Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI Franco MARINIhttps://www.openpolis.it/2012-07-13T00:00:00ZLe due sinistre nella casa del Pd2012-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647268<br />Se considerassimo la riflessione avviata da Mario Tronti sul superamento delle due sinistre come qualcosa che riguarda solo un pezzo del Pd sanciremmo il fallimento del partito nuovo che abbiamo tenuto a battesimo cinque anni fa con l`ambizione della vocazione maggioritaria. Lo stesso accadrebbe se un`altra questione tornata recentemente in auge, il peso dei cattolici nella vita pubblica, venisse consegnata all`esclusiva discussione di coloro che motivano con la fede l`impegno politico.
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Questa partizione "territoriale" negherebbe l`assunto che ci ha fatto incontrare in un esperimento senza precedenti nella storia italiana, aprendo le porte a chi non aveva da vantare militanze precedenti, di centro, di sinistra, cattoliche, socialiste o laiche che fossero.
<p>Discuterne non è un omaggio alla prassi di buon vicinato tra le diverse famiglie ritrovatesi nell`unica casa ma l`esercizio, dovuto, di una circolarità di analisi e di pensiero che sta nel genoma del Partito democratico in quanto evoluzione di culture e storie in nome di un`offerta politica per un tempo che non è «un`epoca di mutamenti ma un mutamento d`epoca».
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Per me dunque è il Pd l`orizzonte entro cui collocare questo dibattito anche perché esistono pure all`interno del partito personalità ed aree che non avvertono estranea quella «radicalizzazione movimentista no-glob al e new-glob al» che Tronti assegna ad una delle due sinistre. Detto questo, e per chiarire meglio, escludo che vadano alzati muri per impedire ad altri, fuori dal Pd, la partecipazione alla discussione tant`è che ho trovato di grande interesse il contributo di Nichi Vendola. Le considerazioni del leader di Sel - restituire dignità al lavoro, puntare all`unità politica dell`Europa, combattere la crisi morale figlia della sbornia liberista - possono essere foriere di positivi approfondimenti e sviluppi a patto che assumiamo uno dei caveat suggeriti da Tronti, cioè non farci condizionare dall`ansia di prestazione.
<p>«Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai»: tutti, o quasi, conoscono questo passaggio, centrale, del discorso di Aldo Moro al Consiglio nazionale Dc del novembre 1968. Che più avanti aggiungeva: «Nel profondo è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia».
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Penso che noi siamo in una situazione non dissimile da quella che con tanta lucidità ed efficacia riusciva a leggere il fresco ex presidente del Consiglio Aldo Moro. Averne piena e convinta consapevolezza è condizione ineludibile per pensare strategie di rinvigorimento della democrazia e di uscita dalla crisi. Perché di questo si tratta, due volti della stessa medaglia, come del resto è provato sia dalle vicende di casa nostra, di questo quasi ventennio berlusconiano segnato da un incredibile immobilismo delle scelte sia dalla più grande vicenda mondiale dove il predominio del capitalismo finanziario ha generato un inaridimento della democrazia non attraverso lo scontro frontale ma seguendo la strada del ridimensionamento della sfera d`azione.
<p>Se pensassimo di vivere una stagione di "normale" congiuntura negativa del ciclo economico, al più speziata da un eccezionale protagonismo dei mercati finanziari, commetteremmo un duplice esiziale errore: non riconosceremmo che quel che accade, ed è accaduto anche prima dell`esplosione della crisi, ha un padre ed una madre certi, il liberismo e la destra politica, e mancheremmo di cogliere quel «moto irresistibile della storia» che chiede a noi, forze del cambiamento, di proporre nuove visioni e nuovi paradigmi.
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Portiamo tutti la responsabilità, ovunque collocati nel campo del centrosinistra, di non aver saputo opporre alla strategia egemonica del liberismo che guidava la mano dei governi di destra di qua e di là dell`Atlantico, un disegno che in qualche modo non ne subisse la subalternità, ma l`ubriacatura individualista, dagli anni Ottanta in poi, aveva travolto troppe barriere andando ad insediarsi nel senso comune, in questo agevolato da uno straordinario mutamento sociale e del lavoro che ha disarticolato legami e appartenenze e smantellato l`universo valoriale precedente.
<p>L`evidente fallimento del binomio destra/liberismo chiama in causa qui ed ora le culture riformiste. Noi non ci accostiamo a questa impresa privi di parole. Non siamo all`anno zero come a volte certi venti nuovisti, per darsi ragione di vita, vorrebbero far intendere. Abbiamo disponibile un grande patrimonio da investire e far fruttificare, che si chiama Carta Costituzionale nei cui principi, dalla centralità della persona all`impegno dello Stato contro ogni discriminazione fino al riconoscimento del ruolo dei corpi intermedi, è trasparente la griglia dei tratti costitutivi del Partito democratico. Forti di questo bagaglio possiamo lavorare sul piano internazionale con l`americano Obama, il francese Hollande e tutto l`arco dei protagonisti e dei soggetti collocati nel nostro stesso campo per ricostruire condizioni di equilibrio tra politica ed economia e soprattutto per combattere quelle situazioni che hanno determinato la cancellazione di milioni di posti di lavoro.
<p>E, noi del Pd, possiamo anche vantare qualche risultato. Penso agli esiti delle amministrative degli ultimi due anni. Tutti i partiti sono crollati, tranne il nostro. L`astensione e l`erosione del grillismo ci ha toccato in maniera insignificante se rapportata agli altri soggetti in campo. Perché? Perché il Pd, ha saputo comprendere che la mitologia della personalizzazione, del ghe pensi mi - declinato anche oltre il perimetro forzista - aveva stufato e che c`era un bisogno di collettivo, di squadra, di collaborazione, di condivisione. Il Pd è riuscito a trasmettere il messaggio di aver capito questa novità e di essere seriamente incamminato sulla strada di un partito strutturato, non annullato dal culto di una personalità, ispirato al «metodo democratico» richiamato dall`articolo 49 della Costituzione.
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In conclusione, come si concilia un obiettivo strategico tanto impegnativo e di lungo respiro qual è quello che ho provato ad accennare con la scadenza elettorale del 2013? Prima di tutto pensando che non troveremo ogni risposta entro dieci mesi e poi lavorando ad un`alleanza che abbia al centro della propria missione: rendere più forte la democrazia, rimettere al centro parole come solidarietà e bene comune, aggredire le diseguaglianze, contrastare la recessione, rilanciare il sentimento di unità del Paese.<br />
«Difendiamo il Contratto Nazionale. I sindacati trovino un punto d'intesa» - INTERVISTA2011-06-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it585020<br />
A me il termine democratici mi lascia freddo» e quindi meglio affidarsi ad un più caldo «amici e compagni». Franco Marini lo incassa così il primo di molti applausi durante il suo intervento alla Conferenza sul Lavoro del Pd.
<p><b>Presidente, lei ha fatto un richiamo all'unità d'azione del sindacato per il bene di tutto il Paese. Crede davvero che sia possibile?</b>
<p> «Ritengo che questo scivolamento indietro dell'Italia sul fronte dello sviluppo e dell'occupazione sia dovuto al venir meno in questi tre anni dell'azione di governo. Si sono limitati alla sola difesa dei conti pubblici, che andavano tenuti in ordine, ma si doveva fare ben altro. Un altro elemento di criticità è stato senza dubbio rappresentato dalla difficoltà dei sindacati di trovare un punto di intesa rispetto alle grandi questioni che investono il Paese, provocando scetticismo anche in chi vuole investire qui da noi».
<p> <b>Da dove si riparte?</b>
<p> «Bisogna partire dall'avvicinamento della contrattazione alle realtà aziendali perché è contrattando lì che si interviene sulla produttività del lavoro e il salario operaio. Poi, mi sento di dire, che anche dopo il più duro contrasto deve prevalere il dovere della ricerca di unità d'azione tra confederazioni e questo dovrebbe essere sempre un punto fermo. Nell'84 noi lo facemmo dopo il referendum sulla predeterminazione dei punti di scala mobile: ci furono scontri durissimi in tutti i posti di lavoro, ma in 10 mesi Lama, Benvenuto, Carniti e il sottoscritto, che gli subentrò, misero in atto una seria azione di unità».
<p> <b>Parlando del Pd ha posto i suoi tre paletti: serietà della proposta politica; comprensione della proposta e ferrea unità interna. È così che si vincono le elezioni?</b>
<p> «Non voglio fare lo stalinista, come qualcuno mi definisce, però se mi chiedo perché abbiamo vinto le amministrative e siamo riusciti a intercettare questo vento di cambiamento che ha portato anche al successo dei referendum, me lo spiego con poche ma salde convinzioni. Intanto con un "no" degli elettori ad un governo che ha continuato a dire che rispetto alla crisi stavamo meglio degli altri e non ha fatto sforzi visibili per non fare ristagnare lo sviluppo e poi con il ruolo che ha giocato il Partito democratico. Noi, e non dico noi a caso, siamo riusciti con Bersani segretario, a ricostruire una capacità di proposta del partito. C'è un gruppo di giovani che consente la presenza della proposta del Pd in tutta la periferia del Paese: questa conferenza a Genova arriva dopo tutte quelle regionali, con un risultato di sintesi che ha impegnato migliaia di militanti».
<p> <b>Vince il partito solido?</b>
<p> «Le rispondo così: quando è venuta meno la concezione di un partito basato sull'ordinamento democratico, come prevede la Costituzione, è venuta meno anche la politica. È accaduto dopo la crisi del 1993-94. Il partito aperto e partecipato - le primarie le abbiamo inventate noi ed è bene non dimenticarcelo -, con un grande ruolo dei giovani, è fondamentale, ma serve un partito vero e strutturato, capace di aiutare e anche d i criticare il leader».
<p><b> Il Pd cresce nei consensi ma gli elettori ancora non vedono con chiarezza un'alternativa. Nessuna critica?</b>
<p> «A me non piace dare troppa importanza ai sondaggi, ma in questo momento c'è una consistente ripresa del nostro partito e credo che questo sia dovuto alla concretezza di Bersani. Questo è stato uno degli elementi fondamentali di questo primo e durissimo round che abbiamo vinto. Oggi noi siamo qui e stiamo parlando di lavoro e lo stiamo facendo con tutti i protagonisti. Questa è la strada giusta anche per costruire l'alternativa: il programma per il Paese».
<p> <b>A proposito di unità. Il senatore Ichino ha posizioni diverse rispetto alla relazione di Fassina. C'è chi la legge come una divisione.</b>
<p> «Ichino non ha una posizione diversa, ha fatto una proposta di integrazione, come l'ho fatta io. Certo, poteva risparmiarsi di presentare un documento che ha dato adito a illazioni su posizioni di contrasto. Rispetto al contratto nazionale, poi, ha una posizione irreale: si può allargare la contrattazione aziendale, ma non superare. La presenza di milioni di lavoratori nelle piccole imprese impone la difesa del contratto nazionale. Allo stesso tempo devo dire che la proposta del libro Boeri-Garibaldi, a cui fa riferimento Ichino per superare la distanza tra garantiti e non garantiti, è intelligente e va approfondita nel tempo ma non riuscirebbe a affrontare i problemi immediati come invece fa la relazione di Fassina».<br />
«Ora toni bassi. Mi preoccupa questo clima di guerra» - INTERVISTA2010-12-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it549306<br />
«L'accordo andava fatto. Sull'auto, in Italia, siamo in grande difficoltà e non ci possiamo permettere di perdere migliaia di posti di lavoro. Ma dico anche che su queste vertenze così delicate i toni dovrebbero rimanere sempre bassi».
<p>Franco Marini, già leader storico della Cisl ed ex presidente del Senato, parla di un «clima di guerra» intorno ai contratti Fiat che non fa bene al Paese. <br />
E spiega «Per le difficoltà in cui vive l'Italia e per la necessità di difendere il lavoro come fatto prioritario — dopo 10 anni di tentativi, dopo i risultati della commissione Giugni insediata da Prodi nel '97 -che raccomandava di portare la contrattazione dentro il posto di lavoro — capisco perfettamente che ci sia stata una determinazione per arrivare comunque a un'intesa. E' stato necessario perché a un minor livello di produttività corrispondono salari più bassi e, dunque, una contrazione della domanda interna che poi alimenta la crisi».
<p> <b>Presidente, la Fiom ha proclamato lo sciopero generale mentre la Fiat conferma: le sigle ché non firmano il contratto non avranno rappresentanza sindacale in fabbrica.</b>
<p> «Su questo vorrei ricordare che c'è l'articolo 14 dello statuto dei lavoratori: hanno diritto di costituire associazioni sindacali aziendali e aderirvi tutti i lavoratori dell'azienda. Quindi, in assoluto, la cancellazione non c'è perché anche chi non firma i contratti ha diritto alle sue associazioni. Naturalmente, il contratto può prevedere, dopo il ritocco fatto dal referendum all'articolo 19, tutele ed esercizio di diritti sindacali maggiori o specifici per le organizzazioni che firmano e che dimostrano di avere la maggioranza».
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<b>Perché denuncia i toni esasperati?</b>
<p> Io penso che bisogna stare sui problemi. E sono preoccupato che non riprenda il dialogo tra le grandi confederazioni. Tuttavia — dopo aver letto le interviste della Camusso e di Bonanni e poi quella di Angeletti — credo di vedere uno spiraglio e per questo rifiuto il clima di guerra che si cerca di creare intorno alla vertenza. Tutte le persone responsabili che hanno a cuore il ruolo fondamentale del sindacato devono ripartire da quell'accordo sulla rappresentanza, e in qualche modo sulle regole della contrattazione, che le confederazioni, Cgil compresa, hanno condiviso nel 2008 e che è rimasto lettera morta».
<p> <b>La lacerazione sindacale quanto inciderà su un quadro politico già fibrillato?</b>
<p> «Non mi pare che il clima politico sia così stabile e tranquillo da poter assorbire anche una rottura sociale di queste dimensioni. Abbiamo una grande difficoltà della politica: il mio desiderio, dopo aver detto cose molto chiare sul merito, sarebbe quello di vedere una ripresa del dialogo che possa aiutare a sdrammatizzare la situazione politica invece di aggravarla».
<p> <b>Nel Pd Fassino, Chiamparino, Fioroni si sono espressi a favore dell'accordo. Mentre altri nel partito remano contro.</b>
<p> Il Pd, naturalmente, soffre e risente di questa situazione di scontro tra organizzazioni sindacali. Però io vedo un partito largamente consapevole: fermi su questi temi non si può stare perché l'unica strada è quella della ripresa del dialogo».
<p> <b>Nichi Vendola avverte i democratici: «La questione Fiat sarà dirimente per la creazione di una coalizione di centrosinistra».</b>
<p>«Non vedo come Vendola, che pure stimiamo come presidente di Regione, possa porre quasi tutti i giorni condizioni al Pd per la costruzione dell'alternativa di centrosinistra.<br />
Vendola si arroga un diritto che, sinceramente, non riesco a connotare in termini così scontati».
<p> <b>Presidente, teme che in fabbrica torni un clima cupo come in anni da dimenticare?</b>
<p> «Non credo che siamo a quel punto. Ma è pure vero che senza una difesa dell'occupazione la situazione sociale non può migliorare». <br />
Fiat: Avrei firmato l'accordo, ma non a esclusione Fiom2010-12-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it549031<br />
Franco Marini (Pd), ex presidente del Senato, in un passato più lontano leader della Cisl, approva con riserva l'accordo separato raggiunto senza l'ok della Fiom per lo stabilimento Fiat Mirafiori. Risponde "sì", senza esitazioni, alla domanda se lui, da sindacalista, lo avrebbe firmato. "Sì, perché - spiega - si parla da troppo tempo di avvicinare la contrattazione al posto di lavoro, solo così si recupera salario e produttività. Si è perso troppo tempo".<br />
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La riserva arriva sulla seconda domanda: giusto escludere la Fiom dalla rappresentanza? "Chi è presente in fabbrica con una sua consistenza - risponde l'esponente democratico - ha diritto a non essere escluso, questo vale anche per l'accordo fatto alla Fiat". «Il Pd non può avere nostalgia del Pci. Se entra Vendola, il partito è finito» - INTERVISTA 2010-12-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548543<br />Se si apre la deriva a sinistra ci sarà un fronte interno molto caldo. Siamo malati di vanità.
<p> L'aggressione speculativa all'Italia ci sarà di certo, se si va alle elezioni. Dobbiamo puntare a un governo di responsabilità nazionale, anche guidato da una personalità del centrodestra. E il Pd deve essere all'altezza della situazione. Purtroppo è ammalato del virus della vanità, dell'io che prevale sul "noi" e dell'amore sviscerato per il palcoscenico...». <br />
Franco Marini aggredisce i problemi. L'ex presidente del Senato da tempo non interviene nel dibattito politico. Ma ora, alla vigilia della sfiducia a Berlusconi, denuncia qualche «sbandamento» di troppo nelle file democratiche. <p>
<b>Senatore Marini, ma lei è allarmato perché torna la pace tra D'Alema e Veltroni? </b><p>
«Per me si possono pure amare, a patto che nessuno cambi le scelte fatte tutti assieme. Sento parlare di "rifondare il Pd", imbarcando Vendola. È il tuffo in un passato remoto, uno sbandamento. Se qualcuno coltiva davvero questa idea la declassi a nostalgia del Pci altrimenti offre un segnale di fine dell'esperienza dei Democratici».<p>
<b>Minaccia di lasciare il Pd, se c'è un allargamento a sinistra?</b> <p>
«Io lo voglio rafforzare il Pd. Ci ho creduto molto e ci credo ancora, ritenendolo una necessità della politica italiana. Dico che si aprirebbe un fronte assai caldo all'interno del partito perché significherebbe rinnegare la scelta fondativa di centrosinistra. Non lo dico da ex dc o da popolare, ma da riformista. Un partito riformista che coniughi libertà economica e giustizia sociale e che si contrapponga a un partito conservatore è nella logica della democrazia dell'alternanza. Il "pilastro Vendola" chiude la possibilità di espansione verso i ceti moderati che, malgrado la crisi, sono per la loro estensione fondamentali per assegnare la responsabilità di governare. I nostri "nostalgici" guardino all'esperienza delle socialdemocrazie europee dove non si corre dietro ai vari radicalismi per poi allearsi con i moderati sul mercato. È nella natura del partito riformista includere direttamente ampie fasce della rappresentanza sociale». <p>
<b>In un momento drammatico dal punto di vista economico-sociale, con in più lo stravolgimento compiuto da WikiLeaks — il Pd guarda al proprio ombelico?</b> <p>
«Il Pd ha contratto un virus che si manifesta con il prevalere dell'io sul "noi". Noi siamo una forza collettiva: nessuno vuole cancellare le individualità ma una parte dei dirigenti non schioda dall'io e dall'amore sviscerato per il palcoscenico. Questo è il male dei Democratici e Bersani mi piace perché parla della ditta, in modo forse un po' rustico ma la ditta è "noi". E parla del merito dei problemi. Un partito riformista è indispensabile perché se no i moderati sono risucchiati dalla destra e per riportare al centro il problema dell'eguaglianza». <p>
<b> La maggioranza si frantuma però questo Pd non ne trae vantaggio?</b> <p>
«Lo dice qualche sondaggio. Ma il Pd ha contribuito alla crisi del centrodestra. C'è un fallimento vero del governo che ha avuto una maggioranza mai avuta da altri». <p>
<b>Siamo allo showdown del berlusconismo? </b> <p>
«Penso che la fase di questo governo sia finita. Dobbiamo essere consapevoli dei rischi per l'economia italiana perché la Ue ci chiederà interventi drastici per ridurre il debito. Abbiamo centinaia di migliaia di cassintegrati con cassa integrazione in deroga che non è detto possano rientrare al lavoro. Ci vuole un governo di larga responsabilità anche affidato a una personalità del centrodestra».<p>
<b> A Tremonti, a Gianni Letta o a Pisanu? </b> <p>
«Non spetta a me fare nomi. Se nascerà, sarà un governo di responsabilità con pochi obiettivi: difendere il lavoro, mettere mano a questa montagna di debito pubblico, riattivare la domanda interna, riformare la legge elettorale». <p>
<b>C'è un'Opa ostile di Vendola sulle primarie cittadine, come scrive "Europa"?</b> <p>
«Naturale. Gli abbiamo aperto con le nostre regole un'autostrada. Questo meccanismo va corretto». <br />
«Walter usa toni da fariseo stop subito o ci prendono per pazzi» - INTERVISTA2010-09-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it506304<br />Ho mandato a quel paese chi mi ha chiesto di firmare»
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L'ex presidente del Senato giudica un pretesto l'argomento dei sondaggi negativi: "Ci sono 500 mila disoccupati in più, 650 mila cassintegrati. Che gli diciamo? Che bisogna tornare al fantasma del Lingotto?"
<p>"Chi sta provocando tutto questo, spero si senta sulle spalle un macigno... Il Pd è un patrimonio che ci hanno affidato milioni di elettori con le primarie, non certo per vedere i dirigenti colpiti dal morbo di ambizioni sfrenate e di personalismi feroci".
<p> Franco Marini ha un'età in cui, come ricorda, può permettersi di dire quello che pensa senza giri di parole. Oltre ad averlo sempre fatto, da segretario Cisl, da leader del Ppi, da presidente del Senato. E ritiene, Marini, che le dichiarazioni di Veltroni e compagnia sulla buonafede della loro iniziativa siano "da farisei".
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<b>Senatore Marini, il Pd è dunque in cattive acque nonostante la crisi della destra?</b>
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"Chi ci ha votato alle primarie si aspettava un partito unito, con capacità d'iniziativa, non questo cannibalismo tra gruppi dirigenti. Ci prendono tutti per pazzi. Proprio quando per la prima volta lo schieramento di destra e il governo mostrano una difficoltà straordinaria con una divisione drammatica. Il Pd per i tanti che ci hanno votato, ma anche per alcuni delusi della destra, è una speranza. Invece ecco che oggi, ieri, domani si rivedono le vecchie abitudini".
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<b>Una crisi del partito però c'è o no?</b>
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"La motivazione del documento e della nascita del "movimento" è un pretesto. Quale sarebbe? Che alla fiera dei sondaggi il Pd di Bersani tocca il 26%? Voglio ricordare che il 4 marzo 2009 un sondaggio su Repubblica dava al Pd, uscito dalla segreteria di Veltroni, il 22%".
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<b>Veltroni dice che non sta segando l'albero del Pd, ma lo sta puntellando.</b>
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"Questi "movimentisti" sostengono di aiutare il partito, ma si tratta di buonismo ridicolo. Fariseismo. Mettiamo i piedi per terra. Il Pd si è posto il problema: no alle elezioni a novembre, perché la situazione del paese è critica. Confindustria conferma che la ripresa dell'Italia è più debole di quella di altri paesi; dal 2008 i disoccupati sono cresciuti di 500 mila unità; 650 mila sono i cassintegrati a zero ore. In questa fase l'ultima cosa da toccare sarebbe l'autorevolezza del Pd. Con questo genere di puntelli, ci rompiamo tutte e due le gambe".
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<b>Se però il Pd fa acqua, il segretario-fondatore Veltroni avrà il diritto-dovere di battere un colpo.</b>
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"Chi ha una posizione critica la esprima negli organismi di partito. All'incontro del gruppo che abbiamo avuto a Palazzo Madama, presente Bersani, non ho sentito contestazioni dai "movimentisti". Sono dovuto intervenire io per dire che ci vuole più chiarezza sulla centralità del lavoro; sulla libertà d'informazione accompagnata però al "no" alla gogna mediatica; sugli interventi per le retribuzioni dei lavoratori italiani che sono in coda a quelle europee".
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<b>Cosa non va nel "movimento" annunciato da Veltroni?</b>
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"Il "movimento" è destinato ad entrare in rotta di collisione con il partito. Cosa significa stare dentro e fuori? Un disegno Veltroni ce l'ha anche se non so quale... E poi cosa andiamo a dire a chi perde il lavoro? Che vogliamo tornare al fantasma del Lingotto!".
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<b>Hanno aderito anche gli ex Ppi, tra cui uno dei suoi "pupilli" Beppe Fioroni. La cosiddetta "Areadem", cioè la minoranza, ne esce lacerata?</b>
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"Ammaccata, sì. E sbandata. A Fioroni dico che ha sbagliato. A questo punto, faccio un appello perché non prevalga l'opportunismo dentro il partito, occorre fare chiarezza. Se no siamo fritti".
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<b>Ci arriva intero il Pd alle prossime elezioni?</b>
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"Sì, se segue la strada che indico. È evidente che ci sono limiti anche nella segreteria Bersani, tutti li hanno, ma questa reazione del documento e del "movimento" è spropositata. Va combattuta in modo intransigente, fermo. Non sminuita".
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<b>Proprio tra gli ex ppi alcuni hanno più volte minacciato la scissione. Segno di un forte disagio?</b>
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"Non mi sorprende che mordano il freno. Ma nessuno ha mollato".
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<b>A chi le ha chiesto di firmare il documento cosa ha risposto?</b>
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"Per la verità, me l'ha chiesto uno solo. L'ho mandato a quel paese".<br />
Partecipare al no-B day un errore2009-11-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it473283<br />
"Sarebbe sbagliato andare - ha detto Marini ai giornalisti - sia per lo spirito degli organizzatori sia per le presenze annunciate, perchè non esprimono la posizione del Pd, anche in rapporto all’opposizione che si deve fare a questo governo".
<p>"Del resto - ha aggiunto Marini - nei mesi scorsi Idv ha avuto un atteggiamento aggressivo nei confronti del Pd, e un partito con le nostre ambizioni le manifestazioni le organizza dopo una discussione interna. Poi - ha concluso - se qualcuno vuole partecipare a titolo personale può pure andare, ma assumere questa manifestazione come nostra, sarebbe sbagliato". <br />
«Il governo si è mosso con prontezza, il Pd farà la sua parte» - INTERVISTA2009-04-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390945<br />
Colloquio con Franco Marini, ex presidente del Senato, nato a San Pio
delle Camere in provincia dell’Aquila, sul devastante sisma che ha colpito
al cuore la sua terra. Ed è uno spettacolo, racconta, «che stringe il cuore»<br />
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C’è «un dolore profondo» nelle sue
parole, quando si sofferma sul sisma
che ha devastato la sua terra. Ma anche un’attenta riflessione sul futuro
dei suoi corregionali. Franco Marini, classe 1933, è nato a San Pio delle Camere, un paesino di meno di 600 abitanti alle porte dell’Aquila, che ha subito danni ingenti
dopo il terremoto di lunedì notte. L’ex presidente del Senato, esponente di spicco del Partito democratico,
racconta il suo stato d’animo in queste giornate di disperazione.<br />
<b>A cosa pensa, presidente
Marini, dinanzi alle immagini di devastazione e morte che ci arrivano dall’Abruzzo?</b><br />
Al fatto che il terremoto ha portato vie tante vite, ha provocato migliaia di feriti, ha privato della casa e del lavoro decine di migliaia di persone. E ha distrutto o serissimamente danneggiato memorie della storia e della cultura dell’Abruzzo e, direi, più in generale dell’Italia. Tra le vittime e tra i feriti ci sono persone che conoscevo. Sono stato nelle zone colpite, ho visto i danni, le case distrutte, quanti non hanno più un tetto, è uno spettacolo che stringe il cuore. Il mio è un sentimento da abruzzese, da aquilano, perché è in un paesino della provincia
aquilana che sono nato, ma è anche un sentimento di
italiano che so condiviso da tutti gli italiani.<br />
<b>Quando è tornato in Abruzzo? E prevede di essere lì venerdì, in occasione dei funerali?</b><br />
Ci sono stato martedì. Ero intenzionato già lunedì pomeriggio a recarmi all’Aquila e negli altri paesi toccati dal sisma, ma ho ritenuto di aspettare per non rischiare di intralciare l’opera dei soccorritori e l’arrivo dei soccorsi. Martedì ho visto all’opera centinaia e centinaia di vigili del fuoco, operatori della Protezione civile, forze dell’ordine, personale medico e volontari giunti da
tutta Italia: nella tragedia, questa
azione pronta e genuina di solidarietà e di aiuto ha dato, non solo a
me, una luce di speranza e di fiducia. E, naturalmente, venerdì sarò all’Aquila per i funerali delle vittime.<br />
<b>Come crede che il governo stia affrontando l’emergenza? Le iniziative messe in campo finora le sembrano sufficienti?</b><br />
Lo Stato si è mosso con prontezza e funzionalità, tutte
le autorità sia nazionali, sia locali hanno agito dando
grande prova di efficienza. Non ho alcuna difficoltà a riconoscere questo giudizio anche al governo. Siamo soltanto all’inizio, certo, ma senza dubbio la fase acuta dell’emergenza è stata affrontata dall’esecutivo, in particolare dal Dipartimento della Protezione civile, in maniera encomiabile e l’ho personalmente riferito al sottosegretario Bertolaso, incontrato martedì nella sede del
coordinamento alla Scuola Allievi Sottufficiali della Finanza dell’Aquila.<br />
<b>Ieri Dario Franceschini ha annunciato che il Pd è
pronto a collaborare in Parlamento quando il governo presenterà provvedimenti legislativi e finanziari per affrontare l’emergenza terremoto in
Abruzzo. Lo considera un atteggiamento responsabile da parte del suo partito?</b><br />
Lo considero un comportamento naturale. Non avevo
alcun dubbio che il mio partito avrebbe assunto un atteggiamento del genere. Come non ho dubbi che l’esecutivo cercherà, nell’individuazione delle misure per
fronteggiare il dramma abbattutosi sull’Abruzzo e per avviare un percorso di ripresa e di ritorno alla normalità, il
confronto nelle aule parlamentari.<br />
<b>Il patrimonio artistico, storico e culturale dell’Aquila e delle altre zone è stato ferito. Come fare perché questa ricchezza non vada perduta?</b><br />
L’Aquila e la sua provincia sono un deposito di storia
dell’arte come poche altre nel nostro Paese. Campanili e torri hanno rappresentato nel tempo un riferimento costante e rassicurante per tutti coloro che attraversavano
quelle zone o lavoravano nelle campagne. Le chiese conservano memorie pittoriche rinascimentali. Senza contare i tanti palazzi nobiliari o i manufatti dell’epoca romana e preromana. Una ricchezza inestimabile che, accostata alla bellezza della natura, fa dell’area un patrimonio non solo italiano ma europeo tant’è che ha attratto,
in questi ultimi anni, flussi di visitatori straordinari. Ebbene, questa ricchezza va preservata, va salvata, va rimessa a disposizione degli aquilani e di tutti perché in essa
è iscritta la memoria della gente. Ma in essa è anche depositata la possibilità di un nuovo sviluppo.<br />
Contratti. Il coraggio di cambiare2009-01-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388411<br />
L’accordo sul nuovo modello contrattuale è certamente una svolta positiva per le relazioni industriali e per tutto il Paese. In un momento di grave emergenza economica e sociale non sono sufficienti i provvedimenti e le misure che il governo sta portando all'esame del Parlamento.
Tocca anche alle parti sociali fare la propria parte, rimettersi in gioco e soprattutto impegnarsi responsabilmente per risollevare il Paese dalla crisi. Da almeno dieci anni, le imprese ed i sindacati inseguivano il traguardo di un nuovo assetto contrattuale più moderno e meno conflittuale, capace di risollevare i salari e nello stesso tempo di incrementare la produttività delle aziende. Ed è proprio rafforzando gli organismi partecipativi e bilaterali che possiamo uscire dalla crisi economica ed occupazionale.
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Ha ragione il Presidente della Repubblica quando ci ha ricordato che la politica di "concertazione" è il modello italiano su cui dobbiamo saper puntare. La parola chiave non può che essere: responsabilità. Oggi la priorità è quella di difendere tutti i posti di lavoro e tutelare i redditi dei lavoratori e dei pensionati. In questa grande "depressione" del 2009 non ci sono soggetti che, purtroppo, resteranno indenni. A rischio ci sono lavoratori sia assunti a tempo indeterminato, sia i giovani precari. È necessaria una straordinaria mobilitazione di tutte le risorse disponibili da parte del governo e da parte delle Regioni, estendendo gli ammortizzatori anche ai precari e sostenendo le attività economiche ed i settori in crisi, come quello automobilistico. Ma non c'è migliore garanzia per affrontare e contenere le crisi economiche di una efficace e solidale convergenza di interessi tra lavoratori e imprenditori nel governo dell'impresa e negli indirizzi di riforma. Questa è la sfida e l'opportunità che oggi questa crisi ci invita a saper cogliere.
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In questa ottica è importante avere spostato, con l'accordo di mercoledì il baricentro della contrattazione e delle relazioni sindacali nelle aziende e nei territori per migliorare la qualità dei nostri prodotti e dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione ai cittadini. Ed è una ricetta che vale sia per le aree più dinamiche del nord sia per quelle depresse del mezzogiorno.
Per queste ragioni è più che mai necessario che il sindacato affronti unito la crisi. Le divisioni fanno male ai lavoratori ed al Paese. Questo è l'appello che rivolgiamo, rispettando la loro autonomia, a tutti i sindacati ed alla Cgil in particolare. Bisogna fare tutti gli sforzi possibili per ritrovare un cammino unitario. Non potrà essere un governo seppur forte né una opposizione politica forte a risolvere i problemi su cui il Paese si dibatte da almeno un ventennio. Oggi occorre partecipazione nella responsabilità. Da questa fase difficile possiamo uscire se tutte le energie del Paese si misureranno concretamente sui problemi, superando gli steccati ideologici e la contrapposizione sterile ed improduttiva.<br />
«Basta con la guerra dei topi e delle rane» - INTERVISTA2008-11-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382471 <br />
Così si mette a rischio il partito. Il segretario è Veltroni e la verifica si farà tra un anno<br />
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«Ora basta. Dobbiamo dare un taglio a questa guerra insensata. Mi ricorda la Batracomiomachia, la guerra dei topi e delle rane raccontata in quel poemetto greco. Noi l’abbiamo tradotta nella guerra dei pizzini e dei sospetti di complotto. Dalla mia posizione di ”riservista” posso rivolgermi a tutti i dirigenti del Pd: attenti, così rischiamo di distruggere quanto di buono abbiamo costruito». Franco Marini parla nel suo ufficio a Palazzo Giustiziani mentre ancora è in corso il coordinamento del partito. L’ipotesi, o la minaccia, del congresso anticipato non la prende neppure in considerazione: «Ma quale congresso? Sanno tutti dal primo giorno che non si può fare nulla prima dell’autunno 2009. Non c’è una platea definita di iscritti. E poi sarebbe un suicidio concentrarsi su questioni interne mentre il Paese è alle prese con una crisi gravissima». Marini però è preoccupato. E stavolta non vuole ammorbidire i toni: «Vedo in giro troppa leggerezza e un vago senso di irresponsabilità. Il 25 ottobre avevamo fatto un piccolo miracolo: quella manifestazione al Circo Massimo aveva rimotivato la nostra gente. Ora le polemiche stanno scoraggiando persino il quadro attivo del partito».<br />
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Chi ha le maggiori responsabilità? Veltroni o D’Alema? Veltroniani o dalemiani?</b><br />
«Quando si crea una situazione come questa, c’è una responsabilità generale. E ora Veltroni e D’Alema devono impegnarsi per chiudere questa pagina. O il partito fa un salto di qualità o rischia di precipitare. Il Pd è un grande progetto riformista. Il più ambizioso che l’Italia abbia avuto. Per me è una scelta irreversibile: ai leader che vengono dai Ds dico che debbono avere consapevolezza delle aspettative di chi viene da una storia diversa».<br />
<b>
Sta dicendo che per un anno bisogna astenersi dalle critiche al segretario del Pd?</b><br />
«Dico che certe critiche a Veltroni mi sembrano dettate più dall’animosità che dalla razionalità politica. È il segretario, è stato legittimato dalle primarie, indebolirlo è autolesionistico. A fine 2009 ci sarà la verifica. Lì discuteremo di tutto, della linea e degli assetti interni. Questo però è il tempo delle critiche costruttive. Anch’io ho contestato il partito leggero, il partito frou frou, ma il mio intento era migliorare, correggere. E penso di aver ottenuto qualche risultato».<br />
<b>Tutto sommato è più severo con i dalemiani.</b><br />
«Non voglio fare il grillo parlante. Con D’Alema parlo spesso, lo farò anche quando tornerà dall’America. L’Italia sta entrando in una stagione molto difficile. Gli effetti della crisi finanziaria hanno raggiunto l’economia reale. Dilaga la cassa integrazione. 500mila giovani precari rischiano di perdere anche i loro contratti. Il Pd deve impegnarsi innanzitutto su questo».<br />
<b>Per dare battaglia al governo o per costruire un patto di coesione nazionale?</b><br />
«Questo dipenderà dal governo. Riconosco a Tremonti di aver visto la crisi in anticipo, ma purtroppo non è servito al Paese. Il governo è in ritardo nelle contromisure. In ritardo anche rispetto al resto d’Europa. Bisogna intervenire subito per integrare le pensioni e i salari più bassi. E per garantire il credito alle piccole e medie imprese. Berlusconi si muova immediatamente e troverà in Parlamento un’opposizione seria e responsabile».<br />
<b>
Il caso Villari alla Vigilanza Rai però ha fatto prevalere lo scontro sul dialogo.</b><br />
«Ho apprezzato le parole di Berlusconi, di Schifani e di Fini. Il loro invito alle dimissioni, rivolto a Villari, è stato un segnale positivo dopo tanti segnali negativi. Mi auguro che il Pdl prosegua su questa strada».<br />
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A Villari cosa suggerisce?</b><br />
«Non mi pare che ascolti i suggerimenti. Comunque, non si lamenti dell’espulsione. Se uno va a giocare a bocce con gli scarponi, è ovvio che la bocciofila lo caccia fuori».
Oltre alla polemica nei gruppi dirigenti, c’è anche la divisione tra i sindacati a minacciarne la tenuta del Pd.
«Nel sindacato ci sono le mie radici. Le divisioni sono per me ancor più dolorose. Perché, oltre al Pd, indeboliscono le istanze sociali nel rapporto con il governo. Nella Cgil ci sono state troppe rigidità sulla riforma del regime contrattuale. Oggi è soprattutto a livello aziendale che i lavoratori possono ottenere aumenti salariali. Spero di aver colto ora qualche segnale di apertura. A Bonanni e ad Angeletti però voglio dire che si può anche fare un contratto senza la Cgil, non la riforma della struttura dei contratti».<br />
<b>
Altro punto critico: il rapporto con il Pse. Quale compromesso è possibile nel Pd?</b><br />
«Il Pd deve portare la sua novità in Europa. Anche a me è costato molto lasciare il gruppo popolare. Il Pd non può entrare nel Pse. Deve marcare la sua originalità per favorire anche in Europa la nascita di un nuovo rassemblament di riformisti. Ciò non impedirà di cercare a Strasburgo un rapporto privilegiato con il gruppo socialista. L’ipotesi di una federazione tra il nostro gruppo e il loro mi pare ragionevole».<br />
«Stimo Marianna Madia ma capolista doveva essere Veltroni»2008-10-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it375641<br />
Caro direttore,<br />
vorrei sgombrare il campo da fraintendimenti che possono sorgere dalla
corrispondenza da Assisi di Claudio Rizza circa la candidatura, nel Lazio, come
capolista, di Marianna Madia. <br />
Naturalmente non contesto di valorizzare i giovani
convinto come sono, da tempo, che i partiti debbano rinnovarsi profondamente.
Della Madia, inoltre, avendo avuto modo di conoscerla durante la campagna
elettorale ho sincera stima.
La questione, che ho posto di nuovo ad Assisi, è un’altra.
Attiene al <b>rapporto tra
politica e comunicazione</b> o, più precisamente, al peso eccessivo che oggi viene
data a quest’ultima: a volte si ha la sensazione che la politica non badi più a
convincere bensì a colpire, a suscitare reazioni istantanee e quindi fugaci
piuttosto che considerazioni più meditate, e quindi durature. <br />
Scegliere la Madia
come capolista, a mio parere, appartiene a questa sfera.
A Roma, ho detto ad Assisi ed in altre occasioni precedenti, il Pd avrebbe dovuto
presentarsi con capolista il suo leader, Walter Veltroni, ad indicare il rilievo
particolare, l’impegno profondo che stavamo prendendo nei riguardi di Roma e
del Paese intero. E la Madia, alla quale era giusto assicurare l’elezione, avrebbe
potuto trovare posto subito dopo.
Questo è tutto.<br /><br />
Cordiali saluti<br /><br />
Franco Marini
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"Caro D'Alema, ascoltami e ferma il tuo tesseramento" - Intervista2008-06-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it357267<br />
Magari qualcuno storcerà il naso e dirà «vecchia politica, quella che propone Marini è vecchia politica». Per lui, invece, ex presidente del Senato e presidente mancato (per sua volontà) del Partito democratico, è il punto da cui partire. Spiega: «Dopo le ferie avremo pochi mesi per preparare le Europee e le elezioni in una settantina di Province.<br />
E’ chiaro, allora, che il nostro primo impegno deve essere di carattere organizzativo. A meno che qualcuno non pensi che si possa andare al voto con un partito nemmeno liquido ma gassoso...».<br />
Difende Veltroni («Io appoggio la sua leadership») ma non certo veltronismo di maniera: «Possibile che non si vedano i limiti di un nuovismo furioso che mostra la corda? In alcune occasioni siamo andati oltre il pur deprecato assemblearismo sessantottino...».<br />
E in questa intervista parla dei giovani e della leadership, del clima «depresso» nel Pd, del dialogo col governo e della neonata Red: «Io credo a D’Alema quando dice che non vuol rompere le scatole a Veltroni: ma sappia che la faccenda del tesseramento ha creato perplessità, e sarà bene chiarire».<br /><br />
<b>Presidente, perché è così preoccupato dello stato del Pd?</b><br />
«Perché tra un anno si vota e in molte Regioni altro che nuovo partito: siamo ancora a Ds e Margherita! E qui, invece di por mano a questo problema, si parla di congresso: fingendo di non vedere che il vero test sulla salute del Pd saranno le prossime elezioni. Ma le chiedo: ha letto i commenti all’ultima assemblea del Pd?».<br />
<b>Letti. Un po’ disarmanti.</b><br />
«Ecco. Le presenze erano limitate? Certo che sì. Il clima era di scarso entusiasmo? Sicuramente sì. Ma domando come potesse essere il contrario. Come si può pensare che un partito sia governato da un’assemblea di 3 mila persone, molte delle quali non hanno nemmeno presenza militante in periferia? <br />
E noi, invece, ogni tanto le convochiamo chiamandole a guidare il partito? Cose del genere non accadevano nemmeno nel ’68. C’è bisogno di dare organi stabili al Pd nel Paese».<br />
<b>Magari se aveste scelto la via del congresso...</b><br />
«Un congresso per far cosa, visto che la leadership non è in discussione e che sulla linea - con l’eccezione di Parisi, che obiettò già in campagna elettorale - siamo tutti d’accordo? Il congresso lo faremo dopo le elezioni: e se mi è permesso un consiglio, dico che sarebbe bene cominciare a pensare per tempo a quell’appuntamento».<br />
<b>
Scusi, presidente, ma è strambo che lei dica che nel Pd ci sia pieno accordo sulla linea. Su che vi state dividendo, allora, visto che è tutto un fiorire di gruppi, associazioni e fondazioni?</b><br />
«Sul nulla, direi. O, forse, sull’intensità dello sconforto, della depressione post-elettorale...».<br />
<b>Battute a parte, sul tema delle alleanze davvero non vede linee diverse?</b><br />
«Io vedo un accordo di fondo sulle questioni essenziali: vogliamo tutti costruire un grande partito riformista e coltivare la cosiddetta vocazione maggioritaria del Pd, e su questo Veltroni si è speso interpretando tutti noi. Quanto alle alleanze, esse dovranno essere coerenti con la natura riformista del nostro partito.
Su tutto questo l’intesa è larga. Se poi qualcuno ci ha ripensato e vuole riproporre l’Unione, ce lo dica».<br />
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Lei che risponderebbe?</b><br />
«Parlerei della mia esperienza di presidente del Senato.<br />
Pesante. Frustrante. In una occasione ho contato 19 interventi in aula di nostri senatori contro i ministri Parisi e D’Alema. Non è per questo, forse, che abbiamo così malamente perso le elezioni? Non è per un programma troppo vago e per alleanze eccessivamente eterogenee che abbiamo trasmesso l’immagine di un governo che non ha avuto la forza di fare le scelte che servivano al Paese? E’ quella la madre della nostra sconfitta. Riprovarci sarebbe una pazzia. <br />
Così come è una pazzia il tentativo di scalzare Veltroni o di indebolirlo. Ripeto: io appoggio la sua leadership ma chiedo che ora si pensi a costruire il partito per prepararlo alle prossime elezioni».<br />
<b>E la contorta discussione su dialogo sì, dialogo no?</b><br />
«Contorta, appunto. E già risolta dai fatti. Abbiamo creato un nuovo partito e messo in campo il governo ombra, i cui ministri sarebbe bene andassero in giro per il Paese a spiegare le ragioni della nostra opposizione. Quanto al dialogo, che c’è da inventare? Le direttrici sono tre, e tutte ci impongono grande rigore».<br />
<b>
Di che direttrici parla?</b><br />
«Faccio degli esempi. Arriva in Parlamento un provvedimento inaccettabile? Lo si contrasta con durezza, usando tutti - dico tutti - gli strumenti regolamentari. <br />
La via per opporsi, insomma, è questa: non certo farsi un girotondo intorno al Senato. Si discute, invece, di questioni economiche e sociali? Pd e Pdl sono diversi, e credo difficile noi si possa aderire alle loro proposte: ma non possiamo prescindere dal fatto che il Paese non cresce da dieci anni e dunque, piuttosto che far muro, occorrerà provare a migliorare - se possibile - i loro provvedimenti.<br />
Poi c’è il grande tema delle riforme: e qui non basta dire che si dialoga. Qui occorre che si vada all’attacco noi, con una nostra idea di riforme costituzionali, senza attendere la proposta della maggioranza per poi finire a giocare di rimessa».<br />
<b>Se è così semplice, perché date così spesso l’impressione di dividervi? Perfino la necessità di far emergere leadership giovani e nuove è oggetto di polemica...</b><br />
«Su questo, onestamente, credo di avere le carte in regola. Non oggi, ma due anni fa fui io a lanciare quello che voi chiamaste il “tridente della Margherita”: Franceschini, Fioroni e Letta. Quindi, largo ai giovani: ma senza mitologie, come se l’età fosse uno spartiacque tra il bene e il male.<br />
Io darò una mano, ma vorrei anche indirizzare un consiglio ai giovani: esplicitino le loro idee e si battano, piuttosto che lasciarsi cooptare».
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<b>Cooptare magari prendendo la tessera di ReD?</b><br />
«Non è una buona battuta... Io ho sincero apprezzamento per il lavoro fatto da Italianieuropei, è uno strumento importante per il Pd e D’Alema gli ha dato un’anima. Anche l’ultima iniziativa, Red, non mi dispiace...».<br />
<b>Però?</b><br />
«Però niente. Conosco D’Alema e gli credo quando dice che non vuol rompere le scatole a Veltroni. Ma deve sapere che la faccenda della tessera a Red ha creato perplessità, perché è un fatto stringente, organizzativo, e questo può ingenerare problemi. <br />
Con Massimo ci conosciamo da anni e io, per altro, non sono sospettoso di natura. Per questo gli dico: attento, le tessere possono diventare un problema. C’è bisogno di chiarimenti. Il partito deve essere tranquillizzato».
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MONTEZEMOLO? NESSUNO PUO' DISCONOSCERE IL RUOLO SINDACATO.2008-04-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331913<br />
<b>Punto di equilibrio e comportamento responsabile, continuerà così.</b><br />
<b>"Le considerazioni del Pres. Montezemolo sul sindacato non possono essere condivise.</b><br />
Critiche a questa o quella scelta delle organizzazioni sindacali sono ovviamente legittime, ma nessuno puo' disconoscere il ruolo di equilibrio e il comportamento responsabile tenuto in questi anni nell'interesse del Paese". <br />
Lo afferma Franco Marini, Pd, Presidente uscente del Senato. "Ruolo e comportamento - aggiunge - che il sindacato sicuramente continuera' ad assolvere in futuro".
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AL SENATO SI PUO' RIPETERE L' "IMPASSSE"2008-03-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it329927<b>"Al Senato si puo' ripetere la situazione dell'altra volta. Questo rischio c'e', magari rovesciato, ma non cambia niente. Non c'e' stabilita' per poter fare azione di governo efficace".</b><br />
<b>Lo ha detto stamani a Pescara il presidente del Senato, Franco Marini, presentando ufficialmente i candidati del Pd.</b><br /><br />
Marini ha sottolineato che e' stato "fatto tutto per far passare la legge elettorale. Napolitano era determinato" e lui, Marini, ha "accettato l'incarico per un governo finalizzato alla nuova legge elettorale ma non c'erano le condizioni". Ora "dobbiamo rimetterci le mani, per questo e per le riforme costituzionali che erano in discussione alla Camera".<br /><br />
Marini rinuncia e rimette il mandato nelle mani del Presidente2008-02-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it328329Alla fine della quarta e ultima giornata di consultazioni il presidente incaricato Franco Marini prende attyo che "è diffusa" la consapevolezza di "modificare la legge elettorale vigente" ma non esiste "una significativa maggioranza su una precisa ipotesi". Pertanto, spiega dopo trentacinque minuti di colloquio con Giorgio Napolitano, "ho rimesso nelle mani del presidente l'incarico che mi è stato conferito". Berlusconi e Fini, nel faccia a faccia con Marini, hanno ribadito la loro voglia di voto, e Veltroni ha rilanciato l'idea del governo per le riforme ma è parso rendersi conto che il treno delle elezioni ad aprile non può essere fermato.Sicuro ... che un «piccolo margine» c'è ancora2008-02-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it328316Roma - <b>Sicuro che un «piccolo margine» c'è ancora</b> e che sia suo obbligo esplorare ogni possibilità, Marini sceglie al via diretta e si appella a Forza Italia: <b>«Sono convinto - dichiara il presidente del consiglio incaricato - che un grande partito che rappresenta la società, molto radicato come Fi, non possa trascurare l'accettazione di uno sforzo, che è ritenuto utile così largamente».</b> Insomma, Berlusconi non dovrebbe sottrarsi al dialogo sulla riforma elettorale che, oltretutto - insiste Marini - chiedono in tanti. Prontamente - mentre il Capo dello Stato, Napolitano, in un messaggio alla Comunità di Sant'Egidio, parla di «un'Italia in questo momento così agitata e confusa» - a Marini arriva l'appoggio di Veltroni, che rilancia la proposta di una grande coalizione per riscrivere le regole e, incidentalmente, osserva che la destra sbaglia a pensare di aver già vinto le elezioni.
Arrivato a metà del giro di consultazioni - ieri ha visto una ventina di partitini, oggi vede le parti sociali, lunedì Fi - Marini fa un primo bilancio. Il presidente del Senato, che in questi giorni ha avuto contatti discreti con Gianni Letta («Con Franco siamo amici», ha spiegato il fidato consigliere di Berlusconi, lasciando Palazzo Madama), ammette che il suo compito resta «gravoso», assicura che «non ci sono né scorciatoie, né sotterfugi» e ribadisce che una intesa sulla legge elettorale è la «precondizione per la nascita di un governo». Aggiunto di vedere «un piccolo margine», <b>Marini lancia l'appello:</b> «È una mia convinzione personale, non riscontrata con fatti, che un grande partito come Fi non possa trascurare questo fatto eccezionale, questa totalità di orientamenti ad uno sforzo ritenuto utile così largamente» per la riforma della legge elettorale. Marini continua: «Il Paese chiede di mutare in senso positivo il clima. Sono convinto che se fossimo capaci di cambiare le regole assieme, con una maggioranza più larga possibile, sarebbe una novità ma anche un dovere. Questo potrebbe migliorare i rapporti, che in questa legislatura sono sempre stati conflittuali. Potrebbe essere un elemento che può aiutare la campagna elettorale più costruttiva, più legata alle esigenze degli italiani, meno agli scontri che tanto ci piacciono, a mutare in senso positivo un clima che il Paese vuole, cioè state più sulle cose e qualche volta, quando c'è un problema grosso, cercate di deciderlo insieme».
Mentre il centrodestra, però, ripete che l'unica soluzione è il voto subito, a Marini arriva immediatamente l'appoggio incondizionato di Veltroni che, comunque, usa un linguaggio meno diplomatico. Veltroni propone una grande coalizione guidata da Marini per scrivere insieme le regole del gioco: «Il centrodestra dice di voler votare subito - osserva - e poi magari fare una grande coalizione. Perché non la facciamo ora con un governo guidato da Marini che scriva le regole? Avrebbe senso fare una intesa adesso». Il segretario del Pd, nello sforzo di convincere Fi, usa tutti gli strumenti che ha in mano: ricorda che «Confindustria, forze sociali ed anche il Vaticano chiedono nuove regole e invece il centrodestra vuole trascinare il Paese verso un voto il cui esito non è scontato. In un atteggiamento del genere non c'è responsabilità nazionale». E mette in guardia il centrodestra dal dare per scontata la vittoria: «La parte migliore del Paese - assicura - guarda con rispetto alla posizione di responsabilità che abbiamo assunto in questa crisi di governo. I sondaggi ce lo dicono. Nel '94 eravamo convinti di vincere noi e invece abbiamo perso, nel '96 è accaduto il contrario».
Forza Italia ascolti la società2008-02-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it328292"Uno spiraglio c'è". Nulla di scontato, ma vale la pena tentare. Consultando anche le parti sociali e lanciando un appello a Forza Italia. La seconda giornta di consultazioni di Franco Marini si chiude così. Con il presidente del Senato che chiede al partito del Cavaliere di "ascoltare la società". Ovvero di dare il suo appoggio ad un governo che faccia le riforme e poi porti il Paese al voto in un clima migliore e con regole più chiare. "Sono anche certo - ha detto il presidente del Senato - che se fossimo capaci di cambiare le regole elettorali assieme sarebbe una novità ed anche un dovere che potrebbe migliorare i rapporti fra le forze politiche che sono sempre state in questa legislatura fortemente conflittuali, potrebbe essere un elemento da consentire una campagna elettorale più costruttiva, più legata alle esigenze degli italiani che agli scontri che tanto ci piacciono che abbiamo praticato in quest'ultimo periodo"."Un impegno gravoso. Cercherò di trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze"2008-01-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it328242«So bene che si tratta di un impegno gravoso, perché so che nelle attese dei nostri cittadini c'è un'attenzione forte alla modifica della legge elettorale. I tempi sono stretti, cercherò di trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze. Impegnerò in questo compito tutta la mia determinazione» Così Marini ha commentato l'incarico ricevuto da Napolitaano di formare un nuovo governo.Colleghi, non siamo in un'osteria...2008-01-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it328167"Colleghi, non siamo in un'osteria..."
Così il presidente del senato cerca di acquietare i due senatori di Alleanza Nazionale
<a href="http://www.openpolis.it/politico/1737">Nino STRANO</a> e <a href="http://www.openpolis.it/politico/1594">Domenico GRAMAZIO</a> che "esultano in modo eccentrico".