Openpolis - Argomento: bipolarismohttps://www.openpolis.it/2012-03-28T00:00:00ZMassimo DONADI: Dopo il Porcellum avremo il Bordellum2012-03-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626387Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
<b>Raggiunto un accordo sulla legge elettorale, cosa ne pensa?</b>
<p>
Tutto il male possibile. Non è una legge elettorale, è una truffa elettorale e andrà a finire che dopo il Porcellum avremo il Bordellum. Una legge che ha un unico scopo: le mani libere per i partiti. Finisce il bipolarismo, ogni partito si presenterà con il proprio simbolo e toglieremo ai cittadini italiani anche quello che avevano da prima e cioè la possibilità di sapere, prima del voto e non di scoprirlo il giorno dopo, quale sarà programma, coalizione e candidato premier. E non si venga a raccontare che, almeno, con questa legge agli italiani verrà restituito il potere di scegliere i loro candidati, perché non è nemmeno questo. Metà verrano scelti in liste bloccate, tali e quali a prima, e l'altra metà in qualcosa che si avvicina molto alla legge elettorale delle province e io credo che nessun italiano si ricordi nemmeno il nome del consigliere provinciale scritto in piccolo nella scheda a fianco del simbolo del partito che ha votato.
<p>
<b>Addirittura Bordellum, secondo lei cosa c'è dietro questo accordo?</b>
<p>
C'è un patto scellerato dove tutto è stato preso in considerazione tranne l'interesse del Paese. Il patto scellerato nasce da uno scambio: l'Udc voleva a tutti i costi la fine del bipolarismo per poter attuare al meglio la politica dei due forni e quindi scegliere, dopo le elezioni, con quale dei due partiti principali allearsi. I due partiti principali hanno concesso questa cosa all'Udc ottenendo, in cambio, di essere sovrarappresentati. In pratica siccome questi due partiti, Pd e Pdl, alle elezioni del 2008 insieme hanno preso il 72%, mentre oggi a malapena arrivano al 48%, si sono fatti dare in cambio una legge che, con il 48% dei voti, gli darà circa il 70% dei parlamentari come quattro anni fa. Quindi due partiti che hanno sempre meno consenso, e sono entrambi sul punto di esplodere, hanno scambiato il bipolarismo per un mucchio di parlamentari in più per accontentare quel terzo dei loro parlamentari che altrimenti sarebbero restati a casa.
<p>
<b>Che cosa farà l'Idv?</b>
<p>
Come è ovvio faremo una durissima battaglia parlamentare per impedire che il Bordellum diventi realtà ma ancora di più faremo una grande azione di informazione perché come oggi c'è in Italia il governo Abc, c'è anche l'informazione Abc, che non è regime, è semplicemente lottizzazione partitocratica della Rai e dei grandi mezzi di informazione e noi cercheremo di spiegare a tutti gli italiani che con questo disegno di legge non si dà più democrazia ma se ne avrà ancora di meno, torneremo alla Prima Repubblica. Non solo, il partito che si metterà in mezzo, pronto ad allearsi tanto a destra, tanto a sinistra, di fatto avrà la golden share della democrazia italiana, potrà governare ininterrottamente per i prossimi decenni scegliendo di volta in volta con quale dei due partiti principali allearsi.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.massimodonadi.it/blog/dal-porcellum-al-bordellum">sito web personale</a>Antonio DI PIETRO: «Monti viva il suo giorno da leone. Presto un nuovo '92 porterà al voto» - INTERVISTA2012-01-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it623460Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
<b>Onorevole Di Pietro, si è capito che lei critica il decreto, ma non se gli imputa un eccesso o una carenza di liberalizzazioni...</b>
<p>
"La seconda che ha detto. Noi dell’Idv siamo dell’idea che la concorrenza consenta al cittadino di ottenere i prodotti migliori al minor prezzo. Non ci piacciono le liberalizzazioni finte".
<p>
<b>Ad esempio?</b>
<p>
"Sulle banche si tratta solo di belle parole. I costi dei servizi bancari restano tra i più cari d’Europa e in più il governo costringe tutti, anche i pensionati, ad aprire un conto corrente".
<p>
<b>Un favore alle banche?</b>
<p>
"A me no di certo".
<p>
<b>Crede che il governo Monti abbia un conflitto di interessi rispetto al sistema bancario?</b>
<p>
"No, lo escludo. Monti è una persona perbene che vuole governare, ma vorrei che si desse obiettivi più alti e dimostrasse maggior coraggio".
<p>
<b>Oltre alle banche, su cosa?</b>
<p>
"Sui trasporti. Dovrebbe sciogliere subito Ferrovie Spa, affidarsi a Rfi e trasformare Trenitalia in una semplice società tra le altre. Stessa fine dovrebbe fare l’Anas".
<p>
<b>Sull’energia?</b>
<p>
"Anche lì, benissimo intervenire su Snam e aprire il mercato, ma occorre aprirlo davvero".
<p>
<b>Invece?</b>
<p>
"Invece, lasciando ad Eni il monopolio dei depositi di gas la si rende padrona del mercato, perché potrà sempre dire ai nuovi operatori: ‘Complimenti, avete prodotto tanta bella energia, ma purtroppo i depositi sono già pieni e non sappiamo dove metterla...".
<p>
<b>Sulle assicurazioni?</b>
<p>
"Quella della scatola nera è una cortina fumogena: il cittadino non ci guadagna nulla perché lo sconto che ottiene se la monta verrà conguagliato dalle compagnie con l’aumento delle tariffe".
<p>
<b>Insomma, il governo avrebbe dovuto fare di più.</b>
<p>
"Sì, Monti ha scelto una logica prudente: scontentare poco tutti per non far incazz... nessuno. Un vorrei ma non posso, un decreto equilibrista scritto con spirito democristiano".
<p>
<b>Meglio poco che niente, perché non votarlo?</b>
<p>
"Prima di dire come voteremo vogliamo vedere come diventerà il testo dopo il passaggio in Parlamento".
<p>
<b>Bersani ha schierato il Pd col governo "senza se e senza ma".</b>
<p>
"Rispetto la scelta, ma rischia di cozzare col programma di una forza riformista".
<p>
<b>La famosa foto di Vasto tra lei, Bersani e Vendola sembra ormai ingiallita...</b>
<p>
"Non credo, il Pd ha bisogno di noi e noi del Pd. Comunque, le coalizioni le fanno le leggi elettorali".
<p>
<b>Dunque?</b>
<p>
"Dunque, io sono per il bipolarismo, cioè la possibilità che gli elettori scelgano coalizioni e premier. E se il Pd ha cambiato idea...".
<p>
<b>Crede che il governo Monti arriverà a fine legislatura?</b>
<p>
"Credo che Monti farebbe meglio a decidere di vivere un giorno da leone, perché non è detto che possa viverne cento da pecora".
<p>
<b>Perché?</b>
<p>
"Ho le antenne lunghe, io".
<p>
<b>E cosa ha captato?</b>
<p>
"Ho sentito il discorso di Bossi a Milano e ho captato i rumors sulla regione Lombardia...".
<p>
<b>
Quali rumors?</b>
<p>
"Quelli che dicono che siamo solo all’inizio. Esattamente vent’anni fa, il 17 febbraio, Mario Chiesa veniva arrestato e Craxi lo definì un ‘mariuolo’ pensando di potersi salvare. Sappiamo come finì".
<p>
<b>Perché lo ricorda?</b>
<p>
"Perché lo stesso errore lo sta commettendo Formigoni: altro che ‘fatti singoli e personali’, qui siamo alla resa dei conti giudiziaria e politica. Molta gente sta parlando e si scoprirà presto che quello era un sistema, e il sistema lombardo vigeva e vige anche a Roma, a Palermo...".
<p>
<b>
E questo cosa c’entra con la durata di Monti?</b>
<p>
"C’entra, in Lombardia la situazione è compromessa e credo che si dovrà votare entro l’anno. In più tra poco ci saranno le amministrative. Se Bossi vuole vincere dovrà allearsi con Berlusconi che dovrà staccare la spina a Monti".<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=19R4N0">Quotidiano.net - Andrea Cangini </a>Paolo FERRERO: Primarie ma di programma e poi subito alle urne. Per uscire a sinistra dalla crisi - INTERVISTA2011-11-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it618003<br />
<i>"Il governo se ne andrà e per questo stasera brindiamo", esordisce Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista mentre i tg di prima serata danno conto di quanto avvenuto al Colle - l'ostinazione di Berlusconi ha demolito la credibilità non solo del governo ma più complessivamente della politica, della stessa democrazia. Sembra di assistere ad una Weimar al rallentatore, c'è una crisi palese del regime, della seconda repubblica.</i>
<p><b>C'è anche un recentissimo sondaggio che conforta questa osservazione: due terzi degli intervistati ritiene che, per uscire dalla crisi economica la prima misura sia abbattere i costi della politica, solo un terzo crede che sia più utile una patrimoniale.</b>
<p>
L'antipolitica - intesa come sfiducia radicale nella politica - ha ormai una dimensione di massa. In realtà noi abbiamo dinnanzi due ipotesi, che si alimentano a vicenda, di uscita a destra dalla crisi del governo e della democrazia. Da un lato il governo tecnico che sarebbe un governo tecnocratico, cioè il governo della Bce e non del popolo italiano. Pensa alla Grecia che non ha nemmeno potuto decidere di fare un referendum sulle sue politiche. Dall'altra l'ipotesi populista che ancora non ha dato il peggio di sè. Pensa se Berlusconi potesse uscire da questa situazione gridando al ribaltone. E pensa alla Lega che, finora, è rimasta imbrigliata nel governo e ha dovuto stare al gioco. Se l'esito dovesse essere il governo tecnico la Lega già ha detto che ne resterà fuori, possiamo immaginarci che tipo di campagna di nazionalismo secessionista e razzista potrebbe fare. Esiste il rischio di un'uscita ancora più a destra dalla crisi.
<p>
<b>E' addirittura un passo indietro rispetto al quadro angusto dato dal bipolarismo?</b>
<p>
Infatti, la dialettica rischia di essere tra tecnocrati e populismo di destra. Per questo siamo contrarissimi ad un governo tecnico e proponiamo la via maestra delle elezioni. Di fronte ad una crisi politica occorre ridare la parola al popolo.
<p>
<b>L'obiezione più gettonata è che questo sistema elettorale è improponibile.</b>
<p>
Nessuna controindicazione, compreso il voto con il Porcellum è maggiore della controindicazione della ricostruzione di un governo di destra o del governo tecnocratico guidato da Monti o similari con il corollario di una opposizione razzista allo stesso. Occorre andare a votare il prima possibile per uscire dalla palude.
<p>
<b>Viene molto utilizzata la suggestione della transizione di vent'anni fa tra prima e seconda repubblica. Si fa perfino il nome di Amato.</b>
<p>
Beh, quella transizione è stata un disastro di cui ancora paghiamo le conseguenze e a cui Rifondazione comunista si è opposta con tutte le sue forze. Oggi sarebbe anche peggio perchè la crisi macina molto di più e perchè la crisi delle istituzioni è assai maggiore.
<p>
<b>E come affrontare le urne in queste condizioni?</b>
<p>
Noi proponiamo un fronte democratico per battere le destre che veda l'alleanza della sinistra con il centrosinistra, senza i centristi. Pur non vedendo le condizioni per governare insieme al Pd, siamo interessati alla maggiore discontinuità possibile sia sul piano democratico che sociale. Nella realtà e nella percezione della nostra gente c'è la necessità di cacciare Berlusconi. Visto che il sistema elettorale è maggioritario noi dobbiamo stare in sintonia con questa necessità e questo sentimento e contribuire alla cacciata di Berlusconi. Parallelamente poniamo al centrosinistra il tema della democrazia e della partecipazione: per questo proponiamo le primarie di programma, per far decidere al popolo dell'opposizione non solo chi dovrà governare ma per fare cosa. Al rischio di uscita a destra dalla crisi - nelle sue varianti tecnocratiche e populiste - noi dobbiamo proporre una uscita da sinistra. Nel popolo del centrosinistra non la pensano tutti come Renzi: dobbiamo costruire una sponda politica per quei contenuti e attivare delle forme di partecipazione diffusa.
<p>
<b>Ma così come si declina un'altra necessità, quella dell'autonomia politica della sinistra dal quadro dato?</b>
<p>
Allargando la sfera della democrazia. Ho detto delle primarie di programma. Dobbiamo costruire un referendum sui vincoli europei, anche in forma autogestita. Così come stiamo predisponendo con altre forze una campagna referendaria su cui raccogliere le firme a partire da gennaio. Esiste già un fronte ampio contro l'articolo 8. Stiamo discutendo anche sulla legge 30 e su quesiti che consentano di ripristinare il proporzionale. Se raccogliamo le firme a gennaio si voterebbe qui referendum un anno dopo le elezioni e questo sarebbe un modo assai efficace per intervenire dentro la politica da parte della società.
<p>
<b>Quindi con le elezioni determinare il quadro politico migliore possibile e poi nella società cambiare i rapporti di forza?</b>
<p>
E' chiaro che cacciare Berlusconi non risolverà il problema dell'alternativa, dunque le primarie, i referendum, l'azione dei movimenti determinerebbero la possibilità di interagire col quadro politico con una forza esterna. La dialettica parlamentare non può esaurire la ricerca della costruzione dell'alternativa, perciò dobbiamo costruire la forza nella società. Ma c'è anche una ragione di fondo nella ricerca di forme di democrazia diretta: dentro questa crisi economica c'è la crisi della democrazia rappresentativa. Nel neoliberismo, attraverso le politiche fatte dagli stati c'è stato un passaggio di poteri dagli stati alla finanza, dai parlamenti ai governi e da questi al direttorio Bce/Germania.
<p>
<b>Anche da questo si percepisce come gli spazi per la politica siano strettissimi.</b>
<p>
La politica, applicando politiche neoliberiste, ha scelto di non contare lasciando fare ai potentati economici. Da un lato c'è una crisi fortissima di legittimità, dall'altro, però, c'è una fortissima domanda di democrazia spesso deviata dai mass media in termini "anti-casta". Noi invece dobbiamo saper riconoscere la domanda sociale come domanda di potere: in Molise, alle recenti regionali ha votato meno gente che ai referendum di giugno che hanno incarnato questa domanda sociale di partecipazione. Della stessa cosa ci parlano le esperienze della Val di Susa, della Fiom, del 15 ottobre che, al di là di tutto è stata in Italia la più grande piazza di quel giorno. Ma tutto ciò non ha uno sbocco politico. Che siano su Vendola, o sulla variante più di destra Renzi, le primarie sono una sussunzione di quella voglia di partecipazione dentro un meccanismo di iperdelega al leader carismatico. Dalla delega al partito alla delega al leader. Pensa che solo la Fds e il Pd non hanno il nome del capo sul simbolo elettorale. Le primarie di programma sono utili a individuare dei nodi - no alla guerra e alle spese militari, no alla precarietà, sì ai beni comuni e alle ripubblicizzazioni - da indicare al centrosinistra perchè si scelga non solo chi ma che cosa fare.
<p>
<b>Ma come è possibile ricostruire spazi di democrazia partecipata ed efficace? Esiste il problema di "un nuovo che non nasce"?.</b>
<p>
I problemi sono tanti, occorre lavorarci in direzione della socializzazione della democrazia. Oggi i referendum non hanno più la sola valenza di fotografare lo scarto tra paese reale e paese formale. Oggi possono avere una valenza costituente di soggettività. Per questo seguiamo l'esperienza dei movimenti per l'acqua (parteciperemo alla manifestazione nazionale del 26 novembre e stiamo dentro a tutte le sperimentazioni di costruzione della soggettività della società civile con interessi antagonisti alla grande finanza. Ma per questo serve che si trovino forme persistenti di autorganizzazione, di contropotere dal basso. Penso che in tutta Italia si debba agire come si agisce in Val di Susa. E poi la politica va riconnessa al fare. <br />
Ecco perchè siamo l'unico partito a spalare fango a Genova, l'unico a intervenire nel terremoto, a fare i Gap. Le condizioni per l'alternativa nascono nella densità sociale che si contribuisce a ricostruire.
<p>
<b>Ma chi potrebbero essere gli interlocutori di questa ricerca?</b>
<p>
Coloro che hanno fatto l'opposizione sociale in questi anni. A differenza di altre fasi storiche, l'elemento democratico è costituente. Nella sua crisi, il capitalismo cerca di restringere la partecipazione per restituire, come nell'Ottocento, il potere ai padroni e ai banchieri riducendo il conflitto sociale a problema di ordine pubblico. Noi, al contrario, dobbiamo favorire l'irruzione delle masse nello spazio pubblico. Noi vogliamo aggregare la sinistra di alternativa a partire dalla ricostruzione della soggettività, la sinistra che opera per rompere il senso di impotenza, che "aiuta" - come diceva Vittorio Foa - la gente a governarsi da sé. Per tutto questo la sinistra d'alternativa deve essere in grado di non subire, di non farsi sovradeterminare, dal falso movimento del bipolarismo che ci vorrebbe o marginali o allineati.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2011/11/9/17244-primarie-ma-di-programma-e-poi-subito-alle-urne-per-uscire/">Liberazione - Checchino Antonini</a>Paolo FERRERO: Verso il 15 ottobre. "Occorre un movimento antiliberista di massa" - INTERVISTA2011-10-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617295<br />
<i>Nella direzione nazionale di Rifondazione Comunista giungono notizie sempre più positive per la manifestazione di sabato. Saranno in migliaia le compagne e i compagni vicini al partito e alla FdS che si preparano a raggiungere Roma, consapevoli di ritrovarsi forse alla prima tappa di un percorso di cambiamento molto radicale non solo nel Paese. Paolo Ferrero, segretario del Prc, giudica molto importante l’impegno del partito in questa mobilitazione, tanto nella sua espansione del 15 ottobre quanto nel radicamento nei territori.</i>
<p>
«Il problema che abbiamo in Italia è quello di non cadere dalla padella nella brace. Dobbiamo riuscire a cacciare Berlusconi ma non dobbiamo permettere che si costituisca un governo senza che cambi la sostanza del proprio operato. Per questo occorre costruire un movimento antiliberista di massa e lavorare affinché diventi anticapitalista. La crisi è del liberismo e solo uscendo da questo si può determinare una soluzione della crisi. Non basta prendersela contro questo o quel leader, dobbiamo affrontare l’origine del problema. Perciò siamo interessati a costruire unitariamente un movimento che deve sedimentarsi nei territori e divenire punto di aggregazione di massa».
<p>
<b>Su quali prospettive secondo te?</b>
<p>
«Affinché possa proseguire credo occorrano due elementi fondamentali. Innanzitutto la democrazia e la partecipazione. Non è casuale che ad aprire la manifestazione di sabato ci siano esponenti di vertenze in corso, e poi realtà come i comitati per l’acqua e il movimento della Val di Susa. Rappresentano una istanza di democrazia e della partecipazione dal basso e che mirano agli interessi e al potere del popolo intero. Anche per questo noi proporremo un referendum per l’abolizione dell’Articolo 8 della manovra e della Legge 30 sulla precarietà. Il secondo elemento riguarda il fatto che questo movimento deve poter decidere e mantenere una autonomia dal quadro politico. La sua costruzione deve restare indipendente dalle dinamiche ristrette, non deve piegarsi sulle elezioni cercando la propria soluzione in questa o quella lista. Il punto che secondo me deve essere posto è quello di una strategia di allargamento degli spazi di democrazia».
<p>
<b>Ma sono molto diffuse nel movimento le posizioni di chi rifiuta la presenza dei partiti, avverte la distanza dalla politica e si sente irrappresentabile.</b>
<p>
«Si tratta di una distanza che è frutto della distruzione che si è operata della democrazia attraverso il bipolarismo e attraverso partiti che non fanno il loro mestiere. Una questione seria a cui ognuno deve dare una risposta. Il nostro rapporto con i movimenti vuole essere quello di esserci costantemente e coscientemente sottolineando la necessità di autonomia ed evitando ogni forma di strumentalizzazione. Ogni volta che si partecipa devono essere chiare e dichiarate le ragioni per cui si è presenti».
<p>
<b>L’appello del Coordinamento 15 ottobre è breve e denso. Quali sono le ragioni per cui il Prc ci si riconosce?</b>
<p>
«Per noi il senso è abbastanza semplice: o l’Europa cambia politica e non si deve pagare il debito. Pagare significa essere macellati e finire come la Grecia. Non lo diciamo per uscire dall’euro. L’obbiettivo è costringere l’Europa a cambiare politica ma perché cambi realmente non si può restare nelle regole già dettate. Sono regole fatte per mantenere lo status quo, è per questo che da queste regole bisogna uscire».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/notizia/Conflitti/2011/10/14/16441-verso-il-15-ottobre-intervista-a-paolo-ferrero-prc-evitare/">Controlacrisi.org</a>Angelino ALFANO: Stop ai "Frondisti"2011-10-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609800Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
<i>Alfano stoppa i frondisti Pisanu e Scajola che chiedono un passo indietro al premier e lancia un messaggio chiaro anche a Casini: non c'è alternativa a Berlusconi.</i>
<p> "La condizione che mi viene posta dall'Udc è accantonare Berlusconi e noi siamo pronti. E' una condizione impraticabile e ingiusta. Io lavoro all'aggregazione di moderati senza condizioni capestro".
<p> <i>Lo ha detto il segretaro del Pdl Angelino Alfano nel corso del suo intervento a Saint Vincent.</i>
<p>"Chi mi chiede ogni giorno di accantonare Berlusconi abbia le idee chiare se non le ha avute fin qui, altrimenti abbia l'onestà di dire tutto il contrario, che non condivide il mio diniego. Dico con con grande chiarezza che lavoro per un percorso di aggregazione delle forze moderate senza condizioni-capestro che vedrebbero un sentimento di ingiustizia alimentarsi dentro il Pdl. La nostra é una posizione molto netta molto chiara".
<p> <i>Ha aggiunto inoltre che il PdL non intende tornare indietro sul bipolarismo</i>, "una condizione di democrazia trasparente in cui chi vince governa e chi perde va all'opposizione". <i>E sulla legge elettorale bisogna</i> "restituire ai cittadini il diritto di scelta del parlamentare, ma anche del premier". "Vogliamo restituire il diritto di scelta del parlamentare, unendolo al diritto di scelta del premier, perché se noi togliamo ai cittadini il diritto di scelta del premier, nel momento in cui diamo loro il diritto di scelta del parlamentare, truffiamo i cittadini".
<p>"Entrambe le cose vanno fatte, stabiliremo come, troveremo la formula migliore".
<p> <i>Sul punto dell'intoccabilità di Berlusconi, anche Umberto Bossi è irremovibile. Rivolto ai frondisti, ha detto: "Può essere tutto, ma senza Berlusconi, dove vanno? Chi li piglia i voti. Scajola?"</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.libero-news.it/news/841255/Alfano-stoppa-i-frondisti-Silvio-non-si-tocca-.html">www.libero-news.it</a>Pier Luigi BERSANI: «Sulle pensioni sono pronto a discutere» - INTERVISTA2011-08-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it607914Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Ne ha per il tandem Berlusconi-Tremonti, rei «di aver disseminato il Paese di macerie»; e ne ha - naturalmente - per la Lega, perché «è un anno che denuncio le loro contraddizioni, e ora osservo l’effetto della crisi strategica in cui sono caduti». Ma Pier Luigi Bersani commenta anche l’ultima uscita (lunedì a Cortina) di Luca Cordero di Montezemolo, prendendosela con «un certo terzismo che attacca destra e sinistra ma non dice mai da che parte sta». Interrotte le vacanze (in realtà mai cominciate) per tornare a Roma e definire gli emendamenti pd alla manovra-bis del governo, il leader democratico accoglie con cortesia la richiesta di intervista. Che non può che cominciare dall’intervento pronunciato dal Capo dello Stato l’altroieri a Rimini.
<p>
<b>Il Presidente Napolitano è parso avercela anche col Pd, colpevoli di far risalire a Berlusconi qualunque problema investa il Paese.</b>
<p>
«Noi ripassiamo sempre due o tre volte, nella nostra testa, quello che dice il Presidente. Lo ascoltiamo. Io rivendico al Pd di aver fin dal primo giorno, inascoltato, descritto la situazione per quel che era: inascoltato sia da chi raccontava le favole sia da chi faceva finta di crederci. La crisi è stata sottovalutata e tenuta nascosta: è un’accusa che teniamo ferma e che siamo pronti a documentare. Mi pare che il Presidente riconosca che sia andata così. Mi piacerebbe un riconoscimento anche da parte di altri...».
<p>
<b>Quanto al resto?</b>
<p>
«Quale resto?».
<p>
<b>Chiamiamolo un presunto eccesso di antiberlusconismo.</b>
<p>
«Il Presidente, come tutto il Paese, sa che noi intendiamo essere un’opposizione di governo assolutamente responsabile: ma alternativa. Ripeto: alternativa. Perché la cura berlusconiana cui è sottoposta l’Italia, è un assoluto disastro».
<p>
<b>Il Quirinale insiste nel chiedere a tutti coesione e senso di responsabilità. Dopo il varo della manovra di luglio e poi le mancate dimissioni del governo, lei disse: la nostra responsabilità si ferma qui. E oggi, dunque?</b>
<p>
«Intendevo ed intendo che la nostra responsabilità si ferma alla soglia del merito delle scelte. Noi ci prendiamo come sempre la responsabilità di cercare soluzioni, garantiamo il saldo di bilancio e perfino i patti con l’Europa fatti da Tremonti (sui quali avremmo molto da dire). Però le ricette no: la nostra collaborazione si ferma davanti a un merito che non condividiamo. Perché non ci possono raccontare, per esempio, che in un momento così non si può far pagare chi non ha mai pagato».
<p>
<b>Raccontano questo?</b>
<p>
«Da molte parti sta venendo fuori questa favola: che non è possibile, non è mai possibile far pagare chi non ha mai pagato. E’ vergognoso. E noi su questo ci impuntiamo con tutti e due i piedi».
<p>
<b>Si riferisce al “no” ricevuto all’idea di prelievo sui capitali cosiddetti “scudati”?</b>
<p>
«Non solo a quello. La nostra proposta di articola su pochi punti. Primo: una terapia choc contro l’evasione. Proporremo l’uso di sette o otto grimaldelli che, se utilizzati, possono aiutare a cominciare a vincere la battaglia. Secondo: una imposta sui patrimoni immobiliari rilevanti. Terzo: un ridimensionamento drastico di pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. Quarto: un contributo di solidarietà che finalmente gravi non sui tassati ma sui condonati. A questo aggiungiamo liberalizzazioni, dismissioni ragionevoli del patrimonio pubblico, e un po’ di politica industriale e di sostegno all’economia. Per l’amor di Dio: si può non essere d’accordo, ma non si snobbi questo piano. Perché non ci faremo intimidire da chi dice semplicemente che non si può».
<p>
<b>E le pensioni, scusi?</b>
<p>
«Le pensioni sono un discorso serio, ed è ora di smetterla di tentare di cavar soldi da lì, per coprire il buco del giorno, per non toglierli agli evasori o a chi è sempre al riparo. E’ insopportabile. Comunque, se dopo tutto quello che ho elencato si vuol parlare di evoluzione del sistema pensionistico a favore dei giovani, si ricordi che noi siamo i primi ad aver fatto la riforma. Io sono per discutere, dunque. Abbiamo sempre detto che per noi la messa a regime del sistema consiste nell’individuare una fascia di anni nella quale ci sia flessibilità di uscita in ragione di meccanismi di convenienza. Parliamone. Quel che non accetto è che per colmare il buco degli enti locali si vogliano toccare le pensioni: si facciano pagare i condonati e si metta una tassa sui patrimoni rilevanti. Se non sanno come si fa, glielo spieghiamo noi».
<p>
<b>Magari lo sanno ma non vogliono farlo...</b>
<p>
«Possibile. Allora, però, non accusino noi di chiusura. Della flessibilità di cui dicevo, per altro, avevamo parlato già nella nostra conferenza sul lavoro, mesi fa. Altro che chiusura».
<p>
<b>Anche Montezemolo, però, critica il presunto silenzio del Pd sulla manovra e dice che il poco che avete proposto la ritassazione dei capitali “scudati” non si può fare.</b>
<p>
«Devo dire la verità: a me le sue dichiarazioni non sono piaciute. Nel merito: si limiti a dire se sia più giusto chiedere solidarietà ai condonati o ai tassati, perché siamo grandi e non siamo nati ieri, a renderla praticabile ci pensiamo noi. Più in generale - e alludo a Montezemolo e non solo - è uno sport antico di certo terzismo cercare di farsi largo semplicemente criticando a destra e a manca: ma sono cose, diciamo così, da precampionato...<br />
Noi siamo in un sistema ormai radicalmente bipolare: e oltre a dire cosa si vuol fare, bisogna anche spiegare da che parte si sta. Perché finché c’è il precampionato, va tutto bene: ma quando si arriva al dunque, bisogna scegliere.<br />
Chiunque entra in politica con obiettivi positivi, naturalmente, è sempre benvenuto: ma scelga e spieghi da che parte sta. Perché l’Italia, al punto in cui è, per i precampionati davvero non ha più tempo».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=13FHR3">La Stampa - Federico Geremicca</a>Maurizio ACERBO: Appunti sul referendum per il bipolarismo2011-08-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590962Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Abruzzo (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) - Consigliere Consiglio Comunale Pescara (PE) (Lista di elezione: PRC) <br/><br/><br />
Lo slogan con cui viene presentata la raccolta firme per il referendum elettorale recita "contro il parlamento dei nominati". Trascura però il particolare non secondario che, ove il quesito ottenesse la maggioranza dei voti e il quorum, il risultato sarebbe un sistema elettorale uninominale maggioritario. <br />
Anche il parlamento eletto con collegi uninominali è un parlamento di nominati! <br />
Mai sentito parlare di collegi sicuri? Se la tua coalizione candida uno stronzo o ti astieni, o devi votare per l'opposto schieramento. Il referendum su cui raccoglieranno le firme Veltroni, Sel e IdV è un referendum per il bipolarismo più che contro il porcellum (infatti è stato pensato per bloccare il referendum proporzionalista).
<p>
L'uninominale maggioritario costringe alle coalizioni forzate perchè un partito che stia fuori da una delle due coalizioni principali e che totalizzasse anche milioni di voti su scala nazionale (persino superando il 10%) arriverebbe sempre terzo e sarebbe escluso dal parlamento, com'è accaduto per anni in Gran Bretagna alle forze a sinistra dei Labour di Blair e ai Verdi.
<p>
Paradossalmente è un sistema che favorisce la Lega che essendo un partito territoriale, pur avendo una percentuale non elevatissima su scala nazionale, nei collegi di alcune regioni è fortissima.
<p>
Nel caso di Veltroni e Di Pietro si tratta di un referendum coerente con la loro storia, nel caso di Sel si rinnegano venti anni di battaglie proporzionaliste.<br />
Triste e cinica replica dell'occhettismo. Anche allora si abbandonò prima il riferimento al comunismo, poi si abbracciò il maggioritario di Mario Segni (anche oggi tra i sostenitori del referendum).
<p>
Credo che anche questa vicenda dimostri che il progetto di Sel non sia quello di una Linke italiana come pensavano molti ingenui sostenitori, ma un rebranding per il progetto veltroniano e debenedettiano di una sinistra che assuma fino in fondo le sembianze del partito democratico americano.
<p>Il concetto di re-branding lo trovate in un articolo recente di Naomi Klein su Obama e i dieci anni di No Logo, ma si adatta molto bene all'endorsement che Nichi Vendola ha ricevuto dall'informazione mainstream di area centrosinistra.
<p>
La critica della sinistra radical americana ha insistito molto su questo punto: il duopolio politico americano si è evoluto in due partiti, sostanzialmente conservatori, che sono uno la replica dell’altro e in cui gli unici elementi di differenza riguardano aspetti marginali. Una buona descrizione di centrodestra e centrosinistra nel loro alternarsi al governo della penisola. Se non avete voglia di leggere i libri di Chomsky o di Zinn consiglio la visione di film come The Corporation o Sicko di Michael Moore.
<p>
La vittoria di Obama ha suscitato giustificati entusiasmi come tutte le sorprese imprevedibili ma, dopo l'euforia, mi pare che sia venuto fuori in maniera lampante che la gabbia rappresentata da un sistema politico come quello americano abbia sostanzialmente frustrato le speranze riposte nel supercandidato.
<p>
I sistemi politici europei saranno meno euforizzanti delle primarie americane e delle conventions (di cui una volta ci entusiasmavano a sinistra solo le contestazioni all'esterno), però hanno avuto una capacità di garantire pluralismo e diritti sociali inimmaginabili negli USA, che hanno un'aspettativa media di vita più bassa non solo dell'Italia ma anche di Cuba.
<p>
Ovviamente non idealizzo la proporzionale e l'Europa e nemmeno i partiti del movimento operaio, però credo sia suicida investire su un bipolarismo che è di gran lunga l'architettura istituzionale più impermeabile alle istanze delle classi subalterne.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=39&id=16856&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">controlacrisi.org</a>Dario FRANCESCHINI: Governo: ogni alternativa è un passo avanti ma prima bisogna vincere2011-07-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590323Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>Rispetto all'attuale governo ''qualsiasi altra soluzione sarebbe un passo avanti'' ma prima di parlare di governi di transizione ''bisogna vincere''. Lo afferma <b>Dario Franceschini</b>, capogruppo del Pd alla Camera, parlando con i giornalisti a margine della Festa regionale del Pd a San Miniato (Pi). A proposito delle varie ipotesi di un governo diverso dall'attuale, in caso di caduta di Berlusconi, <b>Franceschini</b> rileva che ''prima bisogna arrivare li'''. Pero', aggiunge, ''ormai e' chiaro a tutti che Berlusconi e' un ostacolo per la sua stessa maggioranza e per il Paese e costa agli italiani cifre spaventose perche' la perdita di credibilita' fa aumentare lo spread rispetto ai titoli tedeschi''. Ma, ammonisce nel suo intervento alla festa, ''non dobbiamo fare l'errore di pensare che abbiamo gia' vinto: nel 2006 eravamo avanti di 12 punti e abbiamo vinto per miracolo di 24 mila voti, perche' il massimo dei suoi mezzi Berlusconi lo mette in campo in campagna elettorale non quando governa perche' quando governa e' una schiappa''.
<p>
''Leggo interviste su chi guidera' il governo di transizione, chi vincera' dopo - dice ancora il capogruppo Pd -. Prima bisogna vincere e stare attenti perche' i prossimi mesi saranno i piu' difficili perche' i colpi di coda sono sempre i piu' pericolosi''. E <b>Franceschini</b> rilancia l'idea di una ''legislatura di transizione'' con una alleanza larga: ''Con questa legge elettorale non ci si puo' fidare, non si puo' rischiare, bisogna essere sicuri di vincere e poi ricostrire il Paese, e ci saranno montagne di macerie''. Quindi apertura a un largo schieramento dalla sinistra che non e' in Parlamento al Terzo polo. ''E dopo la ricostruzione - conclude <b>Franceschini</b> - torneremo avversari''.
<p><a href="http://www.youdem.tv/doc/213995/dario-franceschini-alla-festa-regionale-del-pd-della-toscana.htm"><b>Video dell'intervento di Dario Franceschini</b></a><br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-GOVERNO__FRANCESCHINI__OGNI_ALTERNATIVA_PASSO_AVANTI_MA_PRIMA_VINCERE-1037435-POL-1.html">Asca</a>Paolo FERRERO: «Uscire da questa crisi? Si può fare. Da sinistra» - INTERVISTA2011-02-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557979<br />
Occorre uscire dalla politica di palazzo e dalla discussione morbosamente centrata su Berlusconi per rimettere al centro la questione sociale. «La decisione di fare una campagna di massa sulle questioni sociali nasce da qui: occorre dare una risposta praticabile di uscita a sinistra dalla crisi e su questo costruire un movimento di massa», spiega a Liberazione Paolo Ferrero in un’intervista incastonata all’indomani di un’importante riunione di direzione e alla vigilia di un convegno a Roma sui vent’anni del partito.
<p>
<b>Dopo i segnali degli studenti e dei metalmeccanici, però, le opposizioni parlamentari sembrano incapaci di muoversi.</b>
<p>
In questi mesi l’opposizione ha privilegiato l’azione di palazzo, infatti. Prima inseguendo l’idea di un governo tecnico e ora con la proposta di D’Alema di andare alle elezioni con Fli e Udc, che è la continuazione della manovra di palazzo. Tutto ciò, però, non costruisce mica l’alternativa al berlusconismo ed esiste il rischio che Berlusconi riesca a restare in piedi. Ma in quello scenario le cose non resterebbero invariate. Succederebbe come all’indomani del delitto Matteotti che, non essendo riusciti a farlo cadere, Mussolini ne uscì rafforzato.
<p>
<b>Ma è possibile in questo quadro che l’opposizione cambi terreno prima che la crisi eroda quel che rimane delle conquiste del Novecento?</b>
<p>
Noi lavoriamo per questo. Per prima cosa si deve passare da una discussione tutta assorbita sul versante del palazzo a una discussione nella società. La direzione di ieri, appunto, è stato un primo momento di elaborazione per una campagna di massa sulla questione sociale che si ponga obiettivi praticabili e capaci di cambiare il segno ai processi. In gioco c’è la costruzione di una alternativa a Berlusconi e Marchionne, cioè alla gestione capitalistica alla crisi.
<p>
<b>Dov’è la novità rispetto a strade percorse finora?</b>
<p>
Noi proponiamo una piattaforma chiara e praticabile. Una redistribuzione del reddito verso il basso, la creazione di nuovi posti di lavoro con la riconversione ambientale, il blocco delle delocalizzazioni, il rilancio di scuola, università e cultura. Tutte cose attuabili con una tassa patrimoniale al di sopra degli 800mila euro - oggi l’1% della popolazione possiede il 13% delle ricchezze e il 60% si spartisce il 13% - con la lotta all’evasione fiscale, tagliando le grandi opere, recuperando i soldi pubblici dati alle imprese che delocalizzano, tagliando di un quinto le spese militari. La novità sta nel tentativo di andare oltre il livello della propaganda episodica costruendo su queste proposte concrete e immediatamente praticabili, una vera e propria campagna fatta di volantini, dibattiti, proposte di legge regionali, delibere consiliari, costruzione di vertenze concrete con i disoccupati e i lavoratori. Una campagna per dire che dalla crisi si può uscire e noi avanziamo proposte concrete, denunciando che i soldi ci sono, è solo un problema di volontà politica distribuirli. Una campagna di massa - collegata alla richiesta di sciopero generale e alle campagne per i no ai referendum - per battere il senso di impotenza che attanaglia la nostra gente.
<p>
<b>Ma come si batte elettoralmente Berlusconi?</b>
<p>
Su questo piano bisogna sconfiggere la proposta neocentrista del Pd proponendo al contrario un fronte democratico, che unisca Pd e forze di sinistra, e che sia fondato sul rispetto e lo sviluppo della Costituzione e sul superamento del bipolarismo. Senza Fli e Udc quindi. Il Cln non fu costituito dai gerarchi fascisti che avevano defenestrato Mussolini nel gran consiglio del fascismo del luglio ’43; il Cln lo hanno costituito i partiti antifascisti. Il Pd dovrebbe ricordarsene prima di cercare di imbarcare Fini che ha condiviso tutti i peggiori provvedimenti del governo Berlusconi. Ma l’aggregazione tra il Pd e le sinistre deve riuscire a definirsi perché se si creasse solo come risulta del rifiuto di altri quell’alleanza non diventerebbe senso comune. Ecco, la campagna sociale che vogliamo far partire serve anche a questo, a dialogare, a sintonizzarsi con quanti si sono schierati con la Fiom - penso a Uniticontrolacrisi - a trovare una piattaforma comune. Perché uno schieramento che escluda le forze che hanno cinguettato con Berlusconi non è ancora l’alternativa al Berlusconismo. Mezzo Pd, come sai, sta con Marchionne.
<p>
<b>Certo che i vent’anni del percorso di Rifondazione e il prossimo congresso non potevano cadere in una fase più complicata.</b>
<p>
Finora la nostra storia è stata scritta dagli altri, in particolare da chi ha fatto le diverse scissioni. Vogliamo cominciare a fare noi la nostra storia, vogliamo fare un bilancio del nostro percorso, anche degli errori compiuti, che ci aiuti a fare un passo in avanti nel processo della rifondazione comunista. Vogliamo rileggere la nostra storia – di cui non ci vergogniamo – per andare avanti, non per restare girati indietro. Anche il congresso dovrà quindi porsi un duplice obiettivo. Da un lato l’obiettivo di fare un passo in avanti concreto nella rifondazione comunista, cioè nell’elaborazione di un pensiero e di una pratica comunista efficace. Dall’altra di fare un passo in avanti sulla strada di costruire un polo autonomo della sinistra anticapitalista: la federazione. Noi vogliamo fare un congresso che elabori una proposta di fase, con cui dialogare con tutti i comunisti e a tutte le comuniste comunque collocate, per ricercare un percorso unitario. L’unità deve essere ricercata a partire da una proposta politica chiara e – si spera – efficace. Vogliamo quindi costruire un congresso di proposta e unitario, che superi ogni tendenza all’autoconservazione.
<p>
<b>Sembra già una risposta a chi ha annunciato l’uscita dal Prc per andare a fare il partito dei comunisti. Penso all’appello firmato da Giannini.</b>
<p>
Al di là delle sua scarsa rilevanza numerica contenuta, il senso di quell’appello è un attacco frontale al partito della rifondazione comunista e al suo progetto. Così come l’Arcobaleno aveva abbandonato il comunismo in nome di una sinistra senza aggettivi, così questo appello sceglie di abbandonare la rifondazione in nome di un comunismo senza aggettivi. Se vuoi è assolutamente simmetrico, speculare, al percorso vendoliano: separare il comunismo dalla rifondazione. Si tratta quindi della ripetizione di un errore grave che va combattuto. Il nostro problema è di fare un partito rivoluzionario; a tal fine serve una analisi di fase e una proposta politica chiara, non una suggestione.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=39&id=11797&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">Liberazione - Francesco Ruggeri</a>Massimo D'ALEMA: «Al voto per salvare l'Italia. Un'alleanza costituente manderà a casa il governo» - INTERVISTA2011-01-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557430Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />Poi, referendum sulle istituzioni. "Una consultazione potrebbe chiedere agli italiani di scegliere tra parlamentarismo e presidenzialismo". "La legittimazione maggioritaria usata contro il principio di legalità: questo il vero atto eversivo". "Siamo in una crisi democratica gravissima. Le opposizioni mettano da parte politicismi e interessi personali"
<p>
"Il Paese attraversa una crisi democratica gravissima. Se Berlusconi non si dimette, l'unico modo di evitare l'impasse e il caos politico-istituzionale è andare alle elezioni anticipate. Chiedendo agli elettori di promuovere quel governo di responsabilità nazionale che è necessario al Paese, per uscire da una crisi così profonda. Lancio un appello alle forze politiche di questo potenziale schieramento:
uniamoci, tutti insieme, per superare il berlusconismo". <br />
Massimo D'Alema rompe gli indugi. Di fronte alla "notte della Repubblica" in pieno corso, il presidente del Copasir apre per la prima volta al voto anticipato, e invita tutti, dal Terzo Polo all'Idv alla sinistra radicale, ad allearsi con il Pd in una sorta di "Union sacrè" elettorale.
<p>
<b>Presidente D'Alema, siamo al punto di non ritorno: il Quirinale lancia un serio altolà contro la degenerazione politica, tanto da far ipotizzare ad alcuni ministri un ricorso all'articolo 88 della Costituzione, e quindi lo scioglimento delle Camere. Lei che ne pensa?</b>
<p>
"Mi lasci essere prudente su iniziative che vengono attribuite al Capo dello Stato.<br />
Ma il solo fatto che circolino ipotesi di questo tipo dimostra quanto sia drammatica la situazione in cui ci troviamo. Ormai siamo in piena emergenza democratica. Non voglio parlare dello scenario morale, che pure è uno dei lasciti più devastanti del berlusconismo come disgregazione dei valori condivisi. Mi riferisco alla crisi politica e istituzionale, al conflitto tra i poteri dello Stato innescati da un premier che rifiuta la legge. Questo è il vero fatto eversivo: la legittimazione maggioritaria che si erge contro il principio di legalità. Una situazione insostenibile, che ci ha portato alla paralisi totale delle istituzioni, e persino all'idea pericolosa di fare appello alla piazza contro i magistrati, di cui stavolta tutto si può dire fuorché non abbiano agito sulla base di un'ipotesi accusatoria fondata. La vera anomalia è nel fatto che in tutti i paesi del mondo un leader nelle condizioni di Berlusconi si sarebbe dimesso già da tempo, o sarebbe stato già "dimesso" dal suo partito".
<p>
<b>Qui non succede. Il premier si dichiara innocente, e dice che ad andarsene deve essere Fini, invischiato nella vicenda della casa di Montecarlo. Chi ha ragione?</b>
<p>
"Trovo paradossale questa campagna contro Fini. Ciò che gli si imputa non ha alcuna rilevanza pubblica e non c'entra nulla con il modo con cui presiede la Camera dei deputati. In realtà le istituzioni sono state trasformate in un campo di battaglia e davvero non vedo, nella maggioranza, senso dello Stato".
<p>
<b>Ma è con questa realtà che dovete fare i conti. Come se ne esce?</b>
<p>
"Noi abbiamo dato la nostra disponibilità a lanciare una fase costituente con le forze che ci stanno, per aprire una crisi e proporre un governo alternativo. Ma a questo punto, se Berlusconi non prende atto dell'insostenibilità della sua posizione di premier, l'unica soluzione è quella delle elezioni anticipate".
<p>
<b>Non avete più paura del voto?</b>
<p>
"Non abbiamo mai avuto paura. Era doveroso esperire tutti i tentativi per impedire una fine traumatica della legislatura. Ma ora anche questa fase si sta consumando. Quando Bossi ripete che è ancora possibile fare il federalismo - al di là del merito assai discutibile dei decreti in esame, definiti con sconcertante solennità "federalismo" - esprime una pia illusione: non si accorge che proprio la paralisi creata da Berlusconi è il principale ostacolo per raggiungere lo scopo? Ora vedo che Casini parla di larghe intese come in Germania. E' bello questo riferimento, salvo che al posto della signora Merkel noi abbiamo il presidente Berlusconi, che non è esattamente la stessa cosa. In ogni caso, Casini aggiunge che se le larghe intese non fossero possibili, bisognerebbe andare alle elezioni anticipate. Lo giudico un fatto positivo, che rafforza il mio appello sul voto e sul governo di responsabilità nazionale. Non c'è altra strada. L'idea di ricomporre un centrodestra "europeo", rispettoso dei magistrati e dell'etica pubblica, non è più all'ordine del giorno. In quella metà campo c'è solo un blocco di potere, creato da Berlusconi, e una minoranza fanatica che lo segue sempre e comunque".
<p>
<b>"Minoranza", dice lei? L'hanno votato milioni di italiani.</b>
<p>
"Le confermo: minoranza. Oggi Pdl e Lega, insieme, sono al 40%. Le forze dell'opposizione rappresentano il restante 60%, cioè la maggioranza degli italiani".
<p>
<b>Ma non rappresentano un'alternativa credibile, e dunque votabile. Lo dicono tutti i sondaggi.</b>
<p>
"Questo è il punto. L'opposizione appare debole perché finora non ha saputo delineare un progetto alternativo, né contrastare il ricatto del premier che afferra il Paese per la gola e gli dice: o me o il nulla, non esiste alternativa possibile. Per questo propongo di rompere lo schema. Di fronte al conflitto istituzionale permanente e alla paralisi politica, le opposizioni sono chiamate a una forte assunzione di responsabilità. Qui c'è una vera e propria emergenza democratica. Se ne esce solo con un progetto di tipo costituente, che fa coincidere la conclusione del ciclo berlusconiano con la fine di una certa fase del bipolarismo e raduna il vasto schieramento di forze che si oppongono a Berlusconi: presentiamoci agli elettori e chiediamogli di sostenere un governo costituente che abbia tre obiettivi di fondo".
<p>
<b>Ce li riassuma. Primo obiettivo?</b>
<p>
"Primo obiettivo. Sciogliere il nodo della forma politico-istituzionale del bipolarismo italiano. Siamo in un sistema plebiscitario e populista, costruito intorno a Berlusconi. Dobbiamo finalmente costruire un bipolarismo democratico. Occorre stabilire un nuovo equilibrio. Quale forma di governo vogliamo? Non demonizzo l'ipotesi presidenzialista, sul modello francese. L'importante è ridefinire in un quadro organico il sistema delle garanzie, dei contrappesi, dei conflitti di interesse, dell'informazione. E a tutto questo occorre collegare un modello di legge elettorale coerente, che ci consenta di salvare il bipolarismo, ma rifondandolo su basi nuove. La scelta del modello istituzionale si potrebbe persino affidare ai cittadini. Si potrebbe pensare ad un referendum popolare di indirizzo, per far cominciare davvero la Seconda Repubblica, chiedendo agli italiani di esprimersi: repubblica presidenziale o repubblica parlamentare?".
<p>
<b>Gli altri due obiettivi?</b>
<p>
"Il secondo è un grande patto sociale per la crescita. Lo sperimentammo sull'euro, e fu il vero successo degli Anni Novanta. Oggi ce n'è altrettanto bisogno. Ma non può essere affidato solo alle parti sociali, nè può essere pagato solo da una delle parti. E questo mi sembra il vero limite dell'accordo Fiat: la modernizzazione solo sulle spalle degli operai. Il nuovo patto deve contenere un'impronta liberale, ma temperata da una forte carica di giustizia sociale e di lotta alle disuguaglianze. Il terzo obiettivo è il funzionamento dello Stato. Lo stesso federalismo, se non è collegato a una vera riforma della Pubblica Amministrazione (e quella di Brunetta non lo è) si riduce a semplice redistribuzione del potere tra le elite".
<p>
<b>Ma perché questa idea del governo dell'emergenza dovrebbe funzionare ora, visto che se ne discutete inutilmente da mesi?</b>
<p>
"Perché la situazione precipita. La crisi politico-istituzionale, l'accavallarsi delle vicende giudiziarie, la guerra tra i poteri dello Stato. Cos'altro deve succedere, per convincerci della necessità di una svolta?".
<p>
<b>Chi è il candidato premier di questo Cln che si presenta alle elezioni anticipate? È vero che lei punta su Casini, per chiudere l'accordo con il Terzo Polo?</b>
<p>
"Non punto su nessuno e non spetta a me questa indicazione. Se questa riflessione sarà condivisa, sarà il mio partito con il suo segretario e i suoi organismi dirigenti a compiere le scelte necessarie".
<p>
<b>La scelta può cadere anche su un "papa straniero", tipo Draghi o Monti?</b>
<p>
"Mi creda, questa è una partita troppo importante per essere giocata nel solito toto-nomi. L'importante è avere chiara la portata della posta in gioco".
<p>
<b>Il Pdl è in pieno disfacimento, ma anche il Pd non sta messo bene. Che mi dice del disastro delle primarie a Napoli?</b>
<p>
"Intanto a Napoli spero che venga accolto l'appello di Bersani a trovare una soluzione unitaria. Più in generale, mi auguro che questa vicenda ci aiuti a fare una discussione serena e non ideologica. L'ho detto un migliaio di volte, guadagnandomi sul campo l'accusa di "nemico del popolo": ci sarà pure un motivo se gli americani, che le primarie le hanno inventate, hanno un sistema che assicura il voto solo agli iscritti al partito, e non al primo che passa. Se avessimo adottato questo sistema anche noi, oggi sapremmo chi ha votato a Napoli, e non ci troveremmo in questo caos. La democrazia è fatta di regole, altrimenti è pura demagogia. Io non sono contro le primarie. Anzi, le voglio salvare. Ma per salvarle, so che dobbiamo regolarle in un altro modo".
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=X3K9F">la Repubblica - Massimo Giannini</a>Emma BONINO: Non è solo la crisi del berlusconismo, è la crisi del regime e del sistema2010-12-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548859Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
L'intervento di Emma Bonino nel corso del dibattito sulla fiducia al Senato.
<p>Signor presidente del Consiglio, liberali e laici quali siamo, non abbiamo mai partecipato e ancor meno alimentato il clima da stadio che da tempo connota, nel nostro paese, il dibattito politico. Secondo il quale da una parte ci sarebbe lei, e solo lei, artefice di tutti i mali in cui sprofonda il paese – e dall’altra una affollatissima coorte di salvatori della patria, dai comportamenti irreprensibili e da coerenti pratiche democratiche.
<p>
Se il nostro contesto fosse questo, sarebbe tutto più facile:<br />
basterebbe – per dire – un regicidio: ovviamente nonviolento. Ma secondo noi non è cosi. Il problema è che in questo paese non c'è democrazia, nel senso che vige una forma di democrazia reale che imperversa come altrove ha imperversato il socialismo reale. Il male italiano, la “peste italiana” come noi la chiamiamo - nei suoi aspetti più macroscopici ed evidenti e in quelli minori o banali, per dirla con Hannah Arendt, - viene da più lontano, da prima ancora che lei, si affacciasse sulla scena politica. Così lei più che la causa e’ il prodotto più evidente del sistema partitocratico e antidemocratico che da decenni occupa questo paese, sgovernandolo.
<p>Noi affermiamo che lei è stato – ed è - un formidabile acceleratore della preesistente disgregazione istituzionale, politica e civile che è sotto gli occhi di tutti, in Italia e non solo. Ma, ripeto, in questa opera lei, signor presidente del consiglio, non è e non è stato solo.
<p>
Lei ha incentrato la politica estera italiana sulla Russia e soprattutto sulla Libia, con l’entusiastico sostegno di gran parte del ceto politico di governo e di opposizione salvo lodevoli eccezioni, tralasciando l’Europa come un inutile fardello, consentendo anzi ad illustri suoi alleati di spargere euroscetticismo a piene mani. La necessaria ed urgente riforma della giustizia si è tradotta in alcuni provvedimenti ad personam, consentendo che sulle carceri nessuna politica seria potesse vedere la luce, piegandosi ad una alleanza trasversale – con la Lega, con il PD, con Di Pietro - che ha svuotato la legalità e aggravato ulteriormente l’affollamento disumano delle nostre carceri, come pure reso insopportabili le condizioni dei nostri ospedali psichiatrici giudiziari.
<p>
Sui diritti civili, che sono in realtà enormi problemi sociali, lei ha testardamente portato avanti una politica di licenze private e pubblici divieti, per cui in questo Paese tutto è proibito, e dunque tutto è consentito e praticato purché illegale e clandestino. Il suo governo non ha inventato, ma ha sicuramente ingigantito, pratiche ed omissioni per cui sono ormai illegali persino le procedure elettorali, dove le regole da voi sottoscritte vengono sistematicamente violate senza che questo susciti scandalo né a destra né a sinistra.
<p>E non parliamo del sistema radio televisivo - pubblico o privato che sia - o del finanziamento pubblico dei partiti, scandalosamente moltiplicato, gonfiato, totalmente opaco che vi ha visti entusiasticamente uniti contro la volontà popolare quale si è espressa fin dal referendum del '78.
<p>
Fatte a lei le critiche che lei si merita, la nostra convinzione è che siamo piuttosto di fronte ad una crisi di sistema, di regime, che non si può né combattere né superare guardando indietro a vecchi equilibri partitocratici, o consentendo un ritorno al proporzionale utile solo per rimettere qualche formazione – centrista, appunto - al centro di future combinazioni di governo oppure proponendo improbabili governi – definiti di “scopo” o di armistizio, insomma di unità nazionale - formula sempre pronta quando l’incapacità, l’impotenza o l’irresponsabilità riducono la politica a scaricare i problemi sul Paese, sulla gente, i cittadini.
<p>
Da giorni noi Radicali stiamo cercando di dire – inascoltati nell’assordante bailamme che ci circonda - che responsabilità impone di guardare oltre il voto di domani; perché se pure lei otterrà la fiducia per una manciata di voti si aprirà comunque uno scenario di ulteriore fragilità, possibilmente ancora peggiore di quello che abbiamo vissuto fino ad oggi. Molte energie sono state spese su nostre presunte ed inconfessabili trattative sottobanco. Noi abbiamo parlato con tutti e lo abbiamo fatto con trasparenza e alla luce del sole.
<p>
Ringrazio Bersani, per averci dato atto - a differenza di tanti della sua parte politica e non solo- che non siamo mossi da mediocri interessi di potere e che ci muoviamo sempre per i nostri obiettivi ideali e politici. L’unico prezzo che possiamo concepire non riguarda noi ma l’interesse del Paese.
<p>Non comprendo l’irritazione con cui tanti amici anche a sinistra accolgono le nostre denunce sulla degenerazione partitocratica della nostra democrazia. Ma forse sarebbe più utile se si accettasse di confrontarsi con noi, su questi problemi. Perché esistono dei prerequisiti che non sono né di destra né di centro né di sinistra, senza i quali la democrazia diventa un guscio vuoto.
<p>E’ urgente chiedersi cosa si possa fare per riconquistare condizioni minime di legalità repubblicana, da stato di diritto che il sistema di potere ha travolto e avvilito. <br />
Su questa lunga degenerazione partitocratica Berlusconi si è inserito con forza devastante: ma non basta sfiduciarlo e metterlo in minoranza per cambiare davvero pagina, per passare da questo bipolarismo partitocratrico a una democrazia compiuta, da un parlamento di nominati a un parlamento di eletti nel senso alto e nobile della parola.
<p>
Noi Radicali vivremo la giornata di domani senza particolare patema d’animo, preoccupati piuttosto da quello che avverrà dopo il voto, dopo le vostre sterili schermaglie, se tutto questo non sarà servito neppure a far risvegliare nel paese una coscienza collettiva che consenta di affrontare una crisi di sistema, di regime, che rischia di travolgere tutto e tutti, senza distinzioni di parte.<br />
<br/>fonte: <a href="http://notizie.radicali.it/articolo/2010-12-14/editoriale/non-solo-la-crisi-del-berlusconismo-la-crisi-del-regime-e-del-sistema">Notizie Radicali</a>Enrico BOSELLI: «Credo nel terzo polo» - INTERVISTA2010-12-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548750<br />
Intanto, una riverniciata al partito e un ritocco del simbolo di Alleanza per l'Italia, con il nome che torna in bella vista per non sbagliare in caso di debutto sulle schede elettorali. Poi, rulli di tamburi per l'ingresso di Enrico Boselli, per tanti anni leader dei socialisti rimasti nel centrosinistra dopo la diaspora Psi e da oltre due anni lontano dalla vita politica attiva. Francesco Rutelli ha annunciato che Boselli avrà la carica di vicepresidente «in un partito nuovo — queste le parole del segretario — che con l'approdo degli ex socialisti sintetizza al meglio un modello e un prototipo di sintesi alta che lo stesso Terzo polo, da Fini e Casini, un giorno in Italia potrà rappresentare». Il lavoro che si prefigge Boselli è quello di puntare «all'affermazione del nuovo polo al centro e nella cuore della politica di questo Paese».
<p> <b>Dopo anni di distanza dalla politica, che cosa l'ha convinta a ripensarci?</b>
<p> «Ho accettato l'invito di Rutelli — risponde Boselli — dopo una riflessione personale profonda. In questi 17 anni di bipolarismo entrambi i poli che lo hanno rappresentato hanno fallito: sul fronte della stabilità non garantita e delle riforme mai fatte di cui tutti sappiamo che il Paese ha assoluto bisogno. E' questo che la nascita del nuovo polo, a cui voglio dare una mano, intende fare».
<p><b> Nessun imbarazzo, vista la sua storia di laico, da un eventuale matrimonio con l'Udc?</b>
<p> «Faremo sintesi e, comunque, forse una delle poche cose buone di questi ultimi anni di vita politica è stato il definitivo superamento della contrapposizione fra laici e cattolici».
<p> <b>Il segretario dei socialisti, Nencini, sostiene che lei abbia perso la coerenza...</b>
<p> «Non voglio fare polemiche, ma d'altra parte la differenza politica tra me e Nencini è netta. Comunque, l'idea di far nascere un nuovo polo è certamente più importante di polemiche sterili. Credo che questo nuovo soggetto possa scardinare un sistema basato su un bipolarismo prigioniero del populismo e incapace di fare qualsiasi riforma; Rutelli è stato il primo ad individuare la necessità di far nascere qualcosa di diverso, per questo sono qui».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=VZ482">Giorno/Carlino/Nazione - Elena G. Polidori </a>Beppe PISANU: «No al voto. Un altro esecutivo anche senza il premier» - INTERVISTA2010-11-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548263Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
<b>Presidente Pisanu, due mesi fa sul Corriere lei propose un governo di responsabilità nazionale, allargato a Fini e a Casini. Ora la prospettiva è meno remota.</b>
<p>
Io invece le temo. Resto totalmente contrario, perché ho paura del cozzo devastante tra crisi politica e crisi economica, la "tempesta perfetta" che si abbatterebbe sul nostro paese. I grandi speculatori della finanza internazionale ne hanno già sentito le avvisaglie e si sono messi in agguato».
<p>
<b>Berlusconi dice che le elezioni anticipate sono l`unica alternativa a questo governo.</b>
<p>
«Ma quell`alternativa non regge neppure sul piano degli interessi politici di parte. Innanzitutto perché la richiesta di scioglimento delle Camere romperebbe il patto con gli elettori, che ci hanno dato una maggioranza senza precedenti per governare l`Italia fino alla naturale conclusione della legislatura. E poi perché il risultato elettorale più probabile premierebbe le ali estreme dei due schieramenti, rendendo il sistema ancor meno governabile.<br />
Va da sé che il primo sconfitto sarebbe il partito di Berlusconi».
<p>
<b>Si è parlato di un governo tecnico, magari guidato da lei. E una possibilità?</b>
<p> «No. Un governo provvisorio sarebbe l`anticamera delle elezioni anticipate, e servirebbe soltanto ad allungare lo stato di precarietà e di maggior rischio per il nostro Paese. Questi sono tempi molto difficili.<br />
Siamo, come dice Tremonti, a un tornante della storia; o, come dicono altri, a un passaggio cruciale della nostra esperienza repubblicana, e abbiamo bisogno di governi stabili per tenere la carreggiata».
<p>
<b>Siamo alla fine della Seconda Repubblica?</b>
<p> «Ho l`impressione che la Seconda Repubblica sia soltanto la coda inquieta della Prima; un po` come la coda della lucertola, che continua ad agitarsi anche dopo che è stata mozzata. In ogni caso, la Seconda o Prima Repubblica ci consegna problemi davvero epocali, che premono tutti insieme e reclamano soluzioni. Rischiamo di diventare un Paese di serie B. Penso non solo alla crisi economica, ma anche al declino della famiglia e delle nascite. <br />
Al dissesto idrogeologico:
una volta avevamo le fiumare calabresi, ora l`allarme è a Vicenza. Al degrado ambientale: a Napoli si cominciano a vedere i topi per le strade, e a Palermo ci stiamo arrivando. Al divario Nord-Sud e all`incrinatura evidente dell`unità nazionale. All`impoverimento dei ceti produttivi e alla crescita delle diseguaglianze. Alla caduta simultanea del tono morale, culturale e persino religioso della nostra società».
<p>
<b>Dove vede la via d`uscita?</b>
<p> «Né a destra, né a sinistra, né al centro. È dentro i grandi problemi, e nella ricerca dei rimedi possibili. Gli schemi politici dell`800 e anche le semplificazioni più recenti del bipolarismo servono a ben poco. Serve invece mobilitare le energie migliori intorno a un progetto comune per uscire dalla crisi e proporre agli italiani l`idea di un futuro dignitoso».
<p>
<b>I partiti non sembrano pronti a collaborare.</b>
<p>
«Ma la Confindustria e le grandi organizzazioni sindacali, che pure rappresentano interessi naturalmente contrapposti, ci stanno dimostrando che si può lavorare tutti insieme per un nuovo patto sociale all`insegna del bene comune. <br />
Emma Marcegaglia conferma di avere il senso della responsabilità politica, così come Bonanni e Angeletti; e credo che da Susanna Camusso avremo sorprese positive.<br />
Possibile che in un`emergenza storica come questa non sappiano fare altrettanto i partiti e i politici di buona volontà, che oltretutto sono portatori di interessi generali? 0 il senso di responsabilità nazionale, quello che appartenne a De Gasperi e Togliatti come a Moro e Berlinguer, è morto con la Prima Repubblica?».
<p>
<b>Qui pare che non si mettano d`accordo neppure Fini e Casini.</b>
<p>
«Se cessano i toni perentori e gli aut-aut da una parte e dall`altra, le posizioni di Fini e di Casini, che credo di conoscere abbastanza, possono tranquillamente procedere in questa direzione»
<p>
<b>E la Lega?</b>
<p> «Mi sembra abbagliata dall`idea di un immediato successo elettorale. Il 10-12% che le assegnano i sondaggi è certo allettante. Ma, se ha tempra politica, la Lega deve accettare sfide più alte. E in ogni caso il Pdl non può subire la sua iniziativa, con il rischio oltretutto di cederle altro spazio politico e altro peso elettorale».
<p>
<b>Berlusconi è pronto a un nuovo governo?</b>
<p> «Berlusconi è per volontà degli elettori il regista e il primattore di questa stagione politica.
Può fare entrambe le parti, o sceglierne una sola».
<p>
<b>Sta dicendo che è possibile un governo guidato da un premier che non sia Berlusconi?</b>
<p> «Questo dipende da lui. Quel che invece non può scegliere è la via di fuga delle elezioni anticipate, posto che il presidente della Repubblica e le circostanze gli consentano di imboccarla agevolmente. Penso che il 14 dicembre Berlusconi debba riproporre il patto di legislatura.<br />
Dicendo tutta la verità agli italiani non solo sulla gravità della crisi economica e sociale, ma anche sugli altri rischi che se non verranno scongiurati determineranno una sorta di cedimento strutturale dell`Italia. Già ora siamo il paese che negli ultimi dieci anni è cresciuto meno e ha fatto meno figli».
<p>
<b>Il premier aveva indicato cinque priorità.</b>
<p>
«Al primo posto dobbiamo mettere famiglia, impresa e lavoro. Subito dopo, federalismo solidale e funzionalità democratica. Con una nuova legge elettorale».
<p>
<b>Quale?</b>
<p> «Abbiamo bisogno di una legge che rafforzi i poteri degli elettori, e soprattutto che elimini quel premio assurdo in virtù del quale la minoranza più forte può prendere la maggioranza assoluta dei deputati, sconvolgendo l`esito generale delle votazioni».
<p>
<b>Sarebbe la fine del bipolarismo.</b>
<p>
«Di questo bipolarismo selvaggio. Non della democrazia dell`alternanza. Che va impostata su basi diverse, tra schieramenti omogenei al loro interno, meno condizionati dai Bossi e dai Di Pietro».
<p>
<b>C`è spazio per il terzo polo centrista?</b>
<p> «Non parlerei di un terzo polo. Se lo scontro tra berlusconisti e antiberlusconisti si radicalizza, si aprono spazi forse imprevedibili per una forza moderata».
<p>
<b>La guerra dei simboli tra Berlusconi e Fini e una cosa seria?</b>
<p> «Mi pare il casus belli della Secchia rapita.
Ma non vedo né morti né feriti».
<p>
<b>Ma secondo lei il 14 il governo avrà la fiducia?</b>
<p> «Credo e spero di sì. Anche perché così si allontana il pericolo dello scioglimento anticipato delle Camere».
<p>
<b>Quindi il suo voto non è in dubbio?</b>
<p> «Ovviamente no».
<p>
<b>Ma quale dovrebbe essere il confine a sinistra del governo di responsabilità nazionale?</b>
<p> «Penso che il patto di legislatura debba comprendere anche il partito di Casini, e debba aprirsi a una positiva competizione politica con i partiti del centrosinistra. <br />
Confini, non barricate.
Siamo in un momento storico particolarmente difficile, e il paese ha bisogno delle buone idee e della buona volontà di tutti».
<p>
<b>D`Alema si è divertito a paragonare le correnti del Pd a quelle della vecchia Dc. A sé ha riservato il ruolo di Aldo Moro, di cui lei fu stretto collaboratore. Che effetto le fa?</b>
<p> «Tanti anni fa, quando ero sottosegretario alla Difesa, il ministro era Giovanni Spadolini, che di Moro era amico ed estimatore. Un giorno Spadoliní mi disse che eravamo della stessa corrente ma di diverso partito. Ne fui e ne sono ancor oggi lusingato».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=VL4OS">Il Corriere della Sera - Aldo Cazzullo</a>Giovanni RUSSO SPENA: «Primo, cacciare B. Ma per andare dove?»2010-11-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547896<br />
Fallisce, come era prevedibile, anche l'incontro tra Bossi e Fini. La crisi del quadro politico imbocca sempre più i viali dello squallore tatticista, della banalità del gioco del cerino.
<p>Il dissolvimento del blocco maggioritario governativo dilania la seconda Repubblica; e segna un contesto in cui la politica economica e sociale dell'Unione europea condanna a morte lo stesso modello sociale europeo. Causando macelleria sociale, ma anche una lunga fase recessiva, economicamente e depressiva della psicologia di massa.
<p> Le politiche deflattive guidate dalla Germania mettono a rischio la stessa unità dei paesi europei, producendo, di fatto, un'Europa a più velocità e a cerchi concentrici; favorendo, in tal modo, secessioni e competitività sfrenata fra territori. Si configurano perfino scissioni statuali (e la scissione fra nord e sud in Italia è, di fatto, dietro l'angolo). Qui si colloca la crisi politica italiana. <br />
Che è inoltre crisi del bipolarismo maggioritario, soprattutto nella versione bipolare-bipartitica che Berlusconi e Veltroni vollero sciaguratamente configurare.
<p>Gli esiti della crisi politica organica non sono trasparenti e determinabili. Proprio perché è una crisi che non viene innestata dalle dinamiche sociali, perché il sistema politico si è da esse separato.
<p> Vi è una grande alienazione politica di massa. E' l'implosione di un regime, percorso dalle turbolenze della nomenclatura, che nascono dalla dislocazione, dentro la violenza della globalizzazione liberista, degli interessi padronali.
<p>C'è il fondato rischio, per paradosso, che il movimento di classe (e le sinistre con esso) ne esca con le ossa rotte. Basta pensare al fatto che il secessionista e razzista Bossi viene elevato a mediatore con Fini e tratta sulla futura presidenza della Repubblica, sul ruolo di Tremonti e sulla futura legge elettorale in cambio del federalismo secessionista.
<p>E' grave che emergano torbide manovre su una futura legge elettorale; una legge elettorale che, invece di prendere atto, con lineare trasparenza, del fallimento del bipolarismo maggioritario, sembra limitarsi a costruire normative cucite sugli interessi di Berlusconi, Fini, Casini o Bersani.
<p>Invece di eliminare il premio di maggioranza, si parla di trasformarlo in un più ridotto «premio di stabilità al 40 o al 47 per cento»; con una proposta Violante che allude ad un sistema, in parte francese, con una quota proporzionale, senza abolire la soglia di sbarramento.
<p> Ma è ammissibile discutere di legge elettorale senza un serio bilancio della crisi della formazione della rappresentanza, del pluralismo, del costituzionalismo democratico?
<p>
Il tema, per noi, è rompere la corazza maggioritaria che il sistema politico ha costruito per evitare che il conflitto sociale possa incidere, nella sua autonomia, anche sugli equilibri istituzionali.
<p>Bersani, Fini, Casini parlano di un esecutivo «tecnico» per gestire il dopo Berlusconi. Ma questo esecutivo «tecnico» finirebbe, anche se durasse un solo anno, con l'essere il governo della Confindustria, dell'asse Marchionne-Bonanni; costruito attorno ad un presunto «patto sociale» che sarebbe ben più regressivo della stessa concertazione socialdemocratica, attaccata da destra dal padronato sotto la frusta della feroce competitività internazionale tra sistemi industriali e finanziari.
<p>
Basta pensare alla demolizione del Contratto nazionale, dello stesso Statuto dei lavoratori, al «collegato lavoro» che ha distrutto il processo del lavoro. Il «patto sociale» intende autorappresentarsi al governo.
<p>Mi chiedo: si può pagare la cacciata di Berlusconi con un ulteriore massacro del mondo del lavoro? Ed è a questo che punta la manovra di avvicinamento al cambiamento del quadro politico di cui parla la nuova segretaria della Cgil?
<p> Possiamo, insomma, accettare un esito che, in cambio dell'abbattimento del tiranno, affida il Paese alle politiche confindustriali, alle destre che si richiamano al nuovo patto di stabilità europeo, contro il lavoro, i beni comuni, contro ogni ipotesi di programmazione e di intervento pubblico qualificato e socializzato?
<p> Vi è un'altra strada. Sviluppare, articolare territorialmente, organizzare quella prima espressione di blocco sociale e di movimento di massa che si è espresso nella preparazione e nella manifestazione del 16 ottobre, lì dove i nessi unitari fra movimenti, conflitti, rivolte (prima disperatamente dispersi e non comunicanti) hanno cominciato a trovare una condivisione unitaria.
<p>Non esistono scorciatoie politiciste, che si avvitano in maniera impotente su se stesse: come stanno, infatti, insieme governo di transizione che dia anche una «scossa all'economia», come ha detto D'Alema, con il cosiddetto «nuovo Ulivo», con la più larga alleanza per la Costituzione?
<p>Né crediamo alle virtù miracolose dei cortocircuiti plebiscitari, dove i programmi sono fievoli e generici e le aggregazioni si costruiscono intorno al carisma personale. Dare, invece, rappresentanza al 16 ottobre significa anche piena indipendenza culturale e strategica delle sinistre anticapitaliste, anche perché l'indipendenza di esse è presupposto per costruire una alleanza per la difesa della Costituzione, che è ipotesi autonoma dal governo.
<p> Ne deriva che, se esiste un Pd liberaldemocratico, aclassista, che ha accettato le ragioni del capitale, occorre accelerare il percorso unitario per costruire il polo alternativo della sinistra anticapitalista. Senza omologazioni né annessioni, ma con una concezione forte del pluralismo. Vi sono le condizioni? Ve ne è la necessità.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=39&id=9411&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">Liberazione</a>Pietro ICHINO: Una grande coalizione per le riforme senza Berlusconi2010-11-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547556Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Mentre tra le file della maggioranza si incomincia a sussurrare di un possibile 25 luglio, nelle file dell’opposizione si fa più intenso il dibattito sul che fare nell’ipotesi sempre più probabile di una crisi di governo imminente. Se ne possono disegnare tre vie di uscita.
<p>
La più popolare nelle file del centrosinistra, ma in realtà anche la più problematica, è quella di un Governo di transizione di breve durata, il cui scopo sarebbe essenzialmente quello di preparare le prossime elezioni senza Silvio Berlusconi come premier e con il PdL all’opposizione. Questo Governo sarebbe sorretto da una maggioranza di cui farebbe parte anche la nuova formazione di Gianfranco Fini. Tra i pochi punti essenziali del programma di questo Governo, una riforma elettorale.
<p> Sarebbe, comunque, un Governo debole, in primo luogo perché sorretto da una maggioranza eterogenea (davvero riusciranno ad andare d’accordo Casini e Di Pietro?) e diversa da quella uscita dalle ultime elezioni politiche. Ma soprattutto perché sarebbe sorretto da una maggioranza molto risicata. E se cadesse dopo pochi mesi, il centrosinistra dovrebbe affrontare le elezioni avendo disperso il vantaggio che gli è dato oggi da una crisi causata dal fallimento della maggioranza di centrodestra.
<p>
Proprio quest’ultima considerazione sembra dunque consigliare anche al Pd una seconda via d’uscita: andare senz’altro alle urne con la legge attuale, puntando su di un’alleanza elettorale con il costituendo “terzo polo” (Casini-Rutelli, possibilmente con l’aggiunta di Fini e magari anche di Montezemolo). Con una questione irrisolta, però: della nuova coalizione è difficile pensare che possano fare parte, insieme a Casini e all’UdC, pure Vendola con Sinistra Ecologia e Libertà e Di Pietro con l’Italia dei Valori: il centrosinistra correrebbe il rischio grave di diventare, come l’“Unione” nella passata legislatura, una coalizione capace forse di vincere le elezioni ma non di governare, per le proprie divergenze interne.
<p>La coalizione Pd-Terzo polo dovrà dunque, per vincere, essere in grado a sinistra di reggere la concorrenza di IdV e SEL che correranno da sole, a destra di strappare a PdL e Lega almeno il 5 per cento dei voti totali, rispetto alla situazione fotografata dai sondaggi di questi giorni: solo in questo modo si potrebbe compensare la rinuncia al 10 per cento circa dei voti che presumibilmente saranno persi alla causa per la dispersione (ai fini del premio di maggioranza) dei voti di Idv e SEL. La catastrofe del centrodestra faciliterà questa impresa. <br />
Ma, vinte le elezioni, il centrosinistra avrà la forza politica necessaria per affrontare le questioni difficilissime che gli si porranno subito di fronte, con una opposizione di centrodestra furibonda e scatenata?
<p>
Quest’ultima domanda introduce il discorso su di una terza possibilità, di cui ha parlato Mario Monti sul Corriere di ieri: quella di un governo di “grande coalizione” per le riforme indispensabili, che porti la legislatura al suo termine naturale. Presupposto di questa via d’uscita dalla crisi è il riconoscimento da parte di Pd e PdL di due verità scomode per entrambi:<br />
a) la gravità assolutamente eccezionale della crisi economica e morale che l’Italia sta attraversando;<br />
b) l’impossibilità sia per il centrodestra oggi, sia per un centrosinistra in ipotesi vincente alle prossime elezioni, di uscirne con le sole proprie forze.
<p>Più specificamente, ciascuno dei due schieramenti dovrebbe riconoscere di non poter fare fronte da solo all’imperativo europeo della rapida riduzione del debito pubblico; alle difficoltà enormi della riforma federalista dello Stato, osteggiata dall’UdC, ma giustamente considerata dal Pd come indispensabile al Paese; alla necessità di una drastica accelerazione del processo di bonifica e di rilancio dell’efficienza e produttività delle amministrazioni pubbliche, a partire da quella della giustizia e da quella scolastica; all’insieme delle misure urgenti indispensabili per aprire il Paese agli investimenti stranieri, in particolare sul terreno delle relazioni industriali e del mercato del lavoro.
<p>Fino a poco tempo fa, tra i politici che avrebbero apprezzato questa terza soluzione, era opinione diffusa che essa fosse resa politicamente impraticabile dalla presenza di Silvio Berlusconi a capo del PdL. Ora, però, gli sviluppi di questi ultimi giorni stanno rendendo più realistica la prospettiva di un PdL affrancato dal suo attuale sovrano assoluto. E allora, se è vero che la crisi eccezionale del Paese lo richiede, perché non incominciare a lavorare per questo, che sarebbe probabilmente il solo “governo di transizione” davvero capace di portare l’Italia fuori dal guado e, al tempo stesso, di preparare il terreno per il ritorno, nella prossima legislatura, a un bipolarismo meno rissoso e - last but not least - caratterizzato da un impegno comune ai due schieramenti su alcuni punti chiave per la vita della nazione?
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=10969">pietroichino.it</a>Ignazio Roberto Maria MARINO: «Il Pd deve darsi una scossa» - INTERVISTA2010-09-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it507238Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Pd: rinnovamento generazionale? Applichiamo lo statuto.
<p>
<b>Senatore Ignazio Marino, per caso c'era anche la sua firma nel documento dei 75 di Veltroni?</b>
<p>
No, non condivido il metodo di Walter Veltroni in questa circostanza. In un grande partito che si dice democratico chiunque può esprimere, nelle sedi appropriate e senza scambiarsi lettere sui giornali, critiche e valutazioni.<br />
Resta comunque un punto che non si può eludere. Nel momento in cui il Pdl implode in preda ai conflitti interni il Pd non riesce comunque ad attirare consensi e, infatti, sondaggi alla mano, continua ad essere in difficoltà. Su questo dobbiamo interrogarci ed è urgente fare conoscere le nostre proposte concrete per l'Italia. In sintesi: il Pd deve darsi una scossa.
<p>
<b>Con la scissione dei 75 il Pd è rotto definitivamente o si può ancora salvare?</b>
<p>
Il Pd, più degli altri partiti, ha una grande responsabilità e un arduo compito, quello di proporre soluzioni agli enormi problemi che gli italiani vivono ogni giorno. Dobbiamo mettere in secondo piano i dibattiti interni, volti solo al posizionamento politico, e utilizzare le nostre energie per i lavoratori precari, i ricercatori, la scuola pubblica, la sanità pubblica e proporre un piano per il futuro che vogliamo.
<p>
<b>Ma non si tratta dell'ennesima divisione autolesionistica?</b>
<p>
Se il Pd si vuole salvare deve anche lottare per i suoi ideali, renderli forti e incrollabili, deve imparare a coinvolgere le persone. E deve lottare per i diritti, che non sono solo i diritti civili o le unioni civili, che peraltro servirebbe regolare data l'arretratezza in cui versa l'Italia. Ma penso per esempio al diritto di poter contare su una giustizia penale e civile, veloce e giusta. Diciamo no al processo breve ma sì a sentenze brevi, con una magistratura che possa lavorare in modo efficiente, perché pretendere che sia fatta giustizia è un diritto che i cittadini italiani non hanno più.
<p>
<b>I giovani hanno ragione a voler rottamare i «vecchietti» o secondo lei Renzi, Civati, Serracchiani & C sono bravi solo a criticare ma non a proporre?</b>
<p>
È evidente che nel Pd ci sia un problema di rinnovamento, anche generazionale. Da anni vediamo sempre lo stesso film con gli stessi protagonisti. Chi è più giovane deve avere l'opportunità di dimostrare ciò che sa fare e per questo è sufficiente applicare lo statuto del Pd che prevede che dopo tre legislature non si possa più essere ricandidati in Parlamento. Diciamo con chiarezza che chi è stato in Parlamento per quindici anni può continuare a fornire il suo contributo ma non essere più candidato. Nessuno escluso.
<p>
<b>
E se alla fine riuscissero a rottamare i vecchi, chi secondo lei potrebbe essere in grado di guidare un partito con troppe anime e senza identità?</b>
<p>
Le anime e le identità sono diverse soprattutto tra coloro che hanno avuto la tessera della Dc o del Pci. Le persone che, come me, hanno avuto solo la tessera del Pd non risentono e non si riconoscono in queste antiche divisioni, e neanche i nostri sostenitori che sono assai più uniti dei dirigenti.
<p>
<b>Bersani è schiavo di Di Pietro o Di Pietro è l'unico alleato fedele e leale?</b>
<p>
Di Pietro è un alleato naturale del Pd, come lo sono altri partiti che hanno a cuore la democrazia e vogliono ristabilire alcune regole fondamentali che Berlusconi ha travolto con la sua politica totalitaria. Certo, il Pd deve tracciare le linee di un programma per tornare al Governo perché chi si vuole alleare con noi deve prendere un impegno preciso e condividere il progetto. Io credo che Di Pietro sia pronto a farlo ma l'amicizia sarà lunga solo se i patti sono chiari.
<p>
<b>Berlusconi è schiavo della Lega o la Lega è l'unico alleato fedele e leale?</b>
<p>
<p>Berlusconi ha fallito e la conseguenza è una ricerca della sopravvivenza ad ogni costo, anche da schiavo della Lega. Bossi detta legge da molto tempo e, dopo la scissione con i finiani, la detterà più di prima. È pericoloso essere schiavi della Lega e delle sue esigenze che non rappresentano tutta l'Italia. Io credo in un Paese, una nazione unita.
<p>
<b>L'asse Fini-Rutelli-Casini ruberà più voti al Pd o al centro-destra?</b>
<p>
È un «asse» tutto da verificare che per ora non esiste. Gli italiani credono nel bipolarismo e nel momento del voto tendono o scegliere la destra o la sinistra. La verità è che le piccole formazioni politiche alimentano il vecchio problema della politica italiana, ovvero il trasformismo, per costruire e cambiare maggioranze e governi indipendentemente dal risultato elettorale. <br />
Gli elettori, i cittadini, hanno idee nette, si sentono riformatori oppure conservatori e si vorrebbero orientare verso quei partiti che rappresentano una o l'altra di queste due visioni della società.
<p>
<b>E Vendola dove lo mettiamo? Riproviamo come ha fatto Prodi a far salire sulla barca tutti, pure il diavolo come dice Di Pietro purché si metta fuori causa Berlusconi?</b>
<p>
Nichi Vendola non è il diavolo: è un uomo molto colto ed equilibrato che sta cercando di modernizzare una delle regioni del nostro Sud. Ha una formazione politica profondamente democratica e un progetto per modernizzare le regioni del mezzogiorno. Credo abbia molti meriti e dobbiamo riconoscerglieli.
<p>
<b>Anche Javier Bardem, attore sulla cresta dell'onda, si chiede perché gli italiani votano ancora Berlusconi.<br />
E perché il Paese gli crede ancora: non sarà mica colpa di un'opposizione poco credibile?</b>
<p>
L'opposizione per essere credibile deve cambiare radicalmente metodo, mettendo sul tavolo delle proposte concrete e ancorandosi a forti valori culturali e di solidarietà, in poche parole deve dire qualcosa di sinistra_ Certo, se poi non si risolve il conflitto di interesse, non si assicura il pluralismo dell'informazione, non si cambia la legge elettorale, la strada è in salita e il voto sarà influenzato anche da queste anomalie che non sono facili da spiegare a Javier Bardem, anche perché non crederebbe alle sue orecchie. Javier Bardem vive in Spagna e guarda la Tve e la Cnn: gli italiani, invece, ogni giorno vedono il Tg1 e il Tg5 dove le notizie sono imposte da Silvio Berlusconi.
<p>
<b>Perché oggi litigano perfino i medici in sala parto? In Italia non si fanno troppi cesarei?</b>
<p>
Ciò che è avvenuto a Messina a fine agosto, con la sala parto trasformata in un ring, non è accettabile. L'Italia sembra, in questi giorni, trasversalmente unita da episodi di malasanità su cui è doveroso indagare. La mia sensazione è che si tratti di episodi gravi ma isolati che purtroppo gettano discredito sul lavoro, la competenza e il senso di responsabilità dei tanti medici ed infermieri che lavorano nel nostro paese. Rispetto ai cesarei, è evidente però che se ne eseguano troppi. <br />
L'Organizzazione mondiale della sanità indica come tetto il 13,7% mentre l'Italia è al 39% e Reggio Calabria al 65%. Iniziamo col far rispettare i protocolli, regoliamo meglio l'attività privata dei ginecologi e informiamo correttamente le donne.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=U4AOU">Italia Oggi - Marco Castoro</a>ANDREA CAUSIN: «Berlusconi e questo PD impreparato»2010-09-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it507228Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: PD) <br/><br/><br />
Gentile Direttore,<br />
ci sono alcuni punti sui quali vorremmo riflettere a margine del documento che con molti altri amici abbiamo offerto alla discussione dentro il PD.
<p>
Il primo punto è legato alla situazione generale del Paese.
L’estate appena trascorsa ha segnato il punto più alto della crisi valoriale e di contenuti del sistema berlusconiano: l’uscita dei finiani, la reazione scomposta in puro stile stalinista del cavaliere hanno accompagnato l’evidente incapacità della destra di dare risposte ai drammatici problemi del paese, caricando anche con la manovra economica di luglio, il peso della crisi sui più deboli, affossando il futuro sviluppo del Paese, sia quello culturale che del mondo del lavoro delle piccole e medie imprese.
<p>
A questa crisi certificata dai sondaggi, mai così negativi per la destra, non è corrisposta da parte del PD la capacità di intercettare i voti in uscita dal quel fronte: in un sistema bipolare peraltro questa è l’unica possibilità di garantire reale alternanza di governo. I risultati delle Regionali e i successivi sondaggi ci fermano ad un deludente e non sufficiente 25 %.
<p>
Anziché concentrarsi sul perché di questa situazione ci si è attardati a discutere di alleanze ora con l’uno ora con l’altro Partito, senza cercare di offrire una proposta spendibile per un elettorato in cerca di un punto di approdo credibile.
<p>
Da qui è nata la seconda considerazione di molti di noi, che vedendo una discussione troppo ripiegata sul tatticismo e visti i risultati negativi contribuisse a dare una visione al PD e con esso al Paese.
<p>
Queste cose le abbiamo dette peraltro sempre in questi 3 anni di vita del PD, alla cui nascita quale abbiamo contribuito assieme a moltissimi altri con passione credendo ad un progetto capace di dare risposte nuove e più adeguate ad un Paese che nel frattempo è profondamente cambiato.
Pensare al lavoro come un diritto da garantire attraverso un sano sviluppo del sistema economico, a relazioni sindacali moderne e più adeguate ai tempi di una globalizzazione selvaggia che mette in crisi il nostro sistema fatto di piccole e medie imprese, pensare ai cosiddetti piccoli che, specie qui al Nord sono un asse fondamentale della nostra economia, ai quali un Partito come il nostro deve garantire non solo a parole ma nei fatti diritti e dignità vera.
Il tutto constatando una drammatica flessione nelle iscrizioni al Partito in molte parti del Paese, l’uscita di molti autorevoli dirigenti (salutata troppo spesso di espressione di sollievo) ci hanno convinto che fosse necessario contribuire al dibattito interno riproponendo concetti e proposte che stanno nel dna fondativo del PD.
<p>
E qui arriva la terza e ultima (amara) riflessione.<br />
Siamo stati blanditi in alcuni casi minacciati in altri a non firmare il documento in nome di una unità di facciata che, di fronte alla crisi della destra secondo qualcuno, veniva messa in discussione. Qualcuno altro ha parlato di posizionamenti in vista del mercato delle candidature per le eventuali prossime elezioni politiche.<br />
Il solo fatto di derubricare un documento di idee ad un bega di posti e di potere la dice lunga sulla comprensione e sulla capacità di un partito di confrontarsi con la ricchezza del dibattito e delle originalità al suo interno.
Spiace che sia scattato un riflesso quasi pavloviano che spinge autorevoli esponenti e a parlare di autogol e di regalo alla destra e ad alimentare l’idea di gente in cerca di spaccare il PD.<br />
Il regalo alla destra lo si fa non offrendo al Paese un’alternativa spendibile e lasciando i disoccupati, il mondo della scuola, il sistema economico senza un punto di approdo cui affidarsi.
<p>
Nessuno di noi ha firmato quel documento contro qualcuno.<br />
<a href="http://www.openpolis.it/dichiarazione/507231">Scrive Letizia De Torre</a>, Parlamentare del PD che non ha firmato il documento ma che ne ha evidentemente colto il vero significato “Il contenuto del documento deve essere discusso e la chiarezza che si deve fare deve aumentare l’unità, non l'unitarismo, ma l’unità nella diversità degli apporti che è il massimo dell’espressione democratica”.
<p>
Con questo spirito vorremmo che si aprisse dentro il PD e con il Paese il confronto sulle cose che dice il documento: saremo tutti più forti.
<p>
L’alternativa per il PD è il rischio dell’ insignificanza dentro la società e sicuramente condannare il Paese a pagare il prezzo delle politiche di questo Governo.
<p><i>Rodolfo Viola - Deputato PD</i><br />
<i>Andrea Causin - Consigliere Regionale Veneto PD</i>
<p>
<b>Da Repubblica del 16 settembre 2010</b><a href="http://www.repubblica.it/politica/2010/09/16/news/documento_veltroni-7148619/"><b> Il documento Veltroni- Fioroni-Gentiloni</b></a>
<p>
<br/>fonte: <a href="http://carta.ilgazzettino.it/MostraOggetto.php?TokenOggetto=2008283&Data=&CodSigla=PG&TestoRicercaUrl=andrea%20causin">Il Gazzettino - A.Causin - R.Viola</a>Massimo Cacciari: «Addio coalizioni meglio i partiti che poi si alleano» - INTERVISTA2010-08-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it504065<br />
<b>Massimo Cacciari, dopo il voto pro o contro Caliendo e l’astensione di Fini Casini Rutelli, in Italia dobbiamo dare l’addio al bipolarismo come alcuni commentatori hanno sentenziato?</b>
<p>
“Ma il bipolarismo in Italia non è mai nato. Lo si è visto subito. Lo si è visto quando Berlusconi per vincere nel ‘94 s’è dovuto appoggiare alla Lega, perdendo appena se ne è separato o, meglio, Bossi si è separato da lui. Lo si è visto dal percorso del post Pci. Che cosa hanno fatto gli eredi del Pci se non cercare per governare alleanze e unioni con qualche centro o con una certa sinistra, come dimostra l’esperienza, fallimentare, dell’Ulivo”.
<p>
<b>Fallimenti tanti, certo. Comunque adesso siamo arrivati al Partito democratico, uno dei due poli… O no?</b>
<p>
“Ho dato l’anima per costruire il partito democratico. Quindici anni. Ma ho di fronte agli occhi solo vecchi centri e vecchie sinistre. In politica occorre realismo e con realismo dobbiamo rassegnarci a constatare che l’esperimento proprio non funziona. Ho dato l’anima perché si costruisse qualcosa che si presentasse con una destinazione comune. Invece ho trovato soltanto quattro mura in comune che rischiano di saltar per aria. Prima del litigio devastante, che significherebbe l’annientamento elettorale, meglio separarsi, chi da una parte chi dall’altra”.
<p>
<b>Ma così si torna davvero al passato, a una incomprensibile geografia di partiti e partitini.</b>
<p>
“Ci siamo già, dopo l’esplosione del Pdl berlusconiano e con la crisi del Pd. Diciamo che viviamo una situazione di grande dinamismo e che il dinamismo è segno di vita. Ma la mia sensazione è che tutto questo gran movimento ci porti… verso il vecchio. Tuttavia, anche se il vettore sembra essere ancora il particolarismo, vi sono novità. Una è rappresentata da Fini, che davvero ha vissuto e sta vivendo una profonda trasformazione politica e che cerca di costruire una moderna destra europea. Mentre il mare è mosso, per il Pd sarebbe il momento di trarre qualche conclusione: che, ad esempio, esiste in Italia una forte tradizione socialista e socialdemocratica che potrebbe tranquillamente allearsi con espressioni di cultura cattolica e liberale, mentre è assurdo illudersi di trovare una sintesi tra storie tanto diverse. Sarebbe rovinoso stare a dilaniarsi sulla candidatura di Vendola o di qualcun altro, impegnarsi in primarie, per dire come siamo stati bravi a organizzare le primarie, come se le primarie bastassero a sanare i dissidi. Ciascuno vada per la sua strada e peschi voti dove può e dove sa, lasciando alla componente cattolica il compito di cercare al centro, come è in grado benissimo di fare, soprattutto approfittando di questo momento di dinamismo, si diceva, di turbolenza, di rotture. Così è. Punto. È evidente. Bene, bene, bene: prendere atto”.
<p>
<b>Perché, secondo lei, questo fallimento nostro e, permetta, anche suo?</b>
<p>
“Perché nessuno s’è rivelato all’altezza del discorso…”.
<p>
<b>Si fa l’autocritica?</b>
<p>
“Mi faccio tutte le autocritiche del mondo. Ma il problema è che la politica non è fatta di buone idee, ma è fatta di buone pratiche. D’Alema docet. Aveva i suoi dubbi e ha assistito all’avverarsi dei suoi dubbi per dire poi che aveva ragione lui. Rutelli e Fassino ci credevano, invece, ma probabilmente non erano all’altezza. Si arriva alla conclusione: se sei costretto a convivere con chi non sopporti, finisce a coltellate, quindi meglio separarsi al più presto... Il Pd eviterebbe guai maggiori e soprattutto potrebbe godere degli spazi politici enormi che si aprono, come ha ben capito Berlusconi che vorrebbe arrivare al più presto alle elezioni, infatti”.
<p>
<b>Salvo poi ripensare ad una alleanza. Ma ci si allea contro Berlusconi o ci si allea per realizzare alcuni di obiettivi di un programma?</b>
<p>
“Per amor di Dio, lasciamo stare Berlusconi. Fossi stato Prodi al governo avrei subito fatto approvare una legge di un solo articolo, semplicissimo, che avrebbe dovuto affermare: Berlusconi è innocente. Basta con questo pazzesco intoppo. Liberiamoci dall’ossessione di Berlusconi. Per vincere, impegniamoci su occupazione, giovani, scuola. Affrontiamo un serio discorso sul federalismo, come finora non s’è neppure tentato. Costruiamo insomma l’unità programmatica e lasciamo a ciascuno la sua tradizione. Per quanto ci riguarda diamoci una bella organizzazione di partito che rispetti la voglia di autonomia che la realtà sociale e politica e culturale esprime”.
<p>
<b>Addio poli, si torna alla frammentazione da prima repubblica.</b>
<p>
“D’altra parte mi sembrano impensabili coalizioni, pure di già vaneggiate, Fini-Pd o Casini-Fini-Pd”.
<p>
<b>Cioè divisi, per costruire sane alleanze programmatiche in vista delle elezioni?</b>
<p>
“Facendo politica, altrimenti continuando tra gli scandali e una opposizione troppo debole si porta solo acqua al mulino della Lega. Che rischia di dilagare, guadagnando al centro. E non solo nelle sue zone tradizionali: anche in Emilia e in Toscana e via…”.
<p>
<b>Di fronte alle difficoltà di Berlusconi, con una possibile crisi di governo, con il rinvio del federalismo fiscale, non ci potrebbe attendere un altro ribaltone della Lega?</b>
<p>
“Ci si può aspettare di tutto, anche un ribaltone della Lega quando il re del federalismo fiscale sarà completamente nudo, quando i leghisti si accorgeranno di aggirarsi solo tra i fantasmi di un federalismo autentico. Per ora aspettano”.
<p>
<b>Potremmo misurare un’altra novità elettorale: i grillini in campo. Riusciranno i grillini a sottrarre voti alla sinistra come è successo alle regionali?</b>
<p>
“Non credo. Con il sistema elettorale in corso o con un sistema che preveda uno sbarramento abbastanza alto. Un conto è guadagnare un consigliere locale. Un altro è entrare in Parlamento. Comunque dipende dalla sinistra o dal centro sinistra: dalla voglia di far politica”.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.unita.it/news/italia/102189/cacciari_addio_coalizioni_meglio_i_partiti_che_poi_si_alleano">l'Unità - Oreste Pivetta</a>ALESSIO VIANELLO: «Un nuovo polo? Solo se riesce a dare stabilità»2010-08-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it504058<br />
«Se necessario il Cavaliere può rimanere alla guida dell’esecutivo a condizione che il primo punto in agenda sia la legge elettorale»
<p>«Verso Nord - ribadisce Vianello - è nato sulla condivisione di una fotografia del paese, soprattutto del Nord, che sta andando a rotoli, la gente si è stufata perché non funziona niente, le tasse vanno alla ’Ndrangheta, c’è un muro contro muro romano che non produce le riforme, il bipolarismo è fallito così come sono falliti il sogno liberale di Berlusconi e il progetto riformista di Veltroni». Ci sarebbe la Lega: non è Bossi il ministro per le Riforme? Vianello scuote la testa: «La Lega di fatto non è più una Lega Nord ma una Lega "no-global" che dice no a tutto, alla Romea commerciale, alla Tav, ai termovalorizzatori».
<p>Il punto di svolta è uno: superare l’attuale bipolarismo («rissoso ed improduttivo») e attuare una riforma elettorale che introduca un sistema proporzionale che consenta «la formazione di solide coalizioni e assegni ai cittadini il potere di scelta dei propri rappresentanti». In pratica: sbarramento al 5% e reintroduzione della preferenza. Come arrivarci? Vianello è chiaro: «Verso Nord auspica la formazione di un governo di transizione, da costruire in accordo con il Pdl, e se necessario anche a guida Berlusconi, a condizione che il primo punto dell’agenda sia il varo di una nuova legge elettorale».
<p>
È la posizione di "Verso Nord - per un'Italia europea", l'iniziativa politica con ambizioni bipartisan che vede tra i promotori Alessio Vianello, Massimo Cacciari, Achille Variati, pure il portavoce del ministro Galan, Franco Miracco.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://carta.ilgazzettino.it/MostraStoria.php?TokenStoria=847845&Data=20100808&CodSigla=PG">Il Gazzettino - Alda Vanzan</a>Italo BOCCHINO: «Noi mai insieme alla sinistra. Quale terzo polo? Siamo figli del bipolarismo» - INTERVISTA2010-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it504016Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FLI) <br/><br/><br />
<b>Il Pdl sostiene che se si andrà alle urne la colpa sarà vostra, Come vi comporterete?</b>
<p> «Per quanto ci riguarda, alle urne non ci si deve andare. In una repubblica parlamentare si va a votare quando il governo non ha più la fiducia del Parlamento. Non verrà mai meno in questa legislatura la fiducia al governo da parte dei nostri gruppi.<br />
Noi siamo impegnati in tutto ciò su cui c`è il vincolo di maggioranza e sul programma. Sul resto si dovrà decidere:
immagino che si terranno dei vertici con i tre gruppi di maggioranza dove si prenderanno volta per volta delle decisioni».
<p>
<b>Se invece si andasse a votare, è possibile che il Pdl e la Lega facciano man bassa?</b>
<p> «I pronostici elettorali non è bene farli prima del tempo. E poi oggi c`è una maggioranza alla Camera che non ritiene utile per il paese un ricorso anticipato alle elezioni. Al Senato per due voti non c`è ancora una maggìoranza in tal senso, ma presto è probabile che ci sia».
<p>
<b>Se il premier prova a forzare la situazione ci sarebbero i voti in Parlamento per un governo tecnico?</b>
<p> «Per sciogliere un Parlamento ci deve essere una maggioranza favorevole a scioglierlo. Sarà difficile. Se i parlamentari eletti con la maggioranza assicurano che daranno la fiducia al governo per tutta la legislatura, come può il premier ricorrere al voto? Con quale motivazione? Che vuole più potere, che gli sta antipatico Fini?».
<p>
<b>Potrebbe farvi votare la fiducia sul processo breve, per esempio.</b>
<p>
«Quella legge non fa parte del programma e non prevede un vincolo di maggioranza preventivo. Se verrà posta la fiducia noi la voteremo, poi per quel che riguarda il voto finale sul provvedimento valuteremo la nostra posizione sulla base del risultato raggiunto nel confronto di merito interno alla maggioranza».
<p>
<b>II premier potrebbe dimettersi per poi tornare alle Camere e chiedervi la fiducia su un nuovo programma di governo a voi indigesto.</b>
<p>
«Volendo si può anche esprimere una fiducia "tecnica", come si sa. Ma in ogni caso sarebbe difficile da spiegare al paese e alle istituzioni il paradosso di un governo che torna alle Camere per farsi votare una sfiducia. E se pure la ottenesse, il capo dello Stato ha il dovere istituzionale di esperire altri tentativi».
<p>
<b>E qui torniamo alla domanda sul governo tecnico. Lo votereste?</b>
<p>«Non abbiamo nel nostro orizzonte politico governi alternativi a quello scelto dagli elettori. Uno scenario diverso in Parlamento lo può generare solo Berlusconi se forza la mano per andare al voto e non credo che accadrà. Se capitasse non sarebbe una scelta di Fini.<br />
E poi chiedo: la Lega vuole andare al voto e perdere tutto il federalismo fiscale? E in autunno scadono più di cento miliardi di euro di titoli di Stato e bisogna fare le aste per il rinnovo...»
<p> <b>Se si andasse a votare, voi vi presentereste da soli?</b>
<p>«Oggi Fini rappresenta la principale novità politica del paese e un`opzione elettorale con un forte appeal, con un grosso consenso nell`alveo naturale di una coalizione di centrodestra. E nel caso Berlusconi volesse rompere, Fini è il soggetto migliore nel mercato elettorale per un esperimento innovativo. Esperimento che esclude ribaltoni o coalizioni pasticciate.<br />
Noi siamo avversari della sinistra con la quale non sono possibili alleanze. Facciamo parte del centrodestra, ma se esso dovesse prendere una deriva non di stampo europeo, estremizzando le posizioni, Fini avrebbe la forza per costruire una coalizione con i soggetti della cosiddetta "area della responsabilità" che mai e poi mai sarà un terzo polo, perché lui è figlio del bipolarismo».
<p>
<b>Ora che il suo leader è sotto i riflettori non dovrebbe a suo avviso spiegare i misteri della casa a Montecarlo?</b>
<p> «Su quella vicenda ci sono due punti fermi a difesa di Fini:
la querela al Giornale del suo avvocato Bongiorno in cui dice di non aver nulla a che vedere con quella casa; e il fatto che dica "ben vengano le indagini della magistratura" segna una profonda differenza tra lui ed altri. Saranno i giudici a dire se ha ragione o torto. Fini è lombrosianamente lontano da tutto ciò che possa puzzare di malaffare».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=T8T2V">La Stampa - Carlo Bertini</a>