Openpolis - Argomento: germaniahttps://www.openpolis.it/2014-02-21T00:00:00ZPaola De Pin: (ex M5S): “La Lista Tsipras è la cura giusta per la malattia dell’Europa” - INTERVISTA2014-02-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715890Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: GAL-UDCeDC) <br/><br/><br />
“Ha avuto il grande merito di non cadere nel nazionalismo. È il più credibile rappresentante dell’unico europeismo possibile: quello che contrasta le folli politiche austeritarie imposte ai popoli del continente dal neoliberismo”. Dopo <a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2014/02/18/adriano-zaccagnini/%E2%80%9Cscelgo-tsipras-il-volto-dell%E2%80%99altra-europa%E2%80%9D-intervista/715891">Adriano Zaccagnini</a>, è il turno di Paola De Pin per aderire alla lista Tsipras. La seconda deputata fuoriuscita dal M5S che guarda con simpatia alla candidatura del leader di Syriza per la presidenza di Bruxelles. “L’Europa è un malato che deve essere curato, questa situazione è stata voluta dai Paesi forti, Germania in primis, e la finanza deve tornare ad essere regolata dalla politica”.
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<b>Senatrice De Pin, la lista Tsipras è la medicina adeguata?
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Mi piace il suo carattere civico. È una lista composta dalla società civile e sostenuta da gente comune. In questa fase ci vogliono meno politici di mestiere e meno tecnici. È necessario ripartire dal basso. Né Renzi, né Grillo possono in alcun modo rappresentare i valori della sinistra che sono quelli definiti da Norberto Bobbio come “chi ha di più deve dare di più”.
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<b>I sostenitori della lista contestano la soglia di sbarramento al 4 per cento e parlano di Europorcellum voluto nel 2006 da Veltroni e Berlusconi per fare fuori la sinistra cosiddetta radicale. Lei è d’accordo?</b>
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Certo bisogna lavorare molto per far conoscere la lista ma spero si superi comodamente il 4 e si arrivi a doppie cifre. Poi certo, soprattutto in Europa, i partiti devono essere garantiti e trovo sbagliata la soglia di sbarramento.
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<b>Crede che possa far presa sull’elettorato del M5S?</b>
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Sì perché è un’alternativa valida. La lista Tsipras è la via giusta perché contesta l’attuale architettura dell’Ue ma blocca l’idea di un ritorno al nazionalismo spicciolo. In un’era globalizzata non credo che la soluzione sia nello stato nazione o nell’uscita dall’euro che vedo come una soluzione dolorosissima. Sfasciare l’Europa è un po’ come arginare il mare. E allora gli elettori del M5S devono smettere di credere ai proclami ad effetto e alla demagogia. È una menzogna far credere che la fuoriuscita dalla moneta unica sia la risoluzione di tutti i mali. Le conseguenze sarebbero disastrose.
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<b>E qual è, per lei, l’exit strategy e il modo di contrastare le politiche di austerity imposte dalla Troika?</b>
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Dobbiamo costruire un’Europa unita e dei popoli limitando lo strapotere della finanza e opponendoci al turbocapitalismo. Si deve guardare ad un sistema sociale più equo dove i Paesi in difficoltà vengono aiutati e non martoriati da memorandum. E quindi rinegoziare i trattati europei (il fiscal compact, il vincolo del 3 per cento etc.) e creare un maggiore equilibrio tra la Germania che la fa da padrona e i cosiddetti Pigs. In passato – da Maastricht in poi – sono stati fatti errori macroscopici come entrare nell’euro con il cambio 1 a 1927,36 mentre il marco tedesco con il rapporto di 1 a 1. I problemi ce li trasciniamo da allora, su questo ha ragione l’economista Bagnai.
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<b>Ma Alberto Bagnai è per l’uscita dall’euro…</b>
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Lui fa un’analisi molto giusta dell’attuale declino dell’Europa, ci spiega il percorso storico. Difetta nella risoluzione. La ricetta è nel costruire un’altra Europa, più solidale, e nel contrastare la forbice sempre più ampia tra i Paesi ricchi e quelli poveri. Deve essere la gente a decidere, non la Bce o il Fondo Monetario.<br /><br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/lista-tsipras-la-cura-giusta-per-la-malattia-delleuropa/?printpage=undefined">Micromega-online | Giacomo Russo Spena</a>DELIA MURER: Pari opportunità, Italia e Germania a confronto 2012-09-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it650362Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Si è tenuta a Roma, lo scorso 17 settembre, un’importante conferenza sulla democrazia paritaria che ha messo a confronto deputate e senatrici del Pd, rappresentanti dell’associazionismo italiano e alcune deputate della Spd tedesca. Il titolo dell’incontro era “Eccellenze Femminli. Una scelta di qualità”.
<p>La conferenza è stata organizzata dalla Friedrich Ebert Stiftung. “E’ stata una importante occasione per mettere a confronto idee, situazioni, progetti e per cominciare a costruire una politica europea per la democrazia paritaria. Un primo passo per una piattaforma comune che ci conduca, poi, a politiche integrate per la costruzione di una Europa paritaria in cui donne e uomini condividano lavoro, carriere e responsabilità familiari”.
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<b>Dalla conferenza è uscito un documento condiviso che pubblichiamo integralmente.</b>
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Democrazia paritaria: le donne sono determinanti per il futuro dell'Europa
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Nell'ambito della conferenza, “Eccellenze Femminili. Una scelta di qualità”, promossa dalla Friedrich Ebert Stiftung e dalla Conferenza Donne Pd tenutasi a Roma il 17 settembre 2012 alla presenza di rappresentanti parlamentari di Pd ed Spd dichiariamo quanto segue:
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Vogliamo uscire dalla crisi creando nuove opportunità.<p>
Vogliamo dare impulso al processo di integrazione europea.
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Vogliamo una partecipazione paritaria delle donne e degli uomini a tutti i livelli e in tutti i processi decisionali della politica senza la quale la democrazia resta incompiuta.
Lavoreremo per costruire una società in cui donne ed uomini condividano in maniera paritaria lavoro, carriera e responsabilità familiari.
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I Paesi in crisi hanno urgente bisogno di una prospettiva di crescita, che deve rappresentare ora il principale compito dell'Unione Europea. In questo contesto, servono investimenti nell'educazione e nella ricerca, nella lotta alla disoccupazione giovanile e nella promozione dell'occupazione femminile.
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Vogliamo andare oltre le misure di austerità adottate, che se pur necessarie non hanno risolto la crisi, in particolar modo i tagli al sociale hanno colpito particolarmente le donne.
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Le necessarie misure di risparmio devono tener conto della parità di genere. Le entrate pubbliche devono essere integrate da una maggiore partecipazione dei grandi patrimoni e degli alti redditi e deve essere attuata una regolamentazione duratura dei mercati finanziari.
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Solo con una coerente politica di genere possiamo realizzare il futuro dell'Europa e dei nostri due Paesi: senza uguaglianza non esiste alcuno sviluppo duraturo e neanche alcuna giustizia sociale in Europa.
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Proponiamo diverse iniziative legislative europee:
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- accesso paritario al mercato del lavoro;
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- affermazione della parità salariale fra donne e uomini;
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- riduzione dell'occupazione precaria favorendo un lavoro che assicuri garanzie sociali ed esistenziali;
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- quote che garantiscano un aumento della rappresentanza femminile nei consigli d'amministrazione e di vigilanza;
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Per questo ci impegniamo:
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- per ottenere a tutti i livelli (comunale, regionale, nazionale ed europeo) leggi elettorali che consentano un’equa ripartizione dei seggi fra donne e uomini;
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- per raggiungere la piena partecipazione delle donne all'ulteriore sviluppo dell'Unione Europea. Per questo bisogna garantire che sia il Parlamento Europeo che i Parlamenti nazionali consentano alle donne e agli uomini di partecipare in maniera paritaria alle future trattative.
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I sistemi di innovazione ben funzionanti e l'uguaglianza fra i generi sono la chiave per una crescita socialmente equa e duratura.
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<b>Per l’Italia</b>
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Sesa Amici, Camera dei Deputati
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Susanna Cenni, Camera dei Deputati
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Doris Lo Moro, Camera dei Deputati
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Federica Mogherini Rebesani, Camera dei Deputati
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Delia Murer, Camera dei Deputati
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Vittoria Franco, Senato della Repubblica
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Rita Ghedini, Senato della Repubblica
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Francesca Marinaro, Senato della Repubblica
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Roberta Agostini, Portavoce Donne PD
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Pia Locatelli, Presidente Internazionale Socialista Donne
<p><b>Per la Germania</b>
<p>Ulla Burchardt, Deutscher Bundestag
<p>Caren Marks, Deutscher Bundestag
<p>Elke Ferner, Deutscher Bundestag<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=7%3Ageneraliste&id=457%3Apari-opportunita-italia-e-germania-a-confronto&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">www.deliamurer.it</a>Antonio MARTINO: «L'elusione è peggio dell'evasione» - INTERVISTA2012-08-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648512Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />La pratica dell'elusione è una furbata mentre l'evasione è reato.
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Ogni ulteriore balzello «non è più sostenibile». Di più: «se si persegue il pareggio immediato di bilancio si ammazza il paese». Bisogna, al contrario, «agire sulla spesa pubblica con le riforme, non con manovre correttive». Perché, i veri risparmi da fare sono «su spesa sanitaria e enti locali»; tagli che «non si possono fare a legislazione invariata».
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Le circonlocuzioni e i toni soft non fanno per Antonio Martino. Tessera n. 2 di Forza Italia, ministro degli esteri del primo governo Berlusconi e capo della difesa nei due successivi esecutivi di centrodestra, Martino è un liberista impenitente. Il pessimismo non è nelle sue corde: «l'Italia è il paese più solido dell'Eurozona, più della Germania», dice. E al conformismo non si arrende: «gli speculatori? Rischiano i loro soldi. Invece, i banchieri centrali», graffia, «speculano con i nostri soldi».
Martino svela la sua visione. Senza sconti a chicchessia. «Perché», ghigna, «restare solo, in minoranza, non mi fa paura».
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<b>Il suo maestro è stato Milton Friedman. Questo basta a dire con chi sta nella storica tenzone tra keynesiani e friedmaniani?</b>
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Io ho scritto la mia tesi su Keynes. E già allora avevo le mie perplessità. Poi, sa, stando a Chicago.
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<b>Secondo i keynesiani, e il Fondo monetario internazionale, la compressione sul fronte salari impedisce la ripresa dell'economia. Perché azzoppa i consumi. Secondo i friedmaniani, l'eccessivo debito pubblico, la spesa pubblica esagerata e la conseguente alta tassazione, espongono il paese alla speculazione internazionale, inchiodano la ripresa e costringono a manovre lacrime e sangue. Lei con chi sta?</b>
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Vede, nella storia non c'è un caso uno di un paese in cui la spesa pubblica superi il 40% del Pil, che abbia uno sviluppo di lunga durata, uno sviluppo rilevante. Ne sanno qualcosa gli svedesi. Lo sviluppo che l'Italia ha ormai da molti anni è molto simile all'errore statistico. Sotto l'1%. Da quando la spesa pubblica ha superato il 50% del Pil, l'Italia ha smesso di crescere.
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<b>La sua lettura?</b>
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Dobbiamo tener presente che la spesa privata viene spiazzata dalla spesa pubblica, indipendentemente da come essa sia finanziata. Perché se la spesa pubblica è finanziata con le imposte, chi paga le imposte non ha più quei soldi da spendere. Se, invece, la spesa pubblica è finanziata con l'indebitamento, gli acquirenti, quelli che comprano i titoli di debito pubblico, non hanno più quei soldi da spendere. Ma li danno allo Stato con obbligazioni. Quindi, se la spesa pubblica viene finanziata in un modo, spiazza la spesa per consumo, se è finanziata nell'altro spiazza la spesa per investimenti.
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<b>Come se ne esce?</b>
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La prima cosa da fare è ridurre il rapporto spesa pubblica/Pil. Agendo sui cosiddetti entitlements, cioè su quelle voci di spesa pubblica che, a legislazione invariata, non possono essere ridotte o fatte variare. Prendiamo, ad esempio, il servizio sanitario nazionale: se non lo si riforma, ma lo si tocca a legislazione invariata, le spese andranno avanti senza che il governo possa fare alcunché. Idem per gli enti locali. Se non li si riforma, la spesa andrà per conto suo. E sono proprio queste due, le categorie più grosse della spesa pubblica locale. Alla fine, le spese riducibili a legislazione invariata sono una piccola parte della spesa pubblica.
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<b>Quindi?</b>
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L'Italia ha bisogno di riforme, non di manovre. Vanno cambiate le leggi che vanno per conto loro. Non bisogna più fare manovre a legislazione invariata, che finiscono per agire solo su piccole voci di spesa pubblica.
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<b>Un esempio?</b>
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Pensi alla spesa di esercizio militare. Viene sempre toccata da tutte le manovre: i carburanti, la manutenzione, l'addestramento e cosi via. Insomma, le cose essenziali per far funzionare la macchina. Mentre era ministro dell'economia Giulio Tremonti, in Francia cadde un elicottero e morirono sette militari. Il pilota non voleva partire perché non era stata fatta la manutenzione. Avevano tagliato lì. Quei piloti sono stati ammazzati da una manovra, che ha tagliato le spese di esercizio.
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<b>Dove si taglia si sbaglia?</b>
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In Italia l'esistente non deve essere gestito, deve essere cambiato. Ci vogliono riforme. Il Servizio sanitario nazionale costa 3.500 euro l'anno a italiano.
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<b>Addirittura?</b>
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Lei pensa che l'ho sparata grossa. E, apparentemente, avrebbe ragione. Ma facciamo due conti: la spesa sanitaria contabilizzata è di 110-130 miliardi di euro l'anno; a questi, però, vanno aggiunti altri 50 miliardi l'anno, che i privati spendono per procurarsi quello che il Ssn non fornisce. E non è finita: l'80% del bilancio delle regioni è utilizzato in spesa sanitaria. Il che significa che l'80% del costo delle regioni va imputato alla spesa sanitaria. Quindi, per l'80% le regioni esistono per gestire la spesa sanitaria. A conti fatti sono più di 200 miliardi di euro l'anno. Diviso 60 milioni di italiani fa qualcosa come 3.500 euro l'anno a persona. Ogni persona, sia essa bambino o anziano.
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<b>Un pozzo senza fondo?</b>
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Abbiamo un sistema sanitario inefficiente e regressivo: tassiamo il bracciante agricolo affinché anche Berlusconi possa avere le medicine gratis! Se, poi, aggiunge che il sistema è marcio e corrotto, con migliaia di frodi nel sistema farmaceutico, allora ne consegue che va riformato al più presto. Perfino un esponente del Pd, Umberto Veronesi, ha proposto di limitare le prestazioni del Ssn ai meno abbienti, così da passare dal servizio sanitario universale a un sistema selettivo, che dia, non tutto a tutti, ma tutto a chi ne ha bisogno.
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<b>La sua posizione in economia, che definisce “semplicemente liberista”, l'ha messa spesso in condizione di «disagio» all'interno del centro-destra.</b>
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Quando ero iscritto al Pli, facevo parte di una minoranza composta da una sola persona (sorride, <i>ndr</i>).
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<b>Il suo «disagio» è sfociato in netto contrasto con l'indirizzo, da taluni definito di “destra sociale”, assunto dall'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti.</b>
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Tremonti è un ottimo tributarista, ma non capisce niente di economia. All'inizio lo negava, perché voleva essere etichettato come economista. Poi ne andava fiero perché convinto che gli economisti non capiscono niente. Come ministro dell'economia è stato persino più disastroso di Padoa Schioppa, da cui ha ricevuto i complimenti.
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<b>Ne ha per tutti</b>
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Forse il meno peggio tra i ministri dell'economia è quello attuale, Grilli. I suoi predecessori, tutti disastrosi. Il mio amico Bassanini ha unito in un dicastero ciò che deve restare diviso, Finanze e Tesoro, entrate e uscite. Se le unisci, poi, non si muove foglia che il ministro dell'economia non voglia.
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<b>Sempre in polemica con Tremonti, nel 2008 scrisse su Libero un fondo dal titolo: “Viva gli speculatori”. In quel caso la speculazione colpiva le commodity e, in particolare, il petrolio, alterandone le quotazioni.</b>
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Vede, come spesso fa, Tremonti doveva trovarsi un capro espiatorio. In quell'occasione prese di mira gli speculatori. Ma gli speculatori privati rischiano i loro soldi sulle previsioni. Scommettono i loro soldi e, se sbagliano, li perdono. Poi c'è anche lo speculatore pubblico, che scommette con i soldi degli altri. E, se sbaglia, la perdita la subiscono gli altri.
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<b>Lo speculatore pubblico? A chi allude?</b><p>
Il banchiere centrale è uno speculatore pubblico. Quando c'è un deficit potenziale con l'estero, nella bilancia dei pagamenti, lo speculatore privato vende moneta nazionale per comprare divise estere. Scommette cioè sulla svalutazione della moneta nazionale. Lo speculatore pubblico fa l'esatto contrario. Un esempio? Mercoledì, 16 settembre 1992. In quel giorno, la Banca d'Italia vendette 60 mila miliardi di lire di riserve ufficiali, per impedire la svalutazione della lira. Dopo aver fatto perdere all'Italia 60 mila mld, Bankitalia dovette arrendersi e lasciar svalutare la lira. Tutti diedero la colpa a Soros, perché, si disse, aveva fatto svalutare la lira. Ma Soros scommise i soldi suoi sulla lira svalutata. I 60 mila miliardi di lire che l'Italia perse, a causa della scommessa fallita dal banchiere centrale finalizzata a tener su la lira, erano invece soldi degli italiani. Io tra i due speculatori scelgo lo scommettitore privato, perché rischia i suoi soldi.
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<b>La pensa ancora così, oggi che la speculazione fa cassa sui titoli di stato e su fondamentali di un paese, impossibili da correggere nel breve periodo. Ad esempio il debito pubblico, che fa impennare lo spread. Direbbe anche oggi “viva gli speculatori”?
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Guardi, sgombriamo il campo da un equivoco: l'Italia è di gran lunga il paese finanziariamente più solido dell'Eurozona. E' molto più solido della Germania e di tutti gli altri. Le dico subito il perché:
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<i>Primo:</i> gran parte del debito pubblico è in mano agli italiani; in Italia ci sono debiti pubblici italiani e crediti privati italiani, che si elidono tra loro.
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<i>Secondo:</i> mai nessuna asta di titoli italiani di debito pubblico è andata deserta. Anzi, quasi sempre la domanda ha superato l'offerta.
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<i>Terzo:</i> il patrimonio statale mobiliare e immobiliare è difficile sapere quanto valga, ma non mi stupirei valesse molto più del debito pubblico.
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<i>Quarto:</i> perché esiste lo spread? Perché prendere a prestito Euro in Germania costa meno che in Italia?
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<b>Perché?</b>
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Solo, per motivi psicologici: c'è la diffusa convinzione che la Germania come debitore sia più solida dell'Italia come debitrice. Non è vero. È solo una percezione diffusa, che non si può cambiare con la bacchetta magica. Ma è sbagliata. L'Italia è assolutamente solvibile come debitrice. Uno studio Bankitalia dello scorso anno sostiene che, anche se lo spread arrivasse a 800 punti base, la situazione sarebbe comunque sostenibile.
<p><b>Conseguenza?</b>
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Dobbiamo smetterla di piangerci addosso! La cosa essenziale è far ripartire la crescita. Se cerchiamo di far pareggiare in tempi brevi il bilancio dello stato, ammazziamo l'Italia. Perché, per farlo, il contribuente medio dovrebbe versare il 52% allo stato. E le imprese? Quanto dovrebbero versare?
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<b>Nello scontro, tutto tra pensatori liberali e tutto interno al Pdl, tra montiani e anti-montiani, lei sembra iscriversi nel primo filone. L'ultimo episodio è andato in onda sul Foglio, dove un irritato Piero Ostellino continua a combattere la voracità del Fisco e non condivide l'approccio dell'Elefantino, che considera Monti il meglio che oggi possa passare il convento. Perché la lotta agli evasori, dice Giuliano Ferrara, non è più eludibile.</b>
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Il fatto che Giuliano Ferrara mi citi come se io fossi d'accordo con lui non va. Secondo me Ostellino ha assolutamente ragione. Non si possono introdurre nuovi balzelli in un'Italia moribonda. L'Italia ha necessità assoluta di una riforma fiscale. Nel 2012, il gettito Irpef, Irpeg e Irap è stato il 19,6% del Pil. Tutte le imposte dirette prese assieme hanno preso meno del 20% del Pil! Come ce lo spieghiamo? Solo con l'evasione?
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<b>E come lo spiega?</b>
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Certo l'evasione esiste, è un reato. Ma sono l'erosione e l'elusione il vero problema. Sono modi perfettamente legali per evadere le tasse. Perché, chi è già ricco va dal Tremonti di turno e quello gli trova un modo per non pagare. O per pagare poco. Invece, chi potrebbe diventare ricco, cioè crescere, viene ammazzato da queste aliquote. Sono i piccoli commercianti e gli imprenditori, che vengono mitragliati da queste aliquote. Abbiamo un sistema fiscale inefficiente, iniquo e aperto alle furbizie dei tributaristi, che fanno si che chi è già ricco le tasse non le paghi. E a pagarle sono quelli, che ricchi non diventeranno mai.
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<b>Pane al pane, vino al vino?</b>
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Lei crede possibile che io faccia parte dell'1 per mille dei contribuenti più ricchi in Italia? Abito nello stesso appartamento da 30 anni, prendo in affitto la stessa casa al mare, ho una barca da otto metri e mezzo, circondata da enormi yacht. Ma posso essere in quell'1 per mille? Secondo l'Agenzia delle Entrate io ne faccio parte. Lei crede davvero che ci siano tutti questi più poveri di me? E tutti questi yacht di chi sono? Io non credo.
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<b>Di recente, nel corso di una manifestazione del Tea party all'italiana, in piazza Campo San Geremia a Venezia, lei ha detto “Patriota è colui che evade!”</b>
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Io ho premesso: l'evasione vìola la legge e, quindi, è un reato da perseguire. Ma, se si guarda alle conseguenze, l'evasore è un patriota, che sottrae scarse risorse al pubblico spreco per destinarle a scopi produttivi. Non c'è dubbio che il privato spenda meglio i suoi soldi del pubblico. Lo diceva perfino Milton Friedman.
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<b>Monti dice: la crisi sta passando. Passera gli fa eco. Moody's elogia Monti. E dice: Italia salva nel 2013. Per dirla con una battuta, l'agenzia di rating che assicura l'Italia sui mercati si chiama “Moonti's”?</b>
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(Ride, <i>ndr</i>)Se prendiamo per buono ciò che le ho già detto, l'Italia è salva di suo. Il vero problema da cui l'Italia deve salvarsi sono i politici che spendono, spandono e contraggono debiti con i soldi degli altri. Ho sempre detto che, se vogliono far del bene, usino i soldi propri, non quelli degli altri.
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<b>Ultimamente, lei si è detto favorevole a una grosse koalition, guidata da Monti, per le elezioni del 2013. Eppure lei disse a Monti, che conosce dal 1975, che non avrebbe mai votato il suo governo tecnico. Così come non votò quello di Dini, «perché», disse allora, «i tecnici devono essere al servizio dellapolitica e non viceversa».</b>
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Vero. Ma in realtà ho detto un'altra cosa sulla grosse koalition. Dissi che, se si va a votare con una legge elettorale come quella attuale o sua una variazione sul tema, e nessuno dei due schieramenti raggiunge la maggioranza, a quel punto, se i partiti più grandi riuscissero a trovare un accordo sulle riforme, sarebbe auspicabile una grande coalizione, guidata anche da Mario Monti.
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<b>La prospettiva sembra quella di un Monti quirinalizio e un Passera a palazzo Chigi. Sembra tutto preconfezionato. E gradito ai mercati. Una simile impostazione non farà contento Beppe Grillo?</b>
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Non c'è dubbio. I cosiddetti governi tecnici, o governi del presidente, sono l'ammissione che la politica democratica non è riuscita a fornire una risposta. Ciò alimenta l'antipolitica. E' pericolosissimo. Perché produce la richiesta dell'uomo forte. Il fatto di aver avuto il Fascismo potrebbe averci immunizzato da questa pulsione. Anche i Greci hanno avuto i colonnelli. Ma se non ci fossero stati questi episodi recenti, in Grecia e in Italia ci sarebbe stata la tentazione. Chi è democratico deve sfuggire a simili tentazioni e deve esaltare le forme democratiche. Possibilmente con una riforma elettorale. La legge attuale è inaccettabile.
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<b>Lei che legge elettorale vorrebbe?</b>
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Io sono per l'uninominale maggioritario all'americana, con le primarie. Ma va bene anche quello alla francese, purché, nel doppio turno, il ballottaggio sia limitato ai due candidati più votati.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JE6NL">Italia Oggi | Luigi Chiarello </a>Pier Luigi BERSANI: «Fedeli all'Europa del rigore. Industria fra le politiche prioritarie» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648122Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
La Fiat: «Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché già una volta negli anni '80 Torino ci ha condizionati». <br />
«La prima cosa che intendo dire all'Italia e all'Europa è che noi siamo quelli dell'euro, siamo quelli dei governi Prodi, Amato, D'Alema che fecero fede in condizioni difficili a tutti i patti internazionali, europei e occidentali, che siamo quelli di Ciampi e Padoa-Schioppa».
<p>Pierluigi Bersani sa che la sfida più grande per lui è ormai arrivata.<br />
Mancano sette-otto mesi alla chiusura della legislatura, ma ormai la corsa in vista delle elezioni è partita. Chi vuole avere chance per andare al governo deve mettere sul tavolo le carte migliori che ha a sua disposizione. Bersani è tra i più accreditati. Lui lo sa. E sul Sole 24 Ore prova a spiegare agli elettori italiani, all'Europa e ai mercati perché devono fidarsi del centro-sinistra dopo i buoni risultati del governo Monti.
<p><b>Bersani, non c'è il rischio che i prossimi mesi siano occupati dalla campagna elettorale, proprio mentre il Paese è ancora chiamato a scelte difficili?</b>
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E intanto utile, in questi mesi che ci avvicinano a un appuntamento elettorale, come avviene in tutte le democrazie del mondo, dare messaggi molto chiari sui temi di fondo: lealtà al governo Monti, lealtà verso il grande obiettivo europeo, responsabilità nella tenuta dei conti, nella riduzione del debito e nella costruzione di un avanzo primario. Contro ogni deriva regressiva e populista intendiamo fare barriera forte. Detto questo, vogliamo arrivare all'appuntamento elettorale dicendo la nostra, sull'Europa e sull'Italia.
<p> <b>Partiamo dall'Europa, deve fare di più.</b>
<b>Ma come e in che direzione?</b>
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<p> L'Europa così come gira non va bene. Io credo innanzi tutto che il dibattito con le opinioni pubbliche europee vada spostato dalle tecnicalità economiche al tema di fondo che è culturale e politico. Il patto iniziale fu la riunificazione della Germania dentro una Europa forte. Se si rompe quel patto andiamo verso l'incognito. Purtroppo in questi anni abbiamo visto diffondersi, sotto l'influsso della globalizzazione, un'ideologia di destra per cui chi è forte pensa che chi è debole gli stia svuotando le tasche. È una ideologia pericolosa, l'abbiamo vista anche nelle reazioni all'intervista di Monti, al di là della frase più o meno felice sui parlamenti.
<p><b>Intanto il clima con la Germania diventa sempre più teso. È giusto secondo lei attribuire ai tedeschi responsabilità su quello che sta avvenendo?</b>
<p> Non va bene fare guerre con la Germania. Noi paesi cosiddetti periferici dobbiamo riconoscere che dopo l'euro non abbiamo fatto i compiti a casa, non abbiamo approfittato dell'abbassamento dei tassi. Secondo me questo è avvenuto per responsabilità di Berlusconi, ma come Paese dobbiamo riconoscerlo. La Germania deve riconoscere, però, che tutto quel che ha guadagnato dall'euro, ed è tantissimo, può anche perderlo e che una famiglia non si salva ammazzando qualche familiare. Quindi va fatto valere un discorso di corresponsabilità. Solo così l'Europa farà passi avanti e li farà fare a tutti noi.
<p><b>L'Italia ha fatto i suoi compiti a casa?</b>
<p> Abbiamo fatto molto. Ma è venuto il momento, e noi lo faremo da subito se saremo chiamati agovernare, di mettere al centro delle nostre preoccupazioni l'economia reale. Quand'anche avessimo tutti gli scudi anti-spread del mondo, se l'economia reale viaggia in questo modo, non ce la caviamo.
<p> <b>La recessione che abbiamo davanti è di dimensioni preoccupanti.</b>
<p> Dobbiamo fare ogni sforzo per la crescita, o almeno per contrastare la recessione. Magari sui conti pubblici teniamo, ma qui rischiamo di arretrare decisamente nelle quote mondiali di produzione e lavoro. Nelle esportazioni i margini si vanno assottigliando. Il mercato interno è fermo. Così rischiamo una riduzione strutturale della nostra base produttiva. Allora nei famosi compiti a casa va data priorità a quella che potremmo definire, in senso esteso, politica industriale, che per me vuol dire anche politiche per i servizi o l'agricoltura.
<p><b>Il governo non fa abbastanza?</b>
<p> Diciamo che per ora c'è attenzione non sufficiente. Ma il problema viene da lontano. Per troppo tempo abbiamo assistito inerti allo spostamento di investimenti dall'economia reale alla finanza. Dobbiamo invertire la rotta. Siamo un sistema di piccole e medie imprese, dobbiamo averne cura. Io rimpiango, per esempio, la dual income tax, il credito d'imposta per la ricerca, le prospettive tecnologiche dell'industria per il 2015. Se avessimo tenuto su queste misure forse non saremmo a questo punto.
<p><b>Il governo ha rinunciato a ripristinare il credito di imposta per la ricerca...</b>
<p>E invece va fatto. Quando io ci lavorai immaginavo uno strumento che doveva insediarsi come strutturale: gli imprenditori devono sapere che è un incentivo a disposizione per anni e senza rubinetti di sorta che creano sfiducia e incertezza.
<p><b>Su quali settori è giusto puntare?</b>
<p> L'Italia deve fare l'Italia. Deve puntare sulle sue tradizioni, tipicità, sul patrimonio del made in Italy. Poi deve portare tutto questo alle frontiere tecnologiche nuove. Quindi l'efficienza energetica, le tecnologie del made in Italy, le scienze della vita, le tecnologie per i beni culturali, e così via.
<p> <b>Intanto la burocrazia e i cavilli bloccano spesso gli investimenti. Cosa fare?</b>
<p> Bisogna agire su alcune condizioni del contorno: dalla giustizia civile alle duplicazioni amministrative. Ma ho una mia idea sul rilancio degli investimenti industriali, quello del riuso delle aree industriali.
<p> <b>Un buco nero fino ad oggi in Italia.</b>
<p> Ed è una grande opportunità. Oggi abbiamo enormi aree dismesse, bloccate dai costi di bonifica e da pastoie burocratico-amministrative. Dobbiamo introdurre un meccanismo anche fmanziario che risolva il problema delle bonifiche e permetta con dei patti d'insediamento qualche accelerazione da un punto di vista amministrativo e autorizzativo.
<p> <b>Resta il problema più ampio della pletora di autorizzazioni e controlli che rendono impossibili spesso gli investimenti.</b>
<p> La via è quella di esternalizzare: una serie di funzioni che riguardano le attività produttive possono essere affidate a un'autocertificazione rafforzata da parte di professionisti assicurati, così l'amministrazione pubblica si concentra sui controlli.
<p><b>Cos'altro ha in mente quando parla di nuova politica industriale?</b>
<p> Ci sono tanti strumenti da rivedere: siamo a posto con le procedure straordinarie, leggi Prodi 1 e 2, la legge Marzano? Secondo me no. Vogliamo discutere sulla cassa integrazione speciale? Mi va bene che tassativamente non ci siano proroghe ma nel sistema industriale italiano è un errore buttare via uno strumento così.
<p>
<b>È giusto usare anche la Cdp per fare politica industriale? <br />
E con che ambiti?</b>
<p>Credo sia utile come riferimento nelle società delle reti e va bene il volano per le infrastrutture. Ma io sarei più ambizioso nel riconsiderare questo fondo strategico che non si capisce bene cosa faccia. Noi abbiamo un sistema di medie imprese, quelle che innovano, investono, si internazionalizzano, che adesso sono piene di impegni con le banche. Allora io dico: con partecipazioni minoritarie, in modo selettivo, è inimmaginabile un fondo misto di partecipazione dove transitoriamente Cdp, le banche trasformando temporaneamente i loro crediti, siano impegnati in operazioni non di salvataggio, ma di supporto?
<p><b>Sulla banda larga continuiamo ad avanzare solo con piccoli passi.</b>
<p> Lì ci vuole una forte regìa del Governo. E sono convinto che Cdp deve essere messa al servizio via via di una soluzione combinata, soluzione che guardi al progetto paese.
<p><b>La produzione automobilistica in Italia continua ad arretrare. II Governo farebbe bene a convocare Marchionne?</b>
<p> La diplomazia economica dei governi è importante. Io ho sempre detto che l'unica soddisfazione certa di un ministro è che se chiami un interlocutore questo deve venire. Poi può dire quello che vuole, ma deve venire e dirtelo. Qui c'è un po' di debolezza del Governo. Su Fiat, ma anche su Finmeccanica dove lo Stato è proprio azionista.
<p><b> Ma la decisione sugli investimenti in Italia tocca alla Fiat non al Governo.</b>
<p>Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché Fiat già ci ha condizionato già una volta negli anni '8o bloccando la possibilità di altri ingressi Se hanno tutti gli stabilimenti in cassa integrazione, non possono bloccarci nei prossibili sviluppi dell'industria automobilistica in Italia.
<p> <b>Lei ha capito che fine ha fatto il piano Fabbrica Italia?</b>
<p> Io non ho mai capito cosa fosse e quindi non ho mai capito dove è finito. Si è imbastita una polemica tra Marchionne e Fiom e si è perso di vista l'aspetto industriale vero. Se Fiat non ce la fa, meglio i tedeschi che nessuno. Ma io sono preoccupato che un pezzo di Paese vada in controllo estero. Su Ansaldo energia e su Ansaldo trasporti per esempio eviterei di perdere il controllo.
<p><b> Come vede la situazione dell'Ilva?</b>
<p>
La decisione presa martedì consente sviluppi positivi. I temi ambientali, attenzione, sono temi veri.
<p> <b>La politica industriale richiede risorse, così come il rispetto degli impegni Ue. Nel momento in cui vi proponete per governare il Paese dovete dire dove prendete i soldi.</b>
<p> Io vorrei smontare l'assioma o taglio o tasse. Spesso a un taglio corrisponde una sorta di tassa che magari viene pagata dagli italiani più deboli in termini di servizi. Bisogna mirare i tagli agli sprechi veri, altrimenti deprimi il mercato e metti le mani nelle tasche degli italiani.
<p> <b>Altre fonti di risorse?</b>
<p>Riequilibreremo i carichi fiscali. Ma soprattutto: noi al netto del ciclo siamo tra i Paesi messi meglio. Senza toccare l'avanzo primario, bisogna trovare con l'Europa un minimo meccanismo di elasticità.
<p> <b>Cambiare i patti?</b>
<p> No, solo un calcolo del ciclo fatto con buon senso. Da vedere con la Commissione. Se poi arrivasse un po' di sollievo sui tassi... Le operazioni di politica industriale non costano moltissimo. E io darei priorità a un'altra questione: con il governo Prodi non eravamo in crisi e spendevamo 2,5 miliardi di fondo sociale, oggi con la recessione è ridotto a 150 milioni. Non c'è teoria, per quanto liberista, al mondo che non consideri che in epoca di recessione devi rispondere con spesa sociale. Farei una task force con enti locali e terzo settore per affrontare questa questione.
<p><b> Siamo tornati a misure di spesa. Lei ha ribadito gli impegni europei, ma poi quando si parla delle risorse necessarie allo sviluppo e a centrare quegli impegni c'è troppa genericità.</b>
<p> Guardiamo la storia. Quando si è trattato di controllare la spesa corrente abbiamo fatto meglio noi della destra. Per un motivo semplice: conosciamo meglio l'amministrazione e la macchina di governo.
<p> <b>Sugli enti locali si può tagliare ancora?</b>
<p> Bisogna vedere di cosa parliamo. L'enorme pletarora di consorzi e società miste va sbaraccata. Poi bisogna ridurre il carico di impiego pubblico in una forma che lavori sul turn-over in modo intelligente. Poi vanno alienati beni pubblici. Ma in forma realistica, quando sento parlare di 400 miliardi, dico: eravate lì potevate farlo. Ma come lo declina Grilli o come lo dice Astrid sicuramente si può fare.
<p><b> A proposito di dove reperire le risorse non ha ancora parlato di patrimoniale...</b>
<p>La nostra posizione è quella di un contributo dei grandi patrimoni immobiliari. Aggiungo che, a proposito di dove prendo i soldi, noi sull'evasione dobbiamo fare di più. Serve la Maastricht della fedeltà fiscale: arrivare all'obiettivo più tre o meno tre di fedeltà fiscale rispetto all'Europa. Come ci si arriva: attraverso la deterrenza certamente, come si fa negli Usa, ma soprattutto attraverso banche dati incrociate.
<p><b> Ma non pensa che con l'Imu già oggi la tassazione su chi ha più immobili è molto alta? Credo che per i patrimoni più ingenti ci possa essere qualche contributo in più, potenziando un po' le esenzioni per chi ha di meno.<br /> Proviamo a individuare la rappresentanza sociale di un suo eventuale governo.</b>
<p> Lavoro dipendente che fa il suo dovere, professioni che accettano la modernizzazione, l'intellettualità e la creatività italiana, gli imprenditori che fanno il loro mestiere e credono alla loro impresa. Ci metto anche il ceto medio impoverito. Isolo invece come avversari tutte le posizioni di rendite a qualsiasi livello, le ricchezze e i patrimoni che rifiutano la solidarietà. L'accordo con la Svizzera va fatto perché bisogna raggiungere la ricchezza mobile che si occulta.
<p> <b>Non si preoccupa quando Vendola apre a Casini a condizione che «rinunci alle politiche liberiste, mercatiste e rigoriste» appoggiate in questi anni?</b>
<p> Le aggettivazioni ognuno le sceglie come vuole. Che però in questi dieci anni in Italia e in Europa si sia permesso che l'egemonia finanziaria dominasse su tutto è stato un problema.
<p> <b>Ma Vendola mi sa che facesse riferimento più al Casini che appoggia Monti che ad altro....</b>
<p> Io ho già detto che la continuità con Monti sarà la salvezza di un'Italia che è europea e europeista. Che sta ai patti finché i patti non si cambiano e migliorano. Quindi la dignità di un Paese che sa qual è il suo destino. Dopodiché io convengo sul fatto che in Europa e in Italia noi dobbiamo dare più attenzione al lavoro.
<p><b> Ma non è un'umiliazione per la politica fatta dai partiti in questi anni che un governo tecnico abbia fatto in pochi mesi una serie di riforme di cui si parlava da anni e non realizzavano?</b>
<p>
Qualcuno dice che tra il '96 e il '98 si sono viste liberalizzazioni e politiche industriali più incisive di quelle fatte ora.
<p><b>Sulle liberalizzazioni gioca in casa, ma sul resto?</b>
<p> Sulle pensioni abbiamo fatto molto.
<p><b>Anche qui negli anni '90. Ma nell'ultimo governo Prodi siete tornati indietro sullo scalone...</b>
<p>
Giustamente credo, la gradualità nelle riforme serve. Come si è dimostrato con la vicenda degli esodati.
<p><b>Bersani, insisto, perché questo è il punto: in Europa e sui mercati c'è preoccupazione per un ritorno di Berlusconi, ma anche di un centro-sinistra bloccato sulle riforme dai veti politici e sindacali.</b>
<p>
È un pregiudizio. La nostra è una politica intenzionata a chiedere il consenso della gente dicendo come prima cosa che siamo in una crisi seria e che serve responsabilità. Ma io rifiuto l'affermazione che il governo Monti abbia fatto più riforme dei governi politici di centro-sinistra. Se poi le riforme sono solo l'articolo 18...
<p><b> A proposito, sulla riforma del lavoro rimetterete le mani?</b>
<p> Sì. Il mercato del lavoro va sicuramente reso più efficiente. Ma il dibattito sull'articolo 18 è un dibattito interno ideologico. Il problema è quello della produttività: e qui siamo carenti in investimenti, ambiente di contorno, rigidità organizzativa ed eccesso di precarietà. In questo senso io credo che la questione del lavoro vada vista anche dal punto di vista dei contratti. E qui sono un convinto sostenitori di uno spostamento verso l'ambito aziendale, preservando però una base di omogeneità nazionale. Dare flessibilità organizzativa a fronte di investimenti esigibili: questa è la pista da percorrere.
<p><b>Ma l'alleanza con Casini si fa prima o dopo le elezioni?</b>
<p> Dipenderà anche dal sistema elettorale. Io ho in testa un'area progressista aperta che non è solo partiti. Che sia in condizioni prima o dopo le elezioni, di lanciare un appello di collaborazione a tutte le forze europeiste, antipopuliste e costituzionali. Poi credo nei vincoli che ci siamo dati nella carta d'intenti per governare insieme: si decide a maggioranza quando non siamo d'accordo. <br /><br/>fonte: <a href="http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012080922362570.pdf">Il Sole 24 Ore | Fabrizio Forquet</a>Mario MONTI: Evasione fiscale: «L’Italia si trova in uno ‘stato di guerra'» 2012-08-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648208Alla data della dichiarazione: Senatore a vita- Pres. del Consiglio <br/><br/><br />
«Io penso che l’Italia si trova in uno stato di difficoltà soprattutto a causa di questo fenomeno e che si trova da questo punto di vista in uno ‘stato di guerra’».
<p>«La notorietà pubblica del nostro alto tasso di evasione contribuisce molto a indisporre nei confronti dell’Italia quei paesi verso i quali di tanto in tanto potremmo aver bisogno di assistenza finanziaria. Come i paesi del Nord Europa, che dicono: “l’Italia è un paese molto ricco, però lo stato ha un fortissimo debito pubblico che magari richiederà domani di aiutarla a rinnovare; eppure ci sono italiani ricchi o medi che sistematicamente non pagano le tasse”». Insomma, «l’evasione fiscale produce un grosso danno nella percezione del paese all’estero».
<p>
«Io stesso, fino a poche settimane fa, quando sono stato anche ministro dell’Economia e delle Finanze e quindi responsabile dell’Agenzia dell’entrate e responsabile politico della Guardia di Finanza, ho sempre incoraggiato fortemente le persone che vi lavorano a fare una dura lotta all’evasione. La seria lotta all’evasione può comportare la necessità di momenti di visibilità che possono essere antipatici. Ma che hanno un forte effetto preventivo nei confronti degli altri cittadini».
<p> «Questa degli eurobond è una proposta articolata e intelligente che contiene anche elementi che da tempo il governo italiano ha portato al tavolo europeo. Abbiamo visto tutti che alcuni paesi (certamente la Germania, ma anche alcuni Paesi nordici) non sono disposti in questo momento a dare il loro consenso agli eurobond. Ciò significa che probabilmente essi verranno ma un po’ più avanti, quando si saranno fatti passi verso una maggiore messa sotto controllo delle finanze pubbliche dei singoli paesi da parte delle istituzioni comunitarie. L’idea della Germania e di altri è che si possono mutualizzare in tutto o in parte i debiti pubblici solo quando si è sicuri che nessun paese sia deviante in materia di troppo debito pubblico. Ovvero, quando la politica di indebitamento sarà gestita in modo più coordinata dal centro».
<p>
<b>In tema di carcere</b> sollevato da Pannella, associazioni del volontariato e 120 giuristi che hanno rivolto un appello al Capo dello Stato sollecitando indulto e amnistia: «Voglio ricordare che si tratta di una misura per la quale sono necessari due terzi dei voti del Parlamento che non mi pare al momento ci siano».
<p>
«<b>Sulla questione del federalismo</b> noi rispettiamo quello che c’è nelle attuali leggi dello stato. Forse in precedenti governi si è lavorato all’insegna del federalismo nella convinzione che esso fosse la riforma strutturale per dare ordine e slancio all’economia italiana. Mentre noi siamo convinti che il federalismo deve essere solidale, non può cioè non tenere conto delle diversità tra le diverse regioni e delle differenze territoriali. Soprattutto non deve esimerci dal fare riforme strutturali nei vari campi: dalle pensioni, al mercato del lavoro, alle liberalizzazioni, alla concorrenza, alle semplificazioni».
<p><b>Il riconoscimento alla sussidiarietà.</b> «Il nostro è un governo che, per sua composizione, per suo programma, per suo orientamento, riconosce importanza e grandi spazi alla sussidiarietà, alla convivenza nel profondo reciproco rispetto tra pubblico e privato, tra stato e chiesa, tra le religioni. Io che ho studiato in una scuola cattolica, conosco ovviamente il grande ruolo, accanto all’istruzione pubblica, dell’istruzione paritaria e al contributo sociale che le scuole non statali offrono sopperendo alle difficoltà di molte realtà del paese.<br />
Pur nelle ristrettezze finanziarie da tutti avvertite e ferma l’esigenza di consolidamento e messa in sicurezza del bilancio, il sostegno a quanti sono espressione dei valori della sussidiarietà e della solidarietà è perciò un obiettivo importante per quanti hanno a cuore il benessere e la crescita dell’intero Paese.
<p>«Posso assicurare che il Governo non farà mancare al settore, cui riconosce una essenziale funzione complementare rispetto a quella esercitata dalle scuole pubbliche, il necessario sostegno economico. A ciò si provvederà, compatibilmente con i limiti tracciati con i recenti interventi di revisione della spesa pubblica, con la legge di stabilità del prossimo autunno».
<p><b>«Grave» intercettare le telefonate del Capo dello Stato</b> dalla procura di Palermo: «E' peraltro evidente a tutti che nel fenomeno delle intercettazioni telefoniche si sono verificati e si verificano abusi. E' compito del governo prendere iniziative a riguardo».
<p><b>Sulle indiscrezioni dell’Espresso</b> secondo cui, nell’autunno del 2010, venne contattato dall’onorevole Massimo D’Alema che a Milano, in una cena a casa di un noto professionista, gli propose con altri l’assunzione di responsabilità politiche e di governo nel caso di una caduta anticipata del governo Berlusconi, conferma e rivela: «Non smentisco quell’occasione e posso solo dire che nel mondo politico ci furono diverse persone che, intorno a quell’epoca, nelle loro previsioni o scenari sul futuro politico italiano di breve termine, mi prospettarono ipotesi che mi coinvolgessero. E io sono sempre stato ad ascoltare pensando che si sbagliassero».<p>
<b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JAB46">QUI L'INTERVISTA INTEGRALE IN FORMATO .PDF</a></b><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.tempi.it/monti-a-tempi-evasione-fiscale-litalia-e-in-uno-stato-di-guerra#.">Tempi - Luigi Amicone</a>Antonio MARTINO: «I tedeschi vogliono imporre le regole, è un sopruso» - INTERVISTA2012-08-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648089Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
«Avviano la terza guerra mondiale con la finanza, non con le armi. Non conoscono il Trattato di Maastricht: le politiche di bilancio sono dei singoli stati, e la Bce non può comprare debito. Non è questione di sentimenti anti-tedeschi, anzi. E’ la Germania che dà l’idea di voler avviare una terza guerra mondiale, non con le armi ma con la finanza».
<p>
Da un po’ il professor Antonio Martino, uno dei fondatori di Forza Italia, certo una delle sue anime davvero liberali (e spesso controcorrente), è di nuovo la mente economica più ascoltata nel centrodestra italiano.
<p> <b>Monti, l’Italia, la Germania, che sta succedendo?</b>
<p> «Vede, io ammiro le grandi qualità di quel popolo e so benissimo che un’Europa senza la Germania non è concepibile. Ma è come se avessero avviato la terza guerra mondiale, non con le armi ma con la finanza, e avessero intenzione di far precipitare l’intera Europa in un baratro. E guardi non lo dico solo io, lo dice Joschka Fischer. Cos’è, antitedesco anche lui?».
<p>
<b>Ha ragione Monti quando dice: «La possibilità che cresca un sentimento antitedesco è fondata»?</b>
<p>«Le frizioni tra i due paesi dipendono dal fatto che non è mai stato chiarito bene che il Trattato di Maastricht non impone ai membri dell’Eurozona di sopportare le decisioni di bilancio di altri paesi. Nel Trattato si parla poi di una Bce indipendente, e si fa anche divieto esplicito alla Banca europea di acquistare titoli del debito dei singoli paesi. Questa scelta, giusta, aveva una motivazione precisa: evitare la monetarizzazione del debito, e stabilire che le decisioni di bilancio sono esclusiva dei singoli stati».
<p>
<b>C'è un altro esempio?</b>
<p> «Accade qualcosa di simile negli Stati Uniti: né la Fed, né il governo federale, possono interferire con scelte di bilancio dei singoli stati. Per dire, in Texas non esiste l’imposta statale sul reddito, la California invece è tartassata, e infatti se la passa male».
<p>
<b>Non contribuiscono ad alimentare un sentimento antitedesco anche le frasi del Cavaliere sulla Merkel, o le prese in giro dei comici sulle caratteristiche fisiche della Cancelliera?</b>
<p> «Non credo. Ci sono caratteristiche antropologiche diverse, ne ha scritto anche Ida Magli rilevando che nell’Unione non si è dato vita a qualcosa di sovranazionale anche dal punto di vista del carattere. Ma conta di più questa malintesa accezione di Maastricht: i tedeschi non hanno motivo di temere di dover pagare gli errori di bilancio di altri stati. Se conoscessero Maastricht, non sarebbero in questa situazione di nevrosi».
<p> <b>Qual è il centro del problema?</b>
<p> «Berlino vuole imporre delle regole determinate da loro, ma è un sopruso. E’ il motivo per cui io il Fiscal Compact non l’ho votato, e non ho votato neanche a suo tempo Tremonti».
<p><b>Quali misure potrebbero favorire una maggiore comprensione tra i due Paesi?</b>
<p> «Io non auspico di uscire dall’euro, segnalo tra parentesi che al seminario di Villa Gernetto, che ho organizzato per Berlusconi, ho invitato anche il mio vecchio professore e amico di Chicago Bob Mundell, considerato uno dei padri dell’euro. Auspico però un’Europa dove ci sia una policy competition - non una competition policy - una vera concorrenza tra le politiche di bilancio dei vari stati; dal confronto tra ricette diverse emergerebbe qual è la migliore. C’è già uno stato, la Svizzera, che fa così, ed è l’unico che abbia un debito sceso dal 50 al di sotto del 30 per cento. Non si può pensare di applicare vestiti della stessa taglia a corporature diverse. Quando si è fatta l’Europa, a Messina e poi a Roma nel ’60, ministro degli Esteri era mio padre: ma allora c’era una Germania vogliosa di contribuire a qualcosa di comune, indebolita dalla Guerra, consapevole dei propri errori. Oggi il gigante è cresciuto troppo, e altri sono diventati troppo piccoli».<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IPW0J">La Stampa - Jacopo Iacoboni</a>Francesco BOCCIA: «Da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia»2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648088Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Surreali e grottesche le critiche che arrivano dalla Germania al Presidente del Consiglio. Monti non ha parlato di Parlamenti telecomandati dai governi, ma di governi che devono avere il coraggio di disegnare una rotta, un orizzonte. E in questo momento l'orizzonte è l'Europa».
<p>
«Premesso che da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia quello che dev'essere chiaro alla politica e all'opinione pubblica tedesca è che l'Italia ha fondato la Comunità europea prima e l'Unione dopo per costruire un grande progetto politico collettivo. Chi pensa che per noi l'Ue sia solo un modo per indebitarsi nel miglior modo possibile a scapito di altri Paesi, deve rivedere i suoi orizzonti. Noi non abbiamo mai chiesto deroghe ai trattati e mai ne chiederemo. Non abbiamo fatto come la Germania nel 2003. Oggi chiediamo coraggio per la costruzione degli Stati Uniti d'Europa. Se i tedeschi sono contrari lo dicano e abbiano il coraggio di assumersi la responsabilità dello stop al processo d'integrazione politica».
<p>
«Se dopo una crisi globale come questa salta l'integrazione politica e si torna alla peggior difesa nazionalistica, in Germania devono sapere che il prezzo alto lo paghiamo tutti, a partire proprio dall'economia tedesca. Quando la Bce con le prime due ltro (long term refinincing operations) ha consentito il finanziamento all'1% delle banche e hanno partecipato alcune ex divisioni finanziarie di aziende automobilistiche che hanno riversato la liquidità alle stesse aziende (come Bmw e Wolkswagen), nonostante fossero violati i principi più elementari della concorrenza, da Berlino nessuno si è scandalizzato. La reazione spropositata di una parte della politica tedesca alle dichiarazioni di Monti impone una seria riflessione: intanto sarebbe opportuno evitare senza alcuna valutazione di politica industriale la vendita di aziende italiane. A partire dall'incomprensibile cessione di Ansaldo Energia alla Siemens. Sul tema chiediamo al governo di bloccare le trattative e di informare il Parlamento».
<br><br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Crisi__Boccia_28Pd29__no_lezioni_democrazia_dai_tedeschi-1185143-POL.html">asca</a>Maurizio SACCONI: «La riforma della Fornero sta contraendo ancor più il lavoro» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648041Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
Lo sviluppo in Italia è un tema divisivo. E questo perché nel nostro Paese restano correnti politiche, sociali e istituzionali ancestralmente ostili all'impresa. Un'ostilità che si è vista in alcuni conflitti sociali, nei provvedimenti giudiziari su Pomigliano o su Taranto, e anche in alcuni atti del governo».
<p>
<b>Quali sono questi atti del governo?</b>
<p> «Ad esempio, la riforma del lavoro. Ma non solo».
<p> <b>Ieri alla «Stampa» il ministro l'ha definita invece «un buon equilibrio fra interessi sostanzialmente contrapposti», imprese e lavoratori...</b>
<p> «Con tutto il rispetto per il ministro Fornero, che stimo, io parto da un punto di vista diverso: gli interessi di lavoratori e imprese, anche nel breve periodo, devono essere convergenti. Detto questo, i primi monitoraggi ci dicono invece come si stia contraendo l'occupazione».
<p>
<b>Sta dicendo che la riforma Fornero favorisce la disoccupazione?</b>
<p>«Dico che contrae diffusamente la conferma di alcune tipologie di contratto: a tempo determinato, a chiamata, collaborazione a progetto... Contrae la propensione a confermare questi rapporti di lavoro e ad aprirne di nuovi, in un momento in cui le imprese vedono troppe incertezze davanti a sé per fare contratti a tempo indeterminato».
<p>
<b>Però il ministro ha portato l'esempio positivo della Golden Lady...</b>
<p> «Ma il saldo complessivo sarà più o meno occupazione regolare? Io credo meno, rispetto a quella che ci sarebbe stata non facendo la riforma».
<p>
<b>Quindi la risposta alla domanda se favorisce la disoccupazione...</b>
<p> «È sì: favorisce una contrazione aggiuntiva dell'occupazione. In un periodo in cui dovremmo premiare dal punto di vista regolatorio chi assume, è paradossale che produciamo invece una regolazione più pesante».
<p>
<b>Il ministro dice che tanti criticano, ma nessuno dice «questa specifica norma non va bene, dovresti cambiarla così».</b>
<p> «Eh no, noi l'abbiamo detto. Abbiamo detto di tornare alla legge Biagi, eliminando tutti i dispositivi introdotti che la correggono. Abbiamo chiesto di avere più fiducia nel dialogo tra le parti in dimensione aziendale, in quanto luogo
della condivisione. Abbiamo chiesto di applicare l'arbitrato come via ordinaria per risolvere le controversie, di usare l'articolo 8 per le deroghe normative, e di incentivare, come negli anni scorsi, il salario collegato alla produttività».
<p>
<b>La Fornero si è definita «abbastanza soddisfatta» del lavoro del governo finora. Lei come si definirebbe?</b>
<p> «Il governo ha fatto un doveroso lavoro di implementazione dell'agenda europea, e in questi mesi le forze politiche che lo sostengono hanno assunto responsabilità impopolari, per favorire la stabilità. Resta insoddisfacente il punto di vista dello sviluppo, perché la pressione fiscale e regolatoria resta ai massimi livelli. E ci vorrebbero larghe intese bipartisan su tutto ciò che dipende da noi per un recupero della sovranità nazionale».
<p>
<b>Cioè?</b>
<p> «Un drastico abbattimento del debito. Riforme istituzionali: il presidenzialismo, il federalismo, la riforma elettorale. Il nodo dell'anomalia giudiziaria, che si riverbera sull'efficienza della nostra democrazia. Ci vorrebbe una larga condivisione, per creare un pavimento comune che renda meno traumatica l'alternanza di governo quando sarà il momento».
<p>
<b>Oggi Monti denuncia il rischio di un sentimento anti-tedesco in Italia...</b>
<p>«A dire il vero sarei più preoccupato per il persistere di idee, fra i tedeschi, che portano più a un'Europa tedesca che a una Germania europea...».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IODIL">La Stampa - Francesca Schianchi</a>Massimo Cacciari: Il rischio di un risentimento contro l'Europa, contro l'euro e contro i tedeschi è reale2012-08-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647999<br />«Quanto detto da Mario Monti nell'intervista al quotidiano tedesco Spiegel, sul rischio di disintegrazione europea e sul risentimento del Parlamento italiano contro l'Europa, contro l'euro e contro i tedeschi è reale e non solo in Italia, il rischio riguarda tutto il mondo europeo, diciamo latino-mediterraneo».
<p>«Premesso che noi siamo nelle condizioni in cui siamo non per responsabilità della Germania non c'è dubbio che vi sono analogie impressionanti con con un certo passato storico: la Germania sembra non capire che l'Europa la si deve fare come Europa federale, come europa di confederati, come Europa di alleati dove ci sarà lei, sì, ma come primus inter pares. La Germania sembra ancora non avere riflettuto sufficientemente sulla storia degli ultimi secoli».
<p>
«Se la Germania non collabora in pieno alla unità politica europea, che ancora manca, segherà il ramo su cui è seduta. La Banca Centrale Europea è l'unica forza oggi in grado di reagire ai movimenti speculativi, dovrebbe fare anch'essa il suo mestiere fino in fondo, cioè essere indipendente anche dalla Bundesbank. E quindi cominciare una politica più attiva di acquisto di titoli, soprattutto a termine, a breve, per fronteggiare decisamente la speculazione».
<p>
«L'azione di Monti e Hollande sono state abbastanza efficaci per salvare il salvabile, ma non basta. Io credo che sia soprattutto all'interno della Germania che debba affermarsi un'opinione pubblica e soprattutto l'opinione dei grandi gruppi industriali, che sono i primi che vedrebbero ridotti fortemente i propri margini di sviluppo se ci fosse la disgregrazione dell'Europa».
<p>
«Una disgregrazione dell'Europa condurrebbe ad esiti catastrofici anche sociali da noi, ma avrebbe ricadute pesantissime anche sull'economia dei paesi forti, sull'economia tedesca in primis. E il Mediterraneo dovrebbe ridiventare centrale in una strategia europea degna di questo nome».<p>
<a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/647994">«L'allarme è comprensibile, Monti fa bene a sottolinearlo»</a>.<br /><br/>fonte: <a href="http://www.rainews24.rai.it/it/news_print.php?newsid=167930">Rainews24</a>Mario MONTI: Gli alti tassi italiani sovvenzionano il debito di Berlino2012-08-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647994Alla data della dichiarazione: Senatore a vita- Pres. del Consiglio <br/><br/><br />
In un'intervista allo <i>Spiegel</i>, il punto sull'attuale crisi dell'Eurozona.
<p> «Se tutto va secondo i piani resterò in carica fino aprile 2013 e spero che per allora avrò potuto salvare l'Italia dalla rovina finanziaria».
<p>«Conto sul sostegno morale di alcuni amici amici Ue, Germania in testa: sostegno morale e non finanziario».
<p>Gli alti tassi d'interesse che l'Italia deve pagare sui titoli di Stato, secondo il premier italiano «sovvenzionano i bassi tassi tedeschi». Su tale condizione pesa sicuramente «il rischio di una frantumazione dell'Eurozona». «Senza questo rischio i tassi d'interesse per i titoli di Stato tedeschi sarebbero anche un po' più alti».
L'Eurozona da anni è accompagnata da tensioni «che assumono le sembianze di una disgregazione psicologica dell'Europa».
<p>Il premier italiano, parlando all'opinione pubblica tedesca, lancia un chiaro monito: non bisogna lasciare che l'euro si trasformi in un elemento di divisione, perché questo metterebbe a repentaglio le stesse «fondamenta del progetto europeo».<p>
<b>Il risentimento antitedesco</b>
<p>«Nei mesi scorsi mi ha molto preoccupato, e l'ho raccontato alla cancelliera Merkel, il crescente risentimento del Parlamento italiano contro l'Europa, contro l'euro e contro i tedeschi. Se avessi dovuto tenere in considerazione le posizioni del Parlamento italiano, dal quale avevo avuto indicazioni di far passare gli Eurobond non avrei dovuto dare il consenso italiano nell'ultimo consiglio europeo» (di fine giugno <i>ndr</i>).
<p> «Ogni governo ha il dovere di guidare il proprio parlamento. Se i governi seguissero esclusivamente le decisioni dei parlamenti la rottura dell'Europa sarebbe più probabile della sua integrazione».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-08-05/monti-alti-tassi-italiani-142847_PRN.shtml">il Sole 24 Ore.com</a>Giulio Terzi di Sant'Agata: «Avanti con le misure prese a Bruxelles»2012-07-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647602Alla data della dichiarazione: Ministro Esteri<br/><br/><br />
<b>Ministro, ma è vero o no che siamo appesi alla Germania, che o la Merkel si ammorbidisce oppure l'Italia affonderà?</b>
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«Fra qualche settimana si riunirà la Corte costituzionale tedesca e tutti confidiamo in una pronuncia che confermi l'entrata in vigore del Fiscal Compact e dell'ESM. Nell'ultimo Consiglio europeo la Germania ha condiviso conclusioni che vanno nella direzione auspicata. Assieme alla Francia, l'Italia ha valutato quelle conclusioni come un successo. I meccanismi per frenare la speculazione ci sono. L'Eurozona è attrezzata a fronteggiarla. L'importante è rafforzare il senso politico di una omogeneità europea».
<p><b>Link all'</b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1I56C8"><b>intervista al ministro Giulio TERZI DI SANT'AGATA</b></a>
<p><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1I56C8">il Messagero - Carlo Fusi</a>Giorgio TONINI: L'Italia prima di tutto2012-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647674Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Può darsi, come ha detto Bersani, che suoni in modo sgradevole alle orecchie di molti (non credo la maggioranza) dei nostri militanti, ma la verità è semplice e, come si diceva una volta, rivoluzionaria. Il Partito democratico può vincere le prossime elezioni e dar vita ad un'esperienza di governo durevole ed efficace, ad una condizione precisa: dire la verità al Paese, a cominciare dai suoi stessi militanti, attorno a quella che ormai è stata battezzata come "Agenda Monti".
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La verità, semplice e rivoluzionaria, è la seguente: la crisi nella quale ci stiamo dibattendo non è una fase transitoria, di "emergenza", ma uno spartiacque, che ha mutato in modo irreversibile lo scenario internazionale e i termini della questione italiana. Per anni siamo cresciuti facendo inflazione. Poi facendo debito pubblico. Infine, entrati nell'euro, abbiamo usato il bonus derivante dai bassi tassi d'interesse per eludere la necessità di aggredire i nodi strutturali del nostro sistema, a cominciare dalla bassa produttività totale dei fattori, risultato di una cattiva qualità della spesa pubblica e di un mercato del lavoro duale.
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Ora non possiamo più allontanare il momento delle scelte, dell'assunzione determinata delle responsabilità. E non possiamo nemmeno più sperare nell'aiuto degli altri europei, indipendentemente dal fatto che siano governati dalla destra o dalla sinistra. I tedeschi non pagheranno il nostro debito al posto nostro, neppure se dovessero scegliere, nel 2013, un governo monocolore SPD. Per la banalissima ragione che sanno che noi italiani siamo più ricchi di loro, in termini di consistenza del nostro patrimonio privato, del patrimonio privato, all'80 per cento immobiliare, delle famiglie italiane. Dunque, dicono al di là delle Alpi, smettetela di invocare la nostra solidarietà. La solidarietà la si deve a chi è povero, non a chi è ricco e solo tanto male organizzato. Imparate a organizzarvi, ci dicono. E intanto mettete mano al portafoglio: usate il vostro spettacolare patrimonio privato (quello incautamente magnificato da Giulio Tremonti) per abbattere drasticamente il vostro debito pubblico.
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Questa è la verità, semplice e rivoluzionaria, che il PD deve riuscire a dire al Paese e ai suoi militanti. Il nostro governo proseguirà lungo la rotta tracciata da Monti e codificata nel trattato europeo "Fiscal compact": raggiungeremo il pareggio strutturale di bilancio entro il 2013 e cominceremo a ridurre il debito nella misura di un ventesimo l'anno del 60 per cento eccedente il tetto stabilito da Maastricht, in sostanza di una cinquantina di miliardi l'anno. Nel frattempo, metteremo in cantiere gli interventi necessari per innalzare il livello di produttività della spesa pubblica e di efficienza del mercato del lavoro. E vedrete che facendo questo, ridurremo e non aumenteremo le disuguaglianze sociali, che in gran parte sono esse stesse figlie della pessima qualità del nostro sistema, sia del settore pubblico che di quello privato.
Di conseguenza, selezioneremo i nostri alleati in ragione della condivisione, da parte loro, di questa semplice e rivoluzionaria verità. Mai più faremo infatti alleanze per vincere e non per governare. Come dice Bersani, noi siamo infatti il partito che mette "l'Italia prima di tutto".
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Può darsi che il PD non riesca a fare agli italiani questo semplice e onesto discorso. Ma dobbiamo sapere che in politica, come in natura, non esiste il vuoto. Qualcun altro e qualcos'altro, a quel punto, si candiderà per svolgere quella necessaria, imprescindibile, funzione nazionale.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.qdrmagazine.it/2012/7/24/71_tonini.aspx">www.qdrmagazine.it</a>Stefano Boeri: La Merkel ha ragione: non ci può essere solidarietà senza controllo2012-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647571Alla data della dichiarazione: Assessore Comune Milano (MI) (Partito: PD) <br/><br/><br />
Angela Merkel ha ragione: non ci può essere solidarietà senza controllo. <br />
E ha ragione anche nella scelta delle parole - “solidarietà” e “controllo”.
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PAROLE GIUSTE
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Qualsiasi sia il pacchetto di salvataggio sul quale alla fine si troverà l'accordo per impedire il crollo dell'euro, dovrà inevitabilmente comportare qualche forma di trasferimento di <b>“solidarietà”</b> dai paesi a tripla A ai paesi a zero A. Il trasferimento potrà essere nascosto per compiacere l’opinione pubblica, proprio come i trasferimenti ai lavoratori agricoli francesi sotto la Politica comune agricola sono stati a lungo presentati come generici sussidi all'esportazione e alla protezione dell'ambiente nelle aree rurali. Ma qualunque sia il nome che gli verrà assegnato, sarà comunque un trasferimento.
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Il passaggio dall'Efsf (<i>European Financial Stability Facility</i>) all'Esm (<i>European Stability Mechanism</i>) non ha niente a che vedere con la dotazione dei due fondi. L'Esm mobiliterà al massimo 500 miliardi, 60 miliardi in più del Efsf. Ma i contributi all'Esm (in aggiunta alla dotazione iniziale di 80 miliardi) saranno garanzie o capitale esigibile, che formalmente non aumenteranno il debito pubblico dei diversi paesi. Tuttavia, si tratta pur sempre di passività contingenti, che diverranno passività effettive se un qualche paese non potrà pagare i suoi debiti. Chiamiamoli pure trasferimenti contingenti, ma resta una forma di solidarietà o di solidarietà contingente.
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Anche <b>controllo</b> è la parola giusta: ogni trasferimento di una certa dimensione richiede un cambiamento nell'allocazione dei compiti all'interno dell'Eurozona, con un ruolo più forte attribuito alle autorità sovranazionali.
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Il trasferimento di controllo è in definitiva imposto dagli elettori tedeschi, che continuano a manifestare un alto consenso verso il modo in cui Merkel gestisce la crisi dell'Eurozona: coloro che chiedono solidarietà senza condizioni, chiedono alla cancelliera tedesca di ignorare le opinioni dei suoi concittadini. Merkel potrebbe certamente cercare di salvare l'euro rinunciando a salvare la sua posizione, e acconsentire a una solidarietà senza controlli rinunciando a candidarsi alle elezioni del 2013. Anche ammesso che il sistema dei pesi e contrappesi del <b>sistema costituzionale</b> tedesco non le impedisca di agire come una kamikaze, i mercati crederebbero che sia una linea d'azione sulla quale c'è un impegno futuro della Germania? Chi potrebbe rassicurare i mercati sul fatto che il nuovo governo non revocherebbe le decisioni prese da Merkel alla fine del suo mandato?<br />
È vero che Angela Merkel non ha preparato l'opinione pubblica sui vantaggi e svantaggi impliciti in una strategia di salvataggio dell'euro, ma ora è troppo tardi per farlo e ottenere il sostegno degli elettori per un cambio di rotta così radicale.
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I TRASFERIMENTI DI SOVRANITÀ NECESSARI
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Il problema è individuare quali sono i trasferimenti di sovranità necessari: da una parte, dovrebbero essere in grado di <b>rassicurare</b> i tedeschi, i finlandesi e più in generale i contribuenti dei paesi con tripla A e dall'altra, dovrebbero essere <b>accettabili</b> per i paesi che si trovano oggi nell'epicentro della crisi, perché non è vero che i paesi che affrontano una crisi di credibilità non hanno potere contrattuale: si sono di molto avvicinati a quella soglia oltre la quale è meglio star fuori dall’Euro che dentro all’unione monetaria.
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L'austerità senza che si intravedano progressi nella riduzione degli spread rende la situazione insostenibile. L'attuale <b>recessione</b> nell'Europa meridionale è di gran lunga peggiore della grande recessione: deriva interamente da una caduta della domanda interna, mentre nel 2008-2009 era dovuta a una caduta delle esportazioni, ed è associata a cali significativi del <b>reddito disponibile</b> (fatto che non si era verificato tre o quattro anni fa neanche nei paesi con più forti riduzioni del prodotto interno lordo).
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In queste condizioni, uno scenario che preveda l'uscita dall'euro può raccogliere un consenso maggioritario se la strategia di salvataggio è vista come troppo costosa in termini di perdita di sovranità: imporre condizioni troppo rigide può rivelarsi controproducente. Dopotutto, è la lezione lasciata da un altro trattato, il trattato di Versailles, che né gli elettori francesi né quelli tedeschi dovrebbero aver dimenticato.
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Tuttavia, si vedono in giro troppi tentativi di esercitare una moral suasion su Angela Merkel, e nessun tentativo invece di convincere François Hollande e Mariano Rajoy a cedere parte della loro autorità e di preparare la loro opinione pubblica a questa eventualità. Leader all'inizio del loro mandato possono modificare le preferenze degli elettori e, anche se non riescono a farlo, possono essere credibili quando si oppongono a opinioni pur maggioritarie nel loro elettorato. Avranno tutto il tempo per spiegare perché si è resa necessaria una scelta impopolare e come sia servita a evitare un risultato di gran lunga peggiore.
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Ecco dunque un criterio per individuare il tipo di controllo che deve andare di pari passo con la solidarietà: dovrebbe avvenire un passaggio di autorità a istituzioni sovranazionali che renda possibile in futuro il <b>fallimento</b> anche di un grande stato senza che questo comporti il crollo dell'Eurozona.
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Nella nuova divisione di compiti tra autorità nazionali e sovranazionali deve essere credibile una clausola che affermi “mai più salvataggi”.<br />
Ciò ridurrebbe l'<b>azzardo morale</b>, rassicurando così i contribuenti sia del Nord (che non dovrebbero più intervenire per salvare le cicale spendaccione) sia del Sud (i cui politici sarebbero costretti a comportarsi come formiche e a risparmiare per il futuro). E questa è la lezione della storia americana: un salvataggio di stati sovrani (come quello deciso nel 1790 da Alexander Hamilton) deve portare a un cambiamento di regime che impedisca nuovi salvataggi in futuro (come nel 1840 la decisione del Congresso degli Stati Uniti di non permettere un nuovo salvataggio federale).
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QUALI POTERI VANNO DELEGATI?
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Coerente con il concetto di “mai più salvataggi” è senz'altro uno dei principi sui quali si basa la cosiddetta <b>unione bancaria</b>, secondo il quale la Bce dovrebbe essere pienamente responsabile della vigilanza su tutte le banche dell'Eurozona (e non solo su quelle principali). Significa in altre parole che il default di uno stato dell'Eurozona non deve essere necessariamente seguito da un collasso delle sue banche.
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Un altro cambiamento nella distribuzione dei compiti va più in profondità: l'Eurozona deve stabilire e finanziare un programma comune di assistenza sociale di base, un <b>reddito minimo</b>. Significa che anche se uno Stato appartenente all'area fa bancarotta, resta comunque un qualche trasferimento che permette di evitare la povertà assoluta, così come negli Stati Uniti, il fallimento dello stato di New York o della California non impedisce che siano distribuiti buoni alimentari o sussidi alle fasce di popolazione più bisognose, ovunque si trovino.
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Un'altra delega di autorità coerente con il principio del “mai più salvataggi” è correlata all'aggiustamento attraverso la <b>migrazione</b>. La rimozione delle barriere legali alla mobilità delle persone all'interno dell'Eurozona può richiedere l'adozione di una politica comune dell'immigrazione verso i paesi terzi, dal momento che un mercato unico del lavoro implica anche confini davvero comuni. Se la libera circolazione è davvero garantita, uno stato dell'Eurozona può fallire e nello stesso tempo lasciare aperta ai suoi cittadini, ai dipendenti pubblici che perdono il lavoro, l'opzione di emigrare e lavorare altrove all'interno dell'area.
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Un altro trasferimento di controllo necessario riguarda l'amministrazione e l'attuazione comune della <b>imposta sul valore aggiunto</b>. Oltre a ridurre le frodi transnazionali, questo darebbe alle autorità sovranazionali uno strumento di penalizzazione politica piuttosto potente contro i governi che non riducano il debito: questi governi sarebbero costretti a tassare visibilmente di più i loro consumatori. La penalità politica si accompagnerebbe alla svalutazione fiscale, che dovrebbe essere efficace anche nel ridurre il divario di competitività tra gli equivalenti moderni della formica e della della favola di Esopo.
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Ci sono ovviamente altre forme di delega di autorità o perdita di controllo dei governi nazionali che sono coerenti con il principio del “mai più salvataggi”. Come è chiaro dagli esempi di cui sopra, non c’è bisogno di creare una “transfer union”, il mondo è pieno di federazioni che comportano una <b>redistribuzione tra stati</b> molto modesta: Brasile, India e Stati Uniti, per fare solo qualche esempio, appartengono tutti a questa categoria.
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Quello che è oggi importante è discutere in maniera pragmatica di quale sia quella nuova divisione dei compiti fra governi nazionali e autorità sovranazionali europee che, insieme alla solidarietà, possa farci uscire dalla crisi dell'Eurozona: discutere di unione monetaria e politica senza ridefinire “chi fa che cosa” è un'assurdità.
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Il documento dei quattro presidenti (Herman Van Rompuy, José Manuel Barroso, Jean-Claude Juncker e Mario Draghi), presentato prima del vertice del 29 giugno, era troppo vago per essere efficace: non sorprende che sia stato completamente ignorato nella dichiarazione finale dei capi di stato e di governo dell'Eurozona. Sembra che sarà tema di discussione negli incontri di autunno: speriamo che i quattro presidenti siano abbastanza onesti da presentare tutti i vantaggi e svantaggi impliciti in ogni strategia di salvataggio e che non sia troppo tardi per parlarne.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.lavoce.info/articoli/pagina1003214.html">lavoce.info</a>Massimo D'ALEMA: «Rischio contagio aumenta. La situazione è molto preoccupante»2012-07-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647510Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«La situazione è molto preoccupante anche perchè i meccanismi individuati e decisi non sono ancora entrati in vigore e siamo in un momento di massimo rischio esposti alla speculazione».
<p>Lo ha dichiarato, Massimo D'Alema, presidente della fondazione Italianieuropei, a Campalto (Venezia), durante la festa del Pd, commentando la situazione dei mercati.
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«I maggiori Paesi dell'Unione europea e Germania per prima dovrebbero accelerare il corso delle decisioni, a partire dai meccanismi di solidarietà. Altrimenti è chiaro che il rischio del contagio aumenta. Occorre senso di responsabilità».<br /><br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Crisi__D_Alema__rischio_contagio_aumenta__occorre_senso_responsabilita_-1179514-POL.html">asca</a>Massimo D'ALEMA: «C'è un nuovo centrosinistra europeo. Monti in sintonia con questa svolta» - INTERVISTA2012-07-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646518Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Se permette inizio con un suggerimento. Legga il documento approvato dai socialisti europei prima del Consiglio di Bruxelles. Troverà anticipati tutti i punti qualificanti dell’accordo successivamente raggiunto tra i governi. Tutti. Il meccanismo anti spread, la clausola salva-banche e tante altre cose. È questa la grande novità. Le interpretazioni meramente geopolitiche che parlano del nuovo Club Med, dell’isolamento della Germania, della fine di questo o quell’asse non spiegano tutto».
<p>Dire che Massimo D’Alema è soddisfatto dell’esito del negoziato di Bruxelles è un eufemismo, per lui si tratta di una svolta, con la maiuscola. «Le destre, nella loro doppia versione liberista e populista, hanno indebolito l’Europa. E oggi la svolta avviene nel segno di un nuovo centrosinistra europeo che potrà rafforzarsi con le elezioni del 2013 in Italia e in Germania. Non credo che i mercati debbano avere paura dei socialisti che tornano al governo».
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<b>I commenti della stampa italiana hanno sottolineato di più i meriti di SuperMario Monti…</b>
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«Sono innegabili. L’Italia dopo gli anni di Berlusconi è tornata in campo e lo ha fatto grazie al nuovo governo. Ma senza la vittoria di Hollande alle elezioni francesi non sarebbe stato possibile ottenere nessun risultato. La novità è politica, dunque. So che i giornali italiani fanno fatica a parlare della vera politica ma è così. Ora naturalmente ci sono da implementare le decisioni prese ma ci si può legittimamente attendere che dopo Bruxelles cambi anche il clima psicologico, che gli europei e non solo le istituzioni coltivino nuove aspettative».
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<b>Come si fa ad aprire un nuovo ciclo europeista con la Germania contro?</b>
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«Concordo con Prodi, la Germania con la sua straordinaria forza produttiva è fondamentale per la crescita europea. Bisogna, dunque, registrare la fatica che i tedeschi fanno a entrare in una logica di solidarietà. Conto sulle forze che, all’interno di quel grande Paese, si muovono con questo spirito. Non ci sono solo Spd e Verdi che insistono su una linea europeista, anche nel partito della Merkel la riflessione è tutt’altro che chiusa. Penso alla dialettica aperta dalle sortite di Schauble, alle critiche avanzate da Kohl e non dimentico che nelle ultime elezioni locali la Merkel ha sempre perso. L’opinione pubblica tedesca è quantomeno divisa e gli industriali sanno che il loro interesse di business non può prescindere dall’esistenza dell’eurozona».
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<b>Se sta nascendo un centrosinistra europeo che ruolo potrà giocarvi Mario Monti?</b>
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«In un nuovo centrosinistra europeo Monti può trovarsi a perfetto agio. È una personalità liberale che con la sua azione può mitigare positivamente le resistenze stataliste che ci sono ancora tra i socialisti. La sua insistenza sul completamento del mercato unico è giusta. Ha posizioni che a me paiono compatibili con il nostro orizzonte programmatico».
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<b>Domani si attende la reazione dei mercati per brindare o meno al successo del Consiglio di Bruxelles. Più in generale si può dire che qualsiasi nuovo equilibrio politico nel Vecchio Continente deve fare i conti con il consenso dei mercati. Gli analisti però considerano il Pse come il partito degli investimenti finanziati con il deficit spending.</b>
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«Mercati è una parola che mette assieme più interessi, magari contraddittori. Se parliamo delle società finanziarie con interessi speculativi penso proprio che non siano interessate a una svolta politica europea. Investitori e imprese sanno, invece, che c’è bisogno di creare nuove opportunità di sviluppo. Non sto parlando di incrementare la spesa corrente e del resto le nostre credenziali sono quelle di Tommaso Padoa Schioppa che sostenne la spending review e ridusse il rapporto debito/pil al 103%. La borghesia italiana preferì però Berlusconi e la spesa con lui è risalita».
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<b>Il Pd dunque sosterrà «senza se e senza ma» il governo Monti fino alle elezioni?</b>
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«Sì. Non siamo interessati a rovesciare il governo. I nostri interlocutori in Europa ci considererebbero dei matti proprio perché hanno visto Monti all’opera. Se c’è qualcuno che in Italia vuole andare all’opposizione è Berlusconi e già lo sta facendo. Il suo gruppo parlamentare per un terzo vota sì, un altro terzo vota no e il resto si astiene. Il governo lo stiamo sostenendo noi, basta dare un’occhiata in aula, e non deambulare in Transatlantico, per accorgersene».
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<b>Pensa che Berlusconi si farà da parte?</b>
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«L’azionista di riferimento è lui, Alfano è tuttalpiù un amministratore delegato che cerca con fatica di marcare il suo ruolo. Se il Pdl non si libera della matrice padronale l’evoluzione della destra sarà difficile. Per questo sostengo che l’unica prospettiva per il Paese viene da quel centrosinistra europeo di cui il Consiglio di Bruxelles è stato l’atto costitutivo. Vedremo se lo capirà anche l’establishment italiano».
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<b>Lei è sempre molto polemico nei confronti della borghesia. Le serve come richiamo ideologico o pensa davvero che il suo orientamento sia ancora centrale nella transizione italiana?</b>
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«Dico solo che una parte del ceto economico e del ceto intellettuale non accetta la democrazia dei partiti. Nel loro dna c’è l’elitismo e il qualunquismo antiparlamentare di Gaetano Mosca. Pur di bloccare la sinistra abbracciarono Berlusconi e ora flirtano con Grillo».
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<b>Lei ha da tempo puntato a includere nel centrosinistra Casini e l’ultima evoluzione sembra darle ragione. Ingaggiandolo però sta perdendo Vendola.</b>
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«Vendola ha ragione quando chiede di discutere i contenuti, ha torto quando regala le chiavi del suo partito a Di Pietro. Glielo chiedo con amicizia, quali valori di sinistra vedi in lui? E poi non siamo noi che vogliamo escluderlo. È Di Pietro con i suoi attacchi continui contro il partito, le istituzioni, il Quirinale, che si mette in una posizione difficilmente compatibile con una seria prospettiva di governo».
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<b>Vendola in verità teme che una maggioranza con Casini veda prevalere, in materia di diritti civili, l’orientamento dei cattolici.</b>
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«Sono assolutamente favorevole a riconoscere i diritti delle persone che convivono fuori dal matrimonio. Credo anche che una gran parte del mondo cattolico consideri ciò ragionevole. Bisogna discutere apertamente e ricercare soluzioni ampiamente condivise, al di là delle maggioranze di governo».
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<b>Lei è anche favorevole alla formazione di una lista della società civile apparentata al Pd?</b>
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«La lista del Pd sarà già rappresentativa della società civile, aperta a personalità che rappresentino movimenti e apportino competenze utili alla vita pubblica. E comunque non è compito dei partiti promuovere liste civiche, sarebbe una contraddizione in termini. Se però dovesse nascere una lista di quel tipo ne esamineremo, senza preclusioni, il profilo politico, il programma, l’idea del Paese che sosterrà».
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<b>Grillo nei sondaggi cresce e secondo Weber (Swg) intercetta il vostro elettorato. Addirittura, secondo lui, i grillini assomigliano ai figiciotti degli anni 80.</b>
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«Il movimento di Grillo è un partito politico, va giudicato in base alle sue proposte e agli effetti che una sua affermazione elettorale produrrebbe negli equilibri del Paese. Un movimento che parla dell’uscita dall’euro e di non restituire il debito pubblico, non incoraggia certo gli investitori a comprare Bot e Cct. Detto questo bisogna far politica, prendere atto che Grillo specie nei confronti dell’elettorato giovanile è fortemente competitivo e si presenta con l’immagine della freschezza e della novità. Il Pd deve raccogliere la sfida puntando sulla democrazia, la partecipazione, la sobrietà».
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<b>Un’ultima domanda legata alla congiuntura politica immediata. La prossima settimana arriveranno i provvedimenti legati alla spending review. Bersani ha messo le mani avanti e ha detto «speriamo che non sia una manovra aggiuntiva» e intanto c’è chi consiglia al governo un rimpasto dei ministri. Qual è invece il suo suggerimento?</b>
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«Giudicheremo le misure quando saranno presentate. Spero proprio che non siano la riproposizione dei tagli lineari con l’etichetta cambiata. In generale credo che se il governo si aprisse a qualche contributo del Parlamento non farebbe male. Quanto a cambi nella squadra non manderei in campo uomini nuovi nei tempi supplementari, conviene lasciar lavorare gli attuali ministri. Si stanno appena impratichendo…».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1H1PDX">Corriere della sera - Dario Di Vico</a>Mario MONTI: «Ho perso l'appoggio dei poteri forti»2012-06-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it645928Alla data della dichiarazione: Senatore a vita- Pres. del Consiglio - Ministro Economia ad interim<br/><br/><br />
Palermo - «Negli ultimi tempi il Governo ha perso il sostegno di Confindustria e dei poteri forti».
<p>«Il mio governo e io abbiamo sicuramente perso negli ultimi tempi l'appoggio che gli osservatori ci attribuivano da parte dei cosiddetti poteri forti: in questo momento non incontriamo il favore di un grande quotidiano, considerato voce autorevole dei poteri forti, e non incontriamo il favore di Confindustria».
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«Il rigore dei conti pubblici, lo dico a scanso di equivoci, non è in discussione. Questa deve essere una condzione per tutto il Paese. Dobbiamo essere grati a chi ha tracciato la strada. È il caso della Germania».
<p>«Sono fiducioso, attraverso i contatti di queste ore sta emergendo il senso di urgenza di prendere decisioni difficili e importanti che facciano evolvere la costruzione comune. Occorre lavorare per una unione bancaria, che dovrebbe essere chiamata unione finanziaria, per togliere la lente unicamente dal sistema bancario».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.lapoliticaitaliana.it/Articolo/?d=20120607&id=61472&print=1">TM News</a>Antonio POLITO: Unione Europea. Una domanda senza risposta2012-06-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it641386<br />
Si fatica a tener dietro al valzer di vertici e incontri, piani segreti e intese pubbliche, fughe in avanti e fughe di notizie, che ogni giorno si balla in Europa. Le ultime spiagge si succedono l'una all'altra. Fino a ieri era prioritario salvare gli Stati (la Grecia). Ora bisogna salvare le banche (spagnole). Lo schema di gioco è sempre lo stesso: tutti vogliono che si tamponi la falla con i soldi tedeschi, tranne i tedeschi. La situazione si è incartata al punto tale che la Spagna rifiuta gli aiuti del fondo europeo con cui potrebbe salvare i suoi istituti di credito per non accrescere il proprio deficit pubblico. Il serpente si morde la coda. E, qui e là, cova il suo uovo, pronto a schiudersi in movimenti estremisti o fascisti.
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Il senso di affanno è testimoniato dal susseguirsi di grand plan , mirabolanti ipotesi di architetture istituzionali che rischiano di arrivare quando l'edificio sarà già bruciato al fuoco dei mercati. Così, mentre la Francia, l'Italia e perfino la Germania tardano a ratificare quel Fiscal Compact che era stato indicato come la panacea, già si immaginano a Bruxelles disegni - fatti filtrare e subito smentiti - per trasformare questa claudicante Unione di 27 Stati in una sorta di Superstato sul modello degli Usa.
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Eppure i termini del problema sono ormai chiari. I Paesi che hanno goduto per dieci anni di crediti con bassi tassi di interesse come se fossero la Germania, e che li hanno sperperati al contrario della Germania, non reggono più. A questo punto o saltano, e con essi salta l'euro; oppure la Germania, per salvare l'euro e se stessa, salva loro. A questo alludono tutti i tentativi di introdurre qualche forma di condivisione del debito, cioè strumenti che obblighino Berlino a garantire il debito degli altri.
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Però questa strada, oggi preclusa, è percorribile solo se si comprende che nemmeno alla Germania si può imporre una deroga al principio cardine della democrazia: no taxation without representation . Lo ha notato Giancarlo Perasso su lavoce.info, e ha ragione: è impossibile chiedere ai contribuenti tedeschi di essere pronti a rimborsare gli eurobond senza che essi abbiano la possibilità di scegliere chi spende quei soldi.
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È questo il rompicapo europeo. Finora è risultato inutile il tentativo di convincere i tedeschi con il ricatto o con l'appello alla solidarietà. Ma oggi, sotto la pressione perfino di Obama, si ha l'impressione che la Cancelliera Merkel stia lanciando segnali in questo senso: «Il mondo - ha detto ieri - vuole sapere come noi immaginiamo l'unione politica che va insieme all'unione monetaria». <br />
Parole analoghe aveva pronunciato qualche giorno fa Mario Draghi. Il punto è: tutti coloro che accusano la Germania di egoismo e miopia, compresa la nostra spendacciona classe politica, hanno ben chiaro che significa fare questo passo? Sono pronti a cedere cruciali poteri sovrani sul bilancio, sul welfare, sulle tasse?
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Prima o poi, a questa domanda bisognerà dare risposta. E in quel momento scopriremo che non è affatto una risposta scontata, soprattutto in Francia, da sempre vero cronografo e limite del processo di integrazione. Non c'è bisogno di ricordare che fu il «sovranista» popolo francese ad affondare in un referendum la Costituzione europea. Un tempo si diceva che l'Europa è nata per nascondere la potenza tedesca e la debolezza francese. Per continuare a vivere, deve oggi riconoscerle entrambe.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1FU7HI">Corriere della Sera</a>Antonio POLITO: L'isolamento dei più forti2012-04-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626917<br />Scenari politici e pressioni su Berlino.
<p>Sarà di nuovo maggio il mese fatale dell'Europa? Diremo anche dell'euro che «ei fu, siccome immobile/ dato il mortal sospiro»? La sera del sei maggio le urne potrebbero sancire che la maggioranza dei greci non vuole più restare nella moneta unica, premiando la galassia di partiti che sperano di liberarsi dei sacrifici mandando a quel paese la troika, la Bce e la Merkel. E nella stessa sera dovremo prendere atto che anche la maggioranza dei francesi non vuole più stare nell'Europa così come è oggi. Se vincerà Hollande, la sfida è chiara: rinegoziare il patto fiscale appena sottoscritto con la Germania. Ma anche se vincesse Sarkozy, ad ascoltare i suoi ultimi comizi a caccia di voti lepenisti, il futuro non sembra meno tempestoso: «Ora basta, cambiamo o non ci sarà più l'Europa».
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Se si aggiunge che a maggio votano anche due Länder tedeschi in un turno che potrebbe affondare la coalizione tra la Merkel e i liberali; e che è in crisi di governo pure l'Olanda, fino a ieri il più arcigno guardiano del rigore teutonico, si capisce l'allarme, ma anche l'ansia e il senso di impotenza, che si sta impadronendo delle élite europee e italiane. Nessuna cura sembra funzionare. I mercati hanno prima punito il poco rigore dei Paesi debitori, poi hanno punito l'eccesso di rigore imposto ai Paesi debitori, e ora sembrano temere che gli elettori fermino la politica del rigore. In Italia stiamo facendo, più o meno bene, tutti i compiti a casa che ci sono stati richiesti, eppure lo spread resta sotto la sufficienza. Lo stesso spirito di salvezza nazionale che aveva spinto Monti al governo sembra smarrirsi: i partiti pensano ai loro nomi e ai loro soldi, i giornali pensano di nuovo a Ruby, e i sindacati pensano a far chiudere i supermercati il 25 Aprile.
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Tutti si chiedono che fare. E tutti chiedono alla Merkel di fare qualcosa. È un coro che va da Washington a Madrid, dal Manzanarre al Reno. Il governo tedesco sente la pressione e cerca l'azione. Si spiega così l'annuncio dato ieri dell'incontro svoltosi la settimana scorsa tra il consigliere europeo della Cancelliera e il nostro ministro Moavero. La Germania propone di scrivere un nuovo Patto, con vincoli e sanzioni, dopo quello sul rigore dei bilanci: un altro «Compact», che stavolta dovrebbe riguardare le riforme strutturali (non a caso rilanciate ieri da Draghi) e la competitività. Berlino vorrebbe cioè legare tutti i Paesi dell'area a una maggiore convergenza non solo delle finanze pubbliche ma anche delle economie, nella speranza che questo favorisca la crescita. L'Italia di Monti è ovviamente d'accordo, ma ha ripetuto a Berlino che non basta. Roma vuole due cose, e ora sa che le vuole anche Hollande: bond europei per finanziare grandi progetti (da non confondere con gli eurobond, cioè titoli comuni del debito, sui quali nessuno si illude di convincere oggi Berlino) e nuovi capitali per la Banca europea degli investimenti.
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Anche se il governo italiano preferirebbe evitare scossoni politici in Francia, e dunque sui mercati, è evidente che ha già un piano per giocare la carta Hollande. Palazzo Chigi sa bene che non basterà cambiare presidente a Parigi per cambiare politica a Berlino: oggi la Francia non è in condizioni di dettare legge.
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Perciò qualcuno dovrà per forza rimettere insieme le due ruote dell'asse carolingio, e quel qualcuno non può che essere Monti. La strategia è: aiutare la Merkel a tenere a freno le bizze di Hollande sul rigore, in cambio di una seria apertura sulla crescita. Cominciando con il chiedere a Berlino di non respingere al prossimo G8 un'interpretazione «dinamica» del rigore. Ne abbiamo bisogno: il nostro pareggio di bilancio nel 2013 sarà «strutturale», ma non «nominale»: verrà cioè corretto al rialzo in ragione del ciclo economico negativo. D'altra parte la Germania, che pure lamenta gli squilibri dell'euro-zona, è essa stessa protagonista di uno squilibrio formidabile quando attrae ingenti capitali pagandoli con tassi di interesse negativi, cioè inferiori all'inflazione. Userà almeno una parte di queste risorse a basso costo per stimolare la sua domanda interna, e così anche le nostre esportazioni?
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Finora l'Italia di Monti si è mossa per rendere la vita facile alla Merkel, nella convinzione che ciò la rendesse più facile anche a noi. Ma se così non è, e se Sarkozy ne sarà la prima vittima, Roma dovrà chiedere qualcosa in cambio di una nuova alleanza.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1E52IA">Corriere della Sera</a>Corrado Passera: “Europa non gestisce adeguatamente la crisi del debito”2012-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626687Alla data della dichiarazione: Ministro Sviluppo economico- Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti<br/><br/><br />
”L’Europa a nostro giudizio non sta gestendo adeguatamente la crisi del debito”.
<p><i>Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, intervenendo a ‘In mezz’ora’.</i>
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Nell’ambito della crisi del debito ”l’Europa deve garantire per se stessa, ma su questa strada c’è l’ostacolo Bundesbank, cioè solo di un pezzo di Germania”. Passera ha sottolineato il ruolo importante svolto dalla Bce e da Mario Draghi, ma ha anche aggiunto che è necessario ”dimostrare che l’Europa ha il coraggio e le risorse per sostenere se stessa anche nelle zone in difficoltà”<br />
.<br/>fonte: <a href="http://www.blitzquotidiano.it/economia/passera-europa-non-gestisce-adeguatamente-crisi-del-debito-1193964/">blitzquotidiano.it</a>Renato BRUNETTA: «Monti tagli il debito oppure è tutto inutile» - INTERVISTA2012-04-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626688Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
«È ora di vendere beni pubblici per 300 miliardi. E di combattere contro lo strapotere tedesco. A cosa serve un governo tecnico se non a fare le cose difficili? Se lo spread peggiora, faremo un governo tecnico al quadrato?».
<p><b>Martedì spread alle stelle e Borsa a picco, mercoledì spread giù e Borsa su, oggi e domani chissà. Renato Brunetta, che cosa sta succedendo?</b>
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«Ma il premier Monti non aveva detto, qualche giorno fa in Asia, che la crisi dell’eurozona era finita? Mi viene da sorridere. E resto allibito anche dal fatto che il presidente del Consiglio abbia attribuito il peggioramento dello spread alla Spagna o alla Marcegaglia. Forse è stanco. Un Monti freddo e razionale non avrebbe mai detto queste cose, profondamente sbagliate».
<p><b>Qual è allora il quadro vero?</b>
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«Andiamo con ordine. La nuova bufera colpisce l’Eurozona dal 21 marzo scorso, quando Citigroup esprime preoccupazioni per la Spagna. Si riapre la caccia alla volpe, stavolta la preda è Madrid. Il tutto senza particolari ragioni se non quelle che conosciamo benissimo: debolezza di governance della Ue, impotenza della Bce, reazioni in salsa tedesca troppo limitate e sempre in ritardo. Le vittime vengono designate sulla base di pretesti. È una storia che abbiamo già visto dal 4 ottobre del 2009, cioè dalla scoperta del buco nei conti pubblici della Grecia».
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<b>E la speculazione brinda.</b>
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«Oltre alla speculazione c’è qualcun altro che ci guadagna: la Germania. L’Europa non si è chiesta quale fosse la sua vera debolezza, che consiste nell’egoismo tedesco, incapace di redistribuire la sua crescita. Nessuno ha riflettuto sul fatto che l’attacco alla Spagna sia giunto negli stessi giorni in cui il governo Rajoy varava una manovra da oltre 27 miliardi? Insomma, la vittima ha sempre torto. Nel frattempo, la Germania piazza bund decennali all’1,64%, un tasso mai visto in precedenza. L’Eurozona finanzia il debito tedesco, a costo zero per Berlino».
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<b>Da noi, i tassi aumentano.</b>
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«Se fossimo dei farabuttelli di provincia diremmo che è colpa di Monti. Ma siccome siamo persone serie, non diciamo simili bestialità, pur ricordando che venivano pronunciate da tutti qualche mese fa. Allora fu messo in croce Berlusconi, oggi potremmo fare la stessa cosa con Monti, ma non è cosa seria. Però non si dica che è colpa dell’articolo 18 o della Marcegaglia, o della crisi dei partiti, o della corruzione, perchè sono scemenze. La colpa di Monti è di non aver battuto i pugni in Europa, per riequilibrare l’insopportabile vantaggio tedesco in questa fase».
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<b>Quindi lo spread...</b>
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«Ma che cosa avremmo dovuto fare ancora? Il governo Berlusconi ha approvato manovre per 265 miliardi, abbiamo il pareggio di bilancio nel 2013, Monti dispone di una maggioranza mai vista, fa cose buone e abili e lo spread sale di 100 punti in un lampo? Basta con questo masochismo, mentre i mercati se la ridono».
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<b>Si accettano suggerimenti.</b>
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«Occorre una duplice operazione. Una in Europa, facendosi capofila di tutti i Paesi che in questa situazione non ci stanno più, cioè tutti tranne la Germania, modificando i termini del fiscal compact e chiedendo a gran voce gli Eurobond. In casa, ci vuole una riduzione straordinaria del debito pubblico, vendendo gioielli di famiglia per 200/300 miliardi. Un’operazione che libererebbe enormi risorse per la crescita, e che neppure noi siamo riusciti a fare per il conservatorismo di Tremonti e della Lega. Se il governo Monti, con la maggioranza e l’appoggio mediatico di cui dispone, non è capace di attaccare il debito, allora mi chiedo perchè esista il governo Monti».
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<b>Qual è il giudizio sulla riforma dell’articolo 18?</b>
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«O c’è migliore efficienza nella creazione di posti di lavoro, oppure è meglio non far nulla. Il testo del governo è insufficiente. E del resto, non si può fare una riforma con tutte le imprese contro e la sola Cgil a favore».
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<b>Arriva l’Imu, probabilmente aumenta l’Iva, e il viceministro Grilli annuncia che le stime della recessione saranno riviste in peggio.</b>
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«L’Imu, e le famiglie se ne renderanno conto presto, è insopportabile, e porterà effetti perversi: sarà un boomerang. Quindi bisogna far valere gli aumenti dell’imposta sulla casa per il solo 2012, farli pagare a rate, e ritornare all’esenzione della prima casa dal 2013. Quanto all’Iva, mi chiedo a quali esiti stia portando la strombazzata spending review. Se anche l’ottimo ministro Giarda alza le mani in segno di resa, non cavano un ragno dal buco». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1DHSWX">il Giornale - Gian Battista Bozzo</a>