Openpolis - Argomento: Riforme costituzionalihttps://www.openpolis.it/2014-08-12T00:00:00ZRita BERNARDINI: Debito pubblico italiano: dagli errori agli orrori2014-08-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it722513<br />
Gli errori stratificati del passato, si trasformano per interi popoli in veri e propri orrori. Prendiamo il debito pubblico italiano. Dopo anni di analisi, ammonimenti e proposte, il deputato radicale Marcello Crivellini, ad aprile ‘94, scrisse (in un rapporto) queste semplici parole: “mentre il Debito degli altri Paesi difficilmente supera il 50% del PIL, per l’Italia è più del doppio […] il
valore medio del Debito dei Paesi dell’Europa dei 12, negli ultimi 10 anni, oscilla tra il 50 e il 60% e, se è vero che il problema del Debito è pressante per quasi tutti i maggiori Paesi industrializzati, è anche vero che molti di essi hanno cominciato ad attuare politiche di rientro”.
<p>Il rapporto si concludeva con la proposta al Governo di “avviare il risanamento reale prevedendo un piano che in due anni fermi la crescita nominale del Debito pubblico, ottenendone la graduale diminuzione in percentuale sul PIL. Ciò significa ottenere il pareggio del Bilancio al lordo degli interessi”. Anche gli strumenti indicati da Crivellini erano tanto semplici quanto necessari:
<p> 1) modifica dell’art. 81 della Costituzione per porre esplicitamente un limite all'accensione di debiti;
<p> 2) misure per conoscere e controllare le voci di spesa, materia oscura esclusivamente appannaggio della “politica consociativa, caratterizzata dalla mancanza di una divisione netta tra maggioranza e opposizione e quindi dalla necessità di accontentare tutti”.
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Era il 1994, 20 anni fa. Allora il debito pubblico era la metà dell’attuale. Il mancato intervento ha fatto sì che l’Italia ha dovuto destinare da allora a oggi il 6% del proprio PIL per pagare gli interessi: 1.650 miliardi!<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/pdf/stampa/5164808">www.radicalparty.org</a>FRANCO IACOP: Intervento Iacop ad assemblea Consigli regionali su riforme2014-04-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718964Alla data della dichiarazione: Pres. Consiglio Regione Friuli Venezia Giulia (Lista di elezione: PD) <br/><br/>(ACON) Roma, 14 apr – COM/AB – Assemblea generale straordinaria di tutti i Consigli regionali italiani a Roma, riuniti nell’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati per discutere delle riforme istituzionali, in particolare delle proposte riferite al Titolo V della Costituzione che riguarda le Regioni.
La delegazione del Friuli Venezia Giulia, con alcuni componenti l’Ufficio di presidenza e capigruppo, era guidata dal presidente Franco Iacop che, nel suo intervento, ha ricordato come la Repubblica italiana tragga origine e regole dalla Costituzione. “Possiamo dunque affermare – ha detto – che la Costituzione esercita una sovranità piena sulle istituzioni, sugli ordinamenti e sui rapporti civili, etico-sociali, economici e politici, mentre sappiamo che il popolo esercita la propria sovranità nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione medesima attraverso l’azione legislativa del Parlamento”.
Tra i principi fondamentali della Carta, Iacop ne ha richiamati tre: l’articolo 5 sulla valorizzazione dell’autonomia, il 6 sul riconoscimento e la tutela delle minoranze linguistiche, l’11 sulle limitazioni alla sovranità nazionale derivanti dai trattati internazionali. Il particolare riferimento a quest’ultimo articolo va al Trattato di Lisbona, che considera la sussidiarietà, la potestà legislativa regionale, le autonomie territoriali e locali quali elementi costitutivi delle politiche nazionali ed europee.
“Se tutto questo – ha aggiunto Iacop – ha contribuito a costruire le fondamenta dello Stato, allora l’autonomia, quale uno dei principi fondamentali, non è negoziabile e non lo sono le forme e le condizioni particolari di autonomia delle Regioni a Statuto speciale. Non sono accadimenti casuali, frutto di episodi, ma un fatto incontrovertibile della storia del nostro Paese. Sono esercizio della responsabilità e della sussidiarietà, del federalismo cooperativo e solidale, a vantaggio dell’intera comunità nazionale e per l’assolvimento anche degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario. E deve essere altrettanto chiaro che l’autonomia regionale, comprese le specialità, contribuiscono al perseguimento degli interessi nazionali; clausole di supremazia dello Stato corrispondono alla necessità di governo unitario di competenze e funzioni in materie primarie, sulla base della leale collaborazione e della negoziazione ragionevole Stato-Autonomie”. “Se dunque il rapporto deve fondarsi sulla lealtà, non possono essere condivisibili quegli strumenti messi in campo dallo Stato che, in forma palese o surrettizia, invocando di volta in volta norme generali, coordinamento della finanza pubblica, contingenza economica, alterano nei fatti un rapporto istituzionale che deve basarsi sulla pari dignità istituzionale e sulla struttura consensuale e pattizia di relazioni politiche e finanziarie. Il modello delle Autonomie speciali voluto dall’Assemblea costituente – ha ricordato – lungi dall’essere un privilegio ingiustificato, può considerarsi un’applicazione avanzata e moderna dei principi della sussidiarietà e della governance multilivello, secondo standard ormai riconosciuti a livello europeo e codificati nel diritto primario dell’Unione e un riferimento al quale far tendere il modello regionalista del nostro Paese”.
“Al processo di riforma costituzionale in atto è doveroso partecipare con convinzione e farsi carico delle necessità di rinnovamento dello Stato, compreso quello dei suoi organi e delle sue articolazioni territoriali, con spirito cooperativo e solidale. Non è però sufficiente confermare apoditticamente l’esistenza delle autonomie speciali quando tutte le norme che ruotano attorno modificano gli assetti delle potestà, delle competenze e delle funzioni tra Stato e Autonomie territoriali e locali. È doveroso chiederci quale sarà l’impatto del processo di riforma sui livelli di autonomia speciale ed evitare che esso porti ad uno svuotamento sostanziale di norme costituzionali”.
Iacop ha chiarito di riferirsi a un’autonomia e a una specialità dinamiche, moderne, evolute, proiettate nel futuro, pronte anche ad assumere nuove competenze a vantaggio di tutti, anche del bilancio dello Stato e a partecipare allo sviluppo dell’Europa; dare piena attuazione agli Statuti con un lavoro incisivo e formalizzato delle Commissioni paritetiche, ragionare su possibili rivisitazioni delle attuali materie in senso evolutivo.
Vi sono però due condizioni da cui, a giudizio del presidente del Consiglio regionale del FVG, non si può prescindere e che vanno recepite nel documento politico: la clausola di salvaguardia della specialità, che lasci eventualmente penetrare negli ordinamenti speciali solo le norme di maggior favore, modificando in tal senso il comma 13 dell’articolo 33 del disegno di legge costituzionale; la garanzia della specialità finanziaria, aggiungendo un comma all’articolo 116 che faccia rinvio ai decreti legislativi di approvazione delle norme di attuazione degli Statuti, per conseguire il coordinamento della finanza pubblica, gli obiettivi di perequazione e di solidarietà nazionale nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome.
“Rispetto a queste esigenze – ha affermato in conclusione Iacop – apprezziamo l’impegno di alcuni senatori che con un emendamento hanno anch’essi inteso porre la questione della norma espressa di salvaguardia degli Statuti speciali. Le autonomie speciali non si chiudono su sé stesse; vogliono guardare al futuro assieme all’intero sistema regionale, essere protagoniste delle riforme, contribuire con responsabilità alla rinascita politica, sociale ed economica del Paese, partecipare al percorso riformatore che faccia delle diversità e delle specificità i valori arricchenti di una nuova unità nazionale. Non ci sono privilegi da difendere. Al contrario, ci sono funzioni da esercitare, oneri finanziari da sostenere, gestione di servizi collettivi, programmazione del territorio, federalismo vero e autentico, sussidiarietà misurata sul campo”.<br/>fonte: <a href="http://www.iacop.it/website/2014/04/14/intervento-iacop-ad-assemblea-consigli-regionali-riforme/">Acon FVG</a>Maria Elena Boschi: Riforme. "Avanti anche senza Fi".2014-04-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718146Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) - Ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento<br/><br/><br />
"Io scommetto sulla tenuta dell’accordo con Forza Italia, anche le parole di Berlusconi credo che vadano in questa direzione. Ci sono dei contrasti interni a FI che mi auguro si risolveranno, ma se FI si sfilasse dagli accordi i numeri per andare avanti ci sono".
<p> "Mi auguro che FI continui a contribuire al processo delle Riforme ma se non dovesse succedere la maggioranza ha i numeri per andare avanti".
<p> <b>La riforma del Senato</b>
<p> "E' una riforma che piace ai cittadini". <br />"Il bicameralismo perfetto purtroppo non funziona più. Le preoccupazioni di Grasso non sono fondate perché calcoli alla mano Pd, Ncd, Sc, PI e autonomie sono in grado di approvare la riforma” costituzionale del Senato, anche senza Forza Italia.
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"Sui punti principali e sui paletti essenziali della riforma del Senato non c’è margine di manovra. Non è interesse di nessuno rimettere in discussione le riforme. Non pensiamo a un piano B in caso di fallimento, è il paese che ne ha bisogno”.
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“Il Pd sarà compatto al momento del voto perché la linea del partito è gia’ stata decisa” dagli elettori alle primarie e dalla direzione. "Continueremo a confrontarci ma il Pd ha già deciso: credo che avere un Senato che rappresenti le regioni, i comuni e porti gli interessi dei territori sia importante”.
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"Io credo che il governo abbia mantenuto le sue promesse a cominciare dalla riforma delle province. Sugli ottanta euro in più in busta paga puliti al mese manterremo questo impegno. Stiamo lavorando anche alla riforma della giustizia. Ma prima ancora stiamo già lavorando alla riforma della pubblica amministrazione e poi ci impegneremo in materia fiscale”.
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<br/>fonte: <a href="http://qn.quotidiano.net/politica/2014/04/06/1049485-riforme-boschi-berlusconi.shtml?utm_source=mrsend&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter&userid=NL14063">Quotidiano.net</a>Paolo Cova: Riforme, si va a incominciare2013-10-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it710577Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>l Ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quaglieriello ha riferito, in Aula, l’informativa sulla Relazione finale della Commissione per le Riforme costituzionali. Per quanto mi riguarda, una prima riflessione positiva la spendo sulla fine del bicameralismo perfetto tra Senato e Camera, sulla riduzione dei parlamentari e sulla valorizzazione del Senato federale. Credo richieda una più approfondita analisi il passaggio sul semi-presidenzialismo. Ricordo che la Relazione dà conto dell’esito dei lavori della Commissione e indica una serie di ipotesi di riforma.
Quagliariello ci ha fatto sapere che per superare la crisi politica, economica e sociale la Commissione ritiene che i punti principali su cui intervenire siano questi: 1) il rafforzamento del Parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo paritario, una più completa regolazione dei processi di produzione normativa e, in particolare, una più rigorosa disciplina della decretazione di urgenza; 2) il rafforzamento delle prerogative del Governo in Parlamento attraverso la fiducia monocamerale, la semplificazione del processo decisionale e l’introduzione del voto a data fissa di disegni di legge; 3) la riforma del sistema costituzionale delle Regioni e delle autonomie locali che riduca significativamente le sovrapposizioni delle competenze e si fondi su una maggiore cooperazione e una minore conflittualità; 4) la riforma del sistema di governo, che viene prospettata in t re diverse possibili opzioni: la razionalizzazione della forma di governo parlamentare, il semipresidenzialismo sul modello francese, una forma di governo che, cercando di farsi carico delle esigenze sottese alle prime due soluzioni, conduca al governo parlamentare del Primo Ministro.<br/>fonte: <a href="http://politici.openpolis.it/static/bookmarklet">politici.openpolis.it</a>Maurizio SAIA: Ripresa della discussione del disegno di legge costituzionale n. 2173-2563-3135-3229-3244-3287-3288-3348-3384-34132012-11-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684407Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) <br/><br/>Signora Presidente, lo riformulo, a dimostrazione di quanto torto abbiano i colleghi come il senatore Perduca, il quale immagina che questo provvedimento sia inutile, non abbia senso, e poi si contraddice quando parla di ciò che non siamo riusciti a fare.
Un'altra collega dice: «Non facciamo la figura di quelli che non sono riusciti...». Ragazzi, ma di cosa stiamo parlando? Siamo in un Parlamento che in cinque anni non è riuscito a fare mezza riforma, e continua tutti giorni a convocare e sconvocare la Commissione sul tema della legge elettorale.
Proprio perché invece sto guardando avanti, ma non per me o per questo Parlamento ma per le istituzioni, credo che così lasciamo il segno di qualcosa, pur se ben lontano dai testi presentati all'inizio che riconoscevano la dignità di un'Assemblea costituente, immaginavano un'ala del Parlamento che faceva le leggi ordinarie ed una che si chiudeva a fare le radicali riforme che non si è riusciti a fare in dieci anni seriamente.
E a voi tra l'altro, area radicale, con la quale ci siamo trovati tante volte insieme in altre battaglie, a voi che avete cercato di portare sempre in Parlamento persone della società civile che garantissero competenze, dico che questa è l'occasione per farlo in temi costituzionali, per dare nobiltà e finalmente riforme moderne a questo Paese.
Ma proprio perché comprendo i limiti di questo provvedimento, aderisco assolutamente all'invito dei relatori a riformularlo e sono d'accordo con l'aggiunta di quella parte dell'emendamento della collega Sbarbati.
Non sono per nulla d'accordo sull'incompatibilità a tempo: o c'è o non c'è. Politicamente, quindi, non dico sia una sciocchezza ma affermo che va a svilire ulteriormente il testo decidere che i parlamentari possano partecipare alla Commissione e fare attività di parlamentare. Significa che non abbiamo capito quasi nulla della ratio di questo testo.
Aderisco anche alla richiesta di votazione per parti separate, perché comunque ciò che è importante, collega Perduca, di questo testo non sono le virgole o le controvirgole. Lo abbiamo già capito. Vedete che sono intervenuto poco o nulla su tante questioni.
Ma questo atto significa lasciare il segno di qualcosa per la futura attività parlamentare della prossima legislatura. Forse si rifarà anche radicalmente questo testo, ma auspico che ci sia una traccia, perché o andiamo verso quella strada o state tranquilli - non so se sono pessimista - che neppure il prossimo Parlamento possa fare qualcosa. Anzi, ho la sensazione che la prossima legislatura possa essere anche peggiore. L'auspicio è che in questo modo si possa aderire a realizzare un minimo di riforme serie, globali ed organiche e non qua e là come sta accadendo facendo un giorno la legge elettorale e l'altro la riduzione dei parlamentari o altro. L'auspicio è che ciò possa essere fatto seriamente, come hanno fatto i nostri Padri costituenti.
Quindi aderisco comunque a questo tipo di richiesta della Presidenza.
<br/>fonte: <a href="http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=687535">www.senato.it</a>Maurizio SAIA: SEGUITO DISCUSSIONE SUI DISEGNI DI LEGGE COSTITUZIONALE N.° 2173-2563-3135-3229-3244-3287-3288-3348-3384-3413 (secondo intervento)2012-11-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684406Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) <br/><br/>Accoglie la richiesta di sottoscrizione del senatore D'Alì, ma non la proposta di riformulazione poiché il periodo da aggiungere inserisce ulteriori argomenti, tra cui quello delle immunità per i membri della Commissione.
<br/>fonte: <a href="http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=687535">www.senato.it</a>Giorgio NAPOLITANO: ai partiti: «Non si voti con la vecchia legge»2012-08-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648138Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
«Resto inquieto nel non vedere ancora vicine a un approdo le discussioni, che procedono attraverso continui alti e bassi, su una nuova legge elettorale mentre rimane ancora bloccato il progetto di sia pure delimitate modifiche costituzionali che era stato concordato prima di un'improvvisa virata sul tema così decisivo di un improvvisato cambiamento in senso presidenzialistico della Costituzione».
<p>Il presidente della Repubblica <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IUT6C">Giorgio Napolitano a colloquio con l'Unità</a>, ragiona sugli impegni che attendono le forze politiche.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1IUT6C">l'Unità</a>Dario FRANCESCHINI: «In aula si vedrà finalmente chi fa sul serio e chi ostacola. Le preferenze? Pericolose» - INTERVISTA2012-07-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647086Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>Il punto d'incontro per cambiare la legge elettorale potrebbe essere il ritorno alle preferenze. Anche se alcuni nel suo partito hanno aperto, il Pd si oppone onorevole Franceschini?</b>
<p>«Le preferenze sono belle da dire e drammatiche da applicare. Non viviamo nel mondo delle favole, l'ultima volta che si votò alle politiche con le preferenze fu nel 1992: i miliardi spesi in quelle campagne elettorali sono finiti in buona parte nell'inchiesta di Tangentopoli. Le preferenze comportano costi elevatissimi, con tutti i rischi che ne seguono. Non a caso in nessun grande paese d'Europa si vota con le preferenze, né in Spagna, né in Francia, né in Germania, né in Inghilterra. La via maestra sono i collegi uninominali che consentono agli elettori di scegliere la persona da cui far rappresentare il proprio territorio».
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<b>Ma fate sul serio? Finora è sembrata solo melina tra i partiti. Tant'è che è arrivato il nuovo appello di Napolitano: ci vuole il capo dello Stato per scuotervi?</b>
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«Le parole del Presidente della Repubblica sono utili per portare tutta la questione nelle sedi istituzionali in modo trasparente, alla luce del sole così che si capisca con chiarezza chi vuole fare la legge elettorale e chi non vuole farla».
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<b>E voi del Pd volete davvero cambiare il Porcellum?</b>
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«Assolutamente sì. Noi abbiamo contrastato la "legge porcata", quando fu approvata con un colpo di mano della maggioranza alla fine della legislatura, nel 2005. Non abbiamo mai avuto i numeri, né li abbiamo ora, per cambiarla. Ma è dall'inizio di questa legislatura che mettiamo in cima alle nostre priorità l'esigenza di restituire ai cittadini-elettori il diritto di scegliersi gli eletti, che gli è stato tolto con le liste bloccate del Porcellum».
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<p><b>Però siete finiti nel pantano. Insieme a Pdl e Udc avete fatto e disfatto. Prima il modello ispano-tedesco, poi il ritorno all'idea del Pd sul doppio turno; infine la trovata del "Provincellum". Risultato?</b>
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«Quando è nato il governo Monti, in base a una "divisione dei compiti", fu detto che al governo era affidata la missione economia-crisi e il Parlamento si sarebbe impegnato a fare alcune riforme istituzionali, a cominciare dalla riduzione dei parlamentari e dalla legge elettorale. Proponemmo che i due percorsi andassero avanti parallelamente, facendo marciare le riforme costituzionali al Senato e trasferendo l'iter della legge elettorale alla Camera. Ma Schifani ha sempre risposto "no". È ancora tutto là. E Gasparri ripete che prima si devono completare le riforme costituzionali, e poi...».
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<b>
Il tempo passa. Di chi è la colpa del nulla di fatto?</b>
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«In fondo, nel crepuscolo, a Berlusconi e alla Lega va bene conservare le liste bloccate, penso faccia molto comodo per tutelare chi va tutelato».
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<b>Quali sono i presupposti irrinunciabili per voi?</b>
<p>«Ci sono tre punti, su cui mi pareva si fossero fatti passi avanti nella trattativa: soglia di sbarramento più alto, per ridurre la frammentazione dei troppi partiti; vincolo di coalizione con premio di maggioranza; superare le liste bloccate, perché siano gli elettori a scegliere. Questi sono i capisaldi di una possibile mediazione. Noi siamo però per il doppio turno. Se c'è ancora melina, noi ci presenteremo in aula con la nostra proposta».
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<b>Il modello elettorale condiziona la politica del post-voto, nel senso che ci sono leggi che favoriscono l'ipotesi di una grande coalizione e altre no?</b>
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«Le leggi elettorali oggettivamente condizionano molto il sistema politico. Ma il progetto del Pd, indipendentemente da quale modello passa, resta la stesso: un'alleanza tra progressisti e moderati per battere le destre, il qualunquismo e per riuscire poi a governare il paese del dopo Monti».
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<b>Da uno a dieci, lei quanto scommette su una nuova legge elettorale?</b>
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«Cento, per la nostra volontà. Non posso fare previsioni, perché servono i numeri e perché tra le parole e i fatti del Pdl c'è al momento una distanza enorme».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HG2P3">la Repubblica - Giovanna Casadio</a>Magda NEGRI: Riforme: senatori Pd, Bindi sbaglia non ci faremo intimorire da lei2012-06-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646133Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"Non abbiamo identiche posizioni sulle riforme costituzionali ed elettorali in discussione in Parlamento e non ci faremo intimidire da lei".
<p> Così alcuni senatori del Pd (Marilena Adamo, Daniela Bosone, Stefano Ceccanti, Mauro Del Vecchio, Paolo Giaretta, Enrico Morando, Magda Negri, Giorgio Tonini) rispondono alle posizioni espresse da Rosi Bindi.
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"Siamo impegnati in un serio confronto, per individuare le soluzioni che meglio corrispondono alle esigenze del Paese, travagliato da una crisi politica ogni giorno più grave - scrivono in una nota -. Nello svolgere il nostro compito, non ci faremo intimidire dal vice presidente della Camera, Bindi, la quale ha affermato che (...) sarebbe paradossale che un Parlamento di nominati si attribuisse funzioni costituenti.(...)
<p>
"Se l'onorevole Bindi la pensa così, circa la legittimazione dell'Assemblea che presiede e del Senato ad esercitare i poteri e le funzioni che la Costituzione loro assegna, dovrebbe forse trarne le inevitabili conseguenze. Noi, per parte nostra, continueremo a lavorare, per uscire con le riforme dalla crisi che rischia di travolgere la nazione".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Riforme__senatori_Pd__Bindi_sbaglia_non_ci_faremo_intimorire_da_lei-1165362-POL.html">www.asca.it</a>Dario FRANCESCHINI: «I ricavi della lotta all’evasione vadano a chi è senza reddito» - INTERVISTA2012-05-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it627166Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />«I tagli lineari di Tremonti sono stati la sconfitta della politica, ora è tempo di scegliere. Basta colpire la scuola, subito un allentamento del patto di stabilità dei Comuni».
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Dobbiamo cambiare prospettiva: è dalle fasce sociali più basse, i poveri, che bisogna partire. Questo è un Paese dove la povertà assoluta è in aumento, quindi prima di aiutare gli italiani con i redditi più bassi dobbiamo aiutare quelli che i redditi non li hanno affatto». E sulla spending review avverte: scuola e spesa sociale non possono subire ulteriori tagli. «Questo è il momento di fare delle scelte».<p>
<b>Franceschini, mentre parliamo il ministro Giarda sta per illustrare laspending review per evitare l’aumento dell’IVA. Secondo alcuni è un pannicello caldo. </b> <p>
«È giusto che il governo affronti questo problema. Noi abbiamo sempre contrastato la linea dei tagli lineari di Berlusconi e Tremonti che colpiva indiscriminatamente cose utili e cose inutili. Quella è stata una fase di sconfitta della politica perché in alcuni momenti c’è bisogno di scegliere, di dire “qui si taglia, qui non si tocca un euro”». <p>
<b>Eppure Tremonti è tornato a difendere i tagli lineari. Dice anche che i veri risultati si ottengono tagliando stipendi, salari, diritti dei cittadini... </b><p>
«Vuole drammatizzare la situazione. È evidente che in Italia ci sono degli sprechi, ma non si può tagliare sulla scuola, dove invece si deve investire. Né si può pensare, in un momento come questo, di tagliare la spesa sociale. Noi preferiamo aspettare di vedere nel dettaglio la spending review e poi avanzare le nostre proposte anziché fare critiche a priori».<p>
<b>L’obiettivo è quello di “sterilizzare” l’aumento di due punti di IVA per contrastare la recessione. Sarà sufficiente? </b><p>
«È un primo passo importante ma adesso è il momento di stabilire delle gerarchie dei bisogni e dei problemi, questo è il compito della politica. Per uscire dalla crisi intanto bisogna ripartire dall’edilizia che ha sempre creato posti di lavoro. Da tempo diciamo al governo che è fondamentale estinguere il debito dello Stato verso le imprese: è immorale questo blocco dei pagamenti verso chi ha fornito servizi e opere allo Stato. Inoltre va allentato, almeno in parte, il Patto di stabilità che impedisce ai Comuni, pur avendo i soldi in cassa, di avviare tutta una serie di opere in grado di rimettere in moto il mercato del lavoro e quindi anche l’economia. Altro dato: l’aumento degli introiti derivanti dalla lotta all’evasione. È un fatto molto positivo, meritorio e progressista del governo Monti, ma quei soldi vanno destinati a chi è senza reddito prima di ridurre l’aliquota dei redditi bassi. Si devono prevedere ammortizzatori sociali, per i disoccupati senza cassa integrazione e sostegni per quei quasi 4 milioni di italiani che vivono nella povertà assoluta. Oltretutto quei soldi non andrebbero a finire in banca ma in consumi e quindi rientrerebbero in parte il giorno dopo in termini di IVA».<p>
<b>Intanto il consenso verso il governo cala e c’è chi parla di elezioni anticipate, anche se tutti smentiscono di volerle. Il PdL dice che siete voi del Pd a volere andare alle urne. </b><p>
«Il Pd non ha alcuna intenzione di andare al voto prima del 2013. Non so il PdL cosa voglia fare davvero, ma il mandato che il Parlamento ha affidato a Monti è di arrivare a fine legislatura».<p>
<b>Pd e PdL vivono un periodo di “tregua” ma i sospetti reciproci restano. Lei ha detto: se entro maggio non si va alla prima lettura delle riforme costituzionali non se ne farà nulla. Teme che il PdL voglia prendere tempo? </b><p>
«La mia è una constatazione: per fare una riforma costituzionale ci sono tempi precisi, quindi o la si approva in prima lettura a maggio oppure salta. Adesso aspetto di vedere cosa succede, è una corsa contro il tempo, ma continuo a temere che il percorso che vuole il PdL porti a non fare le riforme costituzionale e neanche la legge elettorale. Non ce lo possiamo permettere e vorrei evitare il rischio che qualcuno cerchi di far saltare tutto e poi dire che è colpa di tutti».
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<b>Tutto sommato a Berlusconi converrebbe votare con il Porcellum. </b><p>
«È quello che temo. Mi rendo conto che per il PdL sarebbe conveniente, potrebbero nominare i parlamentari e la Lega sarebbe obbligata ad allearsi con loro. Ma sarebbe un enorme errore che gli elettori farebbero pagare caro. Noi dobbiamo renderci conto che il problema oggi non è il calo del consenso a Monti, perché girando per il Paese quello che viene fuori è che le persone si rendono conto della grave crisi economica e della necessità di interventi anche pesanti. Il vero problema è che gli italiani non si fidano più dei dirigenti politici: non fare le riforme, da quella dei partiti a quelle istituzionali, vuol dire alimentare la sfiducia».<p>
<b>Un primo segnale arriverà dalle elezioni della prossima settimana. Qui, per le amministrative e in Europa, con le elezioni francesi. Segneranno un cambio di passo? </b><p>
«Il vero cambio di passo dell’Europa cambierà la nostra vita quotidiana. Se vince Hollande può cambiare la politica europea, che non è detto debba essere soltanto di austerità e rigore. Ma se nel 2013 vinciamo noi in Italia allora sì che può formarsi un asse tra i progressisti per invertire la rotta».<p>
<b>Eppure come provate a parlare di alleanze c’è un pezzo di PD che minaccia di andarsene. Gli elettori prima o poi vorranno sapere con quale alleanza volete governare. Secondo lei? </b><p>
«Dobbiamo prima fare la legge elettorale e poi, anche sulla base di quella, decidere le alleanze per vincere e riuscire a governare».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.dariofranceschini.it/adon.pl?act=doc&doc=7164">L'Unità - Maria Zegarelli</a>Massimo Cacciari: «Questione morale? La vera colpa è l'Italia senza riforme» - INTERVISTA2011-07-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590373<br />
"Da vent’anni non esiste più la politica. In Italia non ci sono le leggi che dovrebbero ‘contenere’ i fenomeni di malcostume. Così come sono assenti partiti in grado di selezionare la classe dirigente".
<p><b>Professore, quant’è grave nel Pd la questione morale?</b>
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«È sbagliato parlare di ‘questione morale’. Sia per i democratici che per gli altri».
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<b>Perché?</b>
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«Ma perché derubrica il vero problema. Che è di natura squisitamente politica. È essenziale capire che esiste una ‘questione politica’ seria. È quella che ci deve preoccupare».
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<b>E chi riguarda?</b>
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«Tutti, non solo il Pd. Da vent’anni non esiste più la politica. Non sono state fatte quelle essenziali riforme costituzionali e del sistema sociale, direi quelle riforme strutturali, essenziali per andare avanti. Non la buttiamo sulla presenza dei politici ‘cattivi’. Imbroglioni e mestatori ci sono sempre stati. La realtà è che in Italia non ci sono le leggi che dovrebbero ‘contenere’ i fenomeni di malcostume. Così come sono assenti partiti in grado di selezionare la classe dirigente».
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<b>Magari era meglio nella Prima Repubblica...</b>
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«No. Il disastro nasce tutto negli anni Settanta. Anni in cui c’era una crisi davvero tragica, molto più di oggi. È in quel periodo che si creano le condizioni per la mancata alternanza. Poi, dopo il disastro di inizio anni Novanta, ci troviamo di fronte a forze politiche raccogliticce che difficilmente possono essere definiti partiti».
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<b>
E che cosa sono?</b>
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«Un coacervo di populismo e demagogia. Che mette ancora più in luce quanto sia sbagliato analizzare la crisi attraverso la categoria della questione morale. Essa è un sintomo. Il vero malato, grave, è la politica».
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<b>Professore, però la classe politica di una volta era ben altra cosa, ammetterà...</b>
<p>
«Guardi, quando entrai in Parlamento la prima volta avevo 32 anni. E devo dire che per fortuna quegli anni tragici sono finiti. Se impostiamo il nostro ragionamento sui singoli è evidente che i protagonisti di allora, o parte di essi, erano superiori agli attuali. Ma dobbiamo stare attenti a contestualizzare. Non dimentichiamoci quale era l’Italia degli anni Settanta. Il livello culturale generale. È chiaro che i Napolitano, gli Amendola, i Chiaromonte erano di un livello superiore. E ancora: i Moro, i Fanfani, il primo De Mita. Per non parlare dei Bisaglia o dei Marcora, fra i primi a capire che esisteva una ‘questione settentrionale’».
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<b>Dei veri politici...</b>
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«Sì, ma attenzione a farne casi singoli. Voglio dire che la classe politica di allora va giudicata rispetto al contesto di allora. Oggi, paradossalmente ma non tanto, la situazione si è ribaltata».
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<b>
Beh, cambiano anche i media...</b>
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«Certamente. Il che da una parte è positivo perché c’è un maggiore controllo, si incoraggia la partecipazione, si favorisce la trasparenza. Dall’altra, però, si fanno operazioni di pura demagogia. Come sui costi della politica. Come se in America non ci fossero gli stessi problemi».
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<b>
Ma la gente è furibonda.</b>
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«E ne ha ben donde. Ma non è col populismo che si risolvono i problemi bensì con l’analisi attenta e proponendo soluzioni. Diciamo le cose come stanno: l’intera classe politica è responsabile di questa emergenza per aver sempre rimandato le riforme necessarie. Ora abbiamo tamponato in parte le falle e possiamo ricominciare a ragionare. Diciamo che abbiamo stoppato alla meno peggio la valanga. E di questo non possiamo far altro che ringraziare Napolitano. Se non era per lui, stavamo freschi...».
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=12I0PB">Quotidiano.net - Francesco Ghidetti</a>Silvio BERLUSCONI: Tutti spiati2010-06-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it501887Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. del Consiglio (Partito: PdL) - Ministro Sviluppo Economico (ad interim) (Partito: PdL) <br/><br/>«NESSUN POTERE AL PREMIER» - Berlusconi ha ribadito, come aveva già fatto che, a suo dire, il presidente del Consiglio, a differenza dei suoi colleghi europei, non ha poteri: «Quando un imprenditore come me pensa alle cose da fare, si scoraggia, perché per arrivare a un risultato concreto bisogna passare le forche caudine di tante difficoltà che a volte uno pensa "chi me lo fa fare, torno a fare quello che facevo prima o me ne vado in pensione"». Secondo il Cavaliere il problema è soprattutto «nell'architettura istituzionale», che «risente del timore dei padri costituenti che potesse tornare una dittatura». Bisogna quindi riformare la Costituzione, ha indicato il premier, per renderla adeguata alle esigenze di una Paese moderno.<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/politica/10_giugno_16/berlusconi-tutti-spiati_d69fb890-792c-11df-ad02-00144f02aabe.shtml">www.corriere.it</a>Renato Giuseppe SCHIFANI: "La parola torni agli elettori se la maggioranza non è compatta"2009-11-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it419079Alla data della dichiarazione: Pres. Senato (Lista di elezione: PdL) - Senatore (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
"Giudice ultimo non può che essere, attraverso nuove elezioni, il corpo elettorale"."Quello della riforma ordinaria della giustizia è un problema politico. Quando parliamo di riforme costituzionali dobbiamo volare alto"
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"Compito della maggioranza è garantire che in Parlamento il programma del governo trovi la compattezza degli eletti per approvarlo. Se questa compattezza viene meno, il risultato è il non rispetto del patto elettorale. Se ciò si verificasse, giudice ultimo non può che essere, attraverso nuove elezioni, il corpo elettorale".
<p>Lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico del collegio "Lamaro-Pozzani".
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"È sempre un atto di coraggio", ha aggiunto il presidente Schifani, riferendosi al ritorno alle urne, che sarebbe "coerenza e correttezza verso gli elettori. Molti ordinamenti costituzionali da tempo accettano questi fondamentali principi di una democrazia matura. La scelta dei cittadini non va tradita, va rispettata fino in fondo senza ambiguità e incertezze. La politica - ha scandito - non può permettersi di disorientare i propri elettori".
<p> "Il compito del Governo è lavorare per realizzare il programma concordemente definito al momento delle elezioni". Lo ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani, aprendo l’anno accademico del Collegio Universitario "Lamaro Pozzani".
<p>"Compito dell’opposizione è esercitare il proprio ruolo di critica e di proposta alternativa, in coerenza con il proprio mandato elettorale", ha aggiunto il Presidente del Senato.
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Il presidente del Senato torna su quanto detto ieri sulla "perdita di tempo" che ha portato sin qui a un sostanziale nulla di fatto dall'inizio della legislatura. Ma c'è un rischio fortissimo: che l'aspra polemica in corso sul "processo breve" prenda il sopravvento facendo saltare ogni ipotesi di cambiamento. Proprio per questo Schifani esprime l’auspicio che riforme costituzionali e polemica politica sul ddl che accorcia i processi vengano tenuti "su piani completamente diversi", altrimenti sono a rischio anche le stesse riforme.
<p>Incontrando i cronisti a margine di un convegno sul federalismo fiscale, Schifani spiega infatti di ritenere "che ci si muova su piani diversi, quello del processo breve e della riforma ordinaria della giustizia è un problema squisitamente politico.
<p>Quando parliamo di riforme costituzionali - dice - dobbiamo volare alto, perché si tocca l’interesse superiore del Paese. Mi auguro che questi piani vengano completamente scissi, altrimenti continuerebbe a passare inutilmente tempo senza che si attui alcuna riforma costituzionale".
<p>"Mi auguro - ha aggiunto la seconda carica dello Stato - che tutti i partiti, di maggioranza e opposizione, abbiano un sussulto, non di dignità, perché non mi permetterei di offenderli, ma di volontà politica per dire basta, fermiamoci, basta al litigio, basta alle incomprensioni, riformiamo il Paese e facciamolo nell’interesse superiore dei cittadini".
<p>"I temi di politica economica e sociale - ribadisce Schifani - possono rientrare nella dialettica conflittuale fra le parti, ma sulle riforme costituzionali credo che la politica dovrebbe trovare un momento di confronto. Ci si deve confrontare e - conclude - trovare il massimo della condivisione". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilgiornale.it/interni/schifani_la_parola_torni_elettori_se_maggioranza_non_e_compatta/politica-processo_breve-riforme-schifani-napolitano-giustizia/17-11-2009/articolostampa-id=399781-page=1-comments=1">Il Giornale</a>Pier Luigi BERSANI: «Riforme anche con Fini ma serve una nuova legge elettorale»2009-10-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418621Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />Rutelli incontra D'Alema e insiste: meglio il centro.
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Due faccia a faccia. Da una parte il feeling tra Gianfranco Fini e Pierluigi Bersani, dall´altra il colloquio cordiale ma senza esiti definiti tra Massimo D´Alema e Francesco Rutelli.
<p>L´idea dell´ex sindaco di Roma sul Pd targato Bersani non è cambiata nemmeno dopo aver incontrato per un´ora D´Alema.<br />
Per seminare i giornali i due si sono visti a casa di Matteo Orfini, stretto collaboratore dell´ex ministro degli Esteri e dato in ascesa nel nuovo Pd bersaniano.
<p> «Non vado via subito, voglio riflettere», dice Rutelli a D´Alema, appena seduti sul divano. Quindi uno spiraglio c´è, ma quanto grande? D´Alema ha avuto la conferma che la direzione sia tracciata, che l´uscita di Rutelli si avvicini.<br />
«L´offerta politica giusta per il Paese non è quella del Pd di Bersani», ha insistito il co-fondatore dissidente.
Colloquio cordiale ma franco. E non ha spostato molto. «Chi ti impedisce l´iniziativa politica autonoma, il dialogo con Casini e Tabacci anche stando dentro il Partito democratico?», ha chiesto D´Alema. «L´idea che un´opposizione più credibile non stia a sinistra, ma al centro - è stata la risposta - . Comunque, lo strappo sarà soft e graduale. E lavoreremo insieme anche dopo». Rutelli vedrà anche Pierluigi Bersani nelle prossime ore. Oggi, al massimo domani. Ma anche questo confronto rischia di spostare poco. Dagli ambienti rutelliani dicono che l´ex sindaco sia colpito dal numero di messaggi positivi arrivati via Internet e via telefono: sostegno, invito a proseguire sulla strada indicata nelle ultime dichiarazioni. Rutelli vuole vedere presto il neosegretario del Pd perché si sta rendendo conto di non poter rimanere nel limbo troppo tempo. È vero che non ha le truppe, per ora. È vero che la partita del futuro è appena cominciata.
<p>Ma prendere tempo non è una saggia mossa politica. «Per carità, magari c´è più spazio per un ripensamento», osserva D´Alema parlando con i suoi collaboratori. Con un pizzico di perplessità. Perplesso anche Dario Franceschini: «Bisogna fermare Rutelli, la nuova segreteria non va giudicata dopo un giorno». E Paolo Gentiloni, ex rutelliano, spiega: «La scelta di Francesco è sbagliata, ma non credo a margini di ripensamento. Bisognerebbe lavorare dentro il partito. Detto questo, è importante che dalla suggestione dell´Ulivo non si passi all´incubo dell´Unione».
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L´incontro tra Bersani e Fini ha invece confermato la volontà del presidente della Camera di voler lavorare con l´opposizione sulle riforme. Riforme da fare una alla volta, evitando gli sfortunati pacchetti omnibus del passato. E da studiare nella forma bipartisan perché, come ripete da tempo, «le modifiche costituzionali si possono fare anche da soli, ma non è preveggente». <br />
Confronto parlamentare punto per punto è anche la linea del segretario Pd. «Dialogo è una parola malata». Si può lavorare da subito sul Senato federale a patto che la maggioranza sia pronta a una modifica della legge elettorale ripristinando le preferenze.
<p>Fini non boccia questo percorso, ma il Pdl è molto più restio a cancellare le liste bloccate mettendo mano al Porcellum. Come dice il ministro Rotondi: «Questa norma non cambierà di una virgola». Bersani ha anche aperto al taglio dell´Irap, ma anche qui ponendo un paletto. «Solo in un pacchetto di misure nuovo che preveda forti detrazioni per le famiglie».
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Il neosegretario tesse la tela delle alleanze in vista delle regionali. Ieri ha visto Nichi Vendola, oggi vede il leader di Prc Paolo Ferrero, la prossima settimana è la volta del colloquio più importante, quello con Pier Ferdinando Casini. «Ma di nomi ancora non abbiamo parlato», dice Bersani commentando le voci su una candidatura nel Lazio di Emma Bonino.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=NUH25">La Repubblica - Goffredo De Marchis</a>Giorgio NAPOLITANO: Bobbio e la Carta. La Costituzione non è intoccabile. Fedeli alla Costituzione fino a volerla cambiare.2009-10-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418308Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
La lezione che Norberto Bobbio poteva offrire a chi si inoltrasse sulla via dell'impegno nella sinistra politica a cavallo tra gli anni 40 e 50 giungeva controcorrente, in antitesi a posizioni prevalenti in quel campo. Posizioni in cui si rifletteva l'asprezza che la lotta politica stava raggiungendo in Italia, dopo la rottura dell'unità tra le forze antifasciste e dopo le elezioni del 1948 che avevano segnato una drastica contrapposizione tra l'alleanza di centro e la sinistra.
<p>Un'asprezza inseparabile da quella della guerra fredda che andava dividendo drasticamente il mondo in due blocchi, dei quali va ricordata la forte connotazione ideologica. <br />
Ai rischi fatali di antitesi e fratture, ben al di là dei confini italiani, si opponeva da parte di Bobbio l'«invito al colloquio»:<br />
al colloquio per lo meno - egli scrisse nel 1951 - tra gli uomini di cultura. (...) La polemica di Bobbio interveniva, invece, a sollevare interrogativi di fondo, a seminare dubbi, a proporre argomenti complessi, e a farlo dal punto di vista di un uomo di pensiero, di uno studioso portatore di molteplici valori politici, come ha scritto di recente Revelli - liberalismo, democrazia, socialismo, federalismo - che avevano caratterizzato da 'ircocervo' il Partito d'Azione.
<p>Non era dunque in nome di un bagaglio ideale ostile alla sinistra, era piuttosto in nome di un dichiarato interesse positivo per le sorti del movimento operaio e della sinistra, che Bobbio sviluppava il suo discorso, si rivolgeva a quegli interlocutori. Era un discorso volto a contestare una serie di semplificazioni e contrapposizioni fuorvianti libertà sostanziale,'di fatto' , 'vera' , contro libertà giuridica o formale, libertà socialista contro libertà borghesi; <br />
un discorso, quello di Bobbio, volto a contestare la riduzione del concetto di libertà a quello di potere, cioè di potere di esercitare un diritto altrimenti astratto, e quindi la negazione del valore della libertà come non impedimento.
<p> Dietro le posizioni teoriche - che Bobbio metteva drasticamente in questione, si manifestava in una parte della sinistra un'accentuata, prioritaria sensibilità per esigenze sociali e obbiettivi di riforma delle strutture economiche, ma si coglieva anche, e chiaramente, la difesa, l'idoleggiamento delle conquiste rivoluzionarie delle società dell'Est.
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Di qui l'affermazione nettissirna, da parte di Bobbio, della necessità, egli scrisse, che «qualunque sia la classe sociale che tenga le chiavi del potere, essa non governi dispoticamente e totalitariamente, ma assicuri all'individuo una sfera più o meno larga di attività non controllate, non dirette, non ossessivamente imposte»... <br />
La passione che aveva nel passato animato - parole di Bobbio - la battaglia liberale contro il dispotismo si era tradotta in istituzioni e principi che egli esortava la sinistra a valorizzare pienamente:<br />
la garanzia dei diritti di libertà - primo fra questi la libertà di pensiero e di stampa - la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche; la distinzione delle funzioni al servizio del principio di legalità; la distinzione degli organi dello Stato al servizio del principio di imparzialità.
<b>
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Questo messaggio liberale</b> di Bobbio si integrava peraltro con la valorizzazione da parte sua della democratizzazione dei regimi liberali, con l'impegno per la causa dell'uguaglianza, della giustizia e del progresso sociale. Un impegno che egli avrebbe, decenni pi tardi, riaffermato con particolare forza all'indomani della caduta del comunismo. La componente socialista della sua identità di pensiero e politica era innegabile, confermata nei fatti dalla sua collaborazione col partito che incarnava quella tradizione.
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Nonostante ciò , la sua lezione - torno alla prima metà degli anni 50 - non veniva facilmente recepita:<br />
né dai massimi custodi dell'ideologia e delle scelte politiche di fondo della forza maggiore della sinistra italiana, quella comunista, né da generazioni più giovani di militanti e di intellettuali. <br />
Il paradosso stava nel fatto che la lotta politica nel paese, nei suoi termini concreti, spingeva più che mai la sinistra di opposizione a impugnare la bandiera della Costituzione repubblicana, della libertà e quindi di principi e diritti che nello stesso tempo si insisteva sul piano dottrinario a sottovalutare o relativizzare.
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Ma la forza di persuasione di un messaggio come quello di Bobbio e la forza di fatti traumatici come il ventesimo congresso del partito sovietico, cominciarono ad aprire delle brecce, a imporre delle revisioni, a cui altre sarebbero seguite negli anni e nei decenni successivi. <br />
Fu un'evoluzione lenta, faticosa, e quella lentezza, con il suo contorno di ambiguità, sarebbe stata pagata dalla sinistra e dal paese. <br />
Per me personalmente, apprendere la lezione di Bobbio fu determinante, anche perché mi sarebbe poi apparsa condurre verso l'orizzonte della socialdemocrazia europea. (...)
<p><b>Nel luglio del 1984</b> Bobbio era stato nominato dal Presidente Pertini senatore a vita, e avevamo così occasione di incontrarci anche a Montecitorio quando il Parlamento si riuniva in seduta comune (...).<br />
All'indomani di quella nomina, egli mi scrisse del disagio di dover «prendere una parte più attiva alla vita politica, che mi pare sempre più caotica e nella quale non so bene che parte prendere».
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In realtà, egli sapeva che lo sbocco cui tendere era quello di una democrazia dell'alternanza anche in Italia e che ciò presupponeva un polo di sinistra rappresentato da quel grande partito riformista di stampo socialdemocratico europeo di cui lamentava la mancanza.(...) <br />
L'obiettivo era reso ancora arduo dallo stato dei rapporti tra i due maggiori partiti della sinistra, e Bobbio si esprimeva criticamente su entrambi, e anche dopo la svolta del 1989 nel Pci, ne parlava come di «un mulo cocciuto» che si fermava nel momento in cui avrebbe potuto raccogliere i frutti se ne avesse tratto tutte le conseguenze dalla sua marcia di avvicinamento al socialismo democratico europeo.
<p>
<b>Condividevamo</b> largamente, insomma, giudizi ed auspici; e infine - gli scrissi alla vigilia delle elezioni del 1992 - mi ritrovai vicino al suo «sconforto storico» per il fatale riprodursi, senza quasi più speranza di superarla, della contrapposizione tra i due partiti.(...) <br />
Nella crisi del 1992-93 Bobbio si schierò attivamente per la riforma elettorale e costituzionale. Ne discutemmo all'Università di Torino nel maggio del 1993 (ero allora Presidente della Camera). «Riforma costituzionale», egli disse in quell'occasione, «a partire dalla Costituzione presente»; «processo riformatore da condurre in Parlamento con metodo democratico», aggiunse ironizzando sulla formula «rivoluzione costituzionale» agitata da un altro studioso.
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Già in precedenza, quando ragionavamo sulle prospettive della sinistra, egli aveva indicato come motivo di dialogo serio tra quei partiti le riforme costituzionali, rispetto alle quali «non si poteva negare» osservò «che Craxi fosse stato un precursore». Nel 94 anche il progetto di riforma della Commissione Jotti abortì; <br />
egli, che aveva condiviso la mia diagnosi di una «impotenza a riformare» come male oscuro e grave della democrazia italiana, tornò a rilanciare tuttavia la sfida del cambiamento, ribadendo: «Guai a noi se daremo l'impressione di essere fedeli alla Costituzione sino a considerarla intoccabile» senza distinguere tra la sua prima e la sua seconda parte.
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<b>Al di là delle problematiche</b> e degli avvenimenti cui mi sono riferito finora, rilevo come certi accenti che ritrovo nel Bobbio di allora conservino una loro attualità. E per quanto diversi siano i soggetti politici oggi in competizione e in contrasto rispetto a quelli del periodo in cui ci scrivevamo e discorrevamo con Bobbio, posso - mi chiedo - ripetere le sue parole di una lettera del 92:<br />
«Ci vorrebbe un po'di equilibrio da parte di tutti»? Sono parole, se ripetute ora, destinate a lasciare il tempo che trovano? Fare, non dico «l'elogio della mitezza», ma il più naturale appello al senso della misura, al confronto costruttivo, al rispetto delle istituzioni e alla considerazione dell'interesse comune, è dunque solo un dar prova d'ingenuità? Ebbene, fosse pure questo, io non desisterò dal mio appello, rivolto come sempre in tutte le direzioni. E sono convinto che molti italiani, al di là delle loro diverse, libere scelte elettorali, lo condividano, ne avvertano la necessità.
<p>
Le questioni politiche e ideali in cui eravamo coinvolti, ciascuno a suo modo, discutendone io e Bobbio tra di noi e con altri, più di vent'anni fa o giù di lì, mi appaiono ormai lontanissime, da tempo, per così dire, passate in giudicato. <br />
Naturalmente, quella è stata la mia storia: una storia non rimasta eguale al punto di partenza, ma passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e attraverso personali, profonde, dichiarate revisioni. <br />
Da quel contesto mi sono via via distaccato quanto più ero chiamato ad assumere ruoli non di parte, a farmi carico dei problemi delle istituzioni che regolano la nostra vita democratica, i diritti e i doveri dei cittadini. <br />
L'approccio partigiano, naturale in chi fa politica, è qualcosa di cui ci si spoglia in nome di una visione più ampia.
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<b>Tutti i miei predecessori</b> - a cominciare, nel primo settennato, da Luigi Einaudi - avevano ciascuno la propria storia politica:<br />
sapevano, venendo eletti Capo dello Stato, di doverla e poterla non nascondere, ma trascendere. Così come ci sono stati Presidenti della Repubblica eletti in Parlamento da una maggioranza che coincideva con quella di governo, talvolta ristretta o ristrettissima, o da una maggioranza eterogenea, e contingente. Ma nessuno di loro se ne è fatto condizionare. <br />
Quella del Capo dello Stato «potere neutro», al di sopra delle parti, fuori della mischia politica, non è una finzione, è la garanzia di moderazione e di unità nazionale posta consapevolmente nella nostra Costituzione come in altre dell'Occidente democratico.
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Per quante tensioni e difficoltà comporti l'adempiere un simile mandato, proseguirò nell'esercizio sereno e fermo dei miei doveri e delle mie prerogative costituzionali. <br />
E sono qui oggi anche per dirvi quanto siano state e siano per me preziose l'ispirazione civile e morale, e la lezione di saggezza, che ho tratto dal rapporto con Norberto Bobbio.<br />
Gliene sono ancora grato.
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<i>(testimonianza alla Cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio. Torino, 15 ottobre 2009)</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=NOWRU">Il Riformista - Napolitano Giorgio</a>Federico BRICOLO: Lega: "Il tricolore non basta, bandiere regionali"2009-08-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it401984Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: Lega) <br/><br/><br />
Il tricolore e l’inno di Mameli, simboli identitari dell’unità nazionale, per la Lega Nord non sono più sufficienti a rappresentare la nuova identità federalista del Paese.<br />
Da qui la proposta di legge per inserire nella Costituzione bandiere "regionali".
<p> Il tricolore e l’inno di Mameli sono i simboli identitari dell’unità nazionale. Ma per la Lega Nord non sono più sufficienti a rappresentare la nuova identità federalista dell’Italia. Per questa ragione, il presidente dei senatori del Carroccio Federico Bricolo ha preannunciato una proposta di legge costituzionale per inserire un comma nell’articolo 12 della Costituzione che riconosca i simboli identitari di ciascuna Regione: dunque, bandiere e inni "regionali".
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La proposta leghista:<br />
"L’articolo 12, comma 1 della Costituzione - si legge nella proposta di legge presentata dal Carroccio - riconosce quale simbolo della Repubblica italiana il tricolore. Nei principi fondamentali della Costituzione non è, viceversa, incluso alcun riconoscimento ufficiale dei simboli identitari che contraddistinguono le Regioni". <br />
"Tale lacuna - spiegano i senatori della Lega nella loro proposta di legge - si rende, ad oggi, inammissibile, alla luce della sostanziale valorizzazione del ruolo politico ed istituzionale delle Regioni realizzata dalle più recenti riforme costituzionali".
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Gli inni regionali:<br />
"L’estensione dell’ambito materiale della competenza normativa regionale ha, infatti, trasformato la Regione in un ente territoriale dotato di una piena autonomia politica, favorendone così in ultima istanza il rapporto diretto con i cittadini". <br />
La Lega Nord spiega la proposta di legge come un’evoluzione in qualche misura obbligata alla luce "del ripensamento dell’assetto territoriale dello Stato in ambito interno ed a livello sovranazionale", per cui "è più che mai necessario recuperare i simboli identitari che, contraddistinguendo ciascuna realtà regionale, contribuiscono ad alimentare quel legame dei cittadini con il territorio che è presupposto indispensabile di qualsiasi riforma federale dell’ordinamento".
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Gli statuti regionali:<br />
Tutto ciò è inoltre supportato dal riconoscimento istituzionale nelle riforme degli Statuti regionali approvate dal 1999 ad oggi, che, si legge nella proposta della Lega, "nei primi articoli hanno ufficialmente riconosciuto quei simboli che, per tradizione, storia e cultura contribuiscono ad identificare la Regione stessa".<br />
In questa prospettiva di intervento, sostengono infine i senatori della Lega Nord, la proposta di legge costituzionale in esame "intende inserire un secondo comma all’articolo 12 della Costituzione, finalizzato a riconoscere il rilievo costituzionale dei simboli identitari di ciascuna Regione, individuati nella bandiera e nell’inno.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=372123&PRINT=S">Il Giornale.it</a>Massimo D'ALEMA: «Serve un congresso vero. E basta asse con Di Pietro» - INTERVISTA2009-04-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391115Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Non più riproponibili la confusione dell'Unione o l'autosufficienza»<br />
«Guida del Pd, sì a una sfida seria. Dividersi non è un dramma»
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<b>Presidente D'Alema, Berlusconi sembra la superstar della politica italiana, e il Pd, che fine ha fatto?</b><br />
«Apparentemente sembra che Berlusconi occupi quasi per intero la scena della politica italiana e che un po' di fronda venga solo dall'interno dello stesso Pdl, in particolare dalle personalità che si raccolgono intorno a Fini. E non c'è dubbio che Berlusconi cerchi in questo momento di debolezza dell'opposizione di allargare il suo insediamento non soltanto elettorale ma anche politico e culturale. Se però noi spingiamo lo sguardo oltre la cronaca politica e l'indubbia capacità di Berlusconi di occupare la scena ogni giorno con una trovata nuova, la cosa che colpisce è che questo governo di fronte a una crisi così drammatica non stia facendo assolutamente nulla».<br />
<b>Fa propaganda elettorale, onorevole D'Alema?</b><br />
«No. Il governo galleggia sui problemi del Paese senza affrontarne nessuno. Berlusconi è un uomo che ama il consenso. Preferisce regnare piuttosto che governare, dato che governare l'Italia comporta il fatto di misurarsi con delle scelte che creano consensi ma, inevitabilmente, anche dissensi. Nei 15 anni in cui è stato protagonista della vita politica italiana non ha fatto nulla di significativo. Non si ricorda una sua sola riforma importante. Le uniche riforme di un qualche significato, da quella delle pensioni alla privatizzazione delle grandi industrie pubbliche, dalla riforma federalista della Costituzione alle liberalizzazioni, le ha fatte il centrosinistra. E io credo che grazie a questo suo comportamento l'Italia pagherà un prezzo altissimo».<br />
<b>Veramente Berlusconi dice che stiamo meglio degli altri.</b><br />
«Un'affermazione che non ha nessun fondamento: il calo del Pil è maggiore della media europea, l'inflazione pure. E la situazione della finanza pubblica è sempre più disastrosa. Anche questa sua idea che si possa affrontare ogni emergenza senza copertura finanziaria è sicuramente molto suggestiva e popolare, però bisogna sapere che ha come corrispettivo il fatto che il debito pubblico italiano sia spinto verso il 115,3 per cento del pil, quest'anno, e proiettato al 121,1 per cento nel 2010. Quindi, quando si uscirà dalla crisi e la gerarchia internazionale verrà ridisegnata, rischiamo che il nostro Paese conti molto meno nell'economia mondiale. Lo dico non perché io sia pessimista sulle potenzialità dell'Italia, ma perché sono preoccupato: non vedo una strategia e una azione coerente che dovrebbero puntare sulla riduzione delle diseguaglianze e sulla promozione dell' innovazione, della ricerca e della formazione, cioè dei talenti di cui dispone il nostro Paese».<br />
<b>E il Pd intanto che fa?</b><br />
«Ecco, il Pd non può non ripartire da qui: dalla sfida con la destra sul governo del Paese. Il problema non è tanto fare il viso delle armi, come fa Di Pietro, che in questo senso è funzionale a Berlusconi. Se fai un versaccio al premier il risultato è che il 70 per cento sta con lui, solo il 10 con te, ma siccome Idv aveva il 4 loro sono contenti. Questa è una logica minoritaria. Significa scegliere per sé un ruolo eterno di comprimario, fare la spalla a Berlusconi per i prossimi mille anni».<br />
<b>Ma Di Pietro vorrebbe sostituirsi al Pd...</b><br />
«Già, vede in noi più che in Berlusconi il suo avversario principale. La sua idea di sostituirci è del tutto velleitaria, ma è pericoloso che in un momento come questo si indichi come obiettivo principale quello di colpire il più grande partito d'opposizione ».<br />
<b>Ma il Pd non dovrebbe ridefinire il suo ruolo?</b><br />
«E' per questo che ci vuole un congresso serio».<br />
<b>Anche a costo di dividersi?</b><br />
«Dividersi non è drammatico. Al loro congresso i leader del Pdl si sono divisi perché hanno detto cose diverse gli uni dagli altri. Un grande partito che vuole rappresentare il fulcro dell'alternativa di governo è un partito plurale, dove si discute, ma il problema non è questo, il problema è la qualità della discussione: non ci si può dividere sui gossip».<br />
<b>Un Pd «ridefinito» dovrà anche giocare la sfida delle riforme. Quali mandare in porto per prime?</b><br />
«Innanzitutto ci vuole un drastico ridimensionamento dell’ipertrofia del ceto politico. Se vogliamo restituire autorevolezza alla politica democratica dobbiamo puntare a una drastica riduzione del numero degli eletti a tutti i livelli: nel Parlamento, nei consigli regionali, in quelli comunali. E' poi necessaria una rinnovata selezione del ceto politico. I meccanismi di selezione sono saltati: ci sono solo logiche plebiscitarie. I consigli comunali sono scelti dal sindaco, il Parlamento viene nominato da due, tre capi. Una forma di selezione è rappresentata dal collegio uninominale. Ma bisogna anche restituire ai partiti un loro profilo e una loro identità, uscendo dalla logica delle coalizioni forzose, perciò va tolto il premio di coalizione. In questo quadro io credo che si possa fare una grande riforma che preveda anche il rafforzamento della stabilità dei governi con la sfiducia costruttiva e la possibilità del premier di nominare e cambiare i ministri. Ma il fondamento di una riforma di questo genere è una nuova legge elettorale, che secondo me deve essere di tipo tedesco. Senza una nuova legge elettorale non c'è nessuna riforma costituzionale possibile».<br />
<b>Tornando al Congresso, la scelta del segretario avverrà come l'altra volta: un candidato vero e tutti gli altri «finti »?</b><br />
«Io penso che sarà un congresso competitivo, che ci saranno più candidature e che ci sarà una discussione politica».<br />
<b>E crede che il Pd decollerà almeno questa volta?</b><br />
«Il Pd deve rivendicare l'eredità dell'Ulivo e l'esperienza di governo. Bisogna costruire un partito vero, radicato nella società, e strutturare una leadership. Lo stesso Berlusconi sa che senza Bossi, Fini e gli altri la sua leadership sarebbe più debole. Insomma, il progetto va rilanciato su basi assai più solide».<br />
<b>Alla festa dei suoi 60 anni, lei ha detto che vuole ancora avere un ruolo in politica. C'è chi sospetta che lei voglia fare il segretario.</b><br />
«Ho detto che non mi sentivo come Guglielmo il Maresciallo, protagonista di uno splendido libro di Georges Duby, che, sentendosi morire, riunisce attorno a sé tutti gli amici e fa un bilancio della propria vita. A sessant'anni uno può ancora continuare a darsi da fare in politica, anche senza necessariamente rivendicare per sé il bastone del comando».<br />
<b>Al congresso dovrete anche decidere le alleanze future.</b><br />
«Certo, dovremo sciogliere un nodo politico: non sono più riproponibili né la confusione dell'Unione, né l'autosufficienza del Pd e l'asse privilegiato con Di Pietro, che non avrebbe senso e che secondo me non ne aveva molto neanche allora. Dovremo quindi lavorare intorno al progetto di un nuovo centrosinistra il cui fulcro sia il Pd. Questo sarà il nodo politico più importante della discussione congressuale».<br />
<b>Ultima domanda: che impressione le ha fatto Berlusconi che festeggia il 25 aprile?</b><br />
«Certo, è un po' l'indice della situazione triste del nostro Paese il fatto che questo debba essere salutato come un evento. Ma che lui finalmente arrivi a riconoscere che le grandi forze antifasciste, compresa la sinistra, hanno avuto il merito di contribuire alla liberazione del Paese è positivo. Ci sono voluti 15 anni perché partecipasse ai
festeggiamenti del 25 aprile, può darsi che tra altri 15 anni affronti anche il tema del conflitto di interessi... ».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=LMC8G">Corriere della Sera - Maria Teresa Meli</a>Pier Luigi BERSANI: Berlusconi e il Pdl. «Un’autoapoteosi. Ma non una risposta alla crisi dell’Italia» - INTERVISTA2009-03-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390822Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il PdL? Un tritasassi ideologico del berlusconismo dove An sarà biodegradata in 15 giorni. Ma sul fronte laico Fini ha aperto una breccia». Pier Luigi Bersani analizza il nuovo partito dal punto di vista del Pd: «Al congresso dovremo organizzare il campo o ci sorbiremo a lungo le prediche del Cavaliere».<br />
<b>Che chiama «a raccolta il suo popolo» e sfida Franceschini a imitarlo alle Europee. Populista o avveduto?</b><br />
«Berlusconi sa sempre ciò che fa, ma non sempre sta in una logica democratica piena. Nessun leader in Europa chiede un voto inutile e una preferenza ingannevole. È l’ennesima distorsione: i meccanismi democratici prevedono eletti, non bandiere».<br />
<b>Rivendica il rapporto senza mediazioni con gli elettori: il PdL «nasce dal popolo per il popolo». Cosa cambia rispetto a Forza Italia?</b><br />
«Niente. Il congresso è stato un rito autocelebrativo, un’auto-apoteosi che è nelle corde eterne del berlusconismo. Non è qualcosa di nuovo per il Paese ma ha introdotto novità da non sottovalutare. Una: la vocazione maggioritaria che gli porterà spine».<br />
<b>Il partitone del 51% fa più paura agli alleati che all’opposizione?</b><br />
«L’appello di Berlusconi è destinato a creare fibrillazioni con la Lega e l’Udc. La nascita del PdL porterà movimenti in politica ma la distanza dai problemi reali è siderale».<br />
<b>Annunciando la «terza ricostruzione» il premier ha ammesso la gravità della crisi. Una svolta realista?</b><br />
«È la solita retorica: usciremo dalla crisi e sarà merito del governo. Un messaggio privo di rilievo per chi la vive già: operai, cassintegrati non hanno voce. Il premier ha annunciato una misura, un’iniziativa, una proposta, un atto, un gesto che incida sulla crisi? Nulla: solo parole».<br />
<b>
Ha lanciato il premierato forte. Da solo se l’opposizione non collabora. Cosa farete?</b><br />
«Anche qui, nessuna novità. Ha aggirato gli argomenti di Fini sia sulle riforme che sulla laicità dello Stato. Le riforme che gli interessano per rinsaldare i suoi poteri se le fa».<br />
<b>Qual è la posizione del Pd sulle riforme costituzionali?</b><br />
«Anche noi vogliamo revisione del bicameralismo, rafforzamento dei poteri di bilanciamento e ammodernamento dei poteri del governo. Però Berlusconi va avanti a colpi di decreti e voti di fiducia ma si lamenta che gli impediscono di governare. È falso e mistificatorio».<br />
<b>Fini è stato coraggioso, un uomo di Stato come ha scritto Scalfari, o gioca una partita sua?</b><br />
«Semplicemente ha intuito che per fare un partito conservatore di stampo europeo non si possono coltivare i riti di An né affidarsi al populismo. Fini insegue il profilo di una forza emancipata dalle arretratezze storiche e dall’ipoteca di Berlusconi. Tentativo intellettualmente apprezzabile ma in pratica velleitario: il leader ha fatto valere il predellino».<br />
<b>Non è detto che alla Camera la partita del testamento biologico non andrà diversamente che al Senato.</b><br />
«Sì, su quel fronte Fini ha aperto una breccia. Ha fatto un’avance consapevole dell’aria che tira: nel centrodestra ci sono perplessità. Restare attaccati al sondino 15 anni per Quagliariello e Gasparri è un po’ esagerato».<br />
<b>Coglierete la sponda di An sul referendum sulla legge elettorale?</b><br />
«È chiaro che ne uscirebbe una legge pessima, ma il testo Calderoli è due volte pessimo. Sarà l’occasione per il Pd di annunciare che legge vogliamo e, dopo le Europee, riflettere su come rappresentare un’alternativa alla cappa del berlusconismo».<br />
<b>Da ieri il PdL è realtà. Vi spaventa?</b><br />
«Il loro abbrivio gli porterà problemi. C’è un troppo pieno. Detto questo, dobbiamo prendere atto che il sistema politico si evolve. Il nostro ruolo è crescere e organizzare il campo sennò ci sorbiremo a lungo le prediche del Cavaliere».<br />
<b>Significa: appuntamento al congresso? Per quale piattaforma?</b><br />
«Una riflessione di fondo sul profilo politico e organizzativo che vogliamo dare al partito, sulla società, sulle alleanze, sulla costruzione di uno schieramento e rapporti di forza».<br />
<b>Tutti i ministri, da Berlusconi e Tremonti, hanno dedicato gli interventi ai guasti della sinistra. Un’ossessione?</b><br />
«No, una tecnica connaturata al berlusconismo: ha bisogno del nemico per veicolare un messaggio ideologico».<br />
<b>Loro si ritengono post-ideologici..</b><br />
«Macché. C’è un sistema concettuale e di pensiero che viene prima e a prescindere dall’azione di governo. E noi dobbiamo ribadire il nostro sistema ideologico: regole, civismo, uguaglianza. Esserne orgogliosi. Avere un programma non basta: la questione in gioco è culturale».<br />
<b>Cosa l’ha colpita della kermesse?</b><br />
«I ragazzi sul palco. Berlusconi sta organizzando le truppe. Facce fresche in prima fila. È un tritasassi ideologico che assorbe tutto: An sarà biodegradata in 15 giorni».<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=L8BJE">l'Unità - Federica Fantozzi</a>Paolo GIARETTA: Federalismo. «Solo un modesto passo avanti, ma adesso gli alibi sono finiti»2009-03-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390783Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Lo diciamo con chiarezza: sul ddl sul federalismo ci sono motivi per il “sì” ma anche molti motivi per il “no”. Ciò spiega il voto di astensione del Partito Democratico». Lo afferma Paolo Giaretta, senatore e segretario del PD veneto alla vigilia del voto della Camera sul testo di legge.
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«Il “sì” è dovuto al fatto – entra nel merito il leader dei democratici veneti - che il PD è favorevole a qualsiasi passo in avanti sulla strada del federalismo fiscale e dell’attuazione di quelle modifiche costituzionali che a suo tempo hanno messo le basi per la riforma in senso federale del nostro ordinamento, modifiche, lo ricordo, che furono introdotte nel 2001 dal centrosinistra con il consenso del cittadini».
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Purtroppo, però, ci sono anche molti “no” da dire sul ddl sul federalismo. «Sono dovuti - spiega Giaretta - al fatto che nel testo di legge manca, per cominciare, quella necessaria semplificazione del sistema delle autonomie locali e la riorganizzazione delle competenze tra Comuni, Province e Regioni che renda meno onerosa la macchina amministrativa del potere locale. Manca inoltre il Senato delle Regioni, con il relativo spostamento del potere decisionale dallo Stato centrale a livello locale. Manca, ancora, la certezza della distribuzione delle risorse finanziarie ai livelli locali e, infine, manca la soluzione dei privilegi delle regioni statuto speciale. Questo ddl non ha niente a che vedere, dunque, con la “rivoluzione” propagandata dalla Lega, ma è solo un modesto passo in avanti».
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Per il leader dei democratici veneti, l’approvazione del testo di legge, che dovrà tornare in Senato in terza lettura per essere approvato definitivamente prima di Pasqua, mette fine agli alibi della Lega e del Governo.
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«Con l’approvazione del testo, fine degli alibi – dichiara Giaretta - Ora è il momento della verità, devono venir fuori sul serio i conti e i numeri e, soprattutto, deve cambiare la politica di questo Governo nei confronti degli enti locali. Nel primo anno di attività, infatti, l’Esecutivo è stato tutto fuorchè federalista nei fatti, a cominciare dai premi clientelari alle amministrazioni locali inefficienti e dalla riduzione dell’autonomia dei Comuni, anche di quelli virtuosi».
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«A noi non interessano i manifesti elettorali – conclude il segretario del PD veneto – a noi interessa il reale cambiamento della Repubblica perché diventi sul serio la Repubblica delle Autonomie e per questo lavoreremo perché ad essere attuato sia un federalismo vero». <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=761">official web site - Partito Democratico Veneto </a>Giulio TREMONTI: Federalismo. «Costi ignoti».2009-01-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388358Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Sulla scelta di voto del Pd pesa lo scetticismo di sindaci come Cacciari è Chiamparino: «Senza cifre, soltanto chiacchiere»<br />
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«Ora è difficile stimare i costi della riforma del federalismo fiscale. Le variabili da conteggiare per calcolare l`impatto economico sono un numero elevatissimo.
Ma mi impegno a rispondere a questa domanda appena sarà possibile, quando cioè si affronteranno i decreti attuativi».<br />
Il ministro dell`Economia, Giulio Tremonti, replica così nell`aula del Senato all`opposizione che aveva sollecitato chiarimenti al riguardo, sottolineando che il progetto «non aggraverà la crisi economica» e garantendo l`impegno del governo a realizzarlo con l`opposizione dato il suo rango «sostanzialmente costituzionale».
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Parole che non soddisfano le minoranze. Anna Finocchiaro (Pd) denuncia un atteggiamento «elusivo» da parte di Tremonti sul nodo fondamentale dei costi: «In noi c`è gravissima preoccupazione».
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Insomma il Pd non ha ancora deciso come comportarsi sul voto finale previsto oggi: astenersi scegliendo cioè la stessa linea adottata la scorsa settimana nel corso dell`esame da parte delle commissioni, o votare contro, come suggerisce Marco Follini. <br />
La decisione verrà presa oggi in una riunione del gruppo. Ma il no sembra` prevalere, un modo per non perdere i contatti con l`Udc che ha già detto di votare contro («Le parole di Tremonti confermano tutti i dubbi e le perplessità che abbiamo manifestato sul provvedimento», dice Giampiero D`Alla). <br />
Sulla scelta finale pesa poi lo scetticismo di sindaci del Nord, come Massimo Cacciari e Sergio Chiamparino. Il primo liquida il tutto con un «senza cifre sul tavolo sono soltanto chiacchiere», mentre il secondo obietta che mancando i dati «la riforma rischia di essere bella ma inattuabile».
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Ebbene, dopo Tremonti, anche il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli tenta di venire incontro alle richieste dell`opposizione.<br />
In particolare si dice disposto ad accogliere la cosiddetta «bozza Violante» (contiene una serie di riforme costituzionali dal superamento del bicameralismo perfetto alla riduzione del numero dei parlamentari). Calderoli garantisce che «una Carta delle autonomie sarà all`ordine del giorno in un consiglio dei ministri la prossima settimana». Non solo. Calderoli puntualizza che «su molte questioni che il Pd ha posto siamo vicino a trovare una soluzione, ma sia chiaro: io non do una cosa per avere in cambio un voto di astensione.
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Se accogliamo le richieste del Pd è perché sono migliorative». E in questo quadro, il governo si è impegnato a presentare una nuova formulazione delle norme su Roma capitale.
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In ogni caso, il dibattito registra la significativa convergenza della maggioranza su alcuni emendamenti del Pd. Passa la modifica proposta da Luigi Zanda, in base alla quale la commissione bicamerale per l`attuazione del federalismo fiscale «sarà composta da 15 senatori e quindici deputati, nominati dai presidenti del Senato e della Camera», e non invece su designazione dei gruppi come era indicato nella prima stesura. L`Aula approva, poi, con il parere favorevole del governo, una modifica (presentata tra gli altri da Filippo Bubbico) con la quale si riducono le accise sui carburanti, che quindi saranno meno cari per i cittadini residenti e per le aziende con sede legale e operativa nelle regioni dove si estraggono idrocarburi. <br />
Altro voto congiunto (solo tre i no) quello sul possibile sforamento del patto di stabilità interna. La norma, presentata dal Pd e riscritta in accordo con il governo, prevede che «nell`ambito della premialità per i Comuni virtuosi la legge non possa imporre vincoli alle politiche di bilancio degli enti locali per quanto riguarda le spese in conto capitale».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KJ3A0">Corriere della Sera - Lorenzo Fuccaro</a>