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Dichiarazione di Oskar PETERLINI

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: UCD-SVP-AUT) 


 

Proposta disegno di legge costituzionale: modifiche agli articoli 70, 71, 73, 74, 75 e 138 della Costituzione

  • (04 marzo 2009) - fonte: www.senato.it - inserita il 28 aprile 2009 da 804

    Onorevoli Senatori. – I diritti referendari in Italia spesso sono identificati con i referendum abrogativi, la cui storia e` iniziata 35 anni fa col referendum sul divorzio, nel 1974, seguito da altre 13 tornate referendarie con 59 quesiti referendari nonche´ da due referendum confermativi costituzionali (del 2001 e del 2006). Nei casi citati si e` trattato sempre di referendum abrogativi e, nella prospettiva di una democrazia diretta, moderna ed integrale, si rischia in questo modo di ridurre lo strumento referendario ad un unico tipo di referendum, che all’interno della democrazia diretta non e` certamente quello piu` importante. La democrazia diretta, invece, e` un concetto ben piu` ampio rispetto ai limitati diritti referendari oggi presenti in Italia.

    L’Assemblea costituente del 1947 non ha voluto affidare all’elettorato italiano gli strumenti dell’iniziativa legislativa popolare con votazione vincolante e quelli del referendum confermativo facoltativo per le leggi ordinarie dello Stato, per non parlare dell’iniziativa popolare costituzionale.
    Dopo 60 anni di Repubblica bisogna iniziare a rimediare a questa carenza. Lo stesso referendum abrogativo sembra da tempo entrato in crisi, non perche´ mancassero gli argomenti politici scottanti ed il bisogno di partecipazione dei cittadini, ma gli ultimi 5 referendum, a partire dal 1997, recanti 16 quesiti referendari, sono tutti stati invalidati a causa della mancanza del quorum di partecipazione.
    Ne e` conseguita una progressiva perdita di fiducia nello strumento referendario in quanto tale. Forse una certa disaffezione e` anche dovuta al fatto che del referendum si sono impadroniti soprattutto i partiti, non la cittadinanza libera o le associazioni ed i comitati ad hoc.I partiti, inoltre, montando campagne astensioniste, hanno smobilitato il proprio elettorato a partecipare e poi, in Parlamento, in varie occasioni, hanno cercato di neutralizzare i risultati dei referendum. Oltre allo strumentario troppo limitato, in un’ottica di democrazia diretta moderna, le stesse regole di svolgimento dei referendum sono carenti. Sembra che il solo referendum abrogativo con regole applicative restrittive oggi vigenti – basta pensare al quorum – abbia toccato un limite nella sua capacita` propulsiva della partecipazione popolare.

    In Italia, inoltre, e` stato mortificato il diritto all’iniziativa popolare legislativa, cioe` l’espressione libera e propositiva del popolo sovrano, che porta alla delibera collettiva referendaria su proposte di legge importanti, firmate da centinaia di migliaia di persone. Lo strumento con valenza propositiva oggi vigente – la proposta di legge di iniziativa popolare – e` solo un’ombra di questo diritto, perche´ non si puo` votare la proposta presentata con grande dispendio di energia per la raccolta delle firme, nel caso in cui fosse respinta dal Parlamento. Anzi, la maggior parte di queste proposte non viene neanche discussa nel Parlamento. Piu` del 90 per cento delle proposte presentate nella legislatura 1996-2001 non sono ancora state trattate, per non parlare di quelle presentate dal 2002 in poi.
    Dall’altra parte, come momento positivo rispetto alle partecipazione popolare ai referendum, vanno segnalati i referendum confermativi costituzionali del 2001 e del 2006, uno sulle modifiche costituzionali volute dal «governo Prodi», 1996-2001, l’altro sulle modifiche volute dal «governo Berlusconi II», 2001-2006.
    Entrambi i referendum sono stati svolti senza quorum di partecipazione, perche´ nei referendum confermativi costituzionali questa barriera non e` prevista, sebbene si trattasse di questioni fra le piu` importanti, cioe` di modifiche sostanziali della Costituzione. In tal modo prefigurano il vero tipo di votazione referendaria, come praticata in altri paesi, in cui decidono coloro che si recano alle urne per votare, mentre gli astenuti implicitamente delegano la decisione agli altri.

    1. Le principali lezioni da trarre da 35 anni di referendum
    Se volessimo trarre le principali lezioni da questo primo periodo di applicazione di strumenti referendari nel nostro sistema politico, potremmo riassumerli in tre punti principali:
    1. C’e` oggi in Italia una gamma incompleta di diritti referendari, cioe` mancano gli strumenti principali presenti in paesi con democrazia diretta completa: l’iniziativa popolare ed il referendum confermativo facoltativo anche per le leggi ordinarie. Inoltre manca anche l’iniziativa popolare di modifica della Costituzione, che fu il primo diritto rivendicato e poi conquistato dal movimento popolare per la democrazia diretta nel 1860 in Svizzera, un diritto fortemente istituzionalizzato anche negli USA a partire del 1900.

    2. Le regole di applicazione dei diritti referendari sono troppo restrittive. Quindi occorre riformare o sostituire la legge di applicazione del referendum 25 maggio 1970, n. 352. Alcuni esempi: i poteri troppo estesi di intervento della Consulta nella materia dei quesiti referendari, il divieto di coincidenza dei referendum con le elezioni, la mancanza di garanzia del risultato, la raccolta delle firme con obbligo di autenticazione da parte di un ufficiale pubblico, la mancanza di rimborsi a comitati di promotori, la mancanza dell’obbligo di informazione da parte dello Stato, la mancanza di trasparenza e di limiti nei finanziamenti delle campagne referendarie.

    3. Il quorum di partecipazione del 50 per cento, inutile e dannoso, ha contribuito a screditare lo strumento del referendum agli occhi di milioni di elettori italiani che da anni non si recano piu` alle urne. Il quorum di partecipazione fa sı` che artificialmente gli astenuti si sommino ai contrari, quindi gioco facile per i partiti o i gruppi di interesse contrari ad un quesito a invitare l’elettorato ad ignorare i referendum, andarsene al mare o in montagna, entrando in tacita coalizione con i non interessati. Oggi, tra frustrazione popolare e desiderio dello Stato forte, si sceglie l’antipolitica o si votano i leader forti, anziche´ rafforzare gli strumenti che danno piu` potere ai cittadini.

    2. Le innovazioni oggi necessarie
    Quindi, se l’obiettivo e` quello di ricucire lo scollamento fra la popolazione e le istituzioni ma anche con le forze politiche, bisogna modificare il sistema di democrazia diretta come si presenta oggi. Se si intende promuovere attivamente la partecipazione politica, all’insegna dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, e si intende dispiegare gli effetti positivi della democrazia diretta, bisogna riscrivere i relativi articoli della Costituzione, cioe` soprattutto gli articoli 73, 74, 75 e 138 per ampliare lo stesso strumentario referendario. Tale progetto deve partire dai seguenti punti cardine:

    1. Prima di tutto bisogna superare il concetto limitativo della democrazia diretta che regna oggi, riconoscere, cioe`, il potere legislativo effettivo ai cittadini recuperando i due strumenti essenziali di una democrazia diretta completa: da una parte l’iniziativa popolare per dare spazi d’azione ai cittadini, dall’altra il referendum confermativo facoltativo per consentire ai cittadini di fermare delle leggi che presumibilmente non hanno il consenso della maggioranza dell’elettorato. Cio` significa dare in mano ai cittadini sia l’acceleratore sia il freno di emergenza in politica: accelerare quando riforme importanti e urgenti non partono e non vanno avanti nel Parlamento, frenare quando la maggioranza politica cerca di imporre le sue scelte ad una presumibile maggioranza contraria nell’elettorato. Si tratta di diritti che nel 1947/48 furono trascurati dalla Costituente, ingiustamente. Oggi non si tratta piu` di avvalersi del referendum come puro strumento di difesa, come voluto dalla Costituente, ma di intendere gli strumenti referendari il veicolo piu` importante di stimolo della partecipazione politica, come lo vuole l’articolo 118, quarto comma, che afferma testualmente: «Stato, regioni, citta` metropolitane, province e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivita` di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarieta`». Il referendum abrogativo per piu` di 30 anni e` servito da surrogato dell’iniziativa popolare cioe` del referendum propositivo ma, stando alle esperienze nostre e a quelle di altri paesi, non e` possibile. I cittadini hanno bisogno di un proprio spazio d’azione e di strumenti referendari adatti per indirizzare la politica e chi governa.

    2. Le regole di applicazione vanno ridisegnate in chiave democratica, piu` rispettose delle esigenze dei cittadini moderni, per esempio limitando i diritti d’intervento della Consulta, ampliando le materie ammissibili a referendum includendo, per esempio, la politica estera e la materia tributaria, istituendo l’obbligo di informare con un opuscolo ufficiale ogni famiglia, adottando regole piu` severe per la par condicio, introducendo una spesa massima consentita per le spese della campagna e delle contro campagne, prevedendo la massima trasparenza nei finanziamenti, liberalizzando la forma di raccolta delle firme e cosı` via. Il problema oggi non sta nella «proliferazione dei referendum», perche´ strumenti troppo facilmente accessibili. Il problema sta nel fatto che oggi in Italia i cittadini, nei loro comuni, nelle regioni e a livello nazionale, non intendono la democrazia diretta come strumento normale di articolazione e partecipazione politica.

    Quindi bisogna assegnare agli strumenti referendari il ruolo che hanno avuto da tanti decenni in altre societa` democratiche: essere espressione della volonta` popolare senza mediazione partitica. Cosı` i referendum avranno una nuova valenza politica che va oltre l’assetto politico in Parlamento, che si configura in dato momento storico e, quindi, integra la democrazia rappresentativa: una valenza propositiva con l’iniziativa popolare, una valenza oppositiva col referendum confermativo.
    L’attuale referendum abrogativo verrebbe semplicemente assorbito nell’iniziativa popolare, senza non introdrre o modificare una legge, ma annullando una norma.

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Commenti (2)

  • Inserito il 27 ottobre 2010 da 12628
    Democrazia è una parola “composta” da due parole che traggono origine dalla lingua greca: δῆμος (démos) Popolo e κράτος (cràtos) Potere, quindi: “Potere del popolo”, ed etimologicamente significa “Governo del popolo”. In Italia, la Costituzione italiana, che è Legge Fondamentale, come recita essa stessa al sotto riportato art. XVIII delle disposizioni transitorie e finali: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.” Recita all’art. 1: Ottima iniziativa legislativa che la casta sicuramente farà dormire nei cassetti parlamentari... che hanno sempre altre priorità che esulano la sovranità popolare e la Democrazia Diretta... sarebbe opportuno che tanti i politici quanto i cittadini valutassero il vero significato della Democrazia: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Non occorre affidarsi ad esperti, intellettuali e/o personaggi di rilievo nel mondo della politica o della letteratura, presentati ed evidenziati dai mezzi di informazione asserviti al potere di pochi, poiché la logica non deve essere né spiegata e nemmeno interpretata, in quanto si interpreta da sola e la si capisce col proprio cervello. Un sovrano non può essere subalterno a nessuno ed ha il diritto/potere di intervenire e correggere qualsiasi suo delegato in qualsiasi momento lo ritenga opportuno, anche se il sovrano anziché essere una sola persona è costituito da una moltitudine di persone e indipendentemente dal loro numero. La difficoltà ad esercitare la sovranità di una moltitudine di persone non può negare a tale moltitudine ciò che per Costituzione gli appartiene, si tratta, semmai, di regolamentarne l’esercizio, non di negarglielo o ostacolarglielo, per mezzo di pochi rappresentanti eletti e delegati. Un popolo sovrano può intervenire nelle decisioni dei suoi delegati a rappresentarlo, e la Costituzione italiana, al citato articolo 1 afferma infatti che il popolo esercita la sovranità che gli appartiene nelle forme (si noti il plurale) stabilite dalla Costituzione stessa e non nell’unica forma della Democrazia Rappresentativa (DR), come ci hanno fatto credere per oltre 60 anni a tuttora. Le forme di cui al comma 2 del citato articolo 1 della Costituzione italiana sono quindi la DR e la Democrazia Diretta (DD), quest’ultima da intendersi come l’espressione del popolo al di fuori di ogni rappresentanza eletta. I cittadini esercitano Direttamente la loro sovranità solo se e quando non vogliono lasciare ai rappresentanti la decisione finale. E di tale potere il popolo italiano è possessore per Costituzione. Tutto questo è deducibile da quanto si legge nella Costituzione agli articoli 50, 71, 75 e 138. Art. 50: “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. “ Non si parla di rappresentanti eletti ma di cittadini (eletti e non eletti). Il Parlamento italiano, dopo ormai 63 anni dalla nascita della Costituzione italiana, non ha ancora regolamentato questo principio Costituzionale con legge. Non esiste ancora una legge che stabilisca le modalità di utilizzo della petizione popolare. Come deve interpretare tale realtà un popolo sovrano? Art. 71: “L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.” Il popolo, attraverso 50.000 cittadini elettori, può presentare al Parlamento un Disegno Di legge, o Proposta Di Legge, come i parlamentari o i ministri della repubblica e, per logica, dovrebbero essere quelli presentati dal popolo ad avere la precedenza, perché è il popolo ad essere sovrano e non i rappresentanti eletti. L’azione legislativa popolare è stata ostacolata/impedita attraverso i Regolamenti interni delle Camere, con i quali i rappresentanti eletti hanno dato la precedenza ai Disegni Di Legge di iniziativa parlamentare su quelli di iniziativa popolare, non per dettame costituzionale ma per decisione arbitraria dei rappresentanti eletti. Come deve interpretare tale realtà un popolo sovrano? Art. 75: “È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.” 10 soli cittadini elettori (artt. 7 e 27, L.352/70), possono proporre un quesito referendario per chiedere al popolo l’abrogazione parziale o totale di una legge se tale richiesta è sostenuta da 500.000 altri cittadini e ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione, a cui presentato il quesito referendario abrogativo. Se 500.000 cittadini elettori sostengono tale richiesta il popolo italiano, andando alle urne può quindi abrogare le leggi fatte dai rappresentanti eletti (Parlamento), a prescindere dal quorum e, quindi, dalla validità del Referendum. Quello di abrogare le leggi del Parlamento è un potere che il popolo possiede! Altro conto sono gli ostacoli posti dal Parlamento, a partire dal 1970 ad oggi, con Legge 352/70 attraverso la quale si è impadronito dello strumento referendario abrogativo di legge ordinaria (ex art. 75 Cost.) impedendo ai 10 cittadini elettori proponenti quesito referendario di raccogliere le 500.000 firme necessarie per portare al voto il popolo, con l’autenticazione delle firme da consegnarsi in soli 3 mesi di tempo. Con tali limiti l’impresa è possibile soltanto ai partiti politici (di cui fanno parte i parlamentari), perché soltanto loro hanno la forza economica ed organizzativa tale da organizzare una raccolta firme (costosa per l’autenticazione delle firme) in un limite di tempo così breve. Come deve interpretare tale realtà un popolo sovrano? Art. 138: Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. 10 soli cittadini elettori, possono proporre un quesito referendario, per chiedere al popolo la conferma o meno delle Leggi fatte dal Parlamento che integrano la Costituzione (Leggi Costituzionali) e/o che modificano la Costituzione (Leggi di Revisione costituzionale), entro 90 giorni dalla prima alla seconda delibera delle Camere, se tale richiesta è sostenuta da 500.000 altri cittadini. Da tutto quanto esposto si evince in maniera evidente che il popolo, come giusto che sia, in quanto sovrano, può intervenire sulle decisioni dei rappresentanti eletti con voto (a prescindere dall’attuale legge elettorale che nessuno vuole sottoporre alla Corte Costituzionale in quanto illegittima – v. artt. 56 e 58 Cost.) e non si può asserire, quindi, che l’assemblea costituente (coloro che hanno scritto la Costituzione italiana) abbiano designato il traguardo Democrazia attraverso la sola Democrazia Rappresentativa perché tale affermazione è nettamente in contrasto con la Democrazia (compiuta) e con la Costituzione stessa. A conclusione: • Un sovrano ha la facoltà di scegliere quando lasciare decidere a coloro che delega e quando invece decidere da sé, specialmente quando molto fa pensare che chi è delegato dal popolo o non sappia amministrare gli averi del sovrano o non voglia amministrarli, per esclusivo interesse personale o di pochi altri individui fuori e dentro la politica. • Una cosa è regolamentare la sovranità del popolo; altra cosa è ostacolarla/impedirla, ovvero negare al popolo i diritti ed i poteri sui rappresentanti eletti come previsti dalla Costituzione italiana. Tutto fa pensare, quindi, che chi è all’interno del sistema rappresentativo, dati i privilegi che questo comporta, abbia volutamente negato ed ostacolato l’azione diretta del popolo sovrano, quindi la Democrazia Diretta, per esclusivo interesse personale, onde favorire se stesso e/o pochi potenti al di fuori della politica (lobbies e mafie varie). La Democrazia Diretta, strumento per raggiungere il traguardo Democrazia e strumento di controllo dei cittadini sui rappresentanti eletti, se riconosciuta da questi ultimi, oltre a dimostrare la giusta umiltà dei rappresentanti eletti, poiché non possono questi avere le migliori soluzioni a problemi che nemmeno conoscono, come se le loro idee fossero migliori di quelle di milioni di persone al di fuori della politica, sarebbe anche una protezione per chi è eletto, o ricopre cariche istituzionali importanti, da pressioni, minacce e ricatti di lobbies esterne alla politica, associazioni criminali, mafie,etc. Quando è la collettività a poter decidere, e non pochi eletti, nessuno sarebbe sottoposto a minacce, ricatti e pressioni; sarebbe impossibile ricattare una cittadinanza di migliaia di persone (piccoli Comuni) e ancor meno di milioni di persone (intera nazione). Chi sceglie la politica all’interno del sistema rappresentativo e non riconosce con l’adeguata umiltà e buon senso che: • da tante teste possono scaturire le migliori soluzioni e provvedere un adeguato e indispensabile aiuto ai pochi delegati a rappresentare un popolo; • col potere di delibera al popolo si evitano contatti e condizionamenti esterni di associazioni criminali; • i principi fondamentali della Costituzione italiana prevedono la Democrazia Diretta fra le forme perché il popolo possa esercitare la sovranità che gli appartiene; • la vera Democrazia si ottiene estendendo il potere di delibera a tutti i cittadini che si vogliono esprimere e deliberare, anziché concentrarlo in meno persone; • esistono altri Paesi meglio amministrati dell’Italia dove il potere di delibera è affidato anche ai cittadini; non ha compreso o non vuol comprendere i concetti di “sovranità popolare” e “rappresentanza eletta”. Chi, pretestuosamente (in mala fede) o ingenuamente (in buona fede) adduce l’art. 67 della Costituzione per asserire che i rappresentanti eletti hanno potere assoluto sul popolo ha male interpretato tale articolo costituzionale poiché esso recita: Art. 67: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.” e si riferisce, quindi e chiaramente, al “singolo” parlamentare e non al Parlamento ed indica che singolarmente, un parlamentare, ha libertà di azione all’interno del Parlamento e nei confronti di ogni altro Organo dello Stato, ovvero nei confronti degli altri parlamentari ed istituzioni, e deve dare conto solo ai cittadini, in quanto sovrani e da essi delegato. Una diversa interpretazione si scontrerebbe con gli altri principi esposti ai citati articoli 50, 71, 75 e 138 della Costituzione italiana. Chi sostiene che la Costituzione si basa sulla sola Democrazia Rappresentativa lo fa solo ed esclusivamente in MALA FEDE e per esclusivo interesse personale anziché a favore della popolazione, rinnegando la Democrazia e la Costituzione italiana stessa. La Democrazia, secondo l’Assemblea costituente, era un traguardo da raggiungere e non un punto di partenza, poiché al momento dell’emanazione della Costituzione italiana, l’Italia era un popolo che ha vissuto prima sotto Monarchia e poi sotto Dittattura e che ha scelto, con Referendum popolare (svoltosi nel 1946) di diventare repubblica democratica (dal latino: res (cosa) - publica (di tutti)… oggi, in Italia, è quasi tutto in mano ai privati, per i quali vige la Legge del profitto (quella dello Stato è un ostacolo da aggirare). La Democrazia Diretta e la Democrazia si possono attuare seguendo l’esempio di altri Stati più democratici e attraverso l’autonomia legislativa ed attuativa degli Enti Locali, a partire quindi dai Comuni che, secondo gli artt. 114 e segg. della Costituzione italiana, sono autonomi, dotati infatti ognuno di Statuto e Regolamento e, quindi di potere legislativo (Consiglio comunale) ed esecutivo (Giunta comunale). L’art. 8 del Dlgs 267/00, attraverso il quale il Parlamento ha delegato ai Comuni, alle Province ed alle Regioni, di introdurre negli Statuti e regolamentare nei Regolamenti gli strumenti di Democrazia Diretta, anche referendari (referendum di qualsiasi genere), non ancora applicato dalle amministrazioni locali, pur in vigore da 10 anni, è un’altra evidente dimostrazione che i rappresentanti eletti vogliono usurpare volutamente la sovranità a chi spetta di diritto. Come deve interpretare tale realtà un popolo sovrano? Da come applicata, ignorata, raggirata ed offesa finora la Costituzione italiana, dai pochi rappresentanti eletti (a qualsiasi livello – locale e nazionale) non arriveremo mai al traguardo Democrazia poiché il potere è e sarà sempre più concentrato in poche persone (all’interno dei partiti politici) anziché essere esteso a TUTTI. L’Italia è sempre stata ed è tuttora, di fatto, una Oligarchia dove i pochi rappresentanti eletti non sono nemmeno più eletti dal popolo (L. 270/05). 28 settembre 2010-09-28 Bruno Aprile – Locate Varesino (CO) – tel. 3472954867 – CCDD Comitato Cittadino Democrazia Diretta – http://comitatocittadinodemocraziadiretta.blogspot.com
  • Inserito il 23 gennaio 2010 da 12885
    Questo Disegno di legge del sen. Peterlini è di notevole importanza per fare un passo avanti per dare più potere ai cittadini e avviarsi verso una vera democrazia, perché fino a quando i cittadini non potranno esprimersi direttamente saremmo sempre in balia di una oligarchia dei politici. Le speranze che questo disegno vada in porto sono piuttosto poche , per cui sarebbe necessario dare un certo sostegno esterno con una raccolta di firme e poi trovare altri parlamentari di qualsivoglia partito dispostoa sostenerla. Se poi qualche piccolo partito fosse disposto a diventare il portabandiera e a pubblicizzare i DIRITTI REFERENDARI credo che potrebbe avere un discreto seguito.

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