Openpolis - Argomento: sicurezza ambientalehttps://www.openpolis.it/2012-08-06T00:00:00ZCorrado Clini: «Non mi dimetto per il caso Ilva. Disastri fatti dall'industria pubblica» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648034Alla data della dichiarazione: Ministro Ambiente<br/><br/><br />L'inquinamento è giusto che lo paghi lo Stato.
<p>
«Dimissioni? Ma vogliamo scherzare? Si dimetta chi smercia carte false. Questa è una bufala, un attacco strumentale che il partito pro chiusura dell'Ilva sta conducendo perché ha perso la battaglia politica: attorno alla proposta del governo, quella del risanamento, si è costituito uno schieramento molto ampio che va dal Pdl a Sel».<p>
Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini risponde al telefono da Trieste.
<p> <b>Eppure, ministro, in un'intercettazione telefonica, consegnata dalla procura di Taranto ai giudici del Tribunale del riesame dei ricorsi sul sequestro dell'acciaieria, l'ex pr dell'Ilva parla di un certo "Corrado" come di un "uomo nostro" al ministero dell'Ambiente. Non è un nome così comune e molti l'hanno associato a un cognome, il suo.</b>
<p>
«A questa insinuazione ha già risposto il procuratore della Repubblica di Taranto negando che, in maniera diretta o indiretta, il mio nome risulti dalle intercettazioni».
<p>
<b>Ma lei è stato per tanti anni un dirigente importante del ministero.</b>
<p>
«Voglio precisare che all'epoca di quella telefonata io guidavo la direzione generale per lo sviluppo sostenibile che non aveva alcuna competenza nella vicenda Ilva».
<p>
<b>E quando ha cominciato a interessarsi all'acciaieria di Taranto?</b>
<p>
«Nel marzo del 2012, su richiesta del presidente della Regione Puglia che mi aveva sottoposto nuovi dati sulle concentrazioni di benzopirene nell'aria. E anche perché l'8 marzo era stato pubblicato dalla Commissione europea l'aggiornamento delle migliori tecnologie disponibili nel settore della siderurgia e bisognava verificare la possibilità di applicarle».
<p>
<b>Scusi, ma anche in una seconda intercettazione si fa riferimento a un altro esponente del ministero dell'Ambiente che avrebbe pilotato l'esito dell'autorizzazione integrata ambientale sull'acciaieria. Anche questa è una bufala?</b>
<p>
«Io rispondo del mio operato e di questa vicenda non so nulla. L'autorizzazione fu rilasciata dal ministro dell'Ambiente dell'epoca, Stefania Prestigiacomo, e dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Osservo però che sarebbe singolare che, in presenza di sospetti così gravi, non ci siano state richieste di chiarimento da parte della magistratura: non mi risulta che accertamenti di questo tipo siano stati effettuati al ministero».
<p>
<b>Lei ha parlato della necessità di usare le migliori tecnologie: in questo caso bastavano quelle sufficienti a evitare il picco di mortalità attorno all'impianto.</b>
<p>
«Non ci sono dubbi sulla presenza di un impatto ambientale grave che si è andato accumulando in mezzo secolo. E non voglio fare una difesa d'ufficio di tutto quello che è stato fatto in questi anni: ad esempio la procedura di autorizzazione dovrebbe essere conclusa in 300 giorni e invece ha richiesto 4 anni e mezzo. Resta il fatto che ora, per risolvere il problema, bisogna procedere con le best technologies».
<p>
<b>E con i 336 milioni di euro stanziati dal governo: fondi pubblici per sanare danni causati dai privati.</b>
<p>
«Un momento. La gran parte dell'inquinamento prodotto dall'acciaieria risale all'epoca precedente al 1995, quando fu acquisita dal gruppo Riva. Prima di quella data l'impianto si chiamava Italsider ed era pubblico, così come erano pubblici l'arsenale militare e le altre fabbriche che nell'area hanno contribuito ad aggravare il danno. La verità è che buona parte dei disastri che oggi stiamo pagando sono stati prodotti da aziende di Stato negli anni Cinquanta e Sessanta. Questo naturalmente non vuol dire che oggi dobbiamo restare a guardare: abbiamo avviato una procedura di danno ambientale a carico di tutte le imprese dell'area che hanno contribuito all'inquinamento».
<p>
<b>In ogni caso, proprio dal confronto con le migliori tecnologie disponibili, risulta evidente che i 336 milioni non basteranno a mettere in sicurezza l'impianto.</b>
<p>
«Ma quei fondi serviranno solo per risanare alcune aree: Tamburi, che è il quartiere vicino, il Mar Piccolo, il Mar Grande, la zona portuale, l'area di Statte. L'azienda dovrà poi produrre, e noi lo abbiano sollecitato, un suo piano di risanamento in cui si può ipotizzare non la copertura di tutto il parco geominerario, che con i suoi 78 ettari è probabilmente il più grande del mondo, ma di quelle aree in cui c'è più polvere e dunque più pericolo».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IOCC3">la Repubblica - </a>Nichi VENDOLA: «Le parole di Berlusconi sul nucleare sono conferma di arroganza e cialtroneria»2011-04-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560078Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
"Le parole di Berlusconi sono l'immediata conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell'intenzione del governo di voler prendere in giro gli italiani, calpestando in modo arrogante e cialtronesco, il loro diritto ad esprimersi su una questione, come quella dell'energia nucleare, da cui dipende la sicurezza ambientale e la sopravvivenza delle generazioni future del nostro paese".
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?titolo=Nucleare,%20Berlusconi%20svela%20il%20bluff:%20%27%27Moratoria%20per%20evitare%20il%20referendum%27%27&idSezione=10567">il salvagente.it</a>Nichi VENDOLA: Nucleare in Puglia? Dovranno venire con i carri armati.2011-03-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559023Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
Aggressivo e determinato il governatore della Puglia, Niki Vendola, nella sua reazione all’approvazione dei primi atti legislativi da parte del Senato in materia di nuove installazioni nucleari.
“Dovranno venire con i carri armati per imporre le centrali atomiche nella nostra regione”.
<p>
“Intanto – continua determinato – si svela la cultura reale di un governo che, mentre sbandiera il federalismo, ci propone il copione di un centralismo autoritario che priva le regioni del potere di dare l’intesa al governo. Ma la questione più scandalosa non è di metodo, al quale questo governo ci ha abituati, ma di merito. <br />
A parte la mia opinione che è contraria al nucleare per ragioni economiche e di sicurezza ambientale del territorio ma la Puglia, per una serie di ragioni, ha bisogno non di entrare nel nucleare ma di uscire da qualcosa, per esempio dal carbone. Immaginare poi Ostuni – continua il governatore – come una possibile localizzazione significa che forse qualcuno vuole regalarci una masseria atomica o un trullo radioattivo. Immaginare nel Salento una centrale nucleare – ribadisce – significa avere un formidabile senso dell’umorismo”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.rinnovabili.it/vendola-nucleare-in-puglia-dovranno-venire-con-i-carri-armati-530360">Rinnovabili.it</a>Guido Bertolaso: «Lascio e se dipendeva da me non avrei mai toccato Giugliano» - INTERVISTA2010-11-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547614Alla data della dichiarazione: Sottosegretario Presidenza del Consiglio delega Protezione Civile<br/><br/><br />
Il capo della protezione civile lascia l'incarico. L'11 novembre arriverà Franco Gabrielli.
<p>Dodici giorni dopo la riunione del consiglio dei ministri che aveva deciso la sua terza spedizione napoletana, Guido Bertolaso con un comunicato annuncia la fine della sua missione. Una decisione dettata anche dalla impossibilità di far rispettare la sua tabella di marcia e dalla scelta del premier di non aprire più la seconda discarica, quella di Cava Vitiello. D’altra parte l’11 novembre la Protezione civile avrà un nuovo capo, Franco Gabrielli, e quindi Bertolaso ha scelto di chiudere la vicenda spazzatura anche per non lasciare un capitolo aperto al suo successore. «Io avevo idee diverse su quello che bisognava fare su Cava Vitiello - spiega il capo della Protezione Civile - Bisognava rispettare la legge il decreto 90 del maggio 2008 prevedeva l’apertura della seconda discarica di Terzigno, ndr).
Sono emerse altre decisioni: ora si tratta di portarle avanti. Non penso di essere Superman che risolve ogni problema. Mi è stato chiesto di intervenire: lo ho fatto anche in questa occasione e sono soddisfatto per l’accordo raggiunto su Cava Sari».
<p>
<b>Perché ha deciso di andar via?</b>
<p>
«Sono venuto a Napoli su richiesta del consiglio dei ministri e ho negoziato per una settimana con sindaci e comitati. Mi sembra che qualche cosa di utile a cava Sari sia stata fatta. Abbiamo installato le centraline che fanno il monitoraggio dell’aria, abbiamo avviato i controlli sulle falde acquifere e su tutto quello che è stato sversato in questi mesi, abbiamo impiantato due torce per bruciare il biogas ed evitare così la puzza e abbiamo avviato le manovre per garantire il materiale stabilizzato».
<p>
<b>E su Cava Vitiello?</b>
<p>
«Io avevo proposto solo di sospenderne l’apertura, ma nell’incontro con i sindaci questa proposta non è stata ritenuta sufficiente. C’è stata poi la decisione del primo ministro di cancellarla con una nuova legge. A quel punto io ho aggiunto la soppressione di Valle della Masseria. Quindi la vicenda è risolta e il mio compito è concluso».
<p>
<b>Perché non bisognava cambiare la legge?</b>
<p>
«Noi al 31 dicembre del 2009 abbiamo lasciato una regione autosufficiente con discariche a norma, un termovalorizzatore che funziona e altri due da fare. Siamo arrivati a ottobre e per nessuno dei due impianti previsti è stato fatto nemmeno il bando di gara: da qui la mia riflessione sulla necessità di nuove discariche. Ma non ho mai pensato di gravare sul territorio vesuviano, infatti due anni fa ho preferito aprire la discarica più piccola, Cava Sari e non quella più grande, Cava Vitiello. Se fosse stato fatto tutto quello che era previsto, probabilmente non sarebbe mai stato necessario pensare a nuovi siti».
<p>
<b>Dopo la decisione su Cava Vitiello le manifestazioni si sono spostate a Taverna del Re.</b>
<p>
«Se fosse stato per me non avrei toccato nulla nella zona di Giugliano: avevo previsto che Taverna del Re fosse chiusa definitivamente. Ma creare un nuovo casus belli mi sembra esagerato: l’ordinanza prevede che siano scaricati i rifiuti che tra Napoli e Provincia si raccolgono in cinque giorni».
<p>
<b>La spazzatura resta in strada, perché?</b>
<p>
«Se gli stir di Giugliano e Tufino affidati ad Asìa avessero lavorato a pieno ritmo anche nel corso di questa settimana non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di aprire Taverna del Re. Ma quegli impianti vanno a rilento e quindi ad Acerra stiamo portando non solo i rifiuti di Napoli, ma anche quelli delle altre province. Di qui le difficoltà».
<p>
<b>Siamo in una nuova emergenza?</b>
<p>
«Se si riapre cava Sari per i diciotto comuni del vesuviano e Chiaiano resta a disposizione degli altri, per ora abbiamo risolto».
<p>
<b>Per quanto tempo?</b>
<p>
«Con una gestione accurata e incrementando la differenziata, e già lo fanno alcuni comuni eccellenti come Portici, Cava Sari può durare più del previsto, e lo stesso succederà a Chiaiano se anche Napoli prende iniziative più stringenti. Ma questo non sarà compito nostro. Per dodici mesi comunque, non ci sarà da preoccuparsi. Intanto spetterà alla Provincia e alla Regione, che hanno preso impegni precisi su questo terreno, rispettare e far rispettare i tempi».
<p>
<b>Cosa dovrebbero fare gli amministratori?</b>
<p>
«Essere più severi sulla differenziata, accellerare sui termovalorizzatori e organizzare una cabina di regia che lavori 24 ore su 24. Noi eravamo lì giorno e notte e controllavamo anche la raccolta»
<p>
<b>
Sarà prorogata l’unità stralcio?</b>
<p>
«Morelli resterà fino a dicembre. Domani (oggi per chi legge, ndr) con le autorità locali vedremo se c’è bisogno di fare qualche altra cosa: se è necessario un affiancamento lo si farà. Ma bisogna avere segni concreti dell’intenzione di portare avanti le iniziative previste dalla legge».
<p>
<b>Lei ha accusato Asìa e Comune di Napoli, non ci sono responsabilità anche da parte della Provincia e della Regione?</b>
<p>
«Io non getto la croce su Napoli, siamo tutti responsabili. Forse una responsabilità la ho anche io: a fine dicembre i tempi non erano maturi per andar via, ma lo prevedeva la legge. Gli amministratori locali però erano impreparati. Ora la vicenda di Terzigno ha consentito loro di capire con che cosa stanno confrontandosi e come si devono attrezzare per il futuro».
<p>
<b>
Ce la faranno?</b>
<p>
«Non lo so. Non è compito mio giudicare: li avete votati voi».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.internapoli.it/articolo_stampa.asp?id=19390">Il Mattino - Daniela De Crescenzo</a>FRANCO BONFANTE: Discarica di Sommacampagna: «Odore di regalo sospetto. Risposte chiare o si istituisca una commissione d'inchiesta» 2010-10-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it546754Alla data della dichiarazione: Vicepres. Consiglio Regione Veneto (Lista di elezione: PD) <br/><br/><br />
"Attorno alla realizzazione della discarica di Sommacampagna c'è odore di regalo sospetto da parte della Regione alla ditta incaricata di svolgere i lavori".
<p>
A lanciare l'allarme su un "poco chiaro stravolgimento del progetto, avvenuto dopo l'assegnazione dell'appalto" è il vice presidente del Consiglio regionale ed esponente del PD, Franco Bonfante, che sulla questione ha presentato un'interrogazione rivolta alla Giunta regionale.
<p>
Il consigliere democratico veronese ricorda come "il motivo fondamentale che ha spinto il Comune di Sommacampagna ad aggiudicare l'opera alla ditta Geo Nova S.p.A era la previsione della doppia rete di drenaggio del percolato: la prima, rispondente a quanto previsto dalla normativa vigente, finalizzata alla raccolta e la seconda, avente funzione di controllo, per la verifica della tenuta dei teli soprastanti".
<p>
In data 24 aprile 2007 la Ditta Geo Nova S.p.A. ha presentato alla Regione domanda di procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale e autorizzazione. La Giunta Regionale con delibera n. 996 del 21/04/2009 ne ha approvato l'autorizzazione.
<p>
E proprio in questa delibera si nasconde, secondo Bonfante, il regalo sospetto, visto che "con quest'atto la Giunta regionale elimina, senza indicare alcuna motivazione, la doppia rete di drenaggio. Un presidio fondamentale, questo, per la sicurezza ambientale e la cui importanza era stata sottolineata anche dalla commissione Via".
<p>
"In sostanza, dopo che la ditta Geo Nova S.p.A ha vinto la gara grazie alla proposta di doppia rete di drenaggio, ora grazie a quella delibera della Regione, la stessa ditta potrà risparmiare alcune centinaia di migliaia di euro a scapito della sicurezza igienico-sanitaria della popolazione di Sommacampagna".
<p>
Il vice presidente del Consiglio regionale osserva ancora che "la Regione ha interferito pesantemente sulla gara pubblica già aggiudicata, prescrivendo minori spese. Ulteriori sospetti sono poi alimentati dall'atteggiamento della nuova amministrazione di Sommacampagna guidata dal sindaco Soardi, (sotto inchiesta giudiziaria per l'ipotesi di gravi reati nella sua qualità di presidente dell' azienda pubblica di trasporti veronese Atv e recentemente dimessosi da tale incarico) che su un fatto di tale rilievo per la sicurezza pubblica non eccepisce alcunché al riguardo".
<p>
Bonfante chiede dunque alla Giunta regionale di "chiarire i motivi di queste decisioni e di chi sia la responsabilità delle scelte. Se le risposte e gli interventi riparatori non saranno sufficienti mi riservo - annuncia in conclusione - di presentare una proposta di legge con la quale si istituisce una commissione regionale d'inchiesta sul caso".
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pdconsiglioveneto.org/dett_PP.asp?ID=16">Pd Consiglio Veneto</a>Emma BONINO: «Il nucleare alternativa al petrolio? Non è vero».2010-07-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503798Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Emma Bonino, attraverso i microfoni di Radio Radicale, ha espresso la propria opinione in merito alla posizione a favore del nucleare di Veronesi, indicato come possibile presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare:
<p> «Il professor Veronesi - dice la Bonino - sostiene che serve il nucleare per costituire una alternativa al petrolio, ma il nucleare produce solo energia elettrica, e io aerei che vadano ad elettricità non ne ho mai visti».
<p>«L'Italia ha una sovradimensionamento di produzione elettrica, come dice Tema, sia rispetto agli impianti già installati, sia a quelli già programmati.
<p>Malgrado questo si dice che servono gli impianti nucleari. Sulla guida dell'agenzia c'è un problema di separazione dei poteri, perché il conflitto di interessi sembra sempre riguardare altri. Ho posto il problema che chiunque, non solo Veronesi, abbia altri incarichi incompatibili.
<p>Nel merito mi stupisce che il professor Veronesi, che ha una posizione pro nucleare a prescindere, sostenga che abbiamo bisogno di costituire una alternativa al petrolio.
<p> Tutti sanno che il nucleare produce solo energia elettrica e io aerei che vadano ad energia elettrica, ancora non ne ho visti; <br />
quindi il nucleare non costituisce una alternativa al petrolio.
<p>Tant'è che la Francia ha il consumo di petrolio procapite più alto d'Europa».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/rassegna-stampa/alternativa-al-petrolio-non-vero">La Discussione | Radicali.it</a>Emma BONINO: Il nucleare ad personam2010-07-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503525Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
In quale paese, non dico europeo ma al mondo, un parlamentare può cumulare altri incarichi al vertice di importanti organismi pubblici che ricevono finanziamenti statali approvati dal parlamento stesso? <br />
Non bisogna cercare molto lontano perché quel paese è l'Italia di oggi. L'ultimo caso, dopo quello di Stanca all'Expo (con i noti risultati), è l'istituenda Agenzia per la sicurezza nucleare i cui componenti - cinque, incluso il presidente - in base al decreto legge "energia" all'esame del senato, godranno - se non ci saranno capovolgimenti dell'ultima ora - di una deroga all'incompatibilità con altre funzioni, ivi compresa quella di parlamentare.
<p>In parole povere si precostituirebbe una serie di nomine ad personam come se le cariche fossero già "prenotate".
<p>Per capirci: una legge che già contiene in sé l'individuazione dei destinatari e che, per questo, la corte costituzionale non tarderà a censurare per violazione del principio di uguaglianza.
<p>Spiace dover ogni volta ricordare al governo in carica che la disciplina sulle incompatibilità parlamentari non solo rappresenta una conquista di civiltà giuridica che ha unito personalità diverse tra loro come don Sturzo - primo firmatario della proposta di legge varata nel 1953 - ed Ernesto Rossi, ma è anche il limite lungo il quale corre il rispetto del principio di separazione tra i poteri, baluardo delle democrazie liberali. Evidentemente tocca farlo sistematicamente e in questo caso lo hanno fatto pure i senatori di maggioranza e opposizione delle commissioni affari costituzionali e ambiente. <br />
Rimarranno inascoltati anche loro?
<p>Noi radicali abbiamo presentato una questione pregiudiziale ma mentre scrivo tutto sta ad indicare che il governo andrà avanti come un rullo compressore, rifiutandosi di raccogliere obiezioni in fondo condivisibili perché, oltre che sagge e di buon senso, indicano una palese condizione di incostituzionalità. Le armi ancora a disposizione per evitare il peggio sono alquanto spuntate ma visto che, in base al decreto, il presidente, come pure i membri, dell'Agenzia «sono scelti tra persone di elevata qualificazione e competenza nel settore della tecnologia nucleare, della gestione di impianti tecnologici, della sicurezza nucleare, della radioprotezione ecc...» il meno che si possa aspettare, essendoci in ballo la salute dei cittadini, è che le audizioni - pubbliche, aggiungo io - dei candidati da parte delle commissioni parlamentari competenti diventino, non un optional come ora previsto, ma un passaggio obbligatorio il meno burocratico e il più trasparente possibile.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=SYI2N">Europa</a>Maria Antonietta FARINA COSCIONI: Amianto. In corso una letterale strage, non solo di diritto, ma di vite umane. Colpevole l'incredibile inerzia del Governo2010-05-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it499790Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Dai dati ufficiali del CNR si apprende che nelle città italiane vi sarebbero almeno 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire: ben 500 chili per abitante, due miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture in eternit, pari a una città di 60 mila abitanti, fatta di solo amianto. Una giungla di miliardi di fibre che, sino a quando non verranno smaltite continueranno a essere una bomba sotto la quale l'Italia siede inconsapevole e inerte: una situazione che provocherebbe la morte di circa tremila persone ogni anno per malattie correlate all'esposizione all'asbesto, e tra queste almeno milleduecento casi di mesotelioma, una formadi cancro per il quale finora non è stata trovata una cura. Nella sola regione Lombardia risultano almeno 2,7 milioni metri cubi di amianto sparsi in 4.228 edifici pubblici, 24 mila edifici privati e in mille siti.
<p>
Una situazione gravissima, un vero e proprio attentato alla salute della collettività. Quello che maggiormente sconcerta è inerzia, l’indifferenza del governo nel suo complesso, dei ministri che dovrebbero essere già da tempo intervenuti; dall’inizio della legislatura ho presentato nove interrogazioni con dati, cifre, situazioni precise, relative alla vicenda-scandalo Eternit. A nessuna di queste si è ritenuto di dare risposta, in piena coerenza con un atteggiamento di totale disinteresse di questo governo verso l’attività ispettiva del parlamentare. Tuttavia la situazione si incancrenisce ed è sempre più emergenza.
<p>
La situazione che, ancora una volta, denuncio, è emblematica della situazione in cui versa questo paese. Secondo quanto afferma il dottor Alessandro Marinaccio, responsabile del Registro Nazionale dei mesoteliomi presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, “stanno venendo a galla migliaia di storie che riguardano le più disparate categorie professionali. Sono situazioni ancor più drammatiche perché chi si ammala non aveva nessun tipo di consapevolezza, credevano di aver lavorato o vissuto in un ambiente "sano""; le nuove vittime sono i lavoratori comuni, i cosiddetti ignari dell'esposizione "ambientale": non lavoravano direttamente l'amianto, ma l'amianto stava - e, in molti casi, sta ancora - lì dove si guadagnavano da vivere, o dove vivevano e vivono: nelle onduline, nei capannoni, nei camini, nei cassoni per l'acqua, nelle coibentazioni selvagge che andrebbero asportate e sepolte.
<p>
Una vera e propria letterale strage, come spesso diciamo, di diritto, e di vite umane.
<p>
Segue il testo dell’interrogazione parlamentare
<p>
Al presidente del Consiglio dei ministri,
al ministro della salute,
<p>
al ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
<p>
premesso:
<p>
- che il problema dell’amianto, dei suoi residui e del suo smaltimento, ha assunto nel nostro paese dimensioni e connotazioni a dir poco inquietanti per le sue dimensioni e implicazioni;
<p>
- che già il 25 novembre 2008, con un’interrogazione (n.4-01720), si è segnalato una sconcertante vicenda verificatasi a La Spezia, a proposito di lavoratori delle Ferrovie esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti per il tumore contratto;
<p>
- che successivamente il 13 maggio 2009, con un’interrogazione (4-03004), si denunciava una non meno sconcertante vicenda verificatasi a Offanengo e Romanengo, vicino Cremona, a proposito di alcuni lavoratori della fabbrica ex NAR, e le loro famiglie, esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti per il tumore contratto;
<p>
- che il 21 maggio 2009, con un’interrogazione (4-02098), si è denunciato quanto accaduto nel territorio di Broni (Pavia), dove ha operato la Cementifera Italiana Fibronit spa, che produceva manufatti in cemento-amianto, provocando centinaia di casi di mesotelioma diagnosticati a lavoratori e alle loro famiglie;
<p>
- che il 28 luglio 2009, con un’interrogazione (4-03783), si è denunciato il pericolo costituito da vagoni e locomotori arrugginiti e sventrati, sui cui spicca la “A” di amianto, abbandonati nel grande scalo “smistamento” tra Milano e il comune di Pioltello, vetture andate a fuoco il 3 maggio 2009 e diventate rifugio e dormitorio per senza-tetto;
<p>
- che il 14 settembre 2009, con un’interrogazione (4-03987), si è denunciato quanto accaduto nel cantiere navale di Monfalcone: lavoratori esposti all’amianto,alcuni dei quali deceduti dopo essersi ammalati di asbestosi e mesotelioma;
<p>
- che il 14 settembre 2009, con un’interrogazione (4-04073), si è denunciata la presenza di ondulati in fibrocemento, lastre deteriorate e altri rifiuti tossico-nocivi all’interno dello stabilimento della Barilla di San Nicola di Melfi, nel quale parecchie decine di lavoratori si sarebbero ammalati di asbestosi e alcuni di loro sono deceduti a causa del tumore alla pleura provocato dall’amianto;
<p>
- che il 1 dicembre 2009, con un’interrogazione (4-05232), si denunciava che sono almeno 75mila gli ettari di territorio contaminato dall’amianto in attesa di essere bonificati, e che dal 1993 al 204 si sono riscontrati almeno 9mila casi di mesotelioma pleurico;
<p>
- che il 9 dicembre 2009, con un’interrogazione (4-05275), si denunciava la presenza di una discarica, con lastre di amianto deteriorate e altri materiali tossici in prossimità della scuola elementare “Paisiello” a Montecalvario, in Campania;
<p>
- che il 1 marzo 2010, con un’interrogazione (4-06305), si denunciava come nel centrale Ponte Milvio a Roma giacessero abbandonati da tempo due cassoni colmi di amianto e materiale tossico, con il concreto rischio che l’amianto si disperdesse nelle acque del Tevere;
<p>
- che, secondo quanto emerge da una dettagliata inchiesta dei giornalisti Fabio Tonacci e Paolo Berizzi, pubblicata dal quotidiano “La Repubblica” nella sua edizione del 30 aprile 2010, che citano dati del CNR, nelle città italiane vi sarebbero almeno 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire: “… cinquecento chili per abitante. Due miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture in eternit. Immaginate una città di 60 mila abitanti fatta di solo amianto. Una giungla di miliardi di fibre che, sino a quando non verranno smaltite continueranno a essere una bomba a tempo sulla quale l'Italia siede nemmeno fosse sabbia tiepida”;
<p>
- che tale situazione provocherebbe la morte di circa tremila persone ogni anno per malattie correlate all'esposizione all'asbesto: tra queste almeno milleduecento casi di mesotelioma, una forma letale di cancro per il quale finora non è stata trovata una cura;
<p>
che il tariffario per rimuovere e smaltire l'eternit è un vero far west su scala regionale: il prezzo varia a seconda del tipo di intervento, ma soprattutto del luogo, come dimostra un dossier di Legambiente. Nel Lazio liberarsi di una copertura in eternit di 10 metri quadrati costa 250 euro, più i costi fissi (da 500 a 1000 euro). La rimozione della stessa lastra di eternit costa molto meno in Sardegna, ben quattro discariche: in media 260 euro. Altri prezzi: 640 euro in Abruzzo, 300 in Piemonte, 2000 in Puglia, dove il prezzo è fisso per qualunque superficie rimossa inferiore ai 25 metri quadrati. Non solo. Il costo finale dipende anche dagli incentivi regionali. In Abruzzo per le rimozioni di coperture fino a 30 metri quadrati la Regione offre un contributo pari al 70%. In Sardegna per i privati ci sono incentivi del 40% dell'importo per un massimo di 5 mila euro. Esistono finanziamenti anche per gli enti pubblici che rimuovono l'amianto. L'Emilia Romagna concede una detrazione del 36% di Irpef se ristrutturi la casa per un massimo di 48 mila euro. Nel Lazio e in Toscana, invece, niente incentivi;
<p>
che questa incertezza, e la mancanza di contributi da parte delle Regioni, sono il primo ostacolo per una diffusa bonifica a livello locale;
<p>
che l’immobilismo produce situazioni sconcertanti, come a Crescenzago, prima periferia milanese: 117 appartamenti monofamiliari con giardinetto, costruiti negli anni '50, ci abitano 300 persone, tutto in eternit: tetti, condotte, coibentazioni. Lastre e onduline si sono sgretolate negli anni, quando c'è vento le fibre di amianto volano. Accanto alle case: un asilo, una scuola, un parco giochi. "È dal 2000 che chiediamo al Comune, il proprietario, di intervenire – denuncia il signor Luca Prini, consigliere di zona - . Hanno promesso che a breve inizierà la rimozione, ma qui ormai la gente è rassegnata". Nel frattempo i tumori sono in aumento, superiori alla media cittadina;
<p>
che nella sola regione Lombardia risultano almeno 2,7 milioni metri cubi di amianto sparsi in 4.228 edifici pubblici, 24 mila edifici privati e in mille siti; che particolarmente grave è il caso di Broni: a 16 anni dalla chiusura, la fabbrica, 15 ettari in mezzo al paese, è un luogo spettrale, pieno di eternit. I capannoni abbandonati, gonfi di veleno. Trentotto decessi per mesotelioma dal 2000 al 2006: operai, ma anche gente che abitava intorno al mostro divenuto sito di interesse nazionale. Eppure la bonifica non è ancora iniziata;
<p>
che, secondo quanto denuncia il dottor Alessandro Marinaccio, responsabile del Registro Nazionale dei mesoteliomi presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, “stanno venendo a galla migliaia di storie che riguardano le più disparate categorie professionali. Sono situazioni ancor più drammatiche perché chi si ammala non aveva nessun tipo di consapevolezza, credevano di aver lavorato o vissuto in un ambiente "sano"";
che le nuove vittime sono i lavoratori comuni, i cosiddetti ignari dell'esposizione "ambientale": non lavoravano direttamente l'amianto, ma l'amianto stava - e, in molti casi, sta ancora - lì dove si guadagnavano da vivere, o dove vivevano e vivono: nelle onduline, nei capannoni, nei camini, nei cassoni per l'acqua, nelle coibentazioni selvagge che andrebbero asportate e sepolte;
<p>
che tra il 2015 e il 2020 è previsto il picco massimo di tumori, dal momento che il periodo di latenza del mesotelioma arriva fino a 40 anni; che per quanto riguarda il risarcimento dei malati sono stati stanziati 50 milioni di euro destinati alle vittime (30 dal governo Prodi 2008, altri 20 dal governo Berlusconi 2009) ma finora non sono stati utilizzati; che ciò è dovuto al fatto che manca ancora il decreto attuativo. E in assenza del decreto, il fondo non esiste;
<p>
si chiede di sapere:
<p>
1) se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
<p>
2) in caso affermativo quali urgenti iniziative, nell’ambito delle rispettive competenze e prerogative si intendono promuovere, adottare, sollecitare;
<p>
3) in particolare cosa osti al varo del decreto attuativo che consentirebbe di effettuare i risarcimenti previsti alle famiglie delle vittime e dei malati;
<p>
4) se sia vero che i lavoratori impiegati nelle ditte per lo smaltimento dell’eternit non risultino inseriti dall’INPS tra i lavoratori a rischio, ma siano equiparati a operai edili; in caso affermativo per quale ragione ciò avviene, e se non si ritenga opportuno e necessario che a detti lavoratori siano inseriti tra le categorie a rischio;
<p>
5) se non si ritenga di dover istituire una apposita commissione per l’accertamento della situazione per quanto riguarda l’Eternit e le possibili soluzioni da approntare a fronte di una situazione grave e che minaccia di ulteriormente aggravarsi.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/newsletter/view.php?id=156737&numero=13632&title=NOTIZIE%20RADICALI">Notizie Radicali</a>Elisabetta ZAMPARUTTI: L'Italia delle frane, una tragedia annunciata2010-04-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it499829Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<i>In relazione al deragliamento di un convoglio avvenuto il 12 aprile 2010 in Alto Adige a causa di una frana:</i>
<p>
"Sono vicina a tutti coloro che hanno subito questa tragedia avvenuta in una regione che risulta tra le maggiormente impegnate nella messa in sicurezza del territorio - ha detto l'esponente radicale -. Tuttavia: "questo incidente dimostra, con ancor maggior drammaticità, l'inadeguatezza di quanto si fa nel nostro Paese per prevenire disastri idrogeologici. Perché le frane oggi si possono prevedere ed è inaccettabile che continuino a morire persone in questo modo". Ma non solo.
<p>
<p>
Zamparutti chiede subito al Governo "il piano straordinario per il rischio idrogeologico con le necessarie dotazioni finanziarie come da impegni assunti alla Camera dei Deputati e si doti delle tecnologie necessarie a prevedere le frane coinvolgendo i geologi in tutti i livelli della Pubblica Amministrazione. La messa in sicurezza del territorio è la 'Grande Operà che dal Nord al Sud serve al nostro Paese" avverte la deputata.
<p>Sul tragico episodio è intervenuta anche Pietro de Paola, presidente dell'ordine dei <b>geologi italiani</b>, il quale pone l'accento sull'uso "dissennato del territorio". <br />
''Mi è capitato di vedere - dice il professore - bacini idrici posti in cima a collinette franose. In questi casi basta una perdita, un'infiltrazione nel terreno, che si genera una frana''.
<br />
Infatti, come spiega il geologo: "le caratteristiche di 'tenuta' di un terreno sono condizionate da una serie di variabili, come la pendenza, la permeabilita', la composizione piu' o meno argillosa. Questo dovrebbe consigliare maggiore prudenza nell'uso del territorio."
<p>
Ma a quanto pare questi semplici accorgimenti non vengono presi alla lettera. Anzi, basta leggere il recente rapporto di Legambiente sul rischio idrogeologico in Italia, che coinvolge ben 5.540 comuni italiani, pari al 70% su un totale di 8mila comuni. Dato analogo (68,6%) a quello diffuso dallo stesso ministero dell'Ambiente. Numeri allarmanti, generati soprattutto dal diffuso processo di urbanizzazione spesso incontrollata che ha comportato una vera e propria emergenza nel nostro paese.
<p>
Secondo l'Anbi, l'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari, sarebbero sufficienti 4,1 miliardi di euro per mettere in sicurezza l'Italia, o per lo meno ridurre notevolmente il rischio di dissesto idrogeologico con opere che tengano conto dei cambiamenti climatici e dell’aumento della superficie cementificata, sulla quale l’acqua scorre invece di essere assorbita dal suolo. Se ci pensiamo, una somma nettamente inferiore ai soldi destinati alla costruzione di molte grandi opere, per le quali spesso la prevenzione dovrebbe divenire una priorità assoluta, onde garantire anche a distanza di anni la sicurezza per i cittadini.<br />
Ma non è tutto. Tra il 1994 e il 2004 sono stati spesi ben 20,946 miliardi per prevenire il rischio frane e alluvioni, ma la situazione non è affatto cambiata, perchè evidentemente come ha sottolenato l'Anbi, gli appaltatori intascano molto ma le necessarie applicazioni per marginare i pericoli sono insufficienti. <br />
Insomma l'Italia ha il primato negativo delle frane, ma far circolare certe voci a qualcuno non piace affatto. <br />
Farebbe crollare il mercato immobiliare.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.dazebao.org/news/index.php?view=article&catid=90%3Acronaca&id=9566%3Alitalia-delle-frane-una-tragedia-annunciata&tmpl=component&print=1&page=&option=com_content&Itemid=288">Dazebao.org - Alessandro Ambrosin</a>MARCELLA ZAPPATERRA: Le 13 Province del Po con un odg non si rassegnano al mancato finanziamento del progetto Valle del fiume Po2010-03-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it496450Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Provincia Ferrara (Partito: PD) - Consigliere Provincia Ferrara (Lista di elezione: PD) <br/><br/><i>In un incontro a Piacenza rilanciano la necessità di un governo complessivo del fiume</i><br />
La Consulta delle 13 Province rivierasche del fiume Po si è riunita a Piacenza lo scorso 22 marzo, per esprimere la preoccupazione in merito all’ennesimo fatto di grave inquinamento delle acque del fiume Po e per i ritardi verificatisi per arginare l’emergenza, ribadendo la necessità di una rivalutazione complessiva del sistema di governo del bacino del Po.<br />
<br />
Come espresso nella carta dei principi approvata al termine del IV Congresso nazionale del Po tenutosi a Piacenza il 27 e 28 novembre 2007: “E’ necessario promuovere, in modo pragmatico, un progetto istituzionale che non deve essere inteso come centralizzazione dei poteri e di responsabilità, ma piuttosto come compattamento del sistema interistituzionale e, in ultima istanza, fusione di culture per creare omogeneità di strategie ed unicità di obiettivi”.
Il progetto non necessita, quindi, di una riorganizzazione più centralistica dei poteri, ma di una diffusione delle “responsabilità” e di cooperazione, come metodo di lavoro e strumento di azione, mediante un coordinamento a livello verticale tra i vari livelli amministrativi e orizzontale tra politiche settoriali e territoriali.<br />
Bisogna costruire, infine, un sistema di vagliatura che garantisca che le scelte delle diverse politiche soddisfino le esigenze di reciproco rispetto e il conseguimento dell’obiettivo principale della ricostruzione creativa dell’ambiente fluviale.<br />
La Consulta delle Province del Po ritiene che il tema del Po, come già affermato dall’indagine conoscitiva sulla programmazione delle opere idrauliche relative ai corsi d’acqua presenti sul territorio nazionale e condotta nel 2005 dalla VIII Commissione permanente della Camera dei deputati, è da considerare ed affrontare come grande questione nazionale.
Pertanto è necessario che da parte del Governo, nella già indicata logica di un complessivo progetto istituzionale, si avvii una riflessione che coinvolga tutti i livelli sul tema della governance del Po.<br />
<br />
“Abbiamo anche ribadito – dichiara la presidente della Provincia di Ferrara Marcella Zappaterra, presente all’incontro - che non sono più possibili tentennamenti sul finanziamento del Progetto Valle del fiume Po, così come deciso dal CIPE con le delibere 166/2007 e 62/2008, attribuito alla responsabilità dell’Autorità di bacino del Po, e finanziato per 180 milioni. Dopo la chiusura della procedura di Valutazione ambientale strategica, prevista per il prossimo 12 aprile – prosegue Marcella Zappaterra - si deve procedere senza ulteriori indugi, in quanto tutta la procedura sarà a quel punto conclusa ed il progetto, che è stato peraltro già inserito nelle programmazioni regionali, è frutto di una condivisione tra Comuni, Province, Regioni e Ministeri, negli aspetti metodologici e in quelli di contenuto”.
La realizzazione del progetto potrà così essere anche l’occasione per la valutazione e sperimentazione di un nuovo modello di governo del bacino del Po.
Nell’immediato è stato ritenuto, altresì, necessario che si giunga alla nomina del segretario dell’Autorità di bacino, carica vacante dal 2007, e che vengano stanziati i fondi necessari per la bonifica del recente fatto calamitoso, con risorse aggiuntive e non utilizzando quelle già definite.<br />
Le Province da parte loro hanno dichiarato di mettere a disposizione del coordinamento delle operazioni di bonifica le proprie strutture tecniche e di vigilanza e si impegnano per attuare forme di scambio informativo dei rispettivi piani provinciali di protezione civile, in particolare per quanto attiene situazioni di potenziale pericolo, che possono ripercuotersi sugli altri territori sottesi al corso del fiume. <br/>fonte: <a href="http://www.provincia.fe.it/sito?news=42B0B5F90BA7C4F9C12576F000555DC3">Sito Provincia Ferrara</a>Giorgio LA MALFA: Il nucleare non è uno spot.2008-05-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it356269Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
È senz’altro positivo che si riapra la discussione sull’energia nucleare in Italia. <br />
In fondo sono passati quasi 20 anni da Cernobyl e dal referendum che sancì l’interruzione del programma nucleare italiano e, senza riaprire le polemiche su quella decisione e sui costi che ne derivarono, è indispensabile riconsiderare oggi, alla luce dei prezzi attuali degli idrocarburi e delle prospettive di ulteriori aumenti, la situazione energetica italiana e il modo di farvi fronte.<br />
Il governo, con un intervento del ministro delle Attività Produttive all’assemblea della Confindustria, ha enunciato l’intento di far ripartire in tempi brevi un programma di costruzione di nuove centrali nucleari.<br />
Pur condividendo questo proposito, ritengo che annunci come quello siano prematuri e che finiscano per alimentare un dibattito confuso, polemiche inutili come quelle del professor Rubbia contro Umberto Veronesi o prese di posizione anticipate come quelle della presidente della Regione Piemonte di domenica su La Stampa.<br /><br />
<b>Le condizioni per un eventuale ritorno al nucleare debbono essere preparate con molta cura dal governo e sottoposte alla più ampia discussione nel Parlamento e nel Paese.</b><br /><br />
<b>Ciò specialmente alla luce della decisione referendaria del 1989.</b> L’esigenza fondamentale è scegliere la strada della <b>massima trasparenza dei dati di base</b> e della più <b>ampia discussione delle alternative possibili.</b><br />
A questo fine converrebbe adottare una procedura in tre fasi.<br />
Il primo passo sarebbe costituito dalla creazione di una Commissione di alto profilo con il compito di predisporre entro 6 mesi dalla sua istituzione un Rapporto sulla situazione e le prospettive di approvvigionamento energetico italiano: sui costi delle varie alternative; sulle tecnologie che potrebbero essere utilizzate negli impianti nucleari da costruire e sui tempi di realizzazione; sulle problematiche della sicurezza con riferimento non solo alla sicurezza intrinseca degli impianti, ma anche al problema che si pone oggi (e non si poneva ieri) dei rischi connessi al terrorismo; sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi.<br /><br />
Il passo successivo sarebbe una consultazione che dovrebbe durare due o tre mesi di tutti i possibili interlocutori - le forze economiche e sociali, le associazioni ambientalistiche, le autonomie regionali e locali e qualunque gruppo di interesse che ritenga di fare conoscere le proprie opinioni al governo - conclusa da un dibattito nel Parlamento nazionale. <br />
Nella terza fase, infine, il governo, raccogliendo gli esiti della consultazione, predisporrebbe un vero e proprio programma energetico accompagnato dagli eventuali atti normativi o regolamentari necessari e dall’individuazione delle fonti di finanziamento del programma stesso.<br />
Un tempo di tre mesi per questo ultimo adempimento sarebbe probabilmente sufficiente.<br />
Procedendo in questo modo, si potrebbe pervenire nel giro di un anno a una decisione concreta che certamente non eviterebbe il dissenso di una parte del Paese, ma darebbe però il senso di una scelta fondata su dati effettivi, su un’attenta considerazione dei vantaggi e dei costi del ritorno al nucleare, del modo di affrontare le questioni della sicurezza.<br />
Mi auguro che il governo faccia propria questa proposta e le dia una rapida attuazione.<br />
Il nuovo decisionismo del governo è accolto con favore dall’opinione pubblica, ma c’è pur sempre una differenza fra il problema dei rifiuti della Campania, nel quale la ricerca di una soluzione non lascia molte alternative, e una scelta come quella del ritorno al nucleare che va spiegata bene ai cittadini e resa convincente da ogni punto di vista.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=I8F5Y">La Stampa - Giorgio La Malfa</a>