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Dichiarazione di Maria Giuseppina Nicolini

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Lampedusa e Linosa (AG) (Partito: LISTA CIVICA) 


 

Lampedusa: “Tre pescherecci hanno fatto finta di non vedere” 

  • (04 ottobre 2013) - fonte: mentiinformatiche.com - inserita il 22 marzo 2014 da 24474
    Tre pescherecci sono andati via dal luogo della tragedia perché, in passato, il nostro Paese ha processato i pescatori che hanno salvato vite umane per favoreggiamento dell’im – migrazione clandestina”, accusa il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini a Radio Capital. Quei pescherecci “non hanno visto il barcone, altrimenti sarebbero intervenuti – replica il ministro dell’Interno Angelino Alfano – Gli italiani sono di grande cuore, abbiamo soccorso 16 mila naufraghi”. C’erano tre pescherecci, li hanno incrociati nella notte prima di affondare mentre il barcone in panne si dirigeva verso Lampedusa, ma nessuno si è fermato a soccorrerli. L’hanno raccontato i primi superstiti, con il terrore ancora stampato negli occhi, ai mediatori culturali che li hanno soccorsi sulla banchina dell’isola. Dei pescherecci “fantasma” si occuperà adesso la procura di Agrigento: “Non è per ora la nostra prima emergenza – dice il procuratore Renato Di Natale – ma in seguito avvieremo le procedure di identificazione”. PER ORA si pensa ai superstiti: sono 159, di cui sei donne e solo due in gravi condizioni. Tra loro Shapira, eritrea di 28 anni: era immobile, puzzava di olio e nafta e l’hanno data per morta, gettandola sulla banchina del molo Favaloro accanto alle decine di corpi dei suoi conterranei, alcuni già chiusi nei sacchi azzurri. Ma la sua voglia di vivere ha oltrepassato l’orrore della tragedia abbassando la contabilità mortale: qualcuno l’ha vista respirare e muovere una gamba, l’hanno dissetata e imbarcata sull’elicottero giunto a Palermo nel primo pomeriggio. Adesso è ricoverata al Civico in gravi condizioni, ha bevuto nafta e acqua di mare, è disidratata ed in uno stato di forte ipotermia, ma probabilmente ce la farà. A salvarla sono stati un gruppo di lampedusani e di turisti usciti in mare alle cinque del mattino davanti l’Isola dei Conigli per guardare l’alba. “Abbiamo sentito delle urla in lontananza – racconta Alessandro Marino, a bordo della barca Gamar – sembrava – no quelle dei gabbiani. Gridavano ‘save the children, salvate i bambini’, e le teste emerse dalle onde erano decine, forse centinaia. Ci siamo avvicinati e tuffati in acqua, ma i corpi, unti di olio e benzina, scivolavano via, trattenerli era difficilissimo. Attorno il mare era un orrore, c’erano morti che galleggiavano e decine di persone che chiedevano aiuto”. La contabilità dei morti sale di ora in ora, il molo Favarolo è di nuovo una striscia di sacche azzurre piene di cadaveri, a metà pomeriggio arriva la notizia che i sommozzatori hanno individuato quaranta corpi proprio sotto il barcone, capovolto e annerito dalle fiamme che l’hanno semidistrutto. Le ultime salme vengono trasferite nell’hangar dell’aeroporto perché “nella camera mortuaria non c’è più spazio”. “Siamo in piena emergenza”, dice Pietro Bartolo, responsabile del Poliambulatorio dell’isola. Volontari e operatori sanitari lavorano senza soste da 48 ore a Lampedusa: tre ore prima della tragedia, alle due di notte, avevano appena finito di accogliere 432 cittadini siriani giunti nell’isola con due imbarcazioni. “Siamo stremati – dice Antonio Candela, responsabile dell’Asp 6 di Palermo – è una tragedia immane. Quel terrore negli occhi non lo dimenticherò mai più”. Con un ponte aereo cinquanta superstiti, 29 adulti e 21 bambini originari prevalentemente di Siria ed Eritrea, vengono trasferiti nel primo pomeriggio al Centro di prima accoglienza ospitato nell’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia. Ed è già polemica sul ritardo dei soccorsi: “C’è gente che annega e la Guardia Costiera dice che deve seguire un protocollo – scrive in una lettera aperta l’avvocato di Pesaro Linda Barocci, che dalla sua barca ha salvato decine di vite – il loro gommone era vuoto nonostante le persone continuassero a sbracciarsi mentre noi rientravamo in porto con 47 vite salvate tra le lacrime, lo choc, i polmoni e lo stomaco pieno di benzina hanno passato più di tre ore a nuotare chiedendo aiuto. Com’è possibile che queste povere anime siano costrette a morire per la mancanza di soccorsi? Dove c.. siete? Complimenti, Italia”.
    Fonte: mentiinformatiche.com | vai alla pagina
    Argomenti: immigrazione, bossi fini, naufragio, strage di lampedusa, ritardo soccorsi | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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