delle zone difficili di Napoli: quando diciamo che a Napoli c'è una media del 25% di ragazzi che abbandonano, non diciamo niente. Perché è ovvio che i ragazzi del centro di Napoli non lasciano gli studi. Ma nelle aree periferiche succede, eccome, e si arriva a punte del 44% di early school leavers, il vero parametro per giudicare l'abbandono prematuro degli studi. E non solo al Sud: a Reggio Emilia c'è il progetto Icaro che segue i ragazzi problematici, a Torino c'è Provaci ancora Sam. I dati macro ci dicono poco, quelli che vanno osservati sono i dati micro. Intervenendo su quelle situazioni, abbasseremo anche drammaticamente quella percentuale di ragazzi senza diploma né qualifica che da anni è praticamente ferma».

    Quando esplodono i problemi?

    «Nell'età dell'adolescenza: consideri che la dispersione nelle scuole primarie è bassissima, sotto lo 0,5%, anche nelle zone di massimo rischio. È quando da bambini si diventa ragazzi che esplodono i conflitti e si decide di gettare la spugna».

    Perché lasciano?

    «Dal punto di vista soggettivo esistono tante storie diverse, quanti sono i ragazzi. Ma dal punto di vista oggettivo è stata dimostrata la relazione tra la situazione economica e sociale dei genitori e l'abbandono scolastico».

    Cosa si fa con i soggetti a rischio?

    «Il bando punta a individuare delle scuole capofila del territorio che elaborino dei progetti utilizzando i fondi europei, con un valutatore internazionale che controlli l'utilizzo delle risorse e l'impatto effettivo. I progetti saranno messi a punto entro la fine di ottobre, e poi si partirà. Anche se i fondi sono per due anni, vogliamo proporre all'Europa di finanziarci fino al 2020, così da avere un orizzonte più ampio».

    Concretamente cosa si farà nelle scuole coinvolte?

    «Una serie di attività per coinvolgere i bambini e poi i ragazzi nel mondo scuola:
    tutor per i compiti a casa, teatro e sport per farli socializzare, intermediari per le famiglie. I ragazzi non devono essere più numeri su cui ragionare, ma nomi».

    Fonte: Corriere della Sera | vai alla pagina

    Argomenti: scuola, europa, istruzione, bambini, fondi europei, scuola pubblica, famiglie | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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