Openpolis - Argomento: UEhttps://www.openpolis.it/2018-12-18T00:00:00ZAngela Raffa: Messina, la deputata Angela Raffa incontra l’onorevole greco Gavriil Avramidis2018-12-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it934000Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: M5S) <br/><br/>"Questa Europa ha fallito - dichiara Angela Raffa, M5S Camera - Hanno trasformato un sogno di intere generazioni, in un incubo. Una Europa di pace e dei popoli è diventata l'Europa della burocrazia sorda e della finanza avida. Dovevano renderci uniti e ci hanno solo reso più poveri, come i greci hanno potuto sperimentare sulla propria pelle. A Bruxelles si dimostrano spesso incapaci di guardare più in là del loro naso, solo interessati a curare i loro interessi e quelli delle lobby europee che muovono il denaro ed il dorato mondo in cui vivono."<br/>fonte: <a href="http://www.letteraemme.it/2018/12/18/messina-la-deputata-angela-raffa-incontra-lonorevole-greco-gavriil-avramidis/">LetteraEmme</a>FRANCO MIRABELLI: Migranti: Salvini non sopporta che Paese riprenda a funzionare2015-10-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it767770Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>"Salvini dimostra disinteresse per gli italiani che beneficeranno della scelta dell'Ue. Lui non sopporta che questo Paese riprenda a funzionare". Lo scrive il senatore del Pd Franco Mirabelli su Twitter.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/doc/14009/mirabelli-salvini-non-sopporta-che-paese-riprenda-a-funzionare.htm">senatoriPD</a>Pietro ICHINO: IL COMUN DENOMINATORE LIBERAL-DEMOCRATICO CHE MANCA ALLA DESTRA E ALLA SINISTRA2014-04-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718205Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
L’INCONCLUDENZA DELLA POLITICA ITALIANA, LE SUE RADICI E IL RISCHIO DEL SUO PERDURARE NONOSTANTE LA CRISI
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<b>1. Il costo dell’inconcludenza della politica italiana</b>… - L’emergenza più grave che il nostro Paese sta attraversando, per certi aspetti più grave ancora di quella economica, è la frattura che è venuta enormemente allargandosi negli ultimi due decenni tra i cittadini e i loro rappresentanti nelle assemblee elettive, tra il sentire comune della gente e il sistema politico stesso. Un’emergenza che Matteo Renzi ha, certo, messo a fuoco tempestivamente; ma che egli stesso con il PD attuale non è in grado di superare, perché anche il PD ne è stato pienamente corresponsabile, sia pure soltanto per la parte maturata nei sette anni della sua esistenza, e lo è in parte tuttora.
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Questa frattura ha un nome e una causa fondamentale: l’inconcludenza.
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<b>2. … di destra…</b> – Inconcludenza totale della destra, per cominciare. Più precisamente di un centrodestra che si è riempito la bocca per vent’anni delle parole “libertà” e “liberalismo”, ma che porta la parte maggiore della responsabilità della crescita vertiginosa del debito pubblico negli ultimi vent’anni, conseguenza di un’invadenza dello Stato nell’economia che non ha pari in Europa. Con l’effetto della pressione fiscale enorme che sta soffocando la nostra economia, mai di fatto contrastata dai governi Berlusconi.
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Questo stesso centrodestra ha tutt’intera la responsabilità del peccato più grave commesso della mia generazione nei confronti di quelle dei nostri figli e dei nostri nipoti: la dissipazione del cosiddetto “dividendo dell’euro”, cioè di quelle diverse centinaia di miliardi di interessi passivi che la traduzione in euro del nostro debito pubblico ci avrebbe consentito di risparmiare, e che secondo il patto di Maastricht con i nostri partner avremmo dovuto destinare interamente alla riduzione del debito stesso. Pensate: se lo avessimo fatto, invece di finanziare con quel prezioso dividendo l’ulteriore aumento della spesa corrente strutturale, nei dieci anni tra il 2001 e il 2011 avremmo potuto ridurre il nostro debito pubblico quasi al 70 per cento del PIL; saremmo cioè vicinissimi all’obiettivo che il Fiscal compact ci chiede di raggiungere entro vent’anni e dal quale invece proprio in quel decennio ci siamo pericolosamente allontanati.
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<b>3. … e di sinistra…</b> - Ma non meno grave è l’inconcludenza della sinistra italiana: una sinistra presuntuosa e autoreferenziale, che per molti decenni ha guardato dall’alto in basso le altre sinistre europee, considerando come spregiative le loro qualificazioni come “socialdemocratica” o “laburista”. Salvo ignorare i risultati che queste conseguivano sul terreno del funzionamento concreto del mercato del lavoro e del welfare nei rispettivi Paesi, e lasciare invece che in Italia il mercato del lavoro assumesse le forme mostruose dell’apartheid tra iper-garantiti e iper-precari, con i servizi per l’impiego peggiori e con i tassi di occupazione femminile, giovanile e degli anziani più bassi d’Europa. Ma al tempo stesso con le retribuzioni orarie nette più basse tra i Paesi dell’OCSE, a parità di mansioni. Intanto, nella stessa Italia in cui fino al 2011 quasi tutta la spesa sociale è stata destinata a mandare in pensione i lavoratori regolari a cinquant’anni, e i più poveri sono assistiti peggio che in qualsiasi altra parte del continente, è pure diminuita la mobilità sociale. Questo è il bilancio disastroso di mezzo secolo di sinistra italiana.
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Obiettano: “ma in quel mezzo secolo non siamo mai stati al governo per più di un anno o due di seguito”. È vero, e se ne capisce bene il motivo; ma è un fatto che tutti i disastri menzionati sono in larga parte il prodotto di ciò che quella sinistra ha in concreto rivendicato e difeso, sul piano sindacale come su quello politico, anche quando era all’opposizione: sul terreno previdenziale come su quello della disciplina dei rapporti di lavoro individuali e collettivi, o dei servizi nel mercato del lavoro. Basti ricordare su quest’ultimo punto la difesa a oltranza del monopolio statale del collocamento protrattasi fino alle soglie degli anni 2000, della quale si trovano ancora ben visibili le tracce nella resistenza ancora prevalente nel Pd contro ogni forma di coinvolgimento delle agenzie specializzate nel servizio pubblico per l’impiego.
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<b>4. … ma anche di destra e sinistra insieme</b> - Insieme, poi, destra e sinistra italiane hanno la responsabilità di avere chiuso ermeticamente il Paese agli investimenti stranieri. Sono sempre state accomunate, queste nostre vecchie destra e sinistra, dall’ostilità contro le multinazionali straniere e dalla difesa dell’“italianità” dei “campioni nazionali”. La perdita conseguitane si può valutare, per confronto con la media europea, in un minor flusso di circa 50-60 miliardi all’anno di investimenti diretti in entrata, con tutto ciò che essi portano con sé in termini di piani industriali innovativi, di aumento della produttività del lavoro e di domanda aggiuntiva di occupazione.<b></b>
È responsabilità comune di questa destra e di questa sinistra il degrado dell’istruzione pubblica, l’aver lasciato che tutta la politica scolastica si riducesse a una colossale gestione di stipendi e di aumenti automatici per professori di ruolo inamovibili, nonché di una coorte di precari aspiranti al posto fisso (dove la questione cruciale non è il che fare per istruire meglio gli studenti, ma soltanto come soddisfare i diritti acquisiti di chi ce li ha e le attese di chi aspira ad averli).
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Infine, ma non certo ultima per importanza, va ricordata la perdita progressiva di efficienza dell’amministrazione giudiziaria e di senso civico nel Paese: responsabilità bi-partisan della politica italiana, divisa tra una destra la cui unica politica giudiziaria è consistita per vent’anni nel tentativo di impedire che il suo capo rispondesse delle imputazioni rivoltegli dalla magistatura, e una sinistra altrettanto diffusamente propensa ad affidare alla magistratura compiti del tutto impropri di supplenza, che degenerano facilmente in vera e propria ingerenza nell’area di competenza della politica e dell’esecutivo.
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<b>5. Perché questi disastri?</b> - Che cosa è mancato alla politica italiana, tanto a destra quanto a sinistra? È mancata una cosa che possiamo chiamare “substrato di cultura politica nazionale”, o “tessuto connettivo repubblicano”, oppure ancora “patrimonio comune di valori civili”; ma credo che si ottiene maggiore chiarezza indicando questa cosa che è mancata come il minimo comune denominatore liberal-democratico che in un Paese moderno dovrebbe accomunare l’ala destra e l’ala sinistra dello schieramento politico. O meglio: dovrebbe costituire il terreno d’azione accettato da entrambe e sul quale esse tra loro competono, salvo ovviamente differenziarsi per l’entità dell’impegno dedicato a garantire la parità di opportunità a tutti.
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<b>6. Il minimo comun denominatore liberal-democratico: nelle amministrazioni…</b> - Di questo patrimonio politico-programmatico proprio tanto di una destra quanto di una sinistra moderne, dovrebbe far parte innanzitutto l’impegno di ciascuna generazione a non far pagare alle generazioni successive i debiti conseguenti ai propri sprechi e dissennatezze (e qui, come si è visto, il bilancio italiano è pesantissimo). Ma dovrebbe farne parte anche l’impegno a garantire al Paese un’amministrazione pubblica totalmente trasparente – la full disclosure dei Freedom of Information Acts – e totalmente orientata al servizio dei cittadini; con dirigenti responsabilizzati su obbiettivi specifici, misurabili, volti a allineare progressivamente i servizi più arretrati ai più avanzati. Questo non è un obiettivo né tipicamente proprio della destra, né della sinistra: l’una e l’altra dovrebbero misurarsi entrambe su questo terreno. Invece in Italia esse sono in pari misura responsabili dello stato delle nostre amministrazioni, dove regna l’opacità, dove l’interesse degli addetti prevale sistematicamente su quello degli utenti, dove i vertici e i dirigenti che da loro dipendono non sono quasi mai responsabilizzati per il raggiungimento di obiettivi incisivi e precisi, né mai valutati secondo questo parametro. E quando si parla di affondare per davvero il bisturi anche nella più piccola piaga di questo tessuto malato, immancabilmente in Parlamento destra e sinistra si ritrovano come per incantesimo unite in un ferreo non expedit: queste cose in Italia non si possono fare.
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<b>7. … e nei mercati</b> - Allo stesso modo, non è né di destra né di sinistra – o, se si preferisce, né pro-business né pro-labour – l’obiettivo di un mercato del lavoro capace di conciliare la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza economica e professionale delle persone nel passaggio da un lavoro all’altro. Anche questo è uno dei terreni più importanti sul quale sinistra e destra dovrebbero confrontarsi e competere; invece in Italia non si sa quale delle due abbia tenuto, nei decenni passati e ancor oggi, un comportamento di fatto più conservatore e inconcludente, condannando il Paese a tenersi il mercato del lavoro che funziona peggio in Europa, se si esclude la solita benemerita Grecia.
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Nel comune denominatore liberal-democratico che dovrebbe essere condiviso dalla destra e dalla sinistra c’è poi un capitolo fondamentale: la contendibilità di tutte le funzioni. Di quelle che sono oggetto dei mercati privati, ovviamente; ma anche e soprattutto di quelle pubbliche. Se, invece, l’Italia è il Paese dove le possibilità effettive di concorrenza sono più ridotte, sia nel mercato dei servizi alle persone e alle imprese, sia nelle funzioni pubbliche, questo è dovuto a una destra e una sinistra che fanno a gara nel proclamarsi “liberali” all’ingrosso, quando si tratta di enunciare il principio astratto, ma per lo più fanno altrettanto a gara nell’essere corporative al minuto: tendenzialmente pronte a stringersi la mano quando si tratta di difendere qualche gruppo di insider, rappresentato dalla lobby di turno, contro la concorrenza degli outsider. Sempre, ovviamente, motivando con l’esigenza di “proteggere l’interesse dell’utente alla migliore qualità della prestazione”.
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<b>8. Le riforme in affanno</b> - Quando parliamo di “riforma europea dell’Italia” noi di Scelta Civica parliamo di introdurre nel nostro sistema e nella nostra cultura politica questo comun denominatore liberal-democratico, che in Italia troppo a lungo è drammaticamente mancato. Parliamo di costringere destra e sinistra a far propri questi valori e a confrontarsi su questo terreno. Siamo convinti che Matteo Renzi proprio questo, più o meno, si proponga di fare, quando parla di “cambiare verso” al nostro Paese. Ma talvolta su questa strada lo vediamo in affanno, in debito di ossigeno; e comunque constatiamo le enormi difficoltà che egli incontra quando, con questo intendimento, cerca di “cambiar verso” anche al Partito democratico. Per esempio, quando questo gli si mette di traverso (altro che “cambiar verso”) appena si incomincia a parlare di mobilità del personale nel settore pubblico, di eliminare una parte delle decine di migliaia di società mangiasoldi controllate da Stato ed enti pubblici, di introdurre il contratto di lavoro a tempo indeterminato a protezioni crescenti, o il contratto di ricollocazione come metodo nuovo con cui affrontare le crisi occupazionali attivando i servizi di outplacement offerti dalle agenzie specializzate e ponendo fine all’abuso della Cassa integrazione “a perdere”, e di altro ancora… Il muro è ancora lì. Un esempio particolarmente significativo di queste difficoltà del premier è costituito dal capitolo programmatico del Codice del lavoro semplificato: ancora nel gennaio scorso esso costituiva il primo punto del Jobs Act annunciato dal sindaco di Firenze; poi, da Presidente del Consiglio, egli torna ad annunciarlo nella fatidica conferenza stampa del 14 marzo, e lo fa di nuovo negli incontri con Merkel e Cameron; ma poiché la Cgil obietta che “semplificazione uguale precarizzazione”, per ora in Parlamento del Codice semplificato resta solo l’annuncio.
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<b>9. La riforma europea dell’Italia</b> - Per rafforzare nella politica italiana il comun denominatore liberal-democratico di cui ho parlato è necessario innanzitutto rafforzare il processo di integrazione dell’Italia nell’Unione Europea: è questa la nostra unica speranza di successo. Dobbiamo costringere ogni amministrazione ad allinearsi progressivamente ai migliori standard delle amministrazioni omologhe dei Paesi nostri partner, e al tempo stesso cooperare attivamente con questi nella costruzione dell’Europa federale, cioè degli Stati Uniti d’Europa. Per farlo, visto lo stato delle nostre destra e sinistra, è necessario dotare il Paese di un robusto polo liberal-democratico, capace di costringerle a sprovincializzarsi e modernizzarsi, confrontandosi e competendo, senza diversivi, sul terreno decisivo dell’integrazione europea.
<p><br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=30745&print=1">www.pietroichino.it</a>Pier Carlo Padoan: CAMBIARE L'AGENDA DELLA UE2014-03-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718082Alla data della dichiarazione: Ministro dell'Economia e delle Finanze<br/><br/><br />
"Penso sia il momento di dire che bisogna cambiare la direzione dell’agenda di politica economica in Europa. L’aggiustamento di bilancio dopo la crisi ha prodotto risultati estremamente importanti da difendere, non possiamo permetterci di buttare al vento gli sforzi enormi fatti".<br />
<br/>fonte: <a href="http://qn.quotidiano.net/economia/2014/03/28/1045426-visco-imprese-sindacati-sviluppo.shtml?utm_source=mrsend&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter&userid=NL14063">Quotidiano Net</a>Paola De Pin: (ex M5S): “La Lista Tsipras è la cura giusta per la malattia dell’Europa” - INTERVISTA2014-02-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715890Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: GAL-UDCeDC) <br/><br/><br />
“Ha avuto il grande merito di non cadere nel nazionalismo. È il più credibile rappresentante dell’unico europeismo possibile: quello che contrasta le folli politiche austeritarie imposte ai popoli del continente dal neoliberismo”. Dopo <a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2014/02/18/adriano-zaccagnini/%E2%80%9Cscelgo-tsipras-il-volto-dell%E2%80%99altra-europa%E2%80%9D-intervista/715891">Adriano Zaccagnini</a>, è il turno di Paola De Pin per aderire alla lista Tsipras. La seconda deputata fuoriuscita dal M5S che guarda con simpatia alla candidatura del leader di Syriza per la presidenza di Bruxelles. “L’Europa è un malato che deve essere curato, questa situazione è stata voluta dai Paesi forti, Germania in primis, e la finanza deve tornare ad essere regolata dalla politica”.
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<b>Senatrice De Pin, la lista Tsipras è la medicina adeguata?
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Mi piace il suo carattere civico. È una lista composta dalla società civile e sostenuta da gente comune. In questa fase ci vogliono meno politici di mestiere e meno tecnici. È necessario ripartire dal basso. Né Renzi, né Grillo possono in alcun modo rappresentare i valori della sinistra che sono quelli definiti da Norberto Bobbio come “chi ha di più deve dare di più”.
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<b>I sostenitori della lista contestano la soglia di sbarramento al 4 per cento e parlano di Europorcellum voluto nel 2006 da Veltroni e Berlusconi per fare fuori la sinistra cosiddetta radicale. Lei è d’accordo?</b>
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Certo bisogna lavorare molto per far conoscere la lista ma spero si superi comodamente il 4 e si arrivi a doppie cifre. Poi certo, soprattutto in Europa, i partiti devono essere garantiti e trovo sbagliata la soglia di sbarramento.
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<b>Crede che possa far presa sull’elettorato del M5S?</b>
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Sì perché è un’alternativa valida. La lista Tsipras è la via giusta perché contesta l’attuale architettura dell’Ue ma blocca l’idea di un ritorno al nazionalismo spicciolo. In un’era globalizzata non credo che la soluzione sia nello stato nazione o nell’uscita dall’euro che vedo come una soluzione dolorosissima. Sfasciare l’Europa è un po’ come arginare il mare. E allora gli elettori del M5S devono smettere di credere ai proclami ad effetto e alla demagogia. È una menzogna far credere che la fuoriuscita dalla moneta unica sia la risoluzione di tutti i mali. Le conseguenze sarebbero disastrose.
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<b>E qual è, per lei, l’exit strategy e il modo di contrastare le politiche di austerity imposte dalla Troika?</b>
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Dobbiamo costruire un’Europa unita e dei popoli limitando lo strapotere della finanza e opponendoci al turbocapitalismo. Si deve guardare ad un sistema sociale più equo dove i Paesi in difficoltà vengono aiutati e non martoriati da memorandum. E quindi rinegoziare i trattati europei (il fiscal compact, il vincolo del 3 per cento etc.) e creare un maggiore equilibrio tra la Germania che la fa da padrona e i cosiddetti Pigs. In passato – da Maastricht in poi – sono stati fatti errori macroscopici come entrare nell’euro con il cambio 1 a 1927,36 mentre il marco tedesco con il rapporto di 1 a 1. I problemi ce li trasciniamo da allora, su questo ha ragione l’economista Bagnai.
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<b>Ma Alberto Bagnai è per l’uscita dall’euro…</b>
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Lui fa un’analisi molto giusta dell’attuale declino dell’Europa, ci spiega il percorso storico. Difetta nella risoluzione. La ricetta è nel costruire un’altra Europa, più solidale, e nel contrastare la forbice sempre più ampia tra i Paesi ricchi e quelli poveri. Deve essere la gente a decidere, non la Bce o il Fondo Monetario.<br /><br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/lista-tsipras-la-cura-giusta-per-la-malattia-delleuropa/?printpage=undefined">Micromega-online | Giacomo Russo Spena</a>Adriano Zaccagnini: “Scelgo Tsipras, il volto dell’altra Europa” - INTERVISTA2014-02-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715891Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
“E’ giusto opporsi all’austerity ma i grillini sull’Europa mancano di una proposta politica: col loro euroscetticismo e il loro linguaggio violento preparano il terreno alle destre, rendendolo sempre più fertile”.
<p>Adriano Zaccagnini, 31 anni, è uno dei quattro deputati fuoriusciti dal M5S. Ora nel gruppo Misto guarda con interesse i possibili cantieri alla sinistra del Pd: <br />
“Sosterrò la lista Tsipras per un’Europa dei popoli e non della finanza”.
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<b>Alle prossime Europee crede che ci sia lo spazio politico per l’opzione Tsipras?</b>
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Siamo ad un bivio. Da un lato i fautori di quest’Europa della Troika, dall’altra chi predica il ritorno al nazionalismo e l’uscita dall’euro. La lista Tsipras rappresenta la terza via. E’ una proposta puntuale che coglie nel segno: battersi per un’altra Europa, più giusta ed equa. Dei popoli, non della finanza. Una critica radicale alle politiche di austerity – quindi rivedere i trattati internazionali – senza ricorrere alla facile scorciatoia di derive populiste. Bisogna recuperare i principi originali del Manifesto di Ventotene: vorrei un’Europa quindi spinelliana e federalista nella quale vengano ricordati i sacrifici compiuti contro il nazifascismo per costruirla.
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<b>Per lei il M5S, col proprio euroscetticismo, sposa politiche di destra?
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Si inserisce in questo schema. L’uscita dall’euro sarebbe ad esempio una catastrofe prima per i Paesi periferici, poi a lungo termine anche per quelli ora più stabili e forti. Il M5S ha un programma leggero e confuso sull’Europa e manca di proposta politica: attacca l’attuale architettura ma con le sue ricette nazionaliste e col suo linguaggio violento prepara solamente il terreno alla destra. E’ funzionale ai poteri forti in questo quadro di polarizzazione diffuso in tutta Europa. Tra l’altro il M5S non critica nemmeno il neoliberismo.
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<b>I partiti di sinistra (Sel e Rifondazione) pare abbiano fatto un passo indietro lasciando la gestione della lista ai sei “garanti”. Che ne pensa di come si sta delineando?</b>
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Dopo la debacle dello scorso anno era un passaggio obbligato, per dare credibilità alla lista era indispensabile un ruolo centrale della società civile. Giochi di forza delle segreterie rischiano di appiattire il contributo dei movimenti e delle associazioni. L’astensionismo potrebbe essere molto alto (come in Sardegna): nessun soggetto è in grado di dare risposte chiare alla crisi, così la disaffezione alla politica aumenta. Solo una lista capace di convincere con le proprie misure riuscirà a limitare l’alto tasso di astensionismo.
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<b>Nel caso la lista Tsipras dovesse superare lo sbarramento del 4 per cento, potrebbe svilupparsi in Italia un cantiere a sinistra? Sarebbe interessato?
</b>
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Auspico la nascita di una costituente a sinistra che riesca ad innescare veri metodi di partecipazione e democrazia dal basso. Laboratori aperti ai movimenti e alle istanze territoriali. Ciò che aveva evocato anche Grillo, tradendo le aspettative. Un soggetto che parli di giustizia sociale e ambientale, con i beni comuni come perno centrale. In questo caso, certo che darei il mio contributo.
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<b>Alexis Tsipras, il “papa straniero”, è il simbolo in Europa contro le politiche di austerity?</b>
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Dobbiamo scongiurare leaderismi e personalismi, un prodotto degli ultimi 20-25 anni. Tsipras è una persona, come tante, che si batte per il bene comune e contro le politiche della Troika. E’ una figura certamente emblematica ma eviterei di ricorrere al messaggio del “salvatore” o di costruire personaggi messianici. Si finisce altrimenti come il M5S: un movimento azienda, verticistico e capeggiato da Casaleggio, che ha generato prostrazione nei confronti del guru, indottrinamento e assoluta acriticità delle masse grilline all’interno del loro contenitore politico.
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<b>La lista può aver presa sull’elettorato del M5S?</b>
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Soprattutto su chi aspirava ad un politica di buon senso per uscire dalla crisi, con proposte economiche concrete e una chiara critica al neoliberismo. Certamente molti sono rimasti delusi e si sono sentiti raggirati, mi auguro capiscano che una terza via fra l’urlo finalizzato al click remunerativo e le larghe intese c’è e può diventare quel cambiamento che tutti si aspettavano dopo le elezioni del 2013.<br />
<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/l%E2%80%99ex-grillino-zaccagnini-%E2%80%9Cscelgo-tsipras-il-volto-dell%E2%80%99altra-europa%E2%80%9D/?printpage=undefined">Micromega-online | Giacomo Russo Spena</a>Gianfranco BETTIN: Venezia promossa in Europa per ambiente e per il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES)2014-02-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715843Alla data della dichiarazione: Assessore Comune Venezia (VE) (Partito: Lista Civica - Cen-Sin) <br/><br/><br />A un anno di distanza dall’approvazione del Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) del Comune di Venezia, redatto in seguito all’adesione di Venezia al Patto dei Sindaci, è arrivata dalla Commissione Europea la comunicazione che sancisce l’approvazione del piano da parte del Joint Research Center (JRC) – apposita struttura tecnica della Commissione.
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“Un riconoscimento della professionalità del nostro personale” commenta l’assessore all’Ambiente Gianfranco Bettin.
<p>“L’importante consenso ottenuto in Europa conferma la validità delle scelte compiute per ridurre l’impatto delle attività umane sull’ambiente e sul clima, particolarmente necessario in una città come la nostra, letteralmente sul filo del mare e fortemente reattiva alle condizioni climatiche. Il nostro PAES, attraverso decine di azioni virtuose nei diversi settori – trasporti, energia, produzione, sviluppo del verde, rifiuti ecc. – prevede una riduzione di circa 350 mila tonnellate di CO2 annue entro il 2020, con circa il 23 % in meno di emissioni, un risultato cher va oltre gli obiettivi europei”.
<p>La Commissione Europea, che si congratula con Venezia per la qualità generale del piano, sottolinea l’importanza di alcune specifiche iniziative condotte dalla nostra amministrazione. Tra queste è messa in evidenza la tematica dell’adattamento ai cambiamenti climatici, introdotta nell’ultimo capitolo del PAES e oggetto di uno specifico progetto strategico da parte di un gruppo di lavoro nominato dalla Direzione Generale del Comune e coordinato dalla Direzione Ambiente con il supporto di <a href="http://www.veneziaenergia.it/">AGIRE – Agenzia Veneziana per l’Energia</a>.
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La stesura del Piano Clima, naturale prosieguo del PAES, definirà una strategia complessiva per l’adattamento ai cambiamenti climatici che già stiamo sperimentando e per la riduzione delle emissioni di gas serra. Le due tematiche sono inscindibili e complementari e il feedback giunto dalla Commissione Europea dice che Venezia è sulla giusta strada verso la sostenibilità.
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“Ultima, ma non meno importante considerazione: sia il Paes sia il prossimo Piano Clima sono frutto del lavoro totalmente interno all’Amministrazione, senza oneri aggiuntivi e a conferma della qualità professionale dei nostri dipendenti e collaboratori”.
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<b>NEWS</b>
<p><a href="http://www.nordestsudovest.org/energia_sostenibile.php"><b>Settimana Europea dell'Energia Sostenibile</a> a Venezia-Mestre dal 21 al 29 giugno 2014</b>.<br />
<br/>fonte: <a href="http://ecovenezia.wordpress.com/2014/02/03/venezia-2020-promossa-in-europa-per-ambiente-ed-energia-la-commissione-europea-approva-il-piano-per-lenergia-sostenibile-di-venezia/">http://ecovenezia.wordpress.com</a>MARCO MELONI: Vertice Ue, Meloni: "Risultato positivo per l'Italia, premiato il lavoro del governo" 2013-06-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it692711Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>"Le conclusioni del vertice Ue di Bruxelles dimostrano che è possibile cambiare le priorità europee, e che l’Italia può giocare un ruolo da protagonista nell’Unione, portando a casa risultati fondamentali per riattivare la crescita e il lavoro, in particolare dei giovani. E aver aumentato del 50% le risorse europee per l'occupazione giovanile, e triplicato, portandole a 1,5 miliardi di euro, quelle a disposizione dell'Italia, è un grandissimo risultato.
Per farlo è necessario essere autorevoli e credibili: per poter “battere i pugni sul tavolo”, infatti, bisogna avere idee forti e le carte in regola. Ciò significa, nel nostro caso, mantenere gli impegni assunti e fondare la crescita su pilastri solidi quali la competitività, l’innovazione del sistema produttivo, la qualificazione delle persone con il potenziamento del sistema dell'istruzione, e non sull’argilla di nuovo debito pubblico. In pochi mesi il governo guidato da Enrico Letta ha dimostrato che cambiare le priorità europee e ottenere grandi risultati per l’Italia sono obiettivi alla nostra portata: ora è necessario che le forze politiche lo sostengono rivolgano tutto il loro impegno al potenziamento e all’attuazione degli strumenti di intervento progettati dal governo, e gli garantiscano stabilità e prospettiva." <br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocratico.it/doc/256535/vertice-ue-meloni-risultato-positivo-per-litalia-premiato-il-lavoro-del-governo.htm">www.partitodemocratico.it</a>Claudia Porchietto: Piano Auto Ue: Porchietto lancia appello a Tajani affinchè coinvolga le Regioni 2012-11-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656947Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Torino (Gruppo: FI) - Assessore Regione Piemonte (Partito: PdL) <br/><br/><br />
"Colgo con estrema soddisfazione la disponibilità del governo tedesco, annunciata da Antonio Tajani, a collaborare per tradurre in azioni politiche il piano auto varato dall'Ue. Due mesi fa avevo lanciato l'idea per un intervento compatto e sinergico dell'istituzione comunitaria sulle politiche industriali e oggi si sta realizzando".
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"Oggi lancio un appello affinché l'Ue coinvolga le regioni più esposte nel comparto per affinare insieme le misure concrete che deriveranno dal piano Auto Ue. In particolare auspico delle deroghe agli aiuti di stato per alcune aree particolarmente colpite dalla crisi come la provincia di Torino e l'apertura a nuove aree franche che la Cancelliera Merkel aveva peraltro già lanciato".<br />
<br/>fonte: <a href="http://claudiaporchietto.it/comunicati_stampa.php?id=245">claudiaporchietto.it</a>Patrizia TOIA: 20 anni del Mercato Unico europeo: celebriamo un mercato più solidale, coeso e più aperto2012-10-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655807Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
“Oggi, ricorre il ventesimo anniversario del Mercato Interno: dal 1992 ad adesso sono stati compiuti numerosi passi avanti fino all'Atto per il Mercato Unico. Molti sono i risultati già conseguiti: ha consentito a oltre 2,5 milioni di studenti di studiare all’estero negli ultimi 25 anni, ha permesso a 23 milioni di aziende dell'UE di accedere a 500 milioni di consumatori e ha generato investimenti esteri. E ora il cammino prosegue con l'Atto per il mercato unico II che prevede azioni nel campo delle reti di trasporto e dell’energia, della mobilità di cittadini e imprese, per l’economia digitale e misure per l’imprenditoria sociale, la coesione e la fiducia dei consumatori”.
<p>“Il cammino da percorrere verso la piena integrazione è ancora lungo – riprende Toia – I dati ci dicono che solo 4 Paesi su 27 rispettano quasi in pieno le regole del mercato interno, però, il tema è stato rimesso al centro dell’agenda europea ed occorre agire in fretta, anche perché la pesantezza della crisi economica che il nostro continente sta attraversando non ci consente più di tergiversare”.
<p>“È chiaro che un mercato unico solido, profondo e integrato genera crescita e posti di lavoro, offrendo ai cittadini europei opportunità importanti, ora però occorre concentrarsi su due azioni ve: partire da una nuova visione del mercato interno che incorpori l’economia sociale di mercato e una maggiore coesione e rivedere le regole della concorrenza, affinché l’UE possa fronteggiare unita la concorrenza sul mercato globale”. <p>
<i>Lo afferma Patrizia Toia, deputata europea del Partito Democratico e Vicepresidente del gruppo S&D al Parlamento Europeo.</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toia15102012.pdf">patriziatoia.it</a>Giorgio NAPOLITANO: Per crescere cedere quote di sovranità all'Europa2012-10-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655729Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />«Per tornare a crescere è indispensabile ma non sufficiente l'impegno tenace dei paesi maggiormente in crisi».<br />
«Le innovazioni comportano ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità»; in questo senso si pone la questione «dell'integrazione politica della Ue».
<p><i>Lo ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un videomessaggio realizzato per il Convegno a Napoli della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro.</i>
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<b>Il testo integrale del videomessaggio</b>
<p>«La Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro ha scelto di porre al centro del proprio Convegno nazionale 2012, organizzato a Napoli dal Gruppo del Mezzogiorno, la questione della crescita economica e della competitività dell'Italia e dell'Europa. Il Convegno intende affrontare questi temi in una prospettiva ampia, partendo dal riconoscimento del carattere profondo della crisi in atto che rende indispensabile la realizzazione di nuovi equilibri nella divisione internazionale del lavoro e nel rapporto tra finanza ed economia reale. Per l'Italia, come per tutta l'Europa, è necessario un grande sforzo di modernizzazione dell'economia e di miglioramento dell'efficienza delle istituzioni per partecipare in posizione non subalterna alla costruzione dei nuovi assetti, la cui premessa è stata già posta dall'emergere di nuove grandi realtà economiche su scala mondiale e dal decisivo accrescersi del loro peso».
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«Credo che la prospettiva adottata dal Convegno corrisponda alla gravità ed alla natura dei problemi che dobbiamo affrontare. Il centro della crisi finanziaria, insorta negli Stati Uniti, si è quindi spostato in Europa dove, partendo dai paesi dell'eurozona con più gravi problemi di finanza pubblica, determina effetti destabilizzanti su tutta l'area. È ormai largamente riconosciuto che per superare la crisi è necessario combinare risanamento delle finanze pubbliche e ripresa della crescita; si tratta, tuttavia, di un percorso di grande difficoltà che richiede l'impegno determinato e coerente di tutti gli attori coinvolti.
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L'Italia, come altri paesi europei, deve perseverare nell'azione riformatrice tesa a superare i problemi strutturali che intralciano la competitività della sua economia, e insieme portare avanti il processo di miglioramento strutturale dei conti pubblici e quindi di decisiva riduzione del debito. È necessario un intervento incisivo delle istituzioni dell'Unione europea per evitare che questi sforzi vengano resi inefficaci dagli effetti del non ordinato funzionamento dei mercati finanziari, che determina livelli ingiustificatamente elevati del costo di finanziamento dei più pesanti debiti sovrani. Nel medesimo tempo l'Europa può potenziare gli effetti delle politiche nazionali sostenendo gli investimenti in settori strategici. L'iniziativa europea contribuirebbe cos a controbilanciare gli effetti recessivi di breve periodo delle politiche di risanamento rendendole più sostenibili anche sul piano sociale.
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Infine, il sostegno a qualificati progetti di investimento rafforzerebbe la prospettiva di una ripresa stabile del processo di crescita favorendo un più largo impiego delle risorse disponibili e la creazione di maggiori opportunità di lavoro, a vantaggio, in particolare, delle generazioni più giovani, anche e soprattutto nel Mezzogiorno (penso, naturalmente, alla cos critica situazione di Napoli). In sostanza, le vicende più recenti mostrano che per tornare a crescere è indispensabile ma non sufficiente l'impegno tenace dei paesi maggiormente in crisi.
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Occorre anche che l'Europa, nel suo insieme, partendo dal dato irrinunciabile della moneta comune, continui ad andare avanti, con determinazione e realismo, sulla strada dell'approfondimento dell'unione economica e monetaria sia nel campo della finanza e delle banche, sia in quello delle politiche economiche e di bilancio. Le innovazioni richieste comportano ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità; in questo senso si pone ormai la questione degli avanzamenti necessari nel processo d'integrazione anche sul piano politico-istituzionale. Sono certo che il vostro Convegno, ben progettato e caratterizzato dall'alto livello degli interventi, contribuirà ad elevare la consapevolezza di questi temi fondamentali e offrirà importanti approfondimenti e spunti propositivi».
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<br/>fonte: <a href="http://www.ilmessaggero.it/includes/_stampa_articolo.php?id=225186">www.ilmessaggero.it</a>Patrizia TOIA: Expo 2015 coinvolga il Parlamento Europeo2012-10-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655714Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/>“Il meeting dei partecipanti ad Expo 2015 che si è tenuto oggi a Milano ha ottenuto una grande partecipazione e questo è motivo di soddisfazione perché dimostra la sua riuscita e la capacità di attrazione che riscuote l’Expo. Tuttavia, sembra un po’ paradossale invocare una partecipazione dell’Unione Europea – come ha fatto questa mattina il Presidente del Consiglio Mario Monti - quando ci si dimentica di coinvolgere i rappresentanti milanesi e lombardi, ma anche italiani, di una delle istituzioni più importanti e rappresentative dell’unione: il Parlamento Europeo”. Questo il commento di Patrizia Toia, eurodeputata del Partito Democratico, la quale sottolinea: “Sono una parlamentare milanese con delle responsabilità, essendo anche vicepresidente della Commissione Industria, Ricerca ed Energia e, come i miei colleghi, non ho ricevuto alcun invito a partecipare a questo importante momento”.
<p>“Non so a chi toccasse formulare l’invito, ma credo che la mancanza sia davvero eclatante. – prosegue Toia - Nonostante ciò mi impegnerò e mi attiverò per chiedere, anche con una risoluzione del Parlamento Europeo, che l’UE sia presente all’Expo 2015. A tal proposito ho già chiesto ai miei colleghi lombardi una firma per scrivere anche alla Commissione Europea”.
<p>“Temi come quello dell’alimentazione e dell’impegno per il diritto al cibo, della lotta al land grabbing unitamente ai valori della pace per cui l’Unione Europea ha ricevuto il premio Nobel, ma anche dell’utilizzo dell’energia in modo efficiente e rispettoso dell’ambiente – ricordati anche oggi da Monti - sono al centro dei programmi europei e delle Strategie politiche messe in atto dalle istituzioni comunitarie. – afferma ancora Toia – Il riconoscimento del ruolo dell’Unione Europea nell'avanzamento della pace e della riconciliazione, la democrazia e i diritti umani con l’assegnazione del premio Nobel è motivo di grande orgoglio e deve essere da stimolo affinché sproni l'Europa ad avere ancora più coraggio e forza nel portare avanti questi valori. Expo 2015 può essere una valida occasione anche per questo”.
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toia12102012.pdf">patriziatoia.it</a>Nichi VENDOLA: «Io lotto per migliorare la società e il patto con Pier Luigi non è una resa» - INTERVISTA2012-09-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it649823Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />I quesiti referendari depositati ieri in Cassazione: «Spero che i quesiti siano superati dalle modifiche del nuovo Parlamento».
<p> «Sto costruendo un’alleanza, non sto praticando una resa». Il leader di Sel è anche fiducioso: «Il Pd non ha raccolto le firme nemmeno per il nucleare e l’acqua ma poi il corpo del partito è stato decisivo nella vittoria referendaria».
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<b>Vendola non le sembra una contraddizione appoggiare l’opzione referendaria e, contemporaneamente, praticare l’alleanza con il Pd che quella normativa ha contribuito, sia pur a denti stretti, ad approvare?</b>
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«Perché contraddizione? Penso che il centrosinistra si candidi alle elezioni per opporre alla società della paura la società della speranza, della dignità e civiltà del lavoro».
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<b>L’ex ministro Treu dice: referendum legittimo ma politicamente improponibile. Le modifiche all’articolo 18 sono in linea con l’Europa. A questo punto servirà un chiarimento con Sel.</b>
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«L’Europa di cui parla Treu è quella che si sta suicidando, quella che sta smantellando il welfare. Non si può uscire dal ‘900 per approdare ad un Ottocento in technicolor».
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<b>Ma forse non è opportuno nemmeno andare in ordine sparso se si pensa di governare insieme.</b>
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«Non si può monetizzare i diritti, non si può, per un licenziamento senza giusta causa, sostituire il reintegro con l’indennizzo. La Fornero riporta indietro le lancette della storia all’epoca in cui il lavoro era merce povera e il lavoratore era solo. Questo è uno sfregio, una ferita che vanno sanati».
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<b>L’iniziativa del referendum non è gradita a tutti in casa Pd.</b>
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«Mi scusi, ma se un governo di centrosinistra non si pone come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita, il tema drammatico della precarietà dei giovani, la modifica dell’attuale modello previdenziale, che governo del cambiamento è? Che ci presentiamo a fare? Hollande, che è un riformista pacato, ha già proposto in Francia un altro modello di società».
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<b>Che senso ha fare un referendum che, comunque vada, arriverebbe dopo le elezioni? Nel 2013 ci sarà un nuovo Parlamento in grado di legiferare.</b>
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«Ovviamente io spero che il nostro referendum sia superato dalle modifiche che saranno introdotte dalla maggioranza di centrosinistra e spero anche che queste modifiche riusciranno a cambiare l’agenda di un’Europa che lavora contro l’Unione Europea. Mi batto per rilanciare il sogno di Spinelli, contro le ricette del club dell’austerity che ci hanno infilato nell’abisso della recessione».
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<b>Monti dice: le terapie d’urto aggravano la crisi ma poi arriva il secondo tempo, quello della ripresa.</b>
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«Rispetto Monti ma le sue sono diagnosi imprecise e generiche. La crisi sarebbe frutto di decenni di buonismo sociale… Monti non evoca le vere cause, lo strapotere della finanza, il trasferimento della ricchezza dal basso all’alto, la perdita del valore sociale del lavoro. Non si capisce perché mai debba sgorgare all’improvviso la ripresa, dopo aver strozzato il ceto medio e ridotto al minimo il welfare».
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<b>Torniamo al referendum. Lei sembrava un po’ a disagio nella foto ricordo con Di Pietro, Diliberto e Ferrero.</b>
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«Invece di concentrarci sul Palazzo, concentriamoci sulla vita vera, sulle persone. Non faccio tutto questo per una foto ricordo con i capipartito. Le mie foto sono con gli operai dell’Ilva e di Pomigliano».
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<b>Anche il Pd mette in testa al suo programma il lavoro.</b>
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«Appunto. Bersani ha messo sulla scena politica italiana un oggetto prezioso: il suo proposito di cambiare l’agenda politica italiana. Il referendum va nella stessa direzione».
<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1K6QVR">la Repubblica | Alessandra Longo</a>Filippo Patroni Griffi: Sarà un autunno movimentato - INTERVISTA2012-08-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648374Alla data della dichiarazione: Ministro Funzione pubblica<br/><br/><br />
<b>Sarà un autunno caldo...</b>
<p> «Più che caldo movimentato, almeno nel settore pubblico. Lavoreremo alla riduzione della macchina pubblica perché sia più efficiente. <br />
Ci potranno essere posizioni in esubero, ma per questo ricorreremo ai prepensionamenti e alla mobilità. Una ridistribuzione qualificata dei dipendenti sarà il nostro obiettivo e i sindacati dovrebbero capirlo senza paventare una sorta di licenziamenti di massa nel pubblico. Auspico che non si enfatizzino i momenti di conflitto».
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<b>Diversamente non ce la farà nessuno in Italia ma anche in Europa?</b>
<p>«Monti ha ragione quando spiega che è bene evitare il paradosso per cui l'euro, da elemento simbolico dell'integrazione europea, diventi detonatore di una implosione. Gli sforzi vanno visti come momento di una politica che si gioca anche altrove. Insomma, si deve arrivare al tavolo Ue con le carte in regole».
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<b>Per evitare il ricorso allo scudo anti-spread?</b>
<p>«Monti ha riportato l'Italia al centro delle scenario internazionale. Ha dato credibilità alle nostre politiche dimostrando che l'Italia può operare scelte nel segno di una credibile politica del rigore. Ma qualsiasi nostra mossa deve avere
le spalle assolutamente coperte sul piano nazionale. Detto questo, giocheremo da attori la partita e non come quelli che subiscono qualcosa».
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<b>Dunque, altri sacrifici: ma gli organismi europei ci chiedono risorse per la crescita...</b>
<p>«Bisogna mantenere la guardia sui conti pubblici, puntare sulla spending review e liberare risorse economiche private. Ha ragione Elsa Fornero: ora tocca agli imprenditori. Noi dobbiamo creare l'ambiente favorevole per gli investimenti con ulteriori liberalizzazioni, semplificazioni e leggi anti-corruzione. Bisogna rimuovere ciò che è di ostacolo agli investimenti con l'impegno di tutti i protagonisti del Paese, a cominciare da Enti locali e Regioni. I Comuni, ad esempio, non debbono vivere l'arrivo di un insediamento produttivo sul territorio come un fardello inutile o come un'occasione per lucrare vantaggi personali... per non dire di peggio».
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<b>Ministro vuole scaricare le responsabilità su altri?</b>
<p>«No, ma un'impresa non può chiedere tre o quattro autorizzazioni per volta per insediarsi, ma deve presentare una sola domanda con un'unica autorizzazione. Chiunque decida di investire e non ha certezze sui tempi e sulle regole impiega altrove le risorse di cui dispone. E visto che quelle pubbliche sono esigue occorrono sinergie perché i capitali privati che in Italia ancora esistono possano essere utilizzati al meglio».
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<b>Già, ma gli imprenditori chiedono agevolazioni e il rilancio del consumi...</b>
<p> «Loro chiedono certezze, tempi rapidi e trasparenza. Le amministrazioni devono essere efficienti ed evitare rischi di corruzione. Il disegno di legge anti-corruzione è fondamentale, almeno per due ragioni: la prima è di tipo etico, e si capisce; la seconda è che l'Italia deve assolvere a specifici impegni internazionali. E' vero, ci sono molte difficoltà politiche su queste misure, ma il nostro Paese può sottrarsi in questo momento economico alla responsabilità di adempiere a questo dovere? Spero veramente che, pur nelle comprensibili contrapposizioni politiche, il provvedimento veda luce».
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<b>Venerdì il Consiglio dei ministri tornerà a riunirsi. Si parlerà di tagli alla spesa e agenda digitale. Ma ci sono i fondi sul tavolo?</b>
<p> «Sono pochi, in effetti, ma tutte le misure di tipo strutturale avranno l'obiettivo di rilanciare l'economia. E' necessario svincolarci da un'idea di sviluppo che si veda tangibilmente con opere materiali, ospedali, ponti, ferrovie. Certo il settore infrastrutturale va favorito, magari con la riqualificazione urbana, ma accanto a questo in una società moderna lo sviluppo è fatto di servizio efficienti e accesso alla rete».
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<b>Basta questo?</b>
<p> «No, ma si consideri che all'estero ci sono ampie risorse disponibili che attendono di essere investite, e se noi vogliano intercettare questo flusso dobbiamo proporre un sistema produttivo che funzioni».
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<b>Nelle prossime settimane si discuterà il futuro delle Province: un'altra battaglia?</b>
<p> «Sarà un'occasione per ridisegnare la presenza pubblica sul territorio e riordinare la presenza dello Stato. Perché quando andremo a ridisegnare le province rivedremo anche questure, Prefetture, uffici scolastici e via dicendo». <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012082122431291.pdf">La Stampa - Paolo Festuccia</a>Corrado Clini: «L’iniziativa del gip è di rottura non contro l’Ilva, ma contro il governo» - INTERVISTA2012-08-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648170Alla data della dichiarazione: Ministro Ambiente<br/><br/><br />
«Se il giudice sospetta che io stia facendo carte false a favore dell'azienda mandi un avviso di garanzia, altrimenti ci lasci lavorare».
<p>«Una cosa è certa: il governo non starà a guardare. Siamo assolutamente determinati a mandare avanti il programma di risanamento ambientale, che non prevede la chiusura dell’impianto Ilva di Taranto».
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Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha appena sentito il premier Monti, e la linea è chiara: l’esecutivo non porgerà l’altra guancia.<br />
<b>Ministro Clini, è rimasto sorpreso della nuova ordinanza del gip?</b>
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«Sono rimasto sorpreso del fatto che il gip abbia insistito nella sua linea nonostante fosse in atto una iniziativa da parte delle autorità competenti per il risanamento del sito, oltretutto attuata anticipando i tempi previsti dalle direttive europee. Diciamolo: l’iniziativa del gip è una iniziativa di rottura non contro l’Ilva, ma contro il governo».
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<b>Nel senso?</b>
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«Che rischia di creare una confusione su chi ha la responsabilità in Italia ad autorizzare impianti industriali e a controllarne l’esercizio. E questo non è questione da poco, perchè negli altri paesi europei la responsabilità è chiara. E non avviene che un magistrato interviene nel merito dell’esercizio delle funzioni dell’autorità competente, nel nostro caso il ministero dell’Ambiente, a meno che non sospetti che l’autorità commetta un reato. Cosa che può essere, naturalmente. Ma allora delle due l’una: o ritengono che stiamo facendo carte false per aiutare l’Ilva e allora devono mandarci, a me compreso, un avviso di garanzia oppure o ci si lascia lavorare per il risanamento dell’impianto».
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<b>Vuol dire che il rischio è che questo intervento comprometta la credibilità dell’Italia come paese nel quale fare impresa?</b>
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«E’ così. Un investitore che arriva in Italia chiede regole chiare. Il 4 agosto 2011 il mio ministero ha rilasciato all’Ilva l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che consente l’esercizio degli impianti a condizione che sia rispettate una serie di misure di prevenzione, e l’Ilva ha fatto ricorso osservando che alcune delle prescizioni erano più severe delle norme nazionali. Non basta. Il 12 marzo ho riaperto l’Aia per adeguarla, ben prima del 2016 richiesto dal’Ue, alle nuove prescrizioni europee, e l’Ilva ha presentato ancora ricorso. Ho chiesto al presidente dell’Ilva di ritirare i ricorsi e ci sono riuscito, avviando assime alla regione Puglia e all’azienda un percorso condiviso. E ora arriva il gip e di fatto mi sconfessa».
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<b>Forse il gip non credeva alla bontà del percorso avviato...</b>
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«Che mi convocasse, ero pronto a fornire ogni informazione. Ma nessuno lo ha fatto. Ora, il problema non è solo che questa azione giudiziaria possa convincere la famiglia Riva a disimpegnarsi, dopodichè a Taranto perderemmo undicimila posti di lavoro e salterebbe il piano di bonifica, trasformando il sito in un altro monumento all’inquinamento. Il rischio è che si avrebbero danni all’intero comparto della siderurgia italiana e all’intera economia italiana. Perchè chi verrebbe più a investire da noi se un gip può sconfessare il ministero competente?».
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<b>Ma il Gip sembra preoccuparsi solo dell’Ilva, non degli effetti sull’economia della sua decisione.</b>
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«Guardi, mi rendo contro che il confronto può essere rude, perchè in genere i politici sono abituati fare dichiarazioni del tenore: ho fiducia nell’operato della magistratura. Ma io non sono ipocrita. E devo dire che prendo l’iniziativa della magistratura per quello che è: una iniziativa a prescindere. Sono convinto che la soluzione migliore sia il dialogo e per questo ho chiesto un incontro al Procuratore della Repubblica di Taranto. Dopodichè se il dialogo risulterà impossibile, allora, come hanno detto Bersani, Alfano e Casini, cioè i leader che sostengono questa maggioranza, bisognerà fare chiarezza».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IY95C">Il Giorno | Il Resto | La Nazione - Alessandro Farruggia </a>Mario MAURO: «L'EU è inerte, serve un'agenda» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648121Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: PPE) <br/><br/><br />
«Sulla Nigeria l'Ue è latitante, anche all'Onu, dove invece sarebbe necessario imporre un'agenda precisa con richieste al governo federale del paese africano di una più forte azione». <p>
«Noto con rammarico che nemmeno una delle riunioni settimanali dei rappresentanti dei 27 stati Ue membri dell' Onu è stata dedicata alla questione. Né se n'è fatto carico il rappresentante a New York dell'Alto rappresentante per la politica Estera Ue Cathrine Ashton». <p>
<b>Che cosa dovrebbero chiedere i Paesi Ue all'Onu?</b> <p>
«Non si solleva la questione per non urtare i Paesi islamici. Un'agenda comune Ue per condizionare il dibattito al Palazzo di Vetro e fare pressione sul governo nigeriano affinché attivi il suo esercito, che è uno dei migliori del mondo, a difesa delle minoranze religiose».<p>
<b>L'EU non potrebbe fare come con il Ghana, a cui Bruxelles ha congelato 22 milioni di euro di aiuti per problemi sul fronte dei diritti umani?</b> <p>
«Si potrebbe certo, e questa è una specifica competenza della signora Ashton. La quale, invece, dopo la nostra risoluzione di marzo non ha fatto assolutamente niente». <p>
<b>Del resto questa inerzia è più generale. A che cosa e dovuta secondo lei?</b><p>
«Il punto è che, sia all'Ue come all'Onu, non si solleva la questione della Nigeria per timore di urtare le suscettibilità dei Paesi islamici. Si preferisce, soprattutto da parte dei media anglosassoni, parlare di una presunta guerra civile fra opposti estremismi. E' falso: in Nigeria non c'è una guerra tra fazioni, c'è solo un gruppo terroristico che colpisce, peraltro anche i musulmani. Mentre non risulta alcun gruppo cristiano che colpisca gli islamici».<p>
<b>E magari contano anche gli interessi economici...</b> <p>
Ma certamente, anche dell'Italia, legati ovviamente al petrolio. Del resto l'economia c'entra anche con questi gruppi terroristici, molto più della religione. Non è una guerra religiosa, ma un conflitto per nuovi assetti di potere, legati anche qui alla questione delle ricche royalties petrolifere. <br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IT7PK">Avvenire | Giovanni Maria Del Re </a>Francesco BOCCIA: «Da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia»2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648088Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Surreali e grottesche le critiche che arrivano dalla Germania al Presidente del Consiglio. Monti non ha parlato di Parlamenti telecomandati dai governi, ma di governi che devono avere il coraggio di disegnare una rotta, un orizzonte. E in questo momento l'orizzonte è l'Europa».
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«Premesso che da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia quello che dev'essere chiaro alla politica e all'opinione pubblica tedesca è che l'Italia ha fondato la Comunità europea prima e l'Unione dopo per costruire un grande progetto politico collettivo. Chi pensa che per noi l'Ue sia solo un modo per indebitarsi nel miglior modo possibile a scapito di altri Paesi, deve rivedere i suoi orizzonti. Noi non abbiamo mai chiesto deroghe ai trattati e mai ne chiederemo. Non abbiamo fatto come la Germania nel 2003. Oggi chiediamo coraggio per la costruzione degli Stati Uniti d'Europa. Se i tedeschi sono contrari lo dicano e abbiano il coraggio di assumersi la responsabilità dello stop al processo d'integrazione politica».
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«Se dopo una crisi globale come questa salta l'integrazione politica e si torna alla peggior difesa nazionalistica, in Germania devono sapere che il prezzo alto lo paghiamo tutti, a partire proprio dall'economia tedesca. Quando la Bce con le prime due ltro (long term refinincing operations) ha consentito il finanziamento all'1% delle banche e hanno partecipato alcune ex divisioni finanziarie di aziende automobilistiche che hanno riversato la liquidità alle stesse aziende (come Bmw e Wolkswagen), nonostante fossero violati i principi più elementari della concorrenza, da Berlino nessuno si è scandalizzato. La reazione spropositata di una parte della politica tedesca alle dichiarazioni di Monti impone una seria riflessione: intanto sarebbe opportuno evitare senza alcuna valutazione di politica industriale la vendita di aziende italiane. A partire dall'incomprensibile cessione di Ansaldo Energia alla Siemens. Sul tema chiediamo al governo di bloccare le trattative e di informare il Parlamento».
<br><br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Crisi__Boccia_28Pd29__no_lezioni_democrazia_dai_tedeschi-1185143-POL.html">asca</a>Corrado Passera: «Mai più veti agli investimenti industriali» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648035Alla data della dichiarazione: Ministro Sviluppo economico- Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti<br/><br/><br />Niente dirigismo su Fiat ma Marchionne deve chiarire sul piano.
<p><b>Ministro, con il decreto sviluppo l'Italia ha messo un altro importante tassello nel puzzle dei suoi compiti a casa, ma i mercati restano molto inquieti. Le parole di Draghi sul ruolo della Bce hanno avuto interpretazioni contrastanti. Come è possibile una reazione così schizofrenica come quella che i mercati hanno avuto tra giovedì e venerdì?</b>
<p>Draghi giovedì ha detto una cosa molto importante per la costruzione dell'Europa che vogliamo: ha detto che la Bce non solo sarà agente del fondo Efsf e dell'Esm, come aveva deciso il Consiglio europeo del 28-29 giugno, ma che metterà anche risorse proprie per garantire la stabilità dell'euro. Un passo avanti decisivo. Probabilmente il primo impatto sui mercati è stato negativo perché si erano create aspettative eccessive e perché nella comunicazione di giovedì scorso sono rimaste alcune ambiguità sulle condizioni e sui tempi degli eventuali interventi.
<p><b>Una cosa è chiara: i Paesi che vogliono che scattino gli acquisti sui propri titoli dovranno chiedere l'attivazione del meccanismo di aiuti. La Spagna, ormai è chiaro, lo farà. Anche l'Italia è a quel punto?</b>
<p> Escludiamo che chiederemo aiuti come un Paese che non ce la fa a garantire i propri fabbisogni di finanza pubblica. L'Italia ha fatto tutto quello che andava fatto per essere padrona di se stessa e ha conti solidi. Anzi, noi siamo tra i principali contributori degli aiuti che affluiscono ad altri Paesi. E tuttavia, se il mercato dovesse continuare a non riconoscere in termini di spreads il valore di quanto fatto in Paesi come il nostro, allora l'Europa dovrà intervenire, in difesa dell'euro prima ancora che dell'Italia.
<p> <b>Con quali condizioni?</b>
<p>Quando si parla di condizioni per l'intervento la mia opinione è che si chiederebbe all'Italia di confermare ulteriormente le cose che stagià facendo. Niente di più. Ad altri Paesi magari ci sarà da chiedere misure aggiuntive per garantire la stabilità dei loro conti per abbassare il rischio sistemico che oggi circonda l'euro. I nostri compiti a casa - come oggi si suole dire - li abbiamo fatti.
<p> <b>Ma la richiesta è pronta a partire?
</b>
<p>No. E comunque sarebbe per questo secondo tipo di intervento, non per altro.
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<b>Monti per caso vi ha detto di tenervi in allerta ad agosto?</b>
<p> Monti ha detto in pubblico che non c'è ad oggi nessuna richiesta di aiuto di nessun genere.
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<b>II decreto sviluppo è stato appena approvato in Parlamento. Da quali misure si aspetta i primi effetti?
</b>
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La forza del decreto che venerdì è diventato legge sta nelle tante misure vere, concrete che contiene: i project bond, gli strumenti per i finanziamenti alle imprese, la riforma del diritto fallimentare che introduce anche in Italia il Chapter ii, il credito di imposta per chi assume ricercatori, la strumentazione a disposizione delle Pmi per raccogliere fondi a breve e medio termine, nuove regole per ridurre la dipendenza energetica nazionale, che si inseriscono in un piano che già ci ha visto intervenire con la separazione di Snam e con la riforma degli incentivi alle rinnovabili. E poi il piano città e la defiscalizzazione che consentiranno di sbloccare ulteriori infrastrutture, su cui oggi ci sono già in campo risorse per 35 miliardi: ogni singolo cantiere di quei 35 miliardi può essere seguito sul nostro sito "Cantieri Italia". Questa legge - per la quale ringrazio il Parlamento per il contributo e la fiducia - è una tappa importante nella realizzazione concreta dell'Agenda per la crescita lanciata nel dicembre scorso.
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<b>Ma la scarsità di risorse a disposizione non ha finito per limitare il raggio d'azione del provvedimento?</b>
<p> Abbiamo deciso di puntare le limitate risorse a disposizione soprattutto su un settore con leva fortissima sull'economia diffusa come quello dell'edilizia. Una misura che per 12 mesi, fino a 96milaeuro, consente di portare il 50% in detrazione, alla quale si aggiunge il bonus sull'efficienza al 55%, vuol dire per le famiglie fino a quasi aoomila euro di lavori pagati, per circa metà, dallo Stato.
<p> <b>E per le imprese? La carenza di liquidità resta la vera emergenza: che cosa si pub fare in questo campo?
</b>
<p>Anche su questo tema siamo intervenuti attraverso il decreto sviluppo, con l'estensione del regime dell'Iva secondo il criterio della cassa. Anche i 20 miliardi di garanzie attraverso il Fondo centrale di garanzia e i primi 6 miliardi per il ripagamento dello scaduto andavano in questa direzione. A quest'ultimo proposito, aver sbloccato la certificazione, l'assicurazione e la compensazione dei debiti con la Pa è stato un lavoro di grande portata, malgrado le difficoltà.
<p> <b>Ma le imprese continuano a domandarsi quando e come potranno recuperare i propri crediti...</b>
<p>Possono cominciare a farlo da subito. È possibile scaricare dal sito del ministero dell'Economia il modulo di richiesta. Quindi si fa la domanda per vedersi certificare il credito. Se la pubblica amministrazione non lo fa entro 6o giorni, interviene un commissario ad acta. A quel punto hai un titolo che certifica il credito e puoi renderlo bancabile e andarlo a scontare, oppure cederlo, oppure compensarlo con un debito fiscale. È un forte alleviamento del problema anche se non ancora la soluzione defmitiva, che consiste nel pagare lo scaduto e nel non ricrearne di nuovo, obiettivo che potremo raggiungere con l'adozione della direttiva Ue sui pagamenti prevista entro l'anno. Non dimentichiamoci che per moltissime imprese che aspettano di essere pagate il debitore è privato e non pubblico.
<p><b>Sulla crescita ci sono però molte più attese. Potrà essere questo l'obiettivo sui cui concentrare gli sforzi negli ultimi mesi della legislatura?</b>
<p>
È la mia priorità. Le nuove normative già in produzione riguardano innanzitutto la nascita di nuove aziende e l'Agenda digitale che consisterà in un pacchetto corposo su digital divide, e-government, e-commerce, ottimizzazione dell'informatica pubblica, alfabetizzazione informatica. E ancora: lavoriamo su strumenti per facilitare gli investimenti esteri in Italia, per ulteriori semplificazioni anche nell'ottica della legge annuale per le Pmi.
<p>
<b>Queste ulteriori misure saranno accorpate in un nuovo decreto sullo sviluppo?</b>
<p> Abbiamo sempre detto che Agenda digitale e start up sarebbero arrivate entro l'estate, cioè entro fine settembre. È possibile che questi due provvedimenti siano accorpati, ma naturalmente deciderà Monti. Ad ogni modo sono ancora tanti i fronti ancora aperti per completare l'attuazione dell'Agenda della crescita entro i tempi del nostro Governo.
<p><b>Le imprese si aspettano un vero credito di imposta per gli investimenti in ricerca. Arriverà nel nuovo decreto?</b>
<p> Per questa misura dobbiamo trovare 600-700 milioni e occorre aspettare gli effetti della spending review, possibile perciò che arrivi in una fase successiva. L'equilibrio dei conti pubblici rimarrà vincolo assoluto nel nostro lavoro.
<p><b>Il piano Giavazzi per tagliare gli incentivi verrà attuato o resterà un esercizio accademico?</b>
<p>
È un contributo autorevole e ci stiamo lavorando per vedere come trasformarlo in norme. Il rapporto conferma il riassetto già fatto al Mise con l'abrogazione di 43 norme e la creazione di un fondo unico perla crescita sostenibile. Dovremo occuparci di tutta un'altra serie di incentivi alle attività economiche, pubbliche e private, per i quali introdurremo criteri di filtro e meccanismi per valutare di volta in volta se un incentivo è giustificato o meno.
<p> <b>L'Italia fatica ad attrarre investimenti dall'estero. Come recuperare?</b>
<p> Ci sono tanti fondi sovrani o fondi istituzionali, comunque investitori internazionali, interessati all'Italia sia nel mondo delle infrastrutture che delle aziende italiane. Mi aspetto alcuni primi segnali importanti già nei prossimi mesi. <br />
E stiamo lavorando a strumenti che aiutino a facilitare questi investimenti: la principale difficoltà per gli investitori esteri riguarda tempi e modi della interlocuzione con i vari enti autorizzativi sul territorio e con le autorità fiscali.
<p><b> Lo stop alla centrale Enel in Calabria è l'ultimo caso di investimenti bloccati da veti di ogni tipo.</b>
<p> Perché non accadano più i tanti casi di ritardo o blocco ingiustificato bisogna avere il coraggio di intervenire sulla organizzazione della Pubblica amministrazione e della politica, soprattutto sul territorio. Oggi troppe decisioni sono di responsabilità condivise da troppe entità. La prima riforma da fare, che necessita però di un tempo superiore a quello che ha questo governo, dovrebbe essere ripulire il numero di livelli istituzionali e stabilire con chiarezza chi ha il potere di decidere, su che cosa e in che tempi. Su questi temi ci giochiamo l'Italia dei prossimi anni. Sulla banda larga il nostro Paese è in netto ritardo.
<p> <b>Per la nuova rete il modello giusto può essere una newco con Telecom e Cassa depositi e prestiti attraverso Metroweb?</b>
<p>Ci stiamo adoperando perché venga accelerato molto il processo di ammodernamento della nostra rete di telecomunicazioni: è una priorità. Per le reti il modello Terna per l'elettricità o Snam per il gas può essere la scelta più saggia sia in termini di efficienza che di promozione della concorrenza.
<p> <b>Non c'è il rischio che la Cdp diventi una sorta di ritorno all'Iri?</b>
<p>
È necessario assicurare risorse adeguate alle reti sulle quali si deve investire per ammodernare il Paese. Non sempre il solo privato garantisce questa visione di sistema e, in taluni casi, un impegno pubblico-eventualmente associato al mercato - può garantire in maniera più efficace investimenti, apertura di mercato e interesse nazionale.
<p> <b>Lei ha capito che fine ha fatto il piano Fabbrica Italia di Fiat?</b>
<p> Seguiamo ovviamente con grande attenzione il progetto Fabbrica Italia. Dalle dichiarazioni che si sono susseguite è evidente che tale progetto si è modificato. Ci aspettiamo, a questo punto, che responsabilmente l'azienda chiarisca con nettezza al Paese, nell'ambito della sua nuova fisionomia globale, obiettivi e piano di investimenti che ha rispetto all'Italia. Siamo molto attenti a questo.
<p><b>Incontrerà Marchionne per chiedere aggiornamenti?</b>
<p>Non è un problema di incontri.
<p><b>Il problema è il ruolo che lo Stato deve avere davanti a pezzi importanti dell'industria italiana che possono essere a rischio.</b>
<p>
<p>Noi dobbiamo creare condizioni perché ci siano investimenti nel nostro Paese e perché sia meno difficile fare impresa. L'Agenda per la crescita affronta concretamente molte delle problematiche che riguardano i principali fattori di competitività. Senza mai diventare dirigista: che lo Stato si sostituisca alle imprese per determinarne le scelte strategiche, industriali o commerciali è lontanissimo dalle idee di questo governo e, del resto, ogni volta che si è agito diversamente si sono fatti pasticci.
<p>
<b>Tra i rumors c'è quello di un interesse di Volkswagen per Alfa Romeo...</b>
<p> Ovviamente, anche se ci fosse, non potrei dirlo.
<p><b>Ma lei ha segnali di investitori internazionali interessati a entrare nel settore automobilistico in Italia?</b>
<p> Di sicuro la produzione automobilistica in Italia ha grande tradizione e qualità, ci può certamente essere interesse da parte di investitori internazionali, almeno me lo auguro.
<p> <b>E i tedeschi interessati ad Ansaldo Energia?</b>
<p> Finmeccanica ha comunicato che non si sente in grado di seguire tutti i settori che oggi ha in portafoglio, in più ha un problema di indebitamento, quindi ha individuato alcune possibili aree di dismissione. Quello che conta è fare in modo che queste aziende abbiano azionisti solidi e in grado di garantire il loro sviluppo di mercato. È ovvio che vediamo con favore l'impegno e la crescita di gruppi italiani, ma ancora di più lo sviluppo in Italia di investimenti e occupazione.
<p> <b>Come sta vivendo l'indagine della Procura di Biella che la coinvolge su Biverbanca, che è stata una controllata di Intesa?</b>
<p> Mi ha fatto piacere che la stessa Procura abbia chiarito con un comunicato che, per quanto mi riguarda, si è trattato di un atto dovuto, visto il ruolo di amministratore delegato del gruppo.
<p> <b>È fiducioso sulla soluzione del caso Ilva?</b>
<p> Siamo ottimisti che gli interventi attuati e programmati possano rendere compatibili il rispetto delle norme e il mantenimento in attività di un'azienda oggettivamente molto importante per il Paese.
<p><b>Si dice che sarà uno dei protagonisti del riordino dell'area moderata italiana. Ha quest'ambizione?</b>
<p> Per il momento ho l'ambizione di fare bene il ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e Trasporti.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1INH31">Il Sole 24 Ore - Fabrizio Forquet e Carmine Fotina </a>Filippo Patroni Griffi: «Ecco l'agenda delle riforme. Colpo d'acceleratore in autunno» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648031Alla data della dichiarazione: Ministro Funzione pubblica<br/><br/> <br />
«A ottobre permesso unico per chi vuole costruire».
<p>«La nostra arma contro la crisi sono le riforme e in autunno allargheremo ancora questo cantiere. Abbiamo già messo le fondamenta di molte novità che emergeranno da settembre».
<p>
<b>Ministro, si parla di una possibile richiesta italiana di aiuti al Fondo salva-stati europeo e Monti è impensierito dal clima anti-tedesco che si è diffuso in Italia. Come possiamo uscirne?</b><p>
«La preoccupazione dell'opinione pubblica è comprensibile dato l'andamento dell'economia. Tuttavia abbiamo la consapevolezza che dalla recessione si può uscire solo con le riforme. E mi pare che il governo Monti stia mantenendo questo profilo».
<p>
<b>I mercati mantengono il pressing sull'Italia...</b>
<p> «Siamo pronti in qualunque momento a prendere le decisioni che si dovessero rendere necessarie. E l'Italia in questi mesi ha dimostrato di saper fare i cosiddetti compiti a casa. Ma come il presidente Monti ha già sottolineato è essenziale che siano disponibili strumenti di sostegno europei. Non è detto che l'Italia debba ricorrervi ma la disponibilità degli aiuti europei resta indispensabile per ricostruire il normale circuito finanziario. Come l'azione di Draghi sta dimostrando».
<p>
<b>Disponibilità europea che tutt'ora non è definita nei dettagli. Non le pare che proprio l'Europa sia un punto debole della strategia del governo?
</b>
<p>«A me pare l'opposto. Dobbiamo evitare che la crisi dello spread diventi una crisi dell'integrazione europea. Questa crisi va risolta assieme, da tutti gli europei. Non c'è un Paese Ue che possa fronteggiare la globalizzazione da solo».
<p>
<b>Ha parlato di cantiere delle riforme. Lei presiede quello della Pubblica Amministrazione, forse il più atteso dagli italiani...</b>
<p> «Allora proviamo a guardare alla crisi da un'altra angolazione: forse questa volta, complice la pochezza delle risorse, riusciamo davvero a rendere l'amministrazione pubblica un fattore di sviluppo».
<p> <b>Le solite parolone...</b>
<p> «No guardi. Nel decreto Sviluppo appena trasformato in legge
c'è una norma attesa da anni: lo sportello unico per l'edilizia. Questa è una piccola-grande riforma che delinea un'amministrazione pubblica che produce servizi a vantaggio delle imprese. L'edilizia è importantissima per battere la crisi e infatti sto lavorando ad un'altra riforma concreta».
<p>
<b>Quale?</b>
<p>
«Tra settembre ed ottobre, assieme agli enti locali, vareremo regole omogenee per il rilascio dei permessi per costruire. Sarà un passaggio che incrementerà moltissimo la trasparenza a livello di amministrazioni locali, darà più diritti e certezze a cittadini e imprese e favorirà lo sviluppo».
<p>
<b>Parlando di maggiore trasparenza sui permessi edilizi si finisce fatalmente sul terreno dell'anti-corruzione. Che fine ha fatto quella legge?</b>
<p> «La corruzione va in primo luogo prevenuta. Perciò il ddl all'esame del Parlamento contiene una serie di misure pratiche nel segno della trasparenza. Insomma, semplificazioni, trasparenza e lotta alla corruzione fanno parte di un'unica partita. E si tratta di un intervento strutturale»
<p>
<b>Fin qui le riforme propositive ma poi, con la spending review, lei ha messo in cantiere anche la ristrutturazione delle amministrazioni centrali. Quanti statali perderanno il posto?</b>
<p> «Messa così è una domanda superficiale».
<p>
<b>Cosa vuol dire?</b>
<p>«Entro il 31 ottobre i ministeri e le altre amministrazioni dovranno rifare le piante organiche sulla base della legge che prevede un taglio del 20% dei dirigenti e del 10% degli altri dipendenti rispetto alle cifre attuali. A quel punto si inizieranno a fare i conti veri, tenendo presente che alcune amministrazioni avranno bisogno di personale mentre altre dovranno liberarsene».
<p>
<b>Lei mostra prudenza ma intanto Cgil e Uil hanno già prodamato lo sciopero per il 28 settembre.</b>
<p> «Spero che cambino idea perché non voglio escludere nessuno dal confronto in un quadro in cui la pubblica amministrazione deve aumentare la produttività. Con i sindacati ci rivedremo il 4 settembre. Ma non ci possiamo fermare perché abbiamo molti altri dossier aperti».
<p>
<b>Ad esempio?</b>
<p>«II riordino delle Province entro la fine dell'anno che significherà anche riorganizzare tutta la presenza degli uffici pubblici sul territorio a partire dalle Prefetture».
<p>
<b>Ce la farà? Per ogni piccolo ufficio che sposterà avrà contro i mille campanili italiani, ragnatela immensa e robustissima.</b>
<p> «Me ne sono già reso conto durante l'esame del provvedimento alle Camere. Però non sono pessimista perché ci sono anche amministratori che vedono lontano e vogliono cogliere la redistribuzione degli uffici per integrare e rendere più efficienti i servizi ai cittadini. Parlo del presidente della regione Toscana oppure degli amministratori favorevoli alla creazione della Provincia Romagnola».
<p>
<b>Una minoranza illuminata?</b>
<p>«Vedremo. All'inizio dell'intervista parlavamo del clima che si respira nel Paese. Ecco, è importante che gli italiani capiscano che le riforme sono un'opportunità per togliere di mezzo tanti problemi che sono stati nascosti sotto il tappeto. Non c'è altro modo per riacquistare fiducia in noi stessi e la credibilità internazionale che meritiamo».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IODUE">Il Messaggero - Diodato Pirone </a>Antonio Catricalà: «Non vogliamo diventare sudditi della Ue» - INTERVISTA2012-08-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648003Alla data della dichiarazione: Sottosegretario Presidenza del Consiglio- Viceministro Sviluppo Economico<br/><br/><br />
<b>Professore come stanno i conti pubblici, farete una correzione?</b>
<p>
«No non ci sarà un decreto di correzione, naturalmente ci sarà la legge di Stabilità. Occorre onorare il Fiscal compact, il pareggio di bilancio nel 2013 lo confermiamo, ma i conti dello Stato vanno bene».
<p>
<b>Cosa vi rassicura?</b>
<p>
«Siamo tranquilli per due motivi: soffriamo di spread alti nel lungo termine, ma quelli a breve sono ancora accettabili per le nostre finanze. Avremo bisogno di una politica di bilanciamento fra medio e lungo termine, ma abbiamo i migliori professionisti europei al Tesoro su questi punti».
<p>
<b>I conti pubblici non vi preoccupano, ma quando comincerete ad aggredire il debito? Per molti siete in ritardo.</b>
<p>
«Abbiamo letto molte ricette, il piano di Alfano, i suggerimenti di Vegas, i consigli di tanti economisti. Ma vorrei dire che esiste anche la linea di Monti e Grilli: abbiamo varato i fondi immobiliari, ci stiamo lavorando, è chiaro che non è facile, né immediato. Ma se avessimo iniziato a lavorare solo sulle dismissioni saremmo stati in grado di fare accettare la riforma dell'Imu? O delle pensioni? Monti ha avuto una visione strategica. In ogni caso non credo che sia realistico spingersi oltre i 15-20 miliardi l'anno, fra l'altro il mercato per ora non ha domanda. E questo range ci consentirebbe di onorare gli impegni di riduzione pluriennale del debito presi a Bruxelles».
<p>
<b>Venderete alcuni asset pubblici?</b>
<p>
«Abbiamo detto che le società pubbliche sono un bene primario dello Stato, non ne perderemo il controllo. Si tratta di capire quali quote, prive di rilevanza strategica, potranno essere dismesse».
<p>
<b>Unicredit, Finmeccanica, altre aziende nazionali: sono nel mirino di qualcuno?</b>
<p>
«È chiaro che il ministro dell'Economia, certamente per Finmeccanica, vigila. Ma non abbiamo intenzione di interferire sul libero mercato. Del resto abbiamo una legge sulla golden share, rispettosa dei vincoli europei, che conferisce al governo poteri rilevanti. Per alcune società in particolare, da Eni a Enel, sino a Terna, scalate ostili le vedo inimmaginabili, solo persone poco avvedute progetterebbero operazioni su attività regolamentate e contro il governo».
<p>
<b>Cosa farete per evitare l'aumento Iva?</b>
<p>
«Di certo non ci saranno tagli alle retribuzioni pubbliche. E non abbiamo alcuna intenzione di toccare le tredicesime, non siamo in queste condizioni . Dal riordino delle agevolazioni si può trovare qualcosa, ma non moltissimo. Viceversa pensiamo di ottenere molto da una spending review che è ancora in corso. Il mandato del commissario Bondi dura sino alla fine del nostro governo: non ha un compitino che è terminato, va ulteriormente implementato. Fra l'altro occorre una certa vigilanza: ogni volta che ci sono state riduzioni di spese la storia insegna che il sistema ottiene altre forme di esborso pubblico».
<p>
<b>Cosa avete in agenda?</b>
<p>
«Di certo faremo nuove norme di liberalizzazioni. Ogni anno c'è da varare una legge per la concorrenza. C'è tutto il settore dei trasporti su cui intervenire: la materia non è stata liberalizzata, è rimessa alla costituzione di un'Autorità che vedrà la luce a settembre. Poi ci sono i decreti attuativi delle liberalizzazioni delle attività economiche già varate. Aprire una palestra a Roma richiede sette autorizzazioni, tutte regionali: in orgine erano 15, c'è molto da fare».
<p>
<b>Chiederete lo scudo anti-spread?</b>
<p>
«La nostra idea è che ce la faremo da soli. Non abbiamo bisogno di nessun aiuto in senso tecnico, ma sappiamo anche che questo periodo di transizione sta diventando troppo lungo, i mercati ci mettono troppo a riconoscere i nostri meriti, la buona salute dei conti pubblici».
<p>
<b>
Dunque alla fine lo chiederete? E dovrete firmare un memorandum di ulteriori obbligazioni con l'Europa.</b>
<p>
«Non abbiamo timore di fare un memorandum of understanding . Significherebbe solo confermare impegni già assunti. Sarebbe un atto meramente dichiarativo, senza nuove obbligazioni. Non siamo e non vogliamo diventare sudditi della Ue, ne siamo fondatori e stiamo lavorando per l'Italia e per tutti i cittadini europei».
<p>
<b>Per tanti sarebbe una cessione ulteriore di sovranità.</b>
<p>
«Ma per carità! Quello della sovranità è un problema che riguarda tutta l'Europa, tanto che la Corte Costituzionale tedesca deve decidere se il Fiscal compact impatta sulla loro democrazia. Bisogna essere obiettivi: ci sono dei trattati che abbiamo firmato, che hanno messo insieme dei pezzi di sovranità di tutti i Paesi. Vanno osservati, come fa ogni Stato serio».
<p>
<b>La richiesta dello scudo avrebbe conseguenze sulla maggioranza.</b>
<p>
«È vero, potrebbe essere utilizzato impropriamente, ma sino a ora, quando c'è stato bisogno di manifestare unità del Paese, il Parlamento ha risposto in modo quasi unanime, con stile encomiabile. Non credo che ci sarebbe una reazione di rottura, avremmo forse dei contraccolpi, sono sicuro che li supereremo».
<p>
<b>Prima si muoverà la Spagna, poi, eventualmente, voi?</b>
<p>
«È chiaro che non saremmo mai noi a fare per primi una richiesta, ci guarderebbero come dei matti. Le nostre finanze pubbliche sono molto più solide di quelle di tanti altri. E poi non ci muoviamo se non sappiamo esattamente che cosa prevede l'intervento della Bce. In sintesi: che cosa viene chiesto e cosa viene dato in cambio».
<p>
<b>Un'agenda Monti può sopravvivere al governo?</b>
<p>
«Speriamo che questo governo abbia indicato una modalità di azione, una capacità di raggiungere determinati obiettivi nel breve periodo. Un metodo e una speditezza della decisione. Si può fare, ora è dimostrato, anche in Italia. Occorre riconoscere che abbiamo una maggioranza eccezionale nei numeri, ma il contributo alla governabilità del sistema lo abbiamo dato».
<p>
<b>Finirete la legislatura?</b>
<p>
«Penso assolutamente di sì, non è in aria una crisi di governo. Lo scioglimento anticipato potrebbe aggravare la crisi finanziaria, vedo più rischi che benefici da un'interruzione della legislatura. Questo penserebbero i mercati, la vivrebbero come una forma di destabilizzazione».
<p>
<b>Legge elettorale: i partiti la faranno?</b>
<p>
«È una pregiudiziale assoluta. Antonio Maccanico mi ha insegnato che ogni legge è neutra rispetto al vincitore. Il voto lo indica con certezza, la legge gli consente di governare. Per questo serve una norma che abbia un premio di maggioranza serio e poi una soglia di sbarramento altrettanto seria, così si garantisce la governabilità. I mercati vogliono l'affidabilità della classe politica del Paese, un governo in grado di attuare un programma».
<p>
<b>Perché non è stata ancora fatta?</b>
<p>
«Quando si vuole fare una legge elettorale, ce lo insegna la storia, ci vogliono solo sette giorni per approvarla. Evidentemente non c'era la volontà di votare».
<p>
<b>Monti lo esclude, ma tutti si chiedono: ci sarà ancora un suo impegno?</b>
<p>
«Il problema non è mai di nomi, il problema è di affidabilità e di serietà di impegni. È un falso problema parlare di Monti bis, bisogna parlare di un modello che possa coinvolgere un'ampia maggioranza e attuare in fretta i programmi».
<p>
<b>È vero che siete stati precettati?</b>
<p>
«Nessuno si allontanerà, il governo non va in vacanza. Sono stati sconsigliati i viaggi all'estero: magari, se occorre, non si riesce tornare in fretta. Il 10 c'è il prossimo Cdm, il 24 un altro».
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<b>
Quando De Gaulle tornò al potere disse ai francesi: sono qui per fischiare la fine della ricreazione. Con tutto il rispetto, sembra che il governo abbia fischiato solo per alcuni, mentre per altri la ricreazione è continuata.</b>
<p>
«Guardi io posso solo dire che Monti non ha mai perso né psicologicamente né fisicamente lo slancio. Semmai ogni tanto va frenato, perché è un entusiasta. Abbiamo fatto cose difficilissime, in materia di liberalizzazioni moltissimo. Certo, le spinte delle corporazioni ci sono state, la riforma delle professioni è stata un'impresa quasi ciclopica. Abbiamo riformato le piante organiche dei notai e delle farmacie, un'attività economica si può aprire con un semplice dichiarazione, la rete del gas è stata divisa dall'operatore dominante. Si può fare di più, ma il governo non ha finito di lavorare».
<p>
<b>
Una vera riforma della pubblica amministrazione non l'avete fatta.</b>
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«È vero che esiste una fetta di pubblica amministrazione che non funziona, ma si tratta di non buttare via il bambino con l'acqua sporca».
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<b>Berlusconi lo sente?</b>
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«Talvolta, il nostro riferimento è il segretario Alfano»<p>
<i>Antonio Catricalà è magistrato, avvocato, consigliere di Stato. Per sei anni è stato a capo dell'Antitrust. Oggi è sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l'ufficio che Gianni Letta aveva nei governi Berlusconi, snodo centrale della macchina dell'esecutivo. Ha ottimi rapporti con i protagonisti della strana maggioranza: con Casini («Siamo amici, anche fuori dal Palazzo»); con Alfano («Nutro grande stima, credo ricambiata»); con Bersani («Da presidente dell'Antitrust dissi che era stato il migliore ministro dello Sviluppo»)</i>.<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1INGZD">Corriere della Sera - Marco Galluzzo</a>