Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI Gianfranco Polillohttps://www.openpolis.it/2012-09-03T00:00:00Z«In Italia si deve lavorare di più. Aumentando la produttività si crea nuova occupazione» - INTERVISTA 2012-09-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it649067<br />
Il presidente di 'Enel stoccaggi', attuale sottosegretario all'Economia, dice che il governo cerca sei miliardi per stoppare l'aumento dell'Iva, più due per iniziative a vantaggio delle fasce più deboli. Intanto Confindustria ha chiesto un miliardo per l'innovazione.
<p><b>Gianfranco Polillo, sottosegretario all'Economia, tra questo mercoledì e il prossimo incontrate il mondo produttivo e del lavoro. Cosa offrite?</b>
<p> «Se lei si aspetta da me una cifra la deluderò. Ancora non sappiamo su quali risorse poter contare per le varie iniziative che abbiamo in campo. È chiaro che dobbiamo fare un intervento sul lavoro e sulla crescita, ma ci servono delle condizioni previe: per esempio un accordo tra le forze sociali: Confindustria e sindacati devono fare prima un patto. Per noi è fondamentale, perché dobbiamo sapere su quale terreno stiamo seminando. Sennò dare soldi qua e là è come gettare acqua nel deserto».
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<b>Pensate ad un accordo alla tedesca, cioè con un coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale?</b>
<p> «Intanto pensiamo ad una Italia in cui si lavori di più, quantitativamente. Non possiamo trascurare che esiste un divario - vogliamo dire uno spread? - tra i giorni lavorati in Italia e quelli negli altri paesi con cui ci confrontiamo. Penso alle ferie, ai permessi retribuiti, eccetera. Questo tema va affrontato, può essere ostico ma va affrontato. E poi, certamente, il modello tedesco è una realtà a cui guardiamo con interesse, anche perché ha dato buoni frutti».
<p> <b>Alle aziende, sottosegretario.</b>
<p> «No, anche ai lavoratori, perché più produttività significa più premi, in prospettiva più reddito e anche maggiore crescita che si traduce in occupazione aggiuntiva».
<p><b>Anche per i giovani?</b>
<p> «Guardo, come tutti gli italiani, con particolare apprensione alla disoccupazione giovanile, ma non possiamo raccontare delle favole ai nostri giovani. Il meccanismo di accumulo delle aziende italiane si è bloccato. Il margine operativo lordo è fermo al '95. Se non si aumenta la competitività, con la ricaduta che questa può aver sull'export, è difficile pensare ad un toccasana per il lavoro giovanile. Lei mi dirà "campa cavallo", ma io le rispondo che se mai s'inizia ...Non ci sono scorciatoie».
<p> <b>Lei non vuole fare cifre, però parliamo lo stesso di soldi per la produttività e l'innovazione. Dove contate di prenderli?</b>
<p> «Ci sono due fonti di possibili: la lotta all'evasione che, com'è noto, confluisce in un fondo apposito stabilito già dal ministro Tremonti. E poi l'effetto della spending review due. Dopo la metà di settembre si può avere un quadro preciso di quante risorse sono state raccolte con queste due misure. E su quello si ragiona».
<p> <b>Ci conferma che sarà comunque sul lavoro che dovrà investire?</b>
<p> «Le confermo che l'obiettivo è la competitività. Ci sono ormai circa il 40% delle imprese italiane che si sono ristrutturate, sono competitive ed esportano perfino in Germania. Dell'altro 60%, la metà è border line e ce la può fare, ma ha certamente bisogno di aiuto. Un altro 30% è, in questo momento, bloccato. E comunque vorrei sottolineare che la bilancia commerciale degli ultimi sei mesi è in equilibrio, per la prima volta nella storia recente. Quindi esiste una competitività adeguata dei nostri prodotti. Serve uno scatto di produttività: solo da questo può nascere anche la nuova occupazione». <br />
Esuberi indolore negli enti locali - INTERVISTA2012-08-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648480<br />Puntare sui prepensionamenti. Bilanci oscuri negli enti locali.
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Esuberi senza «macelleria sociale» negli enti locali. I 13 mila dipendenti di troppo che andranno sfoltiti dagli organici di regioni, comuni e province saranno per gran parte («oltre la metà») individuati tra coloro che stanno per maturare i requisiti per il prepensionamento. I conti comunque si faranno a fine anno, quando il governo con dpcm individuerà il «giusto» livello medio delle dotazioni organiche degli enti territoriali e chiederà alle amministrazioni che si pongono al di sopra di questa asticella di virtuosità di non assumere più personale (se lo sforamento supera il 20%) o dare corso ai tagli (se lo sforamento supera il 40%).
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In attesa di conoscere come verranno spalmati i 24 mila esuberi preventivati dall'esecutivo per tutto il pubblico impiego, il consiglio ai comuni è di «limitare il più possibile le assunzioni, soprattutto quelle fatte in modo surrettizio attraverso le partecipate». La reale tenuta dei bilanci locali preoccupa, e non poco, il sottosegretario all'economia, Gianfranco Polillo, secondo cui la ricetta per accendere i riflettori su alcune «gestioni allegre al limite del default» è solo una: istituire un organismo indipendente di certificazione dei bilanci. Perché <b>l'idea, lanciata in un'</b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HM0AD"><b>intervista a ItaliaOggi (il 13 luglio scorso) dal presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino</b></a>, di ripristinare i controlli preventivi di legittimità, pur essendo «sacrosanta», è di difficile attuazione «in quanto richiederebbe una modifica costituzionale». Mentre un freno va posto subito visto che «molti enti locali sono diventati la Grecia d'Italia».
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<b>Sottosegretario, partiamo proprio da questa sua definizione. Non è un po' allarmistica? O davvero i bilanci degli enti locali sono una bomba pronta a esplodere?</b>
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La situazione è molto variegata, ma al tempo stesso piuttosto oscura. A tutt'oggi i conti degli enti locali non parlano un linguaggio comune, nonostante il decreto sull'armonizzazione dei bilanci (varato dal governo Berlusconi come corollario attuativo del federalismo fiscale, <i>ndr</i>) che però entrerà in vigore dal 2013. E così, accanto a enti virtuosi che hanno ben amministrato e rispettato il Patto e oggi si trovano in difficoltà per questo, c'è chi ha fatto il furbo mascherando situazioni di default occultate dietro gestioni apparentemente irreprensibili. Ma ora i nodi stanno venendo al pettine anche grazie agli ultimi interventi del governo Monti che ha imposto una stretta sulle partecipate, il mezzo attraverso cui si compie la maggior parte di questi falsi contabili, e una immediata pulizia dei bilanci. E mi riferisco al giro di vite sui residui attivi, ossia i vecchi crediti tributari non riscossi, e spesso non riscuotibili, ma messi lo stesso a bilancio. Il problema, tuttavia, rimane perché al momento non c'è nessuno che controlli efficacemente i conti pubblici. Lo dimostra quanto accaduto in Campania, dove il governatore Stefano Caldoro si è affidato ai tecnici della Ragioneria dello stato per districarsi tra le poste del bilancio regionale. E ha scoperto che l'ente era sull'orlo del fallimento.
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<b>Crede anche lei che la panacea possa essere il ritorno ai controlli preventivi di legittimità? Il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, la ritiene un'esigenza irrinunciabile perché, dice, i magistrati contabili hanno armi spuntate per realizzare un'efficace verifica delle gestioni dei comuni.</b>
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È una proposta sacrosanta, ma di difficile attuazione perché bisognerebbe cambiare il Titolo V della Costituzione. Nella legge che ha introdotto l'obbligo del pareggio di bilancio abbiamo previsto l'istituzione di un'Authority per il controllo dei conti pubblici. Un organismo indipendente (sul modello del Congressional budget office americano ndr) con compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica (si veda ItaliaOggi del 30/11/2011 <i>ndr</i>). L'Authority debutterà nel 2013 e credo che sia questa la strada per realizzare una rendicontazione realistica e trasparente dei conti pubblici. L'entrata a regime dei fabbisogni standard poi ci darà una mano nel tenere sotto controllo la spesa degli enti locali.
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<b>Insomma, lei dice che i comuni spendono e spandono. I diretti interessati invece ribadiscono, citando la Corte dei conti, la loro virtuosità e da settembre promettono battaglia contro i tagli della spending review. È una fotografia troppo ottimistica quella dei giudici contabili che riconoscono il ruolo svolto dai sindaci nel miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica?</b>
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La Corte dei conti fotografa quel che vede. Noi, su richiesta del presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, abbiamo chiesto all'Istat di fornirci un quadro della spesa corrente al netto dei costi per previdenza, interessi e trasferimenti. E il risultato è stato che dal '95 ad oggi le pubbliche amministrazioni centrali hanno ridotto le spese del 10%, mentre gli enti locali le hanno aumentate dello stesso importo con la conseguenza che ora generano più del 50% della spesa pubblica totale. Non si può pensare di mettere sotto controllo i conti pubblici senza passare al setaccio la spesa comunale che ad oggi cresce più di quella di regioni e province. Certo, molti dei costi sostenuti dai sindaci sono serviti a pagare i servizi erogati ai cittadini, ma l'oscurità dei conti ci impedisce di calcolare se vi sia stata o meno inefficienza sul fronte delle uscite.
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<b>In realtà i dati del dossier depositato da Enrico Bondi in senato sembrerebbero certificare queste inefficienze. Ai comuni vengono attribuiti 7,8 miliardi di spese in più (di cui 4,6 nelle città con più di 100 mila abitanti), molto meno a regioni e province: 2,5 e 2,3 miliardi. Le regioni, in particolare, con i tagli della spending review riuscirebbero a coprire la spesa extra per consumi intermedi. Più difficile sembra essere il compito dei comuni che per recuperare 7,8 miliardi di spese inefficienti andranno incontro a un futuro non proprio roseo (500 milioni di tagli quest'anno, 2 miliardi nel 2013 e nel 2014 e 2,1 miliardi dal 2015, <i>ndr</i>). Si rischia il conflitto istituzionale, non crede?</b>
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La spending review non è una manovra ma un work in progress, un'indicazione di metodo che necessiterà in futuro di continue verifiche. <br />
È chiaro che non si possono tagliare subito 7,8 miliardi agli enti locali, altrimenti la maggior parte delle amministrazioni andrebbe in default. Ma bisogna cominciare a scavare per cercare di razionalizzare al massimo la spesa. Oggi noi non abbiamo strumenti analitici di indagine, ma le notizie degli sprechi sono all'ordine del giorno. Basti pensare ai contributi erogati dai consigli regionali ai partiti, pari a circa 300 milioni di euro. Dal 2013 i bilanci pubblici dovranno parlare una sola lingua e quindi saranno confrontabili. L'istituzione di un organismo centralizzato di controllo sui conti consentirà di capire dove si annidano gli sprechi.
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<b>Nel 2013 però voi non sarete più al governo. L'azione dell'esecutivo sarà inevitabilmente condizionata dalla durata di questi ultimi scampoli di legislatura. Teme che, se il «rompete le righe» da parte del presidente Napolitano dovesse arrivare prima del previsto, ci sia il rischio che alcune riforme su cui il governo Monti ha puntato molto restino delle incompiute? Cosa ne sarà del riordino delle province? Se, come sembra ormai certo, non potrà che avvenire con un disegno di legge, difficilmente entrerà in vigore in questa legislatura. E nel passaggio da un governo all'altro potrebbero inserirsi pericolosi tentativi di dietrofront. <br />
Cosa ne pensa?</b>
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In effetti, penso anch'io che qualche problema ce l'avremo. Noi però abbiamo la coscienza a posto. Ribadisco, il governo Monti ha indicato una strada, quella del riordino, che dovrebbe portare a razionalizzare la governance degli enti di area vasta. Sarà compito del prossimo governo continuare l'opera e non credo che si possa tornare indietro. Ma non sarà una battaglia semplice.
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<b>Come non sarà semplice la battaglia sugli esuberi. Ne avete individuati 13 mila solo negli enti locali, ma il dpcm che fisserà i livelli di spesa media per il personale arriverà a fine anno. Avete già fatto i conti allora?</b>
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Diciamo che le previsioni sono quelle che lei ha citato. Abbiamo riscontrato che in linea di massima le piante organiche sono sovradimensionate rispetto alle necessità degli enti. Ma non vogliamo nessuna «macelleria sociale». I tagli si concentreranno per lo più su coloro che matureranno a breve i requisiti per la pensione. Più che esuberi dunque saranno prepensionamenti. Intanto però anche gli enti sono chiamati a fare la loro parte collaborando col governo in questi mesi che ci separano dall'emanazione del dpcm. Nuove assunzioni dovranno essere autorizzate con molta cautela perché potrebbero correre il rischio di finire successivamente sotto la ghigliottina della spending review. Per non parlare poi delle assunzioni surrettizie effettuate scaricando i costi sulle partecipate.
<br />«Per il cuneo fiscale non ci sono soldi. I sindacati accettino sacrifici o rischiano di sparire» - INTERVISTA2012-08-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648430<br />
Sinora, come sottosegretario all'Economia del governo Monti, si è fatto conoscere come quello che "non le manda a dire", a costo di tirarsi addosso furiose polemiche. E anche ieri, appena ha sentito <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1J82C7">le parole di Raffaele Bonanni</a>, Gianfranco Polillo ha restituito pan per focaccia: «Qui la fossa se la stanno scavando i sindacati, non noi. Rischiano di sparire, di diventare il simulacro dei pensionati o, alla meglio, dei dipendenti pubblici. E sia chiaro che mi rivolgo in particolare alla Cgil e a Susanna Camusso, anche perché considero gli amici della Cisl quelli che più hanno capito le sfide che ci sono davanti».
<p> <b>Sottosegretario, Bonanni chiede solo di essere sentito, come accadrà alle imprese...</b>
<p> Bene, benissimo. Ma cosa sono disposti a mettere nel piatto? Qui il discorso è uno solo: accettare alcuni anni di sacrifici, come avvenuto in Germania.
<p> <b>Cosa vuol dire in concreto?</b>
<p> Aumentare la produttività, lavorare di più, legare sempre più parte del salario ai risultati, stipulare contratti che tengano conto delle specificità dei territori. Altrimenti, lo dico senza mezze misure, saranno i mercati, con le loro leggi spietate, a imporci una riduzione degli stipendi. Nel loro interesse, le organizzazioni dei lavoratori escano dalla logica antagonistica e diventino protagoniste del cambiamento. Dimentichino il tempo delle grandi imprese, oggi siamo ancorati al tessuto delle piccole-medie aziende che lottano per sopravvivere.
<p> <b>E' un processo in cui il governo non c'entra nulla?</b>
<p> Monti e i ministri, da oggi in poi, devono essere dei martelli pneumatici con le parti sociali, devono lanciare messaggi perché ci sia un nuovo patto per la crescita e il futuro del Paese. Con i conti in salvo, abbiamo la credibilità per una intensa <i>moral suasion</i>.
<p> <b>Non è pochino? I sindacati, e anche le imprese, vogliono parlare di risorse. Ad esempio, si discute di cuneo fiscale...</b>
<p> Soldi a sufficienza per misure così ampie non ce ne sono. Però, se c'è una vera disponibilità delle parti sociali a lavorare insieme, qualcosa nel piatto si può mettere.
<p> <b>Cosa?</b>
<p> Ad esempio rifinanziare parte del salario legato alla produttività, o aiutare le <i>start-up</i>. Ma senza un clima condiviso, sarebbero soldi sprecati.
<p><b>Non è compito delle imprese rilanciare la crescita investendo?</b>
<p> In teoria sì, ma al momento i loro margini di profitto sono tornati ai livelli del '95, e gran parte sono erosi dalle tasse. Potranno tornare a investire solo dopo anni di sacrifici condivisi con i lavoratori.
<p> <b>Davvero pensa che si possa convincere Susanna Camusso con questi discorsi?</b>
<p> La Cgil dovrebbe guardare alla sua storia per trovare la forza di rispondere alle sfide della globalizzazione.
<p> <b>La sua sembra l'agenda-Marchionne...</b>
<p> Marchionne forse ha scosso l'albero con troppa forza, ma i problemi che pone sono sacrosanti. Come si può fare impresa in Italia, in piena recessione, con tutti questi arroccamenti?
<p><b>La risposta la conosce: "Non ledendo i diritti".</b>
<p> Ma Camusso deve capire che l'Italia l'equità ce l'ha nel sangue, abbiamo un sistema di welfare forte. Non vogliamo ledere i diritti, piuttosto consegnarli alle generazioni future.
<p><b>Per tornare alle risorse: possibile che dopo tanti sacrifici non esca nulla per dare un po' di ossigeno al Paese reale?</b>
<p> Il lavoro di sfoltimento di deduzioni e detrazioni fiscali potrebbe tirare fuori i 6 miliardi necessari per evitare l'aumento dell'Iva. Poi ci sono le risorse dell'evasione. E, a mio avviso, dovremmo condurre la spending review nei meandri dei bilanci degli enti locali. È una giungla, e i meno virtuosi continuano a buttare soldi dalla finestra. Non escludo che, senza intenvenire, potremmo trovarci in casa nostra dei casi-Grecia.
<p><b>C'è un nodo trascurato del capitolo-crescita?</b>
<p> Il ruolo delle banche: i processi di aggregazione e l'ampio <i>turn-over</i> hanno rotto il rapporto con il territorio. Delle imprese non si devono valutare solo i bilanci, ma le potenzialità reali. Un tempo lo si faceva, dobbiamo provare a ricostruire quel modello.
<br />Isolare i black bloc della politica - INTERVISTA2012-08-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647948<br />Siamo tutti sul Titanic. E l'agenda del prossimo governo è già scritta. Da irresponsabili i fatti di Taranto e gli attacchi a Napolitano.
<p>«Ci sono delle frange, si comportano come se la crisi non ci fosse, come se bastasse ancora fare la voce grossa per risolvere i problemi.<br />
Ma non è così, la crisi impone coesione e responsabilità».
<p>Gianfranco Polillo, sottosegretario all'economia, stigmatizza i disordini di Taranto, gli attacchi al capo dello stato e anche certe dichiarazioni sul commissariamento dell'Italia, «fanno male al paese, non aiutano ad uscire dalla crisi. I black bloc della politica vanno isolati». E si dice certo che, tatticismo a parte, i partiti faranno la riforma elettorale, anche se il responso delle urne servirà a definire solo i pesi di ciascuno all'interno di un'agenda, di un programma di azioni «che è già definito».
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<b>Chi sono i black bloc della politica?</b>
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Penso ai parolai, che aizzano le piazze, penso ai disordini di Taranto, è da irresponsabili non farsi carico dei problemi sociali della chiusura dell'Ilva. Così come sono intollerabili gli attacchi al capo dello stato costretto a sollevare il conflitto di attribuzione avanti alla Corte costituzionale. Ma anche parlare di un commissariamento dell'Italia da parte della Bce. Noi ci siamo autocommissariati, dall'esterno ci arrivano solo gli input a fare quello che l'Italia dovrebbe fare comunque. Si tratta di frange estremiste, che però vanno isolate. Nel resto del paese c'è piena consapevolezza della difficoltà e c'è molta più coesione.
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<b>Anche in politica?</b>
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Mi ha colpito il senso di responsabilità dei partiti, anche delle opposizioni, sull'approvazione di un provvedimento duro come il decreto di Spending Review. La politica, come la maggior parte dei cittadini, ha capito che le contrapposizioni sterili, le guerre di religione appartengono al passato. Poi certo, ci sono irriducibili che non lo accettano, che hanno bisogno di alimentare contrapposizioni fittizie.
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<b>Portato alle sue estreme conseguenze, questo significa che tutti hanno le stesse idee sulla crisi.</b>
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No, non significa omologarsi, ma portare avanti idee e valori diversi all'interno di un quadro che è chiaro e definito e nel quale devono stare tutti.
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<b>Dai partiti giungono voci perplesse su molti procedimenti del governo Monti. Solo chiacchiere?</b>
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C'è una sorta di dissociazione nella politica, c'è la politica della comunicazione, dove va in scena il vecchio teatrino dei dissidi e delle polemiche. E poi c'è la politica della responsabilità che prova a smussare gli angoli, a trovare l'intesa migliore. Ed è quella che lavora tutti i giorni in parlamento.
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<b>Teatrino anche sulla riforma elettorale?</b>
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C'è un po' di tattica, è normale, ogni partito cerca il miglior posizionamento per trattare. Sono convinto che la soluzione si troverà.<br />
Così come sono convinto che la prossima legislatura imporrà una condivisione forte di azione tra i partiti.
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<b>Una grande coalizione?</b>
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Non so, certo tutto spinge in quella direzione. La crisi sta scomponendo i vecchi equilibri politici e sta creando una sorta di metapolitica. Processo che non riguarda solo l'Italia ma tutta Europa. Nella stessa Germania, la Merkel ha l'aiuto dei socialdemocratici. <br />
Anche in Italia le forze politiche si stanno attestando sulla necessità di dare continuità all'azione politica del governo Monti.
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<b>Ci sono forze sia nel Pd che nel Pdl che chiedono, e a volte promettono, discontinuità rispetto al governo Monti.</b>
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Io sono convinto che non ci si sposterà dalla prospettiva di governare e uscire dalla crisi. Come le singole forze articoleranno l'agenda degli interventi si vedrà, ma l'agenda è già definita. Non c'è spazio per protagonismi radicali. E le elezioni serviranno probabilmente solo a individuare i pesi dei singoli partiti all'interno di questa prospettiva.
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Insomma, è tutto segnato.</b>
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La crisi è anche questo. Per farcela, l'Italia ha bisogno di coesione e responsabilità, dei cittadini, della politica e dei poteri dello stato in generale. Siamo tutti sulla tolda del Titanic, basta sbilanciare i pesi e andiamo a picco.
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"Bisogna lavorare di più e meglio mantenendo inalterato il costo del lavoro"2012-07-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647436<br />
"Mi auguro che il problema venga preso di petto perché aumentare le ore di lavoro degli italiani, magari accorpando anche le festività é una delle chiavi per risolvere la crisi".
<p>"In Italia il rapporto tempo (libero)- lavoro è troppo basso. Ad esempio in Alenia è stato firmato un accordo con i sindacati per lavorare 7 giorni a settimana con i turni per un totale utilizzo degli impianti. All'estero già funziona così. Per esempio sono andato il Primo Maggio a Londra e l'avevano già celebrato la domenica precedente".
<p>"Noi lavoriamo 9 mesi l'anno, guardate il contratto dei metalmeccanici: per i lavoratori anziani sono previste 5 settimane di ferie, 15 giorni di permessi retribuiti obbligatori, 12 festività civili e religiose e altri 10 giorni tra scioperi, malattie, assenteismo. E se guardiamo i numeri dell'Istat cioé il rapporto tra numero di ore lavorate e numero di addetti il risultato è lo stesso. Inoltre dopo la mia prima proposta un grande gruppo metalmeccanico mi ha inviato un brogliaccio con ferie e giorni lavorati e i dati coincidevano".
<p> "Bisogna lavorare di più e meglio mantenendo inalterato il costo del lavoro. Se ci saranno margini si potranno pagare gli straordinari come in Alenia".<br />
«Siamo disperati, mancano 8 miliardi e dobbiamo trovarli subito» - INTERVISTA2012-06-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646415<br />
Il sottosegretario all'Economia disegna un quadro preoccupante. «L’approvazione dei primi provvedimenti è slittata solo perché ci sono emergenze maggiori. Tagli alla sanità? Non so... Ma bisogna fare presto».
<p>«Dobbiamo trovare 8 miliardi e dobbiamo farlo subito perché più passa il tempo più i tagli da fare aumentano». Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia, da giorni segue alla Camera il primo intervento di attuazione della spending review, ovvero il pacchetto del super commissario Enrico Bondi a cui il governo ha affidato la missione di tagliare gli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione.
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<b>Bisogna fare presto, ma il consiglio dei ministri che doveva approvare i primi provvedimenti è slittato alla prossima settimana. Troppe resistenze?</b>
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«No, il fatto è che ci sono emergenze maggiori. Monti deve pensare al vertice europeo. Fino al 28 lasciamogli gestire il rapporto con Merkel e gli altri».
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<b>A quanto ammonteranno i tagli che saranno varati dal prossimo consiglio dei ministri?</b>
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«Se fossimo all’inizio dell’anno, per evitare l’aumento dell’Iva previsto da Tremonti basterebbero 4 miliardi. Visto che siamo a luglio ne occorrono almeno 8».
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<b>E nel 2013?</b>
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«In genere riusciamo a fare bene i conti, ma in una situazione di normalità. Ora è difficile dare cifre, molto dipende da come andrà l’economia internazionale...»
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<b>I partiti fanno pressing sul governo, basti pensare alla riforma del mercato del lavoro, mentre il sindacato dà l’altolà a interventi su sanità e statali...</b>
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«Ma dove li prendiamo i soldi? Io capisco le esigenze di tutti, ma avevo proposto di lavorare di più e mi hanno fatto un fuoco di sbarramento. Non si può tagliare, non si devono aumentare le tasse. Ci dica la Camusso cosa fare, ma senza tirare fuori la storia della patrimoniale perché l’Imu è una mini patrimoniale sulle seconde case ed è successo quello che è successo. Noi siamo disperati, non sappiamo più dove andare a prendere i soldi. Visto che non possiamo stampare moneta, ci facciano loro proposte realistiche».
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<b>Il problema è che ci si aspetta che vengano tagliati gli sprechi e non che si intervenga su sanità o statali.</b>
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«Sulla spending review e sui poteri di Bondi abbiamo distinto due momenti: quello emergenziale, per far fronte alla crisi, e quello di più lungo periodo. Prenderà 6-7 mesi, durante i quali si farà una rivisitazione della legislazione. Sul bilancio dello Stato pesano 25 mila autorizzazioni di spesa. Ci vuole tempo. Nell’immediato dobbiamo fare i tagli dove è possibile. Non so se interverremo su sanità o pubblici dipendenti, so che siamo costretti a intervenire in modo rapido».
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<b>Che cosa si aspetta dal vertice di Bruxelles del 28 e 29?</b>
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«Un cambiamento di clima in modo che la Bce sia più libera, che Mario Draghi abbia più poteri. Una Bce più libera può fronteggiare meglio la crisi. Fino a oggi Draghi ha operato bene, ma con un forte condizionamento. Ma c’è un’altra cosa importante da dire».
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<b>Quale?</b>
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«L’Italia è pronta a sottoporsi a un controllo internazionale sui conti pubblici, purché valga per tutti i paesi. Questo perché non abbiamo nulla da temere, siamo i più virtuosi. Senza calcolare gli interessi abbiamo un surplus di bilancio dello 0,1%. La Germania ha un deficit dello 0,3%, la Francia è al 3% e la Spagna al 5%. Abbiamo fatto una stretta vera, che ha avuto anche costi sociali. Ma ora siamo i primi della classe».<br />
«Una settimana di ferie in meno per aumentare di un punto il Pil»2012-06-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646228<br />
«Per aumentare la produttività del Paese dobbiamo lavorare di più. I sindacati? Non sono contrari». Poi aggiunge: «Stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità».
<p> «Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve».
<p>«Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto». <br />
«Da parte dell'industria questo non deve essere un accordo generalizzato ma può essere fatto per le aziende già ristrutturate che hanno mercato e quindi puntare principalmente sui contratti di secondo livello. Per i sindacati è una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di tutte le sigle, compresa la Cgil, ci sono settori illuminati e riformisti che vi ci stanno ragionando».
<p>«Stiamo vivendo sopra le nostre possibilità perché abbiamo un deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti che è di circa 3 punti di Pil e che è un dato un po' sottovalutato». «Significa che noi ogni anno per sostenere i nostri consumi interni abbiamo bisogno di prestiti esteri che negli ultimi 2 anni sono stati pari a 50 miliardi l'anno e quindi se non chiudiamo questo gap, non possiamo continuare a usare prestiti esteri per sostenere i nostri consumi. Questo gap possiamo chiuderlo in due modi: o riducendo ulteriormente la domanda interna, cosa che mi sembra inaccettabile per il Paese, oppure aumentando il potenziale produttivo producendo di più e meglio. Nell'attuale crisi economica e con gli attuali tassi di interesse, non possiamo più permetterci questo andamento con gli spread attuali».<br />