Openpolis - Argomento: Dpefhttps://www.openpolis.it/2012-08-25T00:00:00ZStefano Boeri: La fiera dei tesoretti inesistenti2012-08-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648511Alla data della dichiarazione: Assessore Comune Milano (MI) (Partito: PD) <br/><br/><br />
Speriamo che il seminario di ieri e forse ancora di più il ritorno dello spread in prossimità dei 450 punti base abbiano riportato alcuni ministri e viceministri coi piedi per terra.
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L’obiettivo della riunione era quello di app rofondire provvedimenti attuabili fin da subito a favore della crescita, dopo che una riunione a questo consacrata a inizio agosto era stata rinviata per l’impreparazione di alcuni ministri.
<p> Ma l’impressione che si era avuta negli ultimi giorni è che, anziché approfittare della pausa estiva per studiare a fondo i dossier, il governo tecnico si fosse trasformato in un governo preelettorale, in grado a parole di moltiplicare i pani e i pesci e, nei fatti, varare un “deraglia- Italia” che avrebbe vanificato i sacrifici fatti in questi mesi per salvare il nostro paese.
<p>Dapprima era stata annunciata una defiscalizzazione dell’Iva sulle nuove grandi opere finanziate dai privati, che si sarebbe come d’incanto finanziata da sola, col reddito generato attraverso la realizzazione di questi progetti infrastrutturali.
<p>Se fosse vero che questi sgravi si autofinanziano, nel senso che generano entrate fiscali tali da compensare la perdita di gettito dell’Iva, allora perché non finanziare le opere direttamente con soldi pubblici?
<p> La sensazione è che si voglia in realtà trasformare il conclamato project financing, il coinvolgimento dei privati nel finanziamento delle grandi opere infrastrutturali, in un maggiore public financing.
Dal punto di vista delle casse dello Stato, non c’è infatti grande differenza fra agevolare fiscalmente investimenti privati o aumentare il proprio coinvolgimento diretto nel loro finanziamento.
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Si era anche parlato, a Rimini e dintorni, di tagli del cuneo fiscale e contributivo. Ricordiamo che questo comporta circa 2,5 miliardi di entrate in meno per ogni punto di riduzione del prelievo e che ancora devono essere trovati i 6,5 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel luglio 2013. Anche questa riduzione doveva allora essere autofinanziata? Oppure limitarsi ad alcune imprese? E chi e come avrebbe deciso quali?
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La verità è che sia il quadro macroeconomico che gli oneri sul debito pubblico sono fortemente peggiorati da quando sono stati stilati gli ultimi documenti programmatici del governo. Presentando a fine settembre la legge di bilancio bisognerà necessariamente tenere conto di questo deterioramento che si riassume in due cifre: il 2012 sembra destinato a chiudersi con una riduzione del Pil due volte più forte di quanto stimato ad aprile (attorno al 2,5 per cento contro l’1,2 del Documento di economia e finanza) mentre il ritorno dello spread al di sopra dei 400 punti base potrebbe comportare una spesa per interessi nel 2012 fino a 10 miliardi più alta di quanto preventivato. Inoltre il contesto internazionale si è deteriorato con il forte rallentamento della Cina, il Regno Unito in recessione e gli Stati Uniti che si avvicinano pericolosamente al fiscal cliff, la data post-elettorale in cui tutti gli incentivi fiscali varati per sostenere l’economia dovranno essere rimossi d’un colpo solo, rischiando di far precipitare il reddito nazionale come giù dalle scogliere di Moher.
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Quindi, per quanto ci siano molti pionieri in cerca di protagonismo, di tesoretti proprio non ce ne sono in giro. E non ce ne saranno nei prossimi anni. Vero che oggi ci sarebbe bisogno di politiche di sostegno della domanda per rilanciare l’economia, ma purtroppo queste politiche a noi non sono consentite per le dimensioni del nostro debito pubblico e la crisi di credibilità che attraversiamo. Questa fa sì che gli annunci di tagli non finanziati siano dannosi oltre ad alimentare inutili illusioni. Rischiano, infatti, di far aumentare fin da subito la spesa per interessi sul debito, vanificando i progressi compiuti nell’avvicinarci al bilancio in pareggio. Quello che possiamo fare oggi è ridurre la spesa pubblica liberando risorse per tagli delle imposte e rendere più produttivo, più orientato alla crescita, il prelievo fiscale e l’uso delle risorse pubblieche. Per questo le politiche della crescita devono andare di pari passo con i progressi nella spending review.
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Il governo dovrebbe rendicontarli sistematicamente e impegnarsi a trasformare una quota ben definita di questi risparmi in riduzioni delle tasse.<br />
Ci sono poi tante riforme a costo zero per la crescita che magari non hanno effetti immediati, ma che aumentano grandemente la nostra capacità di beneficiare di un eventuale miglioramento della congiuntura internazionale. Fra queste misure, figurano gli unici provvedimenti varati ieri dal Consiglio dei ministri, quelli per la valutazione del nostro sistema scolastico. Sono ancora preliminari e per questo ignorano molti problemi attuativi, ma il rischio, dopo l’offensiva scatenata nell’ultimo anno contro ogni valutazione obiettiva e comparativa delle nostre scuole, era quello di fare passi indietro anziché in avanti. Invece il decreto presidenziale sul sistema di valutazione delle scuole varato ieri concede spazio ad una valutazione anche esterna e trasparente di insegnanti, presidi e studenti, tenendo conto delle specificità del contesto locale. Questa è una premessa indispensabile per permettere alle famiglie di scegliere meglio a quale scuola iscrivere i propri figli e per incentivare attraverso comportamenti imitativi una migliore qualità dell’istruzione.
<p> Ci sarebbe anche il capitolo politiche dell’immigrazione che può darci tanto in termini di crescita. È stato sin qui ignorato dal governo, ma speriamo che la dichiarazione del ministro Riccardi in entrata nel Consiglio dei Ministri di ieri («gli immigrati non sono una questione da affrontare per bontà, ma perché favoriscono la crescita») preluda ad atti concreti, ad una riforma che dia un senso all’ennesima sanatoria degli immigrati varata a luglio, su cui torneremo. Certo è che dagli immigrati ci si può aspettare un maggiore contributo alla generazione di nuove imprese che da provvedimenti demagogici e sistematicamente riciclati come l’impresa da un euro. Tutti sanno che per far partire un’impresa, soprattutto nell’hardware, dove oggi abbiamo maggiori vuoti da colmare, c’è bisogno di un consistente patrimonio iniziale. E questo capitale, dato lo scarso sviluppo dei mercati finanziari in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi non può che essere fornito dalle banche. Ecco allora che parlare di impresa a un euro nel mezzo di una pesante stretta creditizia che colpisce soprattutto i giovani suona perciò come una presa in giro. Soprattutto se a pronunciare questa formula magica fosse un ex-banchiere.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JE3Z6">la Repubblica</a>Piero Giarda: Ecco la seconda fase della spending review2012-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647276Alla data della dichiarazione: Ministro Rapporti col Parlamento<br/><br/><br />
Per comprendere il significato e l'obiettivo della spending review, questo "oggetto misterioso", rimando a due documenti. Il primo è la relazione da me presentata al Consiglio dei ministri i130 aprile scorso; il secondo, ancora più importante, è il Documento di economia e finanza 2012, dove è riportato, tra l'altro, il conto economico delle amministrazioni pubbliche con le previsioni per il periodo 2012-2015.
<p> Come si evince dal Documento, la proiezione della spesa per il personale nei cinque anni, 2011-2015, passa da 170 a 169 miliardi, quindi resta stabile in termini nominali. Anche la spesa per consumi intermedi è sostanzialmente invariata. All'interno di queste due categorie, la spesa sanitaria aumenta invece di 6 miliardi di euro. Ciò implica che tutte le altre voci di spesa si riducano di importi che sommati danno una cifra analoga.
<p> E' uno scenario che non ha precedenti nella storia economico-politico-sociale del nostro paese. Coloro che hanno un minimo di responsabilità, ruoli di direzione, di governo, di controllo all'interno di qualunque segmento di settore pubblico, hanno di fronte compiti di straordinario rilievo.
<p>Associata a queste dinamiche della spesa complessiva va segnalata una categoria che aumenta nel corso di questi cinque anni: è la spesa per le pensioni, la quale, nonostante le riforme, si porta appresso la storia del paese. L'Italia ha una spesa per i servizi pubblici tra le più basse dell'Europa e dell'Ocse ma una spesa per interessi e per pensioni tra le più elevate al mondo.
<p>La responsabilità di amministratori e politici è quella di limitare i danni, di evitare che i nostri figli e i nostri nipoti abbiano troppo a soffrire delle dissennatezze del passato. C'è bisogno di una cura dimagrante che gli amministratori dovranno gestire attraverso le tecniche sofisticate della revisione della spesa.
<p>Come è noto, la spending review si può realizzare secondo vari stadi. C'è quello più semplice, che il popolo ama, ovvero l'eliminazione degli sprechi. C'è quello più complesso, la parte più apprezzata dal ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ovvero la riorganizzazione della vita delle amministrazioni pubbliche rendendole più efficienti e meno costose.
<p>C'è, infine, lo stadio che reclamano alcune voci critiche nei confronti del governo, vale a dire un'operazione di arretramento strategico - come è stato scritto - della presenza pubblica nell'economia, ad esempio trasferendo parte dei servizi pubblici al settore privato con il finanziamento a carico dei cittadini. Credo che questa terza parte normalmente non venga insegnata e non faccia parte dei corsi di formazione, di preparazione e di acculturamento, anche se molti la considerano, in prospettiva, necessaria.
<p>Immagino che gli amministratori dovranno occuparsi dei primi due livelli. Ridurre gli sprechi, quindi, e a questo riguardo ci sono tante iniziative da prendere. Perché continuare a stare in uffici di 30 e 40 metri quadri? Bisogna rassegnarsi a un ufficetto di 15 metri quadri. Riorganizzare la vita delle amministrazioni pubbliche: ed è proprio a questa seconda parte che nel nostro lavoro di revisione della spesa abbiamo dedicato l'attenzione maggiore.
<p>Concludo con un augurio, rivolto a tutti gli uomini e le donne delle amministrazioni: riuscire dove altri non sono riusciti, così da rimettere ordine nel funzionamento della macchina pubblica e consentire al nostro paese di evitare di aumentare ulteriormente le tasse. <p>
<b>N.B.</b> <i>Introduzione al libro</i> "Spending review.
E' possibile tagliare la spesa pubblica italiana senza farsi del male?"
<p> <br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HLXGJ">Il Foglio</a>Paolo GIARETTA: Grandi opere: il Veneto tradito dal Governo Berlusconi2009-03-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390592Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Leggendo la tabella delle opere che il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ha approvato ieri viene spontanea la domanda: ma che ci stanno a fare nel Governo Berlusconi tre ministri veneti?
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Lasciamo stare che si parli per l’ennesima volta di miliardi di euro che transitano da un documento all’altro, dal Documento di Programmazione Economica, alla Finanziaria, alle delibere del CIPE, ma son sempre gli stessi denari, ogni volta annunciati in pompa magna, che non si traducono mai in opere e lavori per le imprese e per il sostegno dell’occupazione.
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Servono per fare in media una conferenza stampa al trimestre, ma all’economia italiana servono soldi veri che si traducano in cantieri che si aprono, ed in opere che terminano e contribuiscono alla competitività del Paese.
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Questa volta si parla di un programma di 17,8 miliardi di cui per la verità solo 9,7 miliardi a carico di fondi pubblici. Ebbene in un lungo elenco di 44 opere stradali, ferroviarie, di trasporto locale finanziate con denari pubblici il Veneto non compare mai.
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O meglio: compare per un rifinanziamento solo il Mose: opera pubblica molto discussa ma che risponde ad una esigenza puntuale di interesse nazionale (la salvaguardia di Venezia) ma che nulla ha a che fare con le esigenze di competitività del territorio della nostra regione.
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E compare la città di Vicenza, dove si interviene però solo in ragione della realizzazione della base USA.
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Per il resto c’è di tutto: un bel pacchetto di opere a favore della Sicilia a partire dai primi 1,3 miliardi del Ponte sullo Stretto: inaugurano una voragine (non è difficile fare previsioni) per un’opera che se mai vedremo in funzione nascerà vecchia, rispetto alle potenzialità di moderne tecnologie di trasporto via acqua su cui si giocherà il futuro.
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Qualche altra opera di contorno per la Sicilia, come il fondamentale asse per l’economia italiana in un momento di crisi Caltanissetta – Agrigento o un bel contributo per le reti metropolitane di Catania e Palermo, preclari esempi di buona gestione amministrativa.
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Si pensa giustamente al sistema delle reti di trasporto metropolitane, con stanziamenti troppo limitati: si pensa a Roma, Bari, Cagliari, Parma, Brescia, Bologna, Rimini, Riccione, Napoli, oltre ai già citati Palermo e Catania (in tutto 1,5 miliardi di euro, una goccia nel mare) ma delle città venete, molte impegnate in consistenti investimenti per l’adeguamento del sistema metropolitano non c’è traccia.
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C’è la Lombardia. Formigoni e Lega litigano non diversamente da Galan e Lega ma sembra che i risultati siano diversi. La Lega poi resta inevitabilmente lombardo centrica, quando si tratta di fare le scelte che contano: giù miliardi per la tangenziale di Milano, per la pedemontana Lecco Bergamo, per la Pedemontana lombarda, per la Bergamo Brescia, per l’Alta velocità Brescia Treviglio e Milano Genova, per Malpensa, naturalmente per l’Expo 20015. Come si capisce c’è una sproporzione tra le opere citate e la limitatezza dei finanziamenti disponibili.
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Resta il fatto che per tutto il Veneto, alle prese con un sistema viario stressato, con un trasporto metropolitano inadeguato al servizio di una grande area urbana diffusa (basta salire su un treno di pendolari per vergognarsi di avere delle responsabilità pubbliche) non c’è il becco d’un quattrino.
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È un vero e proprio scandalo, sembra che nelle stanze romane la nostra regione non sia rappresentata. E si che non solo ci sono le urgenze di un territorio che per competere (e se non compete il Veneto non compete l’Italia) ha bisogno che sia competitivo il territorio, con infrastrutture adeguate, ma ci sono progetti pronti che si tradurrebbero in opere in tempi brevi.
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Dunque se leggendo questa tabella non si può parlare di tradimento del Nord certamente si può e si deve parlare di tradimento del Veneto. Io mi auguro che chi ne ha il potere, stando in maggioranza a Roma e a Venezia, si renda conto delle dimensioni dello schiaffo che prende la nostra regione e si attivi per cambiare le decisioni del CIPE.
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In caso contrario spero che gli elettori del centrodestra aprano gli occhi: i loro voti servono a finanziare le opere in Sicilia (e qui si contenta il partito della spesa meridionale che trova in AN e Forza Italia robusti difensori) e in Lombardia (e qui ci pensano i leghisti lombardi a prendere in giro quelli veneti).<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/primopiano.asp?ID=49">official web site - Partito Democratico Veneto</a>Paolo GIARETTA: Lega: «Pseudo federalismo straccione e clientelare»2008-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it375116Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Duro attacco in Aula del senatore Paolo Giaretta, segretario regionale del PD veneto, alla politica economica del governo. Giaretta, che già aveva bollato il DPF come «troppo rinunciatario e privo di coraggio», boccia ora anche la Nota di Variazione, in discussione questa mattina in Senato, alla luce anche della «drammatica crisi della finanza globale in atto».<br /><br />
«Mancano risposte adeguate alla gravità della crisi. Si premia la cattiva spesa, si scoraggia la responsabilità pubblica e privata, si abbandonano i più deboli. È perciò una politica da respingere – ha detto il senatore veneto del Partito Democratico – Se il quadro è fortemente peggiorato rispetto alle previsioni di solo un trimestre fa e se il nostro Paese ha le peggiori previsioni di crescita, anzi di mancata crescita dell’intero continente europeo con indicatori sul potere d’acquisto in forte peggioramento, con i dati sull’occupazione che dimostrano un cedimento, con un reale impoverimento dimostrato dal pesante calo dei consumi, prima quelli voluttuari, poi quelli essenziali per la sopravvivenza, come si fa a non prevedere nulla per una politica attiva di correzione del ciclo economico?»<br /><br />
Di fronte alla conferma che «non vi sarà nessuna riduzione della pressione fiscale, anzi fino al 2012 sarà in aumento, e che non vi sarà nemmeno nessun intervento a sostegno dei redditi più deboli e allo sviluppo», a Giaretta non sono bastate le dichiarazioni di intenti fatte dalla maggioranza sul federalismo.<br /><br />
«Cari colleghi della Lega – ha attaccato il senatore del PD - ci sono le parole e ci sono i fatti. Ci sono le parole di un disegno di legge generico, senza cifre, che rinvia ad un futuro piuttosto lontano ed incerto la realizzazione del federalismo. E ci sono i fatti: che è diminuita con le scelte di questo Governo la libertà economica dei Comuni, costretti a ritornare sulla strada di incerti e incompleti trasferimenti dello Stato centrale, che i Comuni, anche quelli virtuosi e ben amministrati hanno meno denari, e vuol dire tagliare servizi di welfare di base che riguardano il benessere dei cittadini. I fatti sono che temiamo fortemente che vi state avviando sulla strada di uno pseudo federalismo straccione e clientelare».
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La dichiarazione integrale:<br /><br />
Il nostro giudizio negativo formulato sul DPEF presentato nello scorso luglio si basava sulla convinzione che esso fosse troppo rinunciatario, mancasse di coraggio nel predisporre risposte adeguate ai due grandi problemi della mancata crescita e dell’aggravarsi degli squilibri nella
distribuzione del reddito, con un impoverimento non sostenibile di
un’amplia platea di ceti a reddito medio-basso.<br />
Giudizio che dobbiamo riaffermare di fronte ad una Nota di Variazione
che non corregge quell’errore di origine e di più non sfiora neppure le
conseguenze ulteriori della drammatica crisi della finanza globale.<br />
Noi condividiamo la scelta fatta dal Governo italiano di proporre interventi
predisposti a livello europeo, con strumenti comunitari e non solo con un
coordinamento di azioni da parte di singoli stati. La crisi è sistemica e
richiede risposte di sistema.<br />
E’ una scelta che condividiamo e che vorremmo sostenere, se ci fosse data
la possibilità di un serio dibattito parlamentare, che insistiamo nel chiedere
al di là delle irresponsabili dichiarazioni del presidente del Consiglio, su
una questione che riguarda gli interessi nazionali e le aspettative ed i
timori della maggior parte delle famiglie italiane.<br />
E’ una scelta che condividiamo non solo perché l’ampiezza e la profondità
della crisi del sistema finanziario rendono inadeguate le risposte dei singoli
stati, con perturbazioni gravi in un sistema profondamente interdipendente.<br />
Il coraggio e la lungimiranza della moneta unica richiede eguale coraggio
per scelte conseguenti. Ciò che si nega oggi, un’azione dell’Unione
Europea che vada oltre illusioni di autosufficienza nazionale potrebbe
purtroppo rendersi necessario domani in condizioni più difficili ed
onerose. <br />
Non serve meno Europa, serve meno Europa burocratica e più
coraggio e lungimiranza europea, un coordinamento delle politiche di
bilancio per stimolare la crescita, sostenere il sistema produttivo,
rafforzare le infrastrutture materiali e immateriali
Serve l’Europa perché affrontata l’emergenza della disastrosa crisi
finanziaria e di fiducia dei mercati occorre impedire che essa possa
ripetersi nel futuro e dunque occorre pensare ad un nuovo ordine mondiale
per i mercati finanziari, un rilancio degli strumenti multilaterali di Bretton
Woods.<br />
Bisogna anche avere le idee chiare sulle radici culturali, politiche,
ideologiche di questa crisi. Essa è figlia diretta dell’ideologia dei “Chicago
boys”, delle parole d’ordine di un mercato senza regole, dell’appello agli
animal spirits al di fuori di ogni etica pubblica, all’ideologia della
creazione di una crisi fiscale dello Stato per ridurne il perimetro (affamare
la bestia dicevano).<br />
Sono parole d’ordine utilizzate nelle scelte politiche
della stagione reaganiana e thacteriana e fatte proprie dalla destra italiana
nella sua esperienza di governo, anche nel suo entusiasmo per quella
cosiddetta finanza creativa che ha generato un gravissimo ulteriore
indebitamento per la nostra finanza pubblica.<br />
Ora che gli spiriti animali hanno generato il disastro che vediamo si chiede
allo Stato, quella bestia che si voleva affamare, un intervento di
dimensioni colossali. Solo negli Usa si supera ormai la cifra di 1000
miliardi di dollari. Il Fondo Monetario parla di un onere globale di almeno
1400 miliardi di dollari. E’ un intervento necessario, certo. E tuttavia
occorre chiedersi. Se le economie e i governi occidentali fossero stati
capaci di mobilitare , insieme ad una regolazione del mercato finanziario
globale più stringente a tutela dei risparmiatori, interventi finanziari di
queste dimensioni per predisporre l’ammodernamento di sistemi di welfare
in grado di accompagnare le conseguenze sociali della globalizzazione,
interventi lungimiranti in tema di energia, acqua e cibo che restano per una
parte importante del mondo vere emergenze, programmi di ricerca e
innovazione a sostegno del sistema dell’economia reale avremmo potuto
evitare di rimediare con denari pubblici alla conseguenze della distruzione
di ricchezza generata da mancanza di regole e dalla illusione di creare
ricchezza stabile dalla pura speculazione.<br />
Perché è un fatto: oggi il
contribuente onesto è chiamato a pagare al posto dello speculatore
disonesto.<br />
Ma se questo è il quadro fortemente peggiorato rispetto alle previsioni di
solo un trimestre fa e se il nostro paese ha le peggiori previsioni di
crescita, anzi di mancata crescita dell’intero continente europeo; con
indicatori sul potere d’acquisto in forte peggioramento, con i dati
sull’occupazione che dimostrano un cedimento, con un reale
impoverimento dimostrato dal pesante calo dei consumi, prima quelli
voluttuari, poi quelli essenziali per la sopravvivenza, come si fa a non
prevedere nulla per una politica attiva di correzione del ciclo economico?<br />
Cito un solo aspetto: confermate che non vi sarà nessuna riduzione della
pressione fiscale, anzi fino al 2012 sarà in aumento, nessun intervento a
sostegno dei redditi più deboli e di sostegno allo sviluppo.<br />
Dite: però ci
sarà il federalismo. Sono tra quelli che sperano che un federalismo ben
congegnato e ben applicato nel tempo possa innalzare l’efficacia e la
responsabilità della macchina pubblica. Ma ci sono le parole e ci sono i
fatti. <br />
Cari colleghi della Lega: ci sono le parole di un disegno di legge
generico, senza cifre, che rinvia ad un futuro piuttosto lontano ed incerto la
realizzazione del federalismo. Andrà bene per le manifestazioni politiche e
per le pagine della Padania, ma a queste parole generiche si
contrappongono fatti molto concreti.<br />
I fatti sono che è diminuita con le
scelte di questo Governo la libertà economica dei comuni, costretti a
ritornare sulla strada di incerti e incompleti trasferimenti dello Stato
centrale, che i comuni, anche quelli virtuosi e ben amministrati hanno
meno denari, e vuol dire tagliare servizi di welfare di base che riguardano
il benessere dei cittadini.<br />
I fatti sono che temiamo fortemente che vi state
avviando sulla strada di un pseudo federalismo straccione e clientelare. <br />
Lo
scandalo dell’intervento straordinario di 140 milioni a favore del
malgoverno del Comune di Catania, il regno delle spese clientelari fuori
bilancio, dei dirigenti pagati a peso d’oro, delle assunzioni clientelari, che
ha il solo merito di essere governato da un Sindaco che è medico personale
del presidente del Consiglio, è un’offesa alle migliaia di Sindaci italiani
che amministrano i denari dei contribuenti come se fossero denari propri.<br />
Mancano risposte adeguate alla gravità della crisi. Si premia la cattiva
spesa, si scoraggia la responsabilità pubblica e privata, si abbandonano i
più deboli. E’ perciò una politica da respingere.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=442">Uff. Stampa - official web site Pd Veneto</a>Giulio TREMONTI: Così rispettiamo i patti Ue.2008-10-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it375014Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
A partire dall’ultimo trimestre del 2007 l’economia italiana ha mostrato un andamento sostanzialmente stagnante. Nel secondo trimestre di quest’anno si è manifestata una contrazione del Pil. Tutte le componenti della domanda hanno frenato. Questo è dovuto all’operare di vari fattori negativi.
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Il rincaro dei beni energetici ed alimentari, che ha inciso sui consumi delle famiglie, l’apprezzamento dell’euro, che ha indebolito la domanda estera e una correzione superiore alle attese nel settore delle costruzioni. In generale, la congiuntura economica rimane comunque caratterizzata da un elevato grado di incertezza. Pur in questo quadro, il Governo conferma il percorso indicato nel Dpef 2009-2013. Le lievi differenze del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche rispetto al Dpef derivano principalmente dai seguenti fattori: il citato indebolimento delle prospettive di crescita dell’economia italiana; una più puntuale ripartizione tra le categorie economiche di entrata e di spesa della manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2011; le modifiche alla manovra, introdotte in sede di conversione dei provvedimenti attuativi; l’aggiornamento del conto delle Pubbliche Amministrazioni per il 2008, in base all’attività di monitoraggio; le variazioni dei tassi di interesse derivanti dalle turbolenze nei mercati finanziari.
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Per il 2008 l’indebitamento netto è stato confermato al 2,5% del Pil. Il saldo sconta una ricomposizione del conto, ricomposizione che lascia tuttavia sostanzialmente invariato in termini nominali il livello dell’indebitamento netto. Ciò per effetto di variazioni compensative. In specie, la ricomposizione riflette: dal lato delle entrate, minori entrate per 0,7 miliardi, risultanti da un ridimensionamento delle imposte indirette per circa 3,6 miliardi; maggiori imposte dirette per 2,3 miliardi; maggiori contributi sociali per 0,5 miliardi, per effetto della dinamica positiva dei redditi da lavoro dipendente in alcuni comparti del settore privato; dal lato delle spese, l’aumento degli oneri per interessi è compensato da economie di spesa. Nell’insieme, per gli anni 2009-2013, il quadro di finanza pubblica indicato nella Relazione conferma gli impegni presi con l’Unione Europea. Impegni che prevedono il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2011. L’effetto complessivo dei fattori di variazione indicati in precedenza determina un peggioramento dell’avanzo primario, rispetto a quanto indicato nel Dpef, di 0,1 punti percentuali del Pil per il periodo 2009- 2013, ad esclusione del 2011, quando il peggioramento risulta pari a 0,3 punti. Comunque compatibile con il «close to balance» europeo. L’indebitamento netto in rapporto al Pil cresce di o,1 punti percentuali nel 2009; di 0,2 punti nel2olo e 2o11; di o,1 punti negli ultimi due anni considerati, per effetto del diverso profilo della spesa per interessi. In particolare, l’indebitamento netto per il 2009 viene ricollocato al 2,1% del Pil. La revisione, pari ad un decimo di punto, è riconducibile aun moderato rialzo della spesa, compensata solo in parte dall’andamento delle entrate. Le nuove stime delle entrate scontano una ricomposizione del prelievo fiscale. Il minor gettito previsto per il comparto tributario, trainato dal ridimensionamento delle imposte indirette, risulta in particolare più che compensato dalla maggiore crescita dei contributi sociali. Le stime per le entrate tributarie incorporano una elasticità di base in rapporto al Pil pari a circa 1’1,1 per il 2009 ed allo 0,96 per il toto. Questi valori, elaborati secondo i modelli di previsione del Ministero, riflettono l’evoluzione prevista del quadro macroeconomico e considerano gli effetti differenziali sul gettito di tutte le manovre, incluse quelle passate, e gli eventi una tantum. Per gli anni successivi prosegue la riduzione del disavanzo. L’indebitamento netto si riduce all’1,2% del Pil nel 2010 e Si colloca allo 0,3% nel 2011. L’avanzo primario aumenta progressivamente dal3,9% del Pil del 2010 a14,9% de12013. La spesa per interessi in rapporto al PIL si riduce dal 5,1% del 2010 al 4,8% del 2013. In presenza di un rafforzamento dell’azione di razionalizzazione, l’incidenza della spesa,corrente primaria si ridimensiona gradualmente, dal 40,1% del Pil nel 2008, al 38,6% nel 2013. La dinamica della spesa corrente primaria si manifesta in rallentamento, registrando nel quinquennio 2009-2013untasso di incremento medio annuo dei 2,4% in termini nominali, contro un aumento medio annuo del 4,4 registrato nel biennio 2007-2008.
<br /><br />
Nel 2008 il saldo di bilancio in termini strutturali peggiora di 0,2 punti percentuali del Pil rispetto al Dpef, soprattutto per effetto del minore output gap. Dopo tale temporaneo peggioramento, il percorso di risanamento riprende fino a raggiungere l’obiettivo di medio termine del bilancio in pareggio nel 2011, come concordato in sede europea. Nel quadriennio 2008-2011, la correzione complessiva ammonta a oltre due punti percentuali di Pil. Nel 2008, in presenza di una lieve revisione al rialzo del Pil nominale, il debito pubblico in rapporto al Pil è stimato collocarsi al 103,7 per cento. Nel 2009-2013, il rapporto debito/Pil è previsto ridursi gradualmente, attestandosi sotto il 100% nel 2011, come indicato nel Dpef, fino a raggiungere il 91,9% nel 2013.
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NOTE<br />
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Ampi stralci dell’intervento del ministro dell’Economia Giulio Tremonti ieri alla Camera
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=JF6CG">Il Sole 24 Ore - Giulio Tremonti</a>Alessia Maria MOSCA: Discussione Dpef in commissione Lavoro: aula disertata dal centro destra, svilito il lavoro parlamentare.2008-07-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382510Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>Sconcertante comportamento della maggioranza nella discussione del Dpef in commissione Lavoro. Dopo che avevamo chiesto un ampio confronto sul provvedimento già dalla settimana scorsa, per tutta risposta gli esponenti
del centro destra hanno preferito disertare la commissione convocata per stamani alle 10. Il gruppo del Pd si è trovato di fronte a soli tre deputati, oltre al relatore. Un ulteriore svilimento del lavoro parlamentare già pesantemente colpito dal modo di procedere del governo a
colpi di decreti e fiducie. Un atteggiamento che non colpisce solo l’opposizione ma il Parlamento nel suo insieme ed il confronto che anche la maggioranza dovrebbe avere con il suo governo. Lanciamo quest’allarme per
evitare che continuino questi strappi e si ripristini un corretto confronto nelle sedi istituzionali<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?id_doc=54078">Sito del Partito Democratico</a>