Openpolis - Argomento: sindacatihttps://www.openpolis.it/2018-05-10T00:00:00ZAngela Raffa: On. Raffa: “La mia visita al San Vincenzo ha dato fastidio, serve lista di pronta disponibilità infermieri”2018-05-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it933906Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: M5S) <br/><br/>Taormina - Apprendo di una polemica nata in seguito alla mia visita all’ospedale San Vincenzo di Taormina.
Quando ho deciso di recarmi al nosocomio senza darne comunicazione a nessuno, già immaginavo che qualcuno si sarebbe infastidito. In Italia un parlamentare va dove tutto è già stato pulito ed il personale ha ricevuto precise istruzioni su cosa dire. Dove ogni cosa, tra sorrisi e strette di mano, funziona alla perfezione, anche se solo per quelle poche ore. Infatti quella mattina stessa ricevo una seccata telefonata dai piani alti dell’ospedale, e vengo rimbrottata su come sia ‘maleducato’ recarsi in un luogo senza prima avvisare la direzione.
In Italia, si sa, i potenti, meglio se sono il diretto superiore, trovano sempre qualcuno pronto ad accorrere in loro soccorso.
Ora leggo che vengo attaccata da una nota abbastanza surreale e contente parecchie inesattezze, a firma del sindacato Nursind e del sig. Domenico Rotella, infermiere presso la struttura.
Contrariamente a quanto riportato, io non ho fatto riferimento ad assenze per malattia di infermieri o comunque non giustificate da ‘istituti di legge’. Ne mi sono mai sognata di suggerire il ricorso a straordinari obbligatori.
Ribadisco come invece continuano a pervenirci segnalazioni di cittadini che lamentano una drammatica situazione al pronto soccorso di Taormina, con tempi di attesa insostenibili, nonostante il massimo impegno di medici ed infermieri presenti.
Ha ben ragione il sig. Rotella a sostenere che non ci sia alcuna anomalia. Infatti è assolutamente normale che la sanità versi in uno stato così disastroso quando, anche i sindacalisti, trovano ‘normale’ che un reparto debba funzionare con il 30% di personale in meno rispetto a quello in pianta organica. Infatti delle 24 unità in dotazione al pronto soccorso, ben 8 erano assenti giustificati il giorno della nostra visita, e la caposala ci riferiva che spesso sono anche di più: siamo stati fortunati, quello era un giorno buono.
Nessuno ha mai parlato di assenza per malattia, le stesse erano infatti dovute a motivi ben diversi tra loro. Capitolo a parte meritano quelle per permessi politici e sindacali (si vi erano anche queste tra le 8 riscontrate), anche se so bene che alcuni sindacati si ‘inquadrano a difesa’ quando si parla dell’argomento, quasi non si dovesse fare sapere di quest’altro piccolo diritto che spetta ad alcuni.
Riguardo alle possibili soluzioni da me avanzate, non voglio prendermi meriti che non sono miei. Con la convinzione che il solo lamentarsi non serva a niente, cerco sempre di guardare al come poter migliorare le cose. In questo caso mi sono limitata a dare voce ad alcuni suggerimenti ricevuti dal personale che ho incontrato. Ho trovato particolarmente sensata e di semplice realizzazione, la proposta di alcuni colleghi del sig. Rotella di realizzare una lista di reperibilità volontaria, pronta disponibilità, da cui attingere, retribuendo questi infermieri con compenso straordinario. Quindi non il ricorso ad alcuna forma di obbligatorietà, ma una lista di reperibilità, la cui adesione sia su base volontaria e le cui prestazioni vengano poi retribuite come straordinario.
La posizione del Movimento 5 Stelle in tema di sanità è sempre stata di forte opposizione ai tagli, e molto critica, con le scelte degli ultimi governi regionali, di cui noi purtroppo eravamo, e siamo, all’opposizione. Fa bene quindi il sindacato a chiedere nuove leggi, una revisione delle piante organiche, un intervento dell’assessore regionale. Nell’attesa però, l’idea di cui mi sono fatta portavoce, seppur provvisoria, ha il vantaggio di essere una soluzione realizzabile immediatamente: purtroppo i pazienti e chi opera nella struttura, non può aspettare i tempi della politica, e della burocrazia, per ammalarsi o per salvare la vita di un grave codice rosso.
Infine preferisco non commentare laddove si insinua che io sia una ignorante che non conosce l’attuale normativa. A chi giova la lamentela, la rivendicazione, la polemica continua? Non dovrebbe essere interesse di tutti tenere alta l’attenzione sulla situazione dell’ospedale San Vincenzo per migliorarne gli standard qualitativi? Perché in questo paese non si riesce a mettere da parte la difesa di categoria del proprio orticello, per cercare di fare qualcosa per il bene di tutti?<br/>fonte: <a href="http://www.blogtaormina.it/2018/05/10/raffa-la-mia-visita-al-san-vincenzo-dato-fastidio-serve-lista-pronta-disponibilita-infermieri/246395/">Blog Taormina</a>FRANCO MIRABELLI: Domani in piazza per sostenere le proposte di chi chiede attenzione sui problemi dell'abitare2013-11-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it712309Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>"Domani sarò a Milano alla manifestazione per la casa promossa dai sindacati per sostenere le proposte di chi chiede concretezza e attenzione sui problemi dell'abitare. Per dire che l'edilizia residenziale pubblica non ha bisogno di riforme finte e dannose come quelle proposte in Regione sulle Aler, che servono solo a garantire che chi gestisce risponda direttamente ed esclusivamente al Presidente. Serve riformare la legge 27, trovare le risorse necessarie per fermare il degrado e far funzionare meglio le cose, sostenere le autogestioni. Senza queste riforme la situazione continuerà a peggiorare e tutto si scaricherà ancora una volta sui Comuni. Spero che saremo tanti per dare forza a chi rivendica attenzione ai bisogni e soluzioni all'emergenza abitativa". Lo dichiara <b>Franco Mirabelli</b>, senatore del Partito Democratico, da tempo impegnato sui temi delle politiche abitative ed autore di numerosi emendamenti ai disegni di legge arrivati in Parlamento volti a garantire una maggiore equità per gli abitanti degli alloggi in edilizia residenziale pubblica.<br/>fonte: <a href="http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=18436">AreaDem</a>Giuseppe Piero Grillo: Eliminare i sindacati2013-01-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685286Eliminiamo i sindacati, che sono una struttura vecchia, una struttura politica. Non c'è più bisogno del sindacato perchè le aziende devono tornare ad essere di proprietà di chi ci lavora<br/>fonte: <a href="http://tg24.sky.it/tg24/politica/2013/01/18/beppe_grillo_movimento_5_stelle_sindacati.html">Sky tg24</a>Fabrizio Barca: «Queste proteste ingovernabili nascono dall'assenza dei partiti» - INTERVISTA2012-11-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684185Alla data della dichiarazione: Ministro Coesione territoriale<br/><br/><br />
«Un filo comune dal Sulcis agli scontri nelle piazze».
<p>Con le dovute differenze, le proteste nel Sulcis e quelle che hanno infiammato ieri molte città d'Italia hanno un tratto in comune. L'anarchismo della protesta che caratterizza entrambi «responsabilizza i partiti» perché ne denuncia con forza «la totale assenza nei territori». Per Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale, ben vengano dunque le primarie per rinnovare le leadership dei partiti. Ma sarebbe meglio se il Pd spendesse un po' delle energie che riserva agli incontri tv per tornare nei territori: «E lì che si capisce dove va una società».
<p><b>Ministro, perché martedì è scappato in elicottero dagli operai del Sulcis che protestavano?</b>
<p>«Dopo la firma del protocollo d'intesa ci hanno informati che c'erano i blocchi per strada e ci hanno dato due possibilità: sfondarli o andare via in elicottero. Per evitare feriti e tensioni ulteriori, con il ministro Passera abbiamo deciso per la seconda opzione».
<p><b>Avete trovato un accordo. I sindacati sono scettici. Funzionerà?</b>
<p>«Il Sulcis è una metafora generale. Negli ultimi 100 anni - soprattutto negli ultimi 30 -, questa regione è stata presa in giro. Generazioni di politici hanno promesso facili soluzioni dietro l'angolo. Tutto questo su un'isola che già di suo avverte di essere lontana da tutto. E la rabbia trova oggi due sbocchi. Uno, i sassi. Due, il dialogo».
<p><b>E i dialogo come procede?</b>
<p>«So che il termine Protocollo d'intesa suscita comprensibilmente diffidenze, ma quello firmato martedì è operativo. C'è un progetto di rilancio vero che riguarda il turismo, le energie pulite e il risanamento ambientale. Dei 128 milioni che riguardano il mio ministero, 38 sono destinati al collegamento Carbonia-Cibe e alla portualità di Porto Vesme. Ebbene: saranno stanziati entro 7 giorni. Il resto dei fondi verrà impiegato attraverso un bando internazionale. Faremo i progetti. E velocemente».
<p><b>Ieri ci sono stati scontri in tutto il Paese durante le manifestazioni contro l'austerità. Non ha l'impressione che la situazione si stia aggravando?</b>
<p>«Quello che è avvenuto ieri nelle piazze responsabilizza fortemente i partiti e i corpi intermedi della società. Sul territorio non esistono più. La soluzione del disagio che attraversa la società, e che si manifesta anche in episodi preoccupanti come quelli di ieri, passa inevitabilmente attraverso un recupero serio del ruolo dei partiti».
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<b>I due partiti maggiori stanno facendo o hanno annunciato primarie per la scelta dei leader. Non è il segnale di una riflessione, di un rinnovamento?</b>
<p> «Per quanto riguarda il Pd mi piacerebbe vedere lo stesso entusiasmo speso per un confronto televisivo anche per l'impegno sul territorio. Per territorio intendo le sezioni e i luoghi dove i partiti sono spariti da anni. Sono quelli i presidi per capire dove va una società»
<p><b>L'impressione è che le manifestazioni siano disordinate, ingovernate e ingovernabili.</b>
<p>«Esattamente. L'assenza dei partiti e dei corpi intermedi si esprime anche così, nell'anarchismo di protesta. E' sparita l'abitudine a rivolgersi alle sedi dei sindacati, alle sezioni di partito o alle parrocchie per sfogarsi, per parlare. E un'urgenza che investe i partiti. E non riguarda solo questo governo: investirà anche il prossimo».
<p><b>Non è paradossale che con un governo tecnico la disoccupazione abbia raggiunto il massimo da anni e un giovane su tre sia senza lavoro?</b>
<p>«Avremmo potuto fare meglio. Ma c'è una grave crisi economica internazionale. E nonostante tutto, la franchezza del nostro messaggio è ancora apprezzata e spiega forse la tenuta del giudizio su di noi. Mi faccia dire un'ultima cosa sul Sulcis».
<p><b>Prego.</b>
<p> «Pesa anche qui l'assenza cronica dei partiti. Questi amministratori alle prese con problemi tragici sono soli, sono nomadi abbandonati. Questa solitudine si toccava con mano al tavolo del negoziato: tutti si guardavano negli occhi e pensavano "possiamo fidarci?»
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012111523162803.pdf">La Stampa | Tonia Mastrobuoni</a>SERGIO GAETANO COFFERATI: «Bisogna tassare le ricchezze per creare sviluppo e occupazione» - INTERVISTA2012-11-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684110Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
«Dobbiamo imporre all’Europa una inversione di rotta», scandisce il segretario della Cgil nei primi dieci anni del lungo periodo berlusconiano. Da europarlamentare del Pd oggi sarà in piazza a Bruxelles, davanti alla sede del parlamento europeo.
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<b>È forse la prima volta che si costruisce una mobilitazione europea di questo tipo.</b>
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Che io ricordi ci sono stati pochissimi precedenti. E certo era molto tempo che i sindacati non decidevano una giornata di mobilitazione così vasta. La ragione è quella che hanno messo alla base dell'iniziativa. In tutti i paesi europei la crisi economica, che in qualche caso come in Italia è diventata addirittura recessione, sta producendo danni rilevanti al tessuto economico e sociale: calo dell'occupazione, ma anche aumento della povertà.
Ci sono milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. E c'è una massiccia presenza tra loro di working poors, lavoratori poveri.<p>
<b>Di chi è la colpa se i lavoratori si stanno impoverendo?</b>
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Nel caso dei cosiddetti “lavoratori poveri”, la responsabilità principale è dei modelli organizzativi che adottano le imprese. Non a caso si tratta soprattutto di donne che fanno lavori a tempo parziale o giovani che restano a lungo precari. In Italia, dove la maggior parte delle aziende pratica la politica dei bassi salari, c'è un problema in più che riguarda i lavoratori dipendenti, che altrove hanno stipendi più alti.
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<b>Ma “un'altra Europa” è ancora possibile e per quali azioni passa?</b>
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La maggior parte dei governi europei è di centrodestra e il predominio conservatore ha imposto all’Europa politiche del rigore sostanzialmente improntate al contenimento della spesa, nell'illusione che questo possa determinare spontaneamente dinamiche positive nelmercato. Come si è visto è una sciocchezza. Senza politiche di sviluppo, il contenimento della spesa crea solo depressione, peggiorando la qualità di vita di tante persone. Primo punto, quindi: rovesciare questa tendenza e imporre all'Europa politiche di investimento mirate a promuovere sviluppo e crescita sostenibile. Insieme al rigore a senso unico c'è stato poi anche il tentativo di smantellare il sistema sociale europeo, mettendo in crisi la coesione sociale che ha caratterizzato per moltissimo tempo questa parte del mondo. E questo è il secondo punto: la difesa del welfare. Infine, la cultura del centrodestra haportato un attacco diffuso anche ai diritti, della persona, del lavoro, dei cittadini. E questo è il terzo fronte.
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<b>L'avvento di Hollande ha cambiato qualcosa?</b>
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Ha riaperto la dialettica che con l'asse Merkel-Sarkozy era spenta. Ma se l'anno prossimo in Germania la coalizione rosso-verde avrà il sopravvento, potranno prodursi cambiamenti più rilevanti. Poi se anche l'Italia arriverà ad avere un governo di centrosinistra ancora meglio.
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<b>In Italia, lo sciopero generale arriva dopo riforma del lavoro, le pensioni, la spending review: troppo tardi?</b>
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Io penso che dallo sciopero di oggi il sindacato italiano possa ripartire. Mi dispiace sia proclamato da una sola organizzazione e che ci sia da parte delle altre due organizzazioni confederali una sottovalutazione incomprensibile della gravità della situazione italiana e del nesso che esiste tra i nostri problemi e la loro origine anche europea. In Italia, la situazione è anche peggiore che nel resto d'Europa. La Banca d'Italia ha rivisto tre volte al ribasso le ipotesi di decrescita. Il peggio, contrariamente a quanto ha sostenuto qualchemese fa lo stesso presidente del consiglio, non è affatto passato. La caduta dei consumi e della produzione industriale annunciano mesi ancora molto molto difficili.
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<b>Con quali ripercussioni sociali?</b>
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Stiamo attraversando un momento di grandi difficoltà e di tensioni sociali, che hanno come minimo comune denominatore il prevalere del sentimento della preoccupazione e della paura. Al di là dello sciopero di oggi, non vedo grandi reazioni collettive. C'è invece molto timore da parte delle persone e l'atteggiamento è quello della chiusura, della rinuncia anche nella vita sociale a normali forme di partecipazione.
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<b>C’è un ritardo nella rappresentazione di questo disagio?</b>
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Il ritardo c'è, però da questo sciopero può ripartire una iniziativa per imporre al governo politiche di crescita. Ci vuole un piano di investimenti che ruoti attorno ad alcune priorità: conoscenza da una parte – innovazione, scuola, ricerca e infrastrutture dall'altra. Per reperire le risorse dobbiamo fare due cose: promuovere una vera lotta all'evasione e tassare le ricchezze. La parola patrimoniale non piace? Chiamiamola “Giovanni”. L'importante è che sia rivolta a far pagare un contributo alle ricchezze che ci sono. E che con queste risorse si faccia quel piano di sviluppo di cui ha bisogno il paese. Quello che ha fatto l'esecutivo fin qui si è rivelato del tutto inefficace.
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<b>
Si è sentito un po' isolato nel suo partito a firmare i referendum sul lavoro?</b>
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Secondo me c'è stata una sottovalutazione pericolosa sia da parte dei sindacati che della politica della posta in gioco, e si deve recuperare. L'articolo 8 della finanziaria del governo Berlusconi, fatto su misura sulla Fiat, può portare alla cancellazione del contratto nazionale del lavoro. L'allarme dovrebbe squillare prima di tutto in casa sindacale. Se poi la politica su questo e sull’articolo 18 pensa che la strada referendaria non sia efficace ponga l'obiettivo di cambiare queste norme nel programma elettorale. Ma non possono non fare né l'una né l'altra cosa.
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<b>A Pomigliano lo sciopero sarà di 8 ore. <br />
Cosa pensano in Europa dell'azione ritorsiva di Marchionne contro la Fiom?</b>
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Non c'è una discussione. Sono cose che l'Europa lascia volentieri all'Italia.
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<b>In piazza ci saranno anche gli studenti insieme ai loro prof. Due generazioni, padri e figli, come il 23 marzo 2002. La crisi li ha uniti o li divide?</b>
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La crisi li penalizza entrambi. Metterli uno contro l'altro è strumentale. Chi ha sostenuto che con la riforma del mercato del lavoro si sarebbe creato uno spazio per i giovani è stato clamorosamente smentito. E poi abbiamo sprecato tante energie a discutere come riorganizzare il lavoro mentre il lavoro spariva. È arrivato il momento di impegnarsi a costruire nuove opportunità di lavoro. Anche per questo oggi bisogna essere in piazza.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1NARXB">Pubblico | Maria Grazia Gerina</a>Pietro ICHINO: Sui 19 della Fiat anche il giudice ha commesso un errore - INTERVISTA2012-11-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656699Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
In nessun altro Paese al mondo un caso di discriminazione come questo sarebbe stato sanzionato con l'ordine giudiziale di costituzione di 19 nuovi rapporti di lavoro. La sanzione più appropriata ed efficace è costituita dal risarcimento del danno.
<p><b>Diciannove messi in mobilità per rispettare una sentenza dello Stato: non pensa che quello di Fiat sia una ritorsione?</b>
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Sul piano strettamente giuridico non lo è. Un effetto indiretto del provvedimento giudiziale è una eccedenza di personale; e il nostro ordinamento consente all’impresa di risolvere il problema con il licenziamento collettivo. Il punto è che non possono essere licenziati i 19 della Fiom neo-assunti, poiché sarebbe una reiterazione della discriminazione ai loro danni; ma sarebbe evidentemente inaccettabile che venissero licenziati al loro posto altri 19, che con lo scontro tra Fiat e Fiom non hanno nulla a che fare. Sono questi gli effetti velenosi di un provvedimento giudiziale sbagliato.
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<b>Perché sbagliato? Che cosa avrebbe dovuto fare il giudice in questo caso?</b>
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Di fronte a un caso come questo, in qualsiasi altro Paese il giudice avrebbe adottato la sanzione più appropriata, che è quella del risarcimento del danno: non dimentichiamo che qui non si tratta di licenziamento discriminatorio, ma di mancata assunzione, che è cosa assai diversa. L’esperienza statunitense mostra come un risarcimento salato possa costituire un deterrente efficacissimo contro un comportamento discriminatorio di questo genere. E non determina le situazioni assurde a cui assistiamo oggi a Pomigliano.
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<b>I sindacati nutrono dubbi sul fatto che Pomigliano possa riassorbire tutti i lavoratori come da accordi sindacali firmati a suo tempo; e nel frattempo all’interno della fabbrica il clima – comprensibilmente – si è fatto rovente. È ancora convinto che lo stabilimento campano sia un modello per l’Italia?</b>
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Guardi che anche i sindacalisti della Fiom riconoscono che lo stabilimento di Pomigliano è un gioiello sul piano tecnologico e produttivo. Chiunque conosca l’industria automobilistica lo riconosce. Altro è il problema della ripresa della produzione di auto a pieno ritmo negli stabilimenti italiani della Fiat: questo dipende da molti fattori, la maggior parte dei quali sfugge al controllo della stessa Fiat.
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<b>Quali strade possono essere intraprese oggi – da tutte le parti – per evitare che il rispetto di una sentenza della magistratura porti al licenziamento di diciannove persone?</b>
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Se fossi il ministro del lavoro, convocherei le parti per un tentativo di voltar pagina rispetto alla situazione assurda che si è determinata. Farei tutto il possibile per indurre la Fiom a firmare gli accordi aziendali di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco, cessando le ostilità e ottenendo così il riconoscimento dei propri rappresentanti in azienda; e per indurre la Fiat a rinunciare al licenziamento collettivo, risolvendo il problema con un contratto di solidarietà, in attesa della congiuntura positiva, che speriamo non si faccia attendere troppo.
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<b>L’accordo interconfederale tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil del giugno 2011 ha aumentato il peso della contrattazione aziendale in maniera considerevole. Non pensa che l’insistenza di Fiat nel chiamarsi fuori da questa intesa indichi una volontà di sottrarsi a un quadro di regole comuni e che la decisione di ieri di rispondere con una rottura a una sentenza dello Stato ne sia una conferma?</b>
<p>
Se è per questo, anche la Fiom se ne chiama fuori, pur essendo parte della Cgil: altrimenti, dopo l’accordo interconfederale del giugno 2011 avrebbe firmato gli accordi aziendali Fiat, che ne hanno anticipato il contenuto. Quanto alla Fiat, che essa abbia inteso sottrarsi al sistema sindacale interconfederale è evidente. Ma quel sistema non è legge dello Stato. Il nostro ordinamento garantisce il pluralismo sindacale non soltanto sul versante dei lavoratori, ma anche su quello degli imprenditori. E il pluralismo serve perché modelli di relazioni industriali diversi possano confrontarsi e competere tra loro. In modo che i lavoratori e gli imprenditori stessi possano scegliere quello che ritengono produca i risultati migliori. Naturalmente, sempre nel rispetto della legge: su questo non può esserci alcun “pluralismo”.
<p>
<b>Come mai un’azienda che si presenta come alfiere della modernizzazione industriale non è in grado di proporsi oggi alla platea dei suoi lavoratori in una logica di condivisione delle scelte? È solo un problema di comunicazione?</b>
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Per litigare occorre sempre essere in due. Sia Fiat sia Fiom hanno qualche ragione per accusarsi a vicenda. Ha ragione la Fiom, secondo quanto accertato dal giudice, quando accusa Marchionne di avere discriminato i suoi iscritti nelle assunzioni; ma ha ragione anche Marchionne quando accusa la Fiom di aver fatto la guerra fin dall’inizio – primavera 2010 – contro il suo piano industriale, sulla base di un principio che solo un anno dopo, con la firma dell’accordo interconfederale del 28 giugno, la stessa Cgil avrebbe riconosciuto come sbagliato: quello della rigida e assoluta inderogabilità del contratto collettivo nazionale.
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<b>Il partito di cui fa parte non ha mai avuto negli ultimi anni una posizione univoca sul caso Fiat. Oggi è possibile trovare una sintesi tra le varie anime dei democratici?</b>
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Sarebbe preoccupante che in un grande partito di centrosinistra tutti avessero la stessa posizione su di una vicenda complessa come questa, originata dagli accordi Fiat del 2010. L’unità del partito si deve esprimere nel voto, alle elezioni e negli organi elettivi; non certo nell’appiattimento di tutte le opinioni su quella del segretario. Sta di fatto che, da quarant’anni a questa parte, le mie opinioni non sono “fuori linea”: hanno il solo difetto di essere in anticipo di qualche anno rispetto a quelle del mio partito.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=23825&print=1">Secolo XIX | Salvatore Cafasso</a>Pietro ICHINO: «Non ho cambiato idea, la svolta di Marchionne era giusta» - INTERVISTA2012-09-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it650426Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>Il mondo politico e sindacale, quasi al completo, rimprovera a Marchionne scarsa chiarezza: e lei?</b>
<p>
Non cambierei di una virgola le opinioni espresse negli ultimi due anni sulla vicenda dei contratti aziendali di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Sia sotto il profilo giuridico, perché quelle pattuizioni erano e restano pienamente legittime, sia sotto il profilo dell’opportunità sindacale e industriale di votare ‘sì’ ai relativi referendum.
<p>
<b>Ma è un modello che di fatto rischia di venire meno se proprio la Fiat rinuncia ai suoi investimenti.</b>
<p>
Innanzitutto, non dimentichiamo che nel 2003, quando Marchionne ha assunto la guida del Gruppo, la Fiat era in stato fallimentare. Aggiungo, poi, che quegli accordi hanno una parte rilevante del merito della svolta nel nostro sistema delle relazioni industriali che si è concretata l’anno successivo, con l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, firmato anche dalla Cgil. Senza la vicenda Fiat, probabilmente quella svolta non ci sarebbe stata. E senza gli accordi aziendali del 2010 non ci sarebbero stati neppure gli investimenti in essi previsti; non vedo, dunque, che cosa i lavoratori interessati avrebbero guadagnato col respingere quegli accordi, come la Fiom li invitava a fare.
<p>
<b>Ma la Cgil e la Fiom denunciavano il limite di quel piano.</b>
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È vero che il piano industriale lasciava aperti alcuni interrogativi sul futuro, ma che cosa mai avrebbero guadagnato i lavoratori e il nostro Paese dal respingerlo in limine? Oltre tutto quando quegli accordi sono stati discussi e sottoposti a referendum, non era ancora sorta la questione della esclusione della Fiom dalle rappresentanze sindacali riconosciute in azienda: esclusione che è avvenuta solo dopo la sottoscrizione, proprio in conseguenza del rifiuto di firmare da parte della stessa Fiom, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori come modificato dal referendum del 1995.
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<b>Crisi di mercato a parte, secondo lei c’entra anche lo scontro giudiziario con la Fiom nella revisione dei piani Fiat per l’Italia?</b>
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Ero e resto dell’idea che la guerra senza esclusione di colpi condotta dalla Fiom contro il piano industriale della Fiat è stato un gravissimo errore, oltre che un fatto incompatibile con un sistema di relazioni industriali moderno ed efficiente. Certo non è questa guerra la causa della crisi che oggi gli stabilimenti Fiat stanno attraversando, ma altrettanto certamente essa non ha giovato né all’impresa, né ai lavoratori, né alla nostra immagine di fronte agli operatori economici di tutto il resto del mondo, come giustamente osserva <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1KF10M">Alessandro Penati sulla Repubblica</a>.
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<b>Difficile però convincere oggi i lavoratori che il futuro è lo stesso.</b>
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Ho ben presente l’ansia, più che giustificata, che i lavoratori della Fiat oggi provano per la crisi attuale della nostra industria automobilistica; e sono ben convinto della necessità di una politica industriale che elimini le ragioni di quest’ansia. Ma questa politica non può che consistere nell’aprire il nostro Paese agli investimenti stranieri, facendone un luogo ospitale e attraente per chi vuole insediarvi le proprie iniziative economiche; non mi sembra che a questo scopo sia di aiuto il continuare a dipingere e trattare, qui da noi, come un demonio quello stesso Sergio Marchionne che i sindacati e i lavoratori americani considerano invece un grande capitano d’industria.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1KH2QQ">Il Mattino | Nando Santonastaso</a>Gianfranco Polillo: «Per il cuneo fiscale non ci sono soldi. I sindacati accettino sacrifici o rischiano di sparire» - INTERVISTA2012-08-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648430Alla data della dichiarazione: Sottosegretario Economia e finanze<br/><br/><br />
Sinora, come sottosegretario all'Economia del governo Monti, si è fatto conoscere come quello che "non le manda a dire", a costo di tirarsi addosso furiose polemiche. E anche ieri, appena ha sentito <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1J82C7">le parole di Raffaele Bonanni</a>, Gianfranco Polillo ha restituito pan per focaccia: «Qui la fossa se la stanno scavando i sindacati, non noi. Rischiano di sparire, di diventare il simulacro dei pensionati o, alla meglio, dei dipendenti pubblici. E sia chiaro che mi rivolgo in particolare alla Cgil e a Susanna Camusso, anche perché considero gli amici della Cisl quelli che più hanno capito le sfide che ci sono davanti».
<p> <b>Sottosegretario, Bonanni chiede solo di essere sentito, come accadrà alle imprese...</b>
<p> Bene, benissimo. Ma cosa sono disposti a mettere nel piatto? Qui il discorso è uno solo: accettare alcuni anni di sacrifici, come avvenuto in Germania.
<p> <b>Cosa vuol dire in concreto?</b>
<p> Aumentare la produttività, lavorare di più, legare sempre più parte del salario ai risultati, stipulare contratti che tengano conto delle specificità dei territori. Altrimenti, lo dico senza mezze misure, saranno i mercati, con le loro leggi spietate, a imporci una riduzione degli stipendi. Nel loro interesse, le organizzazioni dei lavoratori escano dalla logica antagonistica e diventino protagoniste del cambiamento. Dimentichino il tempo delle grandi imprese, oggi siamo ancorati al tessuto delle piccole-medie aziende che lottano per sopravvivere.
<p> <b>E' un processo in cui il governo non c'entra nulla?</b>
<p> Monti e i ministri, da oggi in poi, devono essere dei martelli pneumatici con le parti sociali, devono lanciare messaggi perché ci sia un nuovo patto per la crescita e il futuro del Paese. Con i conti in salvo, abbiamo la credibilità per una intensa <i>moral suasion</i>.
<p> <b>Non è pochino? I sindacati, e anche le imprese, vogliono parlare di risorse. Ad esempio, si discute di cuneo fiscale...</b>
<p> Soldi a sufficienza per misure così ampie non ce ne sono. Però, se c'è una vera disponibilità delle parti sociali a lavorare insieme, qualcosa nel piatto si può mettere.
<p> <b>Cosa?</b>
<p> Ad esempio rifinanziare parte del salario legato alla produttività, o aiutare le <i>start-up</i>. Ma senza un clima condiviso, sarebbero soldi sprecati.
<p><b>Non è compito delle imprese rilanciare la crescita investendo?</b>
<p> In teoria sì, ma al momento i loro margini di profitto sono tornati ai livelli del '95, e gran parte sono erosi dalle tasse. Potranno tornare a investire solo dopo anni di sacrifici condivisi con i lavoratori.
<p> <b>Davvero pensa che si possa convincere Susanna Camusso con questi discorsi?</b>
<p> La Cgil dovrebbe guardare alla sua storia per trovare la forza di rispondere alle sfide della globalizzazione.
<p> <b>La sua sembra l'agenda-Marchionne...</b>
<p> Marchionne forse ha scosso l'albero con troppa forza, ma i problemi che pone sono sacrosanti. Come si può fare impresa in Italia, in piena recessione, con tutti questi arroccamenti?
<p><b>La risposta la conosce: "Non ledendo i diritti".</b>
<p> Ma Camusso deve capire che l'Italia l'equità ce l'ha nel sangue, abbiamo un sistema di welfare forte. Non vogliamo ledere i diritti, piuttosto consegnarli alle generazioni future.
<p><b>Per tornare alle risorse: possibile che dopo tanti sacrifici non esca nulla per dare un po' di ossigeno al Paese reale?</b>
<p> Il lavoro di sfoltimento di deduzioni e detrazioni fiscali potrebbe tirare fuori i 6 miliardi necessari per evitare l'aumento dell'Iva. Poi ci sono le risorse dell'evasione. E, a mio avviso, dovremmo condurre la spending review nei meandri dei bilanci degli enti locali. È una giungla, e i meno virtuosi continuano a buttare soldi dalla finestra. Non escludo che, senza intenvenire, potremmo trovarci in casa nostra dei casi-Grecia.
<p><b>C'è un nodo trascurato del capitolo-crescita?</b>
<p> Il ruolo delle banche: i processi di aggregazione e l'ampio <i>turn-over</i> hanno rotto il rapporto con il territorio. Delle imprese non si devono valutare solo i bilanci, ma le potenzialità reali. Un tempo lo si faceva, dobbiamo provare a ricostruire quel modello.
<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1J9LAB">Avvenire - Marco Iasevoli </a>ENRICO ROSSI: «Tagli e scelte unilaterali. Non si salva così il Paese» - INTERVISTA2012-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647269Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Toscana (Partito: PD) - Consigliere Regione Toscana (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Il nostro giudizio resta negativo. Qui da sempre pratichiamo la concertazione, è la stessa strada di Hollande».
<p><b>Presidente Rossi, il premier Mario Monti ha detto che la concertazione è uno dei mali che ha causato gli attuali problemi dell’Italia. Come risponde?</b>
<p>
«Che in Toscana la concertazione è più viva che mai ed è stato, è e sarà lo strumento principale attraverso il quale cercare le soluzioni alla crisi e riavviare lo sviluppo. È un valore, testimoniato anche dall’articolo 48 dello Statuto regionale: alle istituzioni spetta il compito di decidere, ma attraverso il confronto con le rappresentanze sociali».
<p>
<b>Come si traduce in concreto questo modello?</b>
<p>
«La Toscana pratica la concertazione da sempre e ai massimi livelli possibili ma il nostro tasso di riformismo e innovazione non è certo inferiore alle altre Regioni. Anzi. Alcune riforme che ha fatto il Governo Monti rappresentano addirittura un arretramento rispetto alla nostra realtà. Abbiamo in corso una gara unica per il trasporto pubblico regionale, abbiamo fatto tre Ato per i rifiuti, uno unico per l’acqua, sciolto le 14 Apt e razionalizzato la politica di promozione turistica e riformato la sanità. Tutto questo d’accordo con sindacati e forze sociali perché quando gli obiettivi sono difficili e impegnativi, si raggiungono meglio attraverso il confronto».
<p>
<b>
È un percorso che si può ripetere anche in futuro?</b>
<p>
«Abbiamo appena siglato con Cgil, Cisl e Uil un nuovo accordo, basato su 9 punti, col quale contiamo di arrivare entro la fine di settembre a un patto per lo sviluppo che permetta alla Toscana di uscire dalla crisi e riprendere a crescere. Siamo convinti che il contributo di chi conosce i problemi e le questioni concrete sia fondamentale per individuare soluzioni condivise ed efficaci».
<p>
<b>Sembra un progetto ambizioso...</b>
<p>
«Noi proviamo a farlo nel nostro piccolo, ma Hollande, in Francia, sta andando in questa direzione e lo stesso ha fatto anche la Germania. Evidentemente non stiamo inventando niente se anche grandi leader nazionali hanno fatto appello al Paese e alle forze migliori. Piuttosto trovo singolare procedere in senso opposto».
<p>
<b>Un messaggio al governo e al metodo di attuazione della spending review?</b>
<p>
«Se ci avesse consultato prima anziché agire unilateralmente avrebbe avuto dei consigli utili. Sono convinto anch’io che abbiamo davanti un "percorso di guerra", però proprio per questo si devono coinvolgere le migliori energie, responsabilizzarle e cercare di chiedere a tutti quello che possono dare, secondo le proprie possibilità. Monti invece sembra andare da solo in altra direzione e così rischia di sbattere o di andare tutto a destra. In ogni caso niente di positivo per i ceti popolari e la parte più debole della società».
<p>
<b>In quale altro modo avrebbe potuto agire?</b>
<p>«Si poteva fare una manovra differente, magari rinunciando a qualche F35, pensando almeno a una piccola patrimoniale, tornando sopra ai capitali scudati. È ingiusto che le aziende, i dipendenti o le partite Iva paghino dal 33 al 45% di tasse e chi è andato a ripulire i suoi soldi all’estero se la sia cavata col 5%».
<p>
<b>Il confronto delle regioni con il governo prosegue. Ci sono passi avanti?</b>
<p>
«Abbiamo ricevuto il materiale, ora lo affronteremo e vedremo meglio cosa c’è nel dettaglio. Ma l’opinione che si tratti di tagli è confermata».
<p>
<b>Sembra complicato trovare una via d’uscita per voi soddisfacente...</b>
<p>
«Noi non vogliamo sottrarci al confronto di merito e vogliamo andare fino in fondo. Ma al momento la realtà è che, ad esempio in sanità, siamo di fronte a un taglio lineare di 557 milioni di euro. Il materiale fornito può sicuramente essere un utile spunto per fare verifiche sulle nostre aziende ma in queste condizioni è pressoché impossibile riuscire a garantire gli stessi livelli di servizi».
<p>
<b>Il suo giudizio resta dunque negativo?</b>
<p>«Sì, negativo nell’immediato e anche per il futuro. la realtà ci dice che il decreto c’è e noi ne siamo stati informati dopo seppure sia, oltre tutto, una materia costituzionalmente convergente. Noi non vogliamo metterci dietro agli aspetti giuridici ma compartecipare allo sforzo di risanamento. Ma salvare il paese senza punti intermedi è un’impresa davvero ardua».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HLT78">l’Unità - Francesco Sangermano</a>Cesare DAMIANO: «Ora però gli esodati» - INTERVISTA2012-07-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647149Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Abbiamo raggiunto un accordo nella maggioranza su ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata, ma adesso resta aperto il nodo degli esodati. Speriamo di scioglierlo con il provvedimento sulla spending review». Cesare Damiano, capogruppo Pd alla Commissione Lavoro della Camera, e già ministro del Lavoro nell'ultimo governo Prodi, è soddisfatto dei 10 punti contenuti nell'emendamento al decreto sviluppo, frutto di un accordo dei partiti che sostengono Mario Monti, ma facilitato soprattutto dall'avviso comune siglato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Avverte però che temi come quello degli esodati adesso non vanno trascurati, e che anzi non si debba più agire «nella logica dei numeri, ma stabilendo precisi criteri, e possibilmente una clausola di salvaguardia che tuteli tutti quei lavoratori che sforassero le quantità già stabilite, spesso troppo rigide».
<p> <b>Riassumiamo i 10 punti dell'emendamento.</b>
<p> Si rinvia innanzitutto l'Aspi, la nuova indennità di disoccupazione, di un anno: invece che nel gennaio 2013, scatterà nel gennaio 2014. Nel contempo si avvia un monitoraggio del sistema di ammortizzatori attualmente vigente con le parti sociali. Sulle partite Iva, si rinvia l'aumento dei contributi pensionistici, e si modificano i criteri di calcolo per stabilirne l'autenticità. L'intervallo necessario tra un contratto a termine e l'altro viene affidato alla contrattazione e non più alla legge. Si aumenta il numero di apprendisti nei settori e si permette di cumulare i voucher con la cassa integrazione. Si ripristina la cassa integrazione per le aziende ammesse a procedure concorsuali se vi sono prospettive di ripresa dell'attività. Si escludono i contratti a termine fino a 6 mesi dalla base di calcolo dell'organico che fa scattare l'obbligo di assunzione di lavoratori invalidi.
<p> <b>Come mai avete rinviato l'Aspi?</b>
<p> Abbiamo chiesto il rinvio di un anno perché prolungandosi la crisi ben oltre il 2012, temiamo che le aziende anticipino i processi di ristrutturazione in un momento segnato dalla crescita della disoccupazione: i nuovi ammortizzatori forniscono una tutela inferiore rispetto ai vecchi.
<p><b> Sul tema del lavoro sembra che nella maggioranza, alla fine, dopo screzi e scontri, poi vi ritroviate sempre. E dire che dal Pdl al Pd, avete impostazioni piuttosto diverse su questi temi.</b>
<p> Per noi l'impegno unitario è in continuità con le dichiarazioni fatte da Mario Monti a Montecitorio prima della fiducia sul ddl che regola il mercato del lavoro. Il governo si era impegnato a intervenire su tre fronti: esodati, ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata. Abbiamo tutti ritenuto che gli ultimi due temi fossero indivisibili, poi ovviamente ciascun partito dà più attenzione a questo o a quello. Non è una margherita da sfogliare, tutto si tiene insieme e l'emendamento che è venuto fuori dà corso all'impegno preso dal presidente del consiglio. Naturalmente è positivo che sia intervenuto l'avviso comune delle parti sociali, che abbiamo recepito completamente.
<p> <b>Ma l'avviso comune di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria apre una nuova stagione di «concertazione» in salsa montiana? O è soltanto un'intesa dettata dall'emergenza?</b>
<p> Io credo che l'avviso comune sia stato importante, e ci ha aiutato a trovare soluzioni unitarie in Parlamento. Detto questo, spero che l'emergenza della situazione induca su questa strada virtuosa e la consolidi.
<p><b> Passiamo al fronte ancora caldo, quello degli esodati: abbiamo assistito a settimane di tira e molla, di scontri e accuse incrociate sui numeri. Non è che magari dai partiti riuscite a indicare alla ministra Fornero una direzione più chiara e soprattutto che salvaguardi tutti?</b>
<p> Credo che sicuramente vada individuato un metodo per risolvere una volta per tutte questo problema. Ci sono almeno tre nodi da risolvere: <br />
<b>1)</b> Che fine ha fatto il decreto interministeriale sui primi 65 mila esodati? Io ho presentato una interrogazione, perché siamo in luglio e non è ancora stato inserito in Gazzetta ufficiale.<br />
<b> 2)</b> Per i dipendenti pubblici in esubero si propone una deroga al sistema pensionistico appena riformato fino a tutto il 2014: non sarebbe meglio rendere tutto più semplice ed estenderlo anche a privati e autonomi?<br />
<b> 3)</b> La ministra ha aggiunto di recente altri 55 mila esodati, e siamo così a 120 mila. Ma devo dire che siamo stanchi dei numeri, piuttosto chiediamo dei criteri chiari. E una clausola salvaguardia se si sforassero i numeri. Infine, per quanto riguarda gli esodati in mobilità, non va bene la formula degli accordi "stipulati in sede ministeriale": va estesa, perché non include i tanti accordi stipulati negli uffici provinciali del lavoro.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HI0YU">il Manifesto - Antonio Sciotto</a>Elsa Fornero: «Il lavoro non è un diritto ma qualcosa che si conquista» 2012-06-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646436Alla data della dichiarazione: Ministro Welfare<br/><br/><br />
«Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato anche con sacrificio».
<p>Lo dice Elsa Fornero in un'intervista al Wall Street Journal.
<p>«A job isn't something you obtain by right but something you conquer»<br />
«Un lavoro non è qualcosa che ottieni per diritto, ma qualcosa che si conquista».
<p><b>Sulla sua riforma del lavoro:</b>
<p>Questa riforma è una scommessa sul cambiare i comportamenti in molti modi. La mia paura più grande è di non superare questa sfida. <br />
Tutti, non solo i lavoratori, devono capire e cambiare. Questo riguarda anche i giovani, che hanno bisogno di sapere che l’occupazione non è qualcosa che si ottiene per diritto, ma qualcosa che si conquista, che si combatte e per il quale bisogna anche fare sacrifici.
<p><b>Sull'articolo 18:</b>
<p> L’attenzione tradizionale sull’articolo 18 è ovviamente ideologica. Non voglio cantare le lodi di nessuno, tantomeno le mie, ma penso che il nostro successo su questo punto sia basato sulla disarticolazione degli elementi di questo articolo. Rimane illegale il licenziamento per ragioni discriminatorie, ma i motivi economici ora possono essere citati.
<p> <b>Su Sindacati e Cgil:</b>
<p>La trasformazione dell’Italia richiede una sfida ai sindacati, che sono oggettivamente piuttosto conservatori. La Cgil ha le proprie opinioni e la sua nota attitudine ed agisce di conseguenza. Non vogliamo correggere il gioco bensì il sistema. Stiamo tentando di essere gli arbitri. Altri sono quelli che giocano per vincere.
<p>
<b><a href="http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304870304577490803874875894.html?mod=WSJEurope_hpp_LEFTTopStories">La trascrizione dell'intervista al Wall Street Journal</a> (in inglese)</b><br />
<br/>fonte: <a href="http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304458604577490980297922276.html">The Wall Street Journal | Christopher Emsden | Europe edition</a>Gianfranco Polillo: «Una settimana di ferie in meno per aumentare di un punto il Pil»2012-06-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646228Alla data della dichiarazione: Sottosegretario Economia e finanze<br/><br/><br />
«Per aumentare la produttività del Paese dobbiamo lavorare di più. I sindacati? Non sono contrari». Poi aggiunge: «Stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità».
<p> «Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve».
<p>«Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto». <br />
«Da parte dell'industria questo non deve essere un accordo generalizzato ma può essere fatto per le aziende già ristrutturate che hanno mercato e quindi puntare principalmente sui contratti di secondo livello. Per i sindacati è una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di tutte le sigle, compresa la Cgil, ci sono settori illuminati e riformisti che vi ci stanno ragionando».
<p>«Stiamo vivendo sopra le nostre possibilità perché abbiamo un deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti che è di circa 3 punti di Pil e che è un dato un po' sottovalutato». «Significa che noi ogni anno per sostenere i nostri consumi interni abbiamo bisogno di prestiti esteri che negli ultimi 2 anni sono stati pari a 50 miliardi l'anno e quindi se non chiudiamo questo gap, non possiamo continuare a usare prestiti esteri per sostenere i nostri consumi. Questo gap possiamo chiuderlo in due modi: o riducendo ulteriormente la domanda interna, cosa che mi sembra inaccettabile per il Paese, oppure aumentando il potenziale produttivo producendo di più e meglio. Nell'attuale crisi economica e con gli attuali tassi di interesse, non possiamo più permetterci questo andamento con gli spread attuali».<br /><br/>fonte: <a href="http://qn.quotidiano.net/economia/2012/06/18/730924-polillo-ferie-pil-settimana-lavorare.shtml">quotidiano.net</a>Elsa Fornero: Anche lo Stato deve poter licenziare2012-05-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it641385Alla data della dichiarazione: Ministro Welfare<br/><br/><br />
La possibilità di licenziare più facilmente, come prevede il disegno di legge di riforma all'esame del Senato per il lavoro nel settore privato, deve essere estesa anche alla pubblica amministrazione, secondo il ministro del Welfare Elsa Fornero.
<p>
"Mi auguro che qualcosa di simile a quello che abbiamo fatto per i dipendenti privati relativamente alla possibilità di licenziare sia inserito nella delega per i dipendenti pubblici", ha detto il ministro parlando parlando a un incontro con gli studenti della facoltà di economia a Torino.
<p>
Il 3 maggio scorso il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha raggiunto un accordo con i sindacati su uno schema di delega per il lavoro pubblico che modifica anche la cornice normativa sui licenziamenti disciplinari.
<p>
"Quello dei dipendenti pubblici non è un mercato e la riforma è del mercato del lavoro, perché ci sono regole diverse. Con Patroni Griffi siamo in contatto e stiamo lavorando insieme, non vogliamo che ci siano difformità di trattamento tra pubblico e privato. Non è possibile che diciamo certe cose sul privato e non le applichiamo sul pubblico".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.avvenire.it/Politica/Pagine/fornero-licenziamento-dipendenti-pubblici-.aspx">avvenire.it</a>Maurizio SAIA: ONDA DI SUICIDI DEI PICCOLI IMPRENDITORI: SOSTEGNO SOLO DA TRE PARLAMENTARI SU 65 2012-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626834Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) <br/><br/><br />
«Arrivano duecento mail al giorno, devono telefonarci, altrimenti si rischia di perdere appuntamenti importanti», affermano. Saia aggiunge: «Mi dispiace, perché io cerco di esserci. I sindacati sono uno strumento prezioso di lavoro per noi, indipendentemente dalle posizioni politiche e vanno ringraziati. Purtroppo, dobbiamo dirlo, i parlamentari presenti sul territorio sono pochi. E’ invalsa l’abitudine a non esserci»<br />
<br/>fonte: <a href="http://ricerca.gelocal.it/mattinopadova/archivio/mattinodipadova/2012/04/18/NZ_04_04.html?ref=search">ricerca.gelocal.it</a>Dario FRANCESCHINI: Riforma Fornero. «Norme sbagliate, non siamo al rimorchio della Cgil» - INTERVISTA2012-03-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626006Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Sulla bufera che infuria sull’articolo 18, Dario Franceschini, capogruppo del Pd a Montecitorio, la mette semplicemente così: «C’è un problema che è rimasto aperto in una riforma che ha moltissimi aspetti positivi, con misure che noi chiedevamo da anni». <p>
<b> Sicuro? Perché quel problema aperto, come dice lei, cioè il non reintegro per i licenziamenti economici, sta diventando dirompente: non solo divarica il Pd ma c’è chi arriva a ipotizzare la crisi perché potreste togliere l’appoggio a Monti... </b>
<p>
«Quello del reintegro è un tema serio che però è del tutto sbagliato ricondurre a ragionamenti tattici: vince questo o vince quello; il Pd subisce le pressioni della Cgil e così via. Facciamo un ragionamento di merito. Chiediamo e continueremo a lavorare affinché venga recepita la possibilità di reintegro anche per i licenziamenti economici». <p>
<b> Monti però nel vertice conclusivo con le parti sociali ha già detto che non si tocca nulla, che il reintegro non c’è. E allora? </b>
<p>
«E allora ci sono due considerazioni da fare. La prima, appunto, è di merito. Se la norma rimane così com’è, si affida solo al giudizio del datore di lavoro la fondatezza o meno della situazione di crisi. In sostanza l’imprenditore si autocertifica la condizione di difficoltà economica, e di conseguenza licenzia. Il lavoratore può ricorrere e l’unico provvedimento che può assumere il giudice è stabilire l’entità dell’indennizzo. Potremmo trovarci di fronte a migliaia di lavoratori che perdono il posto per crisi false oppure solo annunciate. Ed è per questo che le norme, da che mondo è mondo, sono fatte per tutelare le parti più deboli». <p>
<b> Poi c’è l’impatto sul Paese, lei dice. Cioè? </b>
<p>
«Se l’articolo 18 resta nell’attuale formulazione, si ottiene il risultato che centinaia di migliaia di persone, da sempre convinte di non poter essere licenziate, precipiteranno in una condizione di precarietà psicologica. Invece di stabilizzare i precari, si ottiene il risultato di precarizzare gli stabili. Devastante». <p>
<b> Confindustria e piccole imprese, per non parlare del Pdl, la pensano in maniera opposta. Vi sentite isolati? </b>
<p>
«La verità è che una norma siffatta, oltre che essere sbagliata, non può reggere. Non a caso, è di queste ore il fatto che la Cisl, l’Ugl, i vescovi sono arrivati alla stessa conclusione, e molti altri ci arriveranno nei prossimi giorni: è necessario adottare il modello tedesco, che è reintegro o indennizzo ma su decisione di un giudice». <p>
<b> Tuttavia il nodo politico resta intatto. Il governo mantiene la sua posizione e non intende modificarla. </b>
<p>
«Se non mi sono distratto, le leggi è il Parlamento che le fa, non il governo. Siccome le leggi le fa il Parlamento, il governo manda un testo alle Camere - poiché l’ho espressamente chiesto resto convinto che non potrà essere un decreto bensì un disegno di legge o una delega - e lì la riforma verrà modificata».
<p>
<b> Suona come una minaccia. Significa che se non cambia non appoggerete più Monti? </b>
<p>
«Nessuna minaccia, semplice constatazione di quelle che sono le regole. Il nostro rapporto con il governo non cambia, la politica sistemerà le cose».<p>
<b> Stavolta però la partita è più difficile. Davvero crede che in aula sia possibile trovare i numeri per eventuali modifiche? </b>
<p>
«Non solo che sia possibile: penso sia obbligatorio. Nessuno può immaginare che il sostegno a Monti possa arrivare da maggioranze occasionali o variabili. E’ come se io dicessi, ma non lo faccio, che Pd, Lega e Idv insieme hanno la maggioranza numerica». <p>
<b> Se si modifica l’articolo 18 è salva anche l’unità del Pd, piuttosto pencolante a quanto pare. E’ per questo che siete così determinati? </b>
<p>
«Che in un partito grande, votato da un terzo degli italiani, ci sia un dibattito e anche posizioni di partenza differenziate è normale, mi preoccuperei se fosse l’opposto. Non è che ogni volta che c’è una discussione si possa parlare di spaccatura o addirittura di fine del Pd».<p>
<b> Gira parecchia irritazione nel Pd nella convinzione che Monti sull’articolo 18 non avrebbe rispettato i patti. Conferma? </b>
<p>
«Tra noi e Monti su questo tema specifico c’è una differenza di opinioni. Nessuno scandalo. E nessun retroscena». <p>
<b> Dica la verità: quanto pesa il pressing della Cgil? Quanto siete a rimorchio della Camusso? Fin dove siete disposti a seguirla? </b>
<p>
«Noi non seguiamo nessuno. In questa circostanza c’è una parziale coincidenza di posizioni con la Cgil. Qualche volta sono d’accordo con la Camusso, qualche volta no. E’ semplice autonomia reciproca. Il resto è strumentalizzazione».
<p>
<b> Insistere sul disegno di legge non è il paravento di una celata volontà di non fare la riforma? </b>
<p>
«Non esiste. Con un po’ di volontà politica un disegno di legge può essere approvato con gli stessi tempi di un decreto. Anche modificandolo».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1CKWYC">Il Messaggero - Carlo Fusi</a>Dario FRANCESCHINI: «Sul reintegro non molliamo. No a voti secondo coscienza» - INTERVISTA2012-03-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626005Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />Dario Franceschini prende un respiro: "Il Pd una linea ce l'ha, ed è molto chiara. La riforma del mercato del lavoro deve diventare un disegno di legge, e non un decreto. L'articolo 18 deve essere modificato in Parlamento sul modello tedesco, reintroducendo la possibilità delreintegro. E quando si voterà il gruppo dovrà essere unito: non ci possono essere casi di coscienza". Mentre sono nel suo studio da capogruppo, nel giorno (finora) più lungo del governo Monti, sembra di essere in mezzo ad un terremoto. Franceschini segue il vertice con un occhio alle agenzie, il suo I-phone trilla e ronza. Sorride: "Faccio come se dovesse accadere quello che penso ... poi nel caso ci risentiamo". Non servirà, perché il pronostico del capogruppo si rivela esatto. Monti non molla, in serata tutti chiedono il reintegro dalla Cei all'Ugl, e alla fine la patata bollente finisce in Parlamento dove molti paventano il rischio che il Pd si ritrovi costretto a subire una maggioranza ostile. <p>
<b> Onorevole Franceschini, è più vicino a Letta che dice "Il nostro voto non può mancare", o a Bersani che spiega: "Al Pd non si può dire prendere-o-lasciare?". </b> <br>
(Sorriso). Faccio fatica a misurare le mie idee sulla distanza da quelle altrui. Le mie sono molto semplici: noi dobbiamo migliorare in Parlamento il testo. <p>
<b> Più vicino a Bersani, dunque. </b><br>
Se vuole. Ma oggi, anche Letta dice: "Si deve andare verso il modello tedesco".<p>
<b> Letta, ieri, dalla Gruber diceva: "Questo provvedimento è una rivoluzione". </b><br>
Non è necessariamente una contraddizione. Se togliamo l'articolo 18, c'è una parte del testo assolutamente positiva. <p>
<b> Peccato che tutta l'Italia stia discutendo dell'articolo 18. </b><br>
Lo so bene. Sono arrivati anche a me centinaia di messaggi tra mail e Facebook. <p>
<b> Messaggi preoccupati? </b><br>
Preoccupatissimi. Qui il problema non è più la posizione della Cgil, della Camusso, della destra o della sinistra ... <p>
<b> Cioè? </b><br>
Si sono tutti già scordati tutti degli schieramenti, di questo o di quello: c'è un pezzo di Paese in angoscia che si chiede: ‘ Ma con questa riforma da domani sono licenziabile o no?'<p>
<b> E lei che cosa gli risponde? </b><br>
Che se non si cambia quella norma c'è il rischio che molti licenziamenti economici diventino la via con cui i datori di lavoro possono disfarsi dei dipendenti che non vogliono tenere. Per quel che mi riguarda non è una norma che il Pd possa accettare. <p>
<b> E perché ci sono voluti tre giorni per dire questa cosa in modo chiaro? </b><br>
Io l'ho detto un minuto dopo aver letto il testo. Ma adesso lo dicono anche i vescovi, la Cisl e l'Ugl e non mi pare che si tratti di pericolosi sovversivi ... <p>
<b> Che cosa teme? </b><br>
Che l'effetto di questa modifica sia far precipitare milioni di lavoratori in una situazione di angoscia. <p>
<b> Monti però tira dritto. Lo fa per far esplodere il Pd, come sostiene qualcuno? </b><br>
Ma figuriamoci. Lo fa per un unico motivo: è convinto che sia la cosa più giusta da fare. Deluderò qualcuno: non ci sono retroscena o segrete strategie politiciste. <p>
<b> C'è chi lo chiama "sacrificio umano" per lo spread. </b><br>
Non sono d'accordo. Davvero qualcuno crede che chi decide se investire in Italia vada a compulsare il codicillo della legge sul lavoro? Basta la garanzia di Monti, e la sua credibilità, per spiegare ai mercati la bontà della riforma! <p>
<b> Però vi siete divisi. </b><br>
È un ragionamento singolare. Che il Pd sia un grande partito in cui esiste un dibattito vero è un fatto positivo. <p>
<b> Dibattito è una cosa, divisione è un'altra. </b><br>
Se lo si rappresenta come spaccatura sì. Ma noi siamo uniti, e saremo tutti uniti, come le ho detto, nel voto. <p>
<b> Potreste accettare un decreto? </b><br>
Mi pare una materia troppo complessa per un decreto. <p>
<b> Ma se si arrivasse a un voto parlamentare, potreste essere anche battuti: lo ha messo in conto? </b><br>
So bene che la maggioranza in queste Aule è ancora in mano al centrodestra. Ma le pongo alcuni problemi. <p>
<b> Tipo? </b><br>
Lei sa cosa farà la Lega? Io no, e sfido chiunque a immaginarlo. <p>
<b> E poi? </b><br>
Questo provvedimento non si risolve con un voto Sì-No, ovvio. Ci deve essere, come in tutti gli altri casi, una gestione politica. Bisognerà trovare le condizioni condivise. <p>
<b> Sembra un avvertimento. </b><br>
Io non minaccio nessuno. Si chiama sistema parlamentare. <p>
<b> Molti elettori dicono: questo governo vara solo provvedimenti contro la sinistra. </b><br>
È una percezione alterata. Ognuno è sensibile a quello che lo riguarda. Basta pensare alle reazioni del centrodestra sulla lotta all'evasione! <p>
<b> Altri sostengono: quello che succede sull'art. 18 può archiviare la foto di Vasto. </b><br>
Non ha senso. Io penso che il Pd debba essere il baricentro di un'alleanza in cui ci siano altre forze alla sua sinistra e al centro. Lei però non mi ha ancora fatto la domanda decisiva. <p>
<b> Se l'articolo 18 resta senza reintegro il governo può cadere? </b><br>
La risposta è no. Se lei rivede il film sulle pensioni, scoprirà che è accaduta la stessa cosa. Tutti dicevano non cambierà nulla, poi il testo è stato migliorato. Accadrà di nuovo, senza rischiare nessuna crisi.
<p>
<b> <a href="http://www.dariofranceschini.it/adon.pl?act=doc&doc=7021">Intervista di Luca Telese a Dario Franceschini per Il Fatto Quotidiano</a> </b><p><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.dariofranceschini.it/adon.pl?act=doc&doc=7021">Il Fatto Quotidiano - Luca Telese</a>Giorgia MELONI: «Oggi i giovani sono pària Vogliamo continuare così?» - INTERVISTA2012-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625953Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
«L’articolo 18 riguarda solo i lavoratori che hanno un posto certo e per tutta la vita, il 30 per cento del totale».
<p>«Il punto è che in questo Paese esistono dei pària e questi pària sono la nostra generazione. Sull’articolo 18 io sono una laica, non penso che sia la soluzione a tutti i problemi del mondo del lavoro né penso che la sua modifica ne rappresenti la distruzione. Penso, però, che sia un elemento del lavoro ineguale e che il lavoro ineguale vada superato». Giorgia Meloni, quindi, si dice favorevole alla riforma proposta dall’esecutivo. «Poi, certo, dobbiamo vedere i testi, ma è necessaria, prioritaria e dalle anticipazioni mi sembra che il governo abbia trovato una sintesi abbastanza credibile», aggiunge l’ex ministro della Gioventù.
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<b>Non teme che le garanzie dei lavoratori siano smantellate?</b>
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Ecco, cominciamo col chiarire questo: si parla sempre di garanzie dei lavoratori, quando in realtà quelle garanzie valgono solo per alcuni lavoratori. L’articolo 18 ne è un esempio perfetto: riguarda solo i lavoratori che hanno un posto certo e per tutta la vita, il 30 per cento del totale. Il centrodestra l’allarme sull’ineguaglianza l’ha lanciato vent’anni fa, quando si è iniziato a capire che un numero sempre maggiore di persone sarebbe stato escluso dalle garanzie. Per i nuovi lavoratori sono valse sempre meno.
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<b>Ma comunque le riforme necessarie non sono arrivate…</b>
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C’è stato un patto scellerato che ha coinvolto tutti – sindacati, parti sociali, politica – e tutto il peso della flessibilità, della quale non si poteva fare a meno, è stato scaricato solo sui nuovi lavoratori e, quindi, sui giovani. Così è stata costruita un’Italia a due velocità, in cui qualcuno aveva tutte le garanzie e qualcun altro no.
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<b>E quindi, per rimediare, quelle garanzie si levano a tutti?</b>
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No, quindi si inizia uniformando i diritti per tutti e poi si lavora per alzarne l’asticella. Noi ci troviamo in una condizione in cui, ancora oggi, chi va in pensione a 58-59 anni con il sistema retributivo prende l’80 per cento dell’ultimo stipendio, mentre la nostra generazione andrà in pensione a 70 anni e con il contributivo, quindi con una media del 40 per cento di quanto guadagnava, senza neanche avere indietro tutto quello che ha versato. Se ci trasferiamo dalle pensioni al lavoro il principio è lo stesso: c’è chi ha tutto e chi ha nulla o poco più. Davvero possiamo pensare di continuare così? Io non avrei condiviso una riforma che avesse modificato le norme solo per i nuovi lavoratori. Quello che si fa, va fatto per tutti. E per tutti bisognerà cercare di costruire il più alto grado di diritti possibili, compatibilmente con le risorse disponibili e in base a un principio di equità da cui nessuno sia escluso. Noi ci batteremo per questo.
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<b>Vuol dire che siete pronti a dare battaglia parlamentare?</b>
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Voglio dire che siamo pronti a fare il nostro lavoro. Voglio ricordare che, in questi mesi, quando la politica è stata chiamata in causa ha migliorato i provvedimenti. Prendiamo il “Salva Italia”: loro lo hanno presentato come di “rigore ed equità”, ma l’equità ce l’abbiamo messa noi. Nel testo originale si bloccavano le indicizzazioni delle pensioni, ma non si toccavano quelle d’oro; si alzavano del 60 per cento gli estimi catastali delle case della gente e solo del 20 per cento quelli delle banche. Noi abbiamo corretto molti aspetti di quel decreto. Sulla riforma del lavoro non è diverso. Il governo dice che vuole alzare il costo del lavoro precario. Giusto, sono d’accordo. Ma la riforma deve prevedere anche una riduzione del costo del lavoro a tempo indeterminato, altrimenti l’unico risultato che rischiamo di avere è l’aumento del lavoro nero e della disoccupazione. Io mi auguro che il governo accetti il più ampio confronto possibile, la politica può fare molto.
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<b>Secondo lei, rimandando la riforma al Parlamento, Monti ne ha riconosciuto la centralità o ha fatto un po’ di scaricabarile?</b>
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Questo lo scopriremo durante i lavori, dobbiamo vedere come il governo affronterà l’iter. Certo è che il governo Monti non ha la legittimazione del popolo, la sua unica legittimazione è parlamentare e con il Parlamento si deve confrontare. Invece, ad oggi, nonostante una maggioranza inedita e straordinaria, ha messo la fiducia praticamente su tutti i suoi provvedimenti, e questo rappresenta un problema.
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<b>Non potevate farla voi questa riforma?</b>
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Noi non avevamo lo stesso sostegno di questo governo: la maggioranza non era altrettanto ampia e non c’era la solidarietà a 360 gradi di stampa e parti sociali. La politica viene messa in mora più facilmente dei tecnici, anche se vede i problemi prima di loro. Il centrodestra dell’articolo 18 ha provato a parlarne già dieci anni fa ed è stato linciato. Comunque, non è nemmeno del tutto vero che il governo Berlusconi non sia intervenuto. Voglio segnalare che, come al solito, molti provvedimenti di questa riforma erano già stati immaginati dal precedente governo. Sul lavoro la continuità è assoluta. Il contratto di apprendistato, uno dei pilastri di uguaglianza del provvedimento, è stato rilanciato e riformato da noi. Noi lo abbiamo trasformato in quello strumento straordinario di cui oggi può fregiarsi la Fornero.
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<b>Cosa pensa del cambio di passo nel confronto con le parti sociali? La fine della concertazione è un bene o un male?</b>
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Penso che una cosa sia la concertazione, altra cosa sia l’immobilismo. Il rapporto tra governo e parti sociali va rivisto. Il governo, i governi devono dialogare il più possibile, la politica non deve mai avere la presunzione di essere sufficiente a se stessa, ma in molti casi il tentativo di portare a casa l’accordo di tutti è diventato un mito incapacitante. Bisogna trovare un giusto equilibrio tra la necessità del confronto e quella della decisione, nella consapevolezza che sarà una formula utile anche per il futuro perché quello che vale oggi varrà anche domani.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1CIWE1">Annamaria Gravino - Secolo d’Italia</a>Dario FRANCESCHINI: Riforma del lavoro: non procedere per decreto, ma consentire la discussione in Parlamento2012-03-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625914Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>"E' evidente che una materia così strutturale e delicata come il mercato del lavoro deve essere affrontata non con un decreto, ma con un disegno di legge affinchè il Parlamento possa discutere". Lo ha dichiarato il presidente dei deputatidel Pd, <b>Dario Franceschini</b> parlando con i cronisti dopo un lungo colloquio con Pier Luigi Bersani.
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"Negli ultimi mesi c'è stato un uso dei decreti legge un po' eccessivo, come se fosse l'unico strumento per approvare le norme necessarie per il nostro Paese", ha aggiunto ricordando l'intervento sulla questione del presidente della Repubblica Napolitano.
<br/>fonte: <a href="http://www.dariofranceschini.it/adon.pl?act=doc&doc=7014">dariofranceschini.it</a>Paolo FERRERO: «Dissento dal Presidente Napolitano. Grave manomettere l’articolo 18 e demolire i diritti dei lavoratori» 2012-03-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625822<br />
«Dissento dal Presidente Napolitano: grave è la proposta del governo di manomettere l’articolo 18 e demolire i diritti dei lavoratori. Gravissimo sarebbe se questa proposta venisse accettata dai sindacati perché avvallerebbe una politica governativa diretta contro i lavoratori e le lavoratrici. Auspico per tanto che non si addivenga a nessun accordo e che il governo ritiri la sua proposta di manomissione dell’articolo 18. Anche per questo domani pomeriggio sarò al presidio organizzato dalla Federazione della Sinistra davanti a Montecitorio, per dire che l’articolo 18 va esteso a tutti, non manomesso».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/3/19/20827-napolitano-a-parti-sociali-grave-se-non-si-arriva-ad/">controlacrisi.org</a>Furio COLOMBO: "Il popolo del Pd sta con la Fiom" - INTERVISTA2012-03-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625582Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
“Io so che la sinistra è il lavoro, dobbiamo stare al fianco dei sindacati”.
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Si avvicina lo sciopero generale dei metalmeccanici (9 marzo), mobilitazione alla quale il Pd ha dichiarato di non aderire. Furio Colombo, ex direttore dell’Unità e deputato dei democratici, ha invece annunciato la sua partecipazione. Articolotre.com lo ha intervistato per conoscere le sue posizioni.
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<b>Furio Colombo, lei ha annunciato che scenderà in piazza con la Fiom. Sente di interpretare una posizione presente nell’elettorato del Pd?</b>
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Secondo me l’elettorato è in larga maggioranza sulle posizioni della Fiom, se no perché dovrebbe votare Pd? A maggior ragione in un momento come questo che vede i lavoratori sotto attacco, sia per la villania di Marchionne, sia per il rischio di chiusura degli stabilimenti. La maggioranza degli elettori del Pd sta dalla parte dei lavoratori, più che su quella di Marchionne. Nello scontro in atto certamente intendono stare dalla parte dei lavoratori e non da quella di chi ha lanciato lo scontro. Per questo la posizione del partito non credo rappresenti l’elettorato.
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<b>Con queste posizioni non vede il rischio di perdere di vista l’elettorato progressista?</b>
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Certamente c’è il rischio di perderlo, il pericolo più grande che corriamo è a mio avviso quello dell’astensionismo, perché non vedo una gran corsa verso altri obiettivi che siano più attraenti.
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<b>Il Pd dice che non sarà presente perché ci sono i No Tav. Lei che idea si è fatto della Torino-Lione?</b>
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L’idea di fondo è che la democrazia si debba fermare davanti alla grande opera. <br />
Io non sono nella posizione di prendere quella decisione, ma a me risulta da giornalista e da torinese che l’approvazione della maggioranza della popolazione non ci sia mai stata, quindi sarebbe necessario trovare un accordo. Inoltre non farei della Tav un elemento di salvezza per l’Italia, l’idea che porti dei vantaggi è insensata. I favorevoli sostengono, in primis, che la Tav a quanto pare ci connetterà all’Europa, ma con la Francia ho rapporti da anni, siamo già connessi e non cambia le cose risparmiare un’ora. L’altra argomentazione è che se non facciamo l’alta velocità favoriremmo la moltiplicazione del trasporto su gomma. Ora, posso anche sostare di fronte a questa obiezione riguardo all’aumento di un certo tipo di inquinamento, ma c’è un grosso paradosso…
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<b>Cioè?</b>
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Mi devono allora spiegare perchè nel frattempo vogliono costruire un’autostrada sopra l’Aurelia (Civitavecchia- Rosignano ndr), che per essere redditizia dovrà essere attraversata da migliaia di Tir. Perché lì invece bisogna moltiplicare la gomma? In questo modo avremo alta velocità della gomma da Roma a Torino, dove si dovrebbe poi passare su rotaie. Il filo conduttore è che la democrazia si ferma davanti alla grande opera, e questo non deve accadere. Io dico che penso prima alla democrazia e poi all’alta velocità: ma notando il fatto che da una parte si festeggiano i tir, dall’altra i treni, noto che la grande opera viene prima.
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<b>Bersani parla di democrazia proprio per difendere la decisione presa dalle istituzioni…</b>
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Non c’è fondamento in questa posizione, le faccio un esempio: noi abbiamo un presidente della Lega Nord in Piemonte, che fa opposizione al governo, ma gli offre il sostegno per la grande opera. Sono inspiegabilmente a favore del governo in questo caso mentre ci troviamo di fronte a una Lega che si oppone a tutto. Ci deve essere una ragione perché vi sia un consenso così vasto e così esteso che spinge per controllo e decisione senza assenso.
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<b>All’interno dello scontro tra componenti, il dibattito alleanze e leadership, che futuro vede per il Pd?</b>
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Il politichese io lo conosco meno, sono discorsi prevalentemente legati agli articoli dei notisti, che vi dedicano la loro vita. Io non credo a nulla di queste cose che stanno accadendo. Io auspicherei che non si perda la sinistra, so che la sinistra è il lavoro e so che quando i democratici americani hanno abbandonato il rapporto coi sindacati hanno perso la maggioranza dividendosi solo sulla politica estera. Quindi i sindacati vanno sostenuti, poiché osservano scrupolosamente le regole democratiche sul lavoro, e non vedo perché non dobbiamo stare dalla parte del lavoro, essendo il più grande partito della sinistra.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.articolotre.com/2012/03/intervista-a-furio-colombo-%E2%80%9Cil-popolo-del-pd-sta-con-la-fiom%E2%80%9D/67700/print/">Articolotre.com - Lorenzo Mauro</a>