Openpolis - Argomento: imprenditorihttps://www.openpolis.it/2014-06-10T00:00:00ZMaurizio SAIA: VIDEO : RISPETTO DELLE LEGGI E TRASPARENZA, LE PAROLE PER PADOVA (XXI PARTE) CASSE VUOTE IN COMUNE?2014-06-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it720568Dal min 40,25 al min 40,30
Questo ancora no, ma abbiamo un altro grosso problema: abbiamo trovato un imprenditore cui è stato fatto fare in fretta e furia un lavoro di opere pubbliche/stradale, e dopo che glielo hanno fatto fare gli hanno detto che verrà pagato a 180 giorni e questo è imbufalito e non avrebbe accettato ma non sa come far fronte e questo significa che abbiamo già sforato sul patto di stabilità e ci troviamo i primi mesi ad avere grosse difficoltà..questo significa che la giunta si dovrà arrangiare anche con meno soldi ma i risultati arriveranno, ci inventeremo di tutto per non mancare anche nei primi mesi di dare segnali importanti
<br/>fonte: <a href="http://video.gelocal.it/mattinopadova/locale/maurizio-saia-rispetto-delle-leggi-e-trasparenza-le-parole-per-padova/30292/30372">video.gelocal.it</a>Maurizio SAIA: LE NOSTRE PROPOSTE PER IL LAVORO : VERSO LE IMPRESE : ASSISTENZA E TUTELA NEI RAPPORTI CON EQUITALIA2014-05-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it719327Sono molte le imprese che a causa della crisi non sono riuscite a saldare le pendenze con il pubblico e che hanno visto il loro credito gestito da Equitalia. Ferma restando la professionalità dei funzionari e dei dipendenti di Equitalia, il Comune si attiverà per aiutare, assistere e tutelare cittadini ed aziende nei confronti di Equitalia, per arrivare all’obiettivo comune di garantire sia la giusta riscossione del dovuto, sia la continuazione dell’attività degli imprenditori, per i quali è fondamentale anche la tranquillità psicologica.
<br/>fonte: <a href="http://www.saiasindaco.it/">www.saiasindaco.it</a>Maurizio SAIA: Niente passi indietro: "Io non prendo ordini"2014-03-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718109
«C'è una parte della città che non prende ordini».
Parola di Maurizio Saia, candidato sindaco sostenuto da Ncd e Cdu. «Strali» non tanto rivolti alla sinistra quanto a formazioni di centrodestra . Il fatto è che, secondo Saia, «tanti, in nome dell'unità di area, mi chiedono di fare un passo indietro: Domenico Menorello , Leonardo Padrin, Alberto Salmaso e altri . Perché solo a me? Perché sono svincolato dai partiti. Peraltro io avevo chiesto le primarie; altre forze hanno risposto all'appello con improvvisati banchetti». Una stoccata a Forza Italia, impegnata in un confronto con il Carroccio per accordi territoriali . Quanto al gruppo di imprenditori che ieri hanno dichiarato di sostenere il candidato del Carroccio Massimo Bitonci, Saia la vede così: «Ci sono imprenditori che mi sostengono. E allora? E' normale». <br/>fonte: <a href="http://www.saiasindaco.it/rassegnastampa/51-saia-niente-passi-indietro-io-non-prendo-ordini.html">www.saiasindaco.it</a>Antonio DI PIETRO: «La morte di Angelo Di Carlo, disoccupato, è una sconfitta per lo Stato»2012-08-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648217Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
«Oggi è un giorno di lutto. E' morto Angelo Di Carlo, disoccupato che si era dato fuoco davanti a Montecitorio lo scorso 11 agosto perché senza lavoro e senza speranze. E' una sconfitta per lo Stato e per le istituzioni. I suicidi tra gli imprenditori e gli operai hanno ormai raggiunto un numero altissimo e questo è inaccettabile».
<p>«Occorre riportare il lavoro al centro dell'agenda politica. Come stabilisce l'articolo 1 della Costituzione, la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro. I nostri governanti ogni tanto se lo ricordino».
<p>Lo scrive sul suo profilo Facebook il leader dell'Idv.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/ext/printNews.php?sec=News&cat=Politica&loid=3.1.3613516283">Adnkronos</a>MAURIZIO CHEMELLO: Posti di lavoro bloccati. Vincoli e burocrazia. «Ci sono regole che devo far rispettare».2012-07-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647525Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Mussolente (VI) (Partito: Popolo Liberta') - Consigliere Consiglio Comunale Mussolente (VI) (Lista di elezione: Popolo Liberta') <br/><br/><br />
«La sua azienda è stata bloccata da regolamenti che io devo far rispettare, ma tanto non sarebbe cambiato nulla per noi e per la sua ostilità verso la mia amministrazione. Da anni Biasion si rifiuta di assumere i residenti di questo Comune: ci sono almeno venti persone che hanno fatto il colloquio e si sono sentite respingere per questo motivo».<p>
Francesco Biason della Bifrangi: «Qui da noi gli imprenditori sono visti come gente da mandare in galera». <br />
Una rabbia così forte da far sì che Biason <a href="http://notizie.bassanonet.it/economia/10234.html">non voglia più assumere lavoratori locali</a>. <br /><br/>fonte: <a href="http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/21-luglio-2012/posti-lavoro-bloccati-vincoli-burocrazia-raffica-casi-veneto-2011112813927_print.html">corrieredelveneto.it</a>Furio COLOMBO: Pininfarina, addio allo stile2012-07-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646576Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
È morto l’imprenditore torinese Sergio Pininfarina. Come nascono i Pininfarina? Un operaio che conosce bene il lavoro con le mani ma allo stesso tempo lo vede e lo pensa, anche se il suo mestiere non è disegnare. Un artigiano che intuisce la forma seguendo e assecondando la resistenza della lamiera, e trova ogni volta la regola nuova e la soluzione imprevista seguendo la vocazione del materiale, che lui sente e capisce, come chi suona magistralmente uno strumento meravigliando tutti, perché non conosce la musica.
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La storia comincia dove un uomo inventa se stesso lavorando e scopre che non devi per forza fermarti perché hai fatto abbastanza bene. Scopri che, dietro l’ultima difficoltà superata, c’è altra strada, c’è un lungo percorso. Forse è a questo punto, difficile da precisare, nel curriculum di Pinin Farina, che il meccanico di grande qualità che qualunque azienda vorrebbe avere nel suo personale, diventa artista e si impossessa del suo mestiere. Sto parlando del fondatore della dinastia, che si chiamava Pinin, accorciamento dialettale e affettuoso del nome Giuseppe, e così lo chiamavano gli ingegneri, scambiandosi occhiate di ammirazione per come trovava con esattezza il rapporto (misterioso a quel tempo) fra carrozzeria e telaio, quando non esistevano strutture portanti, e le auto, anche di classe, si dividevano in “di serie” e “fuori serie”.
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Siamo nella laboriosa Torino industriale prima della guerra. Una fuori serie, in quegli anni, a Torino, era sempre Pinin Farina. Non era ancora venuto il tempo in cui la famiglia avrebbe chiesto e ottenuto che la firma, e il nome della ditta, che intanto era nata e si era affermata come fabbrica di continuo stupore e ammirazione, sarebbe stata una parola sola, “Pininfarina”, nome e cognome del geniale artigiano fondatore, in modo che non andasse perduto niente della straordinaria eredità di quel meccanico – designer tra i più creativi e, ormai, tra i più famosi del mondo.
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Siamo nel dopoguerra, affollato di lavoro, di talenti, di masse di operai che fabbricano letteralmente l’Italia nel corso di pochi anni, e di drappelli di imprenditori che si prestano a tutte le critiche e le spinte reciproche tra capitale e lavoro, tranne una. Non mollano il loro impegno di imprenditori e la loro azienda per nessuna ragione al mondo. E perciò c’è sempre – per quanto aspro il clima – una linea di congiunzione. Perché la cosa più importante per gli operai è il lavoro. Ma anche per gli imprenditori la cosa più importante è il lavoro. Ed entrambe le parti, contrapposte ma legate dal sognocontinuo del risultato, sanno che un dato luogo non è una circostanza occasionale. Per esempio Torino non è un posto come un altro, se fabbrichi automobili. Non allora, non adesso. Ma allora lo sapevano. Lo sapevano soprattutto gli imprenditori, se pensate che nel pieno del pericolo delle Brigate Rosse, Giovanni Agnelli non ha voluto mai muoversi da Torino, né lui né la famiglia. Come il fratello Umberto. Come Sergio Pininfarina, ingegnere, figlio, erede e capoazienda di quelle carrozzerie uniche per stile e funzione, che ormai avevano fatto il giro del mondo.
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E’ toccato a Sergio Pininfarina gestire l’epoca del successo, sia pure in tempi difficili. E qui troviamo due lezioni che certi eroi del nostro tempo sembrano non avere imparato. La prima è che Sergio Pininfarina è il primo imprenditore torinese a diventare costruttore per conto di grandi aziende americane, per esempio Cadillac. Flotte di container partivano periodicamente per gli Usa, ma nessun Pininfarina è mai andato in giro a dire, come forma di incoraggiamento per i propri operai, che uno di questi giorni avrebbe chiuso baracca e burattini per andare a fabbricare a Detroit, dove ti trattano meglio. Sapeva che la prima condizione per essere trattati bene a Detroit era lo straordinario lavoro che si faceva a Torino. Sapeva, dai tempi di suo padre, che erano gli operai di Torino a fargli trovare porte aperte a Detroit. Sergio Pininfarina è rimasto legato (la parola giusta sarebbe “attaccato”) alla fabbrica fino e oltre il 2000, uno che non vede esattamente la linea di demarcazione fra operai, macchine e impresa, come nei romanzi di Theodore Dreiser sulla nascita dell’industria a Chicago.
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Personalmente era semplice in modo disarmante, perché non aveva alcuna idea o voglia di celebrare se stesso (se mai il padre, se mai la sua azienda) e la nomina a senatore a vita l’aveva imbarazzato, al punto da venire pochissimo in Senato, dove io ero stato eletto in quel periodo. Parlavamo di cose torinesi e del problema, già allora pesantissimo, dell’Alta velocità in Val di Susa. Non condivideva le mie mille obiezioni, salvo una: bisogna parlare con la gente, non si può imporre un’opera così immensa e di così lunga durata (la costruzione) senza parlare con la gente. Era di “destra” ma una strana destra, senza la pretesa che vince il più forte e non se ne parla più. La sua vecchia persuasione, imparata dal padre, era che vince il più bravo. Con i Pininfarina è andata così.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1H6IOM">Il Fatto Quotidiano</a>GIUSEPPE BORTOLUSSI: “E’ un falso statistico: non è vero che gli imprenditori guadagnano meno dei dipendenti”2012-03-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626458Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Gruppo: Altro) <br/><br/><br />
“E’ un falso statistico, anzi, una forma di analfabetismo fiscale. Non è vero che gli imprenditori guadagnano meno dei dipendenti. Ancora una volta qualcuno in malafede include, nel dato medio usato per dimensionare il reddito di un lavoratore dipendente, anche quelli percepiti dai magistrati, dai manager privati e pubblici, dai dirigenti privati/statali, dai professori universitari, etc. etc. Categorie, queste ultime, che alzano abbondantemente il dato reddituale medio. Se, invece, il confronto viene eseguito, ad esempio, tra il reddito di un artigiano e quello di un suo dipendente, si scopre che il primo guadagna il 42% in più del secondo”.
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E’ questo il primo commento rilasciato dal segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che contesta la comparazione statistica, effettuata tendenziosamente dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, tra i redditi degli imprenditori e quelli dei lavoratori dipendenti.
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Nel 2010, il reddito medio di un lavoratore dipendente, secondo il Dipartimento delle Finanze, è stato pari a 19.810 euro. Ma il reddito di un operaio con 10 anni di anzianità che lavora presso una ditta artigiana è stato, invece, di 15.505 euro (-21% rispetto al reddito medio nazionale). Ebbene, se consideriamo che una ditta individuale artigiana ha dichiarato mediamente 22.000 euro di reddito, essa ha dichiarato il 42% circa in più del suo dipendente.
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“Infine – conclude Bortolussi – se si tiene conto che il reddito medio di un imprenditore del Nord supera del 50% circa quello di un collega del Sud, che il 70% degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, che il dato medio reddituale medio è abbassato dalla nati/mortalità delle imprese e dallo splitting familiare<b>(*)</b>, non è assolutamente uno scandalo, vista la crisi in atto, che un imprenditore dichiari mediamente a livello nazionale poco più di 18.000 euro l’anno”.
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<b>(*)</b> Lo splitting consente di dividere il reddito tra familiari. Pertanto, questa operazione fiscale abbassa il dato medio reddituale.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.cgiamestre.com/2012/03/bortolussi-%E2%80%9Ce%E2%80%99-un-falso-statistico-non-e-vero-che-gli-imprenditori-guadagnano-meno-dei-dipendenti%E2%80%9D/">CGIA Mestre</a>GIUSEPPE BORTOLUSSI: “Stop ai suicidi di piccoli imprenditori: 50 in tre anni sono troppi”2012-03-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626459Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Gruppo: Altro) <br/><br/><br />
“Dopo l’ennesimo suicidio di un piccolo artigiano veneziano per mancanza di liquidità, è giunto il momento che le banche non lascino più nessuno da solo. Dopo gli ingenti aiuti dati dalla BCE ai nostri istituti di credito è bene che questi soldi vengano prestati all’economia reale, ovvero alle famiglie e alle imprese”.
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Sono queste le prime dichiarazioni rilasciate da Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA, dopo il caso di Ivano Polita, artigiano di Noventa di Piave, che ha deciso di togliersi la vita per mancanza di liquidità.
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“Questo gesto estremo – prosegue Bortolussi – va ad aggiungersi alla cinquantina di casi che si sono verificati nel Veneto negli ultimi 3 anni di crisi economica. E’ giunto il momento che le parti sociali , la politica e tutti i soggetti attivi facciano quadrato e affrontino con determinazione questo dramma sociale”.
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Sicuramente, sottolineano dalla CGIA, qualcosa si è rotto.<br />
“Quando famiglia e impresa sono tutt’uno, come qui nel Veneto, – prosegue Bortolussi – non c’è più nessuna distinzione di ruoli. Piccoli imprenditori e i loro lavoratori dipendenti sono la stessa cosa: il dramma e le difficoltà degli uni è condiviso anche dagli altri. Per questo, di fronte al gesto estremo di molti piccoli imprenditori, mi balza agli occhi una cosa: Il lavoro è vissuto come un valore in grado di garantire il benessere proprio e quello dei collaboratori. Quando questa certezza viene a mancare, il rischio che l’impalcatura sociale su cui abbiamo costruito la nostra fortuna ci cada addosso, e questo porta molte persone a compiere quel gesto estremo.”
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Oltre all’analisi di questo triste fenomeno, la CGIA dà anche un consiglio a chi si trova in serie difficoltà economiche.<br />
“Oltre a ridefinire il ruolo e le funzioni delle banche, mi permetto di consigliare a chi si trova in difficoltà – conclude Bortolussi – di rivolgersi anche presso le associazioni degli artigiani, degli industriali o dei commercianti. Con i loro sportelli sono presenti diffusamente su tutto il territorio e sono in grado di intercettare i problemi e trovare le soluzioni più adatte per risolverli. Con i loro organismi del credito sono nelle condizioni di dare una mano a chiunque si trovi in difficoltà. Sono un’ancora di salvataggio per tutti coloro che da imprenditori e padri di famiglia, si trovano ogni giorno a dover affrontare le difficoltà rese più aspre dalla crisi che interessa il nostro Paese”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.cgiamestre.com/2012/03/bortolussi-%E2%80%9Cstop-ai-suicidi-di-piccoli-imprenditori-50-in-tre-anni-sono-troppi%E2%80%9D/">CGIA Mestre</a>Maurizio SAIA: Pagamenti ritardati: Transazioni commerciali tra imprenditori privati e pubblica amministrazione2012-02-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it624222Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) <br/><br/><br />
Il Senato,premesso che: i pagamenti nelle transazioni commerciali tra imprenditori privati e tra gli stessi e la pubblica amministrazione in Italia avvengono con ritardi enormi, ormai apertamente in spregio non solo agli usi e consuetudini dei settori produttivi e commerciali ma anche alle clausole previste nei contratti.
<p>Quello dei ritardi nei pagamenti non è un problema nuovo. È sempre esistito, ma negli ultimi anni ha assunto una dimensione veramente esagerata;
l'Italia è purtroppo al primo posto nella classifica negativa per i ritardi nei pagamenti.
<p>Ritardi che per l'intero sistema economico rappresentano un costo quantificabile approssimativamente in 900 milioni di euro all'anno (secondo il rapporto annuale dello European Payment Index). Secondo altre indagini promosse in Italia, circa l'80 per cento delle mprese dichiara di subire ritardi generalizzati nei pagamenti, con relativi aumenti nei tempi medi d'incasso e connessi aumenti dei costi di ricorso al credito.
<p> C'è poi il capitolo a parte delle amministrazioni pubbliche, nei confronti delle quali le molte ricerche e indagini svolte dicono che i crediti delle imprese ammontano complessivamente a circa 60-70 miliardi di euro; a fronte del ritardo di un pagamento, avviare un procedimento giudiziario per un'impresa rappresenta un costo immediato per un beneficio incerto e molto dilazionato nel tempo, e quindi non risulta economicamente conveniente soprattutto se si tratta di una piccola impresa.
<p>Qui emerge il tema dell'efficienza e dell'efficacia del sistema giudiziario italiano che potrebbe meglio contribuire a favorire la crescita; il fenomeno dei pagamenti in ritardo ha un impatto negativo anche sugli scambi commerciali all'interno dell'Unione europea, in quanto la vendita di beni e di servizi in altri Stati dove i pagamenti sono tardivi e incerti, ancorché membri della UE, viene considerata più rischiosa. E il ricorso a strumenti di assicurazione del credito assorbe una quota notevole del margine di profitto, in particolare per le piccole imprese; i ritardi pesano sempre di più sulla liquidità e sulla solidità finanziaria degli operatori economici coinvolti, arrivando in certi casi a comprometterne la sopravvivenza. Le piccole e medie imprese (PMI) sono le più colpite dal fenomeno dei ritardi dei pagamenti, anche perché, viste le difficoltà di accesso al credito, soprattutto nell'attuale periodo caratterizzato da una crisi economica mondiale, dispongono di risorse finanziarie limitate; la situazione in molti casi è paradossale, perché proprio le PMI, a causa di questo malcostume, non solo subiscono ritardi ripetuti e sempre più frequenti nei pagamenti, ma loro malgrado assumono di fatto il ruolo di finanziatori delle grandi imprese e delle amministrazioni pubbliche, impegna il Governo:
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a dare un'immediata regolamentazione alla materia dei pagamenti nelle transazioni commerciali, con l'obiettivo, da un lato, di assicurare una giusta tutela alla parte più debole dei contratti, cioè le PMI, e, dall'altro lato, di garantire l'interesse generale rappresentato dal corretto ed ordinato svolgimento dell'attività economica e dalla rimozione di quello che è un vero e proprio freno alla crescita economica, visto che l'economia italiana è caratterizzata da una presenza capillare delle PMI, che ne costituiscono il vero e proprio motore;
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a garantire che tale regolamentazione sia immediatamente applicabile a tutti i pagamenti derivanti da transazioni commerciali, siano esse tra privati o tra privati e pubblica amministrazione;
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a recepire le norme europee contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e contribuire, così, all'attuazione dello «Small Business Act for Europe» (COM(2008)394), il cui obiettivo è la realizzazione di un miglior contesto giuridico ed amministrativo per le PMI;
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a varare, in definitiva, misure volte a dare un'efficace soluzione alla problematica esposta, tenendo possibilmente anche conto del disegno di legge Atto Senato 2509, presentato il 22 dicembre 2010.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=627208">www.senato.it</a>Renato BRUNETTA: «Farabutto chi assume gli immigrati in nero» 2009-11-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it452471Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro PA e innovazione (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Gli imprenditori che prendono gli immigrati in nero "sono farabutti". <br />
Ad affermarlo è il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, secondo il quale un alleggerimento della pressione fiscale in questo caso non serve. "La differenza non è in un taglio del 5 o del 10% dei contributi - ha affermato intervenendo ad una trasmissione su radio-Rtl - ma sul fatto di essere farabutti o persone perbene. <br />
I lavoratori immigrati in nero sono dovuti alla nostra cattiva economia, sono l'altra faccia della nostra cattiva coscienza".
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Gli imprenditori farabutti, sempre secondo il ministro, "invece di pagare 100 pagano 10, quindi se io li faccio pagare 90 non c'é competizione". Il ministro si è poi detto favorevole ad anticipare prima dei dieci anni, l'ottenimento della cittadinanza italiana da parte degli immigrati, purché virtuosi. "La cittadinanza va considerata come un premio per chi progetta la sua vita nel nostro Paese condividendone i valori e i diritti, questo percorso va verificato in maniera corretta e, se vi sono le condizioni, è possibile anticipare il tempo necessario per l'ottenimento della cittadinanza".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2009/11/29/visualizza_new.html_1622144309.html">ansa.it</a>CARLO DE MARCHI: Del Vecchio e la cantieristica a Fano2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388639Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Fano (PU) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) <br/><br/><br />
Incredibili ed inconcepibili le reazioni di Del Vecchio , di altri componenti della giunta e della maggioranza di fronte alla crisi della nautica. Più volte nei dibattiti consigliari, mi spiace fare sempre la figura del grillo saggio, ma gli atti lo dimostrano, ho richiamato sulla fragilità di questa attività imprenditoriale nel nostro territorio,perché importata e con scarse radici tradizionali, poichè non rispondeva a richieste di manodopera locale, poichè induceva una forte immigrazione da creare , così violenta e rapida, non pochi problemi di carattere sociale. <br />
Ho anche sottolineato che non avrebbe risposto anche alle istanze di una professionalità avanzata, come oggi richiesta dai giovani fanesi in gran parte laureati o formati prevalenemente ad un terziario avanzato e costretti in molti casi ad “emigrare” in altre città se non all’estero. Dai banchi della maggioranza, ma anche della minoranza, si è più volte levato un coro di dissenso a queste mie parole, affermando che dietro alla cantieristica venivano a trovare risposte anche molte delle domande di lavoro dei giovani locali. <br />
Oggi l’Assessore Del Vecchio sembra fare marcia indietro ed afferma che se chiudono i cantieri non importa perché i lavoratori con professionalità non risentiranno della crisi. La verità è che la giunta sta navigando a vista, non ha mai espresso con chiarezza una linea politica organica e coerente su questo argomento. Sorrido su la tanto decantata e battagliata strada delle barche, a che servirà ora? Ormai il dato della situazione critica si legge chiaramente. Ci sono giornate che vedono al Centro per l’impiego 60/80 persone al giorno che sono state licenziate e cercano lavoro. L’amministrazione Comunale di Fano si è isolata, non riceve i sindacati, non ha una progettualità su come affrontare l’emergenza come sociale, basta vedere come naviga la Fondazione Fano Solidale e come Del Vecchio non ha un’idea di quello che sarà nei prossimi mesi il suo servizio. Continuano a delegare alla Caritas compiti di supplenza o meglio di mettere le pezze alla situazione ogni giorno più difficile.
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Manca un tavolo di coordinamento, se fino ad all’anno scorso questo poi era un modo di galleggiare, ora andiamo certamente a fondo. Non eravamo assolutamente convinti, e continuiamo ad essere perplessi, sulle dimensioni che tale settore manifatturiero ha raggiunto nella nostra città, ma ormai, realisticamente , siamo in ballo e dobbiamo ballare; è ora che l’amministrazione si prenda le sue responsabilità e gestisca questa crisi affrontando le imprese avvertendole che non possono fare il bello e cattivo tempo, che c’è una realtà sociale ed amministrativa che in qualche modo in questi anni ha strutturato territorio, PRG servizi ed economie su una base che improvvisamente non può venire a mancare. Noi di BC crediamo più che mai che sia tempo di dialogare tra le forze politiche, le realtà sociali e sindacali per avviare un piano programmatico serio per la tutela dei lavoratori di questo comparto e per un’ampia strategia economico imprenditoriale nel nostro territorio.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.benecomune.it/2009/02/05/del-vecchio-e-la-cantieristica-a-fano/">benecomune.it</a>Antonio MARTINO: Libia. Non ci saranno rimborsi alle imprese danneggiate. “Una resa al predone del deserto” - INTERVISTA2009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388433Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
Sono praticamente vicine allo zero per gli imprenditori italiani creditori della Libia le possibilità di spuntarla in Senato. E ottenere i dovuti risarcimenti di cui nel Trattato di Amicizia, Parternariato e Cooperazione Italia-Libia, siglato dal premier Silvio Berlusconi a Bengasi con il Colonnello Gheddafi e già approvato alla Camera, non si fa alcuna menzione. Ne è certo il deputato del Pdl ed ex ministro degli Esteri e della Difesa Antonio Martino convinto, invece, del rischio reale che questo accordo, definita “una resa ad uno squallido dittatore” pagata con soldi sottratti agli investimenti interni e ai contribuenti, possa avere conseguenze concrete sulla collocazione dell’Italia nell’Alleanza Atlantica.<br />
<b>
In Aula alla Camera lei è stato uno dei pugnaci contestatori del Trattato Italia Libia che oggi passa a Palazzo Madama. Come stiamo chiudendo il contenzioso storico e politico che dura da decenni con la Libia?</b><br />
“Voglio premettere che questo trattato non è stato partorito da questo governo, non so chi lo abbia redatto fisicamente ma l’idea è di Massimo D’Alema. Da anni Gheddafi premeva per gli indennizzi ai danni coloniali. Con l’obiettivo concreto di iniziare la costruzione dell’autostrada alla cui realizzazione parteciperanno le imprese italiane. Il governo Berlusconi del 2006 aveva risposto picche ma ora, a prescindere da chi lo abbia redatto nella sua stesura definitiva, l’attuale esecutivo ha purtroppo fatto proprio un Trattato che regala una cifra spropositata ad un predone del deserto che ha cacciato gli italiani che avevano investito nel suo paese, letteralmente saccheggiandone le proprietà ed è stato protagonista di scandalose vicende di terrorismo”.<br />
<b>200milioni di euro l’anno per 20 anni per quello che si preannuncia un patto scritto sulla sabbia...</b><br />
“Elargire 4 miliardi di risarcimento alla Libia è inconcepibile per la dignità di un grande paese. Il destinatario è un individuo inqualificabile che, secondo talune fonti, ha strani collegamenti con la Russia”.<br />
<b>
Il denaro tornerebbe al nostro paese attraverso i lavori delle imprese italiane che lavoreranno in Libia?</b><br />
“Il problema, come ho già avuto modo di dire in aula, non è dove andranno i soldi ma da dove vengono. Si tratta di denaro sottratto alle tasche degli italiani, in uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni per la nostra economia e sottratti agli investimenti interni”.<br />
<b>Nel trattato non si fa cenno al risarcimento cui gli imprenditori italiani creditori della Libia avrebbero diritto. Oggi in Senato le attese dell’AIRL si concentrano su un ordine del giorno che impegni il governo ad approvare i due ddl da mesi all’esame della VI Commissione in cui si chiede allo Stato la garanzia sovrana sul defalcamento dalle quote annue a favore della Libia dei crediti accertati delle aziende creditrici per cinque anni. Tra l’altro la cifra richiesta è notevolmente inferiore all’ammontare del credito reale maturato.</b><br />
“Guardi, gli ordini del giorno spesso sono soltanto carta straccia per la cui discussione e votazione si finisce sempre per perdere tempo e che vengono regolarmente disattesi. La mia previsione è che, purtroppo, non accadrà nulla”.<br />
<b>Il governo non ha badato a spese ma la contropartita prevede anche forniture di gas e petrolio e la garanzia di porre fine all’immigrazione clandestina verso l’Italia.</b><br />
“La sostanza non cambia, il Trattato italo-libico è una resa dell’Italia ad uno squallido dittatore. L’aspetto più grave è che, accettando il vincolo di non concedere l’uso delle basi militari presenti sul nostro territorio, rischia di essere incompatibile con la nostra adesione al Patto Atlantico, il cui articolo 5 impegna i paesi aderenti alla Nato a difendere, anche attraverso l’uso delle proprie basi militari, gli altri paesi membri, dall’eventuale attacco di una altro paese. Quanto alla lotta all’immigrazione clandestina nutro seri dubbi sull’efficacia della collaborazione italo-libica e sulle garanzie date dal Colonnello Gheddafi”.<br />
<b>Nella contratta discussione alla Camera in molti interventi si è evidenziato il fatto che i pattugliamenti da parte delle nostre forze armate e, ciò che allarma di più, dall’esercito libico, avverranno molto lontano dalle nostre coste, al di fuori di qualsiasi monitoraggio e controllo internazionale satellitare...</b><br />
“Il controllo internazionale è sicuramente importante ma ritengo sia accessorio e secondario rispetto all’intero impianto del trattato, che ripeto, rischia di porci fuori dal rispetto dei vincoli Nato”.<br />
<b>Prevede ripercussioni o sanzioni in sede Nato per una tale violazione degli impegni sottoscritti dal nostro paese con l’adesione al Patto Atlantico? Non c’è il rischio che si sbilanci il quadro internazionale delle alleanze militari e politiche del nostro paese?</b><br />
“Sinceramente non so bene cosa succederà. Ma è certo che l’Italia non può firmare un accordo che la colloca in una posizione di contrasto con gli impegni assunti dal nostro paese in ambito Nato”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KKVU9">L'Opinione - Barbara Alessandrini</a>Paolo GIARETTA: «Non sono d'accordo con alcuni imprenditori veneti che intendono boicottare le elezioni provinciali»2009-01-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388422Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Padova - ''Non riesco proprio ad essere d'accordo su questa proposta di non andare a votare alle provinciali''. Il senatore Paolo Giaretta, Segretario Regionale del PD Veneto, interviene rispetto; l'intenzione annunciata da alcuni imprenditori veneti, di boicottare le prossime elezioni provinciali.
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''Non buttiamo via la buona abitudine di andare a votare - e' l'appello di Giaretta -. Pur per un ente piu' amministrativo che politico come la Provincia, non e' indifferente il giudizio su chi sara' presidente. Ritengo che Davide Zoggia, Sergio Reolon, Federico Saccardin siano stati dei buoni presidenti, innovativi e saggi. Al cittadino e' stato dato il potere dell'elezione diretta: perche' dobbiamo buttare via questo potere di giudicare nel merito le persone ed i programmi'? Tra l'altro in questa regione fortemente centralista in cui viviamo un po' di pluralismo istituzionale fa bene alla democrazia ed all'efficienza delle istituzioni''.
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''Nel merito dell' abolizione delle Province - conclude Giaretta - penso che sia un tema che la politica possa affrontare con serieta'. Ad esempio con una riforma che renda le Province enti facoltativi di decentramento regionale, al limite di carattere non elettivo, lasciando alle Regioni la scelta e l'onere del loro funzionamento. Ma intanto contribuiamo tutti ad eleggere buoni presidenti. Puo' essere proprio questa l'occasione di un dibattito serio e di metodo sul ruolo delle Province, che ci permettera' di discutere seriamente sul loro superamento''.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/regioni-PROVINCE__PD_VENETO__IMPRENDITORI_SBAGLIANO_A_BOICOTTARE_ELEZIONI-362831--.html">Asca</a>Massimo CALEARO CIMAN: Lavoro gratis per lo Stato: «Sì, ma solo dopo la crisi» - INTERVISTA [Link all'interno. Dichiarazione di Tomat, Confindustria]2008-12-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383210Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PT già IR) <br/><br/><br />
Raccolgo la proposta di Tomat:
«Ottima idea, ma oggi poche imprese potrebbero aderire»<br />
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Vicenza - A volte per capire molte cose basta un caffè con un amico che vive da anni in una regione lontana come la Sicilia. Per capire ad esempio che c’è sempre qualcuno che se la passa peggio. Massimo Calearo quel caffè l’ha bevuto nella sua Vicenza pochi giorni fa in compagnia di un collega imprenditore che opera da tempo nel Sud: «Gli ho chiesto come stanno vivendo la crisi economica da quelle parti, e lui mi ha dato una risposta molto pragmatica. "In Sicilia ci sono cento problemi, la crisi economica è il centounesimo"».
Calearo, parlamentare del Pd ed ex presidente di Finmeccanica e di Confindustria Vicenza, vuole essere altrettanto pragmatico nel commentare la <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=39615">proposta-provocazione</a> lanciata la vigilia di Natale da Andrea Tomat in un’intervista al Gazzettino: «Altro che settimana corta - aveva detto il presidente della Fondazione Nord Est e futuro leader di Confindustria veneto - questo è semmai il momento di lavorare di più, e magari di regalare qualche giorno al Paese per risanare il debito pubblico».<br />
Calearo raccoglie la provocazione ma, pragmaticamente, la rinvia a tempi migliori: «È sicuramente una proposta da prendere in considerazione ma temo che possa e debba essere attuata solo quando la crisi avrà superato la sua fase più acuta, e ci sarà la ripresa».<br />
<b>Quindi non ritiene che sia una proposta irrealizzabile?</b><br />
«Tomat è una persona che conosco e che stimo moltissimo, e mi auguro con tutto il cuore che la sua provocazione possa realizzarsi. Perché vorrebbe dire che i mercati hanno ripreso a funzionare. È giusto che da imprenditore in questo momento veda il bicchiere mezzo pieno; ma la situazione reale dice che la crisi c’è, e che soprattutto le piccole e medie imprese non hanno lavoro perché non hanno ordini. Se non ci sono ordini, cosa si produce a fare?».<br />
<b>Il governatore del Veneto Giancarlo Galan ha dato alla proposta di Tomat un significato "etico", che prescinde dal suo valore economico: un rilancio proprio per "sfidare" la crisi.
</b><br />
«Lavorare di più e dare quella parte allo Stato per sanare i suoi, i nostri, debiti è sicuramente etico; ma in un momento così difficile, con un 2009 che si annuncia molto nero e un rapido aumento del numero di lavoratori che andranno in cassa integrazione, le imprese che vanno bene e che potrebbero aderire a una simile proposta sono poche. La maggioranza va male, e per queste vanno cercate altre soluzioni».<br />
<b>Come la "settimana corta"?</b><br />
«La proposta del ministro Sacconi dimostra che finalmente tutti, anche nel Governo, si sono resi conto che la crisi è globale: dobbiamo essere più vicini a chi è in difficoltà, ai terzisti, a chi perde il lavoro. La proposta di "lavorare meno ma lavorare tutti" ha un senso di fronte a una crisi profonda, a patto però che sia transitoria e concordata situazione per situazione».<br />
<b>Quindi, adesso la "settimana corta" e quando ci sarà la ripresa "lavorare di più"?</b><br />
«La settimana corta è una cura palliativa in una situazione di crisi che ha molte analogie con quella devastante del 1929. All’epoca durò cinque anni, stavolta la velocità dei cambiamenti farà sì che duri al massimo un anno o due. Rafforzerà i più forti e indebolirà i più deboli, e la politica deve fungere da punto di equilibrio per evitare disparità. Poi, quando si potrà ricominciare a parlare di competitività è ovvio che dovremo puntare sulla produttività e quindi diventerà di attualità la proposta di Tomat.
Ma ripeto, finché non ci sono gli ordini, c’è poco da competere: dobbiamo difenderci, cercando soprattutto di evitare che si inaspriscano gli animi e che non si ripetano qui situazioni preoccupanti come quelle che abbiamo visto accadere in Grecia».
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<b>
Anche lei, come Tomat e un mese fa Riello, teme che l’acuirsi della crisi possa determinare tensioni sociali pericolose?</b><br />
«È un dato di fatto. Così come è evidente che chi nel Nordest subirà gli effetti della crisi non potrà più accettare situazioni come quelle di Alitalia o sprechi nelle amministrazioni pubbliche.<br />
Queste sono terre solidali, fortemente impegnate nel volontariato: siamo vicini agli ultimi, la pace sociale creata in questi anni anche con gli immigrati è stata resa possibile dalla forte presenza del lavoro. Ma se viene a mancare si può acuire un malessere in particolare nelle fasce più deboli e negli immigrati».<br />
<b>
Le reazioni di molti lettori alla proposta di Tomat denunciano una sfiducia totale nello Stato.</b><br />
«È una la reazione comprensibile di una società che ha paura. Proprio in questi giorni sto leggendo un libro sulla vita di Kennedy, e condivido ciò che ha detto Galan riportando le parole del presidente americano: "Non chiederti ciò che il tuo Paese può fare per te, ma ciò che tu puoi fare per il tuo Paese". Dobbiamo ritornare a ciò che avevamo una volta, il senso civico dello Stato. Stiamo vivendo in un clima di caccia alle streghe, e si riflette nella critica al sistema.<br />
È evidente che ci sono distorsioni, ma è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio. Perciò, ricominciamo dai fondamentali: ad esempio, chi paga le tasse sia considerato un cittadino di serie A invece che uno stupido. Questa parte del Paese è fatta di gente onesta che è stanca di fare la figura dello stupido.<br />
È necessario un colpo di reni, una botta di orgoglio per dimostrare quanto siamo bravi e onesti: oggi vince l’esempio più che la critica, e in questo senso noi abbiamo tante carte da giocare».<br />
<b>
Ma tra i commenti ce n’è anche per voi imprenditori: quando l’economia tirava avete delocalizzato per guadagnare ancora di più, e adesso chiedete sacrifici comuni.</b><br />
«Ricordo che la delocalizzazione ha avuto inizio negli anni in cui non si trovava manodopera. Ma è anche vero che la delocalizzazione intesa come semplice ricerca di operai a costo più basso non ha avuto senso; infatti ben presto le aziende sono andate all’estero solo per aprire basi produttive destinate a nuovi mercati.<br />
Anche in questo caso, dobbiamo ritornare ai fondamentali, all’impresa, alla produzione: è finito il tempo in cui ci si vergognava di dire "faccio il metalmeccanico", è il momento dell’orgoglio».<br />
<b>Non crede che la ripresa debba anche passare attraverso la fine della speculazione sui prezzi al consumo? La gente non compra perché non ce la fa, non perché non ha voglia.
</b><br />
«È palese che il passaggio all’euro ha scatenato una speculazione molto superiore ai dati dell’inflazione ufficiale. La mia azienda ha un ufficio a Parigi, e ho rappresentanze in Spagna e Slovacchia: i nostri ingegneri hanno registrato in Francia un aumento dovuto al passaggio dal franco all’euro del 5-6%, in Spagna del 15-18%, in Slovacchia si prevedono aumenti del 6%. In Italia è stato del 100%.<br />
Altrove si sono preparati al cambio rendendo obbligatoria l’esposizione per un anno dei prezzi con la doppia valuta: sarebbero bastate cose semplici, di buon senso».<br />
<b>Sarà possibile tornare indietro, o rimediare?</b><br />
«In alcuni Paesi come l’Inghilterra i prezzi al dettaglio sono crollati. Lo scorso 8 dicembre sono andato a Londra, e ho acquistato lo stesso modello di scarpe che due anni fa in quello stesso negozio avevo pagato 300 sterline: stavolta erano in vendita a 160 sterline, con uno sconto ulteriore del 50%. Ho speso 80 sterline. Era pieno di italiani. Se vogliamo rilanciare i consumi anche qui, è chiaro da dove cominciare...».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=39854">Il Gazzettino - Ario Gervasutti</a>GIANCARLO GALAN: Settimana corta lavorativa. «Regalare 10 giorni allo Stato provocazione "etica", serve ottimismo» - INTERVISTA2008-12-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383211Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Veneto (Partito: FI) - Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: FI) <br/><br/><br />
«Proposta condivisibile: è il Nordest che non piange. Come Kennedy: chiediamoci cosa possiamo fare per il Paese»<br />
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VENEZIA - Fuori dalla finestra di casa vede i colli Euganei coperti dalla neve caduta durante la notte, e il cielo pulito come non mai: «È inevitabile, dopo il maltempo viene sempre il sereno». Giancarlo Galan applica una metafora climatica alla situazione economica, e la sua convinzione ottimistica è rafforzata dalla "provocazione" lanciata la vigilia di Natale da <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=39615"> Andrea Tomat nell’intervista al Gazzettino</a>: «Altro che settimana corta - aveva detto il presidente della Fondazione Nordest e prossimo leader di Confindustria veneto - questo è il momento di lavorare di più, e magari anche gratis per qualche giorno da regalare al Paese per risanare il deficit. È il momento di investire e non di frenare». Il governatore del Veneto raccoglie la sfida di Tomat, e ne dà un’interpretazione "etica".<br />
<b>È una proposta o una provocazione?</b><br />
«Io la leggo come una provocazione etica, perché richiama a un atto individuale, a una scelta personale, quasi volontaria. Non so nemmeno se l’idea di lavorare dieci giorni in più per "regalarli" alle casse dello Stato abbia una consistenza dal punto di vista economico, nè mi interessa saperlo. Magari si tradurrebbe in una cifra sostanzialmente insignificante».<br />
<b>Allora, a che servirebbe?</b><br />
«A dimostrare nei fatti la volontà di crescere. Mi ha colpito quel "lavoriamo di più, impegnamoci di più": dà il senso di quello che è stato e continua ad essere il vero valore del Nordest, qui viene fuori l’anima profonda del Veneto che non piange, si rimbocca le maniche, agisce quasi in contropiede. Qui è il senso etico, civile, di chi si mette a fianco dello Stato per risolvere i problemi di tutti. Senza questa cultura, questa formazione mentale, il Nordest non avrebbe fatto la strada che ha fatto. È un incoraggiamento a non essere passivi».<br />
<b>
Sul tavolo del dibattito politico ed economico c’è però anche una proposta per certi versi "contraria": lavorare di meno per lavorare tutti, con le giornate perse pagate dalla Cassa integrazione dello Stato.</b><br />
«Non credo che si esca dalla crisi arretrando. I posti di lavoro si creano producendo di più e meglio».<br />
<b>
Ma quando è il caso, si deve anche saper giocare in difesa: e questo sembra essere il caso...</b><br />
«Si può e si deve giocare in difesa eliminando gli sprechi. Una crisi può fare anche bene se finalmente si eliminano i parassitismi che appesantiscono la situazione economica del Paese».<br />
<b>
Si riferisce a ciò che emerge dalla ricerca della Fondazione Nord Est, che disegna sostanzialmente un Paese allo sbando tranne quest’area nella quale sarà difficile far digerire ancora situazioni come quella dell’Alitalia o di certe amministrazioni del Sud?</b><br />
«Mi auguro che la questione Alitalia sia stata una scelta obbligata, analoga a quelle prese un po’ in tutto il mondo per alcune aziende-chiave. Il presupposto per far tabula rasa di tutto ciò è il federalismo fiscale. La sua attuazione immediata potrebbe salvare il Paese se governata nel modo giusto. Responsabilità non è una parola vuota: si traduce in efficienza e risparmio. Il Veneto ha 2.500 dipendenti regionali, la Sicilia 18mila: non serve continuare...».<br />
<b>Intanto la Provincia di Trento ha inserito a bilancio 800 milioni, pari al 5% del Pil trentino, da destinare a sostegno di imprese e lavoratori. Se potesse farlo il Veneto, sarebbero 7 miliardi e mezzo di euro.</b><br />
«Trento fa ciò che è nei suoi poteri. Con Dellai abbiamo rapporti estremamente positivi, ma io continuo a sentirlo come un privilegio inaccettabile. Ecco perché reclamo un federalismo fiscale immediato».<br />
<b>
Il ministro Calderoli garantisce che sarà operativo, ma non prima di cinque anni.</b><br />
«No, bisogna accelerare. Perché altrimenti non ne veniamo fuori: ci sono molti segnali preoccupanti. Se gli enti locali non sono in grado di affiancare il loro territorio in momenti fondamentali, come avviene in Trentino... Il massimo che noi abbiamo potuto fare è stato modellare i nostri strumenti sulle esigenze delle imprese: Veneto strade, Veneto sviluppo, Veneto agricoltura servono a questo. Fanno scelte per lo sviluppo, non dettate dal clientelismo e dal malaffare. Purtroppo altrove c’è un malaffare esterno alla Pubblica amministrazione che sa come succhiare risorse, e una classe politica sottomessa a quel malaffare».<br />
<b>Ritorniamo alla "provocazione" di Tomat: come si giustifica, dal momento che la produzione ha rallentato drasticamente? Si andrebbe a lavorare, ma il lavoro non c’è.</b><br />
«Non c’è lavoro perché c’è paura, una paura diffusa dalle banche a chi va a fare la spesa. Per questo è fondamentale il messaggio di ottimismo: il "New Deal" di Roosvelt aveva già nel nome "nuovo corso", il senso della prospettiva. E il boom degli anni Sessanta è stat legato all’euforia che ha pervaso tutta la società italiana. Nella proposta di Tomat leggo la stessa volontà di reazione».<br />
<b>
Uno può essere ottimista finchè si vuole, ma quando vede i prezzi nei negozi raddoppiati rispetto a sei anni fa e li confronta con gli stipendi che sono rimasti praticamente uguali...</b><br />
«È vero, ci sono state speculazioni. Ma non ho elementi per analizzarle tecnicamente: la mia è una sensazione superficiale, analoga a quella secondo la quale vedo ovunque ristoranti affollati o stazioni sciistiche esaurite. Ma non bastano le sensazioni per stabilire la realtà».<br />
<b>Sul nuovo sito internet del Gazzettino i lettori si sono divisi sulla proposta di Tomat: nel sondaggio prevalgono i favorevoli, ma nei commenti si leggono molti contrari anche con motivazioni drastiche. C’è chi dice che siamo ritornati ai tempi dell’"oro alla Patria".</b><br />
«Io ci leggo Kennedy, non Mussolini: "Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, ma cosa puoi fare tu per il tuo Paese". È uno scatto d’orgoglio, un contropiede».<br />
<b>C’è anche chi replica invitando piuttosto gli imprenditori a vendere auto e ville di lusso.</b><br />
«La stragrande maggioranza dell’imprenditoria del Nordest è composta da persone che prima erano dipendenti, operai; gente che si è fatta da sola, con la propria forza, creatività, determinazione».<br />
<b>E cosa dovrebbero fare, adesso, quegli imprenditori?</b><br />
«Quel che stanno dicendo in queste settimane i Tomat, i Riello: non spaventarsi, crederci, cercare tutti i sostegni possibili, dialogare con le istituzioni, fare esattamente il contrario dei sedicenti sindacati che l’altro giorno hanno bloccato Fiumicino. Non chiudersi in loro stessi ma guardare avanti. Non c’è nulla di retorico in questo».<br />
<b>E basterà?</b><br />
«Ciò che succederà nel Nordest non dipenderà certo solo da noi. Gli Stati Uniti di Obama dovranno ripensare il loro ruolo internazionale, e da ciò ne seguiranno anche nuove scelte economiche. Mi auguro che dalla crisi si rafforzi la cooperazione internazionale e si sviluppino orizzonti di pace nel mondo; è da scenari di pace che le imprese possono ricavare benefici, non dalla guerra. L’Europa politicamente non è forte, è divisa: ma è un gigante economico. La costituzione di regioni economiche integrate su scala continentale possono dare una svolta in senso positivo alla crisi che stiamo vivendo. Perciò confido che siano abbattuti gli ostacoli che si frappongono alla costituzione dell’Euroregione».<br />
<b>
Ma di fronte a questi scenari, a cosa possono servire dieci giorni di lavoro in più "donati allo Stato"?</b><br />
«Non ha importanza. Ciò che conta è il segnale: e per chi lo sa leggere è un segnale di ottimismo».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=39749">Il Gazzettino - Ario Gervasutti</a>Roberto MARONI: Escluso dagli appalti chi non denuncia il racket2008-11-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382205Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Lega) - Ministro Interni (Partito: Lega) <br/><br/> <br />
<b>Le nuove norme nel ddl sicurezza: l’imprenditore che non segnalerà i ricatti, perderà il lavoro e sarà fuori dalle gare</b><br />
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ROMA - L’imprenditore che non denuncia il ricatto mafioso o la richiesta di pizzo perderà l’appalto pubblico e per tre anni rischia di non partecipare alle gare bandite dagli enti pubblici. Alla sanzione dell’espulsione dell’imprenditore, decisa dalla Confindustria siciliana, si aggiunge ora questa “sanzione amministrativa”, che stabilisce l’obbligo della denuncia. Così come le auto sequestrate alla malavita potranno essere utilizzate dalle forze di polizia, che le avranno in manutenzione. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni cita queste due novità, contenute nel disegno di legge sulla sicurezza che sarà discusso in Senato, per sostenere che la lotta alla criminalità, in particolare a quella organizzata, va avanti.<br />
L’ennesima sortita del ministro La Russa con la richiesta di un maggior impegno nella lotta alla mafia Maroni non l’ha mandata giù e ieri ha convocato una conferenza al Viminale per snocciolare tutte le operazioni anti-mafia (49) e le iniziative realizzate da quando lui è ministro. Il ministro ha al suo fianco il procuratore antimafia Grasso, i comandanti generali di carabinieri e finanza, Siazzu e D’Arrigo e il sottosegretario Alfredo Mantovano, targato An come il ministro La Russa, che spiega come si sia colmato il disavanzo del fondo per le vittime dell’usura, che torna a 30 milioni, così come si sta predisponendo il trasferimento di altri 70 milioni sul fondo di prevenzione. «Tutte misure - dice il sottosegretario - per venire incontro a quel mondo troppo spesso trascurato: quello delle vittime del racket».
Tocca al capo della polizia Antonio Manganelli tirare le somme delle attività contro le cosche. Da maggio al 15 novembre ci sono stati 918 arresti, tra cui 73 latitanti, 49 operazioni di polizia (12 contro la mafia, 16 contro le cosche calabresi, 13 nei confronti dei clan camorristici e 8 contro la criminalità pugliese); quasi 3 miliardi di euro di beni sequestrati, tra aziende, beni immobili e terreni.
«Togliere alla mafia - spiega Manganelli - i propri beni significa togliere loro il frutto del loro lavoro e mettere in una condizione di fragilità chi invece è stato sempre visto come invincibile».<br />
Ma l'«impennata positiva» nei risultati ottenuti, aggiunge, è anche il frutto e la conferma della collaborazione tra le forze di polizia. «Quando si lavora insieme i successi arrivano». Manganelli ricorda i blitz più significativi: gli arresti di Giuseppe Coluccio a Toronto e di Patrizio Bosti a Girona (entrambi inseriti nella lista dei trenta latitanti più pericolosi) ma anche i fermi, da parte dei carabinieri, dei killer della strage di Castelvolturno, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia.<br />
Maroni aggiunge: «Polizia, carabinieri e guardia di finanza svolgono ogni giorno un lavoro eccezionale su tutti i territori e contro tutte le mafie. Un lavoro che viene svolto in maniera assolutamente coordinata, che è la risposta migliore che lo Stato deve dare alla criminalità organizzata».<br />
Sulle infiltrazioni dei clan nei consigli comunali e provinciali Maroni promette che saranno puniti non solo gli eletti in odore di mafia ma anche i burocrati collusi, accelerando le procedure per il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JY44D">Il Messaggero - Antonio De Florio</a>Maurizio SACCONI: «Tocca al Nordest guidare il dopo-crisi». - INTERVISTA2008-10-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381732Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI) - Ministro Lavoro Salute e Politiche sociali (Partito: PdL) <br/><br/><br />
<b>Il ministro del Welfare: la politica trasformi quest'area in una delle grandi città metropolitane del mondo</b>
<p><b>Ministro Sacconi, una riforma si fa partendo dai contenuti e non solo dalle necessità di bilancio: è vero o no che in Consiglio dei ministri dettano legge i numeri?</b><br />
«Non è assolutamente così. Anzi, il governo vola "alto" proprio perché consapevole che stiamo vivendo una grande crisi epocale, che per molti aspetti è la crisi dell'Occidente, e questo impegna tutto l'Occidente a ripensare molte cose di sè. È una sfida per il suo stesso modello democratico: la vecchia Europa ha modelli lenti, inefficaci, le decisioni sono tardive e dobbiamo confrontarci con modelli più semplici. I nostri paragoni sono l'India, la Cina, la Russia: la storia va a Est. Non possiamo nè dobbiamo imitarli, ma dobbiamo ripensare in modo coerente le nostre istituzioni e il nostro modello sociale, per essere tempestivi come loro. E per una serie di ragioni tocca al Nordest guidare questo cambiamento, e approfittare di questa crisi».<br />
<b>Come? Lei ha detto no a provvedimenti tampone come la rottamazione.</b><br />
«Basta con gli aiuti a poche grandi imprese. Nell'immediato dobbiamo garantire la liquidità a tutte le aziende, a partire dalle più piccole, sostenendo anche i consorzi fidi e le cooperative di garanzia. Sosteniamo le banche perché sostengano le imprese e metteremo in moto meccanismi di verifica che ciò accada. In termini di prospettiva, invece, la risposta è: investendo proprio nella crisi. Essa pone problemi, ma stimola opportunità. La politica deve dare idee, fare grandi scelte. L'Italia ha già vissuto una situazione simile nei primi anni Ottanta, con una stagnazione e l'inflazione a due cifre: ma proprio allora decollarono nel Veneto fenomeni come Benetton e altri. Ricordo un convegno dell'inizio dell'83 del Club Più Impresa dal titolo "Treviso, ovvero le idee nella crisi" con duemila persone».<br />
<b>Per governare cambiamenti epocali però servono sempre i soldi: la finanza e l'imprenditoria del Nordest ci sono?</b><br />
«Conto sull'intelligenza e sul coraggio degli imprenditori sostenuti da una politica ambiziosa. Come in passato hanno pesato le classi dirigenti del Nordovest, così stavolta tocca a quelle del Nordest. Penso a chi gestisce l'aeroporto di Venezia o il porto di Trieste, le Generali o le multiutilities che dovrebbero far nascere un grande operatore energetico specializzato nel gas: dobbiamo offrire il contesto idoneo ai grandi imprenditori della logistica come i Marchi e i Benetton, a manager della finanza come Perissinotto, e ai tanti uomini della manifattura globalizzata come i Tomat, i Moretti Polegato, i Riello. Dipende dalla politica organizzare il Nordest affinché sia una delle grandi città metropolitane del mondo, che possa fungere da piattaforma di servizi e polo logistico rispetto ai flussi che possono arrivare sempre più al porto di Trieste dal Sud Est asiatico attraverso l'Oceano Indiano, Suez e le autostrade dell'Adriatico, come rispetto a quel bacino immediato che è rappresentato dai Balcani e all'Europa dell'Est che ci è naturale interlocutore perché economicamente complementare. La città metropolitana dal punto di vista residenziale c'è già, dobbiamo addensare alcune grandi funzioni in pochi punti prescelti in modo da attrarre da tutto il mondo capitale umano creativo e investimenti. E questa è un'operazione per l'Italia intera».<br />
<b>In questo senso l'Expo a Milano può servire al Nordest?</b><br />
«Se la orientiamo verso Est. Il simbolo di questa Expo dovrebbe essere Marco Polo».<br />
<b>Non crede che gli imprenditori legittimamente diranno: vai avanti tu, che poi vediamo. Ovvero: prima si muova la politica...</b><br />
«È vero: la politica adesso ha un ruolo determinante. Per questo dico che così come il termine di paragone per Berlusconi non è Veltroni ma Sarkozy o il prossimo presidente degli Usa o i suoi interlocutori cinesi di questi giorni, così nel Nordest chi ha un ruolo istituzionale come Galan, Brunetta, Ghedini, Giorgetti, Brancher, o il sottoscritto è chiamato a volare "alto". Dobbiamo evitare di essere singolarmente stimati, ma non collettivamente identificati con un grande progetto e con il partito nazionale che lo sostiene».<br />
<b>Non un con un partito regionale?</b>
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«Negli ultimi mesi sono successe cose epocali, del mondo si stanno occupando i leader degli Stati-Nazione. Non ci sono le regioni, nessuno si illuda; e l'Europa stessa è una confederazione di Stati-nazione. Il Veneto, il Nordest, devono occuparsi di tutto il Paese. Toccherà a noi occuparci dello stesso Mezzogiorno se vogliamo tornare a tassi di crescita elevati».<br />
<b>È una risposta alla Lega?</b><br />
«È la grande questione politica dei nostri giorni. Dopo centocinquant'anni il Nordovest, che ha segnato nel bene e nel male la storia d'Italia per la sua posizione geo-economica esprimendo egemonia nei valori e nelle classi dirigenti, è in irreversibile declino, mentre il Nordest è, con i porti del Baltico, l'altra porta dell'Europa e può esprimere valori, buone pratiche e uomini per la seconda ricostruzione dell'Italia. E questi uomini devono avere senso della Nazione e visione globale».<br />
<b>Ma la politica è anche pragmatismo: non ritiene che il Pdl, in Veneto ma non solo, debba occuparsi di trovare il modo di replicare all'avanzata della Lega?</b><br />
«Il problema c'è, ma non si risolve rincorrendo la Lega sul suo terreno. Il Pdl è il partito nazionale a sostegno della leadership di uno Stato-Nazione che non può che appartenere alla sua area più forte perché tutta l'attività di governo si deve tarare sulle esigenze della sua locomotiva. Si tratta, ad esempio, di pensare ai problemi veneti come a questioni nazionali e ai problemi nazionali come a questioni venete. Ciò significa non autocompiacimento, ma coscienza della grande responsabilità che ci tocca, quella anche di accelerare la nostra modernizzazione per guidare quella del Paese. Nella grande crisi vincerà la politica che sconfiggerà la paura e offrirà la speranza, non quella che cavalcherà la paura e per questo piccolo calcolo rinuncerà alla speranza».<br />
<b>Quindi no a un Pdl che insegua la Lega?</b><br />
«Noi dobbiamo evitare ogni attitudine all'arroccamento difensivo, alla tentazione di offrire al cambiamento solo un'ottusa resistenza. Dobbiamo gridare a tutti che proprio in una stagione come questa bisogna osare, osare, osare».
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<br/>fonte: <a href="http://www.ilgazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3955109&Data=2008-10-26&Pagina=5">Il Gazzettino - Ario Gervasutti</a>Mario VALDUCCI: Alitalia. «Ma questa resta l’unica soluzione possibile» - INTERVISTA2008-09-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359160Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. commissione Camera Trasporti <br/><br/><br />
«È un dovere di tutti i soggetti coinvolti restare seduti al tavolo in modo responsabile per accompagnare il rilancio di questo settore, che è vitale per la nostra economia. Penso che siamo all’ultimo tentativo, difficilmente vedo altre possibilità oltre quella delineata». È un vero e proprio appello quello lanciato dal presidente della commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci (Pdl), ai sindacati.<br />
<b>I piloti ieri hanno abbandonato la trattativa e gli altri sindacati hanno bocciato la proposta della Cai: anche per chi farà parte della nuova Alitalia, sono richiesti sacrifici più pesanti del previsto. C’era da aspettarselo?</b><br />
«Quando si passa da un settore pubblico a uno privato è normale che si modifichino le condizioni contrattuali. Momenti di frizione e di contrasto, nel momento della trattativa, sono naturali. Lo sforzo è quello di rilanciare la nuova compagnia di bandiera in termini di produttività, economicità e reddittività. È un momento particolarmente delicato, ma comunque nell’ambito di normali relazioni industriali».<br />
<b> Domani il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, verrà in Parlamento proprio per illustrare la situazione dell’Alitalia. Si aspetta qualche chiarimento in particolare?</b><br />
«Tremonti penso esporrà alcune linee del piano industriale per il rilancio della compagnia. Sono convinto che questa operazione sia di gran lunga migliore rispetto a quella della svendita ad Air France, che avrebbe provocato moltissimi danni all’economia italiana. Oggi ci sono imprenditori italiani che hanno messo capitali sufficienti, abbiamo un nuovo piano industriale e quindi tutte le condizioni per il rilancio della nuova compagnia di bandiera, compresa la possibilità di scegliere il partner internazionale che sarà fondamentale per lo sviluppo ella nuova Alitalia».<br />
<b> Si è parlato, a questo proposito, proprio dell’Air France. E si è parlato anche di un ingresso maggioritario dei francesi nel capitale azionario. Non è una contraddizione, visto che come lei stesso ha ricordato, il Pdl finora ha detto no alla compagnia guidata da Spinetta?</b> <br />
«Non mi pare che ci sia ancora nulla di definito, si parla anche di Lufthansa. Certamente non sarà un ingresso maggioritario. Potrebbe essere anche un accordo solo commerciale».<br />
<b> Come vede un eventuale ingresso nella cordata di soggetti pubblici, come la Regione Lazio?</b><br />
«Onestamente credo che sarebbe opportuno che ciò non avvenisse, perché il piano industriale di rilancio deve essere fatto su solide basi dell’economia di mercato che poco a che fare hanno con interessi di aree territoriali del Paese che alcuni politici vorrebbero tutelare».<br />
<b> L’Ue ribadisce che ”terrà gli occhi bene aperti sulla vicenda Alitalia”. È un monito che preoccupa la maggioranza?</b> <br />
«Noi siamo lieti che li voglia tenere aperti, perché vogliamo fare un’operazione nel pieno rispetto delle regole del mercato. L’attenzione da parte dell’Ue non ci preoccupa, naturalmente ci auguriamo che non sia influenzata dai grandi operatori aziendali del settore che nei loro paesi di origine spesso sono in mano pubblica».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J69ZO">Il Mattino - Giusy Franzese</a>Massimo CALEARO CIMAN: "Bravi i ministri economici. Il Pd non va, a casa i vecchi leader" - INTERVISTA2008-08-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it358627Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PT già IR) <br/><br/><br />
A sentirlo ammettere che “il Pdl ha programmi ottimi”, che “alcuni ministri stanno lavorando molto bene” e che, al contrario del Pd, “dall’altra parte ci sono due leader fortissimi: Berlusconi e Bossi”, si fatica a riconoscere nell’ex leader degli industriali vicentini l’asso per la riconquista del Nord est che Veltroni ha voluto capolista del Pd in Veneto.<br />
<b>Onorevole Calearo, non è che si sta pentendo di aver appoggiato il centrosinistra?</b> <br />
“Credo ancora che il Pd sia l’unica novità politica, solo che è pieno di spine”. <br />
<b>Certo che…</b><br />
“Sì – interrompe gentilmente – lo so che passo per essere il leghista del partito, ma bisogna stare vicino alla gente: uscire dai caminetti, dai salotti, il Pci era tra gli operai, anche noi dobbiamo tornare nelle fabbriche”. <br />
<b>Cosa propone?</b><br />
Intanto mi guardo attorno, in Veneto, e noto che l’unico partito ascoltato è la Lega. Poi, nel mio piccolo sto girando il Paese. Quindici giorni fa sono stato a cena da amici ad Alfonsine, uno dei comuni più rossi della Romagna.<br />
Due di loro avevano votato per Bossi e tutti gli altri, anche se democratici, continuavano a ripetere che la vecchia classe dirigente va mandata a casa. Le stesse cose le ho sentite in Toscana.” <b><br />
E lei condivide?</b> <br />
“Sì, lo dico senza rancori, il mio è solo buon senso, la gente bisogna ascoltarla: parla più volentieri con uno come me piuttosto che con un capo carismatico. Avanti le facce nuove: a Roma, ho visto giovani in gamba”.<br />
<b>Calearo, sta dicendo che Veltroni si deve fare da parte?</b> <br />
“Veltroni è l’unico a cui viene riconosciuto lo sforzo di costruire qualcosa: lui, almeno, ci ha messo la faccia”. <b><br />
Allora a chi si riferisce: ai D’Alema, Fassino, Parisi, Rutelli?</b><br />
“ La vecchia classe dirigente, tutta: tutti questi big che criticano nell’ombra…”. <b><br />
Come giudica la petizione anti-governo che molti big del Pd non hanno voluto firmare?</b><br />
“Innanzitutto dobbiamo capire che l’ideologia è morta, quindi le petizioni ‘contro’ non sono così utili. Il problema è che il Pd sta vivendo una metamorfosi”.<br />
<b>Una metamorfosi?</b><br />
“Il Pd è troppo democratico. Dall’altra parte ci sono due leader fortissimi, Berlusconi e Bossi: Veltroni è debole, dovrebbe puntare i piedi, cambiare i vertici, puntare sulle liste civiche, su sindaci-personaggi come Variati a Vicenza o Chiamparino a Torino”. <b><br />
Se fosse in Veltroni cosa farebbe?</b><br />
”Un partito federato, vicino alla gente. Io credo nel federalismo: il Pd di Vicenza non può essere uguale a quello emiliano. E poi non si può continuare a essere solo centro e sud-centrici”. <b><br />
Che valutazione dà di Berlusconi e del governo?</b> <br />
“Berlusconi è intelligente, il governo ha programmi ottimi, in alcuni campi sta lavorando bene, ma voglio vedere i risultati”.<b><br />
Ci sono alcuni ministri che approva?</b><br />
”Stimo molto Brunetta, Tremonti, Sacconi, Zaia. Infatti, credo stiano facendo molto bene tutti i veneti, anche i sottosegretari come Brancher. Per contro, altri ministeri lasciano a desiderare, ma non voglio fare i nomi”.<b><br />
Cosa pensa dei dati sul Pil, dell’Italia a rischio recessione?</b><br />
”La situazione è molto preoccupante, prevedo un autunno difficile. Si sta determinando un divario pericoloso tra settori che sono alle stelle, mentre gli altri…<br />
Il Paese ha tante piccole e medie imprese che vanno benissimo ma non riescono a globalizzarsi: bisogna stare vicino alla famiglia media, aiutare una classe media che sta scomparendo e favorire la crescita, favorendo il consumo”. <b><br />
E’ quello che dice Berlusconi</b>…<br />
”Sì, però lui deve fare, non predicare. Anche sul taglio delle tasse, finora solo proclami”. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=IXWV3">Giorno/Resto/Nazione - Marcella Cocchi</a>