Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI GIOACCHINO GENCHIhttps://www.openpolis.it/2009-02-05T00:00:00ZCon 'Why not' abbiamo toccato fili ad alta tensione2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388640<br />
Dai Ros sequestrati solo dati dell'inchiesta, nessun archivio <br /><br />
L'inchiesta 'Why not' è saltata perchè "abbiamo toccato i fili dell'alta tensione". Ospite di michele Santoro Ad Annozero, Gioacchino Genchi nega di possedere un 'archivio' e spiega il terremoto avvenuto a Catanzaro: "Prima è saltato De Magistris, poi è stata avocata l'indagine, poi è stato rimosso il consulente, infine sono saltati tre magistrati. Abbiamo toccati i fili dell'alta tensione". Quanto al cosiddetto 'archivio', Genchi ha assicurato che "i Ros non hanno sequestrato nulla. Hanno avuto la delega di acquisire i dati che io avevo sull'inchiesta Why not". Dunque, è stato il commento di Santoro, "quello che c'è ora sui giornali riguarda l'inchiesta 'Why not', nessun archivio".
<br />
«Un archivio? Leggenda. Sono contatti incrociati tra cellulari di servizio» - INTERVISTA2009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388434<br />
L’archivio Genchi? «Una mistificazione». I milioni di dati in suo possesso? «Leggende. Tanto per cominciare non esistono intercettazioni ma solo tabulati, cioè i contatti di una utenza telefonica con altre utenze». Gioacchino Genchi, il perito informatico custode «del più grande scandalo nella storia della Repubblica» (Berlusconi) e « un pericolo per la sicurezza del Paese» (magistrati di Catanzaro), trova pace un’oretta intorno alle sei di pomeriggio in una giornata dedicata a interviste radio e tivù. È in un albergo nel centro di Roma. L’uomo è di stazza robusta («ciò che temo di più è la dieta a cui cerca di costringermi il mio dietologo»), ha occhi chiari e indossa un gessato scuro, beve un caffè ristretto e molta acqua.<br />
<b>Chi è Gioacchino Genchi?</b><br />
«Ho 48 anni, sono palermitano e laureato in Giurisprudenza, sono cresciuto in polizia avendo come punti di riferimento uomini che si chiamavano Parisi, Masone e La Barbera. Sono sempre stato un esperto di tecnologie e nel 2000, per evitare conflitti di interesse, ho preso una aspettativa sindacale (difende i poliziotti, ndr) e ho aperto un ufficio per le consulenze alle procure».<br />
<b>Secondo un rapporto del Ros dei carabinieri trasmesso al Copasir lei ha archiviato 578 mila dati record anagrafici (telefonate), 1.042 tabulati relativi a 392 mila persone fisiche. Non sembra «una mistificazione».</b><br />
«Qualcuno si diverte a dare i numeri. Nell’ambito dell’inchiesta “Why not” di cui era titolare il pm De Magistris, su sua delega, ho acquisito 792 tabulati relativi a 641 utenze e 151 apparati Imei (il numero del telefono senza la scheda, ndr)».<br />
<b>Come è possibile questa differenza di cifre?</b><br />
«Perchè sviluppando tabulati e singole utenze, cioè lavorando e cercando di capire cosa si è mosso intorno a un numero di telefono in un certo periodo in cerca di indizi e prove, i numeri sono aumentati».<br />
<b>Si spieghi meglio.</b><br />
«Il magistrato mi incarica con un quesito di acquisire, elaborare e analizzare i dati relativi a una persona utile alle indagini. Nell’inchiesta Poseidon (fondi per l’ambiente in Calabria, ndr) e Why not (truffa alle Ue, ndr) parliamo di imprenditori in contatto con politici locali e nazionali e magistrati e uomini delle forze dell’ordine. Non è colpa mia se queste persone utilizzano centinaia di volte per fini personali e impropri il cellulare di servizio».<br />
<b>Quindi lei, nel suo ufficio di Palermo, dispone di queste migliaia di dati?</b><br />
«Ne dispone la procura. E io in quanto perito, oppure testimone o, anche, parte offesa».<br />
<b>
9 anni di attività e decine di processi. Quanto materiale ha archiviato?</b><br />
«Quando cessano le esigenze processuali butto tutto via. Conservo solo le mie relazioni che sono mia proprietà intellettuale».<br />
<b>Perchè tra i tabulati ci sono anche quelli di persone estranee alle indagini come l’ex capo del Sismi Pollari, l’ex capo della polizia De Gennaro, politici come Prodi e Mastella, Cesa o Minniti? La lista è lunga.</b><br />
«E comprende anche magistrati. Ma di questi non si parla. Comunque, arriviamo a Pollari, quando non è più capo del Sismi, perché analizziamo l’utenza del generale della Finanza Cretella che fu perquisito in Poseidon. De Gennaro non c’è. Indagavamo su una grave fuga di notizie su Fortugno e strage di Duisburg».<br />
<b>Prodi e Mastella e altri politici sì. E non ha chiesto l’autorizzazione.</b><br />
«Se fossero state utenze con prefissi riconducibili a Camera, Senato, Palazzo Chigi, ancora di più alla nostra intelligence, lo avrei fatto. Invece i parlamentari usano anche decine di utenze tramite società esterne. Insomma, non posso sapere a priori chi vado a vedere».<br />
<b>Nei tabulati è andato indietro anche di due anni. Grave, non crede?</b><br />
«Se avessimo potuto saremmo andati ancora più indietro. I fatti reato cominciano nel 2000, quando in Calabria c’è il passaggio delle consegne tra il presidente Chiaravalloti (Fi) e Loiero (centrosinistra) e quest’ultimo fa fuori l’imprenditore Saladino. Noi cominciamo ad acquisire nel 2005...».
<br />
«Ecco i segreti del mio archivio. I veri scandali li hanno fatti altri» - INTERVISTA2009-01-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388420<br />
SCANDALO? «Lo scandalo - ribatte il perito Gioacchino Genchi, nel mirino del premier Berlusconi per il maxi-archivio di utenze telefoniche - lo dà piuttosto chi si intesta decine di utenze coperte dal segreto parlamentare e le dà agli amici».
<p>
Gioacchino Genchi è l’uomo del giorno. È il perito nel mirino delle polemiche, il grande esperto dell’inchiesta Why Not di Luigi De Magistris, l’uomo indicato da Silvio Berlusconi come «la persona che ha messo sotto controllo 350 mila telefoni». E il suo archivio, per il presidente del Consiglio, è «il più grande scandalo della storia della Repubblica». Lui non ci sta. E insiste ancora: «Forse sono altri che danno scandalo. Ad esempio quel parlamentare che ha intestato a suo nome decine di schede telefoniche e le ha distribuite ai suoi conoscenti. Schede che giravano per tutta la Calabria e che non si potevano controllare, perché erano coperte dal segreto parlamentare».
<br />
<b>Chi è questa persona?</b><br />
«Sono pronto a dirlo non appena la Commissione Antimafia mi convocherà».<br />
<b>Non poteva essere sempre lui ad utilizzarle?</b><br />
«No. C’è la prova provata. Ha partecipato a una votazione in Parlamento. E non poteva essere coperto da un “pianista”, perché era una votazione ad appello nominale. Eppure, mentre lui era a Roma a votare, altre schede telefoniche a suo nome avevano contatti inquietanti in Calabria. Ma non si sarebbero mai potute intercettare se non chiedendo l’autorizzazione alla sua Camera. Come dire? A quel punto non sarebbe servito a nulla».<br />
<b>Ecco. L’hanno accusata di aver intercettato senza autorizzazione il telefono dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella.</b><br />
«Premessa: io non ho mai fatto intercettazioni in vita mia. Ho solo controllato dei numeri di telefono e dei tabulati. Cioè ho ricostruito chi parlava con chi. Ma mai ho ascoltato una telefonata in vita mia».<br />
<b>Però il caso Mastella l’ha tenuto sulla corda...</b><br />
«Il Ros dei carabinieri non ha saputo nemmeno acquisire correttamente l’intestatario dell’utenza cellulare di Mastella, che non era da tempo intestata alla “Camera dei Deputati” ma al Dap (il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ndr) quando ne sono stati acquisiti i tabulati. Mai e poi mai avrei potuto ipotizzare o supporre, quando ho acquisito il tabulato, che quel numero fosse di Mastella. Peraltro non mi sarebbe servito a nulla. Posto che avessi voluto dimostrare i contatti di Mastella con Saladino (Antonio, imprenditore e tra i protagonisti della vicenda giudiziaria di Why Not, ndr), questi sarebbero già emersi dal tabulato di quest’ultimo».<br />
<b>
Poi c'è la vicenda delle utenze riservate dei servizi segreti che sarebbero contenute nel suo archivio.</b><br />
«Mi è sembrato sin da subito che preludesse ad un tranello l’equivoca ed indeterminata asserzione del dottor Dolcino Favi (il procuratore generale di Catanzaro che ha avocato l’inchiesta Why Not, ndr) secondo cui io avrei detenuto “documentazione riservata ed in un caso almeno anche classificata”».<br />
<b>Non era così? Non ha controllato l’utenza di uomini dell’intelligence?</b><br />
«Non ho eseguito alcuna acquisizione di tabulati dell’utenza cellulare riferita a Massimo Giacomo Stellato (capocentro del Sismi a Padova, ndr) e indicata nella delega del dottor Favi al Ros. E non ho mai nemmeno rilevato l’utenza, nemmeno in modo indiretto, nei tabulati da me acquisiti, fino al momento della revoca dell’incarico».<br />
Un numero di telefono, quello di Stellato, che il Secolo XIX ha provato a comporre. Risulta però disattivato.<br />
<b>Genchi, quella dei numeri riservati degli 007 è però una delle accuse che le viene rivolte con maggior clamore.</b><br />
«In questi giorni si sono aggiunte non poche inesattezze sul numero dei tabulati da me acquisiti, come quelle sulle “utenze coperte dal Segreto di Stato”. Che ancora non capisco come avrei potuto individuare. Sempre che esista un “Segreto di Stato” sui numeri telefonici».<br />
<b>Non esiste?</b><br />
«Hanno forse un prefisso particolare? Hanno una intestazione particolare? C’è qualche indicazione che mi è sfuggita e che fa riferimento al “Segreto di Stato”?».<br />
<b>Sull’ampiezza del suo dossier? Del suo archivio “segreto”?</b><br />
«Sul numero delle utenze acquisite, 792, debbo precisare che in capo a diversi soggetti è stata accertata la disponibilità di diverse utenze telefoniche, con le quali sono state nel tempo utilizzate decine e decine di Imei, con l’ulteriore utilizzazione di decine e decine di altre sim. Quasi sempre intestate a soggetti terzi, appartenenti cioè a reti straniere, o intestate ad Enti, alla Regione Calabria ed altri uffici. È conseguita un’acquisizione di dati di traffico assolutamente ridotta e selettiva».<br />
<b>Però questa “selezione” poi si è ampliata...</b><br />
«Si è stati costretti ad ampliarla solo dopo le acquisizioni della Procura della Repubblica di Reggio Calabria sulle gravissime fughe di notizie sulle indagini sull’omicidio Fortugno e sulla strage di Duisburg, la faida di San Luca. Anche a seguito delle vibrate denunce del Procuratore Nazionale Antimafia».<br />
<b>Il suo, insomma, è stato solo estremo scrupolo professionale.</b><br />
«In un procedimento penale non si può certo indugiare con dei pressapochismi nell’attribuzione di una data utenza ad un dato soggetto, specie quando possono discendere delle conseguenze. Ricordo un paio di casi».<br />
<b>Quali sono?</b><br />
«Quello delle indagini sulla cosiddetta banda della Magliana. Danilo Abbruciati, esponente di spicco della criminalità romana, era ritenuto autore dell’attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano, Roberto Rosone. Da controlli frettolosi risultò che Abbruciati avesse chiamato, prima dell’attentato, il procuratore generale della Cassazione Ferdinando Zucconi Galli Fonseca».<br />
<b>Risultò poi che non era così.</b><br />
«Ma la vicenda ha suscitato interventi parlamentari, atti di sindacato ispettivo, interventi del Csm, impugnative del Procuratore generale della Cassazione, decisioni delle Sezioni Unite, iniziative disciplinari del Ministro della Giustizia, oltre alle polemiche politiche, alle querele ed agli strascichi giudiziari e parlamentari, protrattisi per quasi venti anni. Sta di fatto che le indagini hanno dissipato ogni sospetto su Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, escludendo in modo categorico l’esistenza di contatti telefonici con l’Abbruciati. Poi c’è il caso Biagi».<br />
<b>Marco Biagi, ucciso dalle Br.</b><br />
«Come si ricorderà, prima di essere ucciso aveva denunciato di avere ricevuto delle minacce telefoniche. Biagi aveva pure informato vari politici, oltre al Presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, al sottosegretario al ministero del Welfare, Maurizio Sacconi, a Stefano Parisi, direttore di Confindustria, a Roberto Maroni, ministro del Welfare, al prefetto di Bologna Sergio Iovino. Nessuno lo ha scritto, in molti lo hanno pensato e qualcuno lo ha pure detto (incautamente). Biagi stava passando per un mitomane, che aveva denunciato le minacce per avere la scorta e beneficiare di alte considerazioni».<br />
<b>Non fu così, evidentemente.</b><br />
«Mesi dopo l’omicidio e le dimissioni del ministro Claudio Scajola si è scoperto che gli accertamenti svolti sui tabulati delle utenze erano stati fatti in modo errato e parziale e che le telefonate di minaccia vi erano state, proprio come le aveva denunciate il consulente , senza essere creduto».<br />
<b>Poteva essere evitato, quell’omicidio.</b><br />
«A parte le sorti politiche del ministro Scajola, costretto alle dimissioni per delle dichiarazioni che mai avrebbe fatto se fosse stato correttamente informato, penso a come si sarebbe potuto certamente evitare l’omicidio del professor Biagi, se le autorità di pubblica sicurezza di Bologna e di Roma fossero state correttamente informate sulle telefonate».
<br />