Openpolis - Argomento: fallimentohttps://www.openpolis.it/2014-12-16T00:00:00ZMarco Scibona: Brebemi – Scibona (M5S): “Fallimento del project financing per le grandi opere inutili”. 2014-12-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it752465Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: M5S) <br/><br/><br />
Brebemi – Scibona (M5S): <b>“Fallimento del project financing per le grandi opere inutili”.</b>
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L’autostrada A35 che collega Brescia, Bergamo e Milano (Brebemi) è stata progettata su previsioni di traffico esagerate e difatti una volta realizzata ha preso tristemente il nome di “autostrada deserta”.
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Per convincere gli scettici si è straparlato di finanza di progetto, ovvero finanziatori privati che avrebbero foraggiato la grande opera. I risultati? Un finanziamento statale con una recente iniezione di altri 330 milioni di soldi pubblici. Un opera che sulla carta costava 800 milioni saliti poi a 1,8 miliardi che hanno drenato le casse dello Stato. Un opera essenziale solo per oliare ingranaggi degli amici degli amici. Investitori privati: non pervenuti.
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Cambiate le cifre e la sigla Brebemi con NLTL (Nuova Linea Torino – Lione)…è la stessa identica storia!<br />
Previsioni di traffico gonfiate, costi triplicati, voragini per le casse dello Stato, appalti agli amici.
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Il project financing è unicamente un furto legalizzato nelle migliori delle ipotesi, ma spesso ed è questo il caso, è un bieco ed illegittimo presupposto di bontà di una grande opera. Le cattedrali del deserto in esercizio, non redditizie per definizione, non allettano i privati; perché devono cascarci i governi?
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La politica, se non è collusa, trovi il coraggio di ammettere che è un sistema sbagliato e ponga fine a questo scempio altrimenti avremo la triste conferma che è parte del sistema corrotto.
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Marco Scibona – Senatore M5S<br/>fonte: <a href="http://www.marcoscibona.it/home/?p=717">www.marcoscibona.it</a>Elisabetta ZAMPARUTTI: Metro Parma: I responsabili del fallimento del progetto si assumano le loro responsabilità2010-05-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it499827Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente e prima firmataria dell’interrogazione sulla Metropolitana di Parma (4-06941), dopo le polemiche suscitate in sede locale, ha dichiarato:
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“La responsabilità politica, come quella penale, è sempre personale, altrimenti viene meno un principio fondamentale dello stato di diritto. Quindi, ribadisco e rivendico la responsabilità dell’iniziativa parlamentare che è stata intrapresa solo da me e dai miei colleghi Radicali Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Matteo Mecacci, Maria Antonietta Farina Coscioni e Maurizio Turco. <br />
Un atto di sindacato ispettivo espressione della nostra assoluta autonomia politica e di giudizio in quanto delegazione radicale all’interno del gruppo parlamentare del PD, che non ha in questo coinvolto né il PD né tanto meno Carmen Motta, come altre numerose analoghe iniziative sull’uso di risorse pubbliche testimoniano in questi due anni di legislatura.
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Nel merito dei quesiti posti nell’interrogazione, oltre che quelle che attendo dal Governo nazionale, risposte precise mi attendo anche dalle forze politiche che governano Parma, invece di polemiche inutili o strumentalizzazioni politiche come quelle comparse sui giornali della città. <br />
L’amministrazione di Parma deve rispondere, innanzitutto, almeno per la parte che gli compete, del fallimento del progetto Metro Parma, fallimento che ora non possono pagare né i parmensi né gli italiani tutti. Ora, perché nuovi errori o ulteriori fallimenti non si ripetano, credo sia necessaria la massima trasparenza e, soprattutto, la conoscenza da parte dei cittadini italiani, compresi quelli di Parma, sulla destinazione d’uso di quanto del progetto originario residui. Se, ad esempio, il denaro di cui parla il Sindaco Vignali provenisse da fondi Cipe ex decreto 25 marzo 2010 n. 40 a valere sulla quota parte del finanziamento non ancora erogato, credo sia un diritto mio in quanto parlamentare – e ancor di più un diritto dei cittadini di Parma - sapere e un preciso dovere del Sindaco far sapere per quali “priorità nazionali” (essendo fondi nazionali, seppure allocati a Parma) quel denaro verrà utilizzato e secondo quali meccanismi decisionali conformi alla legge che prevede un coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni.”<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=156612">Radicali.it</a>Claudio SCAJOLA: Chimici esasperati. «Ci attiveremo immediatamente per trovare soluzioni industriali che garantiscano la continuità degli impianti di Marghera e Porto Torres, anche se occorre adeguare la nostra struttura produttiva all’attuale crisi globale »2009-05-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391175Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Sviluppo economico (Partito: PdL) <br/><br/><br />Aspettando Roma, la situazione a Marghera è sempre più tesa e incontrollabile. <br />
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<a href="http://carta.ilgazzettino.it/MostraOggetto.php?TokenOggetto=533133&Data=20090507&CodSigla=VE">I chimici sono esasperati</a> da mesi di annunci di salvataggio del loro posto di lavoro, mai concretizzati. Da oggi comincia il «conto alla rovescia» che porterà - secondo le disposizioni della Vinyls di Fiorenzo Sartor in procinto di fallire - alla chiusura del Cv 22/23 di Vinyls, l’ultimo impianto del «ciclo del cloro» ancora in funzione. Il ministro Scajola ribadisce che convocherà al più presto il tavolo nazionale per cercare soluzioni che garantiscano la continuità della chimica di Porto Marghera e Sardegna. Intanto Arkema e Solvay, tirate in ballo da alcuni consiglieri comunali del centrodestra, smentiscono categoricamente le trattative per acquisire gli impianti di Vinyls e comunque di essere pronte a partecipare al tavolo del ministro se saranno invitate.
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Vinyls, la società di Fiorenzo Sartor che ha preso il posto dell’ex Ineos, ha deciso di portare la sua società al fallimento. Nel giro di 15 giorni - salvo le proteste annunciate dai lavoratori - tutto il ciclo del cloro del Petrolchimico chiuderà. Una prospettiva sempre più vicina e ineluttabile, che sta esasperando ancor più i lavoratori travolti da ridde di voci su possibili nuovi acquirenti di Vinyls che puntualmente smentiscono. L’unico a confermare il suo interesse a prendere in affitto, in sede fallimentare, gli impianti del pvc di Vinyls, è il gruppo chimico bolognese Bertolini.
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Le smentite. Sia Arkema che Solvay - due multinazionali chimiche già presenti con propri impianti a Porto Marghera e preoccupate per l’ulteriore chiusura di impianti e al conseguente aumento dei costi dei servizi condominiali del Petrolchimico - smentiscono categoricamente di aver mai manifestato interesse agli impianti di Vinyls e tanto meno di aver mai aperto trattative al riguardo con il ministero dello Sviluppo. Le due multinazionali, al pari di Eni e delle altre società già presenti a Marghera, dicono soltanto che, se invitate, parteciperanno al tavolo nazionale.
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Scajola cerca soluzioni. Rispondendo alle richiese pressanti dei sindacati, Scajola ha assicurato ieri che il suo ministero sta «seguendo quotidianamente la situazione di Marghera e sta lavorando anche con le autorità locali per trovare una soluzione alla crisi della Vinyls-ex Ineos e di garantire gli accordi sottoscritti». «Se si confermasse l’impossibilità di proseguire la gestione di Vinyls per motivi di mercato - ha aggiunto il ministro - ci attiveremo immediatamente per trovare soluzioni industriali che garantiscano la continuità degli impianti di Marghera e Porto Torres.
<p> <b>La chimica di base è essenziale per l’Italia, anche se occorre adeguare la nostra struttura produttiva all’attuale situazione di crisi globale e all’evoluzione prevedibile della domanda al momento della ripresa.</b><br />
Affronteremo questi temi prima con Eni e poi con gli altri produttori nell’incontro che sto per convocare. Sono in gioco decisioni importanti, che vanno prese rapidamente senza perdere di vista il quadro del settore».
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<br/>fonte: <a href="http://nuovavenezia.gelocal.it/stampa-articolo/1628886">La Nuova di Venezia e Mestre - Gianni Favarato</a>Luigi Li Gotti: "Ritorna la norma salva-manager :Tremonti si dimetta".2008-10-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381858Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
<b>"Presentato dal governo ha effetti ancora
più devastanti. Ora il ministro Tremonti, come promesso, si dimetta"
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<p>ROMA - L'opposizione lancia l'allarme: la norma salva manager sparita dal decreto Alitalia, dopo le prese di distanza del ministro Tremonti, torna in modo ancora più deflagrante in un altro provvedimento, questa volta presentato alla Camera - sottolineano - dallo stesso governo.
Per questo motivo alcuni senatori - Idv, Udc e Pd - chiedono, con una mozione, presentata oggi a Palazzo Madama, al ministro dell'economia Tremonti di riferire urgentemente in Parlamento. Il disegno di legge in questione è il ddl di "Delega al governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali". Secondo i senatori dell'opposizione si prevede due ipotesi di equiparazione della dichiarazione di insolvenza a quella di fallimento: la prima riguarda la punibilità delle condotte indebite o ingiustificate tenute nel corso della procedura e le limita all'ipotesi di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, (nel corso o al termine della procedura stessa). La seconda scatta nel caso in cui si riscontri "la falsità dei presupposti per l'ammissione alla procedura", che sono la presenza di non meno di 200 dipendenti e l'ammontare dei debiti non inferiore ai due terzi dei ricavi.
Il disegno di legge governativo è stato presentato alla Camera dei deputati il 2 ottobre scorso, "proprio lo stesso identico giorno dell'approvazione, nell'altro ramo del Parlamento, del cosiddetto 'emendamento salva-manager' presentato dai Senatori Cicolani e Paravia" si legge nella mozione, che aggiunge: esso propone "sostanzialmente lo stesso contenuto normativo e precettivo" di quell'emendamento, "con un effetto addirittura più ampio e ancor più devastante", rispetto a ciò "che aveva fatto gridare allo sdegno l'intero governo".
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"Adesso - ha detto il senatore dell'Idv Luigi Li Gotti - ci aspettiamo solo che il ministro Tremonti, come promesso, si dimetta".</b> <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JQ09G">La Repubblica</a>Antonio POLITO: I piloti di Silvio e i minatori della Thatcher.2008-09-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359343<br />
Onnipotente in parlamento e nei sondaggi, tanto da far parlare di alba della Terza Repubblica, il governo Berlusconi è sbattuto ieri sera contro il muro dei piloti dell’Alitalia, una piccola corporazione capace di rinchiuderlo nel bunker di una trattativa da Prima Repubblica. Non è sorprendente: ogni rivoluzione politica ha il suo muro simbolico da valicare; e il modo in cui lo fa, o non lo fa, proietta la sua ombra sul resto del cammino. Questo furono i minatori per la Thatcher, i controllori di volo per Reagan, e l’articolo 18 per l’altro governo Berlusconi.<br /><br />
Al momento in cui scriviamo non possiamo dire se quel muro, tra panini e cicche di sigarette, sarà stato superato o aggirato nella notte con un accordo separato che esclude i piloti. I sindacati confederali stavolta ci stanno, non possono permettersi l’ennesimo niet. Il problema sono i piloti e le muffe del sindacalismo autonomo che hanno prosperato per anni nello stagno Alitalia. Ma quello che si può dire è che le cose possono finire anche peggio di come sono cominciate. Fin dalla campagna elettorale e dalla proposta Air France, l’obiettivo di Berlusconi non è stato infatti la restaurazione di regole di mercato in un’azienda che è già costata agli italiani l’equivalente di una finanziaria; ma, bensì, l’imposizione taumaturgica del suo tocco, il tentativo di sistemare le cose per qualche anno e poi si vedrà, naturalmente a spese del contribuente, l’unica risorsa con cui si possano fare i miracoli.
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Il nodo è stato fino all’ultimo, e non a caso, il contratto dei piloti. Non solo gli esuberi o la busta paga, ma le regole del gioco. La lunga perversione che ha fatto di Alitalia una delle compagnie più fallimentari del globo si è stratificata nello strapotere di questa categoria, che gode in azienda di un vero e proprio diritto all’autogestione: sulle carriere, sulle promozioni, sui turni di lavoro, sulla nomina dei comandanti, sulle pensioni. Per questo i piloti hanno un contratto separato, da azienda nell’azienda; e per questo i nuovi padroni di Alitalia vogliono portarli in un contratto unico. Su un punto solo i piloti hanno ragione: ed è quando dicono che la compagnia che ne verrà fuori è troppo piccola per reggere, quindi è fatta per essere prima o poi venduta. Hanno capito benissimo che hanno di fronte una soluzione politica, più che di mercato; che serve a far guadagnare qualche anno a Berlusconi e qualche soldo ai capitani coraggiosi; che si sta mettendo in piedi un «portage» per condurre l’Alitalietta in tre o quattro anni nelle mani più capaci di una grande compagnia aerea europea. Magari Air France, che per comprarla da Prodi doveva spendere due miliardi e mezzo e accollarsi i debiti, e quando la comprerà da Colaninno la troverà già ripulita dei debiti e del marcio, passati ai contribuenti.<br />
Questo difetto genetico dell’operazione Cai è il punto di forza dei piloti e di tutti coloro che nella notte hanno organizzato la resistenza. Il loro ragionamento è semplice: voi volete raggiungere il break even in tre anni, per poi vendere. Ma alla vostra festa vogliano partecipare anche noi, al regalo del governo non aggiungeremo il nostro, se volete fare l’affare dovete lasciare qualcosa anche a noi. Il clima da ultimatum con cui il governo ha impostato la trattativa non ha funzionato per questo. Perché tutti sanno che c’è un dopo, anche se si va al fallimento. Nella peggiore delle ipotesi, Fantozzi porta i libri in tribunale e l’azienda viene venduta all’asta e a pezzi, brand compreso. Scommetto che ci pensano anche molti soci Cai: basta prendersi Airone, che è il vero salvataggio di questa storia e poi i bocconi migliori di Alitalia ci cadranno in bocca da soli. Il partito del fallimento è molto più ampio di quanto non si dica, e i piloti lo sanno.<br />
Chi fa questo calcolo sta però sbagliando di grosso. Perché pur nell’anomalia della soluzione all’italiana scelta da Berlusconi, la privatizzazione mette in moto un meccanismo di mercato inesorabile. Colaninno e i suoi corrono comunque un rischio d’impresa, nonostante le condizioni di favore. Che un giorno venderanno, non c’è dubbio. Ma quando e a che prezzo dipende da quanto profittevole si dimostrerà la nuova compagnia. Se già alla partenza, per compiacere la voglia di successo di Berlusconi, i capitani coraggiosi cominciano a cedere sul piano industriale, cento milioni oggi, cento milioni domani, non è affatto detto che rientrino dei loro investimenti. Per questo sui piloti non possono cedere. Il parto della nuova Alitalia è stato pessimo, ma la nuova creatura deve comunque nascere sana, non può portarsi appresso le tare genetiche della partoriente. <br />
Cedere ai piloti significherebbe trasferire l’infezione mortale della madre alla figlia. Non cedere vuol dire rischiare una guerra a Fiumicino in stile minatori gallesi. E’ un’alternativa del diavolo, ma governare vuol dire questo. Perfino per Berlusconi, che preferisce regnare più che governare.
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=128640">Il Riformista - Antonio Polito</a>Marco BELTRANDI: ALITALIA: BERLUSCONI E' IL RESPONSABILE..2008-09-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359236Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
• Dichiarazione di Marco Beltrandi, componente della delegazione radicale nel Gruppo del PD Camera dei Deputati<br /><br />
Sei mesi fa l’Italia ha avuto l’ultima possibilità di salvare Alitalia, e per giunta non a spese del contribuente, come sempre era avvenuto in passato: la vendita ad Air France organizzata dal precedente Governo Prodi.<br />
<b>Berlusconi</b>, per un mero e cinico calcolo elettorale, sfruttando la consueta irresponsabilità dei sindacati, ha fatto fallire la trattativa, e ora, dopo aver messo in piedi un improbabile carrozzone privato ma di stato nei fatti, sta facendo fallire davvero la compagnia di bandiera. E se ciò non dovesse accadere, lo sarà solo a spese del contribuente consumatore italiano.<br />
Davvero complimenti per il brillante risultato che si sta delineando, di cui porta per intero ogni responsabilità politica, sociale ed economica <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=128583">Radicali.it</a>MARIO AMICONE: REGIONE ABRUZZO: DEL TURCO AMMETTE FALLIMENTO2008-06-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it357541Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Abruzzo (Lista di elezione: UDC) <br/><br/>Il presidente Del Turco si scaglia contro la Finanziaria enunciando persino il rischio dell’esistenza dell’istituto regionale e chiama a raccolta le altre forze politiche per studiare una strategia comune per salvare la Regione Abruzzo? E’ una chiara ammissione di totale fallimento del proprio Governo e dopo tre anni, fulminato sulla via di Damasco, abbandona la via della contrapposizione arrogante da imperatore e riscopre la necessita’ della collegialita’ e dell’identita’ abruzzese<br/>fonte: <a href="http://www.trasporti-oggi.it/archives/00021275.html">www.trasporti-oggi.it</a>Donatella PORETTI: Alitalia: Gestire fallimento e liberare il mercato.2008-06-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it357048Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
• Intervento in aula della Senatrice Donatella Poretti, Parlamentare Radicale - Partito Democratico su decreto-legge n. 80, recante misure urgenti sul servizio di trasporto aereo<br /><br />
<b>A distanza di pochi giorni quest'aula e' chiamata nuovamente ad esprimersi sul decreto Alitalia</b>.<br />
L'ultimo decreto del Governo Prodi fatto su ordinazione e su misura per quello Berlusconi, si potrebbe dire piu' semplicemente che si tratta del primo provvedimento Berlusconi e il voto di oggi lo rende piu' chiaro.<br />
Il Partito Democratico che al Senato aveva votato a favore, oggi dopo l'apertura d'infrazione aperta dall'Unione Europea ha deciso di votare contro, la delegazione radicale non aveva partecipato a quel voto, e non lo fara' neppure in questa occasione.<br /><br />
Era evidente allora, oggi e' solo scritto nero su bianco dall'Europa, che si trattava di un aiuto di Stato: nessun prestito ponte perche' non c'erano, e non ci sono, acquirenti, l'unico che c'era e' scappato a gambe levate; <b>nessun prestito a condizioni di mercato, altrimenti vorrebbe dire che chiunque ha bisogno di fare un mutuo per comprare casa basta che si rivolga al Governo e questo gli fara' un decreto, a condizioni di mercato s'intende.</b> <br />
Questa brutta pagina di un Governo che di liberale -per ora, mai disperare, non ha neppure l'odore, e' stata piu' semplicemente <b>una mossa da campagna elettorale costata agli elettori-contribuenti italiani la bellezza di 300 milioni di euro, per ora.</b> <br />
Denaro, tra l'altro, sottratto dal fondo della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica.<br />
La campagna elettorale e' terminata, e mentre oggi si legge del rigore che intendete portare avanti nel Dpef per pareggiare il bilancio, bene, paradossalmente votiamo un provvedimento che di rigore e di liberale non ha nulla.<br />
La campagna elettorale e' finita, solo questo spot e' costato agli italiani 300 milioni di euro, altro denaro occorrera' per pagare l'infrazione Ue, e ogni giorno la compagnia perde dai 2 ai 3 milioni di euro, per favore <b>fermatevi e provate a pensare che la soluzione meno costosa in termini economici e di posti di lavoro sia di programmare il fallimento della compagnia, gestire questo fallimento e
liberare il mercato,</b> dando cosi' ad altre compagnie la possibilita' di affermarsi su rotte oggi monopolizzate da una azienda che in una economia di mercato avrebbe gia' portato i libri in tribunali da tempo!
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=124598">radicali.it</a>