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Dichiarazione di Delia MURER

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Art.1-MDP-LeU) 


 

In Aula la legge sul reato di tortura

  • (09 aprile 2015) - fonte: www.deliamurer.it - inserita il 09 aprile 2015 da 862

    E' cominciata, in Aula, a Montecitorio, la discussione sulla proposta di legge per l’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano. Il provvedimento arriva all'attenzione dell'Aula, dopo un percorso compiuto nelle commissioni competenti. In quella degli affari sociali, a fare da relatrice, la deputata del Pd, Delia Murer.

    “La proposta è stata già approvata dal Senato, in prima lettura, ed è stata modificata dalla commissione Giustizia della Camera. Arriva in un momento molto particolare, quando si fa sentire l'inadeguatezza del sistema italiano anche rispetto ai fatti di Genova e rispetto alla censura netta dell'Europa. L’obiettivo, oggi, con questa proposta di legge, al di là dell'oggettiva gravità di quanto successo a Genova, è uniformare l’ordinamento italiano a quanto previsto dalla Convenzione Onu. Sono diverse legislature che si prova a produrre una normativa in tal senso ma non è mai riusciti a condurre in porto il tentativo. L’auspicio è che questa sia la volta giusta”.

    IL PROVVEDIMENTO IN PILLOLE

    TORTURATORI IN CARCERE.
    Sono pesanti le pene contro chi tortura. Il nuovo reato introdotto nel codice penale punisce infatti con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia o violando i propri obblighi di protezione cura o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere dichiarazioni o informazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. La sofferenza dovrà però essere acuta e comunque ulteriore rispetto a quella che deriva dalla semplice detenzione o altre legittime misure limitative dei diritti. Specifiche aggravanti, peraltro, scattano in caso di lesioni o morte.

    AGGRAVANTE PER AGENTI.
    Se a torturare è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata da 5 a 12 anni.

    ISTIGAZIONE ALLA TORTURA.
    E’ istigazione specifica che vale solo per pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio. Il nuovo reato prevede il carcere fino a 3 anni se l’istigazione non è accolta o comunque non c’è stata tortura.

    PRESCRIZIONE LUNGA.
    I termini di prescrizione raddoppiano, dunque il reato di tortura se prima non interviene il processo si estinguerà in 20 anni.

    STOP ESPULSIONI.
    Divieto assoluto di espulsione o respingimento verso paesi che praticano la tortura o dove la violazione dei diritti umani sia grave e sistematica.

    DICHIARAZIONI ESTORTE NULLE.
    Qualsiasi dichiarazione o informazione estorta sotto tortura non è utilizzabile in un processo. Valgono però come prova contro gli imputati di tortura.

    NIENTE IMMUNITA’ DIPLOMATICA.
    I cittadini stranieri indagati o condannati per tortura non possono godere di alcuna immunità diplomatica.

    Di seguito i punti salienti del provvedimento in discussione e la relazione della deputata Murer in commissione Affari sociali.

    “Il 5 marzo dello scorso anno il Senato ha approvato un disegno di legge per l’introduzione nel nostro codice penale del delitto di tortura.
    La proposta di legge è ora all’attenzione della Camera. Ha trovato già il via libera, con alcune modifiche, nella Commissione Giustizia, competente per materia, ed è all’esame consultivo di altre commissioni per pareri di competenza.
    Sono diverse legislature che il Parlamento prova a legiferare sul tema, cercando di introdurre nel nostro ordinamento il reato specifico di tortura.
    Nella XIII legislatura fu il Governo Amato a presentare un disegno di legge che non fu nemmeno avviato all’esame. Era una proposta che prevedeva la tortura come circostanza aggravante dei reati colposi contro la persona commessi dal pubblico ufficiale (o dall’incaricato di pubblico servizio).
    La XV legislatura portò all’approvazione presso la Camera di una proposta di legge che, però, non vide la luce in Senato e si fermò.
    Il medesimo disegno di legge fu esaminato nella legislatura successiva dal Senato ma l’iter non è mai stato completato.
    Ad inizio della legislatura in corso, il dibattito è ripreso proprio in Senato, arrivando all’approvazione di una Proposta, che ora è all’attenzione della Camera.
    La necessità di introdurre nel nostro ordinamento nazionale una fattispecie penale relativa al delitto di tortura nasce da varie circostanze, anche di carattere normativo. Intanto, esiste una espressa disposizione della Carta costituzionale, che stabilisce all’art. 13, comma 4 che «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà».
    All’articolo 27, comma 3, poi, si legge che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
    Dal dettato costituzionale si può dedurre che la privazione, totale o parziale, della libertà non priva un individuo del diritto al rispetto della propria personalità e dignità. Ciò implica automaticamente, in capo ai soggetti chiamati a dare esecuzione alla misura restrittiva, il divieto di sottoporre la persona ad atti di violenza o ad altre forme di coercizione fisica o morale, che non siano necessari all'attuazione del provvedimento limitativo prescritto.
    Anche il diritto internazionale si è espresso più volte sul tema.
    La Convenzione di Ginevra del 1949 relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1996, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti.
    La maggiori parte di tali atti proibisce esplicitamente la tortura. La citata Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall’Italia con la legge n. 489/1988, prevede, in particolare, l'obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno (articolo 4).
    Si evince soprattutto da questo complesso di fonti normative internazionale l’indifferibilità di un intervento normativo.
    Va segnalata come anche il lungo elenco di audizioni compiute dalla Commissione Giustizia abbia evidenziato la necessità di un intervento del Parlamento.
    La Cgil – Funzione pubblica, nella sua audizione, ha segnalato che “sostiene da tempo la necessità e urgenza di produrre una norma specifica che individui e punisca il reato di tortura”.
    A tal proposito ha fatto presente che “insieme alla propria Confederazione e con diverse altre associazioni da tempo impegnate sul fronte dei diritti civili e dell’umanità dei trattamenti penitenziari ha organizzato la raccolta di firme in calce a un disegno di legge di iniziativa popolare che servisse da stimolo e modesto suggerimento alle Camere per produrre una buona norma”.
    Indicazioni analoghe sono venute da organizzazioni come Amnesty international a altri soggetti associativi.
    Da questa premessa discende quindi la necessità di una iniziativa legislativa del nostro Paese sul tema in questione.
    Il dibattito presso il Senato ha evidenziato la necessità di formulare il reato di tortura in modo quanto più possibile attinente alla definizione fissata dalla Convenzione ONU del 1984.
    La proposta approvata dal Senato, tuttavia, dal punto di vista sistematico, connota il delitto in modo non del tutto coincidente con quello previsto dalla Convenzione stessa.
    Il testo approvato, infatti, prevede che la tortura sia un reato comune (anziché un reato proprio del pubblico ufficiale) e sia caratterizzato dal dolo generico.
    Entrambi gli elementi contribuiscono a rendere più ampia l’applicazione della fattispecie potendo la tortura essere commessa da chiunque ed a prescindere dallo scopo che il soggetto ha eventualmente perseguito con la sua condotta.
    La commissione del reato da parte del pubblico ufficiale costituisce, invece che elemento costitutivo, un’aggravante del delitto di tortura.
    Ulteriore diversità, rispetto al testo della Convenzione ONU, concerne la situazione di inferiorità della vittima del reato non più limitata alla privazione della libertà personale.
    Va ricordato, in ultimo, che il reato di tortura, mancante nel codice penale, è invece presente nel codice penale militare di guerra, applicabile anche ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate in tempo di pace. L'articolo 185-bis (introdotto nel 2002), infatti, stabilisce che il militare che, per cause non estranee alla guerra, compie atti di tortura o altri trattamenti inumani in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persone protette dalle convenzioni internazionali, è punito con la reclusione militare da due a cinque anni.
    Il codice penale, peraltro, indica una serie di reati riconducibili a maltrattamenti e violenza: ricordiamo le percosse (articolo 581 c.p.) e lesioni (articolo 582 c.p.), la violenza privata (articolo 610 c.p.), le minacce (articolo 612 c.p.), l'arresto illegale (articolo 606 c.p.), e altre. Un elenco, tuttavia, non sufficiente di fronte all’obbligo giuridico internazionale di fatto rispetto all'introduzione dello specifico reato di tortura.
    Passando al contenuto della proposta al nostro esame rispetto alla quale la Commissione è chiamata ad esprimere un parere in sede consultiva ricordo che essa è stata approvata dal Senato nel marzo del 2014 e modificata dalla Commissione di merito della Camera nella seduta dello scorso 4 febbraio.
    Dal punto di vista sistematico, connota il delitto in modo non del tutto coincidente con quello previsto dalla Convenzione ONU. Il testo approvato, infatti, prevede che la tortura sia un reato comune mentre la commissione del reato da parte del pubblico ufficiale costituisce, invece che elemento costitutivo, un’aggravante del delitto di tortura.

    La proposta in esame si compone di 6 articoli.

    L’articolo 1 introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) del codice penale gli articoli 613-bis e 613-ter.

    Il primo articolo disciplina la fattispecie incriminatrice del delitto di tortura costruito come reato comune, eventualmente aggravato.

    L’art. 613-bis c.p., che ha subito notevoli modifiche nel corso dell’esame presso la Commissione di merito della Camera, punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia, ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni, o infliggere una punizione, o vincere una resistenza, o in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. Le sofferenze devono essere ulteriori rispetto a quelle derivanti dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
    Segnalo che secondo l'impostazione adottata dalla Commissione di merito la fattispecie del reato di tortura sembrerebbe ipotizzabile anche in strutture quali, a titolo esemplificativo, le residenze per anziani, in cui vi siano soggetti affidati alla vigilanza o custodia del personale addetto. Ricordo nuovamente che per configurare il reato di tortura le violenze e minacce non deve essere fini a se stesse ma avere intendimenti punitivi o essere determinate da specifiche caratteristiche del soggetto vessato.
    L’art. 613-bis contempla specifiche circostanze aggravanti del reato di tortura. La prima,– derivante dall’opzione del delitto come reato comune - è l’aggravante soggettiva speciale costituita dalla qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell’autore del reato, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla finzione o al sevizio; la pena prevista è la reclusione da 5 a 12 anni.
    La seconda, aggravante oggettiva ad effetto comune, consiste nell’aver causato lesioni personali comuni (aumento fino a 1/3 della pena), gravi (aumento di 1/3 della pena) o gravissime (aumento della metà). Le altre circostanze aggravanti riguardano la morte come conseguenza della tortura nelle due diverse ipotesi di morte non voluta, ma conseguenza dell'attività di tortura (30 anni di reclusione) e della morte invece conseguita come conseguenza voluta da parte dell'autore del reato (pena dell’ergastolo).
    L’art. 1 aggiunge, poi, al codice penale l’art. 613-ter con cui si punisce il reato proprio - al di fuori dei casi previsti dall’art. 414 del codice penale (istigazione a delinquere) - consistente nell'istigazione a commettere tortura commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. L’istigazione sarà, quindi punibile indipendentemente dal fatto che essa non sia accolta oppure sia accolta ma ad essa non segua alcun reato.

    L'articolo 2 è norma procedurale che novella l’art. 191 del codice di procedura penale, aggiungendovi un comma 2-bis che introduce il principio dell’inutilizzabilità, nel processo penale, delle dichiarazioni eventualmente ottenute per effetto di tortura.
    L’articolo 2-bis, introdotto alla Camera, integra l’articolo 157 del codice penale inserendo il reato di tortura tra quelli par i quali è previsto il raddoppio dei termini di prescrizione.

    L'articolo 3 coordina con l’introduzione del resto di tortura l’art. 19 del Testo unico sull’immigrazione immigrazione (D.Lgs 286/1998) vietando, quindi, l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura.

    L'articolo 4 della proposta di legge prevede, al comma 1, l'impossibilità di godere delle immunità diplomatiche da parte di agenti diplomatici che siano indagati o siano stati condannati nei loro Paesi d'origine per il delitto di tortura.
    Il comma 2 dell’articolo 4 prevede l’obbligo di estradizione verso lo Stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura; nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, lo straniero è estradato verso il Paese individuato in base alla normativa internazionale.

    Gli articoli 5 e 6 sono relativi, rispettivamente, alla norma di invarianza finanziaria ed all’entrata in vigore del provvedimento.

    Fonte: www.deliamurer.it | vai alla pagina

    Argomenti: giustizia, europa, diritti, g8 genova, tortura, corte europea di Strasburgo | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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