Openpolis - Argomento: fiducia governo berlusconi IVhttps://www.openpolis.it/2011-10-15T00:00:00ZPier Ferdinando CASINI: "Chi gioisce dall'alto di 316 voti è sulla Luna. Non servono nuove abbuffate di ministri e sottosegretari"2011-10-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617313Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC) <br/><br/><br />
"Berlusconi non ha alternative che andare ad elezioni".
<p> "Chi festeggia dall'alto di 316 voti è sulla Luna. Gli italiani non festeggiano, perchè l'Italia sta andando a fondo". "Non riuscendo a governare ed essendo costretto a far sempre nuovi ministri e sottosegretari non potrà fare sottosegretari tutti gli italiani, no?. Quella di ieri è una vittoria di pirro. I numeri servono se c'è la politica, sennò a che cosa servono?".
<p>"Vedo una maggioranza che continua a perdere pezzi. Se sono contenti loro, credo non siano contenti gli italiani".
<p> "Non servono nuove abbuffate di ministri e sottosegretari, ma serve un Governo che fa le cose che interessano gli italiani, decreto sviluppo, nomine della Banca d'Italia, nuova ripresentazione del decreto per le missioni all'estero".
<p>"Chiediamo che il Governo che c'è, visto che ha preso democraticamente la fiducia in Parlamento, si concentri sulle cose che interessano gli italiani. Un Governo che qualche ora dopo aver preso la fiducia non trova niente di meglio che nominare nuovi ministri e sottosegretari, è un Governo lontano anni luce dai bisogni degli italiani".
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<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/politica/2011/10/15/news/casini_voto-23266239/">la Repubblica.it</a>FABIO GAVA: No alla fiducia. «Penso che in politica, ogni tanto, servano gli attributi»2011-10-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617312Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
<b>Il coordinatore vicario del Pdl a Treviso:</b><br />
«Decidano quel che ritengono più opportuno, io sono sereno e a posto con la mia coscienza. Altri, tra tatticismi e teatrini, non so».
<p><b>Espulso dal Pdl?</b><br />
«Sì, chissà dove sono, io messaggi di solidarietà non ne ho ricevuti. Sono spariti tutti. Le cose che ho detto ai giornali si sentono da mesi, in parlamento, tra i banchi del Pdl, non da giorni. Penso che in politica, ogni tanto, servano gli attributi. Certo se poi uno non ce li ha, come il coraggio don Abbondio, non è che se li può dare. E poi c’è il vitalizio da raggiungere, la lista fatta dai segretari in cui entrare al prossimo giro...». <br />
<br/>fonte: <a href="http://corrieredelveneto.corriere.it/padova/notizie/politica/2011/14-ottobre-2011/destro-gava-non-votano-fiducia-giorgetti-sono-fuori-pdl-1901824444846.shtml">corrieredelveneto.it</a>Giustina MISTRELLO DESTRO: «Perchè non ho votato la fiducia al Governo»2011-10-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617311Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
“Non ho nulla da chiedere e pertanto posso permettermi la libertà di offrire. Offro al mio Paese, in qualità di Deputato della Repubblica, di rappresentante del Popolo italiano, la mia totale responsabilità di una decisione maturata con consapevolezza e sofferenza. Non è questione di coraggio, è questione di lealtà.
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Devo molto della mia esperienza politica al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma prima di tutto devo tutto al mio Paese. Prima di tutto viene la responsabilità verso i miei concittadini: Salus populi suprema lex.
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Nei momenti della difficoltà estrema con la mia decisione vorrei dimostrare che tutto sommato chi a suo tempo mi ha scelta aveva guardato alle mie, per quante modeste, capacità e oso pensare che queste capacità includessero anche quella di manifestare un atteggiamento critico quando la dignità e la lealtà vera lo impongono. Questo rimane il mio termine di riferimento che è dato dalla mia coscienza alla quale devo innanzi tutto, e ad esclusione di tutti, rispondere.<br />
Il grande pensiero liberale sa coniugare la libertà con la responsabilità. Oggi è il momento della responsabilità.
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Ciascuno di noi può dire di sé tutto il bene possibile. Tra italiani possiamo scontrarci e delegittimarci reciprocamente nonostante i tanti e accorati e giusti messaggi del Presidente della Repubblica. Ma quando è un terzo che ci guarda con orrore – mi riferisco all’opinione pubblica internazionale – non possiamo prescinderne. Ed io non ne prescindo.
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E’ il momento di uscire da equivoci e sotterfugi e di darsi disponibili per soluzioni concrete alle gravi crisi che attraversano l’Italia. Una di queste crisi, e che attiene soprattutto alla politica, è quella della reputazione, della preparazione e della credibilità delle classi dirigenti.
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Cosa dobbiamo fare è già scritto: lo suggeriscono la BCE, la Banca d’Italia, le migliori menti delle nostre gloriose Università, la Chiesa, le tanti parti sociali del mondo del lavoro e dell’impresa, del volontariato, della cultura. Il problema è: come fare. Ebbene servono un nuovo stile, molta serietà e tanta ragionevolezza. Serve soprattutto coesione nazionale. Dobbiamo dare risposta su come intendiamo onorare un debito pubblico mostruoso che è in capo a tutti gli italiani, nessuno escluso. Comunque sia dal dopoguerra ad oggi tutti possono vedere che il debito pubblico è cresciuto soprattutto negli anni dei governi deboli. Oggi non possiamo più permetterci governi rissosi e deboli. E’ semplice.
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Al nostro Paese servono concordia, coesione, coscienza collettiva positiva per poter puntare su competitività e solidarietà. Vanno salvaguardati i posti di lavoro, le imprese competitive, l’amministrazione pubblica efficiente, le giovani generazioni e va garantita una vita dignitosa a tutti. E nessuno va lasciato solo.”<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.giustinadestro.it/">giustinadestro.it</a>Giustina MISTRELLO DESTRO: «Non voterò la fiducia, così si tratta male l’Italia» - INTERVISTA2011-10-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617310Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br /><i>La deputata del Pdl, dell’ala dura e pura degli scajoliani, non ha partecipato agli incontri con l’ex ministro e per tutta la giornata non ha risposto al telefono. Finché a sera, «dopo ore di riflessione in solitudine», l’ex sindaco di Padova ha deciso.</i>
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«Io non sono una che si sveglia una mattina e decide di buttare tutto all’aria. A questa decisione sono arrivata nel tempo. Ho passato la giornata con me stessa, a ragionare»
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<b>Voterà la fiducia a Berlusconi, onorevole?</b>
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«No, non andrò a votare. E lo dico con grande dolore. Mi sento molto responsabile verso chi mi ha eletto e verso il mio Paese».
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<b>E verso il premier Berlusconi?</b>
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«Guardi, io sto soffrendo tantissimo», dice con la voce che si incrina. «Non posso permettere che il mio Paese sia trattato così, non si può più aspettare».
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<b>Non le è arrivata la telefonata del coordinatore del Pdl, Denis Verdini? Ha chiamato tutti gli incerti, uno per uno.</b>
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«Sì, ha chiamato anche me. Voleva offrirmi un caffè, ma io il caffè non lo voglio, non ne ho bisogno. Non ho mai chiesto nulla e non chiederò mai nulla. La mia esperienza politica la devo a Berlusconi, credo di aver dato il mio contributo al partito, al Paese e alla comunità di Padova, la mia adorata città. Ma non posso più guardare con serenità e limpidezza a un governo che non ha trovato il coraggio di affrontare le tematiche più urgenti. Ma cosa stiamo facendo? Dove è finita la lungimiranza di Berlusconi? Perché il presidente non ha rovesciato il tavolo?».
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<b>Nel discorso alla Camera ha promesso che farà le riforme.</b>
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«Io a Berlusconi gli voglio bene, ma qui si tratta di mantenere la fedeltà al Paese. Nelle sue parole non ho colto un messaggio forte e convincente rivolto agli italiani. Mi sembra si sia persa l’occasione di dire, con coraggio, “farò queste tre cose”. E poi, perché non le abbiamo fatte prima che arrivasse la lettera della Bce, un atto che ci ha commissariato? Per i giovani e per le famiglie non si è fatto nulla… Io ho una storia alle spalle, non posso cancellare le mie origini».
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<b>«Poche ciance», è il suo motto.</b>
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«Dove sono i fatti? Le riforme? Non si può non riflettere sulle parole di Napolitano, che ha invocato unità, coesione e rispetto per la nostra bellissima Italia. Chi non vuole il governo di larghe intese, non vuole il bene della nazione. I nostri elettori sono delusi e amareggiati, anzi incavolati».
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<b>Scajola ha provato a convincere tutti i suoi a non fare strappi. Invece lei conferma che il disagio è fortissimo. L’onorevole Fabio Gava non ha deciso…</b>
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«Non è detta l’ultima parola. Scajola ci ha dato l’opportunità di confrontarci, di dire quel che pensiamo. Io, Gava e anche Piero Testoni abbiamo un percorso diverso dagli altri. Claudio è un uomo che ha capito il malessere e certo non lo ha fatto per suo interesse».
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<b>Si dice che abbia chiesto e ottenuto posti per sé e per due fedelissimi, Cicu e Russo.</b>
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«Il solo pensarlo è disonesto e comodo. Scajola non ci ha detto “si fa così”, ci ha lasciati liberi. Il mio malessere è iniziato in primavera e si è acuito negli ultimi due mesi. L’Italia ha perso credibilità all’estero, anche in Veneto gli imprenditori soffrono, le aziende chiudono. E io devo guardare al bene dell’Italia».
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<b>Sul Rendiconto dello Stato, quando il governo è andato sotto, si è notata la sua assenza in Aula.</b>
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«Non c’ero per motivi familiari, ma io sono fatalista e dico che sì, forse doveva succedere. Le sembra giusto governare per tre anni, in un momento così delicato e complesso, a colpi di voti di fiducia? Il Parlamento è fatto per dibattere. E le dico un’altra ciliegina, non posso pensare che il mio presidente, un uomo che ha cambiato la politica italiana e i rapporti internazionali, non abbia la forza di nominare il governatore della Banca d’Italia. È una cosa che non esiste».
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<b>Scajola ieri è stato a pranzo con i parlamentari a lui vicini, nel pomeriggio sembra si sia siglato un «patto del tè»… Perché lei non è andata?</b>
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«Mi sono ritirata in buon ordine a riflettere. Quel che è successo sul Rendiconto ha accelerato la mia decisione e nelle ultime ore ho sentito il bisogno di stare da sola per riflettere».
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<b>Uscirà dal Pdl?</b>
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«Sono decisioni che prenderò nei prossimi giorni».
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<b>E se Montezemolo scenderà in politica, lo seguirà?</b>
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«Con Montezemolo sto dialogando, lo conosco da moltissimi anni. Osservo con interesse la sua Fondazione e penso che il suo progetto possa essere condivisibile per il futuro del Paese. Ma ancora non si è candidato, quando avrà sciolto le sue riserve valuterò».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.giustinadestro.it/">giustinadestro.it | Corriere della Sera - Monica Guerzoni</a>Giovanni ALEMANNO: Clima da anni '702010-12-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548841Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Roma (RM) (Partito: PdL) - Consigliere Consiglio Comunale Roma (RM) (Lista di elezione: PdL) <br/><br/><br />
Già da alcuni giorni avevamo segnali chiari che c'erano gruppi che cercavano incidenti. Abbiamo visto armi improprie, bombe carta, un apparato che speravamo di non vedere più per le vie di Roma dagli anni '70 e '80.
<p>Questo deve far riflettere tutti perché un clima esasperato apre varchi a violenze politiche e proteste al di sopra di qualunque accettabilità.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/politica/2010/12/14/news/reazioni_scontri-10195397/?ref=HREA-1">www.repubblica.it</a>Luigi Li Gotti: «Ma di quali modifiche parlano? I veri punti critici restano» - INTERVISTA 2010-05-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it500711Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
<b>Senatore Li Gotti (Idv), il Pdl ha deciso di accelerare e di portare il ddl in aula...</b>
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«Dobbiamo ancora discutere molte cose, ma quello che ho chiaro è che i punti più importanti, su cui è aperta la polemica, non sono oggetto di revisione. Nessuno, per esempio, sta pensando a modificare i tempi previsti per le intercettazioni. E’ una questione importantissima che mette a repentaglio la possibilità di svolgere le indagini»
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<b>Il Pdl proporrà le modifiche direttamente all’assemblea di palazzo Madama...</b>
<p>«Il relatore Centaro si è detto disponibile a ritirare il suo emendamento che
riguarda l’inasprimento delle sanzioni agli editori, ma ovviamente non basta.Questo è un
provvedimento cruciale. C’è in gioco la possibilità per il
cittadino di conoscere gli atti di un’inchiesta»
<p><b>Perché tanta fretta, secondo lei?</b>
<p>«Il mandato di Berlusconi è chiaro, chiudere il
prima possibile buttandola sul discorso della
privacy. Ma che cosa c’entra la privacy con le
indagini giudiziarie, con la possibilità del magistrato di indagare sulla criminalità organizzata? Questo provvedimento è solo un modo per impedire alla gente di sapere cosa succede nel proprio condominio»
<p><b>Farete ostruzionismo?</b>
<p>«Ci prenderemo tutti i tempi necessari per la discussione degli emendamenti e proporremo le nostre modifiche. Su una questione così non si può fare in fretta...»
<p><b>Il Pdl, però, sembra intenzionato a chiudere. Secondo lei metteranno la fiducia?</b>
<p>«In quel caso sarebbe gravissimo, perché il testo è indecente. Se sarà approvato definitivamente, noi andremo al referendum per far decidere i cittadini su questa legge vergogna».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=RTGWA">Il Giorno - Il Resto del Carlino - La Nazione/Elena G. Polidori </a>DANIELA SBROLLINI: Decreto incentivi: “Un fallimento, non ha aiutato le famiglie e nemmeno le imprese”.2010-05-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it499905Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
“Siamo di fronte alla trentaduesima Fiducia messa dal Governo su un suo provvedimento e questo la dice lunga sulla considerazione che la maggioranza ha del Parlamento”.
<p>Lo dichiara Daniela Sbrollini, deputata del Pd, a margine della votazione alla Camera della Questione di fiducia sul cosiddetto “Decreto incentivi”.
<p>Così svuota l’assemblea di qualunque funzione. Oltretutto sono provvedimenti non incisivi. Il decreto incentivi si sta rivelando un fallimento. I consumi, ovviamente, non sono aumentati vista la crisi che sta stringendo il Paese in una morsa. E non si sono avvantaggiate nemmeno le imprese. In entrambi i casi c’è bisogno di politiche più incisive, che colpiscano i problemi veri. Lavoro e welfare, questi i temi su cui ci aspettiamo una risposta e su cui, in questi anni, invece, sono maturati solo tagli”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=1344">partitodemocraticoveneto.org</a>Giampaolo FOGLIARDI: "No alla privatizzazione dell'acqua"2009-11-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it419177Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"Il Governo privatizza l'acqua. Sono contrario. L'acqua deve essere un diritto universale, non una merce. L'acqua è un bene comune e non deve rispettare le logiche del mercato diventando una area di business per le grandi multinazionali, i privati e le Banche". Così commenta il deputato veronese del Pd Giampaolo Fogliardi la scelta del Governo di privatizzare l'acqua.
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"E la Lega Nord non batte ciglio - attacca Fogliardi - togliendo la gestione dell'acqua ai comuni per affidarla alle multinazionali. Per fortuna che il loro motto era "paroni a casa nostra", ora svendono anche l'acqua!"
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"Con la nuova norma - prosegue Fogliardi - si obbligano tutti i comuni italiani a mettere in gara d'appalto i propri servizi idrici e di fatto l'acqua andrebbe in mano ai privati. In questo sistema la logica di mercato avrà la meglio sulla volontà di garantire a tutti un diritto. Si può prevedere realisticamente che le società decidano di massimizzare i profitti gonfiando le tariffe. Emblematico il caso di Latina, dove le bollette sono già aumentate del 300% ed i cittadini hanno creato un grande movimento di protesta".
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"Succederà lo stesso anche nel Veneto? - si chiede il deputato - . Pochi grandi gruppi faranno affari d'oro a discapito dei cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe dell'acqua?
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"Quanto ci guadagnano le aziende private? Si stima, in difetto, che il gioco al rialzo potrebbe fruttare in 10 anni ben 8 miliardi di euro.Nei pacchetti azionari delle nuove società la quota pubblica non potrebbe superare il 30%. Le grandi multinazionali (Veolia, Suez) non attendono altro. E'allarmante l'idea di un monopolio privato su un bene come l'acqua. Non possiamo ridurre un necessità primaria all’interesse di pochi" conclude Fogliardi.
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=1121">partitodemocraticoveneto.org</a>Rodolfo Giuliano VIOLA: Privatizzazione dell'acqua, il governo ha posto la fiducia.2009-11-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it419175Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Come purtroppo avevamo previsto il Governo ha posto la questione di fiducia sul Decreto 135, che, tra le altre cose, determina la privatizzazione del servizio idrico nel nostro Paese.
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E’ un gravissimo colpo di mano inferto ad uno dei settori più delicati dei sevizi pubblici, fatto contro i cittadini utenti, contro il Parlamento contro ogni buon senso amministrativo.
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Si è voluto bloccare di fatto ogni discussione di merito, impedendo alle tante obiezioni e contrarietà di emergere laddove era naturale emergessero: l’aula del Parlamento.
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La Lega Nord, che si riempie la bocca di parole quali federalismo e autonomie locali, con questo provvedimento scippa agli enti locali un patrimonio di cultura amministrativa e di buon governo con le conseguenze che già si vedono laddove l’acqua è privatizzata: aumento delle tariffe, diminuzione degli investimenti, sistema idrico al collasso.
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Per tutti questi motivi il Partito Democratico nella Provincia di Venezia ha avviato, grazie al lavoro dei Circoli, degli amministratori, di militanti e dei Parlamentari una mobilitazione contro questo provvedimento aderendo da un lato alla giornata di protesta dei lavoratori del settore prevista per domani e promuovendo l’adozione di ordini del giorno in tutti i consigli comunali con l’obiettivo di ribadire con forza che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale da conservare per le future generazioni.
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Proprio in questo momento diventa fondamentale essere a fianco di tutti i cittadini e protestare contro questa legge che ci fa tornare indietro sia nella buona amministrazione che nel diritto all’accesso ad un bene fondamentale come l’acqua.
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=1120">partitodemocraticoveneto.org</a>DANIELA SBROLLINI: Il Parlamento subisce un nuovo voto di fiducia. Questa volta con decreto si privatizza l'acqua.2009-11-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it419174Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Come purtroppo avevamo previsto il Governo ha posto la questione di fiducia sul Decreto 135, che, tra le altre cose, determina la privatizzazione del servizio idrico nel nostro Paese.<br />
E’ un gravissimo colpo di mano inferto ad uno dei settori più delicati dei sevizi pubblici, fatto contro i cittadini utenti, contro il Parlamento contro ogni buon senso amministrativo.
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Si è voluto bloccare di fatto ogni discussione di merito, impedendo alle tante obiezioni e contrarietà di emergere laddove era naturale emergessero: l’aula del Parlamento.
La Lega, che si riempie la bocca di parole quali federalismo e autonomie locali, con questo provvedimento scippa agli enti locali un patrimonio di cultura amministrativa e di buon governo con le conseguenze che già si vedono laddove l’acqua è privatizzata: aumento delle tariffe, diminuzione degli investimenti, sistema idrico al collasso.
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In aula alla Camera il gruppo del Partito Democratico, prima che il Governo esplicitasse la volontà di porre la questione di Fiducia, ha posto in votazione la pregiudiziale di incostituzionalità. Pregiudiziale bocciata dalla maggioranza con soli 28 voti di scarto.
Aspetto non trascurabile è la palese conflittualità che il decreto presenta nei confronti delle normative europee vigenti in materia.
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Proprio in questo momento diventa fondamentale essere a fianco di tutti i cittadini, degli enti locali, e di tutte i comitati sorti spontaneamente, per protestare contro questa legge che ci fa tornare indietro sia nella buona amministrazione che nel diritto all’accesso ad un bene fondamentale come l’acqua.
La battaglia politica non si concluderà quindi con il voto di fiducia imposto al Parlamento, ma continuerà tra i cittadini e nelle sedi comunitarie.
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=1119">partitodemocraticoveneto.org</a>Roberto MARONI: Tensioni nel Pdl. «Franchi tiratori in azione perché nel Pdl sono alla resa dei conti»2009-05-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391181Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Lega) - Ministro Interni (Partito: Lega) - Consigliere Consiglio Comunale Porretta Terme (BO) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) <br/><br/><br />
Giornata di forte tensione a Montecitorio tra la Lega e gli alleati<br />
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Non dice che c`è una faida dentro il Pdl. Ma il concetto è quello. Bobo Maroni si sfoga e accusa. Sa già alle quattro del pomeriggio che la fiducia, o meglio le tre fiducie, al disegno di legge sulla sicurezza slitteranno a martedì prossimo: non ci stanno né Gianfranco Fini né i capigruppo del Popolo della libertà e neppure i ministri Elio Vito e Angelino Alfano a cedere alla fretta della Lega di votare subito. Però il ministro dell`Interno e leader lumbàrd finge che la partita sui tempi sia ancora tutta da giocare. Insiste:<br />
«Nulla osta che le tre fiducie si votino subito, i tre maxiemendamenti sono pronti».
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E contemporaneamente attacca:<br />
«Abbiamo fatto non bene ma benissimo a mettere la fiducia sulla sicurezza». Avete visto cosa è accaduto in mattinata sulla ratifica del Trattato di Prum, in quella parte che riguardava il prelievo forzoso del Dna? Governo battuto, maggioranza sotto, sette franchi tiratori del centrodestra ed è niente in confronto ai novanta parlamentari assenti del Pdl. Tanto che il capogruppo del partito, Fabrizio Cicchitto viene criticato per la gestione dell`indisciplinato gruppone.
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Denuncia Maroni: «Non c'entrava il contenuto della norma, dipende tutto dai malumori che ci sono in quella parte della maggioranza e che escono fuori solo in presenza dei voti segreti perché non si ha il coraggio di metterci la faccia...».
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Colpa insomma della resa dei conti tra gli ex Forza ltalia e gli ex An sulle liste, della tensione elettorale, «Lega esclusa», che secondo il ministro del Carroccio, c'è da sperare passino una volta superate «le turbolenze della fusione e la composizione delle liste». Forse a quel punto «tornerà il sereno», ma per dire come stanno andando le cose adesso, Maroni conteggia almeno «cinquanta voti segreti contro» se il ddl sicurezza non fosse stato blindato dalla Lega con la fiducia.
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Non è vero. Sarebbero potuti essere molti di più. Non solo per la resa dei conti interna nel Pdl, come pretende il Carroccio, ma per l`avversione di molti pidielle verso i diktat di Bossi e i suoi. Si vede con la questione della fiducia immediata. Maroni afferma che è necessaria per non fare uscire 250 clandestini dal centri di identificazione. <br />
Gli alleati mormorano che è tutta una manfrina per sventolare la bandiera anti immigrati agli Stati generali della Lega che si tengono venerdì e sabato a Vicenza.
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E poi, ci sono le liste elettorali da chiudere entro fine settimana, di accelerare sulla fiducia non se ne parla.
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Il presidente della Camera, Fini - che ha vinto facendo cancellare la norma sui presidi spia - avverte: «I tre maxiemendamenti e l`intero provvedimento sono complessi quindi ritengo che bisogna prendere tutto il tempo necessario per valutarli». <br />
Doccia fredda sul pressing del capogruppo Iumbàrd Roberto Cota. I leghisti fanno buon viso a cattivo gioco. <br />
Umberto Bossi in mattinata era certo di averla spuntata anche sul voto di fiducia oggi.
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Luciano Dussin sbotta: «Qui bisogna riparlare della questione della presenza in aula. I sottosegretari ad esempio, potrebbero lasciare il Parlamento e fare entrare i primi dei non eletti. C'è troppa gente in missione.
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Si è visto. Alessandra Mussolini, che ha capitanato la rivolta dei 101 parlamentari del Pdl contro la norma del Carroccio sui medici delatori, ce l`ha con la fiducia: «Si sarebbe potuta raggiungere lo stesso un`intesa politica...». <br />
Si sa che è stato il premier Berlusconi a trovare «la quadra», come la chiama Bossi, sulla fiducia.<br />
Doppia. Sul ddl sicurezza, come è certo. E sul ddl sulle intercettazioni, come è molto probabile.
Uno scambio tra ciò che sta a cuore alla Lega e quello che vuole Berlusconi? Maroni liquida:<br />
«Stronzate». Però senza fiducia, la Mussolini ad esempio non avrebbe votato l'introduzione del reato di immigrazione clandestina. «Chissà quanti come me. Perché si rischia di creare l`invisibilità dei clandestini , è disastroso non solo dal punto di vista dei diritti ma proprio per le conseguenze.
Io non sono favorevole a fare di un clandestino un reo, a quel punto pure un prete potrebbe denunciarlo».<br />
Maroni e i lumbàrd vanno perciò al contrattacco.
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È un equilibrio sul filo di lana dentro la maggioranza.<br />
Si passa da una riunione a un vertice di maggioranza: la Lega vuole la tolleranza zero e pensa di avere già dato.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/LS6/LS6ZW.pdf">La Repubblica - Giovanna Casadio</a>Antonello SORO: «Il governo va a avanti a colpi di spot, così si spinge alla clandestinità» - INTERVISTA2009-05-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391168Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Nel Ddl sicurezza restano le mostruosità, le donne
senza permesso rischiano di perdere i figli. Maroni ci ripensi.
<p>Questo ddl sicurezza ottiene un solo risultato: spingere attraverso infinite barriere gli immigrati verso la clandestinità e l’illegalità. Il bilancio di tutte le leggi firmate Berlusconi sull’immigrazione, dalla Bossi Fini in poi, è fallimentare: e la prova è che l’afflusso di clandestini non si è fermato. A Lampedusa gli sbarchi sono aumentati del 150%, così anche sulle altre coste. Tutte persone che questo ddl
spinge verso il lavoro nero».
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<b>Presidente Soro, come valuta la retromarcia sui presidi-spia?</b>
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«Noi l’abbiamo detto per settimane
che erano norme dannose, ma Cicchitto e Gasparri facevano spallucce. Poi arriva Fini, o il gruppo dei 101, e questo ddl perde un pezzo alla volta: prima i medici-spia, poi i presidi. Ma la mostruosità resta: l’introduzione del reato di clandestinità impone a tutti i pubblici ufficiali di denunciare un reato. E questo vale anche per chi è entrato regolarmente in Italia ma il permesso gli è scaduto, magari perché ha perso il lavoro.. Il risultato sarà che per paura di essere denunciati i clandestini non manderanno i figli a scuola. E staranno alla larga anche dagli ospedali. Per non parlare della norma che impedisce alla madre clandestina di registrare il figlio all’anagrafe».
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<b>Il ministro Calderoli giura che non è così, che una donna incinta ha un permesso di soggiorno fino a sei mesi dopo il parto.</b>
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«Se una donna non ha il passaporto non può chiedere al questore il permesso temporaneo che le consente di registrare il figlio. E così il bambino risulta abbandonato e dopo 10 giorni inizia il percorso per l’adozione. Tutti i giuristi che abbiamo consultato ci dicono che è così. Invito la maggioranza a dimostrarci il contrario».
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<b>Il governo sembra ormai deciso a chiedere la fiducia.</b>
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«È una prova di grande debolezza: il governo si dipinge come decisionista e poi non riesce neppure a convincere i propri deputati delle sue scelte. Hanno detto che avevano tanta fretta e poi oggi pomeriggio (ieri, ndr) hanno interrotto le votazioni perché non
avevano trovato la quadra tra loro. In fondo Berlusconi sta già applicando la riforma che ha annunciato: i suoi deputati non contano più niente».
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<b>Il ministro Maroni si giustifica dicendo che teme imboscate in aula.</b>
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«Quando ci sono dimezzo queste leggi spot, che servono solo a fare la faccia feroce e ad alimentare le paure, Maroni si toglie l’abito di ministro dell’Interno e si rimette la camicia verde. Mi dispiace, perché di solito è una persona seria. E come tale dovrebbe ascoltare i sindacati di polizia, che dicono no alle ronde e chiedono più risorse per garantire sicurezza ai cittadini».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=LRBNB">l'Unita' - Andrea Carugati</a>Paolo GIARETTA: Anticrisi. «Grazie al PD oggi in Parlamento hanno vinto le ragioni dei Comuni del Nord»2009-01-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388233Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Oggi in Parlamento, grazie al Partito Democratico, hanno vinto le ragioni dei Comuni del Nord. I deputati della Lega si sono astenuti ed è passato l’ordine del giorno del democratico veneto on. Paolo Baretta che impegna il governo di valutare la possibilità di escludere dal patto di stabilità degli enti locali di una parte degli oneri per gli investimenti». Lo afferma Paolo Giaretta, segretario regionale del PD veneto.
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«Avremmo tuttavia voluto che la Lega, invece di astenersi, avesse votato a favore - continua Giaretta - perché l’unica opposizione che conta non è quella gridata sui giornali ma quella fatta in Parlamento, votando “no” ai provvedimenti che penalizzano ingiustamente l’economia del Nord, e dunque del Paese, o che creano discriminazioni inaccettabili tra Comuni “amici” e tutti gli altri, e votando invece “sì” alle misure utili al Paese».
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Resta il giudizio, pesante, sull’inadeguatezza del decreto anti-crisi licenziato oggi dalla Camera (con il voto di fiducia). «Come ha sottolineato anche Confindustria – conclude Giaretta - le misure previste dal governo sono inefficaci e insufficienti a sostenere le famiglie e le imprese italiane in questo momento di crisi»<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=626">web site - Pd Veneto</a>Ignazio LA RUSSA: «Rischiamo di fare la fine del Pd»2009-01-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388218Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Difesa (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Malgrado tutto quello che gli succede attorno, Silvio Berlusconi vuol far vedere che è di buon umore. Ieri invece ha dovuto registrare un’altra giornata di tensione che si è conclusa con il suo appello a 72 deputati sudisti che gli hanno scritto per protestare contro le continue penalizzazioni subite dalle Regioni meridionali. «Già ho le preoccupazioni della Lega - ha spiegato ad alcuni di loro nella sala del governo a Montecitorio - che cerca di intestarsi ogni vittoria per conquistare i nostri voti. Poi ci sono i problemi per la nascita del Pdl e si sta complicando tutto. Per favore, non vi ci mettete pure voi...». <br />
Dopo il voto di fiducia al decreto anti-crisi, il premier però sfoggia un sorriso dei suoi. Fibrillazioni nella maggioranza? Macché, «tra noi abbiamo riso e scherzato su tutto. D’altronde, scusatemi,vedendo le condizioni in cui si trova l’opposizione non dovremmo essere allegri?».
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Sono allegri tutti, anche Tremonti e Bossi alla buvette si fanno un po’ di risate: il leader della Lega, che ha appena incontrato il premier, annuncia che la liberalizzazione delle rotte per Malpensa è cosa fatta e portata a casa. Pazienza se l’Alitalia ha fatto l’accordo con Air-France. «Dobbiamo arrenderci all’evidenza», dice Bossi. Ma intanto scatena la guerriglia dei suoi sindaci per sforare il patto di stabilità. Un calcio negli stinchi al sindaco di Roma Alemanno che ha appena ottenuto in esclusiva nazionale questa possibilità. Bossi si permette anche di invadere il campo alleato e dire che la fusione del Pdl non funziona.
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«Si impicci dei suoi affari e della sua base», replica Ignazio La Russa, che chiede a Bossi «un po’ di decenza e di non esagerare nella competizione». Ecco, mentre Berlusconi dice di essere allegro, i dirigenti di An seduti nei divanetti di Montecitorio hanno i musi lunghi. «Tutti - precisa La Russa - devono abituarsi al fatto che Fini è anche il leader di An e che ogni offesa a Fini è un’offesa ad An». Il problema di An è la concorrenza del Carroccio e la nascita del Pdl “modello predellino” dentro il quale rischia di essere inghiottito. Berlusconi convoca il congresso del Pdl per il 27 marzo e La Russa si affretta a dire che la data non è stata ancora decisa. Non c’è un accordo sulle regole, sul potere di decisione interna, sulla selezione della classe dirigente. A evidenziare il clima di tensione l’assenza anche di una sola stretta di mano tra Fini e Berlusconi alla Camera, dove era arrivato per votare la fiducia.
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Infatti il premier infastidito ha confidato ai dirigenti di Fi convocati a Palazzo Grazioli che questi «continui scontri» danneggiano l’immagine del governo: «Il nostro vero capitale non è solo il lavoro che stiamo facendo, ma anche l’unità che riusciamo a esprimere. E invece questi signori stanno ancora a ragionare sul bilancino delle regole». «E’ evidente - dicono gli uomini di Fini - che qui si scontrano due modi di vedere». La Russa è stizzito. Spiega che il modello di Fi ha funzionato, ma anche quello di An ha avuto successo. «Allora nessuno deve pretendere di portare l’altro al proprio capolinea. Bisogna rendersi conto che nel Pdl ci sono due presidenti, non un solo uomo al comando. Dobbiamo incontrarci in un punto intermedio, altrimenti non è detto che questo congresso si faccia. E’ meglio che queste cose vengano chiarite, che i due presidenti si parlino prima di fare un partito insieme.
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Se rimangono gli equivoci, facciamo la fine del Pd». E invece Fini e Berlusconi non si parlano, nemmeno in questi giorni di caos: l’ultima volta si sono sentiti a Natale, per farsi gli auguri. E’ Gianni Letta l’”ufficiale di collegamento”, ma una schiarita non c’è stata nella telefonata di ieri. Il premier dice che sarebbe da «pazzi» non fare il congresso e dissimula la sua rabbia: «Fini svolge bene il ruolo istituzionale. Bravo, chapeau». Ma Berlusconi non ha affatto gradito che il presidente della Camera sia salito al Quirinale, su invito di Napolitano, e abbia ricevuto dal capo dello Stato l’apprezzamento sincero per come si è comportato sulla fiducia. La presidenza di Montecitorio rimanda al discorso che Napolitano ha fatto alle alte cariche dello Stato (Berlusconi era assente per mal di schiena) in difesa delle prerogative del Parlamento: definì la decretazione d’urgenza «un punto dolente». «Le dichiarazioni Berlusconi, insieme a quelle di apprezzamento dell’opposizione - ha concluso ieri Fini - mi incoraggiano a proseguire su questa strada».
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/KGE/KGEGW.pdf">La Stampa - Amedeo La Mattina</a>Luciano VIOLANTE: Se il governo non si fida dei suoi2009-01-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388214<br />
La decima fiducia negli otto mesi del governo Berlusconi pone due distinte questioni, una di ordine politico e l’altra di ordine costituzionale.
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Cominciamo dalla prima. La fiducia non è stata posta per far fronte all’ostruzionismo, che non c’era, ma per far fronte agli emendamenti che venivano dalla stessa maggioranza.
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Se un Governo che ha un leader indiscusso, numeri del tutto tranquillizzanti in Parlamento, un soddisfacente tasso di fiducia nel Paese, decide di usare il voto di fiducia per fronteggiare dopo soli otto mesi la propria maggioranza, vuol dire che qualcosa non va. Una coalizione non sta insieme per ragioni disciplinari. Sta insieme per ragioni politiche: quando le sono proposti grandi obbiettivi di valore strategico, che sono trainanti, hanno una forza evocativa, prevalgono sugli interessi particolari.
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Il primo Governo Prodi cadde dopo l’ingresso nell’euro perché non riuscì a proporre al Paese un nuovo traguardo. In assenza di un nuovo grande obbiettivo la maggioranza si dissolse. Oggi i problemi sono più gravi rispetto a dieci anni fa e occorrerebbe una ambizione all’altezza delle necessità. Sia ben chiaro: questa è la condizione in cui si trovano molte democrazie occidentali. Né avrebbe senso una polemica tra le opposte parti politiche perché l’indicazione di traguardi strategici manca a entrambe le coalizioni. I problemi, visibili tanto nel centrosinistra quanto, ora, anche nel centrodestra, sono determinati proprio dall’assenza di grandi obbiettivi attorno ai quali riunirsi o per i quali combattersi. Questo deficit, ripeto, non è solo italiano, ma in Italia per la fragilità propria delle nostre strutture sociali ed economiche, può produrre effetti più gravi. Il "dialogo" tra le due coalizioni di cui tanto si parla, anche a sproposito, dovrebbe riguardare proprio il futuro del Paese, cosa dovrà essere l’Italia dopo la crisi, che ruolo assegnerà a sé stessa nello scacchiere europeo e in quello mediterraneo.
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Quando presentò il suo primo Governo, Giuliano Amato denunciò il rischio Disneyland; che l’Italia potesse essere considerato un grande parco giochi, dove prendere il sole, nuotare e divertirsi mentre gli affari, la ricerca, lo sviluppo produttivo si facevano altrove. Oggi forse non possiamo neanche ambire a essere Disneyland, visti i problemi dei trasporti, i costi degli alberghi, l’ammassarsi dei rifiuti in tante aree del Mezzogiorno. Rimboccarsi le maniche, "usare" la crisi per costruire il futuro, come ha suggerito il presidente Napolitano, potrebbe aiutare a mettere in primo piano gli interessi nazionali, a far rinascere un senso di responsabilità nazionale nelle classi politiche dirigenti, a rendere più solide entrambe le coalizioni.
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<b>La seconda questione è di carattere costituzionale.</b><br />
Sta nascendo sotto traccia un sistema costituzionale parallelo, estraneo e contrario alle regole scritte nella Costituzione. Tanto il centrodestra quanto il centrosinistra hanno deciso di indicare sulla scheda elettorale il nome del candidato a Palazzo Chigi. La conseguenza è stata grave. L’unica figura istituzionale che appare in via di fatto legittimata direttamente dal consenso dei cittadini sembra essere il presidente del Consiglio. I membri del Governo non rispondono al Parlamento, ma al presidente del Consiglio che li ha scelti. I parlamentari sono stati "promossi" dai capi delle due coalizioni e, per la maggioranza, dallo stesso presidente del Consiglio, la cui decisione costituisce la fonte della loro legittimazione attuale e della loro ricandidatura futura. I parlamentari perciò rispondono non ai cittadini, ma al capo della coalizione che li ha scelti. La stessa cosa accadde nella scorsa legislatura, ma i numeri ridotti e la frammentazione del centrosinistra nascosero le distorsioni del sistema che stava nascendo.
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La miscela tra indicazione sulla scheda del nome del candidato alla presidenza del Consiglio e legge elettorale fondata sulla cooptazione ha cancellato il carattere rappresentativo del Parlamento e ha conferito, in via di fatto, il carattere di rappresentante dei cittadini al solo presidente del Consiglio.
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Con due modifiche, apparentemente minori, abbiamo dato vita alla possibilità di sultanati elettivi. Ma a volte non si riesce a governare neanche con i sultanati. Il ricorso ordinario e continuato a strumenti di eccezione come la fiducia e il decreto legge, mai così elevato come in questa legislatura, sono insieme il segno della crisi istituzionale e il tentativo di non soggiacervi. Ma quando le regole sono forzate sino allo stravolgimento permanente, nascono mostri che portano in sé tutti i segni delle distorsioni e degli stravolgimenti che li hanno partoriti. L’allarme del presidente Fini riguarda certamente l’abuso delle fiducie, ma può riguardare in modo ancora più preoccupato il sistema che sta nascendo, dove il Parlamento diventerebbe un semplice luogo di ratifica delle decisioni dell’esecutivo e del suo capo. A questo punto l’unica soluzione è fare davvero e rapidamente le riforme. Sbaglierebbe il centrodestra se pensasse di poter continuare a governare mediante l’uso ordinario di misure eccezionali. La prima vittima sinora è stata la sua maggioranza. Prima o dopo il desiderio di riscatto dall’umiliazione potrebbe prevalere sul senso di coalizione. Sbaglierebbe il centrosinistra a dilazionare un vigoroso impegno in questa direzione. Darsi un grande obbiettivo servirebbe a uscire dalla crisi e a riprendere un dialogo con la parte più moderna del Paese.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KGE4A">Il Riformista - Luciano Violante</a>Elio VITO: Fiducia in Parlamento. «Nessuno strappo, erano misure troppo importanti» - INTERVISTA2009-01-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388197Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Rapporti con il Parlamento (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Davvero non capisco dov’è la sorpresa. Mi sembra normale che su un provvedimento così importante, come il decreto anti-crisi, il governo ricorra alla fiducia». Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, non vuole gettare altra benzina sulle polemiche. Risponde a tono alle accuse arrivate dalla poltrona più alta di Montecitorio, quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ma non ne fa un dramma: «Mi sembra fisiologico e legittimo, che non ci sia il plauso del presidente della Camera. Ma è nata una polemica e una lettura pretestuosa di quello che è successo».<br />
<b> Scusi, ministro, ma è proprio convinto che la fiducia fosse necessaria?</b><br />
«Lo ha detto anche Berlusconi: era indispensabile. Del resto siamo nel contesto, per così dire, più classico, nel quale il governo chiede la fiducia».<br />
<b> Quale?</b><br />
«Siamo in presenza di un provvedimento particolarmente importante, direi fondamentale per la strategia dell’esecutivo. Non dimentichiamo che si vota un decreto che dà risposte essenziali alle famiglie e alle imprese in un momento particolarmente difficile dell’economia».<br />
<b> Insomma, non ha nulla da rimproverarsi?</b><br />
«Lo ripeto: siamo di fronte ad un provvedimento davvero molto importante per il governo, tale da richiamare il rapporto fiduciario fra l’esecutivo e le Camere. Del resto, la fiducia rappresenta una prerogativa costituzionale, riconosciuta dai regolamenti delle Camere. Mentre l’importanza del provvedimento è sotto gli occhi di tutto il Paese. Mi dispiace che sia sorta questa polemica».<br />
<b> Però, forse, ad alimentare la polemica e a generare una certa sorpresa è stato anche il fatto che questa volta l’opposizione aveva limitato al massimo i propri emendamenti...</b> <br />
«Vero. Ma è un ragionamento sbagliato. La fiducia in passato è stata utilizzata per contrastare l’ostruzionismo. Però non può ridursi a questo. Nei regolamenti della Camera ci sono altri strumenti per contrastare comportamenti che puntano solo a dilatare i tempi del dibattito. Inoltre, il fatto che ci fosse un numero limitato degli emendamenti dell’opposizione, mostra anche l’altra faccia della medaglia».<br />
<b> Cioè?</b><br />
«Che il testo uscito dalle Commissioni e sul quale, tengo a sottolineare, abbiamo posto la fiducia, non ha determinato un’opposizione massiccia. Del resto sul decreto si è discusso per più di un mese, sono stati votati tutti gli emendamenti e apportate rilevanti modifiche».<br />
<b> Quindi, lei continua a sostenere che il Parlamento non è stato affatto scavalcato?</b><br />
«Certo. Il governo, come del resto è successo tante volte in passato, avrebbe potuto porre la fiducia su un proprio testo, il classico maxi-emendamento, che introduceva anche materie del tutto nuove ed estranee rispetto a quelle esaminate dai deputati. Allora sì che la fiducia serviva per andare contro la volontà del Parlamento, dal momento che si vanificava il lavoro fatto in Commissione. Ma qui siamo in una situazione completamente diversa. Abbiamo rispettato il lavoro della Commissione nonostante il fatto che io abbia ricevuto, personalmente, legittime richieste di correzione anche da autorevoli esponenti della maggioranza».<br />
<b> Il presidente della Camera, però, sostiene che il problema è proprio questo: il governo ha ricorso alla fiducia proprio per evitare spaccature interne?</b><br />
«Non è affatto vero. La maggioranza è compatta. E lo dimostra proprio il voto della Commissione è stato compatto. È lì che è stato raggiunto il compromesso. Senza contare il fatto che abbiamo l’esigenza di dare ai cittadini e alle imprese certezze sulle norme. Con la fiducia abbiamo risposto anche a questa esigenza. Il problema vero da affrontare è quello della riforma dei regolamenti parlamentari. Basta ricordare due dati. Nelle ultime tre legislature il tempo medio per approvare un disegno di legge ordinario è stato di 364 giorni. Una situazione incompatibile con un Paese che vuole competere sui mercati globali. Sempre nelle ultime tre legislature solo un disegno di legge su due è stato approvato dal Parlamento. Non perché la metà è stata bocciata, ma perché non è ancora stata esaminata».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KG1RA">Il Mattino - Antonio Troise</a>Silvio BERLUSCONI: «Se continua così il Pdl me lo faccio da solo»2009-01-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388192Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. del Consiglio (Partito: PdL) <br/><br/><br />
A Fini sta stretto il ruolo istituzionale che si è scelto<br />
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«Se continua così, il Pdl me lo faccio da solo». <br />
Irritato, ma anche poco sorpreso della sortita di Gianfranco Fini, Silvio Berlusconi ieri sera si è morso la lingua per non replicare ancora una volta al presidente della Camera che, dopo aver difeso il Parlamento, ha sostenuto che la fiducia al pacchetto anticrisi è stata chiesta dal governo per problemi interni alla maggioranza.<br />
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Tre bacchettate nel giro di pochi giorni sono troppi anche per uno, come il Cavaliere, che in questa legislatura sembra preoccuparsi molto poco delle «beghe da cortile», malgrado tra i suoi collaboratori cresca l’allarme. <br />
Lo stop dato alla tassa sugli immigrati, la lettera al ”Corriere” con i sei punti sulla giustizia e l’affondo di ieri, sono per Berlusconi i classici tre indizi che compongono una prova. Ovvero, come sostenuto qualche tempo fa dallo stesso Cavaliere, «che a Fini sta stretto il ruolo istituzionale che si è scelto» e che si appresta a rendere sempre più politica la sua presidenza.<br />
Stretto tra il pressing del Carroccio e le bordate di Fini, il premier si consola con l’assoluta sintonia che vanta con Bossi e i ministri di An, i quali ieri si sono guardati bene dall’intervenire in difesa dell’ex presidente del partito.<br />
Non può però sopportare che un leader della sua parte politica possa sostenere, con gli stessi toni del capogruppo alla Camera del Pd Antonello Soro, che la maggioranza ha dei problemi. Berlusconi è al corrente dei fortissimi maldipancia dei parlamentari azzurri del Mezzogiorno nei confronti del ministro dell’Economia per la norma che differenzia per aree geografiche le tariffe elettriche, ma non ammette che un leader costituente del Pdl possa lavorare contro.
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«Questo è il governo del Nord», ammetteva ieri sconsolato il salernitano azzurro Mario Pepe. Berlusconi, attraverso Letta e lo stesso Tremonti, era stato informato passo-passo delle scelte della sua maggioranza e la sera prima era stato lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio a spiegare a Fini i problemi del governo legati al rischio di scadenza del decreto. Passano però poche e arriva l’affondo del presidente della Camera in difesa delle prerogative del Parlamento che prende spunto dal non troppo felice intervento del ministro Elio Vito - stigmatizzato anche dal repubblicano Francesco Nucara - il quale, per evitare che dal ministero dell’Economia arrivasse un maxiemendamento sul quale porre la questione di fiducia, ha provato a difendere il lavoro fatto in Commissione chiedendo la fiducia su quel testo e non su norme nuove di zecca.<br />
Berlusconi, che davanti ai giornalisti si tappa la bocca limitandosi ad un laconico «la fiducia era necessaria», con i suoi collaboratori è molto più esplicito e, come accadde qualche giorno fa dopo la lettera al Corriere, si interroga con crescenti sospetti sulla «sintonia esistente tra presidenza della Camera e Quirinale non solo sul tema della giustizia. Ieri sera il Cavaliere ironizzava però sugli elogi dell’opposizione incassati dal presidente della Camera e ricordava come dalla penultima lettera di Fini, riportata sempre dal ”Corriere” un paio di anni fa, aveva trovato la spinta per fare la ”svolta del predellino” e lanciare l’idea del Pdl.<br />
Ora che, come ripete spesso, «gli elettori di An mi vogliono forse più bene dei miei» e che «i ministri di An sono con me», il premier interroga i suoi sul modo per «tranquillizzare Gianfranco» anche in vista della nascita del nuovo partito nel quale non è facile trovare un ruolo per il leader di An che sia compatibile con le aspirazioni di molti altri colonnelli di Forza Italia. Prima del congresso, fissato per il 27 marzo, Berlusconi si è impegnato a trovare un equilibrio tra An e FI e nei rapporti con la Lega che, malgrado le rassicurazioni di Bossi, continua a ”giocare in propri” su molti argomenti marcando la differenza dal resto della coalizione. «Quello che prenderà il tuo testimone è ancora al liceo!», sostenne una sera Gianfranco Rotondi per sollevare il morale al Cavaliere. Di anni ne sono passati da quella cena e nel centrodestra c’è chi affila le spade.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/KFZ/KFZJA.pdf">Il Messaggero - Marco Conti</a>Gianfranco FINI: Fini. Attacco al Governo sulla fiducia. «Vieta ai deputati di pronunciarsi»2009-01-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388191Alla data della dichiarazione: Pres. Camera (Lista di elezione: PdL) - Deputato (Gruppo: FLI) <br/><br/><br />
Lo sfogo del presidente della Camera: quanno ce vò ce vò. Scelta indispensabile? Sì ma per problemi interni al Pdl <br />
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Sta in una frase che magari voleva essere conciliante, quella del ministro Elio Vito che in Aula giustifica la richiesta di fiducia sul disegno di legge anticrisi come «un omaggio alla centralità del Parlamento», la miccia che innesca la durissima protesta di Gianfranco Fini, l`applauso e il plauso dell`opposizione al presidente della Camera, l`arrabbiatura di forzisti e leghisti, e soprattutto l`ennesimo scontro tra il leader di An e Silvio Berlusconi, suggello ad un rapporto che si fa ogni giorno più difficile.
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Succede infatti che Fini, che già nei giorni scorsi aveva fatto sapere ai suoi interlocutori nella maggioranza che era meglio non abusare della fiducia su provvedimenti delicati, dopo le parole di Vito sbotti con evidente fastidio: «Negli anni scandisce in Aula - ho ascoltato molteplici ragioni per giustificare la fiducia, ma è la prima volta che sento che essa venga posta in onore del lavoro della commissione e, così, in omaggio alla centralità del Parlamento».<br />
Perché non c`è alcun omaggio se si impedisce «ai deputati di pronunciarsi in Aula su un testo».
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Parole durissime, ancora di censura al governo per l`abuso della fiducia, che fanno esultare il Pd, che sono «ineccepibili» per il leader udc Casini, e che lo stesso Fini più tardi commenterà con un «quanno ce vò, ce vò...», anche se a Tremonti incontrato alla buvette ha voluto spiegare che «non c`è nulla di personale contro di te».
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Ma il «quanno ce vò» lo sostiene in pratica anche Berlusconi, che interpellato sul tema è lapidario: «Abbiamo giudicato che la fiducia fosse indispensabile», e che si tappa la bocca per non parlare quando gli chiedono se a spingere Fini sia stato il suo ruolo istituzionale.<br />
Insomma, nel centrodestra più che lo sconcerto prevale l`irritazione.
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Ma da Fini, tutto arriva tranne una marcia indietro: anzi, la replica ufficiosa è che sì, la fiducia è «certamente indispensabile», ma «per problemi connessi al dibattito interno nella maggioranza», perché il presidente della Camera ha colto tutte le preoccupazioni di parecchi parlamentari per lo «sbilanciamento» del dl a favore del Nord e a detrimento del Sud, rilievo che al ministro dell`Economia sarebbe stato mosso anche da Gianni Letta.
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Lo scontro è tale da non potersi giustificare solo con il fastidio per parole di Vito (che chiude l`incidente considerando «normale» che il presidente della Camera si lamenti del ricorso alla fiducia). E infatti, se da una parte raccontano dell`arrabbiatura di Berlusconi per «le mosse veramente incomprensibili di Fini, ma perché creare problemi alla maggioranza adesso che la sinistra è messa così male...», dall`altra spiegano che Fini - che da tempo non ha contatti col premier - non condivide una certa gestione della maggioranza da parte di Berlusconi, con il ruolo predominante della Lega, le decisioni sempre più in autonomia di Tremonti, e la forma che sta prendendo il Pdl.
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Si perché in An il malumore per una presenza che si fa sempre più sbiadita è palpabile, e Fini sente la necessità di riprendere a svolgere un ruolo politico, come dimostra anche l`uscita dura sulla tassa sui permessi di soggiorno, che un ministro suo fedelissimo come Andrea Ronchi non voterà ritenendo che «della questione di debba occupare il Consiglio dei ministri...».
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Mosse che dall`entourage di Fini smentiscono abbiano a che fare con ipotetiche scalate al Quirinale o alla successione a Berlusconi, ma che scuotono il centrodestra: Fini esercita «un ruolo politico» dice il pri Nucara - il premier dovrebbe convocare «una riunione di maggioranza dove vengono chiariti i rispettivi ruoli istituzionali».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KFZ45">Corriere della Sera - Paola Di Caro</a>Silvio BERLUSCONI: «Così Fini farà la fine di Casini» [Link all'interno: presidente della Camera]2009-01-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388190Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. del Consiglio (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Gianfranco cerca visibilità. Ma così il ruolo lo perde e non lo trova. Sta sbagliando tutto. Se cerca spazio nel futuro del Pdl, così farà solo la fine di Casini. Lì ce lo abbiamo messo noi e non il Pd». <br />
Da qualche settimana Silvio Berlusconi ha messo nel mirino il <a href="http://www.openpolis.it/dichiarazione/388176">presidente della Camera.</a> E anche la strigliata fatta ieri al governo non l’ha digerita. Anzi, lo ha mandato su tutte le furie.
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Eppure, quel che è accaduto ieri pomeriggio nell’aula di Montecitorio non è stato solo lo "scontro" sulle formalità istituzionali. Non si tratta esclusivamente di un battibecco tra il Cavaliere e il leader di An. Ma è la rappresentazione plastica delle tensioni che stanno agitando la maggioranza.<br />
E già, perché dietro la questione di fiducia si è giocata una partita molto più ampia. Che ha contrapposto le due "anime" che si contendono la supremazia nel centrodestra. Il partito del nord contro quello del sud. Giulio Tremonti contro Fini. La Lega di Bossi contro Gianni Letta. Il premier media, ma con il dente avvelenato nei confronti dell’inquilino di Montecitorio.
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L’ondata di emendamenti al decreto anticrisi, infatti, ha preso origine da questi conflitti. Il secco "no" del ministro dell’Economia alle richieste di molti parlamentari meridionali (in particolare sulle tariffe elettriche che penalizzerebbero le imprese del sud) ha scatenato la bagarre. Centoventi proposte di modifica, tutte presentate dal Pdl, hanno messo sulla graticola il Tesoro. Non solo. <br />
Lo stesso Tremonti nello scorso week end aveva chiesto di rivedere completamente il testo del provvedimento. Per correggerlo e ampliarlo con un maxiemendamento. «Quelle richieste sono inaccettabili. Hanno capito in che situazione ci troviamo? - si è lamentato il capo di Via XX Settembre.<br />
Semmai bisognerebbe cambiare il decreto per stringerlo ulteriormente». Tant’è che nessuno esclude un nuovo decreto mille proroghe per colmare qualche lacuna. Uno stop cui i deputati del Pdl hanno però reagito con nervosismo, appunto con un fiume di emendamenti. Tant’è che lunedì sera, dopo un colloquio con il capogruppo Pd Antonello Soro, Fini ha lanciato l’allarme. Difendendo le istanze "sudiste" e invitando l’esecutivo a correre ai ripari. Ha chiesto a Gianni Letta di evitare la fiducia. La soluzione escogitata, allora, è stata quella di sterilizzare le istanze di tutti, "nordisti" e "sudisti", blindando il testo già approvato in commissione.
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Ma i malumori non sono affatto passati. E l’ultimo scorcio della medesima partita si è consumata ieri sera con l’attacco del Carroccio a Gianni Letta. Roberto Castelli si è scagliato contro il sottosegretario sulla vicenda Malpensa-Fiumicino. <br />
Ossia, ancora nord contro sud. Nello stessa logica il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ha ripresentato l’emendamento sulla tassa sul permesso di soggiorno per gli immigrati. Così, di fronte al forcing lumbard, Fini ha rilanciato la sua parola d’ordine: «La Lega faccia quel che vuole ma noi quella tassa non la votiamo nemmeno al Senato».
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Il clima pesante non piace per niente a Berlusconi. Non vuole ripercorrere il sentiero litigioso percorso nel 2001-2006. Evita di schierarsi apertamente nel braccio di ferro tra le due anime della Cdl. Ma le uscite di Fini lo indispettiscono. «Cerca visibilità - si è sfogato con i suoi - ma non si è reso conto che non lo seguono più nemmeno quelli di Alleanza nazionale. Se continua così diventa il leader del Pd». Parole che il capo del governo ripete da tempo. Come è successo sabato scorso sulla tassa sugli immigrati. «Sapeva benissimo - si era sfogato nella sua camera d’albergo a Cagliari - che non l’avrei fatta passare.<br />
E invece ha dovuto fare uno show». Stesse lamentele sulla giustizia. Perché il premier non ha affatto digerito la lettera al Corriere. «Pensano di costringermi a fare quello che vogliono loro, pensano di circondarmi». E quegli altri sarebbero il Quirinale e il Csm, Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. «Ma sappiano - ha avvertito - che una riforma come dicono loro, io non la faccio. Tanto vale lasciare tutto così com’è».
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Anche da parte di Fini i "non possumus" non mancano. Ieri la terza carica dello Stato se l’è presa soprattutto con il ministro per i rapporti con il Parlamento: «ha detto delle cose incredibili. Non poteva far finta di niente». Ma in gioco c’è il futuro del Pdl. Da tempo i vertici di An si lamentano per lo scarso peso assegnato nel nuovo partito.<br />
Viene rimarcata la circostanza che non è previsto un ruolo per Fini nel Popolo delle Libertà. «Un ruolo - dicono i suoi fedelissimi - che dovrebbe essere alla pari di quello di Berlusconi». Del resto, bastava leggere mercoledì scorso l’intervista rilasciata al Tempo da uno dei principali consigliere di Fini, Alessandro Campi, e in privato rivendicata dal presidente della Camera: «Se il Pdl non cambia, An rischia di entrare in un calderone e rimettersi alla volontà di Berlusconi. Un suicidio politico». Insomma, la posta in palio è la guida e i compiti nel futuro del centrodestra. Di successione, però, Berlusconi non vuole sentire parlare. Soprattutto dagli attuali "contendenti".
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KFZ45">La Repubblica - Claudio Tito</a>Gianfranco FINI: «Il governo che pone la fiducia sul dl anticrisi: non rispetta il Parlamento»2009-01-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388176Alla data della dichiarazione: Pres. Camera (Lista di elezione: PdL) - Deputato (Gruppo: FLI) <br/><br/><br />
«Una scelta in onore del lavoro della commissione? È la prima volta che sento una motivazione simile»<br />
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L'approvazione del decreto legge anticrisi provoca tensioni nella maggioranza dopo la decisione del governo di porre la fiducia sul provvedimento a causa dei troppi emendamenti approvati in commissione al testo originario. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, è infatti intervenuto in Aula bacchettando il governo rappresentato dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito: «In tanti anni ho avuto modo di ascoltare le molteplici ragioni per le quali il governo, avvalendosi di una sua esplicita prerogativa, ha deciso di porre la questione di fiducia - ha detto Fini - ma è la prima volta che ascolto porre la questione di fiducia da parte del rappresentante del governo in onore del lavoro della commissione». Fini ha aggiunto, tra gli applausi delle opposizioni: «È anche la prima volta che sento dire che viene posta la questione di fiducia in omaggio alla centralità del Parlamento». Per questo Fini vuole ricordare al rappresentante del governo che i lavori del Parlamento prevedono «l'esame in commissione e poi l'esame in assemblea». Senza voler giudicare la scelta di porre la fiducia, che è «legittima», per Fini è «doveroso esprimere considerazioni politiche». «L'omaggio al Parlamento», rimarca, lo si fa lasciandolo lavorare. «Il rispetto della centralità del Parlamento e della sua funzione nel procedimento legislativo non si limita all'omaggio del lavoro fatto in commissione ed impedendo ai deputati di pronunciarsi in Aula su un testo», ha sottolineato il presidente della Camera.
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BERLUSCONI - Poco dopo è arrivata la risposta del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: «Abbiamo fatto questa valutazione, per noi la fiducia era indispensabile». Alla domanda se la posizione di Fini fosse dovuta al suo ruolo, il presidente del Consiglio si è portato la mano sulla bocca come per dire: non rispondo.
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CONTROREPLICA - Polemica placata? Assolutamente no. Non si è fatta attendere infatti la contro-replica di Fini: «La fiducia era necessaria - hanno fatto sapere fonti vicine alla presidenza della Camera - ma non per le ragioni addotte dal ministro Vito in aula, bensì per problemi connessi al dibattito interno alla maggioranza».
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CICCHITTO - In precedenza, del resto, a differenza dell'opposizione che aveva appoggiato l'intervento di Fini, il capogruppo del Pdl aveva criticato l'atteggiamento del presidente della Camera: «Il rilievo mosso al governo può essere oggetto di discussione e di dibattito, ma noi non sentiamo di condividerlo». «Un articolo del regolamento - aveva spiega Cicchitto - disciplina un istituto, quello della fiducia, che in quanto tale non può essere una mancanza di rispetto per il Parlamento. Noi ci assumiamo la responsabilità della scelta del governo; con la fiducia non si spossessa nessun parlamentare della propria funzione».
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LEGA - Anche il leghista Roberto Cota, come aveva fatto qualche minuto prima il capogruppo del Pdl, attaccava la presa di posizione del presidente della Camera. Riferendosi all'attacco di Fini alla tassa per il permesso di soggiorno, Cota osservava: «Abbiamo assistito a polemiche, a una serie di interventi compreso il suo. Lei è intervenuto nel merito di una vicenda, lei che oggi rivendica un ruolo istituzionale super partes, in quella circostanza lei è intervenuto nel merito. Noi non rinunceremo a proporre in questo Parlamento le nostre idee che riteniamo siano giuste e sulle quali abbiamo il consenso della gente. Caro presidente della Camera, della nostra gente».
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MPA - Ma l'Mpa, partito alleato del Pdl, esprimeva successivamente nell'Aula della Camera «profondo dissenso» per la posizione assunta proprio da Cicchitto e «sostegno pieno» a quella del presidente Gianfranco Fini. Lo ha detto Roberto Commercio ricordando che il suo partito aveva presentato 40 emendamenti al decreto legge anticrisi che erano stati dichiarati ammissibili, tutti relativi al sud.
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PD - La presa di posizione di Fini è stata accolta favorevolmente anche dall'opposizione. «È una fiducia immotivata quando ci sono solo venti emendamenti» ha detto il segretario del Pd, Walter Veltroni. In realtà, ha proseguito, la fiducia «sanziona la grande difficoltà che c'è nella maggioranza. Ha fatto bene il presidente della Camera a richiamare le prerogative del Parlamento. Questa fiducia costituisce uno strappo consistente anche nella prassi della vita parlamentare».
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UDC - Per il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, «Fini ha detto cose ineccepibili. Le divisioni della maggioranza hanno portato a porre la fiducia e, almeno per una volta, non si dirà che sparita l'Udc sono spariti i problemi. È sparita l'Udc, ma i problemi si sono amplificati e questa maggioranza è divisa su tutto».
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IDV - Diversa la posizione di Antonio Di Pietro. «Da un po' di tempo Fini ci sta abituando a protestare con la voce ma a stare zitto con i fatti- ha affermato il leader dell'Italia dei Valori. - A noi le proteste del giorno dopo sembrano come la lavata di mani di Ponzio Pilato».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/politica/09_gennaio_13/decreto_anticrisi_fiducia_fini_5c68ec60-e17d-11dd-ac77-00144f02aabc_print.html">Corriere della Sera</a>