Openpolis - Argomento: ministro Economiahttps://www.openpolis.it/2012-08-25T00:00:00ZAntonio MARTINO: «L'elusione è peggio dell'evasione» - INTERVISTA2012-08-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648512Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />La pratica dell'elusione è una furbata mentre l'evasione è reato.
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Ogni ulteriore balzello «non è più sostenibile». Di più: «se si persegue il pareggio immediato di bilancio si ammazza il paese». Bisogna, al contrario, «agire sulla spesa pubblica con le riforme, non con manovre correttive». Perché, i veri risparmi da fare sono «su spesa sanitaria e enti locali»; tagli che «non si possono fare a legislazione invariata».
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Le circonlocuzioni e i toni soft non fanno per Antonio Martino. Tessera n. 2 di Forza Italia, ministro degli esteri del primo governo Berlusconi e capo della difesa nei due successivi esecutivi di centrodestra, Martino è un liberista impenitente. Il pessimismo non è nelle sue corde: «l'Italia è il paese più solido dell'Eurozona, più della Germania», dice. E al conformismo non si arrende: «gli speculatori? Rischiano i loro soldi. Invece, i banchieri centrali», graffia, «speculano con i nostri soldi».
Martino svela la sua visione. Senza sconti a chicchessia. «Perché», ghigna, «restare solo, in minoranza, non mi fa paura».
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<b>Il suo maestro è stato Milton Friedman. Questo basta a dire con chi sta nella storica tenzone tra keynesiani e friedmaniani?</b>
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Io ho scritto la mia tesi su Keynes. E già allora avevo le mie perplessità. Poi, sa, stando a Chicago.
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<b>Secondo i keynesiani, e il Fondo monetario internazionale, la compressione sul fronte salari impedisce la ripresa dell'economia. Perché azzoppa i consumi. Secondo i friedmaniani, l'eccessivo debito pubblico, la spesa pubblica esagerata e la conseguente alta tassazione, espongono il paese alla speculazione internazionale, inchiodano la ripresa e costringono a manovre lacrime e sangue. Lei con chi sta?</b>
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Vede, nella storia non c'è un caso uno di un paese in cui la spesa pubblica superi il 40% del Pil, che abbia uno sviluppo di lunga durata, uno sviluppo rilevante. Ne sanno qualcosa gli svedesi. Lo sviluppo che l'Italia ha ormai da molti anni è molto simile all'errore statistico. Sotto l'1%. Da quando la spesa pubblica ha superato il 50% del Pil, l'Italia ha smesso di crescere.
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<b>La sua lettura?</b>
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Dobbiamo tener presente che la spesa privata viene spiazzata dalla spesa pubblica, indipendentemente da come essa sia finanziata. Perché se la spesa pubblica è finanziata con le imposte, chi paga le imposte non ha più quei soldi da spendere. Se, invece, la spesa pubblica è finanziata con l'indebitamento, gli acquirenti, quelli che comprano i titoli di debito pubblico, non hanno più quei soldi da spendere. Ma li danno allo Stato con obbligazioni. Quindi, se la spesa pubblica viene finanziata in un modo, spiazza la spesa per consumo, se è finanziata nell'altro spiazza la spesa per investimenti.
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<b>Come se ne esce?</b>
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La prima cosa da fare è ridurre il rapporto spesa pubblica/Pil. Agendo sui cosiddetti entitlements, cioè su quelle voci di spesa pubblica che, a legislazione invariata, non possono essere ridotte o fatte variare. Prendiamo, ad esempio, il servizio sanitario nazionale: se non lo si riforma, ma lo si tocca a legislazione invariata, le spese andranno avanti senza che il governo possa fare alcunché. Idem per gli enti locali. Se non li si riforma, la spesa andrà per conto suo. E sono proprio queste due, le categorie più grosse della spesa pubblica locale. Alla fine, le spese riducibili a legislazione invariata sono una piccola parte della spesa pubblica.
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<b>Quindi?</b>
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L'Italia ha bisogno di riforme, non di manovre. Vanno cambiate le leggi che vanno per conto loro. Non bisogna più fare manovre a legislazione invariata, che finiscono per agire solo su piccole voci di spesa pubblica.
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<b>Un esempio?</b>
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Pensi alla spesa di esercizio militare. Viene sempre toccata da tutte le manovre: i carburanti, la manutenzione, l'addestramento e cosi via. Insomma, le cose essenziali per far funzionare la macchina. Mentre era ministro dell'economia Giulio Tremonti, in Francia cadde un elicottero e morirono sette militari. Il pilota non voleva partire perché non era stata fatta la manutenzione. Avevano tagliato lì. Quei piloti sono stati ammazzati da una manovra, che ha tagliato le spese di esercizio.
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<b>Dove si taglia si sbaglia?</b>
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In Italia l'esistente non deve essere gestito, deve essere cambiato. Ci vogliono riforme. Il Servizio sanitario nazionale costa 3.500 euro l'anno a italiano.
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<b>Addirittura?</b>
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Lei pensa che l'ho sparata grossa. E, apparentemente, avrebbe ragione. Ma facciamo due conti: la spesa sanitaria contabilizzata è di 110-130 miliardi di euro l'anno; a questi, però, vanno aggiunti altri 50 miliardi l'anno, che i privati spendono per procurarsi quello che il Ssn non fornisce. E non è finita: l'80% del bilancio delle regioni è utilizzato in spesa sanitaria. Il che significa che l'80% del costo delle regioni va imputato alla spesa sanitaria. Quindi, per l'80% le regioni esistono per gestire la spesa sanitaria. A conti fatti sono più di 200 miliardi di euro l'anno. Diviso 60 milioni di italiani fa qualcosa come 3.500 euro l'anno a persona. Ogni persona, sia essa bambino o anziano.
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<b>Un pozzo senza fondo?</b>
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Abbiamo un sistema sanitario inefficiente e regressivo: tassiamo il bracciante agricolo affinché anche Berlusconi possa avere le medicine gratis! Se, poi, aggiunge che il sistema è marcio e corrotto, con migliaia di frodi nel sistema farmaceutico, allora ne consegue che va riformato al più presto. Perfino un esponente del Pd, Umberto Veronesi, ha proposto di limitare le prestazioni del Ssn ai meno abbienti, così da passare dal servizio sanitario universale a un sistema selettivo, che dia, non tutto a tutti, ma tutto a chi ne ha bisogno.
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<b>La sua posizione in economia, che definisce “semplicemente liberista”, l'ha messa spesso in condizione di «disagio» all'interno del centro-destra.</b>
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Quando ero iscritto al Pli, facevo parte di una minoranza composta da una sola persona (sorride, <i>ndr</i>).
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<b>Il suo «disagio» è sfociato in netto contrasto con l'indirizzo, da taluni definito di “destra sociale”, assunto dall'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti.</b>
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Tremonti è un ottimo tributarista, ma non capisce niente di economia. All'inizio lo negava, perché voleva essere etichettato come economista. Poi ne andava fiero perché convinto che gli economisti non capiscono niente. Come ministro dell'economia è stato persino più disastroso di Padoa Schioppa, da cui ha ricevuto i complimenti.
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<b>Ne ha per tutti</b>
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Forse il meno peggio tra i ministri dell'economia è quello attuale, Grilli. I suoi predecessori, tutti disastrosi. Il mio amico Bassanini ha unito in un dicastero ciò che deve restare diviso, Finanze e Tesoro, entrate e uscite. Se le unisci, poi, non si muove foglia che il ministro dell'economia non voglia.
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<b>Sempre in polemica con Tremonti, nel 2008 scrisse su Libero un fondo dal titolo: “Viva gli speculatori”. In quel caso la speculazione colpiva le commodity e, in particolare, il petrolio, alterandone le quotazioni.</b>
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Vede, come spesso fa, Tremonti doveva trovarsi un capro espiatorio. In quell'occasione prese di mira gli speculatori. Ma gli speculatori privati rischiano i loro soldi sulle previsioni. Scommettono i loro soldi e, se sbagliano, li perdono. Poi c'è anche lo speculatore pubblico, che scommette con i soldi degli altri. E, se sbaglia, la perdita la subiscono gli altri.
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<b>Lo speculatore pubblico? A chi allude?</b><p>
Il banchiere centrale è uno speculatore pubblico. Quando c'è un deficit potenziale con l'estero, nella bilancia dei pagamenti, lo speculatore privato vende moneta nazionale per comprare divise estere. Scommette cioè sulla svalutazione della moneta nazionale. Lo speculatore pubblico fa l'esatto contrario. Un esempio? Mercoledì, 16 settembre 1992. In quel giorno, la Banca d'Italia vendette 60 mila miliardi di lire di riserve ufficiali, per impedire la svalutazione della lira. Dopo aver fatto perdere all'Italia 60 mila mld, Bankitalia dovette arrendersi e lasciar svalutare la lira. Tutti diedero la colpa a Soros, perché, si disse, aveva fatto svalutare la lira. Ma Soros scommise i soldi suoi sulla lira svalutata. I 60 mila miliardi di lire che l'Italia perse, a causa della scommessa fallita dal banchiere centrale finalizzata a tener su la lira, erano invece soldi degli italiani. Io tra i due speculatori scelgo lo scommettitore privato, perché rischia i suoi soldi.
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<b>La pensa ancora così, oggi che la speculazione fa cassa sui titoli di stato e su fondamentali di un paese, impossibili da correggere nel breve periodo. Ad esempio il debito pubblico, che fa impennare lo spread. Direbbe anche oggi “viva gli speculatori”?
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Guardi, sgombriamo il campo da un equivoco: l'Italia è di gran lunga il paese finanziariamente più solido dell'Eurozona. E' molto più solido della Germania e di tutti gli altri. Le dico subito il perché:
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<i>Primo:</i> gran parte del debito pubblico è in mano agli italiani; in Italia ci sono debiti pubblici italiani e crediti privati italiani, che si elidono tra loro.
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<i>Secondo:</i> mai nessuna asta di titoli italiani di debito pubblico è andata deserta. Anzi, quasi sempre la domanda ha superato l'offerta.
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<i>Terzo:</i> il patrimonio statale mobiliare e immobiliare è difficile sapere quanto valga, ma non mi stupirei valesse molto più del debito pubblico.
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<i>Quarto:</i> perché esiste lo spread? Perché prendere a prestito Euro in Germania costa meno che in Italia?
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<b>Perché?</b>
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Solo, per motivi psicologici: c'è la diffusa convinzione che la Germania come debitore sia più solida dell'Italia come debitrice. Non è vero. È solo una percezione diffusa, che non si può cambiare con la bacchetta magica. Ma è sbagliata. L'Italia è assolutamente solvibile come debitrice. Uno studio Bankitalia dello scorso anno sostiene che, anche se lo spread arrivasse a 800 punti base, la situazione sarebbe comunque sostenibile.
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Dobbiamo smetterla di piangerci addosso! La cosa essenziale è far ripartire la crescita. Se cerchiamo di far pareggiare in tempi brevi il bilancio dello stato, ammazziamo l'Italia. Perché, per farlo, il contribuente medio dovrebbe versare il 52% allo stato. E le imprese? Quanto dovrebbero versare?
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<b>Nello scontro, tutto tra pensatori liberali e tutto interno al Pdl, tra montiani e anti-montiani, lei sembra iscriversi nel primo filone. L'ultimo episodio è andato in onda sul Foglio, dove un irritato Piero Ostellino continua a combattere la voracità del Fisco e non condivide l'approccio dell'Elefantino, che considera Monti il meglio che oggi possa passare il convento. Perché la lotta agli evasori, dice Giuliano Ferrara, non è più eludibile.</b>
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Il fatto che Giuliano Ferrara mi citi come se io fossi d'accordo con lui non va. Secondo me Ostellino ha assolutamente ragione. Non si possono introdurre nuovi balzelli in un'Italia moribonda. L'Italia ha necessità assoluta di una riforma fiscale. Nel 2012, il gettito Irpef, Irpeg e Irap è stato il 19,6% del Pil. Tutte le imposte dirette prese assieme hanno preso meno del 20% del Pil! Come ce lo spieghiamo? Solo con l'evasione?
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<b>E come lo spiega?</b>
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Certo l'evasione esiste, è un reato. Ma sono l'erosione e l'elusione il vero problema. Sono modi perfettamente legali per evadere le tasse. Perché, chi è già ricco va dal Tremonti di turno e quello gli trova un modo per non pagare. O per pagare poco. Invece, chi potrebbe diventare ricco, cioè crescere, viene ammazzato da queste aliquote. Sono i piccoli commercianti e gli imprenditori, che vengono mitragliati da queste aliquote. Abbiamo un sistema fiscale inefficiente, iniquo e aperto alle furbizie dei tributaristi, che fanno si che chi è già ricco le tasse non le paghi. E a pagarle sono quelli, che ricchi non diventeranno mai.
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<b>Pane al pane, vino al vino?</b>
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Lei crede possibile che io faccia parte dell'1 per mille dei contribuenti più ricchi in Italia? Abito nello stesso appartamento da 30 anni, prendo in affitto la stessa casa al mare, ho una barca da otto metri e mezzo, circondata da enormi yacht. Ma posso essere in quell'1 per mille? Secondo l'Agenzia delle Entrate io ne faccio parte. Lei crede davvero che ci siano tutti questi più poveri di me? E tutti questi yacht di chi sono? Io non credo.
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<b>Di recente, nel corso di una manifestazione del Tea party all'italiana, in piazza Campo San Geremia a Venezia, lei ha detto “Patriota è colui che evade!”</b>
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Io ho premesso: l'evasione vìola la legge e, quindi, è un reato da perseguire. Ma, se si guarda alle conseguenze, l'evasore è un patriota, che sottrae scarse risorse al pubblico spreco per destinarle a scopi produttivi. Non c'è dubbio che il privato spenda meglio i suoi soldi del pubblico. Lo diceva perfino Milton Friedman.
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<b>Monti dice: la crisi sta passando. Passera gli fa eco. Moody's elogia Monti. E dice: Italia salva nel 2013. Per dirla con una battuta, l'agenzia di rating che assicura l'Italia sui mercati si chiama “Moonti's”?</b>
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(Ride, <i>ndr</i>)Se prendiamo per buono ciò che le ho già detto, l'Italia è salva di suo. Il vero problema da cui l'Italia deve salvarsi sono i politici che spendono, spandono e contraggono debiti con i soldi degli altri. Ho sempre detto che, se vogliono far del bene, usino i soldi propri, non quelli degli altri.
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<b>Ultimamente, lei si è detto favorevole a una grosse koalition, guidata da Monti, per le elezioni del 2013. Eppure lei disse a Monti, che conosce dal 1975, che non avrebbe mai votato il suo governo tecnico. Così come non votò quello di Dini, «perché», disse allora, «i tecnici devono essere al servizio dellapolitica e non viceversa».</b>
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Vero. Ma in realtà ho detto un'altra cosa sulla grosse koalition. Dissi che, se si va a votare con una legge elettorale come quella attuale o sua una variazione sul tema, e nessuno dei due schieramenti raggiunge la maggioranza, a quel punto, se i partiti più grandi riuscissero a trovare un accordo sulle riforme, sarebbe auspicabile una grande coalizione, guidata anche da Mario Monti.
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<b>La prospettiva sembra quella di un Monti quirinalizio e un Passera a palazzo Chigi. Sembra tutto preconfezionato. E gradito ai mercati. Una simile impostazione non farà contento Beppe Grillo?</b>
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Non c'è dubbio. I cosiddetti governi tecnici, o governi del presidente, sono l'ammissione che la politica democratica non è riuscita a fornire una risposta. Ciò alimenta l'antipolitica. E' pericolosissimo. Perché produce la richiesta dell'uomo forte. Il fatto di aver avuto il Fascismo potrebbe averci immunizzato da questa pulsione. Anche i Greci hanno avuto i colonnelli. Ma se non ci fossero stati questi episodi recenti, in Grecia e in Italia ci sarebbe stata la tentazione. Chi è democratico deve sfuggire a simili tentazioni e deve esaltare le forme democratiche. Possibilmente con una riforma elettorale. La legge attuale è inaccettabile.
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<b>Lei che legge elettorale vorrebbe?</b>
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Io sono per l'uninominale maggioritario all'americana, con le primarie. Ma va bene anche quello alla francese, purché, nel doppio turno, il ballottaggio sia limitato ai due candidati più votati.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JE6NL">Italia Oggi | Luigi Chiarello </a>Giulio TREMONTI: «Il segreto bancario è finito e nessuno se n’è accorto» - INTERVISTA2011-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609756Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Non basta più reprimere, d’autorità, l’evasione fiscale. La vera scommessa, forse la vera sfida, è prevenirla, facendo leva sulla convenienza a non rischiare e soprattutto sulla coscienza del dovere di pagare». «Ciò che va fatto è chiudere l’asimmetria tra l’essere legale e il doverlo essere».
<p><i>Colloquio con Giulio Tremonti nella roccaforte dell’Economia, a via XX Settembre, con un ministro evidentemente attento al quadro italiano ed europeo, ma oggi deciso a concentrare la riflessione su un unico punto: il salto di efficienza nel contrasto all’evasione fiscale. O, meglio, i nuovi mezzi scelti per combatterla.</i>
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<i>Giulio Tremonti riflette per qualche secondo. Poi comincia a spiegare la forza di un impegno destinato a crescere. «Se oggi le entrate derivanti dal contrasto all’evasione crescono via via, tuttavia è l’ethos fiscale a essere ancora troppo debole». È solo una frase sussurrata. Il ministro punta il dito su una serie di tabelle e avverte: «Guardi, nel 2010 sono stati recuperati 25 miliardi, in termini di cassa. È un dato oggettivo, ed è una cifra colossale».</i>
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<i>Tremonti parla per quasi due ore. Per spiegare una svolta in cui crede. Un’accelerazione inevitabile. Poi, sulla porta dell’ufficio, si affida all’ultimo ricordo storico per rimarcare le difficoltà legate alla lotta all’evasione e per dichiarare guerra all’idea di un nuovo super condono tombale su cui arriva anche la netta frenata di Palazzo Chigi. Tremonti parla di Ezio Vanoni, grande ministro delle Finanze del passato, professore a Pavia. Lui non abbassò le aliquote dei redditi più alti, non abolì l’imposta di successione, non legò la stabilità del bilancio al gettito illusorio di una sanatoria e allo smobilizzo del patrimonio immobiliare.
E soprattutto non premiò i "furbi" con condoni.</i>
<p> <b>Sul condono fiscale il ministro fa un gesto netto con la mano. E lascia cadere le parole una a una:</b>
<p>«Vorrebbe dire frenare sul nascere il progetto di contrasto all’evasione fiscale, sarebbe un togliere forza al nostro vero obiettivo. Finora le entrate da lotta all’evasione fiscale e contributiva sono servite sistematicamente per finanziare la spesa pubblica: sanità, pensioni, assistenza... Il condono minaccia però l’afflusso di queste entrate negli anni a venire, che finirebbero per cancellarsi. E, così facendo, alla fine ci troveremmo con un maggior deficit».
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<b>Tremonti non vuole parlare di un possibile concordato con la Svizzera sui capitali italiani depositati nelle banche locali, non vuole spiegare il senso del tormentato decreto per lo sviluppo. E non vuole svelare le "sue" verità sullo stato dei rapporti con Silvio Berlusconi e soffermarsi sui ripetuti tagli al nostro rating. Preferisce conversare sull’Italia che sogna e su quella che c’è.</b>
<p> «Un Paese, almeno in certe fasce, ancora ostaggio dell’evasione, dell’illegalità, della criminalità. Ma no taxation without representation».
<p><b>Il ministro dell’Economia arriva in fretta al punto:</b>
<p> «Uno Stato "assente" produce irresponsabilità, amoralità, evasione fiscale. Ed è il Sud che soffre di più per questo».
<p><b>Tremonti mostra consapevolezza sulla necessità di un cambio di passo. E la lotta all’evasione non può che essere un punto di partenza. «La gente capirà», torna a dire, spiegando che esiste anche una «logica premiale» dietro una mano sempre più ferma.</b>
<p> «Più recuperiamo risorse dalla lotta all’evasione, più avremo spazi per ridurre le imposte».
<p><b> Per spiegare il progetto il ministro ripete un concetto già scandito.</b>
<p> «Non basta più reprimere, non basta più l’intenso ed efficace lavoro che viene fatto, tanto dall’Agenzia delle Entrate, quanto dalla Guardia di Finanza. Certo è necessario tutto questo, ma non è sufficiente, tenendo conto della nostra "geografia" economica e della nostra storia politica. E allora è arrivato il momento di cambiare registro e di scommettere con decisione sulla prevenzione».
<p><i> Tremonti usa un’immagine che aiuta a capire la forza della svolta impressa dal governo, e dal suo ministero, all’impegno per allargare – «secondo giustizia» – la platea dei contribuenti: «I tavoli a due gambe traballano; bisognava aggiungerne altre due. Ecco quello che si è deciso di fare: un tavolo a quattro gambe».</i>
<p>«Accanto ad Entrate e Fiamme Gialle, dobbiamo usare di più le banche e i Comuni. Abbiamo, cioè, deciso di coinvolgere i Comuni nel controllo del territorio anche per questo aspetto vitale. E, soprattutto, di usare meglio i dati degli istituti di credito e di ridurre davvero il segreto bancario, come succede nel resto d’Europa».
<p> <b>All’improvviso il linguaggio di Tremonti si fa semplice e diretto. Quasi insolito, nella concretezza del messaggio.</b>
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«L’accertamento non basta. Se si vuole ridurre l’evasione, dobbiamo trasmettere un messaggio non poliziesco; ma sociale, di deterrenza. Aggiungendo alla repressione la prevenzione sarà possibile intensificare significativamente il contrasto all’evasione fiscale». L’evasione fiscale, un male che piega il nostro Paese, è un male storico e radicato, un male mai davvero venuto meno, dai tempi dell’unità d’Italia».
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<b>C’è un’idea del dovere fiscale ancora troppo "lontana". Anche dal territorio.</b>
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«Gli uffici fiscali e le caserme della Guardia di finanza, sono infatti troppo remoti, tutti naturalmente collocati nei centri medio-grandi. Per contro abbiamo 8mila Comuni e 4 milioni di partite Iva sparse sul territorio. Data questa geografia economica, quella del dovere fiscale è un’idea lontana dai portafogli degli italiani. E di riflesso è un’idea lontana dalle coscienze degli italiani». Evadere è oggi il migliore investimento possibile. Garantisce come minimo un rendimento immediato del 40 per cento. Un rendimento che non trovi da nessuna altra parte».
<p> <b>E allora?</b>
<p> «Allora rendiamoci conto che c’è anche un altro metodo da sviluppare. Che non è "poliziesco", ma morale e culturale. Si tratta di lavorare sulle coscienze e sulle teste. Di capire tutti insieme che così non si può andare avanti. L’interesse generale non è la somma degli interessi particolari».
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<b>Tremonti mostra un fascicolo carico di pagine. Contiene dati storici e dati inediti sull’evasione.</b> <br />
<i>Numeri, cifre, percentuali, statistiche che testimoniano la forza del «contrasto». Sul primo foglio leggiamo un titolo in corsivo: Ricostruire dalle rovine. Dentro c’è la relazione di Antonio Pesenti (professore di Pavia, incarcerato dal fascismo, ministro di sinistra nel secondo Governo Bonomi) a un Consiglio dei ministri nel marzo 1945. Tremonti legge quasi meccanicamente, come se conoscesse quel testo a memoria.</i>
<p> «Non è un mistero che il nostro sistema di accertamento è sempre stato difettoso. Per le deficienze degli uffici tributari e più ancora per la scarsa coscienza fiscale del contribuente italiano».
<p><i>Sono passati sessantasei anni e il macigno è ancora lì. Enorme, pesante. Contribuisce a bloccare lo sviluppo del Paese. Falsa e condiziona la ripresa dell’economia italiana. Un’«impressionante» ingiustizia, come ha annotato il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Tremonti annuisce</i>.
<p> «Il fenomeno dell’evasione fiscale ha dimensioni davvero impressionanti...».
<p> <b>Cento, centoventi o addirittura centosettanta miliardi?</b>
<p> «È difficile persino dare cifre precise. Ma non è il momento dell’analisi statistica, è quello dell’azione. Ho riflettuto a lungo sulle parole del cardinale Bagnasco, ho pensato ai ripetuti inviti della Conferenza episcopale a debellare un "male" che finisce per avere ricadute durissime sui carichi fiscali delle famiglie e sui servizi loro offerti».
<p><b>Tremonti ragiona a voce alta.</b>
<p> «Ha ragione il cardinale, le cifre sono enormi. Anche se è vero che negli ultimi anni l’azione di contrasto è stata più decisa».
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<b>Anche il ministro dell’Economia sa, però, che serve un nuovo sforzo, una nuova azione, magari anche più convinzione. E questa prende forma tornando sul concetto del segreto bancario.</b>
<p> «Abbiamo stabilito che scompare sul serio e, in pratica, nessuno se n’è ancora accorto, nessuno l’ha notato, nessuno l’ha sottolineato con la giusta rilevanza... Ma legga il decreto legge del 13 agosto; lo legga, per favore...».
<p><b>La nuova norma consente all’Agenzia delle Entrate di chiedere alle banche informazioni fondamentali: movimentazioni complessive annuali, saldi, eventuali garanzie.</b>
<p> «Queste informazioni verranno incrociate con le dichiarazioni fiscali e se non sarà tutto chiaro, scatteranno i controlli propedeutici all’individuazione dell’eventuale evasione».
<p> <b>Il linguaggio è tecnico, ma il messaggio di Tremonti è netto.</b>
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«Così, come nel resto d’Europa, superiamo il segreto bancario. Non per completare l’accertamento, ma per partire da qui, per fare l’accertamento, invertendo il processo, per vedere se i dati bancari da cui si parte coincidono a valle con le dichiarazioni presentate. Se no, c’è la rettifica automatica».
<p> <b>È una svolta profonda.</b><br />
<i>Finora i dati relativi alle movimentazioni di qualsiasi rapporto finanziario potevano essere chiesti dal fisco alle banche, ma solo in forma eccezionale, dopo l’attivazione di un controllo fiscale innescato su dati non bancari. E per questo ciò è avvenuto solo in un numero limitato di casi: nel 2010 ci sono state appena 11mila richieste in banca, a fronte di 400mila accertamenti. E nessuno è venuto a saperlo. Tremonti alza gli occhi da quelle ventidue righe dattiloscritte:</i>
<p> «Vede, di fatto sulla massa delle movimentazioni bancarie permaneva il segreto...».
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<b>Ministro, ma non si corre il rischio di esagerare? In tanti parleranno di "intrusione" fiscale...Lui allarga le braccia e nega:</b>
<p> «È stata una scelta difficile, complessa, impegnativa; ma anche una scelta profondamente morale e politica, una scelta non più rinviabile. In Europa funziona così, anzi molto di più. In Europa tutti i dati sono infatti online. Se hai soldi in banca, lo dichiari al fisco».
<p> <b>E noi faremo come l’Europa?</b>
<p> «Abbiamo ancora molta opacità, diverse zone grigie: in Europa il fisco sa tutto di quello che hai. Lì in dichiarazione si pagano le tasse sugli interessi bancari. Qui da noi non siamo a questo».
<p><b>Un voltar pagina che sa di "pugno di ferro", forse perfino tardivo.</b>
<p> «No, è soltanto un grado di rigore in più. Lo ripeto: nessuno ha in mente traumatiche azioni di polizia tributaria; la sfida è aprire una fase di presa di coscienza».
<p> <b>Crede che la gente capirà?</b>
<p> «Lo spero proprio. Per questo bisogna muoversi con gradualità. Se il progetto verrà realizzato con prudenza ed equilibrio, e io spero che sia così, darà risultati importanti; se dovessimo fare l’errore di spingere troppo sull’acceleratore, rischieremmo di uccidere il progetto prima che parta. Di trasformarlo di fatto in un boomerang».
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<b>Non è una sfida facile e un sistema fiscale così "complicato" come quello italiano non aiuta.</b>
<p> «Tutti dicono di voler "semplificare", ma nessuno ha mai semplificato. Il nostro sistema è stato disegnato mezzo secolo fa e da allora il mondo è cambiato profondamente...».
<p><b>Tremonti però non anticipa ricette. Ammette solo che nessuna ipotesi di lavoro viene trascurata pregiudizialmente. Anche il modello americano? Anche l’idea di offrire "premi" a chi opera e fa operare fiscalmente alla luce del sole?</b>
<p> «È complicato confrontare sistemi troppo diversi, in America lo Stato sociale è corto ed è solo per questo che la lista delle deduzioni fiscali è lunga. Quello è un mondo diverso: non c’è l’Inps, non c’è la scuola pubblica, ti paghi la sanità ed è per questo, non per fare la lotta all’evasione, che deduci tutto».
<p> <b>Stiamo ragionando sul contrasto di interessi, ma una pausa leggera precede la nuova riflessione:</b>
<p> «E poi vedo anche altri rischi. Chi ha soldi e reddito compra e detrae, ma la persona "incapiente", che campa con settecento euro al mese? Le stesse cose, gli stessi servizi costerebbero meno ai capienti che a lei. Non è costituzionale».
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<b>A Tremonti preme di modellare l’ultima delle quattro gambe. Per lui importantissima. Vuole riflettere sul ruolo «fondamentale» di controllo del territorio che si è deciso di affidare ai Comuni.</b>
<p> «C’è una sfasatura tra il luogo dove si produce il reddito e quello dove si accerta il reddito», <i>sottolinea il ministro, ammettendo subito che</i> «l’efficacia dell’azione di controllo, finora, ne è stata compromessa».
<p> <b>La svolta è rivitalizzare i Consigli tributari istituiti presso i Comuni. Insomma, là dove l’Agenzia delle Entrate non arriva ecco gli Enti locali.</b><br />
<i>Tremonti spinge. Spera che «si parta prestissimo».
Che sia questione «di mesi», non di anni.</i>
<p> «Il Tesoro è pronto a garantire ai Comuni ogni supporto tecnico per metterli nelle condizioni di muoversi ora»,<i> assicura il ministro che subito avverte:</i> «Parte dei soldi della lotta all’evasione finiranno proprio nelle casse dei Comuni. Chi non si attiva, non prende nulla. Per contro, proprio i necessari tagli ai Comuni serviranno anche a questo: a spingerli ad attivarsi anche loro nel contrasto all’evasione fiscale».
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=15ACXW">Avvenire - Arturo Celletti </a>Giulio TREMONTI: ''Modificare l'art. 81 della Costituzione. Aumentare la tassazione delle rendite finanziarie dal 12,5% al 20%''.2011-08-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590894Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
''L'articolo 81 della Costituzione non è un caso di successo. Siamo arrivati a fare il terzo-quarto debito pubblico nel mondo''.
<p>Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso della sua audizione al Parlamento, di fronte alle commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio di Senato e Camera.
<p> ''Dobbiamo cambiare l'articolo 81 - ha aggiunto il ministro - perché non funziona più''. La modifica volta all'introduzione del vincolo obbligatorio del pareggio di bilancio è "necessaria" e prendere tale decisione ''è un vincolo formale forte'', poiché ''costringe a scelte di maggiore rigore perché non si può più spendere più di quello che prendi''.
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Tremonti osserva che dal voto della Camera sul decreto che poneva il pareggio di bilancio al 2014 ''sono emersi fatti nuovi che hanno modificato il corso delle nostre attività'', a partire dall'''intensificarsi verticale della crisi finanziaria''. ''La data del pareggio di bilancio nel 2014 non l'abbiamo inventata noi, è in tutti i documenti europei e prevedeva un percorso progressivo''.
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"Accorpare le festività sulla domenica tranne quelle religiose che sono oggetto di trattato". Fermi i titoli di Stato, siamo pronti ad aumentare la tassazione delle rendite finanziarie dal 12,5% al 20%''.
<p>"Se posso essere un po' specifico sulle indicazioni che ci vengono da fuori, riguardano tanto il lato della crescita quanto quello del bilancio pubblico", ha spiegato il ministro dando conto sinteticamente dei contenuti della missiva dell'Eurotower: dalla "piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, e di quella dei servizi professionali. Poi, la privatizzazione su larga scala dei servizi locali" nonché il superamento di certe rigidità del mercato del lavoro.
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"Per la materia del lavoro c'è la spinta a una contrattazione a livello aziendale e, quindi, il superamento di un sistema centrale rigido e poi formule, come dire, piuttosto critiche come - ha precisato - licenziamento e dismissione del personale, compensato con meccanismi di assicurazione e di migliore o più felice collocamento sul mercato del lavoro. Compaiono comunque anche le parole 'diritto a licenziare'".<br />
E qui Tremonti ha precisato che "non è detto che tutto questo sia parte della condivisa attività del governo".
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Sempre in materia di 'ricetta' della Bce essa insiste ''più sul lato della riduzione di spesa che su quello degli incrementi delle entrate e, comunque, i suggerimenti riguardano le pensioni di anzianità e quelle delle donne nel settore privato, e si formula poi l'ipotesi di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici".
<p>"Sicuramente dobbiamo intervenire con maggiore incisività sui costi della politica". Credo che dobbiamo tornare su questa materia con l'impegno che non è solo riferito ai costi della politica, quanto dei politici, quanto prendono ma anche quanti sono. Soprattutto sono le complessità del sistema che, stratificandosi nel corso degli anni, hanno oggettivamente causato un effetto di blocco, di manomorta e di costo eccessivo".
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''Dobbiamo e possiamo intervenire per rendere più flessibile il mercato lavoro e anche per evitare forme di abuso dei contratti a tempo determinato''. Nel corso dell'audizione al Parlamento, Tremonti dice che ''da quelle parti'', ovvero nell'area dei contratti a tempo determinato, ''oggettivamente si creano effetti di instabilità personale che creano effetti di instabilità anche per l'economia''.
<p>''E' ben difficile - ha rimarcato - prima di andare dal capo dello Stato, a mercati aperti, essere più precisi di come sono stato io''.
<p>''Non abbiamo intenzione di ridurre gli stipendi pubblici''.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/ext/printNews.php?sec=News&cat=Economia&loid=3.1.2341936285">Adnkronos.com</a>Giulio TREMONTI: Tremonti, la città di Leonardo e' diversa da via Gluck2011-05-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560876Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
"Faremo un Expo degna forse di Leonardo da Vinci, faremo una citta' che forse sarebbe piaciuta a Leonardo da Vinci, una cosa diversa da via Gluck".
<p> Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti rispondendo indirettamente alle critiche di Adriano Celentano, il cantante del 'Ragazzo di via Gluck' all'amministrazione milanese. Tremonti ha incontrato la stampa insieme al sindaco di Milano Letizia Moratti.
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<br/>fonte: <a href="http://www.ilriformista.it/stories/adnkronos/395787/">ilriformista.it | Adnkronos</a>GIANCARLO GALAN: "Fermiamo Tremonti"2011-04-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560003Alla data della dichiarazione: Ministro Beni e Attività Culturali (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Fermiamo Tremonti. Il caso del giorno in casa Pdl è l'attacco di un ministro, quello dei Beni Culturali, Galan, al titolare dell'Economia.
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Per il partito di Berlusconi è un'altra grana dopo quella del candidato milanese Lassini, autore dei manifesti sulle Br in procura e dopo <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=Z89DX"><b>la proposta del deputato Cerroni di riscrivere il primo articolo della Costituzione</b></a> per mettere nero su bianco la supremazia del Parlamento sugli altri poteri.
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L'attacco a Tremonti è doppio perché oltre ad arrivare da un ministro, Galan, che è tra i fondatori di Forza Italia, viene lanciato dalla prima pagina de <b>il Giornale con un titolo inequivocabile "Bufera del Pdl, scoppia il caso Tremonti"</b>.
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La tesi è quella più volte espressa più o meno chiaramente da vari ministri a cominciare dal predecessore di Galan, Sandro Bondi, e cioè che il pallino del governo è in mano a Tremonti, che ha in mano le chiavi della cassa dello Stato e che riserva agli altri ministeri le briciole.
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Ma l'attacco di Galan è più deciso, "Siamo scesi in politica con delle idee liberali e siamo finiti con un governo perennemente commissariato da un socialista come Giulio Tremonti", dice il titolare della Cultura che conclude con un affondo: "Con Tremonti si perdono le elezioni".
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Non è difficile prevedere che il super ministro dell'Economia chiederà conto al premier di questo attacco che però interpreta un sentimento diffuso nel governo e nel Pdl.
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Il ruolo di Tremonti, sempre di più considerato un corpo estraneo al partito - ministro leghista a tutti gli effetti - è da tempo guardato con sospetto da Berlusconi.
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Lui teme che aspiri alla successione a Palazzo Chigi, magari in caso di governo di transizione come quello che potrebbe uscire da un risultato elettorale diverso tra Camera e Senato.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.vitadidonna.org/politica/politica/pdl-scatenato-fermiamo-tremonti-6735/print.html">vitadidonna.org</a>Giulio TREMONTI: Fisco, la promessa alle imprese: "Troppi lacci, basta oppressione" 2011-04-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559994Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
"Deve esistere il diritto a dire 'non mi rompete più di tanto".
<p>Sui controlli fiscali, gli accessi e le visite alle imprese: "è eccessivo con costi come tempo perso, stress, e occasioni di corruzione. Un'oppressione fiscale che dobbiamo interrompere". Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti risponde così alle continue richieste che arrivano dal mondo dell'impresa. Sintetizzando così la sua proposta: "Deve esistere il diritto a dire 'non mi rompete più di tanto'". Parole che arrivano lo stesso giorno in cui Bankitalia definisce "ambiziosi" gli obiettivi del Def 2011, prevedendo un taglio della spesa per raggiungere gli obiettivi fissati. E fissando tempi stretti: "Il costo di rinviare può essere molto alto. Si vede drammaticamente di questi tempi, anche negli stati uniti: prima si aggiusta meno si deve correggere" dice Il vice direttore Ignazio Visco.
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Imprese. <br />
"La proposta deve essere equilibrata, - aggiunge Tremonti durante una audizione in Commissione finanze alla Camera.- Non può essere del tipo della 626 (legge sulla sicurezza sul lavoro), ma potremmo immaginare una qualche tipo di concentrazione, salve esigenze di controllo erariale e ridurre il continuo controllo sulle imprese. Ne va via uno, e dopo un po' arriva il vigile urbano. Ci abbiamo già iniziato a lavorare. Fermo discorso sicurezza lavoro. Serve o un coordinamento dall'alto o un diritto dal basso: il diritto di dire 'non mi rompere piu' di tanto"
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Dl antiscalate. <br />
"Non abbiamo ragioni per
fare delle modifiche e credo che neanche l'opposizione ne abbia" afferma Tremonti, ribadendo che il provvedimento all'esame di Montecitorio contiente una norma "generale e astratta".
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Riforme.<br />
Poi il titolare del Tesoro annuncia che nel piano nazionale sulle riforme "contiene ipotesi che saranno presto oggetto di un decreto legge che saranno relative a opere pubbliche, edilizia abitativa, turismo e ricerche scientifica".
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Borsa. <br />
"Per quotare una società di 80 milioni i costi quotazione sono 8 milioni: è una follia" dice il ministro dell'Economia. "Le possibilità di riportare capitali sono molto alte ma - continua Tremonti - bisogna offrire livelli di burocrazia competitivi. Quando si dice le barriere nell'economia, ma mica le fa solo lo stato. L'8% per la quotazione è pazzesco. Ci sono tanti fattori, anche di scelta. Il nostro capitalismo è molto familiare. Se si va in assemblea e si chiede chi di voi è posseduto da una holding italiana? Nessuno. Da una holding del Lussemburgo? Tutti".
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Polemica con il Pd. <br />
Infine una polemica con il Pd a proposito del "contro piano economico" presentato dai democratici: "Conosco quel documento, e per usare una parafrasi diplomatico - eufemistica credo che il suo 'lifetime' all'Eurostat non superi i 10 minuti". Tra le proposte che il Pd mette in campo sui temi economici nazionali vi sono una serie di filoni come riforma del fisco, lotta a precarietà, liberalizzazioni.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/economia/2011/04/20/news/fisco_la_promessa_di_tremonti_basta_oppressione_sulle_imprese-15166029/">la Repubblica.it</a>Giulio TREMONTI: In Italia gli immigrati lavorano2011-04-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559896Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
"In Italia ci sono 4 milioni di immigrati, tra cui moltissimi giovani che lavorano da mattina a sera e anche di notte. L'Italia è un paese che offre lavoro a certe condizioni a certe persone evidentemente non c'è domanda per questi tipi di lavoro da parte di altri".
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Lo ha detto il ministro dell'Economia Tremonti, sottolineando come tra i giovani "immigrati non c'è disoccupazione". A chi gli chiede se sia il caso di chiudere all'immigrazione o se i giovani italiani debbano adeguarsi, Tremonti ha detto:<br />
"Escludo la prima ipotesi".
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E a chi gli ricordava che da noi c'e' il 30% di disoccupazione giovanile il ministro ha replicato ribadendo: "da noi ci sono 4 milioni di immigrati che lavorano e non credo che siano dei nullafacenti. Non mi risulta che ci sia disoccupazione tra i giovani immigrati", anzi, a suo avviso "e' tutta gente che lavora tantissimo".
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Secondo il ministro bisogna piuttosto chiedersi "che lavori fanno gli immigrati?".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.rainews24.rai.it/it/news_print.php?newsid=151962">Rainews24</a>Pier Luigi BERSANI: Sviluppo. Lettera a Tremonti e sfida al Governo2011-03-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559456Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, ha inviato al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, il Progetto alternativo per la crescita elaborato dal Pd come contributo al programma nazionale di riforme e discusso con le parti sociali.
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''Le politiche economiche restrittive adottate o proposte negli ultimi mesi dalla Presidenza del Consiglio Europeo e dalla Presidenza della Commissione rischiano di non aiutare la crescita dell'economia e di avere anche effetti disgregativi sulla coesione sociale'', ha scritto Bersani nella lettera, sottolineando come la vera condizione del risanamento finanziario sia la crescita dell'economia: ''Le politiche adottate dal governo italiano, al pari di quelle realizzate da altri paesi governati dal centrodestra, come abbiamo detto molte volte, rischiano di avere un analogo effetto sul nostro paese, gia' provato dalla crisi''.
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''Noi - ha scritto Bersani - crediamo che sia urgente un radicale mutamento della politica economica per costituire saldi legami tra sviluppo economico, equita' sociale e riequilibrio territoriale e, per questa via, creare adeguate condizioni generali di benessere materiale, di progresso civile, di democrazia effettiva. Fisco, occupazione, politica industriale, liberalizzazioni, politica energetica: tutto deve concorrere a rimettere il paese sui binari della crescita a livello nazionale. Un piano europeo di investimenti per l'occupazione e l'innovazione finanziato con eurobonds puo' essere invece il volano che sostiene la ripresa europea, insieme alle iniziative per affrontare in modo innovativo il problema del debito, senza limitarsi a brandire la ghigliottina sulle prestazioni del welfare''.
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''Il cambio di impostazione - ha proseguito Bersani - deve prendere le mosse dall'interpretazione della crisi, che non va considerata un fenomeno temporaneo, ma un passaggio di fase, una ''grande transizione'' geo-politica, economica, demografica, nella quale la diseguaglianza nella distribuzione del reddito rappresenta una delle cause di fondo che frenano lo sviluppo. Di fronte a questa situazione e in vista della presentazione all'Ue del Piano nazionale delle riforme, il Partito Democratico ha elaborato un piano alternativo per la crescita sulla base delle proposte discusse nelle tre assemblee nazionali programmatiche svolte dal Pd, dei contributi giunti da alcuni centri studi e da un gruppo di giovani economisti, oltre che dei suggerimenti raccolti nell'incontro con le parti sociali svoltosi lunedi' 21 marzo''.
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''Le trasmetto dunque il testo del nostro piano alternativo per la crescita. Mi auguro - ha concluso il segretario del Pd, sfidando il governo al confronto sulla politica economica - che il governo sia in grado di discuterne, affrontando finalmente il problema della politica economica in un pubblico confronto nella sede parlamentare.
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Noi mettiamo a disposizione le nostre proposte, pronti a recepire idee e contributi per il bene del Paese. Contiamo che il governo sappia fare altrettanto''.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.rosarossaonline.org/art/2011/03/25/sviluppo-bersani-scrive-a-tremonti-e-sfida-il-governo_13417">la rosarossaonline.org</a>Massimo CIALENTE: Abruzzo. «Ricostruzione mai partita» - INTERVISTA2011-03-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559151Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune L'Aquila (AQ) (Partito: DS) - Consigliere Consiglio Comunale L'Aquila (AQ)<br/><br/><br />
Il sindaco abruzzese non partecipa alle manifestazioni ufficiali, attacca Regione e Governo e occupa il Palazzo comunale della città.
<p>Ci sono molti modi di ricordare il 17 marzo. Quello più rabbioso e, in un certo senso, più triste, è quello che ha scelto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente. Che ieri mattina ha rotto gli indugi, ha deciso di non partecipare alle celebrazioni ufficiali per i 150 anni dell’Unità d’Italia a Roma e ha occupato le stanze del palazzo comunale, inagibile dal giorno del terremoto abruzzese. Raggiungiamo il primo cittadino al telefono, dopo che le agenzie hanno battuto la notizia della fine della sua protesta. Notizia subito smentita dal diretto interessato: «Io sono ancora dentro a quelle che erano le mie stanze. Morto dal freddo, ma continuo. Sono uscito solo per il discorso ufficiale per le celebrazioni. Ma da qui non mi muovo ». Bloccato dal freddo. Un po’ come la ricostruzione della città, distrutta dal terremoto orma quasi due anni fa.
<p> «Viviamo in una città commissariata. Non posso fare nulla. Non ho un bilancio. Non posso neanche dire la mia sulle macerie».
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<b>Prima le dimissioni da vicecommissario vicario per la ricostruzione post terremoto. Ora quella da sindaco. Che succede?</b>
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Lanciai un segnale ma è stato liquidato dicendo che non mi stava bene la nomina di Cicchetti a neo sub commissario. Lo stesso segnale voglio fare oggi. Sperando di essere capito. Qualcuno vuole interrogarsi su cosa sta succedendo all’Aquila?
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<b>A chi si riferisce?</b>
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Mi lascia attonito che il governo, i ministri dell’Economia, dell’Interno, delle Infrastrutture, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanardi, non cerchino di capire a che punto stiamo con la ricostruzione. La ricostruzione è ferma. Dopo che noi ci siamo occupati di quella leggera e dei puntellamenti, nulla è più stato fatto. Il paradosso è che chiedo a gran voce a tutte le autorità competenti di smentirmi. Ma nessuno si fa vivo. Siamo bloccati e dimenticati.
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<b>Il sottosegretario Giovanardi è stato molto polemico con voi sulla gestione dei fondi stanziati dal Dipartimento per le politiche della famiglia. Come è andata a finire?</b>
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Dopo la denuncia di Giovanardi, tutti hanno puntato il dito contro di noi, dicendo che al Comune non sapevamo cosa fare. In realtà, noi le idee chiare le avevamo. E le abbiamo ancora. Tanto è vero che presentammo due progetti per l’utilizzo di quei fondi. Uno, di 3 milioni, venne approvato (la riqualificazione di una residenza alberghiera socio sanitaria, ndr). Il secondo intervento riguardava un edificio in piazza del Palazzo, che volevamo trasformare nella sede del welfare comunale. Portai lo stesso Giovanardi nei luoghi dove volevamo intervenire. Ma l’idea non gli piacque e bocciò il progetto.
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<b>Quindi?</b>
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Le cose sono molto chiare. Due giorni fa, la Regione ha pubblicato un bando per l’utilizzo di quei nove milioni. Di fatto, il presidente e commissario Chiodi ammette che quei soldi erano a disposizione da più di un anno, ma erano tenuti bloccati.
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<b>Come vive questo momento la città?</b>
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Tempo fa dissi una frase che fece molto scalpore e per la quale venni pesantemente criticato. Dissi che L’Aquila non è Kabul. Bene, ora posso dire senza problemi che l’Aquila è Kabul. Viviamo in una città arrabbiata. Che ha smesso di sperare. E dove il pensiero più ricorrente sta diventando quello di andare via. Temo che il governo stia colpevolmente sottovalutando la questione del post terremoto. Non so con che coraggio verranno qui il 6 aprile per ricordare i due anni dal sisma. La ricostruzione dell’Aquila è una questione nazionale. E rappresenta il fallimento di un Paese intero.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=YAKWJ">Terra - Vincenzo Mulè</a>Luigi ZANDA: Berlusconi ha violato anche le norme antiriciclaggio?2011-02-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557657Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"I pagamenti cash erogati da Berlusconi alle numerose donne che hanno animato le sue feste violano le norme anti-riciclaggio?''. <br />
Lo chiede il vicepresidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, in un'interrogazione urgente rivolta al ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti.
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Si legge nell'interrogazione: ''Dagli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Milano alla Camera dei deputati in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere a perquisizioni domiciliari a carico di Berlusconi risulta che il Presidente del Consiglio ha in più occasioni erogato - direttamente o per il tramite di suoi collaboratori - ingenti somme di denaro, anche cash, a diverse persone coinvolte nell'inchiesta giudiziaria.
<p> A prescindere dall'effettiva natura di questi pagamenti, ancora oggetto di accertamento nell'ambito del procedimento penale per i reati di prostituzione minorile e concussione, e' evidente che essi siano avvenuti in violazione delle norme anti-riciclaggio, inasprite dallo stesso governo Berlusconi'' e che vietano il trasferimento ''di denaro contante'' effettuato ''a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto del trasferimento e' complessivamente pari o superiore a 5.000 euro''.
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Zanda chiede quindi al ministro Tremonti di intervenire poiché, ''la frequenza, la mancata giustificazione formale e l'entità' dei pagamenti accertati, anche quelli avvenuti per bonifico bancario'', impongono le verifiche previste dalla normativa antiriciclaggio.
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Il vicepresidente dei senatori del Pd chiede inoltre al ministro di ''accertare l'origine, la natura e il percorso dei flussi di denaro oggetto dei pagamenti illeciti, al fine di escludere la provenienza da attività criminose o l'accantonamento e l'utilizzo quali 'fondi neri' per il finanziamento di attività riconducibili agli interessi patrimoniali del presidente del Consiglio, direttamente o per il tramite di persone o societa' ad esso legate''.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.rosarossaonline.org/art/2011/02/04/pd-berlusconi-ha-violato-anche-le-norme-antiriciclaggio_11462">rosarossaonline.org</a>SERGIO GAETANO COFFERATI: «Noi subalterni a un'Europa senza modello sociale»2010-11-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547645Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
«Hanno discusso di governance per modificare il Patto, cancellando la crescita. E l'Italia non prova nemmeno ad avere un ruolo». Per l'eurodeputato la strada scelta dall'Unione è sbagliata. A guidare è la Germania che problemi di crescita non ne ha».
<p>Bruxelles. Siamo alla «destrutturazione del modello sociale europeo» e l'Italia, in questo percorso, agisce in «completa subalternità ai Paesi che decidono». A Sergio Cofferati quello che i Governi europei stanno facendo per rinnovare il Patto di Stabilità e Crescita proprio non piace, fatica a trovarci qualche aspetto positivo e quando lo fa parla di "qualche goccia" in un bicchiere che è difficile vedere anche come mezzo pieno.
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Ne parla a lungo, con passione, mentre viaggia verso un dibattito pubblico a Rocchetta di Vara, un piccolo comune nell'Appennino spezzino «che già sessanta anni fa parlava d'Europa», chiedendo un «patto federale tra le nazioni democratiche».
<p> «Non era una cosa del tutto comune», dice l' eurodeputato pensando a quella delibera comunale del 1950. Oggi l'ex leader sindacale, l'ex sindaco di Bologna, ha una poltrona a Strasburgo, dove lavora davvero ed in particolare lo fa nella Commissione speciale creata per analizzare la crisi economica e finanziaria.
<p>«Il problema dell'accordo al Consiglio europeo è che hanno discusso di governance per modificare il Patto, cancellando la crescita - spiega -. Tutta la discussione è stata centrata sul risanamento e il controllo delle dinamiche finanziarie, ma l'impianto originale del Patto di Stabilità e di Crescita anche nel linguaggio è diventato solo Patto di Stabilità».<br />
E questo non basta, perché «la stabilità era finalizzata alla crescita, che era l'obiettivo».
<p> Qualcosa che non è nell'accordo dei Governi è bene che non ci sia però: «Hanno eliminato l'automatismo delle sanzioni e la negazione del diritto di voto per gli Stati che violano le regole. Erano i provvedimenti punitivi più pesanti, ed anche forieri di problemi di non poco conto per molti Paesi, tra loro e nei rapporti con 1' Unione».
<p>Cofferati non disconosce però il valore delle sanzioni, «il problema - dice - è che senza incentivi non producono risultati consistenti».
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«Volendo trovare qualche goccia di buono in questo bicchiere - continua - c'è il fatto che l'Europa finalmente produce uno sforzo per trovare soluzioni tutta insieme. All'inizio di questa crisi ognuno provvide per se. E uno sforzo che non va assolutamente sottovalutato, anche se la strada è sbagliata». Non solo è sbagliata, ma è anche la strada privata di qualcuno, perché, spiega «le soluzioni trovate non sono pensate insieme, c'è chi le guida», e qui accenna alla Germania, che problemi di crescita non ne ha. Per rendere più efficiente lo sforzo comune, dunque, «bisogna, con incentivi mirati, ridare dignità e credibilità alla crescita, ed è questo che può fare il Parlamento europeo, riequilibrando il modello di governance, introducendo il tema "economia e società". La stabilità infatti è importante, ma all'origine aveva una finalità, senza la quale sembra essere solo una categoria dello spirito». Cofferati insiste: «Lo sforzo perla crescita è importante, perché l'Ue è in una difficoltà economica e sociale che non ha ancora raggiunto il punto più alto. Benché ci qualche molto piccolo sintomo di ripresa, non generalizzato, tolta la Germania tutti sono in difficoltà, e per gli economisti questi valori di crescita non sono sufficienti a creare occupazione aggiuntiva».
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Forse perché è stato un sindacalista, forse perché dall'osservatorio privilegiato del Parlamento ha molti strumenti di analisi, Cofferati ha tre grosse preoccupazioni per il futuro, che non vede affrontare dai Governi.
<p> «In primo luogo aumenta la disoccupazione e in particolare quella giovanile. Questo è già un dramma sociale in Italia, dove siamo al 26,4% e in Spagna, con il 41 %. In secondo luogo c'è il pesante aumento della povertà, che è meno evidente ma non meno grave: nel 2008 in Europa i poveri erano il 17%, 85 milioni di persone; ora, nel 2010, stiamo superando 20%, e sono principalmente giovani e anziani. Semplicemente stanno destrutturando il modello sociale europeo. Terzo punto è che siamo davanti ad un processo di deindustrializzazione in tutta Europa, dove chiudono le industrie più mature. Un'emergenza che non è percepita né dai Governi né dalla Task force di Herman van Rompuy, che si limita a formulazioni del generico più ovvio».
<p>Il lavoro, sostiene Cofferati, deve essere quello di «porre la crescita come precondizione, trovando risorse aggiuntive, in un momento nel quale tutti i Paesi sono in difficoltà perché scontano una caduta delle disponibilità per effetto della crisi». Qui entra il ruolo che ha già iniziato a giocare il Parlamento, che in questa materia ha il diritto di codecisione con i Governi. Senza il "sì" dei deputati non si va avanti.
<p> «Bisogna ripartire da Keynes - dice Cofferati - con interventi materiali e immateriali. Il tema è: dove trovare le risorse. Il Parlamento ha avanzato delle proposte molto concrete come l'introduzione degli eurobond e la tassa sulle transazioni fmanziarie, due cose alle quali il Consiglio neanche accenna, confermando la sua mancanza di attenzione. Ora dobbiamo trasformare queste che sono proposte politiche in proposte legislative».
<p>I Governi hanno deciso di lavorare a una revisione del Trattato, che «è una cosa possibile, ma non si capisce esattamente cosa vogliano fare, c'è tanta approssimazione, mi preoccupa. Che si crei un Fondo permanente è importante, ma bisogna chiarire quali sono i reali obiettivi perché quando apri quella porta dietro ci sono molti rischi».
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E l'Italia che fa? «Siamo di fronte all'inazione più clamorosa, non succede nulla. Il ministro dell'Economia ha sempre detto che stiamo meglio degli altri, ma intanto precipitano i fondamentali economici e cresce la disoccupazione. Nei prossimi mesi la situazione peggiorerà, ci saranno nuovi giovani alla ricerca di una lavoro e finiranno per tanti gli ammortizzatori sociali. Questo inverno e la prossima primavera saranno drammatici».
<p> Anche in Europa l'Italia non agisce. «Se accetti un irrigidimento delle politiche di bilancio che tra l'altro rischi di non reggere - spiega -, nella situazione in cui sei devi chiedere in cambio uno straordinario aiuto per la crescita.
<p>Invece niente, sembra che ci sia una completa subalternità ai Paesi che decidono, tra i quali l'Italia non c'è, siamo in Europa senza neanche la voglia di esercitare un ruolo».
<p>Non si è capito, a Roma, che le cose stanno cambiando nel rapporto con l' Ue. «Il Trattato di Lisbona - dice Cofferati - cambia sensibilmente il quadro, ma in Italia nessuno sembra tenerne conto». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=V3UO0">Riformista - Robustelli Lorenzo</a>Bruno TABACCI: «La cattiva politica rientra nelle banche» - INTERVISTA2010-09-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it507235Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
«La paura della calata libica (l’aumento del peso di Gheddafi in Unicredit senza l’avallo degli azionisti, ndr) è una questione esclusivamente strumentale. Non c’entra nulla con le dimissioni presentate da Profumo». Il portavoce nazionale di Api, Bruno Tabacci, fa parte di quei politici che non abboccano alle motivazioni “ufficiali”della mossa dell’amministratore delegato, ma che guardano a tutta la vicenda come un regolamento di conti domestico, tutto interno alla guerra di posizionamento nel mondo politicofinanziario italiano. «È fuorviante tirare in ballo interessi internazionali. Profumo non viene attaccato per la troppa vicinanza al mondo libico. Del resto, i capitali africani sono presenti nel nostro paese da anni: lì sdoganò prima l’avvocato Agnelli, accogliendoli in Fiat, poi Cesare Geronzi, quando era amministratore della Banca di Roma. E oggi Gheddafi è il migliore amico del premier Berlusconi, come dimostra l’ultima visita romana del Colonnello. Allo stesso modo, tenderei a escludere anche la questione degli interessi tedeschi e il presunto risentimento del presidente Dieter Rampl nei confronti di Profumo. Tutta la faccenda è solo italiana».
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<b>Si riferisce alla sfiducia a Profumo arrivata dalle fondazioni bancarie, sotto forte spinta della Lega?</b>
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Sì. Da oggi la cattiva politica rientra nelle banche. Tremonti e la Lega ci provarono già nel 2003 e nel 2004 ad arrivare a un redde rationem con le fondazioni bancarie ma non ci riuscirono. Adesso, sull’onda dei successi elettorali del paese che hanno spostato i rapporti di forza in alcune aree, ci stanno riprovando. Ad esempio, ultimamente nella fondazione Cariverona sono entrati sette-otto consiglieri in quota Lega. A dimostrazione di come Bossi alle parole di qualche mese fa abbia fatto seguire i fatti.
<p>
<b>Nei prossimi due anni ci sarà una vera e propria pioggia di rinnovi nelle altre fondazioni che controllano i principali istituti bancari. La musica sarà la stessa?</b>
<p>
Il rischio c’è, non ci sono dubbi. Così le banche invece di dare prestiti sulla base di scelte di mercato, preferiranno concedere finanziamenti “orientati”. E non so fino a che punto questo ritorno al passato possa essere nell’interesse degli stessi istituti. Del resto è abbastanza chiaro: se suggerisco di dare crediti ai miei amici sul territorio non faccio l’interesse della banca, tutt’altro. Questa è una china sbagliata e pericolosa.
<p>
<b>La vicenda Profumo ci insegna anche un’altra cosa: nel nostro paese chi è al vertice degli istituti bancari o diventa “banchiere di sistema” oppure si offre in pasto alla voracità dei politici locali. È d’accordo?</b>
<p>
Certamente qualità e merito prendono un brutto colpo. Si badi bene: non contesto il fatto che dopo 13 anni gli azionisti di Unicredit possano avere la legittima aspirazione di cambiare il top manager. Contesto le modalità: questo non è un ricambio fisiologico.
<p>
<b>Infatti il titolo Unicredit ha perso più del 2 per cento in una sola seduta. È a rischio la credibilità del nostro paese sui mercati?</b>
<p>
Gli azionisti hanno perso un’occasione per dare tutte le rassicurazioni ai mercati, peraltro già in fibrillazione. La strategia di internazionalizzazione di Profumo perseguita in questi anni, soprattutto a Est, è stata giusta. Non è un bel segnale cercare di mandarlo via per motivi politici.
<p>
<b>Come giudica il ruolo del ministro dell’economia in questa vicenda?</b>
<p>
Penso che Giulio Tremonti non abbia apprezzato questa sostituzione, lo reputo una persona intelligente. Purtroppo quando si accetta la supremazia degli interessi del territorio poi è difficile opporsi più di tanto o addirittura tornare indietro. Anche qualora si dimostra che questa supremazia non funziona, per lo meno a livello bancario. Faccio l’esempio della Germania: lì le banche dei Lander, controllate dagli enti locali, hanno sofferto tantissimo la crisi, tanto che è dovuto intervenire lo stato centrale per aiutarle.
<p>
<b>Questo non mette in discussione il tanto decantato modello italiano delle fondazioni?</b>
<p>
Ormai non è possibile cambiarlo, le fondazioni si sono radicate in maniera molto profonda sul territorio. Quello che si potrebbe fare invece, è far capire loro come il socialismo municipale non aiuti minimamente la trasparenza nel rapporto fra banche e risparmiatori.
<p>
<b>Potrebbe essere il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, a farsi carico di questa moral suasion?</b>
<p> Sicuramente Draghi ha tutti gli strumenti per richiamare e orientare i protagonisti del mondo finanziario italiano.
<p>
<b>Un’ultima domanda: Profumo potrebbe aspirare alla presidenza del consiglio?</b>
<p>
E qual'è il problema? Profumo ha fatto molto bene il suo mestiere, è ancora molto giovane, e mi auguro che non voglia negare in futuro il suo contributo al rinnovamento del nostro paese. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=U492K">Europa - Gianni Del Vecchio </a>VASCO ERRANI: «Tremonti lancia accuse ingiuste. Il problema è più generale» - INTERVISTA2010-07-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it502623Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Emilia Romagna (Partito: Cen-sin) - Consigliere Regione Emilia Romagna (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«È inaccettabile che si passi il cerino acceso in mano alle Regioni per delegittimarle come istituzioni. Se si fanno attente verifiche si scoprirà che i problemi di soldi non spesi riguardano anche progetti che non sono
stati portati avanti dai ministeri e dagli enti collegati».
<p> Vasco Errani, il governatore dell'Emilia Romagna in prima fila contro i tagli della manovra come presidente della Conferenza delle Regioni,
rimanda al mittente le accuse del ministro Giulio Tremonti.<br />
E non accetta le
bacchettate del governo sul tema di risorse economiche da sfruttare.
<p>
<b>Presidente Errani, le accuse di Tremonti secondo lei sono infondate? I dati diffusi sembrano parlare chiaro.</b>
<p>
«Prima di tutto non è accettabile
un'iniziativa che tende a delegittimare
le istituzioni, quindi consiglio subito a
Tremonti di cambiare i toni. Se si vuole
fare il federalismo fiscale c'è un problema di rispetto reciproco, non si puo fare una riforma simile contro le Regioni e i Comuni»
<p>
<b>L'ha sorpresa l'attacco del ministro?</b>
<p>
«No, già nella relazione sul federalismo fiscale erano contenuti giudizi a dir poco ingiusti e ingenerosi sugli enti
locali»
<p>
<b>Mentre le Regioni si lamentano per i tagli, Tremonti indica sprechi da tagliare e un 'tesoretto' su cui potreste
far leva. Come accoglie questi "suggerimenti"?</b>
<p>
«Non si tratta affatto di indicazioni
tecniche, si usa questo argomento impropriamente per nascondere i tagli insostenibili di una manovra come quella del governo che colpisce i servizi ai
cittadini, le imprese e le risorse dei territori. Qui non c'è nessuno che con il righello in mano può bacchettare gli altri».
<p>
<b>Lei difende i governatori accusati di
"cialtroneria"?</b>
<p>
«Se si fanno le verifiche si scoprirà che i problemi dei fondi non spesi riguarda progetti che non sono stati
portati avanti da ministeri o enti collegati. E' inaccettabile passare il cerino in mano a istituzioni che
vanno invece rispettate»
<p>
<b>L'Emilia Romagna è entrata nella "lista nera" del ministro?</b>
<p>
«No, l'Emilia è ai primissimi posti per
la capacità di spendere le risorse europee e ha avuto anche dei "premi" per aver speso i soldi in modo completo e
investendoli bene. Ma questo non cambia la questione di fondo di rispetto reciproco tra istituzioni che devono
collaborare per il federalismo fiscale».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=SMJIH">la Repubblica - Eleonora Capelli</a>Giovanni Saverio Furio PITTELLA: «Tremonti ha torto. Non può scaricare sulle Regioni colpe del governo» - INTERVISTA2010-07-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it502622Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) - Vicepres. Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
«Tremonti ha torto. Non può scaricare sulle Regioni una inadempienza che è anche del govemo».
<p>Così Gianni Pittella (Pd), vicepresidente del Parlamento europeo, risponde alle accuse lanciate dal ministro dell'Economia contro le amministrazioni meridionali.
<p>
<b>Onorevole, resta il fatto che i
numeri gli danno ragione.</b>
<p>
I numeri non bastano a chiarire la
questione, che e molto più profonda. Tremonti dice il vero quando afferma che i fondi non sono stati
spesi in molti casi nella giusta direzione ma omette di dire che la causa e anche parte della sua responsabilità.
<p>
<b>Perche?</b>
<p>
Per tre motivi. Togliendo una parte
dei fondi Fas alle Regioni dopo aver
scardinato l'impianto programmatico messo in piedi dal governo Prodi (che prevedeva l'abbinamento dei
fondi europei a quelli nazionali
ndr) le amministrazioni sono state
messe in grave difficoltà. Gli si è tolto un mattone di un edificio programmatico che era stato pensato
insieme alle Regioni, poi è stato tolto l'ordinario e questo le ha costrette a trasformare i fondi europei da addizionali a sostitutivi dell'ordinario
(per costruire strade piazze, pubbliche illuminazioni).<br />
Infine, da anni chiediamo di costruire una cabina
di regia a livello di Regioni meridionali per puntare a progetti di sistema che consentano di finanziare le grandi infrastrutture fisiche e la logistica, l'alta velocità, i porti, le infrastrutture immateriali. Ma questa cabina di
regia, che andava costituita a palazzo Chigi o presso il ministero gestito da Tremonti, purtroppo non si è mai insediata.
<p>
<b>Lei, dunque, assolve le Regioni.</b>
<p>
No, ma sostanzialmente non sono
state messe nelle condizioni di fare
un determinato tipo di spesa. Che poi ci siano limiti, inadempienze, responsabilità anche di livello regionale è indubbio. L'autocritica va fatta, ma non può essere il governo a ergersi a giudice delle Regioni. Perchè, ripeto, l'esecutivo sul Mezzogiorno ha pesanti colpe.
<p>
<b>Cosa c'è dietro quest'ultimo attacco di Tremonti?</b>
<p>
A me pare che il ministro voglia buttarsi avanti per non cadere indietro. Mentre sta preparando la polpetta avvelenata di un federalismo senza solidarietà e quindi penalizzante per le regioni del Sud, si lancia in una polemica senza quartiere contro enti locali in modo da poter giustificare in anticipo il vulnus che sta preparando con il federalismo fiscale.
<p>
<b>Ha però detto che i soldi per il Sud saranno di più e non di meno.Lei ci crede?</b>
<p>
No. Ma quello che mi spaventa di
più è che continua a mancare una
politica per il Mezzogiorno.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=SMLXN">La Discussione - Fabiana Cusimano</a>Nichi VENDOLA: Il Ministro Tremonti usi più prudenza nelle sue dichiarazioni contro il Mezzogiorno, soprattutto in tema di fondi europei.2010-07-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it502595Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
Vorrei chiedere al Ministro Tremonti di usare più prudenza nelle sue diuturne dichiarazioni contro il Mezzogiorno, soprattutto in tema di fondi europei. Vorrei evitare di ricordargli quali siano i dati ancora più “scandalosi” (metto tra virgolette, perché la citazione è fedele) che vengono fuori dalla gestione dei fondi comunitari gestiti dai Ministeri.
<p>
Basta scorrere le Tabelle del Rapporto Strategico 2009 redatto dal Dipartimento Politiche di Sviluppo del Ministero degli Affari Regionali per verificare che sul totale dei Fondi comunitari gestiti dai Ministeri (PON), che ammonta a circa 11 miliardi di euro, i Ministeri interessati (Sviluppo Economico, Ricerca, Ambiente, Interni, Infrastrutture) hanno speso poco più di 732 milioni di euro, pari al 6,7 % della dotazione disponibile.
<p>È evidente che la “cialtroneria” delle Regioni del Mezzogiorno ha prodotto comunque performance migliori, in termini di capacità di spesa, rispetto ai responsabili delle misure gestite direttamente dai Ministeri. Non credo che un Ministro così scrupoloso e attento come Tremonti possa aver incautamente ignorato questi dati incontrovertibili.
<p>Se l’intento è quello di avvelenare i rapporti tra Governo centrale e Regioni, voglio tranquillizzare il Ministro che da parte nostra continueremo a ricercare un dialogo proficuo nel merito delle questioni, incoraggiando un confronto realmente ispirato al principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e Regioni. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.nichivendola.it/sito/mcc/informazione/contro-il-mezzogiorno.html">nichivendola.it</a>Giulio TREMONTI: «La cialtroneria al Sud non è di destra o sinistra ma di una classe politica che non sa fare gli interessi dei cittadini»2010-07-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it502587Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Il ministro dell'Economia attacca le istituzioni che hanno diritto ai fondi Ue ma poi non li spendono.
<p>Basta con la «cialtroneria» di chi protesta solamente. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, intervenendo all’assemblea della Coldiretti si scaglia contro chi, al Sud, non fa gli interessi dei cittadini e non spende i fondi messi a disposizione dall’Ue.
<p>
I FONDI MAI UTILIZZATI <br />
«L’agricoltura italiana - ha detto - ha tenuto nella crisi, anche nel Sud. Anche se i problemi ci sono». Il ministro ha ricordato che ieri ha incontrato il commissario Ue ai fondi europei con il quale si è sottolineato il fatto che per il Sud c’è stato uno stanziamento nell’ambito del programma comunitario 2007-2013 pari a 44 miliardi di euro dei quali ne sono stati usati solo 3,5.
<p>Uno «scandaloso percorso» secondo il titolare del dicastero di via XX Settembre. «Mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati - ha evidenziato il ministro -.
<p> Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile». E la colpa - ha aggiunto - «non è dell’Europa, dei governi di destra o di sinistra, ma è colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende. <br />
E siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini». <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/politica/10_luglio_02/tremonti-cialtroneria-regioni-sud_0de5d24e-85cb-11df-adfd-00144f02aabe_print.html">Corriere.it - Redazione online</a>Mario BALDASSARRI: «Macchè Stranamore, all'Economia servono consulenti validi. Tremonti, invece, è un avvocato tributarista». - INTERVISTA2009-11-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it446567Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: Per il Terzo Polo) - Pres. commissione Senato Finanze (Gruppo: FLI) <br/><br/><br />
<b>Allora professore, come si sente nei panni del «dottor Stranamore» evocato dal ministro dell'Economia?</b>
<p> «Stranamore è uno che il mestiere se lo inventa risponde Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze del Senato e autore di quella controfinanziaria da 37 miliardi bocciata da Tremonti Ma io, modestamente, l'economista lo faccio da quarant'anni. Tremonti, invece, è un avvocato tributarista. Il più grande che c'è e io non mi permetto di interloquire sui suoi temi. Se però io parlo da economista, uno può non essere d'accordo, ma non dire che sono Stranamore».
<p>
<b>Tremonti non è economista, ma fa il ministro dell'Economia.</b>
<p>
«Non bisogna essere economisti per farlo, ma forse bisognerebbe avere dei consulenti che sappiano di economia reale e non solo di trucchi finanziati e di giochetti di alta finanza, che ci hanno portato alla crisi attuale».
<p>
<b>Chi è stato più bravo a prevederla, lei o Tremonti?</b>
<p>
«Basta guardare le date delle pubblicazioni. Io ho scritto un libro di analisi economica, prima del suo llbro. E quando lo scrissi diedi il dattiloscritto in anticipo proprio a Tremonti».
<p>
<b>Sta dicendo che il ministro l'ha copiata?</b>
<p>
«No.ll mio è un libro scientifico, il suo divulgativo. Gli diedi il dattiloscritto per fargli arrivare il messaggio di cosa stava per succedere».
<p>
<b>Oggi vi state scontrando alla grande.</b>
<p>
«No, una dialettica all'interno della maggioranza. E poi le mie proposte sono nel codice generico del Pdl e nel programma del governo. Infine, io sono più rigorista di Tremonti».
<p>
<b>Ma se lei viene accusato di interpretare il partito della spesa...</b>
<p>
«E' esattamente il contrario. Nessuno può pensare di ridurre la pressione fiscale se non si taglia la spesa pubblica. Ho indicato con i miei emendamenti alla Finanziaria dove tagliare, sugli acquisti e sui fondi perduti alle imprese, ma Tremonti dice che non è possibile farlo. Io sono rigorista al 100% lui al 50%».
<p>
<b>Il ministro dice anche che non si può tagliare l'Irap perché questa imposta serve per finanziare la sanità.</b>
<p>
«Tremonti dimostra che non ha letto l'emendamento e neppure se lo è fatto spiegare dal suoi amici della Lega. Lì si propone di tagliare l'Irap portandola a detrazione delle altre imposte dirette e indirette, secondo l'accordo fatto col Carroccio. Quindi le Regioni non perdono un euro di finanziamento per la sanità».
<p>
<b>Tremonti dice che se si tagliano i Irasferimenii alle imprese si danneggiano Ferrovie e Anas.</b>
<p>
«Anche qui non ha letto l'emendamento, dove si escludono tagli a Ferrovie, Anas e trasporto pubblico locale. Detto questo, i dati del ministero indicano 4 miliardi di trasferimenti alle imprese nel 2007. Di questi proponiamo di trasformarne soltanto 6 in crediti d'imposta».
<p>
<b>Ma allora perché la sua linea non è passata al Senato e non sembra avere chance alla Camera.</b>
<p> «Alla Camera vedremo. E difficile far passare questa linea perché le voci di spesa che si propone di tagliare servono a foraggiare il brodo di sguazzo di 200 mila persone: cosche, organizzazioni, consorterie, dalle grandi multinazionali del crimine alle piccole congreghe locali. E queste 200 mila persone hanno un peso trasversale molto forte».
<p>
<b>Perché parla anche di criminalità?</b>
<p>
«Perché nella marea degli acquisti di tutte le pubbliche amministrazioni si può infilare chiunque mentre poi abbiamo polizia e carabinieri senza la benzina».
<p>
<b>Se non andrà in porto nulla di ciò che propone, che farà?</b>
<p>
«Continuerò a insistere».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=OFCHQ">Corriere della Sera - Enrico Marro</a>Giulio TREMONTI: «Quest'anno è già un miracolo se non alziamo le tasse»2009-11-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it446564Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Taglio dell'Irap? Aumento delle detrazioni Irpef? "Ragazzi, non so se è chiaro: quest'anno è già un miracolo se non alziamo le tasse". È stata questa la premessa con cui Giulio Tremonti, salito in cattedra alla prima riunione del comitato economico del Pdl, ha fatto intendere a tutti che stavolta non c'è trippa per gatti. Per la Finanziaria ci sono "i 4 miliardi attesi dallo scudo fiscale", ha ripetuto il ministro dell'Economia. <br />
E le risorse confiscate alla mafia, che tuttavia "devono ancora essere ben quantificate". Tremonti alla riunione ha accennato ad altri 750 milioni, che saranno così distribuiti: 45% andranno al comparto Giustizia (come pretende Fini), 45% alla sicurezza e 10% alla Difesa.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/economia/finanziaria-2009/tremonti-tasse/tremonti-tasse.html">La Repubblica.it</a>Pietro ICHINO: Posto fisso. «Tremonti è demagogico. Con la vecchia tecnica della protezione si spacca in due la forza lavoro»2009-10-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418410Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Pietro Ichino critica il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per l'elogio del posto fisso e lo accusa di demagogia perchè il rilancio del vecchio sistema di protezione ingesserebbe i rapporti tra aziende e lavoratori.
<p> "Tremonti - afferma il senatore del Pd - allineandosi a Bertinotti, in sostanza dice: il vecchio Statuto dei lavoratori non si tocca. <br />
Le nuove generazioni potrebbero rispondergli:<br />
certo che noi non lo si tocca, non lo vediamo neppure di lontano".
<p>"Se Tremonti intende dire che la sicurezza del lavoro e del reddito è un bene della vita - spiega Ichino - allora si tratta soltanto di un'ovvietà. Se invece intende rilanciare la vecchia tecnica di protezione della sicurezza dei lavoratori, consistente nell'ingessatura dei loro rapporti alle dipendenze delle aziende, allora è un'affermazione demagogica".
<p>"Non è pensabile che in questa era economica - sottolinea il giuslavorista - in cui il ritmo di obsolescenza delle tecniche applicate e degli stessi prodotti si misura in pochi anni, la sicurezza di continuità del lavoro e del reddito possa, come regola generale, fondarsi sul modello del 'posto di lavoro a vita'".
<p>"La realtà - evidenzia Ichino - è che, se si resta ancorati alla vecchia tecnica di protezione, si ottiene soltanto di spaccare in due la forza lavoro, tra una parte di protetti e una parte di poco o per nulla protetti: tutta la flessibilità di cui il sistema ha bisogno si scarica su questi ultimi.
<p><b>Tremonti, allineandosi a Bertinotti, in sostanza dice: il vecchio Statuto dei lavoratori non si tocca.</b> <br />
<b>Le nuove generazioni potrebbero rispondergli: <br />
certo che noi non lo si tocca, non lo vediamo neppure di lontano".</b><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.apcom.net/newseconomia/20091019_190801_d770ed_73668.html">Apcom</a>Giulio TREMONTI: Il posto fisso è la base per la stabilità sociale2009-10-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418409Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
La mobilità del lavoro e la precarietà non costituiscono un valore in sè, anzi, per l'Italia, come per molti paesi dell'Europa Occidentale, il posto di lavoro fisso è preferibile, dal momento che costituisce la base per la stabilità della società.
<p>
A dirlo è il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che, intervenendo a Milano a un convegno sulla partecipazione dei lavoratori all'azienda, sottolinea le conseguenze negative che la globalizzazione ha prodotto sull'organizzazione del lavoro.
<p>
La globalizzazione ha portato al "passaggio dal fisso al mobile, dal posto fisso e ciò che non è più fisso, ma è variabile e mobile", sottolinea Tremonti. "Io non credo che la mobilità sia di per sè un valore, credo che per una struttura sociale come la nostra, il posto fisso sia la base su cui [ognuno] organizzi il proprio progetto di vita, crei la propria famiglia".
<p>
"La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la precarietà... possono essere un pezzo della realtà che non puoi modificare, ma per me l'obiettivo fondamentale è ancora, se possibile, la stabilità del lavoro, base della stabilità sociale... la possibilità di tirare su la famiglia, comprare la casa...".
<p>
Il ministro, che più volte ha sottolineato gli aspetti critici della nuova organizzazione internazionale del lavoro che ha portato a delocalizzare una fetta importante della produzione nei paesi emergenti, sottolinea che la globalizzazione ha trasformato il posto fisso e creato tipologie di lavoro diverse.
<p>
"Credo che sia stata fondamentale e costruttiva la legislazione che ha tenuto conto di questo processo cercando di organizzarlo nel modo migliore possibile", dice Tremonti.
I segretari generali dei sindacati confederali italiani, presenti al convegno organizzato dalla Popolare di Milano, hanno commentato con sorpresa e incredulità le parole del ministro.
<p>
"Parla come se fosse un nostro iscritto, forse a lui non fa piacere, ma è così" ha detto Luigi Angeletti, segretario della Uil.
<p>
"Chiedete un commento sul tema a Confindustria", ha detto, invece, Guglielmo Epifani, segretario della Cgil.<br />
<br/>fonte: <a href="http://it.reuters.com/articlePrint?articleId=ITMIE59I0GX20091019">Reuters</a>