Openpolis - Argomento: diritti umanihttps://www.openpolis.it/2016-03-07T00:00:00ZMaurizio TURCO: Continua la lotta per l’universalità dello Stato di diritto 2016-03-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it768959<br />
La campagna per la transizione verso l’universalità dello Stato di diritto democratico federalista laico, dei diritti umani e del diritto alla conoscenza è arrivata ad un punto di svolta, non definitivo ma importante. Il 23 marzo presso la sede della SIOI ci sarà una manifestazione nel corso della quale saranno presentati gli atti del convegno internazionale, curati da Matteo Angioli, che abbiamo tenuto il 25 luglio presso il Senato con la partecipazione del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Presso la SIOI interverranno tra gli altri gli ex Ministri degli Esteri Franco Frattini e Giulio Maria Terzi di Sant’Agata che si è molto speso per questa campagna.
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Questa occasione servirà anche alla preparazione dell’iniziativa del Governo italiano per presentare la campagna presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, intorno al 20 aprile, insieme ad altri paesi che stiamo cercando di coinvolgere.
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E’ inutile dire dell’importanza, della necessità e dell’urgenza di questa campagna: basta aprire un giornale, ascoltare la radio, vedere la televisione. Il mondo è in fiamme, non da oggi. Lo sterminio per fame, sete e guerre nel mondo divampa ovunque. Le cause sono diverse ma non va dimenticato quello che disse nel 1979 Marco Pannella quando decise di impegnarsi nella lotta contro l’olocausto per fame: milioni di uomini donne e bambine “vittime del disordine politico ed economico internazionale”. Quel disordine continua a macinare milioni di morti, far sopravvivere milioni di disperati, mettere in cammino milioni di sfollati.
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A fronte di questo nuovo, grande olocausto è necessario agire e farlo subito.
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Di soluzioni e ricette in giro per il mondo ve ne sono a bizzeffe. E anche di imbroglioni. Dalla Francia, il paese dei diritti umani, un governo (socialista!?, del partito socialista europeo!?, dell’internazionale socialista!?), sostiene che lo stato di eccezione, lo stato di emergenza è lo stato di diritto. Così insultando anche il buonsenso.
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Contro anche questo ultimo tentativo di mistificare quanto accade noi continuiamo a lottare per tenere alta la bandiera dello Stato di Diritto perché non sia contrabbandato con Stato di Guerra.
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E’ evidente che non siamo catastrofisti (o non saremo più considerati tali solo se quel che è accaduto a Parigi accadrà anche in Italia?) quando non si sa più quanti a decine, centinaia di migliaia sono morti e moriranno nei più oscuri angoli del mondo per cause non naturali.
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Non è con le cataste dei morti che si potrà costruire una società ed un mondo migliore. Ancora una volta è profondamente vero che i mezzi prefigurano i fini. E noi prefiguriamo i nostri fini proprio a partire dai nostri mezzi e con i nostri comportamenti.
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Dal 1° novembre 2015 il Partito radicale ha sospeso le uscite di qualsiasi ordine e natura e siamo impegnati a ridurre il debito cumulato per riprendere al più presto e con più forza le lotte radicali. Ancora una volta non ci preme salvare il partito ma le speranze e le ragioni radicali. Lo stiamo facendo, in pochi, sono poco meno di 500 gli iscritti al Partito e in questo momento ci sono ancora 350 mila euro di debiti nei confronti di persone fisiche, collaboratori e fornitori.
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Essendo in pochi è dura. Ma siamo certi che chi il Partito radicale l’ha vissuto come lo si è vissuto in questi decenni non potrà non rilevare che, ancora una volta, siamo i soli (vorrei sia chiaro: i soli) a privilegiare le convinzioni sulle convenienze; gli interessi del paese su quelli del Partito.
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Siamo in pochi e comunque più dei tre confinati a Ventotene che nel pieno della furia nazionalsocialista e fascista scrissero il Manifesto per gli Stati Uniti d’Europa. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni e fuori pochi altri a diffonderlo clandestinamente.
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Oggi il contesto è molto peggiore, siamo confinati tra i confinati, tra coloro che non hanno diritti perché gli sono negati o violati. In un gioco al “si salvi chi può” in cui nessuno vince, al massimo briciole e miserie. Quasi che la lotta per lo stato di diritto la democrazia, il federalismo, la laicità sono, come lo erano considerati un tempo i diritti civili, espressione di vizi piccolo borghesi: la gente ha fame urlavano i politici che si consideravano perbene, ed erano gli anni del boom economico che sarebbero sfociati, per loro colpa grave, nell’ormai noto e paralizzante debito pubblico.
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Siamo consapevoli che la partita è enorme, lo sconforto potrebbe prendere con ragione il sopravvento a fronte di quello che ci circonda, eppure siamo ancora convinti che “se le donne e gli uomini, se le genti sapranno, se saranno informati, noi non dubitiamo che il futuro potrà essere diverso da quello che incombe e sembra segnato per tutti e nel mondo intero. Ma solo in questo caso.” Sono le parole con le quali si concludeva il Manifesto Appello del 1981 scritto da Marco Pannella e firmato da oltre 113 premi Nobel. Quel Manifesto è tutt’ora attuale e insieme al Preambolo allo Statuto del Partito radicale è la Costituzione politica di una alterità nel mondo della politica che rivendichiamo.
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Il 20 febbraio di dieci anni fa moriva Luca Coscioni: un radicale è buono solo da morto, affermò Marco Pannella dinnanzi al profluvio di aggettivi superlativi che sprecarono coloro che in vita lo avevano censurato, deriso, ostracizzato.
La lotta continua non è che l’inizio, continua a ripeterci Marco; e la lotta è sempre la stessa, la lotta per lo Stato di diritto democratico federalista laico i diritti umani e per il diritto alla conoscenza, da sempre e da prima di noi che ci siamo ancora e per coloro che verranno. Certo Altiero, Ernesto ed Eugenio e ancora Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo, Benedetto Croce, Antonio De Viti De Marco per citarne alcuni, solo italiani, non solo radicali, e tutti coloro che hanno portato un granello di sabbia per costruire il futuro auspicato ancora una volta da una messe di Premi Nobel.
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Siamo ancora qui, renitenti al potere, in mezzo a mille difficoltà politiche e personali, siamo in pochi, in questo momento esattamente 495. Con tutto quello che ci circonda e di tutto quello che riteniamo ci sia necessità: un soffio, un granello. E al granello che ognuno di noi è e di coloro che vorrà essere un grande grazie, a chi per la prima volta si è iscritto ieri o lo farà domani, a chi imperterrito lo fa da sempre.
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it">http://www.radicalparty.org/it</a>Sergio D'ELIA: L'Associazione Nessuno Tocchi Caino premia Papa Francesco2015-05-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it758732<br />
Ogni anno Nessuno tocchi Caino assegna il Premio “Abolizionista dell'anno” alla personalità che, più di ogni altra, si è distinta per l’impegno a favore dell’abolizione della pena di morte e dei trattamenti disumani e degradanti. Quest'anno la scelta è andata su Papa Francesco: le ragioni di questa decisione risiedono nel fatto che Bergoglio, il cui Pontificato è stato inaugurato dall’abolizione dell’ergastolo e dall’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento dello Stato del Vaticano, si è pronunciato in modo forte e chiaro non solo contro la pena di morte, ma
anche contro la morte per pena e la pena fino alla morte.
<p>Lo ha fatto con la “lezione magistrale” di straordinario valore umanistico, politico e giuridico, rivolta ai delegati dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, il 23 ottobre
2014, quando ha definito l’ergastolo “una pena di morte nascosta”, che dovrebbe essere abolita insieme alla pena capitale e ha considerato l’isolamento nelle cosiddette “prigioni di massima sicurezza” come “una forma di tortura”.
<p>Quando, nel 1993, fondammo la nostra Associazione, ispirati dal passo della Genesi nel quale è scritto “Il Signore pose su Caino un segno perché non lo colpisse chiunque lo avesse incontrato”, si decise di denominarla “Nessuno tocchi Caino”, proprio per affermare il valore, non solo della vita, ma anche della dignità della persona nella sua integralità. Con il conferimento del Premio, Nessuno tocchi Caino riconosce al Santo Padre il valore prodigioso delle sue parole, sulle quali intende impegnarsi per tradurle in iniziative concrete verso il superamento definitivo di punizioni e trattamenti anacronistici, sempre più necessarie e urgenti se si considera il contesto attuale della pena capitale nel mondo di cui le recenti esecuzioni in Indonesia sono l’ultimo aberrante esempio di uno Stato che diventa Caino.
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<b>5 maggio |</b> <b><a href="http://www.radicalparty.org/it/pdf/stampa/5165630">Gli auguri di Valter Vecellio per gli 85 anni del “matto” Pannella</a></b>.
<p><br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/pdf/stampa/5165632">www.radicalparty.org</a>Sergio D'ELIA: Caso Lo Porto. Un'altra ragione per diffidare dall'uso dei droni armati2015-04-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it758354<br />
Non si può considerare la morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto,
rimasto vittima lo scorso gennaio, insieme ad altri due cittadini americani - un ostaggio, come Lo Porto e l’altro leader di Al Qaeda - di un drone CIA, come mero effetto collaterale e inevitabile di una causa giusta.
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Né si può accettare che, nel nome della guerra mondiale al terrorismo, il Presidente di una democrazia tra le più antiche al mondo possa, per decreto, dichiarare qualcuno colpevole al termine di un processo segreto anche per il
solo sospetto che abbia l’intenzione di commettere in futuro un crimine. In questo modo, i cittadini americani all’estero possono essere uccisi per il mero sospetto di attività anti-americane, quando invece in patria
avrebbero diritto ad un processo con tutte le garanzie possibili, anche quelle previste dal sistema arcaico della pena capitale.
<p>Diffidiamo dunque dall’uso dei droni armati perché come ogni altra arma, oltre che alla legge interna, i droni dovrebbero sottostare al diritto internazionale, inclusa la legge umanitaria internazionale, che ne regolamenti l'uso.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/en/pdf/stampa/5165601">http://www.radicalparty.org</a>Rita BERNARDINI: Perché continua il mio sciopero della fame - 35° giorno -2015-04-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it757987<br />
Giorno dopo giorno aumentano (purtroppo) le ragioni del mio sciopero della fame, giunto al 35° giorno. Ad esse si aggiunge l'ennesima sentenza della CEDU che condanna l'Italia per tortura per quanto accaduto nel blitz delle forze dell'ordine alla scuola Diaz nel 2001 e per la mancanza di un quadro normativo sul reato di tortura.
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Inoltre, grazie alla rete di Ristretti Orizzonti sono venuta a conoscenza dell’ennesimo
suicidio in carcere, il 14° nel 2015, stavolta a Piacenza. Una mattanza che non accenna a
diminuire a causa delle condizioni inumane e degradanti di buona parte delle nostre prigioni.
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A questa tragedia umana, si aggiunge la notizia dello smantellamento dell’Alta Sicurezza del carcere Due Palazzi di Padova, uno dei pochi che funziona dal punto di vista del recupero sociale e civile dei detenuti. Lo smembramento dell’AS significa che decine di detenuti che lavorano acquisendo una professionalità o che studiano con profitto (alcuni dei quali sono universitari), verranno presi come pacchi e condotti in altri istituti perdendo così ogni speranza di futuro
reinserimento e/o di recupero.
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Dal DAP, che conferma la notizia, mi si dice che l’operazione sarà fatta con la massima attenzione, che molti detenuti verranno de-classificati e che quindi rimarranno a Padova, che quelli che
lavorano non saranno spostati e che, nel caso siano commessi errori, questi verranno
successivamente rimediati.
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Fatto sta che c’è il forte rischio che il comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione - secondo il
quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” – diviene sempre più fantomatico, carta straccia nemmeno
riciclabile che umilia lo Stato di diritto.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/pdf/stampa/5165545">www.radicalparty.org</a>DELIA MURER: Testamento biologico. La soluzione è un diritto.2014-03-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718071Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Art.1-MDP-LeU) <br/><br/><br />
Si riapre, finalmente, il dibattito sul trattamento di fine vita. Un messaggio inviato dal presidente della Repubblica all’<b><a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/">Associazione Luca Coscioni</a></b> rimette al centro dell’agenda politica la necessità di affrontare un tema cruciale.
<p> ”Il Parlamento – ha detto il Presidente della Repubblica - non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia”.
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<p>Negli stessi giorni, a Venezia, è stata firmata la convenzione tra il Comune e il Consiglio Notarile per l’istituzione del “Registro delle Dichiarazione anticipate di trattamento”. Con questo atto, i cittadini residenti e domiciliati in laguna hanno la possibilità di esprimere la propria volontà sui trattamenti sanitari che vogliono o non vogliono accettare nel momento in cui non saranno più in grado di esprimere direttamente la loro volontà. Il tema, in effetti, è questo, e non – come è stato forzatamente proposto – l’eutanasia. Il punto centrale della vicenda è consentire ad una persona di decidere come essere accompagnato alla fine della propria esistenza, soprattutto quando non è nelle condizioni di esprimere direttamente la sua scelta. Una questione che, in effetti, presenta mille sfumature, e che è stata affrontata a lungo in Parlamento nella scorsa legislatura, senza che, però, si arrivasse ad alcuna determinazione.
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La discussione fu pesantemente condizionata da uno scontro ideologico: si aprì all’indomani della controversa vicenda di Eluana Englaro e si è sviluppata, per buona parte, con una radicalizzazione delle posizioni, nonostante i tentativi di trovare punti equilibrati di mediazione tra le parti. Con l’avvio della nuova legislatura il tema è stato accantonato ma, oggi, con l’appello del Presidente della Repubblica, e con le iniziative di alcuni territori, torna al centro della discussione. Personalmente mi sono fatta promotrice, lo scorso anno, di una Proposta di legge sulla Dichiarazione anticipata di trattamento, nella convinzione che il tema meritasse di essere ripresentato, anche se in termini tutti nuovi. La mia proposta, che spero possa essere una base di discussione, ispira al criterio del cosiddetto “diritto mite”. Poche formulazioni, una regolamentazione leggera, non invasiva, per individuare una possibilità e lasciare la scelta quanto più libera possibile.
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La mia proposta di legge si compone di un solo articolo e due commi e riconosce il diritto della persona al rifiuto, alla rinuncia, all’interruzione dei trattamenti sanitari. Il cittadino può farlo con una dichiarazione anticipata, che si è tenuti a rispettare, nell’ambito di un ruolo comunque importante per il fiduciario e il medico personale. Quella della non invasività della legge, in una sfera che è strettamente personale, mi sembra la strada più adeguata. Direi, più laica, rispetto ad un tema enorme come la fine della propria esistenza. Riconoscere ad una persona il diritto di rifiutare, di rinunciare o di interrompere un trattamento sanitario; riconoscerglielo finché è cosciente, e può esprimerlo di persona, e riconoscerglielo se decidesse di depositare prima la sua volontà, individuando un fiduciario. In questa direzione si pronunciò, tempo fa, anche il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. In un documento scrisse che sulla materia «il legislatore dovrà intervenire formulando 'un diritto mite' che si limiti cioè a definire la cornice di legittimità giuridica sulla base dei diritti della persona costituzionalmente protetti, senza invadere l'autonomia del paziente e quella del medico prefigurando tipologie di trattamenti disponibili e non disponibilità nella relazione di cura». E’ in sostanza il dettato dell'articolo 32 della Costituzione, che riconosce a tutti una facoltà assoluta, quella di dire no a un trattamento che non si intende ricevere, riconoscendo il diritto di farlo anche depositando per tempo una dichiarazione anticipata.
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Nel nostro Paese è sicuramente necessaria una legge che dia la possibilità a tutti di decidere. Ma è utile che lo faccia senza innalzare paletti, imporre dogmi o verità unilaterali. Una legge che parta dalla tutela della salute del malato e riconosca il diritto alla scelta, tenendo conto che la laicità non è mai conflitto di valori ma convivenza, rispetto per tutte le convinzioni.
Speriamo che questa volta si riesca a fare un dibattito più sereno, equilibrato e costruttivo.
<br /><br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it/articoli-e-interventi/656-biotestamento-la-soluzione-e-un-diritto-mite.html?tmpl=component&print=1&layout=default&page=">www.deliamurer.it</a>CARLO BORGHETTI: Berlusconi come Tymoshenko. Borghetti: Una sciocchezza, la Santanchè non confonda giustizia con palese violazione dei diritti umani2013-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it709833Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Lombardia (Gruppo: PD) <br/><br/>Carlo <b>Borghetti</b>, Consigliere Regionale PD della Lombardia, ha criticato il paragone tra Berlusconi e la leader dell'opposizione democratica ucraina, Yulia Tymoshenko, che Daniela Santanchè ha evocato oggi per presentare il leader del PDL come un martire della democrazia.
<b>Borghetti</b> aveva presentato lo scorso anno una interrogazione all'allora Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ora senatore PDL, per sollecitare un suo intervento pro Tymoshenko, ma l'interrogazione rimase senza alcuna risposta.
"Berlusconi non sarà mai rinchiuso in una cella umida durante un inverno rigido senza le cure mediche di cui ha bisogno, non sarà percosso dalla polizia penitenziaria, né sarà spiato giorno e notte in prigione, come inviece accade alla Tymoshenko in Ucraina -ha dichiarato <b>Borghetti</b>- la Santanchè, che nulla ha fatto per invitare le Autorità ucraine a liberare la Leader dell'Opposizione ucraina, dovrebbe conoscere meglio la situazione di cui parla, ed evitare paragoni poco opportuni. Non bisogna confondere una questione di giustizia, come la condanna a Berlusconi, con una palese violazione dei diritti umani, come l'arresto politico della leader del dissenso democratico ucraino".<br/>fonte: <a href="http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=17465">Area Dem</a>DELIA MURER: Violenza di genere, ora i servizi2013-06-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it689895Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Art.1-MDP-LeU) <br/><br/><br />
Una mozione unitaria per chiedere al Governo impegni precisi sul tema della violenza di genere. E’ stata approvata l’altro giorno alla Camera dei deputati, dopo che le mozioni dei singoli partiti sono state ritirate per tentare una convergenza su un documento unico.
<p>“La volontà della Camera – dice la deputata Pd, una delle firmatarie della mozione – si è espressa in modo univoco. Dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, e la contestuale approvazione di un mio Ordine del giorno, bisogna passare subito ad azioni concrete. Innanzitutto va rifinanziato il Fondo per il contrasto alla violenza, in modo da dare continuità e stabilità economica a sportelli e centri sul territorio. Poi va strutturato un Programma organico e complessivo che tenga dentro iniziative di tutela e prevenzione, con servizi organizzati sul territorio”.
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<b>Ecco il testo integrale della mozione approvata.</b>
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La Camera,
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premesso che:
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a seguito di un partecipato ed approfondito dibattito parlamentare, il 28 maggio 2013, la Camera dei deputati con voto favorevole dei presenti, espresso all'unanimità, ha approvato il progetto di legge parlamentare recante ratifica della «Convenzione del Consiglio d'Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica» (Convenzione del Consiglio d'Europa fatta ad Istanbul l'11 maggio 2011);
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nel corso del dibattito parlamentare sono stati approvati dal Governo ordini del giorno volti ad adottare, in tempi brevi, misure legislative e di altro tipo, necessarie ad attuare quanto previsto nella Convenzione di Istanbul;
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la Convenzione di Istanbul elenca tra le varie gravi forme di violenza, la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze ed il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi,
impegna il Governo:
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ad adottare, sostenere ed accelerare ogni iniziativa normativa, nazionale ed internazionale, volta a recepire nell'ordinamento interno, con i necessari passaggi parlamentari e in coordinamento con le forme di protezione internazionale già recepite per effetto di altri trattati e atti comunitari, quanto contenuto nella Convenzione d'Istanbul nel rispetto dello spirito della stessa, che si fonda sulle linee guida necessarie ad un'efficace lotta alla violenza contro le donne, ovvero prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio e integrazione delle singole politiche;
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ad adottare, altresì, tutte le misure di carattere amministrativo idonee a promuovere una cultura che renda effettivo il pieno riconoscimento dei diritti umani delle donne, la loro dignità, libertà ed uguaglianza;
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a promuovere, in questo quadro, ogni azione di contrasto a persecuzioni, sfruttamento, violenza contro le donne, le bambine e i bambini e contro il femminicidio;
a predisporre e attuare un nuovo Piano nazionale contro la violenza, le molestie, gli atti persecutori, i maltrattamenti sulle donne, fondato sulla prevenzione, protezione e certezza della pena;
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ad istituire in tempi rapidi un Osservatorio permanente nazionale nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza, provenienti dai vari Ministeri coinvolti, dall'Istat, dai centri antiviolenza e da istituzioni pubbliche e private;
ad introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici progetti e corsi di educazione all'affettività e alle relazioni nonché a promuovere e sostenere, nelle università, studi di genere, con risorse adeguate;
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a favorire una corretta formazione di operatori sanitari, sociali, del diritto, dell'informazione e delle forze dell'ordine al fine di assicurare alla vittima aiuto e supporto adeguati;
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a promuovere campagne di sensibilizzazione, numeri verdi, numeri di pubblica utilità in diverse lingue;
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ad adottare le opportune iniziative volte a promuovere, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni di radio e televisione, nei nuovi media, anche attraverso metodologie di autoregolamentazione, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere o femminicidio;
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a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, prevedendo un'organica risposta a livello territoriale, che coinvolga associazioni, centri antiviolenza, reti, movimenti ed istituzioni al fine di rendere omogenee l'assistenza e la protezione delle donne e dei loro figli, anche mediante la destinazione di immobili o porzioni di immobili pubblici in tutto o in parte inutilizzati;
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a favorire, in questo quadro, la collaborazione e la cooperazione tra i soggetti pubblici e privati (pronto soccorso, sportelli, forze dell'ordine, associazioni, servizi sociali e comunali, uffici giudiziari) e promuovere, su tutto il territorio nazionale in accordo con la Conferenza Stato-regioni, un sistema pubblico integrato di servizi, che assicuri anche la presenza di mediatori culturali a tutela delle donne di altri paesi;
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a riconsiderare e rivisitare la legislazione vigente – anche attraverso la disposizione di apposite indagini conoscitive – in particolare per il femminicidio, al fine di individuare idonei strumenti di protezione e assistenza delle vittime e condizioni di procedibilità dei reati, garantendo celerità nei processi ed effettività della pena;
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ad individuare un'assistenza specifica per i minori, che siano state vittime, dirette o indirette dei fenomeni di persecuzione e di violenza;
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a ripristinare ed implementare il fondo a sostegno del Piano nazionale di azione contro la violenza sulle donne in ogni forma ed espressione;
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a presentare alle Camere annualmente una relazione sullo stato di attuazione del nuovo Piano nazionale antiviolenza, delle normative e dei dati elaborati dall'Osservatorio.
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(1-00067) «Speranza, Binetti, Brunetta, Locatelli, Migliore, Mucci, Rondini, Giorgia Meloni, Blazina, Malisani, Capelli, Tabacci».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=6%3Ainterrogazioni-interpellanze-mozioni&id=544%3Aviolenza-di-genere-ora-i-servizi&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">www.deliamurer.it</a>Francesco Papa: S. Maria del Cedro, Statale pericolosa, sanità difficile2013-02-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685431Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Grisolia (CS) (Lista di elezione: Cen-sin) <br/><br/>SANTA MARIA DEL CEDRO – 5 feb. - «È caduta nel vuoto la vicenda di Daniel, ventiquattrenne di nazionalità romena che venerdì scorso mentre pedalava sulla sua bicicletta lungo la statale 18 ha urtato una tabella pubblicitaria ed è stato sottoposto ad una delicata operazione chirurgica». Francesco Papa, consigliere comunale di Grisolia apre il dibattito sulla sicurezza stradale e sull'unica arteria di collegamento fra i vari paesi della riviera. «L’incidente poteva essere un’importante occasione di riflessione su due temi fondamentali: la sicurezza stradale e la sanità.
Invece, forse perché in questi giorni si è troppo occupati a seguire i venti della politica nazionale, la brutta avventura di Daniel è rimasta un incidente come tanti, senza spunti di ragionamento». Per Francesco Papa le strade non sono sicure e non solo per le condizioni dell’asfalto. La Statale: «E' pensata esclusivamente per gli automezzi, nessuna area è dedicata a mezzi di locomozione alternativi come le biciclette, eppure chi viaggia quotidianamente su di essa avrà notato come i ciclisti, sia quelli che usano la bicicletta in ottica sportiva sia quelli che la usano come unico mezzo di trasporto, negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente, questo per vari motivi, ma ciò che solo i ciclisti possono notare è proprio l’inadeguatezza della nostra statale per l’uso delle biciclette.
Avere piste ciclabili parallele alla SS18 non è soltanto un’esigenza dei ciclisti della zona, ma è soprattutto un segno di civiltà e di sviluppo, se pensassimo che due delle regioni italiane a maggiore vocazione turistica (l’Emilia-Romagna e il Trentino) puntano sulle piste ciclabili come a qualità insostituibili per la loro offerta turistica ci ritroveremmo davanti a tutta la nostra incapacità di trasformare il territorio in risorse. I ciclisti che percorrono la nostra statale anziché le piste ciclabili si trovano davanti a buche da evitare, a slalom attraverso le auto parcheggiate selvaggiamente, a cartelloni pubblicitari che sbucano dal ciglio della strada, ad automobilisti che hanno troppa fretta e poco rispetto per loro. La politica deve dare risposte anche in questo. Poi – aggiunge Papa - c’è la questione sanità, anche un incidente banale può diventare assai pericoloso se non si interviene tempestivamente, il ragazzo è stato subito soccorso dai passanti ma le sue condizioni necessitavano di un intervento che nella zona nessun ospedale era in grado di assicurare.
Addirittura è stato operato a Catanzaro, vale a dire a centocinquanta chilometri di distanza dal luogo dell’incidente, non sono numeri da paese civile. Purtroppo la spoliazione dei nostri presidi ci porta a queste situazioni che sono al limite del paradossale, anche perché non è possibile credere che la chiusura degli ospedali porta ad un risparmio economico se poi per ogni intervento un po’ più complicato deve levarsi in volo un elicottero e fare trecento chilometri, centocinquanta all’andata e centocinquanta al ritorno, e comunque nessun risparmio economico potrà mai essere equiparato al valore anche solo di una vita umana».<br/>fonte: <a href="http://www.miocomune.it/cms/rivieradeicedri/riviera-dei-cedri-news/cronaca/6041-s-maria-del-cedro-statale-pericolosa-sanita-difficile.html">www.miocomune.it</a>CLAUDIO CECCHINI: Diritti umani e immigrazione: la politica non deve avere paura di proposte innovative2012-12-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685208“E’ sbagliato considerare il fenomeno immigratorio sul piano emergenziale. E’ una questione di diritti elementari: vita, salute, casa, istruzione, lavoro, che compressi e umiliati nei paesi d’origine, costringono molti a scappare e a trovare rifugio nel nostro Paese. Se non poniamo adeguata attenzione a risolvere questi problemi non gestiremo mai in maniera efficace il fenomeno ”. Sono le parole dell’assessore alle politiche sociali Claudio Cecchini, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani, all’incontro organizzato dall’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, oggi a Palazzo Valentini, nella sala Di Liegro. I relatori, provenienti da ogni parte del mondo soprattutto da zone critiche, e gli ospiti sono stati accolti dall’allestimento curato dai bambini del Centro didattico interculturale “Celio Azzurro”: scritte colorate dedicate ai loro diritti umani. “L’Italia deve essere di chi qui vive e lavora, e di chi la ama, – ha sottolineato con forza Cecchini – e la politica non deve aver paura di proposte coraggiose e forse anche impopolari come il diritto di cittadinanza e quello di voto”.”Noi non siamo tutti uguali allo stesso modo – ha detto parlando ai numerosi rappresentati di comunità straniere presenti -: lo siamo sul piano dei doveri che dobbiamo rispettare, ma non su quello dei nostri diritti”. Ecco perché secondo l’assessore sono necessari alcuni interventi sul piano normativo e amministrativo: “continuare le buone pratiche iniziate in provincia per sostenere l’integrazione; la revisione della legge regionale sull’immigrazione; definire un piano regionale sull’immigrazione che sia almeno triennale e tenga conto dei piani provinciali; riconoscere le nuove professioni come quella del mediatore culturale che renda il confronto tra popoli e culture positivo e reciprocamente ricco di opportunità. Dobbiamo e possiamo dimostrare insieme che l’Italia non è razzista. Con un impegnativo lavoro di sensibilizzazione culturale, soprattutto nelle scuole, dobbiamo aiutare chi prende le decisioni a fare scelte coraggiose che possano far accorciare la distanza tra i nostri patrimoni di diritti. Fino a che non arriverà quel giorno, pur avendo fatto un buon lavoro qui in provincia, non potrò ritenermi soddisfatto in pieno”.<br/>fonte: <a href="http://www.claudiocecchini.com/diritti-umani-e-immigrazione-la-politica-non-deve-avere-paura-di-proposte-innovative">Ufficio Stampa di Caudio Cecchini</a>Emma BONINO: «L'infibulazione sarà reato contro l'umanità» - INTERVISTA2012-10-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656032Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Una risoluzione per bandire nel mondo le mutilazioni genitali femminili, violazione dei diritti umani. Il testo è stato depositato dal Gruppo dei Paesi Africani all'Onu e se tutto andrà bene, a dicembre verrà votato dall'assemblea generale delle Nazioni Unite.
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<b>Non c'è Pace senza Giustizia, l'organizzazione fondata dalla vicepresidente del Senato Emma Bonino, sta lottando da più di 10 anni a livello internazionale contro le Mgf. Bonino, cosa rappresenta questo testo?</b>
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«Una pietra miliare: per la prima volta la comunità internazionale, su spinta dei paesi interessati, si accinge ad adottare un testo che bandisce questa pratica come violazione dei diritti umani fondamentali, superando un approccio relativista che tendeva a giustificare" le mutilazioni genitali come espressione di una data cultura. Una presa di posizione così forte e compatta da parte della comunità internazionale sarà un incentivo per i paesi che non hanno ancora una legge di proibizione a dotarsi di tutti gli strumenti utili a contrastare la pratica dal punto di vista legislativo e di prevenzione. La risoluzione ha anche il pregio di mettere fine alla diatriba che legittima le mutilazioni praticate in modo "sicuro" all'interno di strutture sanitarie, condannando espressamente tutte le forme di mutilazione, incluse quelle eseguite in ambito ospedaliero».
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<b>Le Mgf vengono difese dalle comunità d'origine in nome della tradizione: le donne che le subiscono non sono in grado di opporsi e anzi le appoggiano per paura dello stigma sociale. Come si cambia tutto questo?</b>
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«Nei paesi dove questa pratica esiste, tradizione vuole che la donna non mutilata sia considerata impura: quindi ha molte meno possibilità di sposarsi, formare una famiglia e avere un ruolo nella comunità. Inoltre per molte donne - le cosiddette «praticone» (chi effettua queste operazioni, ndr.) - le mutilazioni genitali sono fonte di reddito. Ci vorrà tempo e impegno perché questa mentalità cambi, ma la messa al bando universale aiuterà il lavoro delle attiviste. Collocandole definitivamente dalla parte del giusto e della legge».
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<b>Chi sono le donne che hanno permesso questo risultato?</b>
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«Tante, nominarle tutte è impossibile. A livello di attiviste va riconosciuto lo straordinario impegno di Khady Koita, agguerrita donna senegalese che ha avuto il coraggio di mettere a nudo la sua esperienza personale in un libro tradotto in tre lingue, in un periodo in cui l'argomento era ancora tabù in molte partì del mondo. A livello di personalità istituzionali l'ex first lady egiziana Suzanne Mubarak ha avuto il merito di fare delle mutilazioni genitali argomento di dibattito pubblico a livello continentale e aver condotto un'efficace campagna antimutilazioni nel suo paese. attuale first lady del Burkina Faso Chantal Compaoré ha poi coordinato in questi anni la campagna per la messa al bando universale con ottimi risultati».
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<b>Quante donne vittime di mutilazioni genitali ci sono in Italia e nel mondo?</b>
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«È difficile dirlo: il fenomeno spesso avviene in clandestinità. Le ultime stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del febbraio 2012 parlano di 140 milioni di donne e bambine nel mondo che hanno già subito la pratica e di 2 milioni di bambine a rischio».
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<b>Alcuni dati parlano per l'Italia di 40mila bambine vittime di infibulazione: è il dato più alto d'Europa che conta 500mila casi. Cosa fare?</b>
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«Questi numeri emergono da uno studio del 2009 realizzato dall'istituto Piepoli su richiesta del dipartimento Pari Opportunità. Si tratta di una stima molto approssimativa, poiché in Italia non esiste un osservatorio. Abbiamo una legge ad hoc che proibisce la pratica, ma per formulare politiche efficaci è cruciale conoscere l'entità del fenomeno: per questo da anni chiedo l'istituzione, a livello nazionale o meglio europeo, di un osservatorio che monitori il fenomeno e fornisca una stima della sua diffusione».
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<b>Cosa si sta facendo in questo senso negli altri paesi?</b>
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«La maggior parte dei paesi europei ha una legge nazionale che proibisce e punisce le Mgf, oggetto di diverse risoluzioni adottate dal Parlamento europeo. Esistono anche programmi d'informazione e sensibilizzazione rispetto alle comunità immigrate, normalmente meno reticenti a staccarsi dalle tradizioni dei paesi d'origine. L'Europa è compatta nel condannare questa pratica».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1M58H0">Pubblico Giornale | Angela Gennaro</a>Emma BONINO: «Così non è democrazia» - INTERVISTA2012-09-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it649180Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
«L’Europa ci richiama al rispetto dei diritti umani fondamentali. Se ci sarà ricorso, presenteremo una nuova memoria per evidenziare l’ascientificità e l’illegalità della Legge 40».
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<b>Questo governo ha annunciato di voler ricorrere contro la sentenza della Corte europea che ha condannato la Legge 40 perché “incoerente”, cosa ne pensa?</b>
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Se farà ricorso, il governo si contrapporrà all’Europa dei diritti civili. Una delle ragioni costitutive del governo è il rispetto delle indicazioni europee per il risanamento economico. Ma l’Europa è anche quella che condanna la flagranza criminale del sistema giustizia e delle carceri, che chiede di non cambiare la legge elettorale entro un anno dal voto, o, come in questo caso, che ci richiama al rispetto dei diritti umani fondamentali. Spero che il governo ci ripensi e decida di mettere in atto le decisioni della Corte. Noi Radicali non staremo a guardare: come associazione Luca Coscioni sulla causa Costa-Pavan avevamo presentato un amicus curiae ai giudici europei a favore della coppia, sottoscritto da oltre 60 parlamentari. Se ci sarà ricorso, presenteremo una nuova memoria per evidenziare l’ascientificità e l’illegalità della Legge 40. Strasburgo ci ha dato ragione, rigettando le motivazioni del Movimento per la vita e di altri 52 parlamentari italiani di Pdl e Udc.<p>
<i>Ogni volta che la intervisti non capisci se non sa cosa sia la paura oppure ha talmente tanta strada sulle spalle che non ha più tempo per lei. Umanamente granitica, a tratti si stupisce delle domande che le fai, tanto le sembrano ovvie le risposte. Le idee le ha molto chiare e le battaglie “per i diritti civili” le ha fatte tutte. Sempre in prima linea.</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.left.it/2012/09/06/bonino-%C2%ABcosi-non-e-democrazia%C2%BB/6146/">Left | Ilaria Bonaccorsi Gardini</a>DELIA MURER: Legge 40. «Sentenza europea di straordinario valore»2012-09-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it649156Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
La Corte europea ha stabilito che la Legge 40 sulla procreazione assistita viola la Convenzione europea sui diritti dell’uomo. In particolare l’articolo 8. La Corte europea si è attivata su ricorso di una coppia fertile, portatrice sana di fibrosi cistica, che voleva procedere a fecondazione assistita per evitare il rischio di trasferire la malattia. La legge esclude questa possibilità. Essa prevede, infatti, che le coppie fertili, sebbene portatrici di malattie genetiche gravi, non possano accedere alla Pma e quindi non possano tentare di avere un figlio sano attraverso un esame diagnostico sull’embrione.
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La Corte europea, accogliendo il ricorso della coppia italiana, ha bocciato, in particolare, gli articoli 4 e 13 della Legge 40. La condanna non è però immediata perché non ancora definitiva: il governo italiano ha 3 mesi di tempo per chiedere il riesame da parte della Grande Chambre della Corte europea. Dopo la richiesta, 5 magistrati europei esamineranno il caso e decideranno se portarlo davanti ai giudici di appello. <br />
Fra tre mesi la sentenza passerà in giudicato e lo Stato italiano dovrà modificare la legge.
<p>«Questa sentenza ha uno straordinario valore; adesso, però, bisogna che essa sia calata sulla vita reale delle persone e produca effetti. Perché questo avvenga appare indispensabile un intervento normativo nel segno auspicato dall’Europa. Nell’aprile 2008, del resto, la ministra Livia Turco emanò in un decreto le nuove linee guida alla Legge 40 eliminando il divieto di diagnosi preimpianto sull’embrione; purtroppo il governo Berlusconi lo ha reintrodotto. Il no alla diagnosi pre-impianto è previsto solo in Italia, Austria e Svizzera mentre in ben quindici Paesi europei (tra cui Belgio, Francia, Russia, Spagna, Regno Unito) essa è consentita».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=7%3Ageneraliste&id=451%3Alegge-40-sentenza-importante&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">www.deliamurer.it</a>Mario MAURO: «L'EU è inerte, serve un'agenda» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648121Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: PPE) <br/><br/><br />
«Sulla Nigeria l'Ue è latitante, anche all'Onu, dove invece sarebbe necessario imporre un'agenda precisa con richieste al governo federale del paese africano di una più forte azione». <p>
«Noto con rammarico che nemmeno una delle riunioni settimanali dei rappresentanti dei 27 stati Ue membri dell' Onu è stata dedicata alla questione. Né se n'è fatto carico il rappresentante a New York dell'Alto rappresentante per la politica Estera Ue Cathrine Ashton». <p>
<b>Che cosa dovrebbero chiedere i Paesi Ue all'Onu?</b> <p>
«Non si solleva la questione per non urtare i Paesi islamici. Un'agenda comune Ue per condizionare il dibattito al Palazzo di Vetro e fare pressione sul governo nigeriano affinché attivi il suo esercito, che è uno dei migliori del mondo, a difesa delle minoranze religiose».<p>
<b>L'EU non potrebbe fare come con il Ghana, a cui Bruxelles ha congelato 22 milioni di euro di aiuti per problemi sul fronte dei diritti umani?</b> <p>
«Si potrebbe certo, e questa è una specifica competenza della signora Ashton. La quale, invece, dopo la nostra risoluzione di marzo non ha fatto assolutamente niente». <p>
<b>Del resto questa inerzia è più generale. A che cosa e dovuta secondo lei?</b><p>
«Il punto è che, sia all'Ue come all'Onu, non si solleva la questione della Nigeria per timore di urtare le suscettibilità dei Paesi islamici. Si preferisce, soprattutto da parte dei media anglosassoni, parlare di una presunta guerra civile fra opposti estremismi. E' falso: in Nigeria non c'è una guerra tra fazioni, c'è solo un gruppo terroristico che colpisce, peraltro anche i musulmani. Mentre non risulta alcun gruppo cristiano che colpisca gli islamici».<p>
<b>E magari contano anche gli interessi economici...</b> <p>
Ma certamente, anche dell'Italia, legati ovviamente al petrolio. Del resto l'economia c'entra anche con questi gruppi terroristici, molto più della religione. Non è una guerra religiosa, ma un conflitto per nuovi assetti di potere, legati anche qui alla questione delle ricche royalties petrolifere. <br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IT7PK">Avvenire | Giovanni Maria Del Re </a>Furio COLOMBO: Tortura, in Italia non è reato2012-06-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646455Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
C'è una legge sulla tortura (una legge che avrebbe salvato Cucchi e Aldrovandi o punito ben più severamente i loro persecutori, o gli agenti e dirigenti di polizia protagonisti del famoso G8 di Genova nel luglio 2001) ma si tratta di una proposta, prima firma la deputata radicale Rita Bernardini (a seguire tutti gli altri deputati di quel partito, eletti con il Pd) ma non è mai stata "calendarizzata", che vuol dire stabilire un giorno per cominciare a discutere il progetto.
<p>Ci sono altre proposte, ne cito alcune: Bressa (Pd), Torrisi (Pdl), Pisicchio (Mpa), ciascuna con molte firme. E forse altri progetti giacciono fra le carte mai entrate nel dibattito della Camera e del Senato.
<p>Ma c'è un'altra proposta, più rapida e semplice, di nuovo dei Radicali (Matteo Mecacci): immediata ratifica della Convenzione aggiunta al Trattato delle Nazioni Unite sulla tortura. L'Italia aderisce al Trattato, ma non ha mai ratificato la convenzione aggiunta, che definisce il reato e stabilisce il monitoraggio per evitare che possano esistere episodi di tortura coperti da omertà o segreto. Di nuovo, manca solo la calendarizzazione.
<p>Come avviene? È una decisione politica, presa di settimana in settimana dal presidente della Camera, insieme con i capigruppo dei vari partiti. Evidentemente nessuno di loro ha mai pensato che fosse urgente avere in Italia una legge sulla tortura, che descrive nel codice il tipo e i caratteri del reato (che non è maltrattamento, che non è aggressione, che non è violenza, perché la componente più violenta della tortura è il potere e la totale condizione di sottomissione della vittima) e l'adeguata gravità della pena. Nessuno di loro ha mai pensato che fosse in gioco una questione urgente e ineludibile di civiltà e una essenziale questione di immagine e di rispetto per il nostro Paese nella comunità di cui è parte fondante.
<p>Il caso è grave ma come suggerito con lo strumento della ratifica da parte dei Radicali - può essere rapida, semplice, un solo giorno di Commissione e un solo giorno d'aula, senza interferire su tutto il resto del lavoro. Per il presidente Fini dovrebbe essere una priorità assoluta e un modo di dare un senso a questi ultimi mesi in Parlamento.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/rassegna-stampa/lettera-tortura-italia-non-reato">Il Fatto Quotidiano | radicali.it</a>DELIA MURER: Violenza sulle donne: aderire a convenzione Ue e ripristinare il fondo2012-06-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it645933Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
“Con la risoluzione approvata in commissione Affari sociali chiediamo al governo di accelerare l’iter per l’adesione dell’Italia alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, approvata ad Istanbul l’11 maggio 2011.
<p>Insieme a questo, il governo si deve impegnare a ripristinare la dotazione del fondo contro la violenza alle donne, istituito con la legge finanziaria per il 2008, finalizzato alla prevenzione, informazione e sensibilizzazione nei confronti di questo tragico fenomeno e al sostegno dei centri antiviolenza e delle case-rifugio.
Sarà così possibile arrivare ad una equa presenza di queste strutture su tutto il territorio nazionale”.
<p> “L’ultima indagine Istat anche se risale al 2006, ha messo in luce la gravità del fenomeno che colpisce quasi sette milioni di donne nel nostro Paese. La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violenza fondamentale contro i diritti umani. Questo è un principio irrinunciabile che tutti debbano rispettare, compresi i cittadini provenienti da altre culture.
<p>Occorre, perciò, dare piena attuazione al Piano nazionale antiviolenza tramite un approccio che non si limiti al solo aspetto repressivo ma che investa su una rete integrata di politiche fondate sulla prevenzione, protezione e rieducazione e l'inquadramento giuridico e il potenziamento dei centri antiviolenza e della loro capillare presenza sul territorio, in particolare dopo i pesanti tagli che hanno subito recentemente.
<p>Chiediamo anche all’esecutivo di valutare in sede di Conferenza Stato-Regioni l’opportunità di estendere l’esperienza dei codici rosa nei Pronti soccorsi, già operativa in alcune Asl. Per affrontare il grave fenomeno della violenza sulle donne è necessario che governo e Parlamento uniscano le forze per arrivare celermente ad una legge sul tema.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=6%3Ainterrogazioni-interpellanze-mozioni&id=423%3Aviolenza-donne-aderire-a-convenzione-ue-e-ripristinare-fondo-&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">deliamurer.it</a>Maria Giuseppina Nicolini: Dal Prefetto per discutere dei bisogni primari degli abitanti, di accoglienza e di sbarchi dei migranti2012-05-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646343Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Lampedusa e Linosa (AG) (Partito: LISTA CIVICA) <br/><br/><br />
Lampedusa e Linosa vivono una condizione di continua emergenza. <br />
Molto urgente assicurare i collegamenti per mettere in sicurezza gli abitanti delle Pelagie e le ristrutturazioni delle riserve naturali. <br />
La revisione della tratta sociale aerea per Lampedusa sia più adeguata alle necessità dei cittadini; vi è il problema del trasporto del pescato che da Lampedusa non può partire su nave per via della variabile legata alle condizioni meteo marine e alla inadeguatezza del mototraghetto della Siremar specialmente nei collegamenti con Linosa.
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<a href="http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=W4JgLiFbV-Y#!"><b>L'Intervista di TeleVideoAgrigento a Giusy Nicolini</b></a>
<p><br/>fonte: <a href="http://www.agrigentonotizie.it/politica/lampedusa-e-linosa-primo-incontro-tra-sindaco-e-prefetto.html">AgrigentoNotizie</a>Marco PANNELLA: «Amnistia negata: è l'Italia ad essere fuori legge» - INTERVISTA 2012-04-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626600<br />
Dopo decenni di onoratissima carriera Marco Pannella lo conosciamo bene: è uno che non si arrende mai, batte e ribatte fino a che non incrina anche il muro più spesso. I politicanti d'ogni risma continuano a fare spallucce di fronte alla sua proposta di amnistia, e lui organizza a Roma una seconda marcia dopo quella natalizia di sette anni fa. Doveva svolgersi per Pasqua, sarà invece per il 25 aprile e la simbologia è forse anche più azzeccata.
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<b>Mica male una marcia per l'amnistia il 25 aprile!</b>
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Sette anni fa la prima marcia, quella a cui vennero Cossiga, Napolitano e persino D'Alema, registrò una adesione quantitativamente e qualitativamente senza precedenti. Nessuno mette in dubbio che da allora la situazione sia atrocemente peggiorata da tutti i punti di vista. Il questore di Roma ci aveva parzialmente vietato il percorso che avevamo comunicato per la marcia di Pasqua, in base al combinato disposto delle norme di Maroni e Alemanno. Così abbiamo scelto il 25 aprile, che va benissimo perché cos'è oggi la Liberazione se non liberazione del diritto umano, dei nuovi diritti, della democrazia, e dei carcerati, certo, ma anche dei funzionari che vogliono servire lo Stato e non essere complici di una patente violazione delle leggi? Non a caso la marcia è per una triade di obiettivi non disgiungibili: amnistia-diritto-libertà.
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<b>Perché parli di patente violazione della legge?</b>
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Da trent'anni noi veniamo condannati ogni anno dalla giurisdizione europea. Le ultime condanne sono anche più tassative di quelle precedenti, perché evocano la violazione dei diritti umani e non più solo di quelli civili e dello Stato diritto, cosa peraltro già gravissima. Quindi l'amnistia di cui parliamo noi non è quella che chiese Giovanni PaoloII, col quale pure eravamo in forte sintonia. La sua era la richiesta di un atto di clemenza. Noi facciamo un altro ragionamento: siamo o non siamo di fronte alla manifesta flagranza di un reato compiuto? Certamente sì. Ma di fronte a un reato in manifesta flagranza si interviene, lo si interrompe e poi si discute, Questo non solo per obbligo morale ma anche perché lo impone la legge. Se vedo uno che ammazza un altro e non intervengo incorro in una specifica e precisa fattispecie di reato. Bene, ciascuno di noi, nell'arco di un paio d'ore, assiste a quattro o cinque omicidi in una rissa senza poter intervenire, pur avendone l'obbligo, perché le leggi dello Stato ce lo impediscono. Peggio di quel che avveniva nel comunismo, nel fascismo e persino nel nazismo almeno fino al 1938-39.
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<b>Non sarà un po' forte come paragone?</b>
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Per niente. Oggi la distanza del nostro Stato dalla legalità internazionale è qualitativamente dello stesso tipo e quantitativamente maggiore di quanto non fosse fino al 1938 quella degli Stati totalitari rispetto alla giurisdizione internazionale di allora. Quando in un territorio gli abitanti e lo Stato vivono contro il diritto, la legalità e le stesse leggi violandole in modo massiccio, ci si trova di fronte a una metamorfosi dello stesso male che aveva assunto le forme del fascismo, del comunismo, del nazismo e dei vari modelli che ne sono poi discesi.
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<b>Prima parlavi di funzionari dello Stato che condividono questa sensibilità e questo punto di vista?</b>
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Sì, e sono moltissimi. Il segretario del Sidipe, il sindacato dei dirigenti penitenziari, Enrico Sbriglia, ha scritto delle pagine splendide in cui dice «Noi vogliamo e dobbiamo comportarci come servitori dello Stato, non come sicari o complici degli assassini e di chi viola le leggi». Identico ragionamento fanno sempre più spesso gli agenti della polizia penitenziaria, che tra l'altro lavorano per 14 ore al giorno con straordinari non pagati, non ce la fanno a stare dietro a tutto, vedono le loro famiglie saltare... Ormai anche tra loro i suicidi sono molti.
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<b>Andiamo all'obiezione che vi viene mossa più spesso: l'amnistia non risolve il problema, tra un anno ci si ritrova punto e a capo...</b>
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E una stupidaggine. L'amnistia è invece una riforma strutturale. Il vero problema che ci pongono oggi la giurisdizione europea e il diritto internazionale è che il fatto carcerario, in Italia come in una parte consistente del mondo, è legato a un altro fatto che in sé non sembrerebbe clamoroso: la non ragionevole durata dei processi. Insisto su questa formula letterale, perché nel diritto romano come in quello canonico traspare con chiarezza ciò che è pacifico nella dottrina, e cioè che tra l'evento preso in considerazione, l'ipotetico reato, e il giudizio deve esserci almeno un minimo di compattezza cronologica. In caso contrario si tratta di un'ipoteca che grava fatalmente sulla sentenza.
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<b>Una riforma che accelerasse i tempi della giustizia sarebbe senza dubbio strutturale. Ma l'amnistia?</b>
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Oggi amnistia non significa più solo fare uscire la gente dalle carceri. Con l'amnistia si ritiene che verrebbe a cadere l'80% dei procedimenti e dei processi penali in corso. Quel 20% che rimarrebbe, costituirebbe o no una struttura completamente diversa? Un palazzo di due piani è o non è strutturalmente diverso da uno di 50? Inoltre si affronterebbe finalmente un problema sulla cui urgenza tutti, farisaicamente, dicono di essere d'accordo: la vergogna per cui il 42% dei detenuti è in attesa di giudizio, e la metà di quel 42% verrà alla fine giudicata innocente. Questo è il discorso, e in trent'anni non è stato possibile una sola volta andare a spiegarlo in una trasmissione televisiva che avesse una massa critica considerevole, con quattro o cinque milioni di spettatori.
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<b>Cosa ti aspetti sul fronte dell'oscuramento mediatico da questa marcia?</b>
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Un momento eccezionale di democrazia nel nostro Stato, che non è né democratico né di diritto. Sono trent'anni che chiedo un dibattito pubblico e non relegato in fasce e orari dove non se ne accorge nessuno, su questo tema: cosa si può fare quando uno Stato chiaramente viola non solo la giurisdizione e la legalità superiore ma direttamente la massima espressione della propria stessa legge, la Costituzione, e a scendere tutto il corpo delle leggi. Un dibattito così sarebbe sufficiente: i credenti, cioè i cattolici e i comunisti, plebisciterebbero questa richiesta come fecero con il divorzio, l'aborto e l'obiezione di coscienza.
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<b>Con chi lo vorresti questo dibattito pubblico?</b>
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L'importante sarebbe far assistere di nuovo a un dibattito democratico e serio. Per il resto sono todos caballeros: con la stessa Severino, ma anche, al limite, con Rodotà o Zagrebelsky, se per una volta si decidessero a porre il problema.
<p>
<b>Permettimi una digressione: come giudicate voi radicali questo governo?</b>
<p>
Come un incidente positivo del sistema partitocratico. Noi andavamo quasi con certezza verso il default e non solo dell'Italia perché avremmo contagiato l'intera Europa. Questa certezza derivava dal fatto che da un lato c'era Berlusconi a sputtanare tutto, ma dall'altro non c'era un solo Stato estero che facesse un'oncia di credito in più ai suol oppositori. Questo governo è costituito da estranei per formazione e cultura al regime partitocratico e questo rappresenta di per sé un grosso passo avanti. Il default italiano e di conseguenza europeo è ancora probabile ma non più quasi certo. In questa situazione noi ci troviamo a nostro agio, perché la nostra storia si potrebbe sintetizzare proprio così: far sempre giocare il possibile contro il probabile.
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<b>Sette anni fa l'attuale capo dello Stato marciò con voi. Una volta arrivato al Quirinale non si è fatto sentire molto...</b>
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Io lo ho detto apertamente al presidente della Repubblica: questo Stato e questa Repubblica sono ormai anti-democratici, direi nemmeno per cattiveria. Violano i diritti umani fondamentali senza nemmeno accorgersene e il tuo dramma è che sei costretto a essere il primo violatore. Con la tua grande esperienza politica, o politicante, hai contribuito a evitare il default, ma al prezzo di fare tu il premier e di intervenire quotidianamente, usando di fatto lo strumento della comunicazione ufficiale di Stato a reti unificate. Allo stesso modo il 27 luglio scorso Napolitano aveva posto l'urgenza del problema giustizia, ma dieci giorni dopo, con migliaia di detenuti in sciopero della fame e della sete, da Nisida, ha detto, dopo aver marciato il 27 dicembre del 2005 con noi, che il problema non era maturo. In fondo è una storia che si ripete, è come quando noi, con Silone, eravamo schierati con i dissidenti russi e i refusnik pagando anche il prezzo di qualche arresto e qualche assassinio: Lui riteneva invece, in polemica con Giolitti, che la prospettiva e la moralità della rivoluzione, comportassero il prezzo che si stava pagando a Budapest. La differenza è che oggi i refusnik sono da noi, ma lui non li vede allo stesso modo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1D9HYN">Gli Altri - Andrea Colombo</a>Furio COLOMBO: CIE. «Gabbie e squallore, senza pietà né diritto» 2012-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625952Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Li dentro finiscono molti che non hanno commesso reati».
<p>Si apre un immenso cancello scorrevole. Al di là c’è un soldato che verifica e trattiene i documenti. Noi siamo deputati o politici (l’iniziativa è del giovane segretario del partito radicale, Mario Staderini, e dell’onorevole Rita Bernardini) e questo determina una curiosa estraneità, come una differenza di mondi. Passano veicoli militari lungo la striscia d’asfalto che separa il grande cancello dagli edifici in cui stiamo per entrare e che – da fuori, da lontano – sono lastroni di cemento senza aperture.
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Qui, alle porte di Roma, a Ponte Galeria, un contenitore di cemento e metallo, grande e ben sigillato, è stato preparato per chi viene catturato nel perverso gioco dei clandestini. Gente che vive e lavora in Italia dopo essere sfuggita ala morte di guerra e alla traversata del mare, viene fermata mentre porta i bambini a scuola o commette l’imprudenza di andare in ospedale, viene “catturata” mentre va o viene dal lavoro. E – come in quei Paesi estranei alla democrazia – i catturati sono portati in grandi gabbie a cielo aperto, che cedono il passo a piccole stanze gelide con dodici o quindici letti.
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Qui un essere umano costa alla Repubblica italiana 47 euro al giorno, quasi solo per piatti precotti con giorni di anticipo e che tutti – uomini e donne, ucraini e africani – descrivono come immangiabili, un bel vantaggio per chi (chissà con quali regole) ha vinto l’appalto. La nostra visita non porta pace. I detenuti parlano con affanno. Si capisce subito che non incontrano mai nessuno, che il giudice di pace, quando viene, non può che certificare che “mancano i documenti” e che “gli avvocati d’ufficio” scompaiono subito, dopo la prima formalità di un finto processo.
Molti, detenuti qui, non hanno mai commesso alcun reato. Lavoravano legalmente in Italia. Qui – in un centro detto di “identificazione” – ci sono anche persone portate nelle gabbie dopo aver scontato anni nelle prigioni italiane, dunque dettagliatamente identificate per il processo e la detenzione.
<p>L’emozione è difficile da controllare, anche se l’uomo che hanno portato via mentre tornava a casa, dopo il lavoro nella piccola impresa di cui è titolare, per cenare con moglie e figli e raccontare la giornata e sentire le storie di casa, non può far finta di non piangere. Quanto agli ex detenuti, essi sono vittime di una doppia illegalità: fingere di non sapere chi sono e ammanettarli senza alcun provvedimento di un giudice.
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I detenuti aspettano nel vuoto del tempo e nello squallore dei posto, dove nessuno ti difende, nessuno ti ascolta, nessuno ti cura. Ho già detto – e vorrei ripeterlo – che due medici della Croce rossa (uno nero, uno bianco, il dottor Amos Dawodu è il responsabile) provvedono da soli e senza mezzi, come nell’avamposto assediato di una guerra. Le Asl del Lazio di questi malati non ne vogliono sapere. Non ci sono nomi o numeri di telefono per cercare l’aiuto di un avvocato.
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Ho già detto – e ripeto – che l’80 per cento di donne e uomini portati nelle gabbie di Ponte Galeria non ha commesso alcun reato, non è accusato di nulla. La detenzione illegale di cui è colpevole lo Stato italiano durava fino a sei mesi. Poi, nel 2010, il ministro leghista Maroni l’ha portata a un anno e mezzo. «Per ragioni di sicurezza», ha detto. Il momento più temuto è quando due agenti ti affiancano e ti portano all’aeroporto per farti salire insieme a loro su un velivolo diretto in un luogo che il più delle volte i deportati non conoscono perché tutto ciò che hanno, dai figli al lavoro, è in Italia. Una legge detta “pacchetto sicurezza”, che tratta tutti gli immigrati come criminali, li deporta dal Paese che hanno arricchito con il loro lavoro, fuori dalla Costituzione italiana, lontano da ogni riferimento alla Carta dei diritti dell’uomo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1CH27W">Famiglia Cristiana</a>Emma BONINO: Mutilazioni genitali femminili. Una pratica da proibire e condannare - INTERVISTA2012-03-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625512Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Oltre tre milioni di bambine, soprattutto in Africa ma non solo, ogni anno subiscono l’atroce tortura della mutilazione genitale femminile (Fgm), una violenza che colpisce la donna per tutta la vita. Al Palazzo di Vetro dell’ONU, si è prossimi a votare, entro la fine dell’anno, una risoluzione di condanna di questa crudele pratica che calpesta i diritti umani delle donne. Protagonista di questa campagna per far votare la risoluzione dall’Assemblea Generale è l’Italia, il nostro paese è riuscito infatti a coinvolgere molti governi africani che adesso presenteranno di loro iniziativa questa risoluzione. Protagonista di questa ennesima battaglia per i diritti umani della donna è la radicale Emma Bonino, attuale vicepresidente del Senato, già Commissario europeo ai Diritti Umani e fondatrice della Ong internazionale “No Peace Without Justice” da sempre in prima linea nella campagna contro le Fgm. L’abbiamo intervistata al Palazzo di Vetro durante i lavori della sessione dell’Onu dedicata alla condizione della donna.
<p><b>Senatrice Bonino, allora anche sulle Fgm il traguardo di una risoluzione di condanna è ormai vicino?
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“Come forse i lettori sanno è una battaglia che va avanti da dieci anni con gli ultimi due dedicati ad avere una risoluzione delle Nazioni Unite che metta al bando queste pratiche e chiarisca per tutti l’aspetto legale, cioè che le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani di base e che come tali vanno messi fuorilegge. Abbiamo provato la prima volta nel 2010, c’è stato uno stop. Nel 2011 c’e’ stato detto dagli africani che questa era un affare africano e che quindi era preferibile una ‘African Ownership’ e allora abbiamo lavorato in Africa e abbiamo ottenuto la dichiarazione dei capi di stato e di governo nel summit di Malabo (Guinea). Dopodiché arriviamo qua pensando che ormai fosse tutto facile dato che, dal punto di vista politico, c’era anche questa dichiarazione, e invece ci siamo ritrovati nelle solite pastoie anche burocratiche. E credo che invece questi ultimi due giorni, in particolare l’evento di lunedì sera con così tante ministre africane e poi il concerto di martedì che è stato un grande successo e gli incontri bilaterali che io continuo ad avere, siano stati una svolta. All’evento di lunedì ha preso la parola il coordinatore del gruppo africano, l’ambasciatore Bertin Babadoudou, che ha detto che insomma sì, abbiamo trascinato con i piedi, per ragioni di gelosie...”
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<b>Chi era geloso? Forse qualche paese...</b>
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“Lui non ha elaborato... però ha detto che ‘adesso è il momento e io vi garantisco che entro questa sessione avremo la risoluzione’. E questo è stato un grande successo politico ed evidentemente si tratterà di non mollare la presa. Però devo dire che proprio a partire dall’evento si sono fatti vivi una serie di paesi di cui i ministri non erano presenti. Così ho avuto poi una serie di incontri bilaterali, per esempio con la Nigeria che mi ha contattato”.
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Un paese africano molto importante</b>
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“E poi la Liberia, un altro paese importante. E anche un bilaterale con gli americani con cui sono in contatto da molto tempo su questa questione”.
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<b>Insomma come se tutti volessero partecipare solo dopo la sorpresa di vedere così tanti ministri e ministre all’evento al Church Center...</b>
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“Sì, perché infatti sono arrivati paesi che non ci aspettavamo proprio, come la Costa d’Avorio. E non ci aspettavamo il Camerun, un altro esempio. Poi sono venute una serie di altre delegazioni, non a livello ministeriale e che però poi si sono fatte vive in questi giorni. Quindi a me pare che la volontà politica che avevamo constatato in Africa, finalmente si sia trasposta anche in questa burocrazia che a volte, volendo o non volendo, poi in realtà finisce per frenare sostanzialmente”.
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<b>Michelle Bachelet, l’ex presidente del Cile ora a capo di ‘UN Women’, fino all’anno scorso appariva piuttosto scettica sulle possibilità di arrivare presto ad una risoluzione. Invece lunedì sera appariva carica, piena di entusiasmo per l’iniziativa.</b>
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“Sì, con Michelle Bachelet abbiamo preso contatti l’anno scorso e abbiamo lavorato insieme per il rapporto del Segretario Generale, e credo che a furia di approfondire questo tema, anche lei sia arrivata alla conclusione, che gli sforzi nazionali vanno bene, anche gli sforzi a livello di comunità di base, ma tutto questo diventa effimero se non c’è un radicamento nella legge. Scritto nella pietra insomma, cosa è buono e cos’è cattivo. Quindi lunedì Bachelet ha dimostrato ampiamente di essere arrivata anche lei alla conclusione che avere una risoluzione è un dato molto importante. Stabilisce, erga omnes, questa pratica è una violazione e quindi come tale va proibita e va condannata.”
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<b>Il ministro del Lavoro Elsa Fornero - e per lei in questo momento non era facile lasciare l’Italia - ha detto qui a New York che ha capito come fosse importante esserci all’Onu in questo momento. E ha aggiunto che il governo Monti andrà fino in fondo su questo impegno. Il governo si sta muovendo più di quelli che lo hanno preceduto o sui diritti umani tutti i governi in Italia si comportano allo stesso modo?</b>
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“Sui diritti umani non tanto, ma su questa campagna specifica, i governi che si sono succeduti ne Alcuni più esposti, altri magari un po’ più tattici ma devo dire che anche il sostegno finanziario o anche il sostegno negli incontri con gli africani, e ricordo una missione in Uganda, con il Sottosegretario Scotti, che passammo a parlare di Fgm. Insomma tutti i governi, sul tema delle mutilazioni, a me pare sono stati sempre molto determinati. È chiaro che il ministro Fornero capisce che siamo al momento conclusivo e quindi bisogna assolutamente tenere la barra per non farsi sfuggire l’obiettivo. Perché può capitare che poi accadano altre priorità, la gente si distrae, poi quando si tratta di donne si distrae facilmente, ecco che allora è molto importante tenere la barra. Ecco quindi che penso che per il ministro sia stato molto importante esserci, di aver capito e visto la mobilitazione nostra a livello internazionale che va avanti da tanto tempo, poi la missione italiana ha organizzato il concerto con Angelique Kidjo che è un altro elemento molto importante per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale”.
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<b>Infatti si parla di oltre 50 televisioni che lo ritrasmetteranno, in Italia andrà in onda l’8 marzo, per la festa della donna.</b>
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“Un risultato molto importante, è dieci anni che lottiamo sulle Fgm”.
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<b>Già, ricordiamo anche che nel 2007, dopo una lunga campagna dei radicali si arriva al voto in Assemblea Generale sulla moratoria per la pena di morte. Quando avevate iniziato questa battaglia non ci credeva nessuno...</b>
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“Era il 1994 quando siamo partiti sulla moratoria e cocciuti come siamo l’abbiamo ottenuta”.
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<b>Adesso nel 2012 di nuovo vicini ad un obiettivo che solo qualche anno fa sembrava impossibile.</b>
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“Sì, veramente sembrava impossibile”.
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<b>Ma i radicali non mollano mai?</b>
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“Credo che la durata sia la forma delle cose. Lo sappiamo bene e spero che sia così anche nella campagna attuale che facciamo sulle carceri, sulla giustizia e la mancanza di diritto nel nostro paese, magari un po’ più presto se fosse possibile, ecco magari un pochino più rapido”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://notizie.radicali.it/articolo/2012-03-05/intervista/mutilazioni-genitali-femminili-emma-non-molla-mai">America Oggi | Stefano Vaccara | notizie.radicali.it</a>David-Maria SASSOLI: Respingimenti: sentenza dimostra il fallimento delle politiche di Berlusconi2012-02-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625573Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
“Questa è la prova di un governo che ha fatto vergognare l’Italia”.
<p> Lo afferma il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, <b>David Sassoli</b> commentando il giudizio di condanna espresso oggi dalla Corte europea per i diritti umani.
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“La condanna dell’Italia per i fatti di Hirsi, avvenuti nel 2009, è la certificazione nero su bianco del fallimento delle politiche dell’Italia di Berlusconi nel campo dell’immigrazione.
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L’ex premier non ha esitato a dare spago a quelle forze xenofobe che erano parte integrante del governo, venendo così meno ai valori fondanti di tutte le moderne democrazie occidentali nonché agli impegni presi in sede europea.
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Grazie all’impegno del nuovo governo guidato da Mario Monti l’Italia sta recuperando quella credibilità in Europa che fino a ieri le era venuta a mancare. Ancora oggi però il paese tutto paga gli errori di un centrodestra inadeguato.
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L’Italia adesso ha il difficile compito di dover recuperare il terreno finora perduto, recependo le direttive Ue in materia di politiche sull’immigrazione. Non sarà un lavoro semplice ma sappiamo che al governo del paese adesso ci sono le personalità adatte ad affrontare le grandi sfide che abbiamo di fronte”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.italiannetwork.it/news.aspx?id=33886">ItalianNetwork</a>