Openpolis - Argomento: carcerehttps://www.openpolis.it/2017-06-13T00:00:00ZFRANCO MIRABELLI: Stop a filosofie, Riina è capo mafia: cure adeguate in 41 bis2017-06-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it779765Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Di tutta la discussione che si è fatta attorno alla salute di Totò Riina e alla sua detenzione, penso che vada considerata la verifica compiuta dalla Commissione Antimafia sul fatto che gli venga garantito il trattamento sanitario migliore possibile, come è emerso dal sopralluogo all’Ospedale Maggiore di Parma, in cui il boss è ricoverato in regime di 41 bis. Questo è ciò che deve fare lo Stato. Ogni altra discussione filosofica sul fatto che lo Stato possa essere più debole o più forte, a seconda dell’ipotesi che Riina rimanga in carcere o esca, cade dal momento in cui c’è già stata una valutazione della Direzione Nazionale Antimafia secondo cui Totò Riina è ancora il capo della mafia e può ancora comandare”. Lo ha detto il senatore <b>Franco Mirabelli</b>, capogruppo del Pd nella Commissione Antimafia, nel corso della seduta odierna.
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“C’è un detenuto pericoloso perché comanda la mafia – ha continuato Mirabelli – per questo è in regime di 41 bis e, siccome la pericolosità permane, deve restare al 41 bis. Tutte le altre riflessioni filosofiche lasciano il tempo che trovano”.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/commissione-antimafia/mirabelli-stop-filosofie-capo-mafia-cure-adeguate-41-bis/">senatoriPD</a>FRANCO MIRABELLI: Per Dna Riina ancora capo, no a revoca 41 bis2017-06-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it779697Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Ho grande rispetto per le opinioni di tutti e capisco bene la necessità considerare le pene detentive non come una vendetta e di garantire il pieno rispetto delle persone costrette, garantendo loro il diritto alla salute. Ma se il capo della Direzione Nazionale Antimafia spiega che Riina è ancora il capo riconosciuto della mafia mi pare sia evidente che lo Stato debba impedire che possa tornare a dirigerla e quindi non possa revocare il 41 bis. Ogni altra discussione mi pare inutile e fuori luogo”. Lo scrive su Facebook il senatore Franco Mirabelli, capogruppo del Pd nella Commissione Antimafia. “Gli stessi tribunali – conclude Mirabelli – dovranno prendere atto della pericolosità sociale del boss”.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/stampa/mirabelli-dna-riina-ancora-capo-no-revoca-41-bis/">senatoriPD</a>FRANCO MIRABELLI: Aprirà teatro dell'IPM Beccaria di Milano2016-09-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it775625Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/> "Gli impegni presi dal responsabile del Dipartimento per la Giustizia Minorile Cascini e dal Sottosegretario Migliore sull'IPM Beccaria di Milano sono un'ottima notizia. Il lavoro fatto in questi mesi da Don Gino Rigoldi, cappellano dell'Istituto, e da alcuni di noi ha ricevuto ascolto dal Governo. Soprattutto l'impegno ufficializzato ad aprire all'esterno il Teatro dell'Istituto Beccaria che, superando le resistenze di questi anni, può diventare per i ragazzi e gli educatori un momento importante di rapporto con la città e di aiuto". Lo scrive su Facebook il senatore milanese Franco Mirabelli, capogruppo PD in Commissione Parlamentare Antimafia. "Da tempo la compagnia teatrale insiste per raggiungere questo obbiettivo, attraverso un continuo e paziente lavoro di sensibilizzazione che ho cercato di rappresentare in Parlamento con interventi e interrogazioni. Adesso manca l'ultimo miglio per concretizzare l'impegno preso ad aprire la nuova porta entro dicembre. Questa - conclude Mirabelli - è una di quelle giornate belle in cui la politica è utile e concreta e recupera senso".<br/>fonte: <a href="http://www.newsagielle.it/Detail_News_Display/Lombardia/mirabelli-pd--aprira-teatro-dell-ipm-beccaria-di-milano">Agielle</a>FRANCO MIRABELLI: Aprire subito spazi ristrutturati del Beccaria2016-09-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it775413Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“I nuovi spazi ristrutturati dell’Istituto Beccaria di Milano vanno aperti ed utilizzati al più presto per riavviare tutte le attività che hanno distinto questo carcere minorile quale modello di eccellenza. Il Governo rimuova tutti gli impedimenti”. Lo ha chiesto il senatore del Pd eletto a Milano Franco Mirabelli, che è intervenuto sull’argomento nell’aula del Senato.
“Questa mattina – ha detto Mirabelli – dalle pagine di un quotidiano, Don Gino Rigoldi ha di nuovo rilanciato un preoccupato allarme per la situazione dell’Istituto Beccaria di Milano di cui, da oltre trent’anni e cappellano. In questi anni il Beccaria è stato sempre considerato un modello positivo tra gli istituti di detenzione minorili per le tante attività educative, culturali, di formazione e lavorative che proponeva e per l’apertura al territorio garantita da tanti progetti realizzati con alcune scuole. Negli ultimi mesi, come don Gino ha denunciato, la situazione è rapidamente degradata: sono state chiuse molte attività per mancanza di fondi, la mancata nomina di un direttore e del capo degli agenti di custodia ha alimentato incertezze e i mesi estivi, in cui sono mancate anche le attività scolastiche, sono stati difficili per operatori e ragazzi, i tempi di inattività hanno spesso alimentato tensioni.
A ciò si aggiunge l’inadeguatezza degli spazi in cui vivono i minori, che doveva essere risolta dalla ristrutturazione di una intera ala, ristrutturazione che appare completata ma che non ha avuto l’agibilità per poter essere utilizzata. Di fronte a questa situazione che rischia di compromettere i livelli di qualità per gli operatori e per i ragazzi e rischia di vanificare il lavoro eccellente fatto in questi anni, credo che il ministero e il dipartimento debbano intervenire al più presto per nominare i dirigenti apicali dell’istituto e degli agenti di custodia e verificare quali siano gli impedimenti all’apertura dei nuovi spazi ristrutturati per rimuoverli tempestivamente. Si tratta anche di dare nuovo impulso all’apertura al territorio, per favorire il lavoro educativo e formativo. In questo senso – ha concluso Mirabelli – l’occasione che potrebbe costituire l’apertura all’esterno del teatro, appena ristrutturato grazie all’intervento di tanti enti culturali, va colta senza ulteriori ritardi”.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/giustizia/mirabelli-aula-aprire-subito-spazi-ristrutturati-del-beccaria/">senatoriPD</a>FRANCO MIRABELLI: IPM Beccaria: Dopo la ristrutturazione riparte il Teatro, ora aprirlo al territorio2015-10-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it767154Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Dopo la recente ristrutturazione, oggi si inaugura il Nuovo Teatro Beccaria. Il teatro dell'istituto minorile e l’attività che vi si svolge sono frutto dello straordinario lavoro di tanti. Ormai da anni, grazie al contributo della direzione dell’Istituto, della compagnia Punto Zero e di tanti altri soggetti, si è costruita un’importante esperienza educativa, che ha anche un riconosciuto valore artistico. Ora, per completare questo lavoro, è importante poter aprire il teatro del carcere al quartiere e alla città, raccogliendo la richiesta che viene da tutti i soggetti interessati e su cui ho presentato un’interrogazione al Ministro. Ora che la ristrutturazione ha adeguato la struttura agli standard di sicurezza necessari serve fare questo passo, sapendo che il rapporto con il territorio è assolutamente importante per ogni progetto educativo”. Lo dice il senatore <b>Franco Mirabelli</b>, capogruppo PD in Commissione Antimafia.<br/>fonte: <a href="http://francomirabelli.it/htm/senato-mirabelli-xxvii-legislatura/attivita-di-legislatura/743-ipm-beccaria-dopo-la-ristrutturazione-riparte-il-teatro-ora-aprirlo-al-territorio">FrancoMirabelli.it</a>FRANCO MIRABELLI: IPM Beccaria: aprire il teatro alla città, importante opportunità educativa e culturale per detenuti e cittadinanza2015-05-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it760177Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Il Ministro della Giustizia valuti l'opportunità di aprire alla cittadinanza il teatro costruito dentro all’IPM Cesare Beccaria di Milano”. A chiederlo è il senatore PD <b>Franco Mirabelli</b>, in un’<a href="http://francomirabelli.it/htm/attivita-senato/interrogazioni-senato/654-il-nuovo-teatro-beccaria">interrogazione</a> per far luce sulla diffusione di notizie secondo cui il Ministero avrebbe manifestato la propria contrarietà ad aprire all'esterno la nuova struttura costruita nell'istituto.
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“L'IPM Cesare Beccaria di Milano ha da tempo ha avviato un importante progetto teatrale che coinvolge, oltre ai detenuti, numerosi giovani studenti – si legge nel testo dell’interrogazione – ed ha recentemente completato la ristrutturazione del teatro interno all’istituto, grazie ai finanziamenti privati e al lavoro di detenuti e associazioni, e attualmente è in corso un ulteriore intervento, studiato con gli agenti di custodia, per l'adeguamento della struttura alle norme di sicurezza necessarie per consentire l'apertura ad un pubblico esterno”.
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“L’eventuale apertura del teatro dell'istituto penitenziario minorile alla cittadinanza, oltre ad avere grande importanza dal punto di vista educativo e sociale, – spiega il senatore PD nell’<a href="http://francomirabelli.it/htm/attivita-senato/interrogazioni-senato/654-il-nuovo-teatro-beccaria">interrogazione</a> -contribuirebbe ad attenuare l'idea del carcere come una istituzione separata e totalizzante, rendendo tale luogo un punto di produzione culturale aperto e accessibile a tutti e, inoltre, andare ad arricchire l'offerta culturale della città di Milano”.
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“Essendo stato ampiamente riconosciuto il valore del progetto del Beccaria così come la qualità artistica del lavoro svolto fino ad ora - conclude Mirabelli - è importante aprire questa struttura al pubblico, valorizzandola, e non far perdere questa opportunità per i giovani detenuti”.<br/>fonte: <a href="http://areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=24833">AreaDem</a>Rita BERNARDINI: Perché continua il mio sciopero della fame - 35° giorno -2015-04-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it757987<br />
Giorno dopo giorno aumentano (purtroppo) le ragioni del mio sciopero della fame, giunto al 35° giorno. Ad esse si aggiunge l'ennesima sentenza della CEDU che condanna l'Italia per tortura per quanto accaduto nel blitz delle forze dell'ordine alla scuola Diaz nel 2001 e per la mancanza di un quadro normativo sul reato di tortura.
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Inoltre, grazie alla rete di Ristretti Orizzonti sono venuta a conoscenza dell’ennesimo
suicidio in carcere, il 14° nel 2015, stavolta a Piacenza. Una mattanza che non accenna a
diminuire a causa delle condizioni inumane e degradanti di buona parte delle nostre prigioni.
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A questa tragedia umana, si aggiunge la notizia dello smantellamento dell’Alta Sicurezza del carcere Due Palazzi di Padova, uno dei pochi che funziona dal punto di vista del recupero sociale e civile dei detenuti. Lo smembramento dell’AS significa che decine di detenuti che lavorano acquisendo una professionalità o che studiano con profitto (alcuni dei quali sono universitari), verranno presi come pacchi e condotti in altri istituti perdendo così ogni speranza di futuro
reinserimento e/o di recupero.
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Dal DAP, che conferma la notizia, mi si dice che l’operazione sarà fatta con la massima attenzione, che molti detenuti verranno de-classificati e che quindi rimarranno a Padova, che quelli che
lavorano non saranno spostati e che, nel caso siano commessi errori, questi verranno
successivamente rimediati.
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Fatto sta che c’è il forte rischio che il comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione - secondo il
quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” – diviene sempre più fantomatico, carta straccia nemmeno
riciclabile che umilia lo Stato di diritto.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/pdf/stampa/5165545">www.radicalparty.org</a>FRANCO MIRABELLI: Alfonsa Miccichè resti direttrice del Beccaria come chiedono personale e volontari2014-03-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it716040Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>Il Senatore <b>Franco Mirabelli</b>, capogruppo PD in Commissione Antimafia, è intervenuto al Senato a sostegno dell’appello sottoscritto dal personale dell'Istituto Penale per i Minorenni Beccaria di Milano in cui si chiede al Ministro della Giustizia che Alfonsa Micciché, direttrice dello stesso istituto per il 2013, possa restare a tempo indeterminato.
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“L'incarico annuale alla dottoressa Micciché è scaduto lo scorso 28 febbraio ed ora l'istituto penitenziario è senza direzione”, ha affermato il senatore PD, segnalando che “Da più parti, da tutto il personale, dalle organizzazioni di volontariato coinvolte nella vita del Beccaria, fino al Cappellano dell'istituto don Gino Rigoldi, è venuto in queste ore un accorato appello per chiedere che il lavoro di questi ultimi mesi non si interrompa e la dottoressa Micciché possa assumere la direzione del Beccaria a tempo indeterminato”.
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“Nel marzo 2013 - ha ricordato <b>Mirabelli</b> - direttrice e comandante di polizia penitenziaria dell'ipm Beccaria sono stati entrambi trasferiti dopo una lunga ispezione ministeriale che evidenziò pesanti difficoltà di gestione dell'istituto dovute soprattutto alle difficili relazioni tra di loro. Da allora la direzione è stata assunta da Alfonsa Micciché, già direttrice dell'istituto penale per minori di Caltanissetta. In quest'anno la situazione del Beccaria è molto migliorata rispetto al passato – come segnalano gli operatori che vi sono impiegati - sia nel funzionamento, sia nel rapporto tra i lavoratori, sia nell'apertura al territorio dell'istituto, grazie alla valorizzazione di importanti iniziative costruite e realizzate col volontariato e l'associazionismo”.
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“In quest'Aula spesso parliamo di carcere e di minori per denunciare problemi o addirittura abusi, qui si tratta invece di valorizzare un’esperienza positiva, riconoscere il merito e impegnarsi perché questo lavoro possa proseguire. Per questo, – ha concluso <b>Mirabelli</b> - chiedo alla Presidenza di quest’Aula di farsi tramite nei confronti del Ministro della Giustizia della richiesta che, prima che da noi, proviene da chi quotidianamente lavora per fare del Beccaria una struttura sempre più capace di aiutare i ragazzi che li sono detenuti”.
<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/doc/4902/mirabelli-alfonsa-miccich-resti-direttrice-del-beccaria-come-chiedono-personale-e-volontari.htm">senatoripd</a>Stefano Dal Pra Caputo: Il S. Pio X è un albergo» Su facebook la polemica tra consiglieri comunali2013-11-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it712889Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Vicenza (VI) (Gruppo: PD) <br/><br/>Una replica arriva anche da Stefano Dal Prà Caputo, consigliere del Pd presente alla visita di venerdì. «Il San Pio X dovrebbe contenere 150 detenuti e ad ognuno dovrebbe essere assegnata una cella 3x3, Nella realtà i detenuti ad oggi sono 315 e in ogni cella ne vivono due o tre. Di guardie penitenziarie, invece, dovrebbero essercene una per carcerato, ma nella realtà sono 170. I numeri parlano drammaticamente da soli. Non so che albergo abbia visitato il consigliere comunale Gioia Baggio, noi siamo stati in carcere e abbiamo visto con i nostri occhi una realtà che deve essere cambiata al più presto». <br/>fonte: <a href="http://mobile.ilgiornaledivicenza.it/stories/Cronaca/592194_il_s_pio_x__un_albergo_su_facebook_la_polemica_tra_consiglieri_comunali/">Il Giornale di Vicenza</a>MATTEO BRAGANTINI: BRAGANTINI (LN), "CARCERE PER I REATI GRAVI"2013-07-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it703558Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: SC-ALA CLP-MAIE) <br/><br/>“La Lega Nord far à un’opposizione durissima se sarà confermata l’intenzione di eliminare la custodia cautelare in carcere per gli stalker, per chi finanzia illecitamente i partiti e per chi rende falsa testimonianza. Si tratta di reati gravissimi, per cui chiederemo che venga applicato l’arresto preventivo. È immorale soltanto pensare che si vogliano lasciare libere queste persone. SI tratta di un provvedimento dannoso che avrà effetti devastanti per la sicurezza dei cittadini a cui ci opporremo duramente”.<br/>fonte: <a href="http://www.leganord.org">Sito Lega Nord</a>Nicola MOLTENI: Consulta: Molteni, sentenza su stupri di gruppo è vergognosa e disattende volontà dei cittadini. 2013-07-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it703265Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Cantù (CO) (Lista di elezione: Lega) - Deputato (Gruppo: Lega) <br/><br/>“La sentenza della Corte Costituzionale, che ha escluso l’obbligatorietà del carcere per il reato di violenza sessuale di gruppo, è una vergogna. La Corte è intervenuta a gamba tesa calpestando il Parlamento ancora una volta e disattendendo la volontà dei cittadini che, giustamente, pretendono pene aspre e certe per chi commette reati tanto gravi e lesivi. Uno stato che non tutela i propri cittadini non può essere considerato uno stato di diritto”.
Lo dichiara Nicola Molteni, capogruppo in Commissione Giustizia per la Lega Nord a Montecitorio, in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale che ha detto no alla custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale di gruppo qualora il caso concreto consenta di applicare misure alternative.<br/>fonte: <a href="http://www.leganord.org">Sito Lega Nord</a>Andrea SARUBBI: «Il Cie di Gradisca è peggio di un carcere»2012-10-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655850Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Quello di Gradisca d'Isonzo è in assoluto il Cie italiano più simile a un carcere. E per molti versi è pure peggio di molti penitenziari».
<p>«Dico che è un carcere perché qui non esistono percorsi di integrazione, assistenza o recupero per le persone trattenute. La promiscuità crea poi una miscela esplosiva. Si va dall'immigrato che si becca un supplemento di pena dopo essere stato in carcere, allo straniero rinchiuso per un documento scaduto. Non può funzionare. E poi a differenza di altri Cie certi diritti sono del tutto sospesi. Non si può pranzare in mensa. Non si può utilizzare il campo da calcio. Tenere le proprie cose in un armadietto. È vietato l’uso del cellulare, cosa che a Roma o Trapani è consentita. La verità è che la discrezionalità delle diverse Prefetture è troppa, e forse è condizionata dalle maggioranze politiche. Mi chiedo a chi convenga un sistema nel quale un immigrato ci costa 1.300 euro al mese, spese di gestione esclusi, per essere confinato in una stanza senza magari venire neanche rimpatriato».
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<p>«Auspico una revisione delle leggi sull'immigrazione, anche se queste in passato sono state scritte solo per interessi elettorali. Cosa serve? Tempi più brevi di trattenimento e più certi per l’identificazione».
<p> «In questo sistema perverso non vi sono né vittime né carnefici». «Non so quanto questa problematica sia in cima all'agenda del governo Monti e che esito stia avendo il monitoraggio dei Cie italiani voluto dal ministro Severino».
<p><i>La visita al Cie di Gradisca d'Isonzo è avvenuta nell'ambito della campagna di informazione “LasciateCientrare” di Andrea Sarubbi (Pd) e Carlo Monai (Idv). Assieme ai due parlamentari hanno visitato il Cie anche i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia, Antonaz, Codega e Kocijancic.</i><p> <i>La loro visita conferma l'indiscrezione del Piccolo secondo cui gli stipendi degli operatori della coop Connecting People stanno per sfiorare le due mensilità di ritardo. Scontenti anche gli operatori di polizia.</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2012/10/16/news/il-cie-di-gradisca-e-peggio-di-un-carcere-1.5870470">Il Piccolo</a>Rita BERNARDINI: Caro Saviano, vieni via con me. In cella.2012-08-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648134Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Lo chiedo a Roberto Saviano che negli ultimi tempi ci sta (a noi radicali) - ancor di più - sorprendendo positivamente con le sue prese di posizione sulla legalizzazione della marijuana, sulla necessaria riforma della giustizia e sulla condizione illegale delle nostre carceri.
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Vorrei ascoltare, caro Roberto, le tue riflessioni e osservazioni mentre visitiamo cella cella Poggioreale, Regina Coeli, San Vittore, Piazza Lanza, L'Ucciardone o altri istituti penitenziari del Nord, del Centro o del sud Italia, isole comprese. Scegli tu dove andare. Lo facciamo, se vuoi, portandoci appresso la nostra Costituzione, la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, il nostro Ordinamento Penitenziario con il suo regolamento di attuazione. Toccherai con mano e, direi, con e in tutti i sensi, quanto il rispetto di qualsiasi forma di legalità sia bandita nelle nostre carceri, non solo per il "trattamento" cui sono sottoposti i 66.500 detenuti, ma anche per le condizioni di lavoro di tutto il personale.
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È imbarazzante vedere "servitori dello Stato" come i direttori e i comandanti di polizia penitenziaria abbassare gli occhi quando chiediamo quando è stata l'ultima volta che il magistrato di sorveglianza ha visitato le celle e i luoghi di detenzione o quando la MI ha verificato le condizioni igienico-sanitarie e strutturali dell'istituto, cosa che per legge deve fare ogni sei mesi; o quando, entrando in una cella di 7 metri quadrati troviamo un letto a castello a tre piani e chiediamo quante ore al giorno rimangono chiusi in quelle condizioni i detenuti. Tossicodipendenti, malati psichiatrici, persone con gravi patologie che non vengono assistite e curate, un'umanità dolente che in base alle leggi nazionali ed europee sta lì per essere "rieducata" e, in futuro, "reinserita" nella società.
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Basti pensare che solo il 15% ha la possibilità di lavorare, peraltro in lavori poco spendibili una volta usciti all'esterno e che anche quel 15% lo fa "a rotazione" per un paio di mesi all'anno. Ad un ragazzo tossicodipendente incontrato nel carcere di Cassino, chiesi: «Ma quando fra qualche anno uscirai di qui, che farai? Mi rispose "ma cosa può fare uno come-me se, uscito di qui e dopo questo "trattamento", ritorno a Scampia dove abito? Lì la droga te la calano con il cestino dai palazzi, è tutto un viavai... un lavoro vero non c'è».
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Ma non è solo questo che, comunque, basterebbe per classificare il nostro Stato come delinquente abituale vista la reiterazione, per decenni, di trattamenti inumani e degradanti nei confronti di persone private della libertà. L'Europa costantemente ci condanna e noi continuiamo ad essere recidivi. Dicevo, non è solo questo. Lo sai quanti detenuti sono costretti in istituti situati a centinaia di chilometri dalle loro famiglie? Oltre ventimila! Non vedono più per mesi e perfino anni i loro congiunti, non fanno più colloqui con mogli, figli minorenni e genitori. Eppure il regolamento penitenziario dispone che particolare attenzione deve essere dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale. Carta straccia.
<p>Sai perché vorrei fare questa cosa con te che hai l'onestà intellettuale di parlare di "legalizzazione" delle sostanze stupefacenti e di rispetto della legalità? Per chiederti - ma solo al termine della visita rigorosamente a sorpresa e senza preavviso - che fare per interrompere subito il crimine in corso.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IUVLR">Gli Altri</a>Mario MONTI: Evasione fiscale: «L’Italia si trova in uno ‘stato di guerra'» 2012-08-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648208Alla data della dichiarazione: Senatore a vita- Pres. del Consiglio <br/><br/><br />
«Io penso che l’Italia si trova in uno stato di difficoltà soprattutto a causa di questo fenomeno e che si trova da questo punto di vista in uno ‘stato di guerra’».
<p>«La notorietà pubblica del nostro alto tasso di evasione contribuisce molto a indisporre nei confronti dell’Italia quei paesi verso i quali di tanto in tanto potremmo aver bisogno di assistenza finanziaria. Come i paesi del Nord Europa, che dicono: “l’Italia è un paese molto ricco, però lo stato ha un fortissimo debito pubblico che magari richiederà domani di aiutarla a rinnovare; eppure ci sono italiani ricchi o medi che sistematicamente non pagano le tasse”». Insomma, «l’evasione fiscale produce un grosso danno nella percezione del paese all’estero».
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«Io stesso, fino a poche settimane fa, quando sono stato anche ministro dell’Economia e delle Finanze e quindi responsabile dell’Agenzia dell’entrate e responsabile politico della Guardia di Finanza, ho sempre incoraggiato fortemente le persone che vi lavorano a fare una dura lotta all’evasione. La seria lotta all’evasione può comportare la necessità di momenti di visibilità che possono essere antipatici. Ma che hanno un forte effetto preventivo nei confronti degli altri cittadini».
<p> «Questa degli eurobond è una proposta articolata e intelligente che contiene anche elementi che da tempo il governo italiano ha portato al tavolo europeo. Abbiamo visto tutti che alcuni paesi (certamente la Germania, ma anche alcuni Paesi nordici) non sono disposti in questo momento a dare il loro consenso agli eurobond. Ciò significa che probabilmente essi verranno ma un po’ più avanti, quando si saranno fatti passi verso una maggiore messa sotto controllo delle finanze pubbliche dei singoli paesi da parte delle istituzioni comunitarie. L’idea della Germania e di altri è che si possono mutualizzare in tutto o in parte i debiti pubblici solo quando si è sicuri che nessun paese sia deviante in materia di troppo debito pubblico. Ovvero, quando la politica di indebitamento sarà gestita in modo più coordinata dal centro».
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<b>In tema di carcere</b> sollevato da Pannella, associazioni del volontariato e 120 giuristi che hanno rivolto un appello al Capo dello Stato sollecitando indulto e amnistia: «Voglio ricordare che si tratta di una misura per la quale sono necessari due terzi dei voti del Parlamento che non mi pare al momento ci siano».
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«<b>Sulla questione del federalismo</b> noi rispettiamo quello che c’è nelle attuali leggi dello stato. Forse in precedenti governi si è lavorato all’insegna del federalismo nella convinzione che esso fosse la riforma strutturale per dare ordine e slancio all’economia italiana. Mentre noi siamo convinti che il federalismo deve essere solidale, non può cioè non tenere conto delle diversità tra le diverse regioni e delle differenze territoriali. Soprattutto non deve esimerci dal fare riforme strutturali nei vari campi: dalle pensioni, al mercato del lavoro, alle liberalizzazioni, alla concorrenza, alle semplificazioni».
<p><b>Il riconoscimento alla sussidiarietà.</b> «Il nostro è un governo che, per sua composizione, per suo programma, per suo orientamento, riconosce importanza e grandi spazi alla sussidiarietà, alla convivenza nel profondo reciproco rispetto tra pubblico e privato, tra stato e chiesa, tra le religioni. Io che ho studiato in una scuola cattolica, conosco ovviamente il grande ruolo, accanto all’istruzione pubblica, dell’istruzione paritaria e al contributo sociale che le scuole non statali offrono sopperendo alle difficoltà di molte realtà del paese.<br />
Pur nelle ristrettezze finanziarie da tutti avvertite e ferma l’esigenza di consolidamento e messa in sicurezza del bilancio, il sostegno a quanti sono espressione dei valori della sussidiarietà e della solidarietà è perciò un obiettivo importante per quanti hanno a cuore il benessere e la crescita dell’intero Paese.
<p>«Posso assicurare che il Governo non farà mancare al settore, cui riconosce una essenziale funzione complementare rispetto a quella esercitata dalle scuole pubbliche, il necessario sostegno economico. A ciò si provvederà, compatibilmente con i limiti tracciati con i recenti interventi di revisione della spesa pubblica, con la legge di stabilità del prossimo autunno».
<p><b>«Grave» intercettare le telefonate del Capo dello Stato</b> dalla procura di Palermo: «E' peraltro evidente a tutti che nel fenomeno delle intercettazioni telefoniche si sono verificati e si verificano abusi. E' compito del governo prendere iniziative a riguardo».
<p><b>Sulle indiscrezioni dell’Espresso</b> secondo cui, nell’autunno del 2010, venne contattato dall’onorevole Massimo D’Alema che a Milano, in una cena a casa di un noto professionista, gli propose con altri l’assunzione di responsabilità politiche e di governo nel caso di una caduta anticipata del governo Berlusconi, conferma e rivela: «Non smentisco quell’occasione e posso solo dire che nel mondo politico ci furono diverse persone che, intorno a quell’epoca, nelle loro previsioni o scenari sul futuro politico italiano di breve termine, mi prospettarono ipotesi che mi coinvolgessero. E io sono sempre stato ad ascoltare pensando che si sbagliassero».<p>
<b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JAB46">QUI L'INTERVISTA INTEGRALE IN FORMATO .PDF</a></b><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.tempi.it/monti-a-tempi-evasione-fiscale-litalia-e-in-uno-stato-di-guerra#.">Tempi - Luigi Amicone</a>Paola Severino: «Contro il partito degli sfascisti» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648033Alla data della dichiarazione: Ministro Giustizia<br/><br/><br />«Ingroia? Condivisi la sua idea».
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«II Quirinale? Non è intercettabile. I giornalisti? Non tutto il pattume è di interesse pubblico. Le intercettazioni? La legge è pronta. L'agenda Monti? Serve anche nel 2013».
<p>«I magistrati non dovrebbero allegare ai fascicoli tutte le intercettazioni che evidentemente non hanno alcuna rilevanza. E i giornalisti dovrebbero sapere che non tutto il pattume è una notizia di pubblico interesse. Il magistrato migliore lavora nel silenzio e nella riservatezza operosa».
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Paola Severino aggrotta la fronte, si fa ripetere la domanda un paio di volte, poi ci riflette, prende un altro sorso di tè, e, mentre il cronista osserva il ritratto di Giorgio Napolitano che domina alle spalle della scrivania che forse fu di Palmiro Togliatti, il ministro risponde: «Io non ho avuto la percezione che le polemiche, anche molto aspre, intorno al Quirinale e alle intercettazioni della procura di Palermo fossero un attacco rivolto contro il governo tecnico».
<p>«E anche se fosse, mi sembra che altri siano i parametri sui quali normalmente il paese giudica questo governo. Su di noi influisce il contesto della crisi economica, l'altalena dello spread che è storia di questi giorni, noi siamo valutati in base alla nostra capacità di portare a compimento le riforme e di mettere in sicurezza il paese».
<p>Ed è come se il ministro volesse dire che la politica si muove e si agita con i suoi schemi e il suo linguaggio ("spesso un linguaggio aspro, di forte contrapposizione verbale", dice Severino quando le si citano un paio di dichiarazioni di Antonio Di Pietro), ma i meccanismi di un tempo, in quest'era di eccezione e di crisi, non funzionano più: il destino si compie altrove, quello dell'Italia come quello di Monti. Eppure tutte le forze intellettuali, giornalistiche e dunque politiche che in Italia hanno interesse a impedire anche la sola ipotesi che nel 2013 il governo Monti possa continuare sotto qualsiasi forma sono le stesse che hanno aggredito Loris D'Ambrosio e Napolitano utilizzando la storia dell'intercettazione con l'ex ministro Nicola Mancino.
<p>«Quello del dopo è il grande nodo da sciogliere. All'estero si chiedono, e ci chiedono, se ci siamo posti il problema di cosa succederà nel 2013. Mi sono state rivolte molte domande preoccupate nelle occasioni in cui ho frequentato le istituzioni internazionali, sia al Fondo monetario sia alla Banca mondiale. Diciamo che, dopo aver espresso apprezzamento per le riforme e gli interventi del governo, tutti volevano sapere una sola cosa: che accadrà in Italia quando Monti lascerà Palazzo Chigi? Sarete capaci di continuare su questa strada? Ecco, a mio avviso, è questo il grande tema, sotto il profilo economico, della tenuta delle riforme, della capacità del paese di proseguire su una strada di maggiore efficienza. L'Italia ha recuperato credibilità internazionale, ed è su questa strada che dovrà proseguire anche dopo e senza di noi. E infatti credo nell'importanza della riforma elettorale, un nuovo sistema che possa far emergere una maggioranza forte, legittimata e credibile».
<p>«Il lavoro che abbiamo iniziato va continuato, ma per riuscirci la politica dovrà essere capace di uscire rinnovata da questa parentesi tecnocratica: la legge elettorale è un passaggio cruciale, irrinunciabile».
<p><b>Lei ha intenzione di restare in politica?</b>
<p> «Tornerò a fare l'avvocato e il professore. Le due cose che mi piacciono di più».
<p> <b>Dunque non vede un nesso tra l'attacco al Quirinale, di cui ha scritto molto tra gli altri anche Eugenio Scalfari, e la capacità di tenuta del governo; malgrado il Guardasigilli sembra intuire, o forse temere, delle "resistenze" intorno alla riproposizione dell'agenda Monti, con o senza Monti a Palazzo Chigi, anche nel 2013. Le si chiede allora se in effetti c'è stato un attacco al Quirinale, le si chiede se è lecito intercettare il capo dello stato, come è stato fatto, seppure indirettamente, dai pm di Palermo. La risposta è chiara:</b>
<p> «Le garanzie del capo dello stato sono coperte dalla Costituzione. Il presidente della Repubblica non è penalmente responsabile nell'esercizio delle sue funzioni fatto salvo che per alto tradimento e attentato alla Costituzione, e questo comporta il corollario della sua non intercettabilità. Le ragioni sono ovvie: attraverso i telefoni del Quirinale passano informazioni e segreti che fanno capo esclusivamente ai vertici dello stato, questioni della massima delicatezza come la diplomazia internazionale o le informazioni di intelligence. Per questo il livello di tutela delle garanzie del capo dello stato è doverosa e motivata dalle sue funzioni, ogni polemica al riguardo è certamente inopportuna. Vorrei in ogni caso chiarire che qui si è trattato, per espressa affermazione della procura di Palermo, di intercettazione indiretta. E vorrei anche aggiungere che, anche se si andasse all'udienza filtro, si dovrebbero adottare tutte le cautele idonee ad assicurare il mantenimento del segreto sui contenuti».
<p><b>Il pm palermitano Di Matteo ha rivelato che nei faldoni della procura sono state trascritte, ma non allegate agli atti pubblici, delle telefonate in cui è stata registrata la viva voce del presidente. Il magistrato ha dichiarato, testualmente:
"Non sono state giudicate rilevanti. Ma potrebbero essere utilizzate in altri procedimenti". Non è un linguaggio quantomeno allusivo e forse intimidatorio nei confronti del Quirinale intercettato?</b>
<p>«Non ho alcun elemento per ritenerlo. E' bene chiarire, perché non sorgano equivoci, che la legge consente l'utilizzo delle intercettazioni acquisite in uno specifico procedimento anche in un altro procedimento».
<p><b> E' una norma che andrebbe riformata? C'è chi lo pensa. C'è chi pensa che vada interpretata in termini restrittivi. Il ministro inforca gli occhiali, apre un fascicolo e tira fuori un articolo di giornale</b>.
<p> «Leggo che Nello Nappi del Csm - magistrato eletto nelle liste di Area (la corrente di sinistra delle toghe) - colloca l'utilizzabilità delle intercettazioni solo nell'ambito del procedimento in cui questi ascolti sono stati disposti. Si tratta di un problema interpretativo, o di normativa futura».
<p><b>E lei pensa di intervenire, di modificare le regole?</b>
<p>«Sulla legge che riguarda le garanzie del capo dello stato deciderà la Corte costituzionale. Potrebbe fornire una interpretazione della legge, così come ha chiesto l'Avvocatura dello stato, chiarendo che quelle intercettazioni vadano immediatamente distrutte, oppure ritenere che la normativa debba essere integrata. <br />
Se dovesse farlo, procederemmo subito nel senso indicato dalla Corte. Altra cosa è la normativa ordinaria in tema di intercettazioni, che prescinde dalla speciale condizione del capo dello stato e che è contenuta nel codice di procedura penale, cui hanno ritenuto di doversi riferire i magistrati di Palermo. Altra cosa ancora è un disegno di legge pendente e approvato solo in parte dal Parlamento durante il precedente governo. E' fermo da un po' di tempo ed è stato nuovamente calendarizzato.<br />
Ecco, su questo disegno di legge si potrebbe intervenire con una riforma generale dell'istituto, tenendo presente che vi è anche da sciogliere il nodo di una doppia votazione conforme da parte dei due rami del Parlamento su alcuni punti del provvedimento, cosa che potrebbe configurare una sorta di giudicato non modificabile».
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<b>La deontologia dei pm e dei cronisti. La riforma, dunque, si può fare</b>.
<p>«Io penso anche che nel frattempo potrebbe essere importante l'applicazione attenta delle norme e delle garanzie che esistono. Occorre incentivare una forma di autodisciplina del magistrato e del giornalista. Ci sono dei contenuti di intercettazioni pubblicate che vanno forse poco al di là del pettegolezzo».
<p><b> La deontologia non è, di per sé, vincolante, ministro.</b>
<p>«La deontologia è una dote che prescinde dalla legge. Pensi agli avvocati. Sono legati al vincolo di riservatezza, ma a volte - a volte - l'avvocato diventa la fonte del giornalista. Una autoregolamentazione forte vorrebbe che questo non accadesse».
<p><b>Veramente sono i magistrati che per lo più passano le notizie ai giornalisti.</b>
<p>«Veramente non sapremo mai chi sia stato, perché mi risulta che quasi mai si accerti l'identità dell'autore della rivelazione e io infatti ho detto, non a caso, che 'a volte' possono essere gli avvocati. Ecco, tutto questo non costituisce sempre un illecito penale, ma è deontologicamente riprovevole. Un avvocato, come un magistrato, deve coltivare la riservatezza anche dove la legge non gliela impone. Il magistrato si dovrebbe anche porre il problema di non allegare ai fascicoli tutte le intercettazioni che evidentemente non hanno alcuna rilevanza. Il filtro dunque deve essere normativo, ma un filtro a maglie più strette può essere quello deontologico. Il modello di magistrato migliore è quello che lavora nel riserbo, in silenzio e operosamente. L'ho detto a proposito di Falcone e Borsellino e l'ho ripetuto di recente a proposito di Loris D'Ambrosio. Tutto ciò riguarda ovviamente anche i giornalisti. Devono selezionare ciò che è di pubblico interesse da ciò che non lo è. Non tutto il pattume è di interesse pubblico».
<p> <b>Cosa garantisce che le intercettazioni di Napolitano non vengano, in un futuro prossimo, rivelate al pubblico malgrado non siano state ritenute rilevanti in questa ultima specifica indagine? Adesso sono chiuse in un cassetto della procura.</b>
<p> «Non si deve permettere che il contenuto di quelle telefonate esca fuori dall'udienza, se ci sarà un'udienza, o dall'indagine. Mi pare che il valore della norma costituzionale che assicura le garanzie del capo dello stato sia così forte da imporre che comunque si attivino dei meccanismi di tutela particolare tali che il contenuto di quelle telefonate non sia in alcun modo conoscibile da altri soggetti che non siano tenuti al mantenimento del segreto. La presidenza della Repubblica ha correttamente sollevato un conflitto di attribuzioni presso la Corte costituzionale. Il problema ruota intorno alle garanzie del capo dello stato: è stato indirettamente intercettato ma le sue garanzie sono tali da rendere inapplicabili per lui le norme comuni? Io ho la mia opinione, ma adesso dobbiamo tutti attendere la Corte costituzionale che chiarirà, anche per il futuro, la più corretta interpretazione delle norme».
<p><b>Il procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, in una recente intervista, ha offerto un'interpretazione delle norme intorno alla distruzione immediata delle intercettazioni telefoniche ritenute non rilevanti.</b>
<p> «Il sistema del procuratore Salvi, applicato a Catania attraverso una circolare, si discosta molto da quella applicata a Palermo. Loro distruggono subito le intercettazioni inutilizzabili o irrilevanti, mentre a Palermo il procuratore ha ribadito che anche le intercettazioni considerate non rilevanti debbano essere sottoposte all'articolo 271 del codice penale e dunque distrutte solo dopo un'udienza alla quale partecipano i difensori. Se lei mi chiede quale interpretazione preferisco, nella mia qualità di ministro della Giustizia non posso rispondere per il doveroso rispetto al ruolo della Corte. Mi sento solo di poter dire questo: qualunque sia l'interpretazione, ovvero sia che si prediliga la distruzione immediata e automatica delle intercettazioni, sia che la distruzione venga disposta solo dopo un'udienza, a mio avviso quella che deve essere tutelata è la figura istituzionale del capo dello stato. Quelle intercettazioni non possono in nessun caso diventare pubbliche».
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<b>"I giudici non indaghino su se stessi". Spesso vengono pubblicate sui quotidiani intercettazioni ancora coperte da segreto in chiara violazione della legge, ma non esistono molti casi in Italia in cui un'indagine per fuga di notizie abbia individuato i responsabili. Lo ha detto anche lei prima. Il paradosso è che a indagare sulle fughe di notizie sia lo stesso ufficio da cui sono fuoriscite le informazioni riservate. Luciano Violante ha proposto che sia un'altra circoscrizione giudiziaria a indagare sui colleghi.</b>
<p> «Gli avvocati non presentano più nemmeno le denunce per la violazione del segreto. C'è una sfiducia radicata negli esiti sempre negativi di queste indagini. Dunque deve essere fatto tutto quello che può rendere efficaci, penetranti ed effettive le indagini. Compresa anche la misura di fissare in una diversa sede giudiziaria la competenza territoriale per la valutazione dei fatti. Quella di Violante mi sembra una proposta sensata».
<p><b>Allora farete una legge?</b>
<p> «Non lo escludo, ma ne parlo oggi per la prima volta. Ci rifletterò».
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<b>Come giudica il fatto che un magistrato il quale ha aperto un'indagine tanto mastodontica e tanto delicata come quella sulla trattativa stato-mafia decida, dopo aver chiesto un clamoroso rinvio a giudizio anche a carico di ex ministri, di lasciare la sua procura per un incarico internazionale in Guatemala? E come giudica il fatto che, dopo aver deciso di lasciare quest'indagine forse destinata al fallimento, il pm si congedi dall'Italia rilasciando un'ultima intervista in cui getta nel mucchio la cortina fumogena della "ragione di stato", come se l'azione penale dipendesse da lui, come se fosse una cosa sua?</b>
<p> «A maggio di quest'anno, cioè prima dell'inizio delle polemiche sulle intercettazioni, il dottor Antonio Ingroia è venuto a parlarmi della ipotesi di accettare un incarico dell'Onu. Io condivisi questa sua idea, gli consigliai di andare in Guatemala. Io credo molto nella lotta transnazionale alla criminalità organizzata, e in quell'occasione ero appena tornata da una conferenza dell'Onu proprio su questo argomento. Quanto alla ragione di stato evocata dal dottor Ingroia, vorrei dire due cose. In Italia c'è l'obbligatorietà dell'azione penale. Quindi, in nessun caso, dal punto di vista processuale, un'indagine può terminare senza che sia arrivata a un accertamento. Ma posso anche aggiungere che, come ha detto il presidente Monti, la ragione di stato può essere solo la ragione della verità. Lo stato ha un solo interesse: che la verità sia accertata comunque. Mi permetto di aggiungere che anche il cittadino, come l'imputato, ha lo stesso interesse. C'è infatti una differenza tra l'ipotesi accusatoria e la sentenza».
<p> <b>Nell'ambiente giudiziario le viene riconosciuto il merito di aver creato un clima più sereno rispetto al passato tra il suo ministero e la magistratura.</b>
<p> «Preferisco il confronto allo scontro. E poi credo, da avvocato, di avere un modo di ragionare che mi aiuta a comprendere meglio quello dei magistrati. Malgrado i buoni rapporti, tuttavia alcune cose andrebbero fatte con piglio decisionista. C'è in Italia, a nostro avviso, un problema di regole che tuttavia forse non riguardano solo le intercettazioni ma anche il ruolo del Csm e la sua capacità di far valere l'azione disciplinare. Il procuratore generale di Caltanissetta, il 19 luglio scorso, giorno della commemorazione della strage di Via d'Amelio, si è così rivolto in una lettera pubblica al defunto Paolo Borsellino:<br />
"Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite — per usare le tue parole — emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi".
<p><b>Sembra di capire insomma che il procuratore generale "profuma", mentre le altre istituzioni "puzzano". Quel giorno a Palermo erano presenti le più alte cariche dello stato, compreso il presidente della Repubblica; ed è a loro che il procuratore generale di Caltanissetta, massimo rappresentante istituzionale della circoscrizione giudiziaria, si è rivolto. Al ministro Severino si chiede se, fatta salva la libertà di espressione, lei non crede si ponga, nello specifico caso, una questione di opportunità legata anche al rilevantissimo ruolo istituzionale ricoperto da quel magistrato nella sua circoscrizione giudiziaria. A tale proposito il Csm ha aperto un fascicolo.</b>
<p> «In qualità di titolare, insieme al procuratore generale della Cassazione, dell'azione disciplinare sui magistrati non mi sembra corretto, in alcun caso, rispondere a questo tipo di domande».
<p><b>Ma una sua idea, il ministro, pare di capire, ce l'ha già. Tra amnistia e barbarie preventive, Marco Pannella e i Radicali chiedono l'amnistia, le carceri scoppiano e i suicidi sono all'ordine del giorno, lei stessa lunedì scorso ha visitato a sorpresa Regina Coeli dopo il suicidio di un giovane detenuto. I suoi interventi hanno posto le basi per una parziale riduzione della popolazione carceria, composta per lo più da detenuti in attesa di giudizio. Pannella chiede un'amnistia che ragioni di diritto (la certezza della pena) e ragioni di opportunità politica in assoluto ritengono invece impraticabile. Lei si è rimessa, su questo argomento, alla volontà del Parlamento.</b>
<p>«Io ho evidenziato semplicemente che questo provvedimento non spetta al governo e richiede un'ampia maggioranza parlamentare; ho anche aggiunto che mi sarei impegnata a fare tutto ciò che è nelle mie possibilità per affrontare il sovraffollamento carcerario. Il mio primo pensiero è stato di emanare un decreto di emergenza, denominato 'salva carceri'. E i primi risultati cominciano a vedersi, i numeri mi danno conforto: a dicembre dello scorso anno, quando è stato varato il decreto, i detenuti erano più di 68 mila, mentre adesso oscillano tra i 66 mila e i 65 mila e cinquecento. Sono calati nell'arco di sei mesi».
<p><b>La sua norma ha eliminato quel sistematico abuso della carcerazione preventiva che ha fatto sì, per anni, che il carcere fosse utilizzato come una specie di tornello. Il suo intervento ha stabilito che per principio generale gli arrestati siano messi subito ai domiciliari, in subordine in camera di sicurezza (per non più di quarantotto ore), e comunque mai in carcere. Si tratta di norme di garanzia elementari che, negli ultimi anni, malgrado tante riforme siano state spesso annunciate negli ultimi decenni, nessuno aveva messo in atto. Perché fino a oggi non era mai stato possibile?</b>
<p> «Un ministro tecnico avverte di meno il tema del consenso e deve privilegiare le soluzioni di efficienza, per questo ho ritenuto di dover resistere alle critiche di chi paventava pericoli che poi non si sono rivelati fondati. Ma questo è un progetto sul quale il governo deve continuare. C'è un altro progetto di legge purtroppo fermo alla Camera ma che spero potrà essere discusso a settembre, riguarda le misure alternative al carcere. Credo che il carcere debba essere l'extrema ratio, l'ultima spiaggia, alla quale si deve ricorrere quando ogni altro mezzo alternativo non è sufficiente per affrontare il problema della prevenzione e della repressione. Il mio progetto prevede pene alternative come la 'messa in prova', un istituto molto applicato in altri paesi, ma prevede anche l'arresto domiciliare come pena principale accanto alla detenzione. Come pena cioè da applicare direttamente con la sentenza. Credo che questi due istituti possano completare il quadro della deflazione carceraria attraverso misure strutturali».
<p><b>Per l'edilizia carceraria non ci sono soldi?</b>
<p> «Si tratta di spenderli bene. Le do dei numeri di grande soddisfazione. Abbiamo un piano straordinario ereditato dal precedente governo che abbiamo un po' rivisto. Prevede la realizzazione di 11.573 nuovi posti detentivi con una spesa di 486 milioni di euro rispetto ai 9.150 posti del piano orginario che comportavano una spesa di 675 milioni. Creiamo più posti, con un risparmio di circa 200 milioni di euro tra nuove carceri e nuovi padiglioni in vecchie carceri. Con le risorse ordinarie abbiamo già realizzato 3.150 nuovi posti detentivi regolamentari. Abbiamo la previsione di consegna di altri 1.677 posti entro la fine dell'anno. E' dal mix di tutte queste varie misure che può arrivare la soluzione del problema, non da una sola misura: allungamento del periodo entro cui ci si può avvalere dei domiciliari, misure alternative e nuovi posti in carcere. Da questo insieme può derivare un fenomeno deflattivo consistente».
<br /><br/>fonte: <a href="http://www.corteconti.it/opencms/opencms/handle404?exporturi=/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012080422327847.pdf&%5d">Il Foglio - Salvatore Merlo </a>Marco PANNELLA: Amnistia: «Almeno 30 mila detenuti e personale delle carceri ha partecipato a 4 giorni di sciopero della fame. Silenzio di tv e radio» 2012-07-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647616<br />
«Secondo una nostra stima sono stati almeno 30 mila le donne e gli uomini carcerati, detenuti e detenute, personale amministrativo, polizia penitenziaria, direttori e dirigenze delle carceri, che hanno compiuto 4 giorni di lotta nonviolenta, nella stragrande maggioranza dei casi con uno sciopero della fame e con gli essenziali momenti di silenzio, di preghiera».
<p>«Ho il piacere e il dovere di ringraziare questo magnifico popolo che nelle e dalle carceri oggi rappresenta una speranza non solo per l'Italia.
Lo ripeto: questa manifestazione, questa forza di nonviolenza, di democrazia, di lotta per il diritto dando corpo al diritto e alla giustizia, è fatto che sarà scritta nella storia di domani».
<p>«Non c'è stata una sola tv o una sola radio, di destra, di sinistra, di centro, che abbia dedicato notizie a questo. Viceversa è bastato, in questo regime, che duecento no tav facessero il loro mestiere perchè giornali, tv, radio, dedicassero ore di informazione. Duecento persone».<p>
«E su 30 mila persone che in condizioni di tortura di stato, hanno risposto con la serenità, la forza enorme della nonviolenza e della serenità, ancorchè drammatica. Signor presidente, signori giornalisti, nulla. Non esistiamo, siamo decine di migliaia ma non valiamo duecento persone, duecento eroi o cretini che danno vita ad una notte di scontri. Sono gli eroi di questo regime».<br /><br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/comunicati/20120726/amnistia-pannella-almeno-30-mila-membri-detenuti-personale-delle-carceri-ha-part">www.radicali.it</a>Claudio MARTELLI: «Altro che trattativa con Cosa Nostra. Lo Stato capitolò» - INTERVISTA2012-07-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647507<br />
La verità sulle stragi dipende anche dalla gestione dei pentiti.<p>
«Trattativa con Cosa Nostra? Per carità, quella fu la capitolazione in piena regola dello Stato e delle norme di diritto quali il 41bis, il regime di carcere duro, per un esercito di mafiosi sperando di fermare le stragi. Operazione a mio avviso poco etica e morale, ma soprattutto fallimentare visto che dopo Capaci e via D'Amelio le stragi continuarono con Milano, Firenze, l'ipotesi dell'attentato a Roma». <p>
Nel giorno in cui l'Italia ricorda il ventennale dell'attentato in via D'Amelio contro il giudice Paolo Borsellino e che costò la vita anche a cinque uomini della sua scorta, Claudio Martelli, ministro della Giustizia dal '91 al '93, è netto. Non risparmia critiche, chiama in causa i più alti vertici dello Stato.
<p><b>Delinei il quadro istituzionale dunque.</b><p>
«A muoversi per l'abolizione del carcere duro, il 41bis appunto, fu il ministro della Giustizia Conso, a sua volta nominato dall'allora presidente della Repubblica Scalfaro che ricevette più di una pressione dai cappellani carcerari per allentare il regime: risultato, allontanò Amato dalla direzione dei sistema carcerario nominando il più soft Capriotti di Trento». <p>
<b>Ma a vent'anni e più dalle stragi di Capaci e via D'Amelio, quanta parte di Stato ha avuto secondo lei un ruolo nell'intreccio con Cosa nostra?</b> <p>
«La luce vera su via D'Amelio e Capaci potrà essere fatta quando saranno acccertate responsabilità su depistaggi che certamente ci furono». <p>
<b>Si riferisce a scheggge impazzite dei Servizi che per esempio si mossero avvisando chi di dovere dell'arrivo a Palermo dell'aereo di Falcone? </b> <p>
«Guardi, non è che si può andare a sensazioni personali, ma quel che certo è che c'è una responsabilità dell'allora questore di Palermo La Barbera. A questo punto i predecessori dei giudici di Caltanissetta diciassette anni fa, o hanno preso un abbaglio colossale oppure peggio». <p>
<b>Vale a dire? </b> <p>
«L'unica cosa possibile, il dolo. Ma questo sarà l'inchiesta ad accertarlo, ci auguriamo».
<p>
<b>Insisto sulle responsabilità dello Stato. Cosa ha pesato di più su via D'Amelio secondo lei? </b> <p>
«Guardi la cosa più clamorosa è, a mio avviso, che all'indomani di via D'Amelio siano stati impostati processi e processi basati sulla testimonianza di uno, risultato poi estraneo: Tarantino. La domanda fondamentale è perchè mai un uomo che non ha nessun ruolo, si autoaccusa di una strage rimanendo in carcere dal '93 al 2008?<p>
<b>E lei da ex ministro della giustizia che risposta si dà?</b> <p>
«Non ho personalmente una risposta se non quella ovvia che doveva avere qualcosa in cambio. Ma tocca a Caltanissettta fare finalmente chiarezza» <p>
<b>Resta che il ruolo dei pentiti continua a produrre polemiche sulla loro attendibilità.
</b> <p>
«Ma questo dipende sempre dalla deontologia del giudice. Falcone ammoniva a non avere un "rapporto intimistico" con i pentiti, a non farsi scoprire le carte». <br>
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HXP79">Il Mattino - Fabio Scandone </a>Antonio DI PIETRO: «Anche i movimenti si scusino» - INTERVISTA2012-07-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647274Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
«In piazza a Genova c'erano alcuni criminali». Da ministro si è opposto alla commissione di inchiesta. Oggi difende quella scelta: «Giustizia è fatta, chi ha sbagliato paghi». E De Gennaro? «Ogni evento ha la sua storia».
<p>Antonio Di Pietro, leader dell'Idv: «In piazza a Genova c'erano alcuni criminali» Da ministro si è opposto alla commissione di inchiesta. Oggi difende quella scelta: «Giustizia è fatta, chi ha sbagliato paghi». E De Gennaro? «Ogni evento ha la sua storia»
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Forse non è il miglior corredo alla "foto di Vasto", ma sulla giustizia - e in particolare sui fatti di Genova 2001 - l'onorevole Antonio di Pietro, leader dell'Idv, dà degli ottimi spunti di discussione. Specialmente per la sinistra.
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<b>Onorevole, a pagare il tributo della spending review saranno anche i tribunali, le procure e perfino quel che ne rimane del personale penitenziario, cosa ne pensa?</b>
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Sulla necessità di una rivisitazione della spesa pubblica siamo tutti d'accordo ma il problema di fondo è che togliere soldi alla giustizia, al sociale o alla cultura è un po' come rubare al buon samaritano. Ci sono settori che devono essere implementati in termini di risorse economiche e semmai bisogna intervenire per far funzionare meglio la macchina, altro che tagliare. Togliere il tribunale a Lamezia Terme o a Castrovillari - dove vorrebbero chiudere il tribunale appena costruito, costato 15 milioni di euro e che sarà inaugurato la prossima settimana - è un non-senso.
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<b>Monti spiega che per riformare occorre tempo, ora servono soldi cash, subito.</b>
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Subito subito si possono fare 150 milioni rinunciando alla cosiddetta legge Mancia. Qualche miliardo ritirando le truppe in Afghanistan e risolvendo tutti i contratti di approvvigionamento del materiale bellico. Piuttosto che agli esodati, i soldi li prenderei agli scudati fiscali; eliminiamo il finanziamento pubblico ai partiti, oppure riduciamo il numero di parlamentari. C'è una sfilza lunga un chilometro di tagli da fare ma si preferisce toccare le fasce più deboli. Il governo Monti ha l'aggravante di sapere quello che fa: scientemente e coscientemente sceglie di fare l'interesse di pochi e danneggiare molti. Ma come si fa a pensare di tagliare sul personale penitenziario? Più tagliano gli agenti, più devono stare chiusi in gabbia quelli che stanno in galera. Così, fai un danno anche alla funzione risocializzante del carcere.
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<b>Allora è d'accordo con l'associazione Antigone e con la Fp-Cgil che chiedono al ministro Severino di preparare una conferenza nazionale sull'esecuzione della pena per ridiscutere un percorso di rinascita del sistema penitenziario?</b>
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Personalmente credo che non dobbiamo continuare a illudere i detenuti con altre amnistie o condoni....
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<b>Contrarissimo all'amnistia, immagino.</b>
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Assolutamente contrario, perché - punto primo - le persone non devono delinquere. Secondo, se delinquono devono essere inseriti in un percorso di pena e di risocializzazione in modo che quando escono sono in grado di trovarsi un lavoro e cambiare vita. L'amnistia mette fuori buoni e cattivi indistintamente, non serve né ai detenuti né alla società.
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<b>Sarà un dettaglio, però la prevede la Costituzione.</b>
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La Costituzione la prevede una volta ogni tanto, invece noi da 60 anni non facciamo altro, solo condoni e nient'altro, per i detenuti. Invece il carcere serve a rieducare il carcerato: se uno entra una, due, quattro volte in carcere, alla fine dovrà pure capire che ha sbagliato. E se non vogliono cambiare, allora meglio tenerli in carcere.
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<b>Non per replicare, ma quasi il 50% delle persone in carcere sono in attesa di giudizio.</b>
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Ma questa non è una buona ragione per metterli fuori con l'amnistia, meglio fare il giudizio subito, meglio pensare a una tempistica e a una procedura confacente alle necessità. L'amnistia è una sconfitta dello Stato.
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<b>È favorevole all'introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale?</b>
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Non ci dovrebbe neanche essere bisogno di una legge per vietare la tortura. Già oggi esistono fattispecie di reati con cui tecnicamente è possibile punire una persona che tortura. Ciò nonostante se si vuole introdurre il reato, io sono d'accordo....
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<b>Più che volere, ce lo impone la convenzione Onu che l'Italia ha deciso di ratificare vent'anni fa.</b>
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Le sto dicendo che già oggi esistono reati che vengono utilizzati dal magistrato in via interpretativa per coprire quello che la Convenzione prevede. Ciò nonostante sono favorevole a prevedere una fattispecie tipizzante della tortura, sia fisica che psichica.
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<b>A proposito di tortura, lei e l'Idv siete sempre stati contrari a una commissione parlamentare sui fatti del G8 di Genova...</b>
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Ho sempre sostenuto e sostengo ancora oggi che bene abbiamo fatto lasciar fare alla magistratura, ché solo la giustizia poteva accertare la verità. Oggi, a carte scoperte e a provvedimenti definitivi, abbiamo la prova provata di come si sono svolti i fatti. Se ci fosse stata una commissione parlamentare ci sarebbe stata una relazione di maggioranza e una di minoranza, in parlamento ci sarebbe stato chi si schierava da una parte e chi dall'altra, per partito preso e non su accertamento dei fatti. Oggi carta canta, e tutti devono abbassare il capo e chiedere scusa.
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<b>Manganelli lo ha fatto, l'allora capo della polizia, De Gennaro, no.</b>
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Le scuse le devono chiedere in tanti, per i fatti commessi dalla polizia. Come le devono chiedere in tanti, per i fatti commessi dai manifestanti. A Genova sono successe tante cose, le une non giustificano le altre. Troppo facile dire che ora solo la polizia deve chiedere scusa. Ogni fatto va giudicato per sé, ma non permetterò mai di dire che siccome i poliziotti hanno fatto quello che hanno fatto, si giustifica quello che è successo il giorno prima. Capisco che voi siete il manifesto... ma non facciamo un santo dei manifestanti.
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<b>Mette le due cose sullo stesso piano?</b>
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Non metto le cose sullo stesso piano ma sono stati commessi crimini da entrambi i lati.
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<b>Ma la polizia non dovrebbe essere superiore a tutto? Anche in carcere ci sono dei criminali, questo non vuol dire che vanno torturati.</b>
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Non sto dicendo questo (la voce si altera e l'onorevole Di Pietro appare un po' arrabbiato, ndr) solo che ho tutto il rispetto che ci vuole per Caino ma se permettete penso anche ad Abele...Sui fatti di Genova bisogna capire che ogni evento ha la sua storia.
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<b>E oggi, si opporrebbe ancora a una commissione parlamentare?</b>
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Oggi? Che ci si deve fare oggi con una commissione? C'è una sentenza penale passata in giudicato che stabilisce anche la responsabilità civile e morale dello Stato. Si rischierebbe di rimettere in discussione - per giunta affidando ad un organismo di parte che rappresenta la maggioranza politica del momento - la verità processuale. Mi sembra una cosa da masochisti: servirebbe solo a ridare la possibilità a quelli che già sono stati condannati dalla magistratura di riscrivere una pagina diversa di quella storia.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HJWQP">il Manifesto - Eleonora Martini</a>Carla Rey: "Opportunità dal carcere"2012-04-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626812Alla data della dichiarazione: Assessore Comune Venezia (VE) (Partito: PD) <br/><br/><br />
"Le realtà produttive carcerarie, sono un valore aggiunto per il nostro territorio in quanto svolgono una funzione sociale importante per i detenuti, dando loro la dignità attraverso il lavoro e garantendo una professionalità e un'occupazione futura e, allo stesso tempo, rappresentano un'importante attività artigianale veneziana".
<p>"Vengono realizzati borse con materiale riciclato, vestiti, prodotti di pelletteria, magliette di pregio, una linea di cosmesi ricavata da coltivazioni naturali locali, ma anche una lavanderia industriale dotata di un impianto di riciclaggio, in grado di abbattere gli inquinanti che sversano in Laguna. Sono produzioni che ben si sposano con l'idea di urbanità sostenibile, qualità della vita e difesa dell'ambiente. Concetti forti che si stanno diffondendo in tutta Europa, soprattutto tra le pubbliche Amministrazioni, che oggi più che mai sono chiamate a dare servizi pubblici efficienti."<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/54542/UT/systemPrint">Uff. Stampa - Comune di Venezia</a>Furio COLOMBO: CIE. «Gabbie e squallore, senza pietà né diritto» 2012-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625952Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Li dentro finiscono molti che non hanno commesso reati».
<p>Si apre un immenso cancello scorrevole. Al di là c’è un soldato che verifica e trattiene i documenti. Noi siamo deputati o politici (l’iniziativa è del giovane segretario del partito radicale, Mario Staderini, e dell’onorevole Rita Bernardini) e questo determina una curiosa estraneità, come una differenza di mondi. Passano veicoli militari lungo la striscia d’asfalto che separa il grande cancello dagli edifici in cui stiamo per entrare e che – da fuori, da lontano – sono lastroni di cemento senza aperture.
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Qui, alle porte di Roma, a Ponte Galeria, un contenitore di cemento e metallo, grande e ben sigillato, è stato preparato per chi viene catturato nel perverso gioco dei clandestini. Gente che vive e lavora in Italia dopo essere sfuggita ala morte di guerra e alla traversata del mare, viene fermata mentre porta i bambini a scuola o commette l’imprudenza di andare in ospedale, viene “catturata” mentre va o viene dal lavoro. E – come in quei Paesi estranei alla democrazia – i catturati sono portati in grandi gabbie a cielo aperto, che cedono il passo a piccole stanze gelide con dodici o quindici letti.
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Qui un essere umano costa alla Repubblica italiana 47 euro al giorno, quasi solo per piatti precotti con giorni di anticipo e che tutti – uomini e donne, ucraini e africani – descrivono come immangiabili, un bel vantaggio per chi (chissà con quali regole) ha vinto l’appalto. La nostra visita non porta pace. I detenuti parlano con affanno. Si capisce subito che non incontrano mai nessuno, che il giudice di pace, quando viene, non può che certificare che “mancano i documenti” e che “gli avvocati d’ufficio” scompaiono subito, dopo la prima formalità di un finto processo.
Molti, detenuti qui, non hanno mai commesso alcun reato. Lavoravano legalmente in Italia. Qui – in un centro detto di “identificazione” – ci sono anche persone portate nelle gabbie dopo aver scontato anni nelle prigioni italiane, dunque dettagliatamente identificate per il processo e la detenzione.
<p>L’emozione è difficile da controllare, anche se l’uomo che hanno portato via mentre tornava a casa, dopo il lavoro nella piccola impresa di cui è titolare, per cenare con moglie e figli e raccontare la giornata e sentire le storie di casa, non può far finta di non piangere. Quanto agli ex detenuti, essi sono vittime di una doppia illegalità: fingere di non sapere chi sono e ammanettarli senza alcun provvedimento di un giudice.
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I detenuti aspettano nel vuoto del tempo e nello squallore dei posto, dove nessuno ti difende, nessuno ti ascolta, nessuno ti cura. Ho già detto – e vorrei ripeterlo – che due medici della Croce rossa (uno nero, uno bianco, il dottor Amos Dawodu è il responsabile) provvedono da soli e senza mezzi, come nell’avamposto assediato di una guerra. Le Asl del Lazio di questi malati non ne vogliono sapere. Non ci sono nomi o numeri di telefono per cercare l’aiuto di un avvocato.
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Ho già detto – e ripeto – che l’80 per cento di donne e uomini portati nelle gabbie di Ponte Galeria non ha commesso alcun reato, non è accusato di nulla. La detenzione illegale di cui è colpevole lo Stato italiano durava fino a sei mesi. Poi, nel 2010, il ministro leghista Maroni l’ha portata a un anno e mezzo. «Per ragioni di sicurezza», ha detto. Il momento più temuto è quando due agenti ti affiancano e ti portano all’aeroporto per farti salire insieme a loro su un velivolo diretto in un luogo che il più delle volte i deportati non conoscono perché tutto ciò che hanno, dai figli al lavoro, è in Italia. Una legge detta “pacchetto sicurezza”, che tratta tutti gli immigrati come criminali, li deporta dal Paese che hanno arricchito con il loro lavoro, fuori dalla Costituzione italiana, lontano da ogni riferimento alla Carta dei diritti dell’uomo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1CH27W">Famiglia Cristiana</a>