Openpolis - Argomento: Air France-Klmhttps://www.openpolis.it/2009-06-12T00:00:00ZLETIZIA MORATTI: Ballottaggi. «Milano non ha tradito. A Pdl e Lega il 48% dei voti» - INTERVISTA2009-06-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391515Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Milano (MI) (Partito: FI) - Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI)<br/><br/><br />
L’appello ufficiale lo lascia al candidato del centrodestra Guido Podestà. Ma il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha deciso di spendersi completamente in questo supplemento di campagna elettorale che vede Podestà sfidare il presidente uscente della Provincia di Milano, Filippo Penati. Tanto da indicare agli alleati dell’Udc, in giunta e in Consiglio, un percorso obbligato: «Podestà è il candidato naturale per gli elettori dell’Udc ». E poi difende il voto milanese: nessun tradimento. «Anzi, il centrodestra è cresciuto. Ringrazio i milanesi perché il voto ha premiato la nostra amministrazione ».
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<b>Sindaco Moratti, si aspettava il ballottaggio?</b>
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«Mi dispiace moltissimo per Guido Podestà. Non ce l’ha fatta al primo turno per un soffio. È un dato politico di cui bisogna tenere conto. Conferma la fiducia nella persona e il gradimento del programma».
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È preoccupata per lo spareggio?</b>
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«Adesso la cosa più importante è andare a votare. Lancio un appello ai milanesi: il 21 e il 22 giugno andate alle urne e votate, perché è fondamentale che vinca Podestà, c’è grande coerenza tra il suo programma e quello del Comune. Possiamo lavorare insieme su temi fondamentali: la sicurezza, le infrastrutture, i servizi al cittadino, l’Expo».
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<b>L’ultimo ballottaggio alla Provincia, tra Ombretta Colli e Filippo Penati è stato deciso anche dall’astensionismo. Oltre 200 mila elettori non si sono presentati allo spareggio.</b>
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«Per questo motivo è fondamentale l’appello al voto. Con Podestà possiamo lavorare insieme. Con Filippo Penati no».
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Dove si troveranno i voti mancanti? Un ruolo fondamentale lo potrebbe giocare l’Udc.</b>
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«Sicuramente sì».
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<b>Si sente di fare un appello all’Udc?</b>
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«L’appello lo lascio al candidato e ai vertici del centrodestra, perché è una scelta che rientra in un quadro politico nazionale. Sarebbe improprio pronunciarmi. Posso però dire una cosa. In Comune, il rapporto con l’Udc è estremamente proficuo. C’è grande collaborazione sia in giunta che in aula».
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<b>Quindi?</b>
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«Mi sentirei di dire che gli elettori dell’Udc, dovrebbero trovare in Guido Podestà il loro candidato naturale. Sono degli alleati solidi e leali».
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<b>Veniamo alle elezioni. C’è un caso Milano? Podestà ha preso una percentuale più alta di voti in provincia che in città.</b>
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«Vorrei sfatare una leggenda metropolitana. Il dato più interessante che emerge dal voto è che alle Comunali del 2006 (quando fu eletta sindaco la stessa Moratti, ndr) Forza Italia insieme ad An e alla Lega hanno preso 269.498 voti, pari al 44,6%. In questa tornata amministrativa il Pdl e la Lega hanno preso 242.524 voti, vale a dire il 48,4%, pur essendoci stati 60.000 elettori che questa volta non si sono presentati alle urne».
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Risultato?</b>
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«Anche se i voti assoluti sono minori, la percentuale di voto è maggiore: Pdl e Lega hanno preso un 3,8% in più rispetto alle comunali del 2006. Questo è il dato di Milano».
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<b>Il governatore Roberto Formigoni ha detto che il voto di Milano deve far riflettere tutti. La Lega ribadisce che la città della Moratti ha fatto peggio della provincia. Il Pd che il voto di Podestà a Milano è il segno della crisi della sua giunta.</b>
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«Innanzi tutto ricordiamoci che Penati è passato dal 44,08% del 2004 al 41,54 del 2009, perdendo 41.000 voti. Per quanto ci riguarda mi sembra il momento di pensare in positivo. Un’analisi del voto è normale e anche sacrosanto, ma rispetto a singole interpretazioni a Milano il consenso del centrodestra è aumentato del 3,8%».
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<b>Valutazione politica?</b>
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«Una sola».
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<b>Quale?</b>
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«Ringrazio la città di Milano perché il voto dei cittadini ha premiato il lavoro di questa amministrazione. Grazie milanesi».
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<b>Questo voto cambierà gli equilibri nella sua maggioranza? Ci sarà un rimpasto come chiede la Lega?.</b>
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«Assolutamente no».
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<b>Si riferisce alla prima o alla seconda domanda?</b>
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«A entrambe. Il voto non ha cambiato gli equilibri e lo dimostrano i numeri che le ho dato. Per quanto riguarda il rimpasto, abbiamo provveduto a una revisione di giunta due mesi fa».
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<b>I suoi rapporti con Penati?</b>
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«Nei primissimi tempi non ci sono stati problemi particolari. Nell’ultimo anno e mezzo sì. È stato assente sulla sicurezza, non si è impegnato sulle infrastrutture che aveva bloccato negli anni precedenti, è svanito su Malpensa».
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È la stessa accusa che le lancia Penati: aver tradito Malpensa.</b>
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«Noi non abbiamo fatto nessuna marcia indietro. Noi stiamo rafforzando Malpensa. Il precedente governo Prodi stava per svendere Alitalia a Air France senza garantire Malpensa e Linate. Noi lo stiamo facendo: rafforzando Linate e firmando 39 accordi bilaterali per Malpensa. Penati, a queste riunioni, non l’ho mai visto».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=MKHER">Corriere della Sera - Mautizio Giannattasio</a>Pietro ICHINO: Quanto ci costa la difesa dell' "italianità" di Alitalia2009-06-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391491Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Se non bastassero<br />
<b> -</b> i circa 3.000 posti di lavoro perduti in più, con la soluzione “italiana”,
rispetto a quanto previsto nel progetto presentato da Air France-KLM nel marzo 2008,<br />
<b> -</b> i 140 milioni di euro che Air France-KLM offriva per rilevare le azioni Alitalia (facendosi carico di tutti i suoi debiti) e che abbiamo sdegnosamente respinto,<br />
<b> -</b> gli ulteriori 1.500 milioni di euro che Air France-KLM si era impegnata a investire in Alitalia per rilanciarla, se gliela avessimo venduta,<br />
<b> -</b> i 300 milioni di euro del “prestito ponte” che nell’estate 2008 lo Stato ha erogato ad Alitalia (per mantenerla in vita con la respirazione bocca a bocca fino alla vendita a CAI degli asset positivi dell’azienda), prestito che ovviamente non verrà mai restituito,<br />
<b> -</b> i 1.200 milioni di euro che i creditori di Alitalia - costituiti per la massima parte dall’Erario, quindi ancora una volta dai contribuenti italiani - perdono nel disastro della bad company,<br />
<b> -</b> il compenso tra un minimo di 5,7 milioni e un massimo di 33 che pagheremo al Commissario incaricato della liquidazione della bad company medesima, in aggiunta agli altri costi della procedura,<br />
<b> -</b> la fusione delle due maggiori compagnie aeree attive sulle nostre rotte interne (CAI ed Air One), quindi della concorrenza a beneficio dei viaggiatori,<br />
<b>-</b> la drastica riduzione dei voli intercontinentali e dei voli internazionali continentali gestiti dalla nuova “compagnia di bandiera” nel corso dell’ultimo anno, a dispetto della motivazione principale addotta da Silvio Berlusconi a sostegno della soluzione CAI e contro la soluzione Air France-KLM (pretesa difesa del turismo straniero in Italia);
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se non bastasse tutto questo per convincerci della follia commessa dai sindacati (tutti) di Alitalia e dal Governo Berlusconi col rifiutare l’offerta Air France-KLM del marzo 2008 in nome della difesa dell’ “italianità” della compagnia, basterebbe da solo quest’ultimo dato fornito dal libro di Andrea Giuricin (pag. 180): <br />
il confronto tra il prezzo medio del volo Milano Linate-Roma Fiumicino offerto in regime sostanzialmente monopolistico dalla “nuova Alitalia” e il prezzo medio del volo Londra Heathrow-Glasgow, offerto dalla British Airways, nel periodo tra il 5 gennaio e il 18 gennaio 2009 (numero annuo di passeggeri A/R su entrambe le rotte: 2,4 milioni):<br />
<b> -</b> prezzo medio della sola andata Milano-Roma: € 235<br />
<b> -</b> prezzo medio della sola andata Londra-Glasgow: € 76.<br /><br />
Ci sono molte analogie tra la disastrosa strategia di politica industriale seguita dichiaratamente dal Governo nella vicenda della privatizzazione di Alitalia e quella sottesa alla sconcertante inerzia del Governo stesso nella vicenda Fiat-Opel delle settimane scorse: non un solo dito mosso nei confronti del Governo tedesco per appoggiare il piano Marchionne. <br />
In entrambi i casi Silvio Berlusconi preferisce nettamente covare sotto la sua ala un “campioncino nazionale” debole, continuativamente bisognoso di sostegno statale e pertanto permeabile alle intrusioni della politica, piuttosto che avere a che fare con un’impresa grande protagonista di livello mondiale, con solide radici in Italia ma capace di camminare da sola, senza dipendere in alcun modo dalla politica nazionale.<br />
Poco importa che questo costi carissimo all’economia del Paese, come è costata e sta costando la vicenda Alitalia, come costerebbe il piano di Marchionne per la trasformazione della Fiat da “campione nazionale” in impresa intercontinentale collocata tra le prime sei del mondo.
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Il commento prende spunto dai dati impietosamente riportati da Andrea Giuricin nel suo libro uscito in questi giorni: Alitalia: la privatizzazione infinita (IBL Libri, 2009, pp. 192, € 22).<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=3814">www.pietroichino.it</a>Silvio BERLUSCONI: Il premier promette: «Alitalia puntuale».2009-05-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391182Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. del Consiglio (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Il servizio di Alitalia sarà preciso, confortevole e puntuale». Lo ha assicurato ieri il premier Silvio Berlusconi dopo aver ricevuto a palazzo Chigi il presidente della compagnia, Roberto Colaninno, l`amministratore, Rocco Sabelli, e, per la prima volta, il presidente di Air France-Klm (socio al 25%), Jean -Cyril Spinetta, reduci dal primo comitato esecutivo dell`azienda.
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Le buone notizie sulla compagnia sono state annunciate proprio da quest`ultimo: «La situazione della tesoreria di Alitalia - ha detto Spinetta - è addirittura migliore del previsto».
Un risultato che l`azienda non ha voluto ancora tradurre in numeri e che sarebbe dovuto al minor prezzo del petrolio e all`efficientamento dei costi.
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Con la liquidità a posto, Alitalia non avrebbe dunque problemi di ricorso al credito. «Sabelli - ha aggiunto Spinetta ha mostrato come Alitalia si trovi esattamente, sia da un punto di vista commerciale che economico, in linea con il business plan stabilito all`inizio della nostra collaborazione».<br />
Si tratta, ha concluso, di una «gran bella notizia, vista la situazione dell`economia mondiale».<br />
Circa le quotidiane denunce di ritardi e cancellazioni, Berlusconi ha voluto spendersi personalmente, quasi che il vettore fosse ancora di proprietà dello Stato: «Alitalia - ha affermato - ha incontrato un primo periodo di avviamento e, come per tutte le cose, la prima gestione ha presentato dei problemi. Ma ho constatato da parte di tutti di essere già sulle soluzioni e credo che in poco tempo il servizio sarà quello che tutti si aspettano da una compagnia di bandiera».<br />
Il presidente è poi tornato sulle cause che spinsero Air France a abbandonare la trattativa con il precedente governo Prodi: quell`acquisto, ha spiegato, «non fu qualcosa di ostacolato e definitivamente negato dall`opposizione di allora, di cui il sottoscritto ne era a capo.<br />
Furono i sindacati a dire "no" all`offerta di Air France su Alitalia».<br />
Sul punto si è espresso anche Spinetta: «Dal 2001 al 2008 - ha chiarito - abbiamo cercato di ampliare la collaborazione con Alitalia, ma non è stato possibile per due motivi:
l`opposizione dei sindacati di Alitalia e poi il prezzo del petrolio».
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Dall`opposizione è giunto il commento del responsabile Economia del Pd, Pierluigi Bersani: «Il governo - ha detto - risponda sulla truffa che ha fatto agli obbligazionisti».
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Anche il leader dell`Idv, Antonio Di Pietro,è intervenuto:<br />
«Berlusconi mente sapendo di mentire. Sa bene che ad imporsi sul caso Alitalia e a far saltare la trattativa furono la Lega e Forza Italia».
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Oggi i vertici di Alitalia saranno a Venezia per sviluppare il progetto di fare del capoluogo veneto una delle sei basi della compagnia utilizzando anche i partner di Skyteam.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/LS7/LS74B.pdf">Il Corriere della Sera - Antonella Baccaro</a>MARCO STRADIOTTO: Nuova Alitalia? Una fregatura!2009-01-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388230Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Quel dibattito, con le relative semplificazioni, contribuì a far fallire la trattativa fra la nostra compagnia di bandiera e Air France-Klm. Da un lato, le polemiche sollevate da Berlusconi con la sua ostilità nei confronti della soluzione franco-olandese; dall’altro, il gioco delle parti tra i sindacati, con aperture e dietrofront quasi all’ordine del giorno. Come risultato, peraltro forse a quel punto prevedibile, il ritiro dell'offerta da parte del presidente Spinetta.
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Ai firmatari dell’accordo e al governo Prodi, il centrodestra allora all’opposizione imputava soprattutto due colpe: la perdita dell'italianità della compagnia di bandiera e il ridimensionamento dello scalo di Malpensa. Il tutto condito con un messaggio mediatico molto semplice, ma martellante: l’operazione rischiava di essere – si diceva – una “svendita” ai cugini d’oltralpe che, per pochi spiccioli, avrebbero messo le mani sul nostro vettore storico. Le notizie di queste ultime ore, che danno ormai come imminente l’accordo tra la nuova Alitalia (Cai) e Air France-Klm, dimostrano quanto quelle critiche fossero immotivate, oltreché strumentali.
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La verità, sotto gli occhi di tutti, è che la nostra era una posizione oggettivamente legittima perché quella di marzo era una buona offerta. E non è un caso che, dopo oltre otto mesi di chiacchiere e tira e molla, si sia sostanzialmente tornati alla situazione di partenza. Con una differenza, purtroppo, fondamentale e dolorosa per le tasche dei contribuenti italiani: la gestione disastrosa dell’operazione Alitalia costa più di 4 miliardi di euro.
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E, a distanza di pochi mesi, Air France è sul punto di mettere a segno un vero e proprio affare, comprando il 25% della “parte buona”di Alitalia e spendendo una cifra irrisoria: solo 300 milioni di euro. Ce n’è abbastanza per far brindare a champagne Spinetta e soci.
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In primavera, infatti, si sarebbero accollati oneri e onori dell’operazione, acquistando il pacchetto completo, debiti compresi. Oggi si portano a casa un quarto di una compagnia di bandiera sana, depurata dai debiti e dal personale in eccedenza. Alitalia, nel frattempo, è stata infatti divisa in due società, una buona e l'altra cosiddetta “marcia”.
Nella prima c'è il business, le rotte, le autorizzazioni, le concessioni; nella seconda i debiti e il personale. In questi giorni il commissario Fantozzi ha peraltro ammesso che non riuscirà a onorare tutti i crediti maturati dai fornitori di Alitalia: un totale di oltre 3 miliardi di euro.
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Se ad essi si aggiungono – oltre ai 400 milioni di prestito ponte che non sarà restituito – anche i maggiori oneri che lo Stato dovrà versare per finanziare gli ammortizzatori sociali necessari a sostenere i lavoratori licenziati da Alitalia non riassunti dalla nuova compagnia, si ha un quadro chiaro (o meglio scuro, scurissimo) dei costi che peseranno sulle tasche dei contribuenti.
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Insomma, mi si passi l’espressione, tutto si è risolto in una vera e propria fregatura! Un pessimo affare non solo, in generale, per la collettività, ma anche, più nello specifico, per i viaggiatori, che presumibilmente dovranno, almeno nella prima fase, pagare tariffe più onerose a fronte di una qualità del servizio peggiore.
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Con buona pace della concorrenza, infatti, la Cai è nata dalla fusione di Alitalia e Air One. Ciò ha dato vita a un nuovo monopolio, che – come può testimoniare chi in questi mesi di transizione sta utilizzando il vettore aereo – ha determinato uno sconsiderato aumento dei prezzi dei biglietti e un deterioramento del servizio.
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Tanto per fare un esempio, la rotta Venezia-Roma ha subito un drastico taglio dei numero dei voli. C’è, inoltre, il problema del futuro dello scalo di Malpensa. Siamo di nuovo alla situazione di otto mesi fa. Le scelte aziendali della nuova Alitalia di fatto penalizzano lo scalo lombardo, perché essa chiede che le rotte disponibili non vengano messe a disposizione delle compagnie che ne facessero richiesta. Il monopolio nella rotta Milano-Roma è certamente una ghiotta opportunità di guadagno per la nuova Alitalia, ma non sempre gli interessi di un’azienda si sposano con quelli degli utenti.
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E in questo caso garantire la concorrenza e la possibilità di scelta, evitando di consolidare l’ennesimo monopolio, sarebbe una precisa responsabilità delle istituzioni e delle autorità preposte alla gestione del settore e al controllo del rispetto delle regole.
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Proviamo, in conclusione, a stilare una breve lista degli effetti dell’operazione Alitalia sul nostro sistema: - costi per la collettività pari a circa 4 miliardi di euro, 74 euro a testa per ogni italiano; - creazione di un nuovo monopolio per le rotte interne con la rottura della concorrenza tra Air One e Alitalia; - riduzione del numero dei voli; - aumento del prezzo dei biglietti; - ridimensionamento di Malpensa.
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Infine, con l’ingresso di Air France-Klm, abbiamo perso anche l’ultimo baluardo, vale a dire l’italianità del gruppo tanto cara a Berlusconi in campagna elettorale. Cosa resta? Al termine di questa sciagurata vicenda c’è qualcuno che intende assumersene davvero la responsabilità?<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=615">web site - Pd Veneto</a>Cesare DAMIANO: Alitalia : Si dimostra ancora superficialita' del governo2008-12-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383314Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Roma, 24 dic. (Apcom) - "L'intricata vicenda di Alitalia dimostra come il governo abbia trattato con superficialità il problema. Il presidente del Consiglio si è soltanto preoccupato di sbandierare un concetto di 'italianità' che appare ridicolo nell'economia globale e di affossare l'accordo con Air France". Lo sostiene Cesare Damiano, vice ministro del Lavoro nel governo ombra del Pd.<br />
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<b>"Insieme a lui molti ministri - aggiunge l'esponente democratico - si sono distinti con ultimatum nel corso della trattativa iniziale. In realtà la trattativa, dopo mesi, continua di fronte ad un esecutivo indifferente sul rispetto dei patti. Al tempo stesso si riaffaccia l'intesa con Air France con una piccola differenza: i debiti Alitalia non li paga più la compagnia d'oltralpe ma il cittadino italiano".</b><br />
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"Ci auguriamo - prosegue Damiano - che la saggezza dei sindacati confederali e della Cai concluda la trattativa per le assunzioni entro la fine dell'anno, nel pieno rispetto dei criteri dell'anzianità di servizio e dei carichi di famiglia, includendo anche i lavoratori precari nella selezione. Va evitato che il conflitto si scarichi su gli utenti con un governo spettatore che si preoccupa soltanto di lanciare anatemi anziché intervenire come garante degli accordi". <br />
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<br/>fonte: <a href="http://notizie.alice.it/notizie/politica/2008/12_dicembre/24/alitalia_damiano_si_dimostra_ancora_superficialita_del_governo,17350306.html">Virgilio Notizie - ApCom</a>Cesare DAMIANO: Alitalia. «Inammissibile scaricare tutto sugli utenti» - INTERVISTA2008-12-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383177Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Cai sbaglia se ignora le richieste, ma una protesta così indebolisce il sindacato»<br />
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«Prendere in ostaggio i viaggiatori non è accettabile. Mi rendo conto che come sempre le colpe non stanno da una parte sola. Però gli errori, le omissioni non si possono scaricare sull’utente». Cesare Damiano, deputato del Partito democratico, ministro del Lavoro nel governo Prodi, ha idee chiare sulla vicenda Alitalia, ma anche sulla sua poco onorevole appendice di queste ore: una protesta di questo tipo - è il suo ragionamento, fa male all’azienda ma anche al sindacato.<br />
<b>Cosa pensa delle recriminazioni dei lavoratori contro la Cai?</b><br />
«La situazione andrebbe esaminata nel dettaglio. Anche noi abbiamo ricevuto segnalazioni di atteggiamenti da parte di Cai, come dire, sbrigativi. E il fatto che le agitazioni siano indette da Cgil, Cisl, Uil e Ugl del settore trasporti, cioè sigle che hanno firmato gli accordi, qualcosa vorrà dire. Ma se da una parte sbaglia l’azienda a non rendersi conto delle critiche che gli arrivano su argomenti così delicati, come l’anzianità e i carichi di famiglia, sbaglia anche il sindacato a ricorrere a forme estreme di protesta. Sarebbe stato meglio un gesto simbolico, accompagnato dalla richiesta al governo di intervenire. Comportandosi così non si rende più forte il sindacato, e non si crea un futuro per l’azienda».<br />
<b>La scena di cittadini abbandonati a sé stessi a causa di una potesta sindacale non è certo nuova. Pensa che possano servire nuovi interventi legislativi?</b><br />
«In tema di diritto di sciopero, io sono sempre stato del parere che in settori delicati e strategici sia necessaria una regolamentazione a tutela degli utenti. Le leggi che esistono sono sufficienti, se vengono applicate. Gli strumenti ci sono, e infatti ora anche per Alitalia si parla di sanzioni a carico di lavoratori e azienda. Ma c’è un intervento che potrebbe essere accelerato: si tratta di censire la rappresentatività dei sindacati, un qualcosa che può avvenire a livello aziendale se c’è una sponda legislativa».<br />
<b>Quale sarebbe l’utilità di uno strumento di questo tipo?</b><br />
«Il rischio è che in una fase come questa venga meno l’idea di un sindacato confederale, che abbia come riferimento l’interesse generale. C’è il pericolo di una corporativizzazione, anche tra i confederali. In questo anche il governo ha qualche responsabilità, con la sua linea che punta a dividere il sindacato».<br />
<b>Ma il caso Alitalia non è un po’ particolare, qualcosa di a sé stante?</b><br />
È vero, in questa vicenda Alitalia ci sono davvero troppe particolarità. C’è un di più di ideologia che è andato a mischiarsi nella soluzione di un problema industriale. Mi riferisco alla scelta di Berlusconi di opporsi ad Air France, che ora si scopre partner necessario ma che non dovrà più accollarsi i debiti. Tutto questo in nome di un’italianità che fa sorridere in un mercato globale. Piuttosto, l’esigenza è tutelare i lavoratori e i precari».<br />
<b>Però è anche vero che almeno una parte dei lavoratori di Alitalia ha goduto di tutele forti sul fronte degli ammortizzatori sociali. Lo Stato non sarà in grado di fare altrettanto nelle crisi aziendali in corso e in quelle che inevitabilmente verranno.</b><br />
«Certo, in questa storia ci sono due estremi opposti: da una parte ammortizzatori non standard, fino a sette anni, dall’altra l’oblio nei confronti dei precari e dell’indotto. C’è anche questo paradosso dietro la propaganda governativa. Ora se parliamo di crisi dobbiamo mettere nel conto un periodo che certamente non sarà breve. Fino a due anni. Nei prossimi mesi avremo ancora forti segnali di peggioramento. Allora bisogna attrezzarsi, scegliere una terapia non ordinaria. Noi del Pd abbiamo proposto di aggiungere, oltre alle risorse stanziate dal governo, 1,5 miliardi di fondi freschi per gli ammortizzatori sociali. E questi soldi vanno impiegati in chiave universale, per tutti indipendentemente dalle dimensioni e dal settore delle aziende coinvolte».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KAC9B">Il Messaggero - Luca Cifoni</a>Donatella PORETTI: Alitalia, 19 bilanci in rosso negli ultimi 20 anni: La colpa non e' del personale. Interrogazione2008-11-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382190Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Come rilevato dall'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori), le responsabilità della crisi di Alitalia non sarebbero da attribuirsi al costo del personale. Infatti, analizzando i dati riportati da Assoaereo, relativi alla situazione della nostra compagnia di bandiera nel 2006, risulta che l'Alitalia, su 100 euro incassati, ne spendeva 15,9 per il personale e 94,2 per tutte le altre voci di spesa, con un passivo di 9,9 euro. Air France-Klm, invece, su 100 euro incassati, ne spendeva 31,5 per il personale e 65,6 per tutto il resto, con un utile di 2,8 euro.
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La compagnia francese spendeva, quindi, quasi il doppio, il 98% in piu', dell'Alitalia per il proprio personale, mentre l'Alitalia spendeva per il resto il 43,6% in piu' della Air France-Klm. Risultato: Alitalia nel 2006 ha avuto un passivo di 626 milioni di euro.
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<b>Per queste ragioni, insieme al sen. Marco Perduca</b>, ho rivolto un'interrogazione al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, per sapere dove vanno a finire i costi maggiori dell'Alitalia, che non sono attribuiti al personale e che hanno procurato 19 bilanci in rosso negli ultimi 20 anni.
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Qui il testo dell'interrogazione:<br />
http://blog.donatellaporetti.it/?p=363<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=132613">Radicali.it</a>Pier Luigi BERSANI: Alitalia. Tutti i costi sui contribuenti e il Sud restertagliato fuori Portare le imprese verso Est. - INTERVISTA2008-09-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it374836Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Se potesse, non lo nasconde, riporterebbe le lancette dell’orologio indietro. Fino a marzo, quando fu commesso un delitto di politica industriale nel respingere l’offerta meno onerosa per il Paese di Air France. Ma allo stesso tempo,per realismo e senso di responsabilità, il ministro dell’Economia del governo ombra, Pierluigi Bersani, accoglie con favore quale passo importante, l’accordo dei sindacati confederali e la firma ormai vicina dei piloti, in questa interminabile serata (di ieri, ndr), per il decollo della nuova Compagnia aerea italiana.Sono contento che si sia evitato un disastro e trovato un punto di equilibrio. Ciò detto – insiste – permangono delle criticità che non posso tacere.<br />
<b>Cominciamo da queste ultime.</b><br />
Primo: con lo scorporo della cosiddetta bad company prevista dal piano Cai, il salvataggio lo pagheranno anche i contribuenti. Secondo: sono state adottate delle procedure imperfette, dal punto di vista della trasparenza e dell’antitrust, che possono pregiudicare quanto fatto sinora nel Paese. Terzo: i problemi del nostro sistema aeroportuale si aggraveranno.<br />
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Per quale ragione?</b><br />
Perchè con la fusione di AirOne e Alitalia, per una riduzione della concorrenza, delle grandi regioni del Sud – penso ad esempio a Puglia, Sicilia e Campania, che non hanno l’alta velocità ferroviaria – si vedranno ridurre anche i collegamenti.<br />
<b> Ci sarcomunque un partner straniero, che sia "nuova" Lufthansa o la "vecchia" Air France, a dare un contributo per potenziare l’offerta.</b><br />
Un grande partner internazionale serviva e serve. Ma con un ingresso importante e definitivo nel capitale. Un ingresso a cui conseguissero da subito forti investimenti industriali. Ricordo un passaggio in cui Colaninno disse: entro solo se c’un partner estero.<br />
<b>
Perchè, tedeschi e francesi non sono pronti a farlo?</b><br />
Mi pare che un vettore straniero, in questo momento, possa essere maggiormente interessato a infilarsi in una nicchia e aspettare tempi migliori.<br />
<b> Cai resterà in ogni caso una compagnia italiana, una compagnia di bandiera. Non può farcela anche da sola, con un apporto estero frazionale?</b><br />
E'evidente in tutto il mondo, basta vedere quello che è successo dall’America all’Europa negli ultimi dieci anni, che le bandiere nazionali si vanno a piantare in un terreno più largo del Paese di appartenenza. Per noi quel Paese era Air-France-Klm.<br />
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I francesi se ne andarono anche per il no dei sindacati. Ora i rappresentanti dei lavoratori hanno detto sì. La cordata guidata da Roberto Colaninno è riuscita a resistere a un aspro e lungo confronto sindacale. Segno che, evidentemente, ci crede davvero.</b><br />
Le difficoltà sindacali sono un dato del paesaggio. Ma devo dire che in primavera, dopo le dimissioni di Prato (l’ex ad, ndr),
eravamo a un passo dal chiudere. Non si discuteva di contratto, perchè il contratto era quello di un grande vettore internazionale come Air France. Si discuteva solo di esuberi e perimetri. Quanto ai prossimi mesi, finchè tutti gli attori – interni, terzi e controparti – vogliono vedere se cavarci qualcosa, tutto andrà bene. Poi mi aspetto dei problemi anche nella compagine azionaria.<br />
<b>
A questo punto, per Cai, preferirebbe l’aiuto di Air France o quello di Lufthansa?</b><br />
Di un partner che abbia respiro sugli investimenti.<br />
<b> Anche per le infrastrutture aeroportuali?</b><br />
Con i tedeschi, probabilmente, ci si concentrerebbe più su Malpensa. Mentre i francesi, lo dicevano già 5 mesi fa, punterebbero su Fiumicino. Anche se Malpensa, con qualsiasi partner, non dovrebbe faticare a raggiungere il pieno regime. In ogni caso, per il Nord, resta da risolvere il grande problema di avere uno scalo ogni 50 chilometri.<br />
<b> Verso dove dovrebbe far volare la nuova Alitalia un partner internazionale?</b><br />
L’Italia ha una vocazione sull’Est, sulla Vecchia Europa, dove volano anche le nostre imprese. E'verso quelle Regioni, soprattutto, che chiederei un passaggio ad un grande vettore straniero. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JD0ZH">Avvenire - Marco Girardo</a>Massimo D'ALEMA: Rincuorare la cordata.2008-09-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359576Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>Tra i soci c’è chi vi legge il segnale della svolta tanto attesa</b><br /><br />
«Hai letto, hai letto D’Alema sul Sole?». È cominciata così la domenica mattina di diversi imprenditori della cordata riunita nella Compagnia Aerea Italiana. Tutti o quasi hanno interpretato l’intervista rilasciata dall’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema al quotidiano della Confindustria come la svolta tanto attesa.<br />
<b>«Non abbiamo mai lavorato per lo sfascio»,</b> <b>diceva D’Alema confermando la «fiducia nelle capacità di Roberto Colaninno» e l’auspicio che la cordata e i sindacati possano «recuperare i fili del confronto».</b><br />
«È il segno - rifletteva un esponente della Cai che ricordava anche le prese di posizioni di Ichino, Enrico Letta e Bersani - che Veltroni ed Epifani sono tagliati fuori, che nel Pd si rafforza il partito del dialogo anche su giustizia e riforme». Insomma, anche se ieri sono andati avanti semplici contatti telefonici, c’è la convinzione che la situazione sia matura per una Canossa della Cgil, magari con un primo segnale di disponibilità cui seguirebbe un comunicato della Cai che - si sussurra - addirittura sarebbe già pronto. Anche nel governo si giura che un «piano B» per Alitalia non esiste. C’è la cordata, e solo il progetto della cordata Colaninno, che non può essere mediato o corretto. Oppure il fallimento. Al ministero del Welfare di Maurizio Sacconi spiegano che non è nemmeno un caso se da parte dell’Esecutivo si sia smesso in queste ore di assestare bastonate a Guglielmo Epifani e alla Cgil. La Cgil deve accettare senza condizioni e aggiustamenti il piano Colanninno, perché non si può accettare che Cisl-Uil-Ugl vengano spiazzate; e i piloti, beh, con i piloti si vedrà. Magari anche loro come la Cgil dovranno tornare al tavolo per firmare con - così si è espresso un autorevole ministro - «le mutande in mano».<br /><br />
Se non che, a sentire i «cattivi» piloti dell’Anpac nulla è cambiato: nella quotidiana newsletter spedita per mail agli associati, il comandante e leader Anpac Fabio Berti ribadisce che nonostante le «enormi pressioni» ricevute la linea non cambia. Stessa musica in casa Cgil: a Corso d’Italia si fa notare che l’intervista di D’Alema - semmai - è perfettamente in linea con le ultime prese di posizione di Epifani sulla necessità di cercare un compratore estero. «Se fossi nel commissario (straordinario Alitalia Fantozzi, ndr) - afferma D’Alema - telefonerei a qualcuno del ramo. Non penso che alle stesse condizioni di Cai siano pochi i possibili compratori». Fatto sta che ieri il commissario Augusto Fantozzi ha formalmente attivato la procedura per sollecitare possibili manifestazioni d’interesse.<br /><br />
I collaboratori di Fantozzi puntualizzano che certo, finora né Lufthansa né British Airways o Air France-Klm hanno dichiarato di volersi muovere, ma che «il Commissario deve fare il proprio dovere, di cui risponde in prima persona di fronte alla legge». Ovvero, anche se Palazzo Chigi come noto preferisce il fallimento alla vendita «allo straniero», il messaggio di Fantozzi al premier è che lui in galera (come minacciato da un certo Di Pietro) non ci vuol finire. E se arriverà - per iscritto - un’offerta da Lufthansa (in pole position, dicono tutti i bene informati) o dai Jean-Cyril Spinetta, il commissario venderà. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JATFX">La Stampa - Roberto Giovannini</a>Enrico LETTA: Alitalia.Non ha vinto nessuno.2008-09-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359506Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Hanno perso tutti. Per l’Italia è un altro passo in giù. Non c’è niente da applaudire e niente di che rallegrarsi. Ora c’è da tenere solo i nervi saldi, capire quali sono le responsabilità e gli errori e mettere in campo immediatamente scelte che parlino al futuro.<br /><br />
Le responsabilità di Berlusconi sono evidenti. Stride il contrasto tra le sue accuse, oggi, ai sindacati per non aver firmato e il suo sostegno, cinque mesi fa, a quegli stessi
sindacati perché non firmassero l’ accordo con Air France-Klm.<br />
Quel possibile accordo emerge oggi come la soluzione ideale rispetto ai pasticci presenti e alle buie prospettive future.<br />
Un’intesa nella quale si sarebbe risolto il problema dei debiti, senza scaricarli sui contribuenti, si sarebbe affrontato il futuro industriale, si sarebbe mantenuto, per i cittadini italiani, un sistema concorrenziale e quindi vantaggioso, si sarebbe salvaguardata l’occupazione.
La Cgil e l’Anpac – dice oggi il presidente del consiglio – non vanno bene e sono «teleguidati» dalla politica. Ieri, invece, «facevano le scelte giuste» per «evitare la svendita » e salvare l’italianità. È l’ennesimo salto mortale della spregiudicatezza e disinvoltura con la quale Berlusconi ci sta abituando a fare i conti. Ma qui i nodi vengono al pettine. Passato indenne attraverso le prove di governo affrontate in questi mesi, grazie a un’abilità comunicativa e a una grande assuefazione dell’opinione pubblica, il presidente del consiglio si trova di fronte all’impossibilità di risolvere anche l’Alitalia con uno spot. E siccome in ballo non c’è la percezione dei cittadini, come per esempio nel caso della sicurezza, l’ondata comunicativa si infrange di fronte a uno scoglio oggettivamente complesso.<br />
Berlusconi non riuscirà a scaricare su altri questa responsabilità.<br />
Lui ad aprile spiegò agli italiani che avrebbe personalmente affrontato e risolto la questione, dando un contributo determinante al ritiro dell’offerta di Air France-Klm. Oggi a lui di nuovo l’onere della prova.<br />
Il tentativo di Berlusconi di addossare tutte le responsabilità alle sei sigle che non hanno firmato fallirà. È però indubbio che il “no” di quelle stesse sigle all’opzione Cai, sommato allo stesso “no” rivolto all’opzione Air France-Klm in primavera, rappresentano una strategia difficilmente conciliabile con la drammaticità della crisi del trasporto aereo italiano.<br />
L’errore più grande il sindacato lo fece allora, non rendendosi conto di quello che oggi è evidente agli occhi di tutti, cioè che quella con Air France- Klm era una soluzione lungimirante e vantaggiosa.<br />
Allora, come oggi, sembra aver pesato il tema della frammentazione e del ruolo stesso del sindacato.
La drammatica divisione che si è evidenziata ieri pomeriggio è un ulteriore elemento di questa crisi. Sbagliano il governo e la politica a pensare che dividere il sindacato sia di per sé un successo.<br />
Sbaglia il sindacato quando pensa di poter spostare sempre un passo in là il momento dell’assunzione di responsabilità. Allora, come oggi, l’impressione è che prevalga la voglia di trovarsi nella condizione di poter “non dire no” piuttosto che quella di dover “dire sì”.<br />
Ma se il sindacato a primavera avesse detto “sì”, invece di chiedere che Air France e il governo Prodi lo mettessero nella condizione di potersi limitare a non dire di no, oggi non saremmo di fronte al baratro. Ora, al governo la prossima mossa.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J9WN8">Europa - Enrico Letta</a>Antonio POLITO: I piloti di Silvio e i minatori della Thatcher.2008-09-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359343<br />
Onnipotente in parlamento e nei sondaggi, tanto da far parlare di alba della Terza Repubblica, il governo Berlusconi è sbattuto ieri sera contro il muro dei piloti dell’Alitalia, una piccola corporazione capace di rinchiuderlo nel bunker di una trattativa da Prima Repubblica. Non è sorprendente: ogni rivoluzione politica ha il suo muro simbolico da valicare; e il modo in cui lo fa, o non lo fa, proietta la sua ombra sul resto del cammino. Questo furono i minatori per la Thatcher, i controllori di volo per Reagan, e l’articolo 18 per l’altro governo Berlusconi.<br /><br />
Al momento in cui scriviamo non possiamo dire se quel muro, tra panini e cicche di sigarette, sarà stato superato o aggirato nella notte con un accordo separato che esclude i piloti. I sindacati confederali stavolta ci stanno, non possono permettersi l’ennesimo niet. Il problema sono i piloti e le muffe del sindacalismo autonomo che hanno prosperato per anni nello stagno Alitalia. Ma quello che si può dire è che le cose possono finire anche peggio di come sono cominciate. Fin dalla campagna elettorale e dalla proposta Air France, l’obiettivo di Berlusconi non è stato infatti la restaurazione di regole di mercato in un’azienda che è già costata agli italiani l’equivalente di una finanziaria; ma, bensì, l’imposizione taumaturgica del suo tocco, il tentativo di sistemare le cose per qualche anno e poi si vedrà, naturalmente a spese del contribuente, l’unica risorsa con cui si possano fare i miracoli.
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Il nodo è stato fino all’ultimo, e non a caso, il contratto dei piloti. Non solo gli esuberi o la busta paga, ma le regole del gioco. La lunga perversione che ha fatto di Alitalia una delle compagnie più fallimentari del globo si è stratificata nello strapotere di questa categoria, che gode in azienda di un vero e proprio diritto all’autogestione: sulle carriere, sulle promozioni, sui turni di lavoro, sulla nomina dei comandanti, sulle pensioni. Per questo i piloti hanno un contratto separato, da azienda nell’azienda; e per questo i nuovi padroni di Alitalia vogliono portarli in un contratto unico. Su un punto solo i piloti hanno ragione: ed è quando dicono che la compagnia che ne verrà fuori è troppo piccola per reggere, quindi è fatta per essere prima o poi venduta. Hanno capito benissimo che hanno di fronte una soluzione politica, più che di mercato; che serve a far guadagnare qualche anno a Berlusconi e qualche soldo ai capitani coraggiosi; che si sta mettendo in piedi un «portage» per condurre l’Alitalietta in tre o quattro anni nelle mani più capaci di una grande compagnia aerea europea. Magari Air France, che per comprarla da Prodi doveva spendere due miliardi e mezzo e accollarsi i debiti, e quando la comprerà da Colaninno la troverà già ripulita dei debiti e del marcio, passati ai contribuenti.<br />
Questo difetto genetico dell’operazione Cai è il punto di forza dei piloti e di tutti coloro che nella notte hanno organizzato la resistenza. Il loro ragionamento è semplice: voi volete raggiungere il break even in tre anni, per poi vendere. Ma alla vostra festa vogliano partecipare anche noi, al regalo del governo non aggiungeremo il nostro, se volete fare l’affare dovete lasciare qualcosa anche a noi. Il clima da ultimatum con cui il governo ha impostato la trattativa non ha funzionato per questo. Perché tutti sanno che c’è un dopo, anche se si va al fallimento. Nella peggiore delle ipotesi, Fantozzi porta i libri in tribunale e l’azienda viene venduta all’asta e a pezzi, brand compreso. Scommetto che ci pensano anche molti soci Cai: basta prendersi Airone, che è il vero salvataggio di questa storia e poi i bocconi migliori di Alitalia ci cadranno in bocca da soli. Il partito del fallimento è molto più ampio di quanto non si dica, e i piloti lo sanno.<br />
Chi fa questo calcolo sta però sbagliando di grosso. Perché pur nell’anomalia della soluzione all’italiana scelta da Berlusconi, la privatizzazione mette in moto un meccanismo di mercato inesorabile. Colaninno e i suoi corrono comunque un rischio d’impresa, nonostante le condizioni di favore. Che un giorno venderanno, non c’è dubbio. Ma quando e a che prezzo dipende da quanto profittevole si dimostrerà la nuova compagnia. Se già alla partenza, per compiacere la voglia di successo di Berlusconi, i capitani coraggiosi cominciano a cedere sul piano industriale, cento milioni oggi, cento milioni domani, non è affatto detto che rientrino dei loro investimenti. Per questo sui piloti non possono cedere. Il parto della nuova Alitalia è stato pessimo, ma la nuova creatura deve comunque nascere sana, non può portarsi appresso le tare genetiche della partoriente. <br />
Cedere ai piloti significherebbe trasferire l’infezione mortale della madre alla figlia. Non cedere vuol dire rischiare una guerra a Fiumicino in stile minatori gallesi. E’ un’alternativa del diavolo, ma governare vuol dire questo. Perfino per Berlusconi, che preferisce regnare più che governare.
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=128640">Il Riformista - Antonio Polito</a>Paolo CIRINO POMICINO: Alitalia, la vera italianità.2008-09-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359339<br />
Caro direttore,<br />
non sappiamo come si concluderà la vicenda Alitalia, ma quel che è certo è che quella storia non racchiude solo gli interessi di migliaia di lavoratori e del nostro servizio di trasporti aereo ma anche una visione sul ruolo del nostro capitalismo in una economia di mercato. Il Leitmotiv degli ultimi mesi è stato «l’italianità» della nostra compagnia di bandiera. A chi, come noi, negli anni dell’ubriacatura privatizzatrice a tutti i costi sosteneva l’idea che il capitalismo italiano avrebbe dovuto trovare un proprio protagonismo nel più generale riassetto del capitalismo europeo, quell’appello all’italianità è sempre suonato un po’ peloso. Funzionale, cioè, più a una polemica politica contingente che non a una visione strategica di fondo.<br /><br />
Mai come nel trasporto aereo, infatti, l’internazionalizzazione è una condizione essenziale per le grandi economie di scala che determina e per la crescente concorrenza delle compagnie low cost. Un’internazionalizzazione che è qualcosa di più e di diverso degli accordi commerciali. È un’integrazione societaria, capace di ridurre i costi finanziari, industriali e commerciali. Fu questo il motivo per cui ci schierammo con una specifica mozione parlamentare a sostegno della scelta di Air France come partner internazionale. Tentammo invano di spiegare, però, a Tommaso Padoa Schioppa che quella scelta, industrialmente saggia, aveva bisogno di un correttivo.<br /><br />
La proposta Air France era un’Ops (offerta pubblica di scambio) accettando la quale il Tesoro, azionista al 49% di Alitalia, sarebbe diventato un azionista con il 2% della nuova compagnia Air France-Klm-Alitalia. Troppo poco per poter essere accettata. Se si fosse fatto prima un aumento di capitale sottoscritto da soggetti pubblici e/o privati per almeno 1 miliardo di euro l’integrazione con Air France avrebbe portato il nostro capitalismo a essere un azionista del 6-7% nella più grande compagnia aerea del mondo, il cui primo azionista rimaneva lo Stato francese con il 16%. E sarà questa la sponda alla quale si approderà se l’attuale trattativa dovesse concludersi positivamente. La scelta del nuovo governo Berlusconi, infatti, ha spaccato in due quest’idea, correndo però il rischio di avvitarsi. Ha messo sulle spalle dello Stato i vecchi debiti di Alitalia con fornitori e obbligazionisti (la bad company) per offrire alla cordata Colaninno una società libera da gravami finanziari e industriali.
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La prima fase, se mai si raggiungesse l’accordo, sarà quella del trionfo dell’italianità garantita «contrattualmente» per almeno cinque anni, ma inevitabilmente, e molto prima di questo tempo, scatterà la seconda fase, quella dell’integrazione societaria con un partner internazionale. Che nessuno possa reggere soltanto sul mercato domestico lo dimostra lo stesso destino di Air One che è il vero «salvato» dalla proposta governativa. «L’italianità» di Alitalia insomma sarà molto più garantita da un ruolo di forte azionista del nostro capitalismo in una compagnia internazionale che non in una società piccola e nazionale. Se la comune responsabilità dovesse prevalere il governo dovrà sostenere, con il proprio peso, l’integrazione societaria della nuova Alitalia con un partner internazionale quale che sia, se non si vuole trovare di qui a qualche anno o dinanzi a un altro disastro o a una precipitosa fuga in tempi brevi di una cordata che annovera tra l’altro il meglio del capitalismo italiano.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J8AEB">La Stampa - Paolo Cirino Pomicino</a>Matteo COLANINNO: Alitalia, con scelte governo costi sociali altissimi.2008-09-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it358987Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>"Nuove idee di impresa”.</b> <br />
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Questo sarebbe dovuto essere il tema centrale del dibattito su “L’Italia dei cittadini” tenutosi alla Festa Democratica di Firenze e a cui hanno preso parte il ministro dello Sviluppo economico del governo ombra del PD Matteo Colaninno, il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, il parlamentare dell’Udc Savino Pezzotta e l’assessore al Bilancio del Comune di Firenze Riccardo Nencini. Il tema sarebbe dovuto essere quello, ma avrebbe potuto essere più preciso: “Nuove idee di impresa per un’impresa vecchia e problematica”. Come ampiamente prevedibile, infatti, quasi tutto il dibattito è stato incentrato sulla questione Alitalia. Lo stop dell'Unione europea alle soluzioni di Berlusconi e Tremonti fanno ancora discutere.<br />
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?ID_DOC=58141">Sito web del Partito Democratico</a>Pier Luigi BERSANI: Bersani: "Berlusconi regala Alitalia ad Air France"2008-08-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it358986Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>Bersani: "Il regalo di Berlusconi ad Air France"</b><br />
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Pier Luigi Bersani, ministro dell’economia nel Governo ombra del PD, ospite del meeting a Rimini di Comunione e Liberazione, all’indomani degli annunci propagandistici del Governo Berlusconi sul finto salvataggio di Alitalia (tema della nostra copertina di ieri), ridimensionata secondo il "Piano Fenice" ad una piccola compagnia aerea, niente a che vedere con il colosso di venti anni fa, ha il dente avvelenato e non perde l’occasione per mettere le cose in chiaro: “Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato il problema del caso Alitalia, non la soluzione”. Bersani si riferisce agli anni in cui il premier sempre con il suo governo, poteva salvarla realizzando piani migliori di quello attuale e invece, come ricorda a tutti i presenti e in particolare ai giornalisti, che certe cose dovrebbe scriverle, non ha fatto altro che contribuire alla sua svalutazione. “"Al 2001 Alitalia valeva 10 euro, al 2006 un euro. Si è lasciato passare l'accordo Klm-Air France nel quale potevamo inserirci, adesso Berlusconi ha fatto saltare la soluzione, ne ha prospettata un'altra. Ci consegna una compagnia palesemente più piccola, domestica, che deve fare un'alleanza con AirFrance, la quale per definizione si occuperà dei collegamenti internazionali", infatti "non potrà mica fare concorrenza a se stessa".
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?id_doc=57978">Sito web del Partito Democratico</a>