Openpolis - Argomento: 8 settembrehttps://www.openpolis.it/2013-09-09T00:00:00ZGIOCONDO TALAMONTI: 8 settembre 1943: così è rinata la Patria2013-09-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it709797Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Terni (TR) (Gruppo: Misto) <br/><br/>
A 70 anni da quel giorno ancora se ne discute e escono alcuni libri per ricostruire e fare il punto.
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Alberto Stramaccioni , alle ore 11.00 dell'8.09.2013, ha presentato il libro "L'Italia e i crimini di Guerra" presso lo stand della Festa Democratica alla "Passeggiata".
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La giornata dell'otto settembre è iniziata con la deposizione di una corona presso il monumento della Resistenza a ponte Garibaldi, alle ore 10.00.
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<br/>fonte: <a href="http://talamontigiocondo.blogspot.it/">il blog personale di Talamonti Giocondo</a>Maurizio TURCO: 8 settembre: sia occasione per riflettere sui diritti negati ai militari 2010-09-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it505724Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Domani ricorre il 67° anniversario dell’8 settembre ed è auspicabile che tale evento sia anche l’occasione per far riflettere le massime Istituzioni dello Stato sulle limitazioni dei diritti che il legislatore si ostina ad imporre ai militari che quotidianamente combattono contro criminalità e deviazioni di ogni tipo per la salvaguardia delle libere Istituzioni democratiche e per la difesa della Costituzione e della legalità.
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Il prossimo 8 ottobre entrerà in vigore il nuovo Codice dell'Ordinamento Militare, una vasta raccolta di norme che i vertici militari hanno voluto imporre ai cittadini in divisa, non per seguire lo spirito di una ampia e ponderata razionalizzazione delle norme di settore, ma con lo scopo di accentuare quelle negazioni del Diritto e dei Diritti che solo un regime autoritario come quello di cui domani si ricorderà la fine seppe imporre con tragiche e indelebili conseguenze che tutti noi oggi ancora siamo costretti a ricordare affinché non si possano ripetere gli errori del passato che però sembrano volersi rinnovare nella forzata militarizzazione del territorio."<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/comunicati/8-settembre-turco-comellini-sia-occasione-riflettere-sui-diritti-negati-ai-militari">Radicali Italiani</a>Emanuele FIANO: Interrogazione a risposta immediata sulle dichiarazioni dell'onorevole Ignazio La Russa relative all'8 settembre 1943 e alla Repubblica sociale italiana2008-09-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382218Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>Signor Presidente, onorevoli colleghi, è un piacere, signor Ministro, averla qui a rispondere a questa interrogazione e di questo la ringrazio. Ma la solennità del tema trattato, la solennità del luogo in cui ci troviamo e il rispetto che si deve ad alcuni di coloro che verranno citati in questa interrogazione avrebbero preteso dall'onorevole Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri, lo sforzo di trovare cinque minuti di tempo per far sapere agli italiani, tutti, se egli condivida o meno le affermazioni di un Ministro della Repubblica italiana, nata dall'antifascismo e dalla Resistenza. Mi riferisco all'onorevole Ignazio La Russa, il quale ha - come è noto - dichiarato nel corso della cerimonia ufficiale di commemorazione dell'armistizio dell'Italia dell'8 settembre 1943 che - cito testualmente - «altri militari in divisa, come quelli della Repubblica sociale italiana, soggettivamente dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della Patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani, e meritano quindi il rispetto (...) di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia».
Fateci sapere se questa è anche l'opinione del Governo<br/>fonte: <a href="http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=3510&stile=6&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+ASSEMBLEA%27">Camera.it</a>Carlo Azeglio CIAMPI: «Dopo questo Fini cade il bando alla destra» - INTERVISTA2008-09-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359338Alla data della dichiarazione: Senatore a vita<br/><br/><br />
<b>Presidente Ciampi, l’ultima svolta di Fini è caduta nel gelo di una parte di An. E’ ancora presto perché il popolo della destra ammetta che "il fascismo fu una dittatura e va condannata per intero"?</b> <br />
«Spero proprio di no. Spero che non ci sia alcun calcolo di opportunità, né dietro certi consensi echeggiati alla festa dei giovani di Alleanza nazionale né dietro i dissensi di quanti ancora non accettano l’evoluzione impressa da Fini al suo partito (gente che magari crede di intercettare così nostalgie e umori sbagliati in radice). Apprezzo in pieno la posizione espressa dal presidente della Camera. Mi auguro che sia presto interiorizzata da tutti e che non resti per qualcuno una proclamazione retorica. Ricordo come sia implicito che chiunque assume una responsabilità pubblica deve farlo giurando sulla nostra Magna Charta. Ciò che impone di identificarsi nei principi che la ispirano, secondo un filo rosso che, ricordava Calamandrei, lega insieme il Risorgimento, la Resistenza e, appunto, la Costituzione».<br />
<b>Il suo successore, Napolitano, ha detto pochi giorni fa che il riconoscimento nei valori della Costituzione resta "una questione aperta", per alcuni settori della società italiana.</b><br />
«Quel discorso mi è parso trasparente. Comunque, dopo quest’ ultimo passo di Gianfranco Fini, credo che nessuno potrà più rievocare il vecchio "arco costituzionale", che per mezzo secolo ha visto calare sulla destra una sorta di bando morale (non per nulla lo chiamavano il "polo escluso") e tenuto il Paese prigioniero di memorie divise. Del resto, sul nostro passato, onestà vuole che il giudizio storico sia ormai definitivo...».<br />
<b>Beh, mica tanto definitivo. Basta pensare alle polemiche sul significato dell’8 settembre.</b><br />
«L’ho predicato infinite volte: l’8 settembre fu il momento in cui l’idea di Patria si riaffermò nelle coscienze, non certo il giorno dell’eutanasia della Nazione. Ne nacque una Resistenza allargata --- dei militari, dei prigionieri nei lager tedeschi, dei partigiani, della popolazione civile - sulla quale non è lecito attribuire egemonie politiche. Chi aderì alla Repubblica di Salò, magari in buona fede, scelse invece di stare dalla parte sbagliata, dentro un regime fantoccio, al fianco dei nazisti di Hitler. Non a caso da presidente mi opposi alla creazione di una nuova onorificenza, che qualcuno voleva attribuire a tutti i combattenti, dell’una e dell’altra parte. Non c’erano i presupposti storici per una simile parificazione. Che da oggi è improponibile pure per il leader di An».<br />
<b>Insomma, stiamo per liberarci dall’incubo paralizzante di un passato che sembrava destinato a non passare mai?</b><br />
«Confido che sia davvero così. Rammento che nel 1946, durante un viaggio in treno, incontrai un vecchio compagno di scuola che aveva compiuto una scelta opposta alla mia, schierandosi con la Repubblica sociale. Scambiammo poche parole, tra noi, ringraziando il cielo di non esserci trovati armati l’uno davanti all’altro. Ci guardammo negli occhi e ci abbracciammo... Ecco: cito questo episodio per dire che l’Italia, depressa e moralmente in crisi di adesso, avrebbe bisogno dell’abbraccio del coraggio e della chiarezza. Possiamo e dobbiamo finalmente ritrovarci affratellati sul patrimonio di valori fondativi della nostra democrazia repubblicana».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J8A79">Corriere della Sera - M. Br.</a>Furio COLOMBO: La Repubblica condivisa.2008-09-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359157Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Il Presidente della Repubblica ha ricordato la dignità dei militari italiani che furono deportati in Germania perché rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò. Di diverso avviso il ministro della Difesa». Cito dal Tg 1, ore 20, 8 settembre. In linguaggio deliberatamente piatto non nasconde il fatto certamente eccezionale: il ministro della Difesa La Russa, post-fascista, è di «diverso avviso» sul fascismo.<br /><br />
Infatti la vera frase del ministro è un omaggio alla Repubblica fascista di Salò nel giorno in cui il capo dello Stato stava celebrando, da solo, la Resistenza contro i tedeschi a Roma. C’era anche il sindaco di Roma, alla cerimonia, Alemanno, post-fascista anche lui. Il sindaco aveva detto il giorno prima il suo sentimento di rispetto verso il fascismo. Dunque, per prima cosa, è doveroso inviare da questo giornale un pensiero grato e solidale al Presidente Napolitano che ha celebrato la Resistenza italiana non con le autorità presenti ma insieme a tutti gli italiani che, come lui, credono nella Resistenza e nella Costituzione.<br /><br />
<i>Per i più giovani, forse, è utile un chiarimento.</i><br />
Che cos’è il fascismo? È un progetto di potere che non bada a spese di vite umane per affermare e rafforzare quel potere. Ha due nemici: chiunque all’interno di un Paese colpito dal fascismo, si opponga. E chiunque (o qualunque altro Paese) fuori dai confini nazionali, sia o diventi ostacolo all’espandersi del regime fascista. Ha tre comandamenti che, in Italia, erano scritti a caratteri immensi su tutti i muri: «Credere, Obbedire, Combattere». <br />
Il primo comandamento impone l’accettazione fanatica di una dottrina inventata. Nel caso italiano si chiamava «mistica fascista». I praticanti di quella mistica (cittadini di tutte le età) non avevano scampo. L’intimazione di credere è sempre una intimazione violenta. Significava che un livello superiore, forte abbastanza da lanciare quella intimazione, aveva conquistato potere assoluto con sangue, sottomissione, violenza e complicità.<br />
Obbedire significava l’umiliazione di tutti davanti ai pochi che decidono di vita e di morte. Ci sono sempre, nella storia di tutti i popoli. Sono sempre i peggiori. E cadono fuori dalla storia a causa delle rivolte di libertà. Ma quando comandano non badano a sangue, dolore, umiliazione, morte per farsi ubbidire.
Combattere è il comandamento obbligato. Se sei fascista, o sottoposto al fascismo, c’è sempre qualcun altro da uccidere, persona, famiglia, gruppo o popolo.<br /><br />
Il fascismo per vivere ha bisogno di censura ferrea al fine di impedire anche il minimo alito di libertà. Il fascismo ha bisogno di paura perché ognuno, fascisti e non fascisti, resti al suo posto senza discutere. Il fascismo ha bisogno di miti per organizzare riti che sono sempre evocazioni di stragi. Quei miti sono invenzioni nel vuoto di cultura e di storia, e quei riti sono sempre armati, in attesa che siano pronte nuove vittime da immolare sugli altari della Patria.
La Patria è un mostro al quale, come tributo di grandezza e di difesa dei sacri confini, bisogna sempre tributare un doppio sacrificio: i propri figli, mandati comunque a combattere, dopo aver creduto e obbedito, perché non ci può essere pace fino alla vittoria del fascismo (al di là di un mare di sangue). E il sacrificio di altri popoli, scelti secondo una fantasia arbitraria (il fascismo non deve rendere conto a nessuno) dunque malata, in base a una dottrina di sangue, anch’essa malata che predica: «molti nemici molto onore». Vuol dire che a ogni guerra segue altra guerra, ad ogni persecuzione altra persecuzione.<br /><br />
Il fascismo italiano, giunto a uno dei momenti più alti e pieni del suo mortuario potere (1938) ha visto e identificato gli ebrei, gli ebrei italiani (italiani da secoli, al punto che persino alcuni di essi erano e si dichiaravano fascisti) come nemico finale e mortale.<br />
Nemico da identificare, braccare, catturare, distruggere.<br />
Per sapere quanto il progetto fosse esteso e totale, profondamente fascista e completamente auto-generato dal fascismo, basterà rileggere il pacchetto delle leggi razziali italiane. Da esse non traspare l’impeto brutale e cieco di un momento di barbarie. Si tratta invece di un disegno accurato e giuridicamente impeccabile per sradicare ogni vita, ogni professione, ogni lavoro, dal laticlavio senatoriale al lavoro manuale. L’impossibilità di dare, di avere, di possedere, di lavorare, di restare, di andare via, di essere padri, madri, coniugi, figli, fratelli, neonati, malati, vegliardi morenti, bambini nelle scuole. Tutto chiuso, impedito, escluso, proibito, vietato, ogni porta murata subito e per sempre.<br />
Quando, da parlamentare della tredicesima legislatura, ho scritto, firmato, fatto firmare (anche da deputati di Forza Italia e di An) la «legge che istituisce il Giorno della memoria», questo ho inteso fare: affermare che la Shoah è un delitto italiano. Senza le leggi italiane e il silenzio quasi totale degli italiani, la Germania nazista non avrebbe potuto imporre a tutta l’Europa il suo delitto. Tremendo delitto. Ne è una prova la Bulgaria dove - come testimonia in un suo non dimenticato libro Gabriele Nissim - il presidente del Parlamento locale Dimitar Peshev, uomo di destra in un Paese occupato da tedeschi nazisti e da italiani fascisti, si è rifiutato, insieme alla sua assemblea, di approvare le «leggi per la difesa della razza» scrupolosamente copiate dal modello italiano. I persecutori tedeschi e italiani non hanno potuto toccare un solo cittadino ebreo bulgaro.<br /><br />
<i>«Il Giorno della memoria»,</i> vorrei ricordare a chi ne ha discusso su questo giornale ieri, esiste non per dare luogo a una cerimonia, ma per ricordare che gli ebrei italiani e gli ebrei stranieri che avevano creduto di trovare rifugio in una Italia buona, sono stati cercati, isolati, catturati e messi a disposizione dei carnefici tedeschi da fascisti italiani. E tutto ciò è avvenuto nel silenzio di altri italiani che a quel tempo avevano un’autorità e un ruolo. I perseguitati, in Italia, sono stati aiutati e salvati, quando possibile, quasi solo da persone e famiglie che hanno rischiato in segreto la vita, dunque da persone verso cui l’Italia ha un debito immenso (l’Italia, non gli ebrei che non avrebbero dovuto essere vittime), un debito che non è mai stato riconosciuto o celebrato. È anche per questo - ricordare e onorare l’italiano ignoto che non ha ceduto, che non ha ubbidito, che non ha combattuto la sporca guerra della razza, che esiste il «Giorno della Memoria».<br />
Ma esiste anche per ricordare che il Parlamento fascista italiano ha approvato all’unanimità, al grido di «viva il Duce» alla presenza di Mussolini, le leggi dette «per la difesa della razza», articolo per articolo, fra discorsi deliranti, il cui testo si può ancora trovare negli archivi di Montecitorio, e frenetici applausi.<br />
«Il Giorno della memoria» esiste per rispondere a chi osi pronunciare la inaccettabile frase sull’«onore dei combattenti di Salò», per esempio l’attuale ministro Italiano della Difesa La Russa. I combattenti di Salò sono stati coloro che hanno cercato, arrestato, ammassato nelle carceri italiane e poi consegnato alle guardie e ai treni nazisti quasi tutti gli ebrei italiani che nei campi di sterminio sono scomparsi. Sono stati quegli onorati combattenti di Salò a consegnare Primo Levi ai nazisti per il trasporto ad Auschwitz. Negli Stati Uniti, nessuno, per quanto di destra, si sognerebbe di difendere la schiavitù come una onorevole pagina della storia americana. E in nessun paese d’Europa si è mai assistito a una celebrazione di governo verso coloro che hanno collaborato con i nazisti e fascisti che occupavano i loro Paesi.<br />
Le parole del sindaco di Roma e del ministro della Difesa italiano sono più gravi perché riguardano l’immenso delitto della Shoah di cui l’Italia fascista è stata co-autrice e co-protagonista. E’ vero che l’Italia fascista, con il suo codice di violenza, il suo impossessamento crudele delle colonie (di cui Gheddafi, oggi ha chiesto e ottenuto il conto) e la sua relativa modernizzazione dell’Italia ha avuto in quegli anni un suo prestigio e un suo peso in Europa. Ma proprio per questo il delitto razziale italiano si è esteso al peggio di tutta la sanguinosa Europa fascistizzata, e la responsabilità del regime italiano in quegli anni e in quel delitto è stata immensa.<br /><br />
Molti avranno notato che il Presidente della Repubblica, l’8 settembre a Roma, ha parlato da solo a nome dell’Italia libera (libera dal fascismo e dalla persecuzione razziale) nata dalla Resistenza e ha indicato il solo vero valore condiviso: la Costituzione.
È un giorno di tristezza e vergogna per coloro che c’erano, in Italia, quando gli ispettori della razza entravano nelle scuole, quando le brigate nere provvedevano a trovare e consegnare ai tedeschi gli italiani ebrei. Ed è bene ricordare al ministro della Difesa di questa Repubblica, nata dalla Resistenza che gli è estranea, che nella sua Repubblica di Salò i delatori venivano compensati (dai fascisti, non dai tedeschi) con lire cinquemila per ogni ebreo catturato e mandato a morire.<br />
È un giorno di gratitudine verso Giorgio Napolitano che ha detto agli spettatori di sequenze televisive che saranno sembrate un film brutto come un incubo, che è la Resistenza, non Salò, il fondamento dell’Italia democratica, che è la Costituzione antifascista il nostro codice condiviso.
Il resto, aggiungo in nome della memoria che ho cercato di mantenere viva nella legge che porta quel nome, è spazzatura della storia.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J676U">l'Unità - Furio Colombo</a>Ignazio LA RUSSA: "Omaggio dovuto ai soldati della Rsi, mi attaccano perché sono di destra" - INTERVISTA2008-09-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it359153Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Difesa (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Hanno inventato una polemica che non esiste, si sono immaginati un dissenso con Napolitano che è pura fantasia, hanno usato contro di me vecchi e logori stereotipi e manifestazioni scomposte di razzismo culturale». Ignazio La Russa, ministro della Difesa, ha appena terminato un seminario con gli studenti della Summer School di Magna Carta, animato da Gaetano Quagliariello. Ma l’argomento del giorno sono le polemiche che si sono sollevate dopo il suo discorso commemorativo dell’8 settembre. Il ministro della Difesa non è per nulla intimidito, anzi, un vero e proprio fiume in piena. Dice che non si rimangia nemmeno una parola e spiega perché.<br /><br />
<b>Ministro, se le aspettava le polemiche?</b><br />
«Sinceramente no. Perché considero i miei avversari molto più intelligenti di quello che a volte si dimostrano».<br />
<b>L’accusano di fare revisionismo storico attraverso la sua carica istituzionale...</b> <br />
(Il ministro sbotta) «Ma quale revisionismo! Questi non sanno neanche che cosa voglia dire. Tutti quelli che in questi anni hanno affrontato gli avvenimenti del ’43 si sono spinti molto più avanti di me». <br />
<b>Facciamo degli esempi.</b><br />
«Ce ne sono tanti. Se vogliamo citare i due più importanti, la monumentale bibliografia di Renzo De Felice e i quattro libri di Pansa, compreso l’ultimo, I tre inverni della paura, che fotografa straordinariamente proprio quel momento di sbandamento tragico che nel nostro Paese fu aperto dall’8 settembre».<br />
<b>Allora torniamo alle frasi che le contestano.</b><br />
«Mi ero preparato il discorso, una scaletta di appunti, perché di solito parlo a braccio, già da una settimana».<br />
<b>E aveva già messo a fuoco il passaggio incriminato?</b><br />
«Ovviamente sì: nel mio discorso non ho fatto riferimento alla storia di tutta la Repubblica di Salò, nemmeno ai soldati della Rsi, ma a quelli del battaglione Nembo che combatterono ad Anzio».<br />
<b>Lei è partito elogiando quelli che combatterono contro i nazisti...</b><br />
«Sì, e non potevo fare altrimenti, per due motivi: perché si opponevano a un esercito straniero, in quel momento ostile. E poi, perché con il loro sacrificio, avevano contribuito alla costruzione di quella Italia democratica e libera in cui viviamo».<br />
<b>Poi lei ha citato anche coloro che si erano schierati sul fronte opposto. E qui si è scatenato il putiferio.</b><br />
«E ovviamente non si capisce perché, se si esclude la malafede. Ho detto, infatti, parlando, e ci tengo a ripeterlo, sempre di quei soldati della Nembo, che non potevo fare un torto alla mia coscienza non ricordando che anche loro, come tutti i caduti, erano meritevoli di rispetto perché nella loro testa, in modo soggettivo e non equiparabile a quello di coloro che fecero la scelta opposta, avevano in mente l’ideale della difesa della patria e dell’onore alla parola data».<br />
<b>Quindi lei non ha fatto nessuna equiparazione.</b><br />
«Assolutamente no, ho distinto, come vede, e con parole molto chiare, perché mi è molto chiaro il ragionamento su quegli uomini e su quel passaggio storico».<br />
<b>Per tutto il giorno, e sul sito della Repubblica è rimbalzato il tam tam di una irritazione del Quirinale. Non posso che chiederglielo, è vero?</b><br />
«Macché. Una panzana colossale. In primo luogo, non poteva esserci polemica con il presidente della Repubblica perché ho parlato dopo di lui».<br />
<b>Non nei discorsi ufficiali. Ma magari a quattr’occhi...</b><br />
«Sono stato con Napolitano, con grande cordialità, per molto tempo dopo il discorso. Non mi ha detto nulla, non è vero che era seccato, non voglio ovviamente interpretarlo, ma non c’è stato il minimo accenno a qualsiasi irritazione».<br />
<b>Come si spiega allora il polverone che si è sollevato?</b><br />
«Semplice, con una forma di razzismo culturale: siccome io sono di destra, ho una storia di destra, e certo non me ne vergogno, si presume che io non possa parlare».<br />
<b>Forse pensano che lei si dovrebbe astenere dal toccare certi temi...</b><br />
«Con me se lo possono scordare, non mi faccio tarpare dai gendarmi della memoria e dai professori della storiografia ufficiale».<br />
<b>Pensa che la sua immagine istituzionale sia appannata?</b><br />
«Primo non lo è. Secondo non me ne importa nulla, perché non ho ambizioni, non devo farmi rilasciare patenti, sono già orgoglioso del ruolo a cui sono arrivato».<br />
<b>Ieri l’ha attaccata anche Veltroni, se lo aspettava?</b><br />
«No, non ha ecceduto come altri, ma certo con le sue parole ha fatto torto in primo luogo alla meritoria azione di pacificazione nazionale che ha svolto da sindaco di Roma». <br />
<b>Lei ha citato il discorso di Violante su Salò.</b><br />
«Certo, anche qui: ha detto molto più di quello che ho detto io, e fra l’altro lui si riferiva a tutta la Repubblica di Salò. Io, invece, parlavo di quel periodo preciso, e di quei soldati».<br />
<b>Perché lo sottolinea?</b><br />
«Perché stiamo parlando della fine del ’43, un momento di caos assoluto. Ha presente il film Tutti a casa con Alberto Sordi che telefona al comando gridando: “Aiuto, i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano contro”». <br />
<b>Nel senso che sembrava più probabile?</b><br />
«Sì, per un soldato italiano, abbandonato e all’oscuro di tutto, sembrava impensabile che gli alleati di ieri ci sparassero addosso».<br />
<b>L’hanno criticata anche i dipietristi.</b><br />
«Questa è bella, dovrebbero rivolgere le stesse critiche al loro leader che, come a Milano sanno tutti, da ragazzo votava Msi».<br />
<b>Però lei ha parlato proprio il giorno dopo la polemica di Alemanno sul fascismo male assoluto o no.</b><br />
«Gianni ha spiegato oggi, con grande chiarezza, la sua posizione. E in questa forma, sono d’accordo con lui. Ma io parlavo di tutt’altro. Lo facevo nel giorno della nascita di mio padre, consapevole di quello che dicevo e della reazione che potevo suscitare, e certo che c’era solo un limite che non potevo forzare».<br />
<b>Quale?</b><br />
«Che ero tenuto per mandato istituzionale a parlare di quei ragazzi, che se avessi potuto scegliere non l’avrei fatto, ma che avendolo dovuto fare, non potevo censurare la mia coscienza». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=J66ZI">Il Giornale - Luca Telese</a>