Openpolis - Argomento: ONU - Nazioni Unitehttps://www.openpolis.it/2015-10-23T00:00:00ZRita BERNARDINI: Appello per il Diritto Universale alla Conoscenza2015-10-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it767750<br />
Grazie all’impegno di alcuni (ancora troppo pochi) radicali, stanno arrivando le prime adesioni all’Appello per il diritto universale alla conoscenza e la diffusione della proposta di delibera da sottoporre all’approvazione di consigli comunali, metropolitani e regionali per “<i>sollecitare il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri a fare proprio il progetto per la transizione verso lo Stato di Diritto e il Diritto alla Conoscenza contro la Ragion di Stato e su queste basi candidare sin da subito e pubblicamente l’Italia al posto di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite</i>”.
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<a href="http://www.radicalparty.org/sites/default/files/delibera-stato-diritto-conoscenza-radicalparty.pdf">La proposta di delibera in pdf</a>
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Per questa “opera” militante appena avviata voglio ringraziare pubblicamente Deborah Cianfanelli, Maurizio Bolognetti, Domenico Letizia, Giuseppe Candido, Marco Maria Freddi e Marco Cappato il quale ci ha comunicato di aver raccolto sull’appello le firme di tutti i consiglieri comunali di Milano, a partire da quella del Sindaco Giuliano Pisapia.
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Riusciremo da oggi al Congresso -che inizierà il 29 ottobre a Chianciano- a far esplodere la campagna in tutta Italia? E’ ciò che chiediamo fin dalle prossime ore perché, come ci ricorda Marco Pannella, quel che non ci impegniamo a fare in un fazzoletto ristretto di tempo, difficilmente riusciremo a portarlo a compimento in giorni o mesi.
<p><b>Cosa è possibile fare</b>
<p><b>-</b>sottoscrivere l’appello (<a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">link</a>)
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<b>-</b>inviare l’appello e la <a href="http://www.radicalparty.org/sites/default/files/delibera-stato-diritto-conoscenza-radicalparty.pdf">proposta di delibera</a> ai consiglieri comunali della tua città e al sindaco, oltre che ai consiglieri delle aree metropolitane, ai consiglieri regionali e al Presidente della tua Regione.
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<b>-</b>far firmare l’appello ad altri utilizzando le email e i social network (<a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">link</a>)
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<b>-</b>segnalare firme qualificate di personalità che riesci a convincere a (info@partitoradicale.org)
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<b>-</b>iscriverti al Partito Radicale (<a href="http://www.radicalparty.org/it/donation">link</a>)
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<a href=""http://www.radicali.it/comunicati/20151015/xiv-congresso-radicali-italiani-chianciano-29-ottobre-al-1-novembre-2015"">La lettera che ho inviato</a> ad iscritti e simpatizzanti per convocare il XIV Congresso di Radicali Italiani. Chianciano, 29 ottobre - 1 novembre 2015
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">www.radicalparty.org</a>Roberto Rampi: Interrogazione al Governo su “droghe” e non solo2014-06-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it721380Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
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Al presidente del Consiglio dei Ministri
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per sapere
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Considerato che il 26 giugno è la giornata mondiale dedicata alla
lotta alle droghe, e questa dovrebbe essere l'occasione per fare il
punto di una situazione che continua a esser preoccupate e sulla
effettiva efficacia di politiche proibizioniste sulle sostanze
stupefacenti che hanno contribuito ad aumentare la produzione, i
traffici, i consumatori, i profitti delle organizzazioni criminali e
ridotto la conoscenza, la consapevolezza, la cultura da parte dei
consumatori.
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La guerra alla droga ha consegnato quello che dovrebbe essere un
problema socio-sanitario al diritto penale, facendolo diventare una
questione di ordine pubblico e, in certi casi, di sicurezza nazionale.
Un detenuto su quattro è in carcere per reati legati alle sostanze
stupefacenti a causa del binomio proibizionismo/carcere, anche per
fatti di lieve entità.
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L’approccio proibizionista ha contribuito a limitare la ricerca
scientifica pura e quella applicata, lo sviluppo di nuove terapie per
decine di malattie con danni gravissimi per la salute di milioni di
persone.
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Occorre affrontare il tema in modo non ideologico, con dati ufficiali e
con le esperienze positive in atto in altri paesi e includendo le
analisi di politici, economisti, giuristi ed esperti nazionali e
internazionali che denunciano il fallimento del proibizionismo tout
court e propongono possibili alternative.
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Si chiede di sapere se il Governo:
<p><b>1)</b> ritenga opportuno provvedere alla nomina del sottosegretario
competente anche per il del Dipartimento per le politiche sulle droghe;
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<b>2)</b> ritenga utile altresì nominare un direttore scientifico di chiara
fama nazionale e internazionale per il suddetto Dipartimento;
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<b>3)</b> abbia intenzione di convocare entro la fine del 2014 la 6°
conferenza nazionale sui problemi relativi alle sostanze stupefacenti;
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<b>4)</b> condivida l'intenzione di sostenere e promuovere, nel rispetto delle
parole del Presidente della Repubblica, una incisiva depenalizzazione
dei reati di lieve entità, per i quali la previsione di una sanzione
diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione
generale non minore, anche nel solco di quanto avviato dal Parlamento;
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<b>5)</b> quali iniziative intenda intraprendere, in qualità di presidente di
turno dell'Unione europea, al fine di poter guidare il processo di
convocazione della sessione speciale dell'Assemblea generale dell'Onu
in materia di sostanze stupefacenti promuovendo contributi di tutti i soggetti interessati e coinvolgibili a partire dall'Organizzazione
mondiale della Sanità, le accademie nazionali delle scienze ma anche
associazioni di pazienti e organizzazioni non-governative attive da
anni per la promozione di riforme relative a leggi e politiche in
materia di sostanze stupefacenti;
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<b>6)</b> intenda attivarsi presso l'Ufficio per le droghe e il crimine delle
Nazioni unite di Vienna per chiedere che sia sospeso ogni sostegno da
parte dell'Onu a politiche di repressione delle persone attraverso pene
sproporzionate per reati connessi alle "droghe", e in particolare che
il Governo esiga la sospensione di ogni aiuto all'esecuzione di
politiche che prevedono la pena capitale, come in particolare in Iran,
fino a "congelare" la quota parte dei finanziamenti dell'Italia al
suddetto ufficio ONU nel caso in cui tale sostegno indiretto alla pena
capitale dovesse essere mantenuto;
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<b>7)</b> voglia prendere in considerazione, di concerto coi partner europei,
la possibilità di ridurre progressivamente i limiti imposti alla
ricerca medico-scientifica sulle piante, loro derivati e altri prodotti
chimici contenuti nelle tabelle delle tre Convenzioni Onu in materia di
sostanze stupefacenti;
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<b>8)</b> abbia intenzione di modificare, di concerto con la Camera dei
Deputati e il Senato della Repubblica, il meccanismo ci comunicazione
del Rapporto annuale al Parlamento in materia di stupefacenti in modo
che le commissioni competenti, e in prospettiva la plenaria, possano
discutere pubblicamente il documento e adottarlo con un atto formale;
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<b>9)</b> non ritenga opportuno monitorare la promozione di politiche di
"controllo delle droghe" affinché essa venga portata avanti nel pieno
rispetto dei diritti umani dei consumatori e del loro diritto alla
salute, difesa e giusto processo.
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<b>10)</b> valuti opportuno rafforzare, in parallelo, il lavoro sull'uso
terapeutico di tali sostanze.
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Roberto Rampi, <i>Valter Verini, Micaela Campana, Fausto Raciti, Giuditta Pini, Fabio Porta</i> <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/sites/default/files/documenti/INTERROGAZIONE%20PARLAMENTARE.pdf">www.associazionelucacoscioni.it</a>Emma BONINO: «L'infibulazione sarà reato contro l'umanità» - INTERVISTA2012-10-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656032Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Una risoluzione per bandire nel mondo le mutilazioni genitali femminili, violazione dei diritti umani. Il testo è stato depositato dal Gruppo dei Paesi Africani all'Onu e se tutto andrà bene, a dicembre verrà votato dall'assemblea generale delle Nazioni Unite.
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<b>Non c'è Pace senza Giustizia, l'organizzazione fondata dalla vicepresidente del Senato Emma Bonino, sta lottando da più di 10 anni a livello internazionale contro le Mgf. Bonino, cosa rappresenta questo testo?</b>
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«Una pietra miliare: per la prima volta la comunità internazionale, su spinta dei paesi interessati, si accinge ad adottare un testo che bandisce questa pratica come violazione dei diritti umani fondamentali, superando un approccio relativista che tendeva a giustificare" le mutilazioni genitali come espressione di una data cultura. Una presa di posizione così forte e compatta da parte della comunità internazionale sarà un incentivo per i paesi che non hanno ancora una legge di proibizione a dotarsi di tutti gli strumenti utili a contrastare la pratica dal punto di vista legislativo e di prevenzione. La risoluzione ha anche il pregio di mettere fine alla diatriba che legittima le mutilazioni praticate in modo "sicuro" all'interno di strutture sanitarie, condannando espressamente tutte le forme di mutilazione, incluse quelle eseguite in ambito ospedaliero».
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<b>Le Mgf vengono difese dalle comunità d'origine in nome della tradizione: le donne che le subiscono non sono in grado di opporsi e anzi le appoggiano per paura dello stigma sociale. Come si cambia tutto questo?</b>
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«Nei paesi dove questa pratica esiste, tradizione vuole che la donna non mutilata sia considerata impura: quindi ha molte meno possibilità di sposarsi, formare una famiglia e avere un ruolo nella comunità. Inoltre per molte donne - le cosiddette «praticone» (chi effettua queste operazioni, ndr.) - le mutilazioni genitali sono fonte di reddito. Ci vorrà tempo e impegno perché questa mentalità cambi, ma la messa al bando universale aiuterà il lavoro delle attiviste. Collocandole definitivamente dalla parte del giusto e della legge».
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<b>Chi sono le donne che hanno permesso questo risultato?</b>
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«Tante, nominarle tutte è impossibile. A livello di attiviste va riconosciuto lo straordinario impegno di Khady Koita, agguerrita donna senegalese che ha avuto il coraggio di mettere a nudo la sua esperienza personale in un libro tradotto in tre lingue, in un periodo in cui l'argomento era ancora tabù in molte partì del mondo. A livello di personalità istituzionali l'ex first lady egiziana Suzanne Mubarak ha avuto il merito di fare delle mutilazioni genitali argomento di dibattito pubblico a livello continentale e aver condotto un'efficace campagna antimutilazioni nel suo paese. attuale first lady del Burkina Faso Chantal Compaoré ha poi coordinato in questi anni la campagna per la messa al bando universale con ottimi risultati».
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<b>Quante donne vittime di mutilazioni genitali ci sono in Italia e nel mondo?</b>
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«È difficile dirlo: il fenomeno spesso avviene in clandestinità. Le ultime stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del febbraio 2012 parlano di 140 milioni di donne e bambine nel mondo che hanno già subito la pratica e di 2 milioni di bambine a rischio».
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<b>Alcuni dati parlano per l'Italia di 40mila bambine vittime di infibulazione: è il dato più alto d'Europa che conta 500mila casi. Cosa fare?</b>
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«Questi numeri emergono da uno studio del 2009 realizzato dall'istituto Piepoli su richiesta del dipartimento Pari Opportunità. Si tratta di una stima molto approssimativa, poiché in Italia non esiste un osservatorio. Abbiamo una legge ad hoc che proibisce la pratica, ma per formulare politiche efficaci è cruciale conoscere l'entità del fenomeno: per questo da anni chiedo l'istituzione, a livello nazionale o meglio europeo, di un osservatorio che monitori il fenomeno e fornisca una stima della sua diffusione».
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<b>Cosa si sta facendo in questo senso negli altri paesi?</b>
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«La maggior parte dei paesi europei ha una legge nazionale che proibisce e punisce le Mgf, oggetto di diverse risoluzioni adottate dal Parlamento europeo. Esistono anche programmi d'informazione e sensibilizzazione rispetto alle comunità immigrate, normalmente meno reticenti a staccarsi dalle tradizioni dei paesi d'origine. L'Europa è compatta nel condannare questa pratica».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1M58H0">Pubblico Giornale | Angela Gennaro</a>Mario MAURO: «L'EU è inerte, serve un'agenda» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648121Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: PPE) <br/><br/><br />
«Sulla Nigeria l'Ue è latitante, anche all'Onu, dove invece sarebbe necessario imporre un'agenda precisa con richieste al governo federale del paese africano di una più forte azione». <p>
«Noto con rammarico che nemmeno una delle riunioni settimanali dei rappresentanti dei 27 stati Ue membri dell' Onu è stata dedicata alla questione. Né se n'è fatto carico il rappresentante a New York dell'Alto rappresentante per la politica Estera Ue Cathrine Ashton». <p>
<b>Che cosa dovrebbero chiedere i Paesi Ue all'Onu?</b> <p>
«Non si solleva la questione per non urtare i Paesi islamici. Un'agenda comune Ue per condizionare il dibattito al Palazzo di Vetro e fare pressione sul governo nigeriano affinché attivi il suo esercito, che è uno dei migliori del mondo, a difesa delle minoranze religiose».<p>
<b>L'EU non potrebbe fare come con il Ghana, a cui Bruxelles ha congelato 22 milioni di euro di aiuti per problemi sul fronte dei diritti umani?</b> <p>
«Si potrebbe certo, e questa è una specifica competenza della signora Ashton. La quale, invece, dopo la nostra risoluzione di marzo non ha fatto assolutamente niente». <p>
<b>Del resto questa inerzia è più generale. A che cosa e dovuta secondo lei?</b><p>
«Il punto è che, sia all'Ue come all'Onu, non si solleva la questione della Nigeria per timore di urtare le suscettibilità dei Paesi islamici. Si preferisce, soprattutto da parte dei media anglosassoni, parlare di una presunta guerra civile fra opposti estremismi. E' falso: in Nigeria non c'è una guerra tra fazioni, c'è solo un gruppo terroristico che colpisce, peraltro anche i musulmani. Mentre non risulta alcun gruppo cristiano che colpisca gli islamici».<p>
<b>E magari contano anche gli interessi economici...</b> <p>
Ma certamente, anche dell'Italia, legati ovviamente al petrolio. Del resto l'economia c'entra anche con questi gruppi terroristici, molto più della religione. Non è una guerra religiosa, ma un conflitto per nuovi assetti di potere, legati anche qui alla questione delle ricche royalties petrolifere. <br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IT7PK">Avvenire | Giovanni Maria Del Re </a>Antonio DI PIETRO: a Napolitano: «Guerra non è sviluppo naturale»2011-04-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560074Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />"Né costituzionalmente corretto".
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Replica a stretto giro di posta alle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo il quale il maggiore impegno nei raid aerei sula Libia annunciato dal Governo è uno "sviluppo naturale" della partecipazione italiana alla missione militare internazionale.
<p> "Bombardare una nazione - dice il leader dell'Idv in una nota - non ci pare possa essere considerato uno sviluppo né naturale né costituzionalmente corretto. Né può valere l'ipocrita giustificazione che tutto ciò sarebbe già stato autorizzato dalle Nazioni Unite e dal Parlamento italiano".
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"Infatti, l'Onu - spiega Di Pietro - non ha mai avallato tale scelta e, soprattutto, le nostre Camere non hanno mai discusso, né approvato un provvedimento in cui c'era scritto, nero su bianco, di fare guerra ad un'altra nazione. E' stato solo deliberato di impedire che avvenissero dei massacri della popolazione inerme durante una guerra civile. Già! Perché di guerra civile si tratta e pertanto l'Italia - conclude - non dovrebbe interferire nelle decisioni interne di un altro Stato, ma solo prodigarsi per fornire assistenza, solidarietà e supporto umanitario alla popolazione civile".
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<br/>fonte: <a href="http://www.tmnews.it/web/sezioni/politica/PN_20110426_00088.shtml#stampa">TMNews</a>Giorgio NAPOLITANO: «L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia naturale sviluppo della linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa e confortata da ampio consenso in Parlamento»2011-04-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560067Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
"Ancora oggi, ad ormai 66 anni di distanza da quella giornata storica, la Festa della Liberazione richiama alla nostra mente l'idea del compimento di un'opera, del termine di un percorso : la riconquista - per l'Italia - della libertà, dell'indipendenza e dell'unità, a fondamento della rinascita della democrazia". Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro con gli esponenti delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane e delle Associazioni d'Arma.
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"Ma sul significato nazionale di questa ricorrenza a centocinquantanni dall'Unità d'Italia ho parlato ieri all'Altare della Patria e non ritornerò anche perché i drammatici eventi - ha affermato il Presidente Napolitano - che accadono oltre le nostre frontiere ma intorno a noi e le profonde ripercussioni che essi hanno sul nostro stesso paese e presumibilmente ancor più avranno sul suo futuro ci inducono a guardare al 25 aprile 1945 in una prospettiva più ampia ed attuale. Oggi ci interroghiamo - ha infatti rilevato il Capo dello Stato - in Europa e in tutto l'Occidente, sulla possibilità di rivoluzioni o evoluzioni democratiche nel mondo arabo, fatto senza precedenti e carico di potenzialità straordinarie. E le previsioni non sono facili ; né è semplice il compito che può spettare a paesi come il nostro. Ma ciò non toglie che sentiamo - in particolare noi italiani nel ricordo delle lotte di liberazione e del 25 aprile - di non poter restare indifferenti di fronte al rischio che vengano brutalmente soffocati movimenti comunque caratterizzati da una profonda carica liberatoria".
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Il Presidente Napolitano ha ribadito che "non potevamo restare indifferenti alla sanguinaria reazione del colonnello Gheddafi in Libia: di qui l'adesione dell'Italia al giudizio e alle indicazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e quindi al piano di interventi della coalizione postasi sotto la guida della NATO. L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia - annunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio Berlusconi - costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento".
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"Naturalmente - ha proseguito il Presidente - sappiamo bene come ai problemi di fondo che si pongono nei paesi dell'area africana e mediorientale lo strumento militare non può dare l'insieme delle risposte necessarie. La risposta di fondo anche al rischio di flussi migratori disperati e convulsi verso le nostre sponde, sta in un fattivo, forte impegno di cooperazione allo sviluppo dei paesi delle sponde Sud ed Est del Mediterraneo. Dobbiamo portarci all'altezza delle nostre responsabilità come mondo più sviluppato e ricco, mostrare lungimirante generosità, essere non solo coerenti con principi e valori di solidarietà, ma capaci di comprendere quale sia il nostro stesso interesse guardando a un futuro che è già cominciato".
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Per il Presidente Napolitano "nulla sarebbe più miope, meschino e perdente, del ripiegamento su sé stesso di ciascuno dei paesi membri dell'Unione Europea. Ciascuno dei nostri paesi ha un avvenire solo se scommette sull'unità dell'Europa, e sull'assunzione delle responsabilità che ci competono in un mondo così fortemente cambiato e in via di cambiamento. E questo è in realtà l'autentico significato della partecipazione dell'Italia e delle sue Forze Armate alle missioni internazionali".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=16416">Quirinale.it</a>ALFIO NICOTRA: Così si uccide il Risorgimento arabo2011-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559221Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Arezzo (Lista di elezione: PRC) <br/><br/><br />
L'interventismo democratico è un tarlo che scava nei cervelli e nelle coscienze delle persone. Lo ritrovi ad ogni occasione in cui bisogna rendere nobile la guerra e gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Sono armi di distrazione di massa con un unico obiettivo: oscurare le vere ragioni (gli interessi economici) per cui si muovano le truppe e si alzano in cielo i bombardieri. Così l'Italia è in guerra con la benedizione di chi dovrebbe custodire la Costituzione.
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C'è l'Onu si dice, ma chi lo dice sa benissimo che le Nazioni Unite non possono proclamare la guerra, perché si straccerebbe la ragione sociale per cui sono state fondate. L'armamentario ideologico della guerra umanitaria è sempre lo stesso, ma tutte le volte prende vigore nelle penne dei giornalisti embedded (Concita docet) e nei discorsi dei politici che improvvisamente si accorgono che inermi sono massacrati da uno spietato dittatore. Se srotoliamo questo armamentario propagandistico dalla Restore Hope in poi, scopriamo le stesse frasi e gli stessi ingredienti ovunque la "civile" comunità occidentale ha scelto di recuperare la barbarie della guerra come strumento normale e accettabile della politica. C'è sempre un Siad Barre, un Saddam Hussein, un mullah Omar, un Milosevic da paragonare ad un Hitler moderno. Ci sono sempre popolazioni civili da salvare e democrazie da esportare. Poco importa se quelle popolazioni sono state per anni massacrate da armi ed eserciti addestrati dalle "coalizioni dei volenterosi" che intorno agli Usa e alla Nato via via, di volta in volta, si formano per l'abbisogna.
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Si arriva all'assurdo, in questa nuova guerra di Libia, che tra la coalizione che vuole tutelare i civili ci sono anche alcuni paesi arabi che in casa loro sparano sulla folla che manifesta. Questa è l'ennesima guerra per il petrolio e il gas libico ma non solo. Si vuole riprendere l'egemonia e il controllo del mondo arabo messo in discussione dalle rivolte popolari. Le rivolte nel Maghreb sono in primo luogo rivolte sociali contro l'insostenibilità di uno scambio diseguale con il Nord ricco, bianco e cristiano del pianeta che da quelle parti era rappresentato per di più da regimi autoritari e corrotti.
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Queste rivolte hanno sicuramente investito anche la Libia, ma la diversità di reddito e l'esiguità della popolazione autoctona (6 milioni a fronte di 1,5 milioni di immigrati) oltre al fatto di possedere uno dei più grandi giacimenti di petrolio del pianeta, rendono concreta e tutt'altro che fantasiosa l'esistenza di una regia esterna. Per questo non cadiamo nella trappola di chi dice: o stai con Gheddafi o stai con i bombardieri occidentali.
Noi stiamo dalla parte dell'umanità contro ogni dittatura e anche contro questa vergognosa macchina da guerra.
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Il nostro dissenso dal Presidente Napolitano è totale. Infatti, è la scelta di intervenire militarmente ad uccidere nella culla il Risorgimento arabo. Ogni Cruise lanciato su Tripoli è nuovo odio che i fondamentalisti religiosi mettono in cascina in tutto il mondo arabo. Perché nemici di multinazionali e fondamentalisti sono i popoli e la loro volontà di autodeterminarsi costruendo esperienze democratiche non più prigioniere del pensiero unico del mercato. Già lo si vede con le contestazioni in Egitto a Ban Ki Moon. Cosa può pensare un qualsiasi cittadino di un qualsiasi Paese arabo dello strabismo occidentale e della politica dei due pesi e due misure? Perché le risoluzioni dell'Onu valgono per la Libia e sono carta straccia per Israele che ogni settimana bombarda la popolazione inerme di Gaza? Perché nessuno frena i soldati sauditi che hanno invaso il Bahrein e che reprimono con la forza le manifestazioni popolari?
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L'interventismo democratico è un tarlo che uccide la diversità della sinistra, assorbendola dentro una nuova ideologia neocoloniale. Il parlamento ridotto ad una caserma, con Di Pietro e il Pd che scavalcano a destra il governo per sostenere la bontà dei bombardamenti, segnala l'inconsistenza dell'attuale opposizione istituzionale. Il sì alla guerra della Cgil è un ulteriore segnale di imbarazzante omologazione al pensiero dominante. Occorre invertire questa tendenza suicida. Mobilitandosi subito contro la guerra senza se e senza ma, unendo tutte le forze che si oppongono all'intervento. Prima che le bombe uccidano insieme alle persone anche le idee e le speranze di un Mediterraneo diverso e migliore.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.liberazione.it/rubrica-file/Cos--si-uccide-il-Risorgimento-arabo---LIBERAZIONE-IT.htm">Liberazione</a>Enrico LETTA: «Il nostro sì è all’ONU. Il governo ci espone a rischi» - INTERVISTA2011-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559218Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
“Questo Governo non ha più una maggioranza in politica estera ed espone quindi litalia a gravi rischi”. A sostenerlo è Enrico Letta, Vicesegretario del Partito Democratico.
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<b>I Tornado italiani sono entrati in azione in Libia. L’Italia è in guerra e con il consenso del Pd?</b>
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«Noi siamo fermi alle parole del Capo dello Stato che riassumono in modo perfetto i confini di questa vicenda: è una Risoluzione dell’ Onu secondo i poteri del titolo VII delle Nazioni Unite: cioè si tratta di una operazione di mantenimento della pace, con obiettivi precisi e limiti altrettanto precisi. E ci aspettiamo che il Governo sia conseguente con questa corretta interpretazione che ha dato Giorgio Napolitano».
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<b>L’opposizione vota per i impegno italiano nell’attuazione della Risoluzione 1973, mentre una componente fondamentale della maggioranza, la Lega Nord, non partecipa al voto ed esterna con i suoi ministri la sua contrarietà…</b>
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«Io credo che sia molto grave l’atteggiamento della Lega. Questo Governo non ha più una maggioranza in politica estera ed espone quindi l’Italia a gravi rischi. E’ solo per la responsabilità delle opposizioni che il ruolo dell’Italia all’estero non è ulteriormente ridicolizzato da una vicenda come questa. E’ intollerabile che il Governo provi a prendere solo i vantaggi di questa vicenda tramite lo smarcamento della Lega. Non permetteremo tutto ciò».
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<b>Una cosa è la Risoluzione Onu. Un’altra è la sua applicazione. Una cosa è difendere i diritti umani. Un’altra è scatenare la guerra…» le considerazioni di <a href="http://www.perlapace.it/index.php?id_article=6224&PHPSESSID=9961f558f7fe23a9abe1daabc67c4b2b#"><b>Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace</b></a>, riflettono un malessere del mondo pacifista. Cosa ha da dire il Pd?</b>
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«Penso che sia giusto che vi siano grandi preoccupazioni. Sono anche le nostre. E sentiamo forte la responsabilità nel vigilare a che non si esca dai confini della Risoluzione Onu. Noi non ci staremo, perché il nostro assenso è solo a condizione che si rispettino i principi delle Nazioni Unite contenuti dentro la Risoluzione 1973. Sappiamo benissimo che le conseguenze di uno stravolgimento di quella Risoluzione infiammerebbero l’intero Mediterraneo e si ritorcerebbero contro gli stessi interessi dell’Italia. Deve essere evidente che la Comunità internazionale è li per portare la pace e i diritti dell’uomo, e non per spartirsi nuove zone di influenza petrolifera…».
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<b>In Libia anche per eliminare Muammar Gheddafi?</b>
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«La risoluzione è chiara: quello non è uno degli obiettivi».
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<b>Gli americani avrebbero intenzione di trasferire al più presto il comando delle operazioni militari a Francia e Gran Bretagna Dopo essere stata subalterna ai fondi libici del Colonnello, l’Italia non rischia di esserlo anche nella conduzione politico-militare delle operazioni in corso?</b>
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«Questa vicenda rischia di azzoppare la politica estera europea. Non si può andare in ordine sparso, come è successo finora. È emersa la totale inadeguatezza della guida della politica estera europea da parte di lady Ashton: la divaricazione fra la Germania da un lato, e Francia e Gran Bretagna dall’altro, è molto grave. L’Italia che vorremmo si sarebbe adoperata per una linea europea comune».
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<b>Un primo ministro, Silvio Berlusconi, che solo pochi mesi fa lodava Gheddafi come uno «statista moderato ed equilibrato»; un ministro degli Esteri, Franco Frattini, che mentre in alcune città della Cirenaica iniziava la protesta, esaltava in una intervista al Corriere della Sera, il modello di riformismo di Gheddafi…Ma l’Italia può essere credibile e pesare sulla scena internazionale con simili figure, in una vicenda drammatica come è il conflitto libico?</b>
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«Purtroppo la credibilità del Governo italiano è minata alle radici dalla totale incapacità del suo primo ministro di giocare un qualsivoglia ruolo positivo nelle relazioni internazionali. Questa vicenda ne è l’ultima dimostrazione».
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<b>Se la Nato non assumerà a breve il coordinamento delle operazioni militari in Libia, «se ci fosse una moltiplicazione dei comandi, dovremo studiare un modo perché l’Italia assuma la responsabilità del controllo delle proprie basi»: così il ministro degli Esteri Franco Frattini oggi (Ieri, ndr) da Bruxelles…</b>
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«Le parole di Frattini, pure in parte condivisibili, dimostrano che l’Italia questi problemi doveva porseli e porli in sede europea ben prima. E che oggi la situazione appare in parte compromessa per l’Europa».
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<b>«Il passaggio in aula è inevitabile. non dobbiamo ripetere quello che è avvenuto con il Kosovo quando al governo c’era D’Alema e la missione militare parti prima del passaggio in aula», polemizza il capo gruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto…</b>
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«Cicchitto pensi in questo momento alle divisioni interne alla sua maggioranza che rendono la posizione dell’Italia poco credibile e che mettono in gran difficoltà le stesse Forze armate italiane».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=YE2DV">l'Unità - Umberto De Giovannangeli</a>Emma BONINO: Al Palazzo di Vetro la battaglia contro le mutilazioni genitali2010-11-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548306Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Lunedì sera, a Vieni via con me, ho detto che il corpo delle donne è un campo di battaglia, da tempo immemorabile e in ogni continente. Alcuni commenti sembrano suggerire che ho delineato un quadro troppo nero o «lagnoso» della situazione.<br />
Non credo.
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È verissimo che in molti paesi le donne hanno conquistato nuove libertà e i movimenti al femminile sono i più vivaci ed innovativi. Penso in particolare all’Africa, al Medio Oriente e non solo. Ma proprio questa loro tenacia nel voler cancellare pratiche consuetudinarie violente e nefaste, questa loro forza e determinazione nel voler vivere rispettate come persone, dà il segno tangibile della vastità del problema.
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Oggi è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.<br />
Una buona occasione per far mente locale sulle varie forme in cui si manifesta: dalla discriminazione di genere sul posto di lavoro agli stupri di massa documentati dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite, dalle migliaia di Sakineh alla violenza domestica «Gli amorosi assassini» come titola un documentatissimo libro di un gruppo di scrittrici - fino alla ventilata legge sui «consultori», a prima firma Olimpia Tarzia, qui nel Lazio.
<p>Ma per una battaglia in particolare questo è un periodo decisivo: quella contro le mutilazioni genitali femminili (MGF).
<p>In Europa, Aidos e Amnesty International hanno lanciato la campagna «End FGM» per ottenere una direttiva europea sulla prevenzione della pratica e, a New York, diversi governi - tra cui il nostro - stanno lavorando assiduamente perché l’Assemblea Generale dell’Onu, attualmente in corso, adotti una Risoluzione per la loro messa al bando universale.
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Gli esiti dell’azione diplomatica a New York non sono però scontati, con alcuni paesi che resistono, ricorrendo agli alibi più diversi. Per questo, personalità di rilievo internazionale e leader politici di 42 Paesi hanno sottoscritto un appello dell’associazione radicale «Non c’è Pace Senza Giustizia» e del Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali: Clio Napolitano e le First ladies di Burkina Faso, Uganda, Guinea Bissau e Benin, insieme a Premi Nobel, ministri, parlamentari e attivisti per i diritti umani chiedono a tutti i governi degli Stati membri di compiere i passi necessari per l’approvazione della Risoluzione.
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Il vantaggio di questo risultato è triplice: rafforzare la legittimità delle leggi già adottate a livello di singoli Stati; spingere tutti quei Paesi non ancora provvisti di legislazione ad attivare i propri Parlamenti; conferire ulteriore efficacia alle dichiarazioni già adottate in sede Onu in materia di tutela dei diritti delle donne.
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Inoltre, contribuirebbe a far piazza pulita di una visione stereotipata delle MGF, spesso erroneamente ricondotte a questioni di carattere culturale o religioso, oppure relegate esclusivamente all’ambito sanitario, che pure esiste ma che di certo non ne esaurisce la portata. Una Risoluzione di messa al bando significherebbe riconoscere le MGF per quel che sono, una patente violazione dei diritti umani fondamentali di donne e bambine.
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Ma c’è un altro aspetto che merita attenzione. Per tutte quelle attiviste che hanno avuto il coraggio di affrontare apertamente la questione in contesti dove parlare di MGF voleva dire infrangere una secolare «regola del silenzio», rischiando talvolta la propria vita, una ferma presa di posizione della comunità internazionale avrebbe non solo l’effetto di legalizzare il loro impegno, ma di ricollocarle all’interno della società «dalla parte del giusto», dalla parte della legge. Persone che probabilmente non avranno mai occasione nella loro vita di visitare il Palazzo di Vetro ma che credono che le Nazioni Unite e i suoi Stati membri abbiano il dovere e gli strumenti per fare del mondo un posto migliore in cui vivere.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=VLW7D">L'Unità</a>Sonia ALFANO: Anche l'ONU boccia un ddl da ritirare immediatamente2010-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503117Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
“Anche dall’ONU arriva la bocciatura per il ddl intercettazioni. Frank La Rue, relatore speciale sulla libertà d’espressione ha chiesto al governo italiano di ritirare la legge, e il governo dovrebbe prenderne atto e ascoltare il coro di voci contrarie che si e’ levato in Europa e nel mondo, ritirando immediatamente un testo che risulta decisamente inemendabile“.
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Lo ha detto Sonia Alfano (IDV) commentando la richiesta del rappresentante ONU, che giudica sproporzionate le misure che il governo vorrebbe adottare nei confronti di giornalisti ed editori e ritiene il ddl un pericolo per la lotta alla corruzione e alla mafia. “Se il ddl non sara’ immediatamente ritirato -conclude Alfano- il nostro Paese diventerà definitivamente zimbello d’Europa“.<br />
<br/>fonte: <a href="http://parcodeinebrodi.blogspot.com/2010/07/intercettazioni-alfano-idv-pure-lonu.html">parcodeinebrodi.blogspot.com</a>Manuela PALERMI: Capezzone? E' arrivato al cuore del problema2010-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503116<br />
"Cappezzone arriva sempre al cuore del problema. Ma che “l’Onu si occupi di dittature!” esclama quando sa della presa di posizione delle Nazioni Unite contro la legge sulle intercettazioni. Qualcuno gli spieghi che è esattamente ciò che sta facendo l’Onu".
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Lo dichiara Manuela Palermi del Pdci-Federazione della Sinistra, replicando a quanto dichiarato dal portavoce del Pdl Daniele Capezzone. "Caro Capezzone - continua Palermi - con il bavaglio all’informazione e l’attacco alla magistratura, il piano inclinato verso la dittatura in Italia si sta facendo ogni giorno più visibile e pericoloso".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.comunisti-italiani.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=6930">www.comunisti-italiani.it</a>Emma BONINO: Dalla parte di tutte le bambine2009-11-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418829Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Si apre oggi nel Burkina Faso la conferenza mondiale per la messa al bando delle mutilazioni genitali. All'Onu il prossimo passo.
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Ricordo ancora con emozione il racconto di donne africane, con le quali ho poi stretto amicizia, sulla lotta che faticosamente e nella quasi totale clandestinità stavano portando avanti da oltre un ventennio. Eravamo alla fine degli anni Novanta, avevo da poco concluso il mio mandato di Commissaria europea e, nonostante ne avessi sentito parlare essendomi occupata di Africa a lungo, fino ad allora non mi ero impegnata in prima persona contro la pratica, così diffusa nel grande continente, delle mutilazioni genitali femminili.
<p>All`epoca, parlarne apertamente era impensabile in molte realtà, si trattava di un argomento tabù, gelosamente custodito all`interno delle comunità in nome di tradizioni antichissime spesso confuse con le religioni.
<p> La conoscenza dell`incidenza effettiva delle mutilazioni genitali femminili mi colpì per la sua violenza, per la sua portata simbolica di soggiogamento della donna, per le conseguenze nefaste sulla salute psicofisica delle vittime, ma soprattutto per la sua diffusione: due milioni di bambine esposte al rischio di mutilazione ogni anno.
<p> La determinazione delle attiviste africane e la loro espressa richiesta di sostegno, mi convinse della necessità di un impegno di lungo periodo e fu così che con gli amici di Non c`è Pace Senza Giustizia decidemmo di lanciare una campagna internazionale.
<p>L`obiettivo della prima fase fu di contribuire a sollevare la coltre di silenzi. Grazie all`impegno della first lady egiziana Suzanne Mubarak, nel 2003 le militanti anti-mutilazioni si sono ritrovate sedute attorno allo stesso tavolo con i rappresentanti dei rispettivi governi e, per la prima volta, si è parlato di mutilazioni genitali femminili come violazione di uno dei diritti basilari della persona, il diritto all`integrità fisica.
<p> La partecipazione delle più alte autorità religiose musulmane e copre ha scardinato l`alibi religioso fino a quel momento usato per giustificare la pratica. Di lì a qualche settimana l`Unione Africana ha adottato il Protocollo di Maputo, un trattato entrato in vigore nel 2005 che bandisce le mutilazioni genitali come violazione dei diritti umani della donna.
<p>Come spesso accade quando si tratta di conquiste di civiltà e di spazi di libertà individuale, le esperienze altrui possono giocare un ruolo decisivo nel determinare un`accelerazione, ed è proprio quello che è successo in questa campagna. <br />
Dopo il 2003 la rete di attiviste locali ha iniziato a fare sinergia, la loro azione con i governi è diventata più efficace e, ad oggi, 18 Stati africani sui 28 dove si praticano le mutilazioni genitali femminili hanno adottato una legge che punisce penalmente la pratica e hanno messo in campo campagne d`informazione e di sensibilizzazione.
<p>A distanza di quasi un decennio, i risultati ottenuti sono eccellenti e continua a crescere il numero di Paesi che scelgono di dotarsi di un quadro legislativo di prevenzione e sanzione. Nel corso della seconda Conferenza del Cairo, che si è tenuta nel dicembre del 2008 grazie al contributo del governo italiano, tutti i partecipanti, governativi e non, hanno preso atto dei considerevoli passi avanti compiuti negli ultimi cinque anni e hanno affermato l`intenzione di raddoppiare i propri sforzi.
<p> È ormai evidente l`esistenza di una volontà generalizzata di creare le condizioni politiche per sradicare questa pratica una volta per tutte.
<p>Il governo italiano, da anni molto attento e sensibile a questa campagna, ha di recente adottato iniziative ai più alti livelli diplomatici affinché la prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvi una risoluzione di condanna delle mutilazioni genitali femminili come violazione dei diritti umani e che inviti i governi dei Paesi interessati ad adottare tutte le misure necessarie a contrastare il fenomeno. Con questo spirito la first lady del Burkina Faso, Chantal Compaoré, ha voluto organizzare con Non c`è Pace Senza Giustizia e con il sostegno della Cooperazione Italiana la conferenza «Dal Cairo a Ouagadougou: verso la definitiva messa al bando delle mutilazioni genitali femminili», che si apre oggi nella capitale burkinabé. Le first ladies dell`Africa occidentale sono state invitate a partecipare per sancire con la loro presenza l`impegno politico dei rispettivi Paesi a cooperare.<br />
Mentre fervono i preparativi per questo evento, le attiviste di tutta la regione cominciano ad arrivare in una torrida e caotica Ouagadougou, dove i venti degli ultimi giorni hanno colorato il cielo di sfumature rosso-arancio e dove le donne burkinabé sfrecciano per le strade sui loro scooter, lasciandosi dietro nuvoloni multicolori che si mescolano alle mille tinte dei loro abiti tradizionali.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=O2EOL">L'Unità - Emma Bonino</a>Marco CAPPATO: Arlacchi se la prende con Karzai, ma è lui l'antesignano del fallimento proibizionista.2009-11-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418767<br />
Leggiamo dalle agenzie che l’Eurodeputato dell’Italia dei Valori Pino Arlacchi ritiene che "Il fratello di Karzai e' un grande trafficante noto a tutte le agenzie internazionali, e senza la rimozione di questo problema e' chiaro che si potra' fare poco in Afghanistan".
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In realtà fu proprio Arlacchi, da responsabile delle Nazioni Unite sulle droghe, a lanciare nel ’96 quell’irresponsabile guerra mondiale proibizionista che avrebbe dovuto liberare il mondo dalle droghe in dieci anni, in nome della quale Arlacchi strinse un accordo con i Talebani anni prima dell’11 settembre 2001.<br />
Il fallimento della guerra proibizionista fu assoluto, in tutto il mondo incluso in Afghanistan. Se è vero come è vero che il potere di corruzione del narcotraffico mina alla base la credibilità stessa dell’amministrazione Karzai, la ragione vera di quel fallimento è proprio l’impostazione voluta dalla comunità internazionale sotto la gestione Arlacchi, che ha sempre rifiutato ogni ipotesi di utilizzare l’oppio per produrre legalmente farmaci antidolore. La linea della quale Arlacchi è antesignano ha da quindici anni contribuito a rafforzare i Talebani e i signori della droga, dentro e fuori il Governo Karzai.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=148941">Radicali.it</a>Gianfranco FINI: Verificare il rispetto dei diritti umani in Libia2009-06-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391520Alla data della dichiarazione: Pres. Camera (Lista di elezione: PdL) - Deputato (Gruppo: FLI) <br/><br/><br />
Spero che presto una delegazione italiana visiti i campi libici degli immigrati.
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"Auspico che una delegazione di deputati italiani possa recarsi presto in visita nei campi libici di raccolta degli immigrati per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo sanciti dalle Nazioni Unite e dal Trattato di Bengasi, con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai perseguitati politici".
<p>E' quanto si legge nel testo del discorso che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avrebbe pronunciato alla presenza di Gheddafi, la cui visita a Montecitorio è stata annullata per il ritardo di due ore del leader libico.
<p>Fini sottolinea nel suo ragionamento come "l'emergenza dell'immigrazione clandestina meriterebbe di essere maggiormente affrontata anche sul piano interparlamentare", per questo la terza carica dello Stato intende "proporre al collega libico, Embarak El Shamakh, segretario generale del Congresso del popolo, la creazione di un gruppo congiunto di monitoraggio parlamentare". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.apcom.net/newspolitica/20090612_203201_58e7b2c_64204.html">Apcom</a>Pier Ferdinando CASINI: «Violato il decoro e la dignità della Repubblica».2009-06-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391518Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC) <br/><br/><br />
Una dura offensiva contro le parole di Gheddafi arriva dall’opposizione. L’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, accusa il dittatore libico di aver «violato il decoro e la dignità della Repubblica».<br />
«Il rapporto con il popolo libico va rafforzato - dice - ma per le modalità con cui è stato accolto Gheddafi, ciò è stato violato». Chiede di avere «rispetto della nostra storia» ma anche «delle persone che in quel Paese soffrono».
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Gli fa eco, Roberto Rao, deputato Udc: «Se il governo è d’accordo con quasi tutto ciò che dice Gheddafi, noi invece non lo siamo affatto». <br />
E condanna il paragone tra Usa e Al Qaeda. Tutto il mondo politico dell’opposizione è sulla stessa linea.<br />
Emma Bonino, leader radicale, vice-presidente del Senato, sottolinea che «l’ospitalità non si deve confondere con la piaggeria o con il servilismo». Il senatore Marco Perduca, radicale, auspica di ricevere («spero, ma dovrei dire esigo») i ringraziamenti dal Pdl e dalla Lega per essersi opposto alla concessione dell’Aula al dittatore.
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Dura anche la protesta dell’Italia dei valori.<br />
Ai senatori dell’Idv, come denuncia Felice Belisario, ieri mattina a Palazzo Madama, prima che il dittatore intervenisse, è stato impedito di esibire, sul petto, un’immagine della strage di Lockerbie, quando un attentato libico fece saltare un aereo dove morirono 270 persone. <br />
«Gheddafi - chiosa Belisario - invece, può esibire tutte le foto che vuole e vantarsi che il governo italiano gli abbia chiesto scusa, senza che nessuno ne parli».
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Antonio Di Pietro, leader Idv, afferma che «il fatto che Gheddafi sia stato ospitato, riverito e ossequiato dalle più alte autorità dello Stato offende la nostra democrazia e tutti i cittadini». Per di più, «non ho sentito nessuna parola sui diritti umani, gravemente calpestati dal dittatore».<br />
Uno dei pochi a essere soddisfatto, è invece, Giulio Andreotti. «Mi è molto piaciuto il tono generale del discorso» in Senato.
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Sotto accusa dell’Unhcr sono le parole sul diritto di asilo che per Gheddafi rappresenta «una menzogna diffusa». <br />
Ciò «è preoccupante» per la portavoce dell’organizzazione umanitaria dell’Onu, Laura Boldrini. Perchè quelle dichiarazioni significano «che non si riconosce un bisogno reale di milioni di persone che, anche in Africa, sono costrette a fuggire a causa di conflitti armati e violazioni dei diritti umani».
<p>La Boldrini polemizza pure con Berlusconi secondo il quale «gli emigranti possono chiedere asilo in Italia all’agenzia Onu in Libia». In Libia, sostiene la portavoce, «non ci sono sufficienti garanzie per poter assicurare, in modo efficacie, la protezione dei richiedenti asili».
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Il presidente dei giovani ebrei dell’Ugei, Daniele Nahuman, protesta con Berlusconi perchè chieda a Gheddafi l’estradizione del terrorista Al Zomar, accusato per l’attentato alla Sinagoga di Roma, dove morì «Stefano Gay Teche, un bambino di soli 2 anni che aveva come unica colpa l’essere ebreo».
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<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?idapp=18789">Il Gazzettino.it</a>Franco Frattini: «L' UE non sa parlare con una sola voce» - INTERVISTA2009-04-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390996Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Affari Esteri (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Presentarsi alla conferenza Onu di Ginevra sulla lotta alle discriminazioni senza un testo comune è un errore gravissimo. Come pure sono inaccettabili le frasi che equiparano Israele a un Paese razzista»<br />
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«Una delle più grandi delusioni delle mie esperienze internazionali...».<br />
Non usa troppi giri di parole Franco Frattini nel commentare il fallimento della ricerca di una posizione comune della Ue sulla conferenza dell`Onu sul razzismo. «Un errore gravissimo continua il ministro degli Esteri perché denota l`incapacità, nonostante le tante parole spese a riguardo, dì trovare almeno un minimo comun denominatore su un problema di base: quello della lotta alle discriminazioni di cui ci facciamo spesso portavoce a Bruxelles. E il bello è che, in sede dì consiglio, tra tutti e 27, eravamo riusciti a trovare una posizione comune su un testo elaborato dagli olandesi. Si era detto: o i documenti preparatori cambiano, o la Ue presenterà il suo testo».<br />
<b>E invece...</b><br />
«E invece alla fine in qualcuno è prevalsa la linea dei compromesso, del lasciar lavorare il mediatore russo, dell`indifferenza su un tema che dorrebbe pur sempre restare un pilastro della Ue, quello cioè dei diritti della persona».<br />
<b>Lezione amara, quella che si ricava dal dietrofront di`altri Paesi europei, rispetto alla coerenza italiana e olandese, no?</b> <br />
«Di fatto si dimostra una volta di più che l`Europa, nonostante le intenzioni dichiarate, non è capace di parlare a una sola voce. Il che lascia liberi i Paesi membri di decidere singolarmente in base a quelli che ritiene i propri principi fondamentali».<br />
<b>Ministro Frattini, ma perché secondo lei alcuni Paesi come la Gran Bretagna hanno deciso che a Ginevra ci saranno, nonostante avessero detto, con l`Italia e il resto della compagnia, che equiparare Israele a un Paese razzista non era assolutamente condivisibile? Affari a che altro?</b><br />
«Non lo so. Immagino si sia preferito un compromesso a tutti i costi. E ciò nonostante il fatto che nei testi predisposti per l`appuntamento di Ginevra, a parte qualche piccolo miglioramento, si mantenga un`impostazione di base che equipara Israele a un Paese razzista anziché a una democrazia.
Ci sono tuttora frasi inaccettabili che un pizzico di coerenza con quanto affermato nella riunione dei ministri degli Esteri Ue, avrebbe dovuto indurre a rinunciare a prender parte alla conferenza.
Come abbiamo deciso noi e come hanno scelto di fare anche Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Olanda. Senza contare che sono curioso di vedere poi in quanti saranno a Ginevra...»<br />
<b>Che vuole dire?</b><br />
«Le rivelo una cosa: a tutt`oggi (domenica, ndr) sono solo 50 i Paesi ad aver confermato la loro partecipazione su 160 invitati.
Certo, alla fine risulteranno più dell`esiguo numero delle attuali conferme, ma le pare che quanto emergerà da Ginevra a firma Onu, possa avere quella credibilità che avremmo voluto per un discorso nobile quale la necessaria lotta al razzismo se verranno a mancare tanti e importanti Paesi?».<br />
<b>Beh, diciamo la verità: che se nella Ue si stenta ancora troppo per trovare un`intesa financo sui principi, a livello mondiale non è che le Nazioni Unite siano viste più come una entità credibile, no?</b><br />
«Io credo chel`Onu possa ancora avere una grande importanza se riesce a coagulare consensi su problemi veri e concreti. Quando invece si deve constatare che un Consiglio di sicurezza resta impantanato nei veti reciproci o che interventi in aree di crisi importanti - e penso all`Africa - non si possono mettere in piedi per i contrasti esistenti che, ancora, in conferenze come quella sul razzismo passano non regole valide e condivisibili, ma testi di parte, è chiaro che non ci siamo. Non è del resto un caso che proprio l`Italia, da tempo, va reclamando una profonda riforma dell`organizzazione delle Nazioni Unite».<br />
<b>Predichiamo però in una terra di sordi, non è vero?</b><br />
«Siamo testardi e continuiamo a tendere a una riforma che privilegi principi e valori di fondo: più rappresentatività, più partecipazione.
E poi non siamo soli: a febbraio scorso, su invito della Farnesina per un discorso dì riforma dell`Onu, sono stati 70 i Paesi che hanno inviato i loro rappresentanti a Roma».<br />
<b>Ma anche in questo caso un pezzo d`Europa non fa quadrato con l`altro pezzo...</b><br />
Questo è un punto vero e dolente. Torno a ripetere:
non è possibile che la Ue, che ha preso impegni precisi col trattato di Lisbona, parli tanto di unità ma poi si ostini a non voler creare una politica comune. E mica penso solo a Durban 2! Pensate al problema dell`immigrazione: proprio stamane (ieri per chi legge, ndr) ho parlato con Maroni cui ho assicurato che al prossimo consiglio a 27 solleverò il problema, riaperto dal caso del mercantile Pinar.
Perché non si può pretendere che tutti seguano le stesse regole e poi su un problema di questo tipo si scarichi ogni responsabilità solo su chi se lo trova in casa.
Non abbiamo sempre parlato di diritti civili come vero e proprio pilastro della Ue? O, quando conviene agli altri, divengono ammennicoli o optional?».<br />
<b>E intanto a Ginevra l`Italia non ci sarà.</b><br />
«In linea con quanto sempre detto da noi e dalla Ue. E perché andar là e fare i testimoni silenziosi alla fine non paga: si rischia solo la complicità».<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=LFOYC">Il Giornale - Alessandro M. Caprettini </a>Marco PANNELLA: Corte penale internazionale: Lettera aperta dei dirigenti Radicali al ministro Alfano. 2009-04-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390855Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Sull'urgenza di adeguare l'ordinamento italiano allo Statuto di Roma<br />
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Onorevole Ministro,<br />
riteniamo necessario dover sottoporre nuovamente con rinnovata urgenza alla Sua attenzione una questione che, come Lei certamente ricorderà, ci sta molto a cuore, augurandoci che Lei voglia prenderLa in considerazione con la tempestività che indubbiamente merita.
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Il 4 febbraio 2009 è stata votata all’unanimità in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati la risoluzione n. 7-00087 sulle norme di attuazione dello Statuto della Corte Penale Internazionale presentata dagli On. Rita Bernardini e Matteo Mecacci.
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Nell’esprimere il parere favorevole del Governo rispetto a tale iniziativa parlamentare, il Sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Casellati “ha confermato la determinazione di dare attuazione allo Statuto di Roma in tempi brevi” impegnandosi dunque a presentare “un disegno di legge per l’attuazione dello Statuto della Corte Penale Internazionale che rientra tra gli interventi che saranno al più presto calendarizzati nei prossimi Consigli dei Ministri ed entro la prima metà di marzo”
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A questo proposito ci preme sottolineare ancora una volta che l’Italia ha avuto un ruolo importante e significativo nella storica campagna che ha portato all’entrata in funzione della Corte Penale Internazionale. Nel 1994 infatti, il Governo italiano avanzò formalmente l’offerta di ospitare a Roma la Conferenza Diplomatica al Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan, entrando a pieno titolo nel novero dei paesi promotori del percorso giuridico e politico volto a porre fine all’impunità per coloro che venissero riconosciuti colpevoli di genocidio, di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
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Il successo della Conferenza Diplomatica tenutasi a Roma nel giugno-luglio 1998 e l’adozione dello Statuto istitutivo della Corte con il voto favorevole di 120 Paesi, è stato un significativo passo in avanti nella tutela dei diritti umani fondamentali.
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Lo Statuto della Corte è entrato in vigore il 1 luglio 2002, a seguito del raggiungimento delle 60 ratifiche necessarie e ad oggi sono 108 i paesi che lo hanno ratificato. La Corte ha così dato inizio alle prime importanti investigazioni e incriminazioni relative ai casi della Repubblica Democratica del Congo, dell’Uganda, della Repubblica Centro Africana e del Darfur in Sudan. E proprio in questo mese la Corte ha dato inizio al suo primo processo.
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Il nostro Paese ha firmato lo Statuto della Corte il 18 luglio 1998, è stato il quarto paese nel mondo ed il primo in Europa a firmare, un anno dopo il Parlamento ha approvato la legge di autorizzazione alla ratifica, contenente anche l’ordine di esecuzione, attraverso una legge delega al Governo per adottare prontamente le norme di attuazione; in seguito ben quattro commissioni ministeriali sono state istituite con lo scopo di adeguare la legislazione interna allo Statuto di Roma: Commissione Pranzetti (1998, Ministero degli Affari Esteri, che ha completato il lavoro nel 2001), Commissione La Greca-Lattanzi (1999, Ministero della Giustizia, che ha completato il lavoro elaborando un disegno di legge-delega a fine 2001), Commissione Conforti (2002, Ministero della Giustizia, che ha concluso i propri lavori nel 2003 con due progetti di legge mai resi pubblici), Commissione Scandurra (2002, Ministero della Difesa, che ha concluso i propri lavori con un altro progetto di legge-delega, approvato dal Senato il 18 novembre 2004 (Atto Senato n. 2493 della XIV Legislatura) e che attualmente giace alla Camera (Atto Camera n. 5433); infine, oltre alle quattro commissioni ministeriali, sono state prese diverse iniziative parlamentari per l’adeguamento della legislazione interna allo Statuto di Roma (Atto Camera n.2724, On. Kessler e altri, XIV legislatura; Atto Senato n. 1638, Sen. Iovene e altri; Atto Senato n. 893, Sen. Pianetta, XV Legislatura; Atto Senato n. 1089, Sen. Martone e altri).
L’Italia, tuttavia, ha ratificato lo Statuto di Roma solo il 26 luglio 1999 ed ancora oggi non è riuscita ad adottare la legge di attuazione dello Statuto della Corte, provvedimento necessario affinché i tribunali nazionali possano investigare e perseguire i responsabili dei crimini previsti dallo Statuto e in particolare affinché le autorità italiane possano cooperare con la Corte nelle sue indagini e azioni giudiziarie. Se l’Italia non procederà all’adeguamento legislativo interno, i tribunali italiani pertanto non potranno applicare le disposizioni dello Statuto e il nostro paese non potrà quindi cooperare con la Corte.
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Egregio Ministro,<br />
di tutta evidenza l’inadempienza del nostro Paese, a oltre dieci anni di distanza dagli impegni assunti nei confronti della comunità internazionale, non è più giustificabile né tollerabile. Oltre alla situazione certamente non felice dal punto di vista procedurale di una simile, grave mancanza, esiste la ragionevole probabilità che l’Italia possa trovarsi – in qualsiasi momento – al centro di una disputa internazionale qualora un sospettato indagato dalla Corte si rifugi nel nostro Paese.
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Nelle ultime ore alcuni fatti rendono ancora più urgente che l’Italia ribadisca il proprio sostegno all’attività della Corte Penale internazionale.<br />
Da un lato, il Presidente di turno dell’Unione Africana e leader libico Gheddafi ha definito come un atto di terrorismo la richiesta di arresto emessa dal Tribunale dell’Aja nei confronti del Presidente Sudanese Al-Bashir per quanto è avvenuto in questi anni in Darfur, e, dall’altro lato, la Lega Araba ha proprio oggi criticato duramente la richiesta di arresto nei confronti del Presidente sudanese. <br />
Poiché l’Italia è il paese che ha accolto la Comunità Internazionale in occasione dell’approvazione dello Statuto della Corte e di recente ha stipulato un “trattato di Amicizia” con la Libia, è particolarmente importante che il nostro paese ribadisca con un atto concreto il sostegno all’attività di affermazione della giustizia per la pace come requisito essenziale della Corte Penale Internazionale.<br />
Affinché tutto ciò possa accadere occorre che dal Ministero della Giustizia si dia finalmente il via al processo di adeguamento della nostra normativa interna. Ora le condizioni sono favorevoli per accelerare senza ulteriori intoppi l’iter parlamentare, e farlo giungere in tempi brevi a compimento. Tra l’altro la recente elezione a giudice della Corte Penale Internazionale di Cuno Tarfusser, in sostituzione dell’uscente Mauro Politi, mostra come esista una considerazione per il nostro paese che non va dispersa con un ulteriore ritardo nel processo di adeguamento interno della legislazione.
<p>
A seguito di queste considerazioni, che siamo certi da Lei condivise, Le chiediamo quindi di intraprendere con urgenza tutte le iniziative necessarie affinché l’impegno preso ufficialmente dal Governo davanti al Parlamento sia finalmente rispettato e il nostro paese possa così colmare il ritardo che lo sta caratterizzando nell’adeguamento della sua legislazione.
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Certi della Sua attenzione, La preghiamo di accogliere i nostri più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
<p>
Con viva cordialità,<br /><br />
Marco Pannella<br />
Emma Bonino<br />
Sergio Stanzani<br />
Antonella Casu<br />
Marco Cappato<br />
Niccolò Figà Talamanca<br />
Sergio D'Elia<br />
Giorgio Pagano<br />
Marco Perduca<br />
Carlo Pontesilli<br />
Maurizio Turco<br />
Matteo Mecacci<br />
Rita Bernardini<br />
Maria Antonietta Farina Coscioni<br />
Elisabetta Zamparutti<br />
Marco Beltrandi<br />
Donatella Poretti<br />
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=140122">Radicali Italiani.it</a>Marco PERDUCA: Radicali. Per Israele in Europa2009-03-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390775Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Al direttore <br />
Il ministro Frattini continua a ripetere che quello italiano è il governo europeo più vicino a Israele; in effetti quanto fatto dall`Italia all`Onu nella fase preparatoria di Durban II ha dimostrato che anche all`Onu è possibile fare politica contro l`inerzia del consueto quieto vivere diplomatico ogni qual volta ci si debba confrontare su questioni di principio odi condanna alle sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrati da amici di ieri e oggi. <br />
La decisione di Frattini di ritirare la delegazione dai negoziati assume un`importanza ancora maggiore se si tiene presente il fatto che la campagna che vuote equiparare il sionismo al razzismo è stata orchestrata e finanziata dal colonnello Gheddafi col quale abbiamo appena siglato un accordo multi-miliardario. Pari incisività non è stata purtroppo praticato per consentire la partecipazione di Israele ai giochi del Mediterraneo, il che meraviglia visto e considerato che il ministro Frattini presenziò all`inaugurazione delle Olimpiadi cinesi in virtù del potere unificante dello sport. <br />
Frattini però ha annunciato che a Pescara vi sarà una presenza di rappresentanti del governo di Gerusalemme al fine di creare le condizioni per la partecipazione di una delegazione israelo-palestinese ai prossimi giochi. Ecco, quel tentativo di "ibrido» può innescare un processo di ricerca di soluzione possibile della "disputa" che dallo sport può essere utilmente traslato alla politica.
<p>Vietare la partecipazione individuale di atleti a delle competizioni sportive in virtù della loro nazionalità equivale a condannare a una guerra permanente milioni di persone promuovendo una pacificazione fondata sull`identità nazional-religiosa da affermare esclusivamente con la sovranità assoluta di uno stato indipendente. L`Italia, governo europeo più vicino a Israele e promotore di un piano Marshall per i palestinesi è forse l`unico luogo, grazie anche al progetto di inclusione di Israele nell`Unione europea sul quale Marco Pannella insiste da oltre venti anni, dove tale proposta può divenire prospettiva politica di ampio respiro pacificatore per l`Europa e tutto il Mediterraneo. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=L64LU">Il Foglio - Marco Perduca</a>Maria Antonietta FARINA COSCIONI: Camera. Intervento in Aula sulla Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità2009-02-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388832Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
E' con emozione che oggi 20 febbraio 2009 prendo la parola. Il 20 febbraio 2006, proprio 3 anni fa, muore mio marito Luca Coscioni per una malattia neurologico - degenerativa a tutt'oggi, incurabile, la sclerosi laterale amiotrofica. E lo voglio qui ricordare, in questa aula di Montecitorio, e per farlo con gli italiani che grazie a Radio Radicale seguono quotidianamente i lavori del Parlamento.
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"La sua arma è la ragione, il suo unico obiettivo la difesa della dignità umana", ha scritto il premio Nobel José Saramago di Luca Coscioni. E di dignità appunto parla la Convenzione delle nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, di autonomia e di indipendenza, di non discriminazione, di piena ed effettiva partecipazione ed inclusione nella società, rispetto della differenze delle persone con disabilità, pari opportunità, accessibilità parità di genere e rispetto per lo sviluppo e per l'identità dei bambini con disabilità.
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Luca Coscioni per primo, credo, non avrebbe apprezzato commemorazioni, panegirici; bonariamente ci avrebbe rimproverato a pensare piuttosto a tutto quello che ancora c'è da fare, da conquistare: nel campo della libertà di ricerca scientifica e dell'ampliamento dei diritti civili.
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La battaglia da lui intrapresa, se ha reso consapevoli, coscienti, partecipi tante persone, tuttavia è ben lontana dall'esser conclusa, anzi temo che si stiano facendo passi indietro.
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Siamo qui per discutere una proposta di legge di ratifica, con ritardo. Doveva essere fatta già da molto tempo.
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E' anche così che si colpiscono al cuore i diritti individuali delle persone con disabilità, la loro possibilità di poter scegliere essere, di esistere e di vivere alla pari delle opportunità di tutti.
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Siamo tutti favorevoli nello spirito e nella lettera alla ratifica della Convenzione, rilevando che stessa rappresenta un successo del Ministero degli affari esteri italiano. La Convenzione non introduce nuovi diritti, ma si prefigge lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare alle persone con disabilità il pieno ed eguale godimento del diritto alla salute, all'istruzione, al lavoro, a una vita indipendente, alla mobilità, alla libertà di espressione e, in generale, alla partecipazione attiva alla vita politica e sociale.<br />
Sono tutti obiettivi che vedono impegnata, fin dalla sua costituzione, l'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica che, con il suo fondatore Luca Coscioni, ha posto l'urgenza della liberazione del malato o del disabile da ogni forma di discriminazione, emarginazione, esclusione o restrizione dei diritti umani, civili e politici. Lo strumento per garantire tutto questo è che la Convenzione venga al più presto ratificata. E ricordo che all'inizio della legislatura ho depositato a mia prima firma una proposta di legge di ratifica la 1311 che si rifà semplicemente all'art 80 della Costituzione: "Le camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi". Per questo non ci piace la legge di ratifica del Governo, perché riteniamo opportuno porre una questione di metodo, con riferimento alla prassi sempre più diffusa che vede l'inserimento nei disegni di legge di ratifica, oltre alle consuete disposizioni per l'autorizzazione alla ratifica e per l'ordine di esecuzione, di norme attuative e di adeguamento dell'ordinamento interno. E mi riferisco all'art 3 del disegno di legge di ratifica che prevede la costituzione dell'Osservatorio.
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Si tratta di una modalità non conforme alla ratio dei disegni di legge di ratifica, in quanto le norme di attuazione dovrebbero rientrare in un processo normativo a parte.
Contestiamo poi in via generale la prassi sempre più invalsa di inserire norme ordinamentali nei disegni di legge di autorizzazione alla ratifica di accordi internazionali.
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Diversamente, il dibattito su tali norme è necessariamente sacrificato per l'impellenza di provvedere al completamento del percorso di ratifica in ottemperanza agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese.
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Vorrei segnalare, a titolo d'esempio, l'incongruenza del dettato dell'articolo 3, comma 2, del disegno di legge con quello dell'articolo 33, comma 2, della Convenzione: la prima norma fa riferimento infatti ad un meccanismo nazionale indipendente laddove la seconda stabilisce che l'Osservatorio nazionale è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. E se poi ci aggiungiamo il ritardo che ha comportato la volontà di inserire le disposizioni relative all'Osservatorio nel disegno di legge è facile fare i conti…
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Osservo altresì che il disegno di legge del
Governo configura l'Osservatorio in modo fortemente burocratico e prevede un numero troppo elevato di componenti, mentre sono scarsamente rappresentate le persone con disabilità. E si nota o l'assenza di rappresentanti del Ministero degli esteri all'interno.
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Ricordo altresì che la Convenzione prevede l'individuazione di uno o più focal point all'interno dei Governi nazionali, mentre demanda agli stessi una valutazione circa l'opportunità di introdurre meccanismi di coordinamento. Al riguardo, riteniamo di avvisare che la composizione dell'Osservatorio proposta dal Governo confonda i due piani, che andrebbero invece tenuti distinti e di evidenziare che il ruolo delle persone con disabilità non sia preminente all'interno dell'Osservatorio, come prevede invece la Convenzione.
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C'è il rischio che l'Osservatorio possa essere una sovrastruttura che finisca con il mettere sottotutela la persona con disabilità, da una parte con un ritorno ad un approccio paternalistico degli anni passati, e dall'altra escludendola dal governo dello stesso, perché l'Osservatorio è presieduto dal Ministro del Lavoro, della salute e delle Politiche sociali, non dandole nemmeno la possibilità di eleggere in qualche modo, chi dovrà presiedere tale organismo.
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E poi ancoranon possiamo esimerci dalla critica, connessa allo stanziamento delle risorse per il finanziamento dell'Osservatorio, rilevando che il coinvolgimento delle organizzazioni non governative non garantisce alle stesse un ruolo nelle scelte di merito sull'impiego dei fondi.
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Questo osservatorio verrà finanziato con i soldi che saranno prelevati dalla legge 328 del 2000 cale a dire la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Questa ultima all'art. 20 creava un fondo nazionale per le politiche sociali. Precisamente il comma 1 di questo articolo recita: "per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale, lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali". E l' osservatorio va a sottrarre risorse da questo, e non per l'attività ma per il solo funzionamento.
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Ora se lo spirito e gli obiettivi della Convenzione in esame, vogliono l'inclusione delle persone con disabilità, abbattendo tutte le barriere architettoniche, legislative, ideologiche, psicologiche, socioculturali e geografiche, economiche, che si frappongono al pieno godimento dei diritti nel nostro Paese, con la creazione di questo osservatorio temo si possa compiere un passo nella direzione opposta. Non soltanto si mette sottotutela il disabile, ma lo si priva anche delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, che dovrebbero essere destinate invece a farlo vivere in maniera indipendente. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=137799">web site - Radicali Italiani</a>Bernardino De Rubeis: «Lampedusa corre il rischio di diventare una Alcatraz nel Mediterraneo» [Link interno: "ONU"]2009-01-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388355Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Lampedusa e Linosa (AG) (Partito: LISTA CIVICA) - Consigliere Consiglio Comunale Lampedusa e Linosa (AG) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) <br/><br/><br />
Morta una nigeriana. Ue: all'Italia 71 milioni di euro per rimpatrio dei migranti.<br />
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Agrigento - Ancora morte a Lampedusa. Un giovane nigeriana sbarcata ieri insieme ad altri 50 migranti è morta per ipotermia dopo una settimana trascorsa in mare. Sul barcone arrivato ieri c'era anche un cadavere: i superstiti hanno raccontato che durante la traversata sarebbero morte «altre 8-10 persone».
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Migranti fuggiti dal centro di accoglienza. Alcuni immigrati fuggiti la notte scorsa dal Centro di prima accoglienza sarebbero stati tutti rintracciati dalla polizia e dai carabinieri che hanno setacciato l'isola. All'interno del Centro di prima accoglienza, tuttavia, sono ancora in corso alcune verifiche. Nella struttura, che ha 850 posti letto, si trovano in questo momento 1840 immigrati e cresce sempre di più la tensione anche fra i profughi di diverse etnie.
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Sull'isola sale la tensione. Ieri manifestazione di circa 200 persone davanti il centro di prima accoglienza al collasso.<br />
<b>Il sindaco Bernardino De Rubeis</b> ieri aveva annunciato la revoca alla sua vice, la senatrice della Lega, Angela Maraventano, favorevole alla decisione del ministro dell'Interno Roberto Maroni di trattenere sull'isola gli immigrati giunti in queste ultime settimane, in attesa della loro identificazione e del rimpatrio coatto. Spaccatura all'interno dell'amministrazione dell'isola anche per la decisione del Governo Berlusconi di costruire sulla più grande delle Pelagie un nuovo centro immigrati Oggi un nuovo grido d'aiuo:<br />
«Lampedusa corre il rischio di diventare una Alcatraz nel Mediterraneo». <br />
Il sindaco la scorsa notte ha convocato un consiglio comunale straordinario sull'emergenza immigrazione. In un ordine del giorno, votato all'unanimità da tutti i consiglieri comunali, viene proclamato lo stato di agitazione contro la decisione del Governo Berlusconi di costruire sulla più grande delle Pelagie un nuovo centro immigrati.
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L'<a href="http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=43124&sez=HOME_INITALIA">ONU</a> ieri aveva definito la situazione nel centro di primo accoglienza insostenibile che potrebbe degenerare creando «seri rischi per la sicurezza dei migranti e del personale che vi lavora».
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Ue: a Italia 71 milioni di euro per rimpatrio. La Commissione Ue ha stanziato circa 71 milioni di euro per il periodo 2008-2013 per l'Italia, nell'ambito del fondo europeo per i rimpatri. La commissione, rende noto un comunicato, ha anche adattato il primo programma annuale per il 2008, per il finanziamento di progetti quali la mappatura delle principali comunità di immigrati in Italia, i programmi di rimpatrio volontario assistito e l'organizzazione di voli charter di rimpatrio in cooperazione con altri stati Ue e l'agenzia europea Frontex. «Con l'approvazione di questo programma pluriennale - ha detto ha commentato il commissario Ue alla Giustizia, sicurezza e libertà Jacques Barrot - l'Italia ha dato prova di impegno per una gestione equilibrata dei rimpatri, che renda più efficaci le operazioni e al tempo stesso incentivi e promuova i rimpatri volontari assistiti».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=43228">Il Gazzettino ed. Nazionale</a>