Openpolis - Argomento: meritohttps://www.openpolis.it/2016-06-15T00:00:00ZChiara Appendino: L’affondo di Appendino contro il sistema Torino, “Con noi il merito”2016-06-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769785Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Torino (TO) (Gruppo: M5S) <br/><br/>Dire che ci sono cose che non vanno bene non significa non voler bene alla nostra città: abbiamo solo raccontato quello che abbiamo visto girando dal centro alla periferia. Narrare che tutto va bene, invece, alimenta solo la sfiducia nei confronti delle istituzioni. Nel nostro programma ci sono tanti “sì”, non vogliamo certo ucciderla come qualcuno ci accusa, in termini propagandistici, di voler fare.
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Io antimodernista perché sono contro il Tav? Il mio non è un “no” ideologico ma deriva dai fatti. Anche il premier Matteo Renzi in un suo libro l’aveva definita un’opera inutile. Non tocca ad un sindaco decidere, ma io al loro posto non l’avrei fatta investendo quei soldi nel trasporto pubblico locale
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Appendino promette che «lavorerà duro con il senso di responsabilità che mi hanno insegnato i miei genitori ma anche con l’ascolto e il calore delle persone che mi stanno intorno», la comunità dei Cinquestelle. Con loro ha costruito quel modello di «altra Torino» che emerge anche nella visione del futuro urbanistico «perché è stato sbagliato affrontare la trasformazione solo attraverso la costruzione di grandi centri commerciali che hanno distrutto il commercio di vicinato»
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Appendino parte da qui per spiegare il suo obiettivo: «Noi vogliamo ripartire dalle periferie coinvolgendo i cittadini attraverso strumenti partecipativi anche sui grandi progetti». Dunque è necessario ricucire la città perchè «non ci possono essere quartieri di serie A e di serie B». E si può farlo con una «linea express» di bus che permetta di raggiungere il centro in 19 minuti ma anche con il grande patto per le periferie che, se diventerà sindaco lancerà ad ottobre. Ma si può farlo anche con un diverso modello di Welfare «perché servono più risorse e si possono ottenere riducendo i soldi spesi per i grandi eventi».
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Io ho contestato alcuni investimenti in materia culturale a partire dai soldi spesi su Expo. Torino ha bisogno di essere riaperta al merito avere strumenti trasparenti e le risorse devono essere assegnate in base al progetto.
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Prendo atto che per il sindaco in questa città tutti stanno bene ma io non credo che sia così e che sia necessario dare una risposta a chi va a cercare da mangiare nei cassonetti». Ecco perché Appendino rilancia la battaglia per il reddito di cittadinanza che non è «assistenzialismo ma serve per accompagnare le persone in difficoltà ed esiste in tutto i Paesi europei. Non credo che la Germania sia un paese assistenzialista. Se voi del Pd non vi decide ad affrontare il problema della povertà questo Paese va al collasso<br/>fonte: <a href="http://www.lastampa.it/2016/06/15/italia/speciali/elezioni/2016/amministrative/laffondo-di-appendino-contro-il-sistema-torino-con-noi-il-merito-yUN4F8NHviDj1j3NswkReN/pagina.html">La Stampa</a>LAURA PUPPATO: La donna che sfida Bersani e Renzi - INTERVISTA2012-09-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it650079Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: PD) - Consigliere Consiglio Comunale Montebelluna (TV) (Lista di elezione: Ulivo) <br/><br/><br />«Un'anima bella? Eccomi».
<p>Il suo primo partito è stato il Pd. Ha preso la tessera quando Grillo si è fatto insistente: la voleva con sé come testimonial ai comizi «ma io avevo da lavorare, e poi non mi è mai piaciuto quel tono, quel disfattismo apocalittico. Qui in questa terra impariamo da piccoli che è più difficile e importante costruire che distruggere». Pd, dunque. Fuori dalle correnti e dalle appartenenze. Sessantamila preferenze a sorpresa alle europee del 2009, non ci credeva nessuno. Le hanno sempre preferito altri candidati: per la segreteria, per la presidenza della Regione. Questa Puppato, mah. Poi, alle regionali, ha fatto il pieno un'altra volta: quasi la metà dei voti sono andati a lei. Talmente tanti che non poteva non diventare capogruppo Pd in Regione.
<p>Sorride. Sorride sempre e dentro il sorriso dice cose di granito. Che bisogna avere il coraggio di fare delle scelte, i partiti esistono per questo: darsi un obiettivo, provare a raggiungerlo, se non ci si riesce ritirarsi. Che bisogna pensare a "riparare il mondo", come diceva il suo amico Alex Langer, e non a farci soldi per sé sfruttandolo ora e pazienza per gli altri. Che non è finita la politica, la vecchia politica: è finito il tempo della cattiva politica. Che non siamo in crisi economica, siamo in crisi di un modello economico dal quale nessuno sembra aver voglia di uscire, perché conviene restarci.
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Poi fa esempi concreti e luminosi: una scuola, un sistema di gestione dei rifiuti, un modo per ridurre il consumo di energia che genera lavoro e felicità. Poi dice, davanti a una parmigiana di melanzane - «chè anche questa storia che la magrezza è bellezza è una bufala» - che «non posso vedere il mio partito dilaniarsi in una battaglia fratricida per le primarie, diventa una carneficina così, quante energie stiamo perdendo? Abbiamo tutti la stessa tessera, no? Allora possiamo provare a fare una proposta che si rivolga agli elettori e dica: questi siamo noi. Decidete. Mettiamoci in gioco per il bene comune, per quanto possiamo e sappiamo. Io lo faccio».
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Lei lo fa. Laura Puppato si candida. «Ma non contro Bersani o contro Renzi. Per un'idea di futuro possibile. Per i nostri figli. Io ne ho una di trent'anni, sto per diventare nonna. Questa discussione sull'età è davvero curiosa. Quando è che abbiamo cominciato a credere che sia l'anagrafe a decidere se hai buone idee e buoni propositi? A me sembra un trucco per distogliere l'attenzione dalla vera posta in palio».
<p><b>Qual è la vera posta in palio?</b>
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«Un'altra idea di mondo, che altro? Questo è alla fine. Non c'è salute, non c'è lavoro, non ci sono diritti. Impera la corruzione, la convenienza privata, l'interesse. Un partito deve indicare un'altra rotta. Dire qual è il suo obiettivo, nominarlo anche a costo di scontentare qualcuno. Dare contentini a tutti è facile. Bisogna avere coraggio e andare altrove anche quando tutti dicono: impossibile».
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<b>Riparare il mondo, diceva. Ha conosciuto Langer?</b>
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«Eravamo molto amici. Nel movimento ambientalista insieme. Io vengo da lì e continuo a pensare che l'anima verde sarà la salvezza del paese. Non c'è dubbio che sia così, se poi ha tempo le dico perché. Alex ci ha dato una mano quando andavamo in Jugoslavia a portare camion di viveri, durante la guerra. Abbiamo fatto non so più quanti viaggi al fronte. Mio figlio Francesco, che oggi ha 19 anni, è nato in viaggio. Lo ha battezzato un prete croato. Sono cattolica, si».
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<b>Poi è arrivata la politica.</b>
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«Mi sono candidata a Montebelluna, ho vinto. Abbiamo iniziato a parlare di salute, cultura, di raccolta differenziata dei rifiuti contro le mafie dei megaimpianti al veleno. Abbiamo mostrato che basta cambiare mentalità per sconfiggere certi interessi. Non è stato mica facile. Risparmio energetico, riciclaggio. Ci sono voluti anni. Abbiamo dato lavoro. Le pratiche virtuose creano lavoro. Se non si mettono in atto è perché ci sono interessi economici contrari. Sa quanti soldi sono a disposizione oggi per cambiare modo di vita?».
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<b>No, quanti?</b>
<p>«L'Europa mette 14 miliardi di euro per progetti per le smart cities, 180 per l'incremento dell'efficienza energetica. Il futuro è lì, basta tendere la mano. Parchi, mobilità sostenibile, città digitali. In media nel mondo un edificio ha un bisogno energetico di 160 kilowatt per ora. Noi abbiamo fatto un asilo che ne consuma 20, e senza pannelli solari. Solo costruendo con raziocinio. L'energia che costa di meno è quella che non consumi. Ma non parlo di stare a luce spenta, sa? Parlo di sprechi. Certo che l'Enel questo ragionamento non lo vuole sentire, ma il mondo va lì. Deve andare lì, lo dobbiamo a chi verrà dopo. Centinaia di migliaia di persone trovano lavoro nella costruzione di un mondo pulito. Certo servono anche altre riforme: la giustizia, l'amministrazione».
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<b>Cosette...</b>
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«Noi agli imprenditori dobbiamo dire: La pubblica amministrazione ti deve dare una risposta in 30 giorni. La giustizia deve emettere un giudizio in 180. Noi, partito politico, vogliamo questo: questo è il nostro obiettivo. Se non ci riusciamo avanti un altro».
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<b>Le diranno che è un'anima bella.</b>
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«Me l'hanno già detto, in effetti. Si vede che loro si sentono brutte, io preferisco stare nel primo gruppo. Li conosco i cinici. Un giorno D'Alema mi ha detto: io non mi sento più un politico, mi considero un intellettuale. Benissimo, c'è posto per tutti. Gli intellettuali sono indispensabili».
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<b>Fra Bersani e Renzi chi avrebbe votato?</b>
<p>«No, guardi. Servono l'energia di Renzi, la competenza di Bersani. Ciascuno faccia quello che sa fare e dica quali sono i suoi obiettivi. Mettiamo insieme le forze, non una contro l'altra.. La gente non è interessata alle battaglie di potere. Viviamo un'epoca drammatica, i giovani non hanno lavoro, i loro padri che lo perdono si uccidono. Quale dev'essere lo scopo di un grande partito di sinistra se non indicare un orizzonte di sviluppo possibile? Allora io dico: zero metri quadri. Facciamo una politica urbanistica senza un metro quadro di costruzione in più. Ristrutturiamo, restauriamo. Abbiamo il paese più bello del mondo, proteggiamolo. Creeremo lavoro, cultura, bellezza, felicità. So di cosa parlo, l'ho fatto. Quando Grillo è venuto a premiarmi come primo sindaco a cinque stelle l'ho ascoltato. Le sue denunce sono giuste, quasi tutte. Quello che è sbagliato è la rabbia, il risentimento, l'ansia di abbattere tutto, il disprezzo della politica. La politica è fatta di persone: bisogna affidare il compito nelle mani giuste, avere fiducia in chi la merita, avere coraggio. I partiti, anche il nostro, soffrono di un eccesso di servilismo: i giovani sono scelti dai vecchi non per i loro meriti ma per la fedeltà. Rompiamo questo meccanismo. Andiamo avanti, invece, lontanissimo: rinnoviamo, sì, dando fiducia al merito e al coraggio».
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<b>Con questa legge elettorale...</b>
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«Appunto. No ai pateracchi. Facciamo le primarie, per far scegliere i candidati ai cittadini. Se si va a votare con la vecchia legge lasciamo l'80 per cento delle liste agli elettori e il 20 per cento, al massimo, per figure tecniche, storiche...».
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<b>E le alleanze?</b>
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<p>«Quello delle alleanze non può essere il tema della campagna elettorale. Noi dobbiamo essere noi. Dobbiamo crescere, essere credibili, guadagnare la fiducia degli elettori. Questo è un grande partito. Metta da parte i potentati. Abbia il coraggio di rischiare. Dica quello che vuole, e come lo vuole. Sul lavoro, sui diritti civili, sulla salute e sulla scuola, sullo sviluppo. Gli altri verranno da noi, dopo. Se non ci votano è perché non scegliamo. Diciamo parole chiare. Poi sarà su quello, su quel che diciamo che si decideranno le alleanze. Sono stanca, davvero stanca, di vedere invece che il Pd che è anche casa mia è diventato l'autobus di cui si serve chi vuole fare la sua personale fortuna per scendere alla prima fermata. Tutti vogliono vendere la loro merce. Io vorrei partecipare a un mercato comune, invece. Vorrei dire: ho questo da offrire, e voi? Vorrei sconfiggere le destre, vorrei che tutti ci ricordassimo i pericoli che abbiamo attraversato e che corriamo ancora, vorrei proporre un'idea che sia utile ai nostri figli e miei nipoti, non a me. Se serve un'anima bella - ride ordinando il dolce - ho deciso: io ci sono». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1K8Q5G">la Repubblica | Concita De Gregorio</a>Luigi BERLINGUER: «Giusto premiare il merito ma la scuola sia per tutti» - INTERVISTA2012-06-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646115Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
C’è una rivoluzione che non può essere interrotta. «Si chiama scuola di tutti», scandisce l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ora europarlamentare del Pd. Uno che non teme di dover andare controcorrente, se ce ne è bisogno. «Il merito è di sinistra, è vero», ribadisce. E però, dopo aver letto come il suo “successore” Francesco Profumo <a href="http://www.unita.it/italia/scuola-profumo-non-premieremo-solo-il-merito-1.417634">GUARDA LA VIDEO-INTERVISTA</a> intende promuoverlo, prova a dare qualche suggerimento: «Va benissimo voler premiare chi è bravo purché non sia un ritorno al bel tempo andato, quando Berta filava e i tre quarti degli adolescenti venivano tagliati fuori dalla scuola».<br />
Oggi – ricorda, dall’alto dei suoi ottant’anni – ci sono metodi più moderni per innalzare la qualità dell’istruzione. E avvicinarsi all’Europa. «Il guaio è che in Italia gli opinion makers quando parlano di scuola sembrano sempre voler dire: “quanto stavo bene, come era bello il mio liceo”». È anche a loro che, da decano, l’ex ministro manda a dire: «Ragazzi, il mondo è altrove».
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<b>Dov’è il mondo?</b>
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«La più grande rivoluzione del nostro tempo è la scuola per tutti e l’Italia non la realizza ancora, perché l’impianto educativo strozza questo evento fondamentale per la democrazia che è l’accesso di tutti al sapere, nella valorizzazione delle diverse capacità: questa è l’urgenza, dunque. Combattere la dispersione scolastica, sia quella che lascia fuori gli studenti, sia quella che canalizza in ghetti dequalificati una parte di loro. L’inclusione sociale se diviene soltanto un cancello aperto per accedere a un pascolo brado non è una carità e non è una grande conquista. La scuola per tutti o è di qualità o non serve».
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<b>E il merito?</b>
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«Ha ragione Marco Meloni (responsabile università del Pd, ndr), il merito è un’idea di sinistra. Per me una scuola che non valorizza le eccellenze non è una scuola che si rispetti. E ha ragione il ministro Profumo a dire che merito e inclusione sono due facce della stessa medaglia e a voler procedere in questo senso. Ma la condizione perché entrambe possano realizzarsi è che si cambi alla radice l’impianto educativo italiano. E purtroppo questo non è da tempo nell’agenda politica del Paese».
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<b>Vuol dire che la scuola avrebbe bisogno di un’altra riforma?</b>
<p>«No, vorrei un cambiamento, che, per passi graduali, ponesse l’apprendimento al centro. Lo dico in inglese: bisogna realizzare la mass personalization con flessibilità curricolare».
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<b>Ovvero?</b>
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«Curricoli flessibili e più autonomia per favorire l'individualizzazione dell’apprendimento, destando curiosità, emozioni, interessi intellettuali diversi. Non semplice trasmissione del sapere. Purtroppo l’autonomia delle scuole, da Moratti in poi, è stata soffocata. E senza è impossibile realizzare merito e inclusione».
<p><b>Il suo è un invito al ministro a desistere?</b>
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«No, al contrario. Vanno bene le misure di sostegno economico ai deboli come vanno bene le scuole estive, i collegi italiani internazionali, l’internazionalizzazione dell’università, l’anticipazione della conclusione dei corsi di studio, lo sbocco professionale incoraggiato anche con misure fiscali. E anche il garante degli studenti».
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<b>E cos’è che non funziona?</b>
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«A parte le risorse economiche, indispensabili, ripeto: è l’impianto stesso della scuola che va cambiato. Imporre cento ore di didattica frontale è arcaico. Come anche l’idea che il merito da premiare sia solo individuale».
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<b>Si riferisce all’istituzione de “lo studente dell’anno”?</b>
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«Perché evidenziare tanto il premio individuale, pur utile, facendolo sentire una rara avis, e non premiare anche i gruppi capaci di collaborare tra loro? Non vorrei che qualcuno avesse nostalgia per il bel tempo andato. Io piuttosto parlerei di merito diffuso, da premiare in tutte le sue forme: anche i successi parziali e quelli raggiunti attraverso la cooperazione sono importanti perché il seme del merito si diffonda come elemento di promozione umana e non di selezione sociale come vuole la destra. Vorrei dare ancora un paio di suggerimenti al ministro».
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<b>Prego.</b>
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«Né università né scuola tollerano leggi-provvedimento. O un lungo elenco di inutili prescrizioni e adempimenti, che hanno il solo risultato di soffocare l’autonomia, che resta la novità più profonda introdotta nella scuola negli ultimi anni».
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<b>Il decreto a cui il ministro sta lavorando è un “lungo elenco di inutili prescrizioni”?</b>
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«Il mio consiglio è di scrivere una legge e non un regolamento che insista sui dettagli. Dico questo per salvare l’iniziativa che è provvida: eviterei le grida manzoniane, tenendo conto anche del numero di dipendenti amministrativi che la dovranno gestire Stimo molto Profumo, ma gli voglio ricordare che quando ero seduto al suo posto, se gli uffici mi portavano un provvedimento di venticinque articoli imponevo che me lo riducessero a non più di tre».
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<b>Si è parlato di un provvedimento che abbia la forma del decreto?</b>
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«Era questo il secondo suggerimento: il ministro abbandoni l’idea di procedere per decreto legge e chieda il concorso parlamentare. Certamente può essere opportuno un accordo tra governo e Parlamento per fissare tempi e termini dell’iter, ma è importante consentire la dialettica parlamentare; nella speranza che qualche gruppo arcaico non voglia in Parlamento far diventare ancora più lungo il testo presentato. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di un indigeribile, tanto per la scuola quanto per gli atenei, provvedimento burocratico».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1G5SF2">l'Unità - Mariagrazia Gerina</a>Angelo Gennaccaro: Valorizzare Merito e creatività dei giovani2012-02-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it686067Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Bolzano - Bozen (BZ) (Gruppo: UDC) <br/><br/>Angelo Gennaccaro é nato a Bolzano il 7 Giugno 1983. Diplomato alla scuola di cinema di Cinecittà a Roma e laureato in Scienze della comunicazione editoria e giornalismo presso Università degli Studi di Verona. Dal 2009 è coordinatore regionale dei giovani UDC del Trentino Alto Adige. Nel 2010 alla sua prima candidatura entra in consiglio comunale a Bolzano con 468 preferenze; é il più votato della lista UDC e il più giovane dei consiglieri comunali eletti. In Comune, è membro effettivo della commissione cultura e Presidente della commissione Scuola Università e Tempo libero. Libero professionista nel campo della comunicazione é impegnato in diverse associazioni giovanili e di volontariato. Dalla fine del 2011 è alla guida dell’UDC dell’AltoAdige, imprimendo un forte cambiamento e avvicinando molti giovani alla politica. E’ candidato per l’UDC nel collegio del Trentino Alto Adige.
Angelo, come hai deciso di candidarti?
In nome del cambiamento e del rinnovamento e per dimostrare che non sono necessariamente i contenitori; partiti o movimenti che siano, a fare la differenza, ma le persone nella loro unicità. Oggi piú che mai a metterci la faccia senza paura deve essere una nuova generazione. Non mi é mai piaciuto rimanere spettatore delegando semplicemente ad altri, scelte che riguardano anche il mio futuro.
Sono uno di quelli che crede ancora che le cose che non vanno all’interno dei partiti, devono essere cambiate dall’ interno, non abboccando a movimenti senza regole o a finte liste civiche piú politicizzate degli stessi partiti. Anche in Trentino Alto Adige, la mia regione, il nostro simbolo sarà uno dei più “vecchi” sulla scheda elettorale ma paradossalmente quello che ha saputo rinnovarsi di piú.
Perché proprio nell’ UDC?
Non mi é mai piaciuto urlare o sbraitare, dimensione politica difficile da trovare se in questo partito. In questo momento cosí difficile per il nostro Paese non posso rinunciare a difendere uno stile politico educato ed attento al prossimo, fatto di valori centrali per i quali con coraggio ho deciso di spendermi.
L’ UDC crede da sempre in un cambiamento coraggioso, che sappia innovare in campo sociale ed economico senza però stravolgere principi e valori che sono alla base della famiglia e della nostra tradizione culturale.
Ci differenziamo da tutti gli altri per essere stati i primi ad aver sfidato questo bipolarismo malato che vede PD e PDL ostaggi degli estremi. Se oggi gli italiani hanno la possibilità di scegliere una nuova forza centrale e non centrista in grado di impersonare, serietà, valori ed impegno, il merito e’ solo dell’ UDC di Pier Ferdinando Casini.
Perché votare UDC?
Per non disperdere gli immensi sacrifici di quest’ultimo anno, l’agenda Monti è un punto di partenza importante a cui bisogna aggiungere priorità che ne valorizzino la dimensione.
Da ventinovenne dell’ UDC penso vada dato uno sguardo più diretto ai giovani, con politiche in grado di valorizzare intelligenza, merito e creatività. Vanno create le condizioni per accedere al credito dando così ai giovani la possibilità uscire di casa e creare famiglia.
Occorre innovare le attuali forme di welfare che hanno ancora un carattere troppo assistenziale e rivedere le politiche della famiglia, riducendo il carico fiscale che la schiaccia e non ne incoraggia la crescita demografica. Famiglia come principale fattore di coesione sociale e vero volano di sviluppo. La crisi che il paese attraversa è prima di tutto una crisi valoriale.
Bisogna ripartire da qui, bisogna ripartire dall’ UDC.
<br/>fonte: <a href="http://www.pierferdinandocasini.it/2013/02/13/valorizzare-intelligenza-merito-e-creativita-dei-giovani-angelo-gennaccaro/">Web sito ufficiale di Pierferdinando Casini</a>Annamaria Cancellieri: «Immigrati cittadini? Non solo per nascita, servono le condizioni»2012-01-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it623700Alla data della dichiarazione: Ministro Interni<br/><br/><br />«Sono favorevole all'eliminazione del valore legale della laurea. Ma il merito va premiato».
<p><i>Il diritto di cittadinanza è fondamentale ma non può essere concesso a chiunque. Il ministro dell'Interno lo sottolinea esplicitamente intervenendo su Rai3 alla trasmissione Che tempo che fa.</i>
<p> «Lo ius soli (il diritto alla cittadinanza per nascita in un dato luogo, ndr) semplice avrebbe l'effetto di far nascere in Italia bambini da tutto il mondo».
<p> <b>La cittadinanza</b>
<p>...«dovrebbe derivare da un insieme di fattori: se un bambino è nato in Italia, i genitori sono stabilmente in Italia e magari ha già fatto parte degli studi qua ed è inserito, allora credo sia giusto».
<p><b>Titolo di studio</b>
<p>«Assolutamente favorevole all'abolizione del valore legale del titolo di studio, a due condizioni: chiedo una valutazione seria delle università e pari opportunità perché tutti possano accedere alle università più prestigiose, per esempio con borse di studio». «Se premiamo il merito diamo speranze ai giovani delle proprie forze. Il merito è la strada che li porterà alla loro realizzazione».
<p><b>Le carceri</b>
<p>«L'amnistia la vedo come un atto di clemenza, se deve essere solo uno svuotamento delle carceri come cittadina mi ribello». «Mi domando come stando dentro non si possa uscire peggiorati».
<p><b>Forconi</b>
<p>«Non ci sono preoccupazioni rispetto a un'eversione terroristica» <i>ma c'è comunque il</i> «timore che qualche cane sciolto possa inserirsi». «Io ho grande stima di Ivan Lobello (presidente di Confindustria Sicilia, ndr), e se dice che c'è il rischio di infiltrazioni mafiose nel movimento dei Forconi, il suo allarme è fondato su dati».
<p><b>No Tav</b>
<p>«Nessuno ha criminalizzato il movimento ma non si possono consentire, anche alla manifestazione più sana, violenze di quel genere. Finora c'è stato tanto dialogo, non so se ci sarà ancora spazio. Se sì, sarà percorso fino in fondo, ma un Paese deve anche fare scelte».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/politica/12_gennaio_29/cancellieri-immigrazione-carceri-titolo-studio_e6f0c528-4aa3-11e1-bc89-1929970e79ce.shtml?fr=box_primopiano">Corriere.it</a>Ignazio Roberto Maria MARINO: Affondo di bisturi nelle primarie - INTERVISTA2011-01-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it556976Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"Come in sanità dovrebbe prevalere il merito"
<p><b>Dopo il caso Sant’Orsola il suo arrivo in città rischia di agitare gli animi.</b>
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«Spero che invece non si agiti nessuno. Ho detto con molta serenità che non credo ai complotti». Ignazio Marino, il chirurgo e senatore del Pd ‘rifiutato’ dall’ospedale, perché aveva osato sfidare alle primarie Pierluigi Bersani — c’è scritto in una sentenza —, è di fatto la prova vivente che le consultazioni possono essere una grande bugia, come ebbe a definirle don Giovanni Nicolini, e ci voleva un prete. Eppure Marino non si piega. Domenica pomeriggio nella Multisala Nosadella di via Berti animerà la maratona organizzata dai rottamatori di Matteo Renzi — che però non ci sarà — e proverà a regalare qualche emozione alle stanche primarie del centrosinistra. Tanti gli interventi in programma. Parteciperanno sicuramente i tre candidati: Amelia Frascaroli, Virginio Merola, Benedetto Zacchiroli.
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<b>Professore, dicono che lei faccia il tifo per <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/amelia-frascaroli-anch%E2%80%99io-dico-si-ai-diritti-no-ai-ricatti/?printpage=undefined"><b>Amelia</b></a>.</b>
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«Non la conosco, ho letto il suo curriculum. Certo è figura di un mondo a cui mi sento vicino. Ho visto che ha lavorato per la Caritas. Ma non faccio il tifo anche perché non conosco i programmi dei candidati».
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<b>Neanche i bolognesi, veramente.</b>
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«Questo lo dice lei».
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<b>Invece lei cosa dirà domenica? Farà la parte del ‘rottamatore sanitario’?</b>
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«No guardi, io credo in qualcos’altro. Parlerò cinque minuti cinque, il tempo previsto per ciascuno di noi».
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<b>Messaggio?</b>
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«Sono per portare nel nostro Paese la cultura del merito».
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<b>Chi potrebbe darle torto?</b>
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«Però qualche risultato c’è. Sono molto orgoglioso di aver firmato l’articolo 20 della legge Gelmini».
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<b>Quella tanto osteggiata.</b>
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«Sì, ma quel punto prevede di attribuire i fondi pubblici per la ricerca solo ai più bravi. I progetti devono essere valutati da commissioni internazionali. Non è stato facile».
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<b>Adattando questo bel principio al Pd?</b>
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«Anche in politica deve valere la stessa regola, le primarie devono selezionare i migliori».
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<b>Veramente a Bologna c’è una tradizione diversa: selezionano i più raccomandati. Ha perso la speranza anche un prete.</b>
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«Sono un inguaribile ottimista. Il mondo lo si cambia cercando di introdurre i principi in cui si crede. Ognuno deve cercare di fare la propria parte».
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<b>La sua è sostenere la ditta?</b>
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«No, io ci credo davvero».
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<b>Ma proprio lei, scusi, è l’esempio vivente che le primarie fanno vincere il predestinato.</b>
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«Diciamo che c’è un work in progress».
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<b>Che effetto le fa tornare a Bologna da ‘caso Marino’?</b>
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«Non faccio il giudice di mestiere. Certo, ho letto con interesse le parole severe del magistrato».
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<b>Contro di lei una decisione politica, ha stabilito.</b>
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«In ogni circostanza è opportuno che la politica faccia un passo indietro dalla gestione della sanità, al di là della mia vicenda personale, e la prego di scrivere quest’inciso. Sono rabbrividito qualche settimana fa quando ho letto le dichiarazioni di esponenti importanti della Regione Lombardia. Che dicevano in sostanza: direttori generali e primari devono essere proporzionali ai voti ottenuti. Così la sanità diventa pericolosa».
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<b>Quindi, incrociando la sentenza bolognese con il caso Lombardia s’intuisce che a sinistra si fanno ma non si dicono; dall’altra parte si dichiarano proprio.</b>
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«Questa è una sua conclusione. Ho sempre detto che il problema riguarda tutta la politica. Poi, bisogna riconoscere che l’Emilia Romagna ha un’assistenza sanitaria tra le migliori del Paese».
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<b>A sentire la sinistra ha anche un primato sul welfare. Solo che è appena morto un bimbo povero di pochi giorni in piazza Maggiore.</b>
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«In molte aree della nostra comunità aumenta il rifiuto del più debole. Lo vedo in giro per l’Italia con gli ospedali psichiatrici giudiziari, veri e propri lager, sto cercando di chiuderne tre su sei. Non è solo un problema di Bologna, è che ci stiamo proprio dimenticando l’attenzione per la dignità della persona».<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WOOL3">Il Resto del Carlino - Rita Bartolomei</a>VALTER VELTRONI: «C'è una maggioranza silenziosa e stanca» - INTERVISTA2010-10-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547357Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«L'invito a contestualizzare le bestemmie di Berlusconi segna la crisi terribile della Chiesa»
<p>«Siamo stati gli italiani che andavano a Firenze per salvare le persone e i libri dall'alluvione. Era l'Italia dei ragazzi del 1966, in fondo figli dei ragazzi del 1945. Eravamo un paese generoso, altruista, solidale. Oggi siamo il paese di quelli che si fanno fotografare ad Avetrana davanti alla casa dov'è stata assassinata una ragazza di quindici anni, o di quelli che si scansano di fronte a una donna colpita a morte nella metropolitana di Roma. È accaduto sul serio questo passaggio? O questo passaggio è nel racconto dell'Italia? Il paese si è trasformato davvero, o si è trasformato il modo in cui viene descritto, narrato, in cui si selezionano le cose importanti?».
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<b>Secondo lei, Walter Veltroni?</b>
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«Non ci si può stupire se oggi l'Italia, con i suoi efferati fatti di cronaca o con la povertà del suo dibattito politico, mostra un volto che a ciascuno di noi dà ansia e amarezza. Alla domanda "si può vivere senza valori?" lo spirito del tempo ha risposto sì. Invece non è vero. Non si può vivere senza valori. E non mi rassegnerò mai all'idea che gli unici valori per un paese come il nostro fossero quelli racchiusi nelle ideologie del Novecento. Un paese senza valori è un campione senza valore: una scatola vuota, un guscio di anime sostanzialmente finite, un mondo di passioni tristi, una competizione senza regole. Ed è questo che si è voluto. In tutti questi anni si è fatto un genocidio dei valori. Si è animato, per pure ragioni quantitative – i voti, l'auditel –, un paese dominato dalla paura. C'è un bellissimo libretto di Andrea Kerbarker, dedicato alle finte minacce con le quali abbiamo convissuto in questo passaggio di secolo. La vita di tutti noi è dominata dalla paura. Paura di qualsiasi cosa. Paura di malattie misteriose: talvolta riaffiorano persino pesti millenarie dal profondo della storia. Paura della tecnologia. Dello sviluppo. Della crescita. Soprattutto, paura dell'altro. Quell'altro che, quando lo vediamo in televisione, racconto del mondo globalizzato, ci fa sentire onnipotenti, ma quando si materializza davanti a noi ci spinge a considerarlo un pericolo».
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<b>La paura non è causata anche dalla crisi mondiale?</b>
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«Certo, la paura è figlia anche dell'insicurezza sociale, di un mondo senza garanzie, di ragazzi che crescono avendo timore del futuro e non voglia di futuro. Forse per questo nel 1966 andavano a salvare il passato, e ora vanno a farsi fotografare nell'orrore. Questa insicurezza inevitabilmente genera un'ansia di vivere e sottrae quella voglia di conquistare il futuro che è tipico, persino biologicamente, di una generazione. Paura e insicurezza producono egoismo sociale. È il mondo del "nimby", not in my backyard: fate quel vi pare, ma lasciate perdere il mio giardino. <br />
È il paradosso della globalizzazione: da una parte la Cnn, l’I-pad, la Rete; dall'altra un mondo sempre più piccolo, in cui la vita è concentrata nel quartiere, nelle relazioni familiari, dove tutto quel che succede sembra essere un terremoto, visto che non c'è niente di grande fuori che ti faccia mettere le cose nella giusta gerarchia. Non è vero che un mondo senza speranze collettive è più libero e felice; è un mondo più violento. <br />
E quando nella storia hanno prevalso le paure - pensiamo all'avvento del nazismo -, si sono fatte strada le soluzioni più devastanti. L'idea che l’altro sia un pericolo ha sempre generato violenza, e questo contrasto tra un mondo grande che si vede in tv e da cui dipende in forma incontrollabile il tuo destino, dall’11 settembre alla crisi finanziaria, e di un mondo bonsai che è quello di un localismo egoista, figlio del rifiuto di una dimensione di relazione sociale e solidale, non può che portare alla barbarie. E persino a rischi per la democrazia».
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<b>Di chi è la colpa? Certo non solo della destra.</b>
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«Tutti hanno responsabilità in questo. Tutti hanno pensato che i valori fossero roba buona per i poeti e i visionari, e non ossigeno per la convivenza comune. C'è una crisi dei partiti, che parlano solo di se stessi. C'è una spaventosa crisi della scuola, che non riesce a interpretare i bisogni di una generazione figlia di una società frantumata. <br />
C'è una crisi terribile della Chiesa: quando ho sentito dire per giustificare Berlusconi da parte di un uomo di Chiesa che anche le bestemmie vanno contestualizzate, ho pensato che forse il processo di secolarizzazione è andato oltre i confini immaginabili. Un paese è anche figlio della sua storia. La rimozione del valore della Resistenza, ormai messa sullo stesso piano di chi aveva continuato l'avventura del fascismo, così come le difficoltà a riconoscere il valore fondativo del Risorgimento e dell'unità d’Italia, raccontano un altro degli elementi di questa cancellazione dei valori».
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<b>La televisione come la trova?</b>
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«La televisione, la Rete, Facebook sono i luoghi dove il mondo appare. Più il mondo si fa piccolo, più compare attraverso la tv. La ragazza di Avetrana che probabilmente ha contribuito a uccidere sua cugina, e che ha mentito a tutte le trasmissioni tv cui partecipava senza alcun pudore, che quando è stata portata in carcere sembra aver chiesto cos'hanno detto i tg, è il prodotto di un tempo in cui si sono spogliati gli esseri umani di altre ambizioni se non quella di apparire, di essere in tv per dimostrare di essere al mondo. <br />
Non sembri un atteggiamento del passato; ma io penso che una società senza pedagogia sia una società morta. Che sia morta una società senza maestri, senza una trasmissione di esperienza, di sapere, di conoscenza che dia a ciascuno degli orizzonti di interesse, di avventura, di scoperta che oggi appaiono assolutamente limitati. Per questo penso che la tv non debba rinunciare a questa ambizione. Tutto è quantitativo nella società moderna, il Pil come l'Auditel, e nulla è qualitativo. Sono convinto che si dovrà trovare uno strumento di rilevazione dello stato di salute di una società diverso. Qualità dell’educazione, qualità dell'aria, pluralismo informativo, stabilità sociale: esistono tanti altri fattori che una società moderna dovrà trovare il modo di misurare. La stessa cosa vale per la televisione».
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<b>Si riferisce in particolare alla Rai?</b>
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«Quando il servizio pubblico televisivo fa "L'Isola dei famosi" smette di essere se stesso. C’è qualcosa che viene prima della miseria in cui il direttore generale della Rai ha cacciato l'azienda in questi mesi, dando l'impressione di una volontà di normalizzazione unidirezionale. Il servizio pubblico dovrebbe cercare proprio quello che sembra voler cancellare, cioè la diversità dei linguaggi, degli approcci. Non dovrebbe preoccuparsi dell'omogeneità di quello che offre al pensiero di chi momentaneamente governa. Dovrebbe aiutare l’intelligenza collettiva del paese».
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<b>Berlusconi cita spesso l'elenco delle trasmissioni e dei personaggi tv che considera di sinistra: Santoro, Floris, Fazio, Saviano, Dandini, Gabanelli…</b>
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«A me non interessa tanto il punto di vista politico. <br />
È evidente che il pluralismo politico è necessario. Mi interessa la qualità culturale. Ovviamente giudicare non spetta a me, come a nessun uomo politico. Tranne qualche eccezione, però, è evidente che non c'è più creatività. <br />
La tv è una specie di format universale: tutti i programmi sono uguali. Andiamo verso un mondo di città fatte di centri commerciali, di case piene di mobili Ikea, di tv monopolizzate da Grandi Fratelli, di strade percorse da persone con l'iPad in mano. Un mondo terribilmente uniforme e omogeneo, che tende a cancellare tutti gli elementi di diversità. Eppure la tv è il regno della diversità. Ci sono stati momenti molto belli nella storia della televisione italiana: la rete Due di Massimo Fichera, la rete Tre di Angelo Guglielmi, la rete Uno di Emanuele Milano. <br />
Ci sono stati momenti nei quali la tv pubblica ha saputo accompagnare il paese nella sua crescita, non assecondarlo nei suoi difetti. Per questo penso che la Rai abbia bisogno di un profondo, radicale cambiamento, probabilmente persino nei meccanismi di finanziamento».
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<b>Pensa alla rinuncia alla pubblicità?</b>
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«Con una normativa antitrust che riguardi il privato e regoli il conflitto di interessi come si fa in ogni società liberale, si può pensare a un canone esigibile attraverso la bolletta elettrica, in modo da stanare gli evasori. A quel punto il servizio pubblico dovrebbe essere liberato dal dominio dell'Auditel, rimettendo in circolo risorse pubblicitarie, a condizione che non vadano all'oligopolista privato e cioè Berlusconi. <br />
Noi abbiamo bisogno che ci sia più tv, la più diversa possibile; che la Rai torni a produrre e creare, non solo ad acquistare format degli altri. Tutto questo sarà possibile solo se la Rai riuscirà a liberarsi dal dominio dei partiti».
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<b>Ma anche la sinistra ha lottizzato la Rai.</b>
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«Da anni sostengo che occorre nominare un direttore generale, il cui mandato sia a cavallo di due legislature e che abbia pieni poteri. Se oggi al vertice ci fossero Franco Bernabé o Enrico Bondi, avendo al fianco persone con una competenza specifica sul prodotto, io penso che la Rai uscirebbe dai guai imbarazzanti in cui si trova oggi».
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<b>Un "governatore" della Rai?</b>
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«Non certo una figura autocratica; una persona che senta di dover rispondere non a chi l'ha momentaneamente nominato, ma al paese. E che abbia una missione: far crescere la qualità della vita culturale italiana. Purtroppo questo paese è dominato dal passato. E il passato è pieno di buchi. <br />
Cercare di capirlo è doveroso e affascinante; ma procura anche angoscia il pensiero che siano stati condannati solo ora i responsabili della strage di piazza della Loggia a Brescia, che è avvenuta nel 1974. Noi ci stiamo occupando delle stragi del '92 e del '93, un momento cruciale della recente storia italiana. Ma il passato è aggrappato alle gambe di questo paese, e gli impedisce di correre verso il futuro. In Inghilterra hanno presentato una manovra di tagli da quasi novanta miliardi di sterline, ma non hanno fatto un taglio lineare; hanno tagliato l’economia, la difesa e gli esteri e non hanno tagliato la scuola».
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<b>L'ha fatto un governo conservatore.</b>
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«Sì. Consapevole però che se non si investe sul sapere e sulla conoscenza i paesi europei sono destinati a essere schiantati dalla concorrenza del mondo globalizzato. Se non si investe sull’ambiente, sulla qualità di uno sviluppo compatibile, non ci si può dire un paese moderno. Se i ricercatori italiani vanno all’estero, se la scienza e la ricerca sono considerate meno importanti di Masi, l’Italia non avrà futuro. Il futuro del paese deve diventare l'assillo delle persone responsabili. <br />
Credo che, alla fine di questo insopportabile incubo in cui ci tocca vivere, fatto di dossier, litigi, divisioni finte e vere, interessi personali, vincerà chi saprà razionalmente dire al paese: è arrivato il momento di fare quei cambiamenti che l'Italia non ha mai conosciuto nella sua storia; ricostruiamo quel sistema di valori, il cui perno è racchiuso in una serie di parole-chiave».
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<b>Quali sono?</b>
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«La prima è comunità. Allo smarrimento del mondo, e dell'Occidente in particolare, si può reagire con l'arroccamento egoistico, con il localismo identitario. <br />
O si può reagire con lo spirito di comunità. Non c'è nulla di male se in questa grande confusione ciascuno cerca in una dimensione più minuta il senso delle cose. Nulla di male se questo avviene in uno spirito di comunità, come lo pensava Adriano Olivetti. Dovremo darci un modo di vivere della democrazia che riconosca questa dimensione comunitaria. Dovremo accentuare gli elementi di autogoverno e di responsabilizzazione».
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<b>Il federalismo fiscale non è proprio questo?</b>
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«Ma oggi viene visto esattamente al contrario dello spirito comunitario: ognuno faccia come gli pare a casa sua, liberiamoci degli zaini. Il federalismo può diventare uno strumento utile. Ma nella dimensione culturale in cui viene pensato dalla Lega, finisce per rafforzare le burocrazie e gli elementi di pesantezza, di lentezza. Invece occorre aumentare lo spazio della sussidiarietà e della società civile. La politica deve ritrarsi dagli spazi inopinatamente invasi, e riaffermare orgogliosamente un ruolo di guida che ha perduto».
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<b>E le altre parole-chiave?</b>
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«Inclusione. La capacità di includere culturalmente, socialmente, religiosamente, per evitare che le separazioni e le esclusioni diventino, come stanno diventando in Italia e altrove, intolleranza o violenza. Pensiamo al successo dei partiti neonazisti in Europa, al revanscismo di una destra sparita da decenni dalla storia americana che ora riappare in una campagna elettorale particolarmente violenta. <br />
La terza parola-chiave è merito: ciascuno ha il diritto di essere giudicato per il merito di quello che fa. Tutte le forme di “6 politico” sono gigantesche ingiustizie sociali.<br />
Diamo a tutti opportunità, ma a ciascuno il confronto con il merito di quello che realizza. Il più bel giornale italiano, che si chiama Internazionale, ha ripubblicato un articolo di "The Atlantic": due bambini americani frequentano due classi diverse, e se ne segue l'evoluzione misurando i progressi dell'uno e le difficoltà dell’altro in relazione alla capacità e alla passione dei due differenti maestri. Il merito è il contrario della logica italiana delle raccomandazioni e dell’egualitarismo lottizzato. <br />
La quarta parola è creatività. L’Italia ha dentro di sé grande talento. Ma il paese non accompagna e non aiuta chi ha l’ambizione di creare. Penso alla frase di Tremonti, per fortuna smentita, secondo cui "la cultura non si mangia".<br />
Infine, l’ultima parola-chiave è legalità: rispetto delle regole del gioco, rispetto della concorrenza, rispetto degli altri. Penso che da un paese smarrito, angosciato, malato come il nostro si debbano estrarre le virtù civili».
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<b>Colpa solo di Berlusconi?</b>
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«La colpa storica di Berlusconi è aver assecondato i difetti dell’Italia e aver combattuto le sue virtù civili. Credo che oggi esista una maggioranza silenziosa degli italiani che si è stufata di questo paese immobile e rissoso e vorrebbe occuparsi di cose serie, che vorrebbe avere un'Italia unita e dinamica, che vorrebbe respirare un'aria di diritti e di doveri. Questa maggioranza merita per una volta nella storia di diventare anche maggioranza politica».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/politica/10_ottobre_23/veltroni-aldo-cazzullo_3c269b3e-deae-11df-99d6-00144f02aabc_print.html">Corriere della Sera - Aldo Cazzullo</a>LEONARDO RAITO: Un'istruzione inclusiva e di qualità2010-10-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547016Alla data della dichiarazione: Assessore Provincia Rovigo (Partito: PD) <br/><br/><br />
L’assessore provinciale alla pubblica istruzione Leonardo Raito ha partecipato, giovedì scorso a Modena, al convegno internazionale “Un’istruzione inclusiva e di qualità per una crescita europea efficace e sostenibile”, organizzato dall’alleanza progressista del Parlamento Europeo con alcuni dei massimi esperti europei in tema di istruzione e rappresentanti politici italiani ed europei, di Confindustria, di Banchitalia, dei sindacati.
<p> Un’occasione importante per ascoltare le tendenze internazionali in termini di crescita e sviluppo. “è stata veramente un’occasione importante e di crescita – sottolinea Raito – e mi ha fatto un grande piacere essere invitato dal nostro parlamentare europeo Luigi Berlinguer, perché gli interventi programmatici sono stati di grande qualità e perché mi è stato possibile gettare uno sguardo sulle tendenze europee e le sperimentazioni degli altri paesi”.
<p>Il cuore del convegno è stato la presentazione delle buone prassi sperimentate in Italia e in Europa, e finalizzate a costruire un modello di scuola come processo di crescita intellettuale e come motore di integrazione.
<p> “Ho potuto conoscere molte esperienze straordinarie realizzate in Italia, dove, checché ne dica la Gelmini, la scuola presenta già dei tratti di grande qualità. Oggi comincia a passare il concetto di una scuola che deve essere aperta al territorio e alle sue istanze, una scuola da vivere tutto il giorno e tutto l’anno e che si apre alla cultura, allo sport, al volontariato, all’educazione degli adulti, alle comunità”.
<p>Belle le esperienze europee: “ho apprezzato molto – continua Raito – il sistema dell’istruzione liceale finlandese, un sistema che prevede l’obbligatorietà di alcuni insegnamenti ma ampia discrezionalità alle competenze dei ragazzi, che possono scegliere diverse discipline opzionali del proprio percorso. <br />
È un sistema simile alla nostra università, ma più innovativo nelle forme di insegnamento, nello sviluppo delle competenze e delle capacità, anche dei docenti, con un sistema di mobilità europeo più marcato”.
<p>Il convegno ha toccato anche il ruolo dei docenti: “lo ribadisco spesso: una scuola di qualità lo fanno le persone di qualità. Allora, in base all’autonomia scolastica, molti dirigenti europei hanno la possibilità di scegliere i docenti in base alle competenze e alle esperienze, studiando i curriculum, i titoli (molti docenti hanno il dottorato) e valutandoli. <br />
Non è come da noi, dove esistono graduatorie rigide. In questo modo, in Europa vince la competenza e chi ha qualità può usufruire di maggiori opportunità. <br />
È quello che si chiama merito, ma applicato sul serio. <br />
Ed è il percorso che rende il ruolo di docente molto ambito”.
<p>Infine, l’assessore provinciale non manca di sottolineare alcuni preziosi spunti avuti a Modena: “il nostro sistema scolastico va ripensato nel profondo, deve tornare a essere un modello di riferimento per costruire cittadini consapevoli e capaci di capacità critica.
<p>I governi che attuano tagli indiscriminati alle risorse non hanno a cuore il futuro del paese. Bisogna ritornare alla qualità, costruendo le condizioni per cui tutte le persone che ruotano intorno al sistema siano valorizzate in base alle competenze”. <br />
<br/>fonte: <a href="http://openpolis.it">Nota stampa</a>Ignazio Roberto Maria MARINO: «Stiamo svendendo il futuro» - INTERVISTA 2009-11-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it419096Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/> <br />
“La storia del piccolo Daniele Amanti è uno scempio
e rappresenta bene dove va l’Italia”
<p>
“Cosa ho pensato appena letto l’articolo su Daniele? Beh, che è
uno scempio”. Tono basso, parole scandite, concetti duri.
<br />
Ignazio
Marino, una vita da luminare dei trapianti e ora, anche senatore del Pd, non è una persona portata all’eccesso: ma la vicenda del piccolo malato di distrofia l’ha colpito, molto. “Vede, alcuni pensano che i soldi per la ricerca siano riservati a persone bizzarre che giocano
con delle provette. Insomma, fondi buttati. Poi, però...”
<p>
<b> Si fanno i conti con la realtà...</b>
<p>
“Esatto. Ed è emblematica proprio la vicenda apparsa domenica sul
vostro giornale”.
<p>
<b>Cosa in particolare?</b>
<p>
“Vede, ora si parla di cellule staminali, di trapianti, o din tutta l’altra medicina definita moderna: queste tecniche nascono dalla ricerca. Quella che noi facciamo con grande difficoltà e in pochi casi”.
<p>
<b> Un esempio?</b>
<p>
“L’università di Pavia sta portando avanti un progetto dedicato a malattie simili a quella di Daniele. Lì hanno realizzato dello scoperte straordinarie iniettando delle staminali a cani affetti da distrofia: ebbene, da claudicanti, hanno ricominciato a camminare.
Però, non hanno soldi per andare avanti”.
<p>
<b> E oltre a Pavia?</b>
<p>
“Altri esempi? Basta guardare all’Europa: nel 2000 abbiamo firmato un accordo con tutti gli altri paesi per portare i finanziamenti a ‘ricerca, innovazione e sviluppo’ al 3 per cento del Pil (prodotto interno lordo, ndr) entro il 2010. Sa cosa è successo?”
<p>
<b> È andata peggio?</b>
<p>
“Molto peggio: allora eravamo all’ 1,2 per cento; ora, con l’ultima finanziaria del governo Berlusconi, siamo passati allo 0,9 per cento: ultimi nel Continente insieme a Grecia e Portogallo”.
<p>
<b> Mentre gli altri paesi?</b>
<p>
“La Francia è al 2,2; la Germania al 2,5; Finlandia al 3,5 e Svezia al 4,2. Ah! Non dimentichiamo gli Stati Uniti: loro sono al 2,8. E la crisi c’è per tutti”.
<p>
<b> Per quanto riguarda i ricercatori, come siamo messi?</b>
<p>
“Le offro altri numeri: l’Italia ne ha circa 83 mila; la Francia è a 205 mila, la Germania a 280 mila, gli Usa quasi un milione e 400 mila”.
<p>
<b> Bene, allora tocchiamo l’argomento business: la ricerca porta guadagno, o è solo un costo?</b>
<p>
“Allora prendiamo la Finlandia, un paese grande quasi come il nostro, ma con una popolazione di circa 5 milioni di persone: lì hanno investito e, grazie a una serie di brevetti, sono riusciti a costruire la più grande azienda mondiale di telefonia cellulare. Le basta?”.
<p>
<b> Quindi, con solo 0,9 per cento di risorse impiegate, anche il prossimo futuro non sarà positivo...</b>
<p>
“No, per niente. Ogni cinque anni l’Europa lancia un bando per la ricerca, il ‘Programma quadro’, dove vengono stanziati 52 miliardi di euro, da assegnare a vari progetti di ricerca. In questi anni molti paesi hanno lavorato, investito, promosso studi e pubblicazioni per ottenere i soldi. La Francia, in particolare, ha lavorato molto bene
sulle malattie neurogenerative, settore simile a quello che interessa Daniele. Noi, invece, siamo indietro quasi su tutto. E con le nostre menti più brillanti che preferiscono andare all’estero perché sanno di trovare paesi dove il valore viene privilegiato rispetto a logiche nepotistiche”.
<p>
<b> In sintesi, come giudica l’Italia?</b>
<p>
“Come una nazione che sta svendendo il suo futuro. Non c’è nessuna strategia. Vede, un individuo, dalle elementari fino all’università, costa allo Stato circa 500mila euro. <br />
E noi cosa facciamo? Nel momento in cui diventa produttivo lo lasciamo andare via, con paesi come gli Stati Uniti ben felici di accoglierli nel loro momento migliore. È
come una squadra di calcio che cresce un calciatore dai pulcini fino alla prima squadra e al momento del debutto in ‘A’ lo offre, gratis, agli avversari. Le sembra normale?”.
<p>
<b> Proprio no..</b> <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=O8I46">Il Fatto Quotidiano - Alessandro Ferrucci</a>GIOCONDO TALAMONTI: “Aprire un dibattito sull’importanza della valorizzazione delle eccellenze all’interno delle realtà scolastiche e lavorative”2009-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418106Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Terni (TR) (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
La scuola entra nell’impresa – Al vaglio un accordo tra la Fucine S.r.l. e il “Pertini-Allievi”<br /><br />
L’istituto superiore tecnico-rofessionale “Allievi-Pertini”, reduce dal protocollo di intesa stipulato con la Confai agli inizi di settembre, è pronto ad intraprendere una nuova sfida che coinvolgerà la società delle Fucine della Tyssen Krupp e l’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Somigliano” (ICSIM) di Terni. Dopodomani, nel corso dell’incontro indetto presso la sede di viale Brin, sarà firmato un protocollo che consentirà ai discenti dell’istituto di effettuare tirocini di alternanza scuola-lavoro all’interno dell’azienda. L’iniziativa, inserita nel centenario dei festeggiamenti dell’IPSIA, è patrocinata dal Consiglio dei Ministri e dal Ministro dello Sviluppo Economico.<br /><br />
TERNI – Mettersi in rete per creare nuovi scenari occupazionali nel territorio. Questo l’obiettivo condiviso alla base del protocollo d’Intesa che, sabato, verrà firmato tra l’istituto di istruzione superiore tecnico industriale e professionale “Allievi-Pertini”, l’Icsim e la Società Fucine della TyssenKrupp. Diversi soggetti che, alla luce del nuovo piano formativo promosso dalla Regione dell’Umbria, hanno deciso di scendere in campo per offrire agli studenti dello storico plesso ternano una possibilità in più per formarsi e accedere alla professione.<br /><br />
“L’iniziativa – ha ricordato l’assessore Mascio nel corso di una conferenza indetta ieri mattina presso la sede di viale Brin – si concretizza intorno ad una delle poche aziende che lega passato e presente in un percorso proiettato verso il futuro. La società Fucine Srl, infatti, oltre a rappresentare un tassello importante nella storia ternana (la fabbrica esiste da 125 anni e oggi offre un posto di lavoro a 250 dipendenti) è anche una delle poche realtà imprenditoriali che chiude il bilancio in utile”.
<br />
<br />
Dato questo che opportunamente confrontato con il quadro generale delineato dalla crisi, ribadisce la fattività dell’accordo che parte dalla formazione per consentire una progressiva introduzione di giovani figure professionali nel mondo del lavoro.<br /><br />
“Alla base del protocollo – hanno commentato i rappresentanti dell’ICSIM, per altro interessati all’apertura di nuovi scenari di confronto con realtà imprenditoriali europee – vi sono due obiettivi di notevole spessore quali il rilancio dell’istruzione tecnico-professionale, strettamente rispondente alla vocazione del territorio, e la creazione di reti imprenditoriali capaci di assorbire le professionalità formative della scuola. Inoltre – hanno aggiunto i referenti – sempre grazie al’attuazione del protocollo pilota si potrà sperimentare una valida formula per arginare la crisi puntando sul coinvolgimento multidisciplinare, sull’innovazione e la valorizzazione delle eccellenze.”<br /><br />
Rispondendo ad una sana logica del merito, infatti, i firmatari dell’accordo hanno deciso di affiancare alla stipula del protocollo d’intesa anche un percorso parallelo di valorizzazione dei talenti.<br /><br />
“Nel corso dell’incontro che si terrà sabato prossimo alle 9, presso la sede dell’IPSIA – ha spiegato il dirigente scolastico Giocondo Talamonti – verranno anche premiate, con la borsa di studio Sergio Secci, due ragazze che nel corso del quinquennio scolastico hanno raccolto i migliori risultati. Tale iniziativa, parallela alla stipula del protocollo , servirà ad aprire un dibattito sull’importanza della valorizzazione delle eccellenze all’interno delle realtà scolastiche e lavorative” <br />
<br/>fonte: <a href="http://talamontigiocondo.blogspot.com/2009/10/fonte-foto-httpwww.html">Corriere dell’Umbria - Articolo di Eleonora Stentella</a>Enrico MORANDO: La madre di tutte le riforme: quella del mercato e del diritto del lavoro2009-06-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391751Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
L’imminente Convenzione nazionale del Pd è chiamata a scegliere leader e linea politica del partito, dopo la convulsa fase della sua costituzione (ottobre 2007), della sconfitta elettorale e del primo anno di opposizione al Governo di centro-destra.
<p>In questo documento provo a riassumere, dal mio punto di vista, i termini essenziali del confronto.
<p>Nei cinque punti (la nuova alleanza tra merito e bisogni; <br />
partito di centrosinistra a vocazione maggioritaria; <br />
partito aperto, degli iscritti e degli elettori;<br />
un nuovo internazionalismo democratico;<br />
una scelta chiara tra linee alternative) propongo di illustrare i cardini del posizionamento politico - funzione, natura e linea politica - che ritengo preferibile per il Pd.
<p>
<b>1)</b> LA NUOVA ALLEANZA DEL MERITO E DEI BISOGNI
<p>
Il Pd è un partito di centrosinistra, nato per cambiare l’Italia, secondo i principi di libertà, eguaglianza e solidarietà, attraverso una nuova alleanza del merito e dei bisogni: le componenti più dinamiche della società unite a quelle più esposte al rischio di esclusione da un credibile progetto di cambiamento, che promuova la coesione sociale anche per raggiungere più elevati traguardi di efficienza economica e metta la crescita del reddito nazionale al servizio di una maggiore giustizia e mobilità sociale.
<p>
Per far ripartire l’ascensore sociale, ridurre progressivamente le aree dello smaccato privilegio e della disperata emarginazione, far crescere in modo stabile e duraturo la ricchezza nazionale, colmare il ritardo di sviluppo del Mezzogiorno, diffondere il benessere e irrobustire la classe media, cambiare lo Stato Sociale per renderlo davvero capace di aiutare chi resta indietro a camminare con gli altri, il progetto di cambiamento del Paese deve aggredire ogni forma di chiusura corporativa, creare dispari opportunità positive a favore delle donne e dei giovani, portare concorrenza dove non ce n’è o non ce n’è abbastanza, valorizzare il lavoro in quanto tale, dipendente o autonomo che sia, imporre alla Pubblica Amministrazione - dalla Giustizia agli apparati per la sicurezza -, insieme ai principi di trasparenza e valutazione indipendente, anche tempi, risultati e costi tratti dalle migliori esperienze europee e mondiali, iniettare nella società, nell’economica e nello Stato robuste dosi di meritocrazia, ridare prestigio alla politica riducendone i costi e riconsegnando nelle mani dei cittadini il potere di decidere, col voto, sulla rappresentanza e sul governo.
<p>
L’Italia che da quindici anni cresce meno dell’Europa, che è il Paese con minore mobilità sociale, con più elevati livelli di disuguaglianza, e con il più rapido invecchiamento della popolazione, ha un drammatico e urgente bisogno di questo cambiamento.
<p>
Il centro-destra fa leva sulla paura e alimenta il suo populismo con la politica dell’annuncio rassicurante. Il centro-sinistra può prevalere - nella competizione democratica - solo se allontana da sé (e dalla sua immagine) la tentazione di reagire in chiave meramente tattica, promuovendo un “suo” conservatorismo. Volto ad affermare interessi diversi rispetto a quelli tutelati dal centro-destra, ma pur sempre conservatorismo.
<p>
La missione del Pd coincide con l’interesse di fondo del Paese: dare alla Politica italiana la forza necessaria per piegare la resistenza dei difensori dello status quo, impegnando la maggioranza del popolo nel sostegno a un progetto di cambiamento che riconosce e tutela gli interessi delle generazioni presenti, ma li compone in un ordine gerarchico che assegna priorità a quelli delle generazioni future.
<p>
L’evidenza dei guasti provocati dall’estremismo liberista, dalla disordinata de-regolazione di istituzioni bancarie e finanziarie da cui dipende la stabilità dell’intero sistema economico, non deve indurre ad una reazione altrettanto estrema a favore dell’intervento statale in ogni ambito e per ogni problema. Da un lato è necessario essere vigili per impedire che gli interessi e le concezioni economiche che hanno provocato la deregolazione e la crisi non ostacolino progetti di intervento e di regolazione decisi e severi quanto basta per risolvere le difficoltà attuali e impedire che insorgano crisi analoghe in futuro: ostacoli in tal senso già si intravedono e li denunciano autorità come Paul Volcker, Warren Buffett e Gorge Soros, non certo degli statalisti.
<p>
D’altro lato occorre essere consapevoli che lo Stato conosce fallimenti altrettanto seri quanto quelli del mercato, e in Italia, coll’inquinamento partitico e la debole qualità dell’amministrazione pubblica che ci contraddistingue, dovremmo saperlo bene. Il Partito Democratico, per la sua cultura e le sue ambizioni maggioritarie, respinge posizioni ideologiche pregiudizialmente favorevoli all’uno o all’altro polo della regolazione, allo Stato o al mercato, e ambisce a esercitare, per ogni caso concreto, una discrezione intelligente. Resto dunque convinto, per il caso italiano, che una posizione liberale equilibrata come quella espressa nel discorso del Lingotto sia quella più adatta ad attuare la visione del merito e dei bisogni che ho appena illustrato, l’unica adatta a un partito di centrosinistra.
<p>
<b> 2)</b> IL PD, PARTITO DI CENTROSINISTRA A VOCAZIONE MAGGIORITARIA
<p>
Un progetto così radicale di rinnovamento del Paese può essere solo il frutto di un lungo ciclo di governo riformista. Il Pd è nato per renderlo possibile. È stato proprio il Pd - con il suo atto di nascita, rifiutando la “divisione del lavoro” tra centro e sinistra; con la posizione che ha assunto prima delle elezioni Politiche del 2008, respingendo la logica delle coalizioni “contro”, troppo larghe e troppo disomogenee per garantire cambiamento nella stabilità - a rafforzare il gracile e malcerto bipolarismo italiano, favorendone la riorganizzazione attorno a due grandi formazioni politiche a vocazione maggioritaria.
<p>
Il Pd non è un partito di sinistra, ma di centrosinistra. <br />
È il soggetto politico perno del centro-sinistra italiano, in quanto partito a vocazione maggioritaria. Nel duplice senso che è dotato di una leadership individuale e collettiva, di un radicamento sociale e territoriale, di una cultura politica, di un profilo ideale e programmatico tali da poter credibilmente aspirare ad interpretare le esigenze e le speranze della maggioranza del popolo e a raccoglierne il consenso. E che ispira la propria iniziativa, le proprie posizioni politico- programmatiche, la propria organizzazione e vita democratica interna allo svolgimento di questa funzione: costituire “naturalmente” l’asse della alternativa di governo al centro-destra.<br />
Vocazione maggioritaria non è sinonimo di pretesa di autosufficienza: il Pd può ritenere utile - al fine della realizzazione del suo progetto di cambiamento del Paese - la costruzione di coalizioni con altri partiti di centro-sinistra. Si tratterà, in quel caso, di coalizioni del tutto diverse da quella dell’Unione, perché caratterizzate dalla presenza, al loro interno, di un partito egemone, il cui leader è automaticamente leader dell’intera coalizione; e il cui programma è perfettamente compatibile - anche se non coincidente - col programma della coalizione stessa.
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È la regola democratica cui si ispirano le coalizioni in tutta Europa. Ferma restando la pari dignità politica di ciascuno dei partiti contraenti l’accordo, sono gli elettori a decidere i rapporti di forza al suo interno. Antidemocratica, e foriera di instabilità e fibrillazione delle coalizioni, è semmai la soluzione opposta, di cui l’Italia ha fatto esperienza nella fase finale della Prima Repubblica. Mentre la soluzione diarchica - il capo del governo appartiene al principale partito di governo, ma non è il leader del partito stesso - è tipica di democrazie bloccate, che non conoscono l’alternanza.
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Il Pd intende dunque costruire alleanze elettorali e di governo con altri partiti e movimenti politici, ma rifiuta la logica della divisione del lavoro tra le forze che le compongono: all’uno il compito di rappresentare gli orientamenti e le istanze più tradizionalmente raccolti dalle forze “di sinistra”, all’altro la rappresentanza “del centro moderato”, e così via, fino a partiti personali o espressione di una singola issue. <br />
Il Pd assume su di sé il compito di rappresentare direttamente l’intero arco dei valori e degli interessi del centro-sinistra: dalle istanze dei ceti più dinamici dell’imprenditoria, della scienza e della conoscenza, fino all’operaio monoreddito con due figli a carico e l’affitto da pagare. Per questo, riconosce priorità al suo progetto di cambiamento, non al sistema delle sue alleanze politiche.
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È infatti la credibilità della leadership e del progetto del principale partito del centro-sinistra il fattore che può realizzare - attraverso un lungo e sicuro lavoro nella società italiana e nei diversi territori - una profonda incursione nell’elettorato oggi maggioritario del centro-destra, per acquisire il consenso delle sue componenti più sensibili al sistema di interessi e valori tipici dell’alleanza tra merito e bisogni. <br />
L’obiettivo del Pd è dunque chiaro: entro il 2013, e partendo dai rapporti di forza elettorale scaturiti dal voto del 2008, deve mettersi in grado di strappare due milioni di voti al centro-destra. Un compito che nessun altro, piccolo partito di centro può seriamente proporsi.
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Scaturisce dalla consapevolezza di questa funzione la scelta di far nascere il Pd da un atto costituente come quello del 14 ottobre 2007, che ha visto protagonisti più di tre milioni di cittadini italiani. È la volontà di assumere effettivamente questa funzione che ha spinto all’identificazione - fissata nello Statuto - tra la figura del Segretario e quella del candidato Presidente del Consiglio. Ed è in perfetta coerenza con questa identificazione che il Pd ha deciso - una volta per tutte - di far scegliere il suo leader non dai soli iscritti al partito, ma da tutti i cittadini italiani che vogliono farlo, senza alcuna limitazione che non sia la pubblicità di quella loro partecipazione.
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<b>3)</b> PARTITO APERTO, DEGLI ISCRITTI E DEGLI ELETTORI
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Il Pd è un partito di iscritti ed elettori: ai primi, il potere di definire, gestire e dirigere l’iniziativa quotidiana del partito e il suo rapporto con la società e il territorio; di costruire sedi e strumenti della elaborazione politica e programmatica; di promuovere la formazione dei dirigenti, a tutti i livelli; di selezionare l’offerta politica - leader e linea - da presentare ai cittadini elettori, per la scelta definitiva. Ai secondi, il potere di decidere col voto - individuale e segreto - sul Segretario nazionale, la linea politica e la composizione - su base territoriale - dell’Assemblea Nazionale. E di fare altrettanto alla dimensione regionale. <br />
Per la scelta dei suoi candidati alle cariche monocratiche - Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione - il Pd ricorre al metodo delle elezioni Primarie, aperte a tutti i cittadini-elettori. <br />
Ad elezioni Primarie si deve ricorrere anche nel caso della partecipazione del Pd a coalizioni con altri partiti: il coinvolgimento dei cittadini elettori nella scelta dei candidati alle cariche monocratiche è infatti un cardine irrinunciabile del progetto del Pd per il rinnovamento e il miglioramento della qualità della politica.
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È il modello di partito aperto - nel quale tutte le cariche sono effettivamente contendibili, secondo procedure esigibili, fissate una volta per tutte - descritto dallo Statuto del Pd. Si deve tuttavia constatare un’enorme distanza tra la realtà del Pd in questo anno e mezzo e le previsioni statutarie: un tesseramento asfittico, tardivo e timoroso di rivolgersi con fiducia, per chiederne l’adesione, ai tre milioni e mezzo di cittadini “costituenti”. <br />
Primarie come eccezione, invece che come regola; spesso concepite come extrema ratio, quindi tenute troppo a ridosso della scadenza elettorale. Candidati alle elezioni Politiche (da eleggere su sterminate liste bloccate, come da assurda legge elettorale in vigore) scelti senza alcuna effettiva e ben regolata partecipazione a decidere né degli iscritti (che non c’erano), né degli elettori. <br />
Una gestione quotidiana del partito più affidata allo sforzo di giustapposizione dei gruppi dirigenti dei due partiti cofondatori che al “rimescolamento” delle energie disponibili, vecchie e nuove. Una dialettica interna più caratterizzata dalla presenza delle correnti interne ai Ds e alla Margherita che da nuove aggregazioni politico-culturali.
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Limiti e difetti spiegabili, almeno in parte, con lo stato di emergenza in cui il Pd ha vissuto dalla sua nascita. Imperdonabili, se permanessero nella fase che si apre colla Convenzione di Ottobre 2009.
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Lungi dal rimettere in discussione le norme chiave dello Statuto - quelle poste a presidio della natura e della funzione innovativa del Pd - la prossima Convenzione Nazionale deve assumere l’impegno ad una loro puntuale attuazione, entro la Primavera prossima, così che le Elezioni Regionali del 2010 possano essere affrontate - a partire dalla scelta con le Primarie dei nuovi candidati Presidenti entro il dicembre di quest’anno - da un Pd che sia effettivamente, anche sotto il profilo della sua struttura organizzativa e della sua vita interna, quello che ha promesso di essere, col suo atto di nascita e il suo Statuto.
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Il carattere del Pd come partito nazionale, federale perché fondato sull’autonomia statutaria e politica delle sue articolazioni regionali, non si è fino ad oggi affermato, anche a causa della scelta di eleggere i Segretari Regionali nel contesto della elezione del Segretario nazionale: <br />
quest’ultima ha prevalso su tutto, relegando quasi dovunque la “costruzione” del partito regionale ad assumere i caratteri di un mero effetto di “trascinamento” della scelta nazionale. L’autonomia politica dei gruppi dirigenti regionali e locali ne è uscita menomata, al punto da far ritenere a molti preferibile il modello seguito dal Pdl, tutto orientato alla nomina dei dirigenti regionali e provinciali da parte del leader nazionale. Se nomina deve essere, sia almeno trasparente e consenta imputazione di responsabilità.
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Il Pd può e deve essere alternativo al Pdl anche per questo aspetto essenziale: deve quindi esaltare l’autonomia degli organismi regionali (e, in ogni regione, locali) attraverso la Convenzione Regionale - ben distinta da quella nazionale - che definisce linea e leadership in un contesto di piena contendibilità delle relative cariche di direzione del partito.
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Agli organismi regionali - senza mediazione ed intervento degli organismi nazionali del partito - deve essere interamente assegnata la quota del finanziamento pubblico delle campagne elettorali regionali e locali.
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<b>4)</b> UN NUOVO INTERNAZIONALISMO DEMOCRATICO
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Per un nuovo internazionalismo democratico. <br />
Con la leadership di Obama, per una gestione multilaterale della ordinata transizione ad un nuovo assetto del mondo, di tipo multipolare. Per lo sviluppo ben regolato della globalizzazione, contro una reazione alla crisi economica che punta - come vuole la destra - sulla riduzione del livello di interdipendenza, sul protezionismo e sulla rinazionalizzazione delle politiche economiche.
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<b>Le parole chiave: democrazia ed Europa.</b>
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Democrazia come pace (non c’è mai stata guerra tra due democrazie). Come sviluppo economico e sociale (la democrazia rende più sostenibile e dà profondità temporale al capitalismo). Come incivilimento.
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Europa come polo attrattivo di pace e democrazia.<br />
Come modello di coesione sociale e di economia sociale di mercato. Come soggetto coprotagonista del nuovo governo della globalizzazione. Come soggetto di politica internazionale e di sicurezza, per la pace e i diritti umani.
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Per tutto questo, è necessario lavorare alla costruzione di una nuova Internazionale Democratica, organizzazione dei riformisti a dimensione globale: c’è il leader (Obama); <br />
c’è la missione (il governo della globalizzazione secondo principi di libertà, giustizia e coesione sociale, equilibrio ambientale); ci sono le tradizioni, le esperienze e le organizzazioni che possono farla nascere (i partiti Democratici di USA, India, Sud Africa, Brasile, Italia e i Partiti dell’Internazionale Socialista).
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In Europa, la scelta di dar vita subito ad un nuovo gruppo dei riformisti - che raccolga Democratici, Socialisti, Laburisti, Liberali di sinistra, altre formazioni di centrosinistra - è il primo passo per la formazione di un unitario Partito Europeo della Internazionale Democratica.
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Solo questo nuovo assetto politico-organizzativo dei riformisti rappresenta una risposta adeguata da un lato all’esigenza di costruire la mobilitazione politica e l’elaborazione politico-programmatica corrispondenti alla dimensione delle grandi questioni globali; <br />
dall’altro alla crisi e alle crescenti difficoltà della socialdemocrazia europea, emerse con drammatica evidenza dal recente voto per il Parlamento dell’Unione. In questo senso, l’intuizione da cui è nato il Pd italiano trova conferma della sua fecondità, ai fini della ridefinizione del profilo politico ideale e programmatico dell’intero centro-sinistra europeo.
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La crisi mette l’Europa di fronte ad una scelta: un nuovo balzo nel processo di unità politica o un progressivo scivolamento verso la rinazionalizzazione, con la crisi dello stesso mercato unico.
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Il centrodestra (Tremonti) esalta il ritorno delle leve della politica europea nelle mani dei singoli governi nazionali.
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Il centrosinistra europeo deve battersi per l’immediata attuazione del Trattato di Lisbona, per le cooperazioni rafforzate, per un salto in avanti sul terreno della integrazione nel campo della politica internazionale e della sicurezza (esercito europeo), per un effettivo coordinamento delle politiche economiche e fiscali, per una politica comune di investimenti pubblici, finanziati attraverso eurobond, per una gestione coordinata dei crescenti debiti pubblici, per limitare il ricorso alla concorrenza fiscale tra i Paesi europei e completare il mercato unico.
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Anche per questo è urgente una vigorosa iniziativa politica dei riformisti volta alla elezione del Presidente della Commissione, da parte del Parlamento, così da politicizzare la competizione elettorale e politica a dimensione europea, combattere l’indifferenza e l’astensionismo di tanta parte dei cittadini, superando al tempo stesso i rischi insiti in una gestione per accordo consociativo - tra i due maggiori raggruppamenti politici - delle istituzioni comunitarie.
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Questa Europa - nel contesto della radicale svolta impressa da Obama alla politica interna e internazionale degli USA - può essere coprotagonista di una ripresa di ruolo della Politica, nel governo e nel superamento degli squilibri globali. Alla condizione, naturalmente, che sia davvero in grado di rielaborare una convincente nozione di interesse comune, da far valere - parlando con una sola voce - nelle organizzazioni come il WTO, il Fondo Monetario e la Banca mondiale. E che sappia assumersi pienamente le conseguenti responsabilità, senza scaricare i compiti più gravosi e rischiosi (Afghanistan) sugli USA.
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<b>5)</b> UNA SCELTA CHIARA TRA LINEE ALTERNATIVE
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Questa visione della funzione del Pd, della sua natura, della sua collocazione internazionale e della sua organizzazione rappresenta uno sviluppo coerente delle scelte operate nella fase costituente e nella predisposizione del posizionamento del Pd per le Elezioni Politiche del 2008. Nel dibattito che si è sviluppato dopo la sconfitta, è emersa una visione alternativa: nella società italiana - per mille ragioni, tra le quali emerge la capacità delle singole componenti sociali “corporate” di resistere al cambiamento - non ci sarebbe una maggioranza riformista da organizzare politicamente. O, almeno, non ci sarebbe nel breve-medio periodo. Dunque, secondo questa diversa visione, il progetto del Pd - almeno nel breve-medio periodo - deve prevalentemente assumere il profilo di una proposta di mediazione tra interessi organizzati, per ciò che attiene ai contenuti; e di tradizionale coalizione di partiti - “di “sinistra” e di “centro” - per ciò che attiene alla formula politica. <br />
Non è un caso che - nella migliore elaborazione di questa linea - gli orientamenti politico-culturali prevalenti nella società italiana vengono riassunti attraverso la triade “progressisti, populisti e moderati” (Enrico Letta), che allude, in termini di sua rappresentazione politica, a “sinistra, destra, centro”.
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Il punto di contrasto è dunque chiaro, ed è indispensabile che lo si affidi agli iscritti ed elettori del Pd, per una scelta altrettanto chiara: partito riformista di centrosinistra a vocazione maggioritaria o partito “progressista” di sinistra che promuove l’alleanza coi “moderati”, prevalentemente rappresentati da un partito di centro?<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=4182">www.pietroichino.it</a>Marco Causi: «Basta spoils system: selezionare i dirigenti in base al merito»2009-03-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390790Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il pd ci ha provato a inserire nel federalismo
anche nuove norme per la selezione
dei dirigenti pubblici. La Lega ha
detto no. Alla fine la proposta, presentata
da Marco Causi, è stata recepita come raccomandazione
al governo. «Di fatto è un
superamento dello spoils system - spiega
Causi - credo che si possano adottare criteri
più trasparenti per la selezione della
dirigenza. Nelle tecnostrutture deve valere il merito e la professionalità,
non la politica».<br />
Insomma, sarebbe una battaglia
contro la casta, quella che si annida in tutti
i rivoli della Pubblica Amministrazione,
dalle Asl agli enti regionali, le municipalizzate,
le agenzie del territorio.<br />
«Non si
escludono i dirigenti interni agli enti locali
- continua Causi. Il solo Comune di Roma
ne ha 350. Altrettanti sono quelli di società
controllate. In Italia si arriva a circa
20mila dirigenti apicali».<br />
Curriculum,selezione,
concorsi. Anche per le società come l’Acea,
quotata in Borsa? «In quel caso mi piacerebbe seguire il metodo americano
- conclude Causi. <br />
Una rosa di candidati
che si presentano in consiglio, anche
davanti alla stampa, e spiegano come
vorrebbero gestire l’azienda».<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=L6J0C">l'Unità - Simone Collini</a>GIOVANNI CHIODI: http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=188482009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388452Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Abruzzo (Partito: PdL) - Consigliere Regione Abruzzo (Gruppo: FI) <br/><br/>Il merito della nuova classe politica abruzzese, di destra e di sinistra, non dovrà più essere quello di portare voti promettendo cose ai gruppi di interesse (con impegni che bloccano la società e l'economia), ma quello di convincere i propri elettori dei benefici a lungo termine del merito.
La parola d'ordine, quindi sarà «spoil system guardando anche al merito e non solo alla contiguità politica. Impegnamoci a valorizzare i dipendenti regionali sulla base di criteri di merito».<br/>fonte: <a href="http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=18848">primadanoi.it</a>Alessandro NACCARATO: Il Governo penalizza l'Università pubblica2009-01-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388229Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Padova (PD) (Lista di elezione: DS) - Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il testo,infatti, anche se leggermente migliorato grazie all'approvazione di alcuni emendamenti presentati dal PD al Senato, è sostanzialmente rimasto inalterato nel proprio impianto. La legge approvata conferma i pesanti tagli di risorse all'intero sistema universitario nazionale, con il concreto rischio di non permettere nemmeno il funzionamento corrente di molti Atenei italiani. Certo è innegabile che l'Università abbia bisogno di essere riformata in alcuni suoi settori.
<p>
E' necessario, solo per avanzare qualche proposta, contrastare il proliferare dei corsi di laurea e l'apertura di un eccessivo numero di Atenei, garantire un efficace finanziamento delle Università in base al merito e una valutazione del sistema universitario efficiente e trasparente, stanziare risorse adeguate per il diritto allo studio. Di tutto questo il decreto, ora convertito in legge, non si occupa affatto.
<p>
La verità è che il Governo taglia i fondi al sistema di Alta formazione del nostro Paese: le maggiori risorse ufficialmente stanziate per il diritto allo studio (per di più previste esclusivamente per l'anno 2009), per esempio, sono compensate dai pesanti tagli previsti dalla legge approvata rispetto alle risorse per il sistema universitario stanziate nell'ultima Finanziaria del Governo Prodi e sono finanziate attraverso una pesante riduzione del Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS).
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Inoltre, il Governo prevede la possibilità di privatizzazione le Università pubbliche attraverso la loro trasformazione in Fondazioni private (possibilità prevista dall'art. 16 della legge n. 133/08), con conseguenze devastanti. In tal modo tutti i beni mobili e immobili delle Università pubbliche potranno essere trasferiti ufficialmente a delle Fondazioni di diritto privato. Tale, infatti, è la natura giuridica delle future Fondazioni universitarie secondo il Governo. Si tratta, anche in questo caso, di una decisione insensata. Così facendo, lo Stato rinuncerebbe ad uno dei suoi compiti fondamentali come quello, appunto, di garantire un sistema di formazione e istruzione efficace a vantaggio di tutti i cittadini.
<p>
E' un gran pasticcio dettato dalla volontà del Governo della Destra di recuperare risorse economiche a scapito della qualità della conoscenza e dell'istruzione: una scelta irresponsabile con gravi ricadute sulla capacità del nostro Paese di innovare, fare ricerca, valorizzare le migliori risorse umane disponibili ed anche, nel breve periodo, uscire dalla crisi economica che ci sta danneggiando più che in altri Paesi europei. <br /><br />
Alla pagina in origine vi sono due allegati in .pdf, uno dei quali è il testo del DDL sull'Università presentato dal Governo Berlusconi IV:<br />
<br />
http://www.partitodemocraticoveneto.org/public/allegati/2009/PD_prop_univ_2008.pdf<br />
<br />
http://www.partitodemocraticoveneto.org/public/allegati/2009/DDL_Univ_app_080109.pdf<br />
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=614">web site - Pd Veneto</a>GIOVANNI CHIODI: Rendere la Regione più moderna e funzionale2009-01-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it387815Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Abruzzo (Partito: PdL) - Consigliere Regione Abruzzo (Gruppo: FI) <br/><br/>Valuteremo il merito e non il fatto che i dirigenti abbiamo lavorato con una amministrazione di diverso colore politico, così come la contiguità politica non assicura il premio o la deroga al merito. I dirigenti che non si sono accorti che il mondo sta cambiando e molto velocemente, non hanno un grande futuro.Non tutti gli enti sono inutili, alcune volte però lo sono perché mettiamo persone inutili e dirigerli.
<br/>fonte: <a href="http://ilcentro.repubblica.it/dettaglio/Chiodi:-niente-nuove-tasse-ma-tanti-sacrifici/1569968?edizione=EdRegionale">Il Centro</a>Gerardo D'AMBROSIO: «La corruzione ci impoverisce può salvarci l’indignazione» - INTERVISTA2008-12-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383275Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Italia, ritrova la capacità di indignarsi. Di riscoprire il merito e di dire basta alle scorciatoie. È il grido-appello del senatore Gerardo D’Ambrosio (Pd), capo del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite. Questa intervista inizia un viaggio tra alcune voci significative del Paese nel tentativo di mettere a nudo l’Italia paese dei favori.<br />
<b>Senatore D’Ambrosio, la corruzione è tornata o non è mai andata via rispetto agli anni Novanta?</b><br />
«C’è stato un attimo di pausa quando i burocrati hanno avuto paura delle inchieste della magistratura. Era il 1992, avevamo arrestato Mario Chiesa. La pausa è durata un paio d’anni, circa...».<br />
<b>Poi cosa è successo?</b><br />
«È cominciata l’opera di delegittimazione molto violenta contro la magistratura. E piano piano il sistema della corruzione ha ripreso a funzionare. E non si è più fermato».<br />
<b>Quando dice burocrati cosa intende?</b><br />
«I tecnici, quelli che lavorano negli uffici pubblici, degli enti locali, dei ministeri. Sono loro che preparano i contratti, i bandi delle gare d’appalto e poi mandano alla firma dell’assessore o del ministro di turno. I politici da soli non si possono corrompere. È il burocrate che decide, spesso, a chi dare l’appalto, senza la sua complicità è più difficile corrompersi».<br />
<b>Che differenza tra la stagione di Mani Pulite e oggi?</b><br />
«Allora era un sistema: ogni appalto doveva rendere ed essere funzionale al finanziamento dei partiti».<br />
<b>Oggi?</b><br />
«Oggi la corruzione è meno un sistema ma è altrettanto un principio. E i politici si corrompono per molto meno. I ruoli sembrano invertiti: la prima mossa è degli imprenditori che si rivolgono ai burocrati che poi fanno da intermediari con i politici. I soldi non vanno più al partito come struttura ma al singolo per la campagna elettorale che poi a sua volta può ricambiare il favore in vari modi: la consulenza e l’incarico al professionista, il posto di lavoro, una gara d’appalto costruita su misura affidata con ribassi pazzeschi recuperati poi con le varianti in corso d’opera, qualche finanziamento. I vantaggi che può dare chi è al potere sono enormi».<br />
<b>L’Italia dei favori, appunto. Di recente il Parlamento ha approvato, con i voti della maggioranza, la norma per cui saranno dati a trattativa privata gli appalti fino a 500 mila euro, circa il34% dei cantieri aperti nel paese.</b><br />
«È la fine della trasparenza. In questo modo gli appalti diventano ufficialmente e legalmente merce di scambio tra il politico e il privato». <br />
<b>Secondo l’ultimo Rapporto del Commissario Anticorruzione, abolito dal governo Berlusconi, le denunce diminuiscono mentre avanza il sommerso. Perchè?</b><br />
«La corruzione è un reato che giova a tutte e due le parti. È sbagliato aspettarsi denunce. Ai tempi di Mani pulite noi non abbiamo avuto denunce. Ci aiutò il nuovo codice che prevedeva la possibilità di indagare una persona senza informarla».<br />
<b>Promettere incarichi in cambio di un appalto, trattare direttamente con il privato il destino di un’area diventata abitabile, tutto questo è corruzione?</b><br />
«È una corruzione di tipo diverso. Non si danno i soldi ma si scambiano favori reciproci. È il sistema delle raccomandazioni. Ricordiamoci che la raccomandazione toglie la prevalenza del merito e rovina la competitività sana. Come il sistema delle tangenti ha rovinato il sistema delle imprese, adesso si rovinano quelli che hanno il merito. Così il paese può solo regredire». <br />
<b>Pdl e Lega avrebbero trovato l’accordo sulle intercettazioni limitandole ai reati più gravi ed escludendo quelli contro la pubblica amministrazione. Senza questo strumento la magistratura può combattere la corruzione?</b><br />
«Senza le intercettazioni Mario Chiesa avrebbe patteggiato e sarebbe finita lì. Le intercettazioni restano il miglior strumento di indagine. Ma non l’unico. Guai adagiarsi sulle trascrizioni dei brogliacci. Ma senza non abbiamo speranza».<br />
<b>Si può parlare, in Italia, di atteggiamento culturale che propende verso la corruzione?</b><br />
«La corruzione affligge da sempre tutte le società. Il punto è perché uno sceglie di fare il politico: per potere o per servizio? Spesso,molto vicino ame, sento parlare di lettere di scuse perché “nonostante l’interessamento non è stato possibile soddisfare il trasferimento”. Capisce? La raccomandazione è una scorciatoia, gli italiani sono abituati a questo, chiedono e vogliono favori, è normale e perdono di vista il merito». <br />
<b>Senatore, da dove ricominciare?</b><br />
«Dalla capacità di indignarsi di nuovo. E dal diritto ad avere risposte e certezze. Bisogna rimettere al primo posto il merito, il servizio. Non può essere messo alla berlina chi persegue la corruzione. Non possono stare in Parlamento i condannati. Non si può aspettare otto anni per una sentenza definitiva o consentire che ci si possa difendere “dal” processo cambiando le regole del gioco, le leggi, in corso d’opera». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KB6NN">l'Unità - Claudia Fusani</a>Alessandro NACCARATO: Investire sui giovani per uscire dalla crisi2008-11-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382431Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Padova (PD) (Lista di elezione: DS) - Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il Governo Berlusconi si dimostra inadeguato a fronteggiare la crisi economica in atto, basti pensare che la legge finanziaria appena approvata dalla Camera, per esempio, non contiene alcun intervento concreto per rilanciare l'economia. Anzi, i pesanti tagli al sistema scolastico e universitario decisi con i decreti legge estivi del ministro Tremonti indeboliranno un settore strategico per lo sviluppo del nostro Paese e colpiranno un capitale umano dotato di saperi e conoscenze in grado di innovare continuamente l'impresa e la produzione.
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Il governo pensa a sostenere solo le banche e le grandi industrie ma non sembra preoccuparsi affatto di chi soffre davvero la crisi in atto: i lavoratori dipendenti, i precari e i pensionati. Per uscire dalla recessione e tornare a crescere è necessario favorire i consumi attraverso politiche che aumentino il potere d'acquisto degli stipendi e delle pensioni e contrastare la precarietà nel lavoro che caratterizza in particolare proprio le giovani generazioni. Per tornare a crescere e uscire dalla crisi economica è indispensabile investire nei giovani. L'Italia è diventata il paese europeo in cui le persone con meno di 34 anni decidono più tardi di vivere in modo autonomo dalla famiglia. Per fare un rapido confronto in Italia il 70% dei maschi tra i 18 e i 34 anni vive con i genitori contro il 50% di Spagna e Portogallo, il 30% di Austria e Francia, meno del 20% in Gran Bretagna, Svezia, Finlandia e Danimarca. La situazione è peggiorata negli ultimi anni. Anche qui porto un semplice dato di riferimento: i giovani tra i 25 e i 29 anni che vivevano in famiglia nel 1981 erano il 30%; oggi sono il 57%.
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Questo ritardo sta alla base delle nostre difficoltà economiche: meno occupati, meno innovazione nella ricerca e nella produzione, meno fecondità e meno figli. Dietro a questi elementi ci sono anche aspetti individuali e culturali, che comportano una ricaduta negativa e drammatica per la società, legati alla volontà e alla comodità di non assumersi responsabilità e alla paura che i figli possano limitare le opportunità lavorative e la realizzazione professionale. L'Italia è un paese frenato che perde posizioni rispetto agli altri concorrenti europei. Le risposte alla crisi devono sbloccare la situazione e liberare le potenzialità e le energie delle giovani generazioni, mettendole in condizione di investire nel loro futuro.
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Per questo, il Partito Democratico ha avanzato alcune proposte che, però, il governo ha ignorato completamente. Innanzitutto bisogna investire nell'istruzione ed elevare l'obbligo scolastico. La scuola è il primo luogo dove si formano i cittadini, dove accogliere e integrare i figli degli immigrati che saranno i cittadini italiani di domani, e dove insegnare la cultura della responsabilità, della legalità, del merito. Servono, quindi, più asili nido e ragazzi culturalmente più preparati: la conoscenza e il sapere sono le principali risorse di cui disponiamo e per diffonderle e svilupparle è necessario mantenere più tempo scuola per garantire un'istruzione di qualità, non servono certo i tagli irrazionali e indiscriminati del governo.
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Bisogna poi istituire prestiti agevolati ai giovani che decidono di uscire dalla famiglia di origine. La nostra spesa sociale oggi è sbilanciata verso le persone più anziane che, anche per il loro peso numerico, godono di attenzioni rilevanti per ragioni elettorali. Una parte di risorse deve essere investita, invece, per sostenere di più i giovani in ambito professionale e agevolarli quando decidono di costituire una famiglia e mettere al mondo dei figli. Infatti, o si inverte il calo demografico o tra qualche anno nessuno pagherà i contributi per tenere in piedi il sistema pensionistico. Aiutare i giovani a costruire il loro futuro significa quindi aiutare anche le persone più anziane.
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Inoltre, bisogna fornire maggiori servizi di qualità alle giovani donne che lavorano, premiando chi decide di avere dei figli, aumentare i tempi e le retribuzioni dei congedi parentali, favorire la stabilizzazione dei contratti di lavoro ed estendere quelli che prevedono la maternità.
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L'Italia può tornare a crescere soltanto se investe nella conoscenza e nel sapere delle giovani generazioni e se inverte il calo demografico con politiche a favore delle famiglie.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JZL9V">Il Gazzettino - Alessandro Naccarato</a>Luciano VIOLANTE: Vecchi e giovani in Italia hanno vita grama2008-11-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382188<br />
Sergio Zavoli è un uomo che conosce la Rai meglio di qualunque altro parlamentare. Ha fatto sempre una televisione di grande qualità, ricordo "La notte della Repubblica"; ha un tratto signorile e cori se che ne fanno un vero gentiluomo, cosa ormai rara e perciò ancora più apprezzata. Tuttavia la sua designazione, dopo l’infausta vicenda Villari, apre una discussione su un difetto del nostro Paese.
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Nella classe dirigente gli over sessanta sono il cinquantacinque per cento, quelli tra i trentuno e quaranta anni sono il cinque per cento. Quando Obama nasceva, il nostro presidente del Consiglio aveva venticinque anni. L’età media del governo è cinquant’anni, cinque di meno del governo Prodi, ma uno in più del governo inglese. Qualche segno di ringiovanimento lo dà il Parlamento. Alla Camera i deputati della fascia più giovane, da venticinque a ventinove anni, sono passati da tre a sette, quelli over sessanta da centoventuno a centoquindici. Al Senato la fascia "giovane", da quaranta a quarantanove anni, è passata da sessantotto a settantasei senatori. Ma se si considera che su novecentoquarantacinque parlamentari eletti i "giovani" sono solo ottantatré, meno del dieci per cento, si deve tristemente concludere che queste rondini non fanno primavera.
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Non ho nulla contro i vecchi (ho sessantasette anni) e la demenza giovanilistica non mi ha ancora colpito. Vittorio Foa a novant’anni continuava a pensare al futuro; e non mancano i giovani cretini. Tuttavia, nella classe dirigente, i giovani, che hanno più vita da vivere rispetto a quella che hanno già vissuto, pensano al futuro come luogo dove costruire anche sé stessi e sono perciò necessariamente più impegnati per l’innovazione. Chi è più giovane è più interno alla vita della comunità nazionale e riesce a interpretarla meglio dei vecchi. Invece chi ha alle spalle più vita di quanta ne abbia davanti, vede il futuro come cosa d’altri ed è perciò meno disponibile ai cambiamenti. Nella vita politica, soprattutto, il passato è una gabbia di ricordi più che un contenitore di sapienze; per questa ragione nel nostro vecchio mondo politico i conflitti riguardano più l’interpretazione del passato che la costruzione del futuro.
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<b>Dobbiamo concludere che non siamo un Paese per giovani?</b> <br />
Non lo siamo perché come nelle società feudali premiamo i legami sociali e ignoriamo il merito. <br />
<b>Un figlio su tre della borghesia ha probabilità di laurearsi; solo un figlio su venti della classe operaia ha le stesse possibilità.</b><br />
I laureati di famiglia borghese accedono alle classi alte in sei casi su dieci; il laureato di famiglia operaia in due casi su dieci. Abbiamo una eccellente scuola primaria, una buona scuola superiore; molte facoltà universitarie rispettate e rispettabili. Ma tanti giovani cervelli quando potrebbero costruire per il proprio Paese sono costretti a farlo altrove. Al momento buono perdiamo capitale umano sul quale abbiamo investito per circa venti anni. È una idiozia.
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<b>Al disconoscimento del merito corrisponde il disconoscimento della responsabilità.</b><br />
Manager che hanno disastrato settori rilevanti delle imprese a partecipazione pubblica, continuano a galleggiare come turaccioli, passando da un incarico all’altro, in genere tutti ben retribuiti. Nessuna università esige dai suoi docenti un certo numero di pubblicazioni l’anno, la prova delle attività di ricerca, un certo numero di inviti da università o centri di ricerca esteri. Tutto questo deresponsabilizza e penalizza il merito.
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Ma non siamo neanche un paese per vecchi. In molti Paesi chi esce da un’esperienza di classe dirigente è chiamato a trasmettere le conoscenze acquisite durante tutta la vita in conferenze culturali o in corsi nelle università oppure è chiamato a svolgere attività di consulenza vera e utile. Chi è vecchio è utilizzato per salvaguardare l’arricchimento del sapere nello scorrere delle generazioni. Diversa è la situazione italiana. Chi esce dal circuito, tranne rare eccezioni, è considerato un ingombro. Perciò i vecchi che occupano posti di rilievo ritardano al massimo la loro uscita e anzi stringono patti generazionali di sostegno reciproco tra loro per prolungare la vita di ciascuno al comando.
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In definitiva i giovani non entrano anche perché i vecchi non escono. La politica dovrebbe togliere tutti i tappi, perché i vecchi non se ne andranno sino a quando non sapranno cosa fare fuori della loro stanza e i giovani non potranno entrare sinché i vecchi non se ne andranno.
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Questa riforma sociale è parte dell’interesse nazionale e io spero che se ne occupi presto qualcuno, nell’opposizione o nella maggioranza; meglio, se fosse possibile, insieme.<br />
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In ogni caso un grande augurio a quello splendido vecchio che è Sergio Zavoli.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JXN39">Il Riformista - Luciano Violante</a>Mariastella GELMINI: «Protesta di pochi. Il mio modello è Obama» - INTERVISTA2008-10-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381750Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Istruzione Università e Ricerca (Partito: PdL) <br/><br/><br />
<i><b>«Niente classi separate, solo corsi di italiano per chi non lo parla»</b></i>
<p>MILANO — Il mio modello? Barack Obama. Parola di Mariastella Gelmini. Mentre infuria la protesta della scuola e dell'università, il ministro alla Pubblica istruzione procede diritta per la sua strada. Ma rivela la sua stima per il candidato democratico nella corsa alla Casa Bianca e tende una mano all'opposizione: «Ma soltanto a quella costruttiva. Altrimenti, facciamo da soli».<br />
<b>Ieri Veltroni ha chiesto il ritiro del suo decreto e la relativa modifica della Finanziaria. È possibile?</b> <br />
«Scusi, ma non ne capisco la ragione. La manovra economica è legge da giugno, il Pd è fuori tempo massimo. Quanto al decreto, ha ottenuto già l'approvazione della Camera ed è stato ampiamente discusso al Senato: sarà votato mercoledì. Ma certo, su come proseguire nell'opera di riforma della scuola italiana, le mie porte sono spalancate».<br />
<b>Però, voi avete posto la fiducia e non c'è stato dibattito parlamentare. Dove si doveva discutere?</b><br />
«Sono cinque mesi che si discute di scuola e il Pd non ha fatto una proposta che fosse una. L'unica idea è quella di non cambiare nulla: "Non toccate la scuola, giù le mani dall'università". Questo sarebbe riformismo? A me, sembrano pietrificati».<br />
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L'opposizione sulla scuola appare più diffusa che non su altri temi. È perché mette in discussione anche parecchi posti di lavoro?</b><br />
«La sinistra ha perso totalmente il rapporto con chi lavora e ora lo sta perdendo anche con gli studenti. Bisogna dirlo con chiarezza: il disastro dell'istruzione in Italia è figlio delle logiche culturali della sinistra contro il merito e la competitività. Per decenni scuola e università sono state usate come distributori di posti di lavoro, di clientele e magari di illusioni».<br />
<b>Illusioni?</b><br />
«Sì, certo. L'illusione di posti di lavoro che non esistono. L'illusione che lo Stato possa provvedere a dare posti fissi in modo indipendente dalla situazione economica e dal debito pubblico. La sinistra per i suoi interessi politici inganna le persone, ha creato il precariato proprio diffondendo illusioni».<br />
<b>Non esagera?</b><br />
<b> In Italia non c'è stata soltanto la sinistra.</b><br />
«Quando Veltroni è diventato leader del Pd, ci ho creduto anche io: ho sperato che questo Paese potesse cambiare veramente con un progetto bipartisan. Che potesse essere riformato, abbandonando le vecchie posizioni ideologiche e sindacali responsabili del declino dell'Italia. Speravo che Veltroni si ispirasse alla lezione di Tony Blair. Purtroppo, oggi parla come un rappresentante dei Cobas».<br />
<b>Addirittura?</b><br />
«Ma sì, via... Si è schiacciato sulle posizioni più conservatrici su ogni argomento. Guardi, le dirò qualcosa che non si attende: il mio punto di riferimento è quello che sta facendo Barack Obama in America».<br />
<b>Cosa le piace di Obama?</b><br />
«Sta proponendo per la scuola americana provvedimenti simili ai nostri, penso soprattutto agli incentivi al merito per gli insegnanti. E anche lui vuole razionalizzare le scuole sul territorio per destinare i risparmi alla qualità dell'istruzione. E poi, la possibilità per tutti, anche per chi non si può permettere le università costose, di aver una istruzione di qualità. Questo è un vero, coraggioso riformatore: non certo il leader del Pd».<br />
<b>Molti giovani scendono in piazza, però...</b><br />
«Gli studenti in Italia sono 9 milioni. Coloro che protestano, alcune migliaia. Le facoltà occupate sono pochissime. E in molte, gli studenti ricacciano indietro gli occupanti. Non immagina quanti messaggi ricevo da studenti stanchi di slogan vecchi e di professori militanti».<br />
<b>Sarà, ma le manifestazioni sono lì da vedere. O no?</b><br />
«Funziona così: a Firenze occupano una stanza in venti e nei tg si dice che l'università è occupata. Oppure, a Milano, succede che in duecento escano dai centri sociali e vadano a scorrazzare nei cortili della Statale. Visto che nessuno dà loro retta, bloccano la stazione Cadorna. I tg dicono: scontri tra studenti e polizia. Ma di studenti non ce ne erano».<br />
<b>Guardi che è impervio cercar di dimostrare che non ci siano manifestazioni studentesche. Non partecipano persino parecchi giovani di destra?</b><br />
«No, guardi: i giovani della destra continuano la loro decennale battaglia contro i baroni e i professori ideologizzati, non certo contro il decreto».<br />
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Che ne pensa di far intervenire le forze dell'ordine nelle scuole e nelle università?</b><br />
«Penso che non si porrà il problema, anche perché in tutta Italia mi pare che i ragazzi si rifiutino di occupare. Il 30 ottobre, certo, ci sarà lo sciopero, il solito vecchio rito di chi difende l'indifendibile. Ma dopo, credo che si potrà riprendere a confrontarsi con le riforme. Ovviamente, con chi fa proposte».<br />
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Resta il fatto che i tagli ci saranno. È così sicura che non si tradurranno in un impoverimento della didattica?</b><br />
«I primi a vivere il disagio della scuola esistente sono proprio i professori, pagati con stipendi da fame e proletarizzati da sinistra e sindacato. E poi, il 30% dei risparmi realizzati, 2 miliardi di euro, sarà utilizzato per pagare meglio i professori sulla base del merito».<br />
<b>C'è chi dice: va bene tagliare le spese improduttive. Ma i risparmi devono essere interamente spesi sulla scuola. Non è una posizione sensata?</b><br />
«Me lo lasci dire: bisognava anche riportare tutti alla realtà. Dire che la gestione allegra del denaro pubblico è finita. E dunque, prima si eliminano gli sprechi. Poi, ma soltanto dopo, si potrà reinvestire in qualità. Questo per quanto riguarda la scuola. Per l'università il 2009 non prevede particolari tagli. Qualche problema potrà esserci dal 2010 ma abbiamo tempo sufficiente per discuterne con chi vuol farlo seriamente».<br />
<b>Sulle classi ponte per gli immigrati restano margini di ambiguità. Che cosa saranno?</b><br />
«L'ambiguità è di chi ha tentato come al solito di buttarla sul razzismo. Qualunque genitore che ha un figlio alle elementari conosce il problema rappresentato da chi in classe non sa l'italiano. Un problema didattico, che come tale va risolto: non faremo classi separate, le classi ponte saranno corsi magari pomeridiani di italiano per consentire a chi non lo è di imparare la lingua il più rapidamente possibile».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JO83P">Corriere della Sera - Marco Cremonesi</a>Giovanni BERLINGUER: "Servono riforme che premino i prof più bravi" - INTERVISTA2008-10-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it375670Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: Gruppo socialista al Parlamento europeo) <br/><br/><br />
«Il mondo della scuola ha bisogno di un time-out. Una pausa durante la quale il governo, l’opposizione e i sindacati devono trovare un terreno di discussione per confrontarsi nel merito sui contenuti educativi ai quali poi agganciare le misure economiche di risparmio. Occorre raffreddare il clima perché altrimenti sarà difficile se non impossibile varare qualsiasi provvedimento. È un appello il mio che rivolgo sia al governo sia all’opposizione». Il professor Luigi Berlinguer è convinto che la tensione sia alta nelle scuole e nelle università. Un clima surriscaldato dalle polemiche però non fa bene a nessuno e rende difficile affrontare i cambiamenti indispensabili attesi da anni dalla scuola italiana.<br />
<b>Professor Berlinguer l’opposizione contesta qualsiasi iniziativa del ministro Mariastella Gelmini «a prescindere». Il piano di dimensionamento degli istituti, con l’accorpamento di quelli con meno di 500 alunni, fu varato da Prodi quando lei era ministro della Pubblica istruzione. Ora che la Gelmini lo vuole attuare il Partito democratico l’attacca a testa bassa. Perché?</b><br />
«Si è diffusa l’idea tra gli insegnanti che si può perdere il posto di lavoro e questa ipotesi ovviamente ha alzato la tensione. Le manifestazioni di contrarietà che qualche mese fa sembravano sporadiche ora stanno crescendo. Richiamo l’attenzione del governo a non sottovalutarle. Da un lato c’è sconcerto ma è pure vero che dall’altra parte c’è un reale consenso rispetto ad alcune iniziative del governo. La contrapposizione però tende a crescere e lo sciopero generale la alimenterà. In un clima simile sarà molto difficile attuare qualsiasi provvedimento, allora mi permetto di dare un suggerimento. Fino a ora è apparso prioritario il bisogno del risparmio rispetto a quello del cambiamento: occorre ribaltare questa prospettiva con la proposta di un disegno educativo davvero rivolto al futuro».<br />
<b>Ma la sinistra non sembra disponibile al confronto.</b><br />
«Per la verità non lo sembra neanche Berlusconi. In questo clima comunque il rischio per l’opposizione è che, visto il malessere crescente, sia spinta ad arroccarsi in una posizione di difesa e non sarebbe fruttuoso né per gli interessati né per la scuola».<br />
<b>Se i risparmi sono necessari ed anche il centrosinistra riconosceva la necessità del cambiamento perché ora critica senza fare proposte alternative?</b><br />
«Anche l’opposizione deve puntare a un cambiamento profondo della nostra scuola. Mi auguro che il governo trovi il registro giusto. Il dimensionamento è un aspetto secondario non comporta neppure la perdita delle classi. Voglio ricordare che nella mia riforma dei cicli scolastici varata nel 2000 c’erano tre punti fondamentali. Si rendeva più fluido il passaggio dalle elementari alle medie. Si riduceva di un anno il corso degli studi da undici a dieci sfruttando il vantaggio della scolarizzazione già avviata nella materna. E infine il piano di ammortamento che riduceva di 100mila il numero dei docenti in cinque anni col blocco del turn over. Nessuno aveva mai osato tanto. Però contemporaneamente si arricchiva l’offerta formativa: l’inglese, la musica che stimola la creatività dei nostri ragazzi. Un risparmio straordinario che però era frutto della riforma e che fu bloccato dalla Moratti che appena insediata cancellò la riforma dei cicli».<br />
<b>Ma veramente lei fu sostituito da Tullio De Mauro quando Amato divenne premier. Insomma fu fatto fuori dai suoi...</b><br />
«È vero che sono stato sostituito ma la damnatio memoriae nei miei confronti è tutta opera della Moratti. De Mauro portò avanti la mia riforma che fu bloccata invece dal governo Berlusconi».<br />
<b>Professore, lei ha tentato di introdurre il principio del merito nella valutazione degli insegnanti, cosa che vuole fare anche la Gelmini, e il mondo della scuola le si è rivoltato contro.</b><br />
«Difendo quell’idea fino in fondo. Forse il test era un errore perché i tempi non erano maturi. Oggi grazie anche a quello che fu fatto allora forse quel passo può essere finalmente compiuto».<br />
<b>Ma lo sciopero generale proclamato dai sindacati è sbagliato?</b><br />
«Non spetta a me dare un simile giudizio. I sindacati stanno interpretando il volere della categoria. Detto questo credo che si possa e si debba ancora tentare un confronto».<br />
<b>Perché chi tocca la scuola si brucia?</b><br />
«Non credo di essermi bruciato. E vero però che la ricerca educativa in Italia è tremendamente arretrata, ancora legata all’idea classista che deriva da Giovanni Gentile. Il sapere non può essere somministrato come una purga. Lo studente non è un vaso nel quale travasare conoscenze. Lo studente deve diventare protagonista, parte attiva del processo formativo».<br />
<b>La Gelmini vuole appunto mettere lo studente al centro...</b><br />
«Penso che in questo sia sincera. Purtroppo tutti i nostri intellettuali rimpiangono la scuola del loro passato che hanno frequentato da piccoli. Invece bisogna saper guardare al futuro».
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JJMFM">Il Giornale - Francesca Angeli</a>