Openpolis - Argomento: riforma gelminihttps://www.openpolis.it/2011-05-10T00:00:00ZMariastella GELMINI: TEST ANCHE IN INGLESE DAL 20122011-05-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560404Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Istruzione Università e Ricerca (Partito: PdL) <br/><br/>http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/104I/104IHI.pdf
...SUI TEST NON TORNO INDIETRO: DAL 2012 SI FARANNO ANCHE IN INGLESE...TUTELATA PRIVACY INSEGNANTI...<br/>fonte: <a href="http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/104I/104IHI.pdf">www.rassegna.governo.it</a>Nichi VENDOLA: «Ora tocca all’opposizione» - INTERVISTA2011-02-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557801Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
È l’uomo della “narrazione”, delle “fabbriche”, del “cantiere” programmatico, Nichi Vendola, il leader di “Sinistra, ecologia e libertà” (Sel). Con queste metafore ed immagini, Vendola disegna scenari politici suggestivi, affascina l’interlocutore, conquista le piazze. È un grande affabulatore che realmente è un competitore forte e credibile per Berlusconi sul piano mediatico e popolare.<br />
Nel messaggio inviato a “Libertà e Giustizia” per la manifestazione al Palasharp di Milano, Vendola dice che “c’è tutta un’Italia che non ne può più. La Nazione è tramortita, il paese è in ginocchio. Ciò che condannerà Berlusconi non sarà la triste e squallida vicenda di Ruby e delle altre ragazze ai festini; chi lo condannerà saranno i coetanei di Ruby, quei ragazzi e ragazze che oggi non hanno un futuro. Ecco, pensare che un’intera generazione per immaginare il proprio futuro debba prostituirsi: questo è il vero scandalo del berlusconismo!”.
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Vendola è nato a Bari il 26 agosto 1958, è stato deputato ed è governatore della Puglia dal 2005. Scrittore e anche poeta. Mi dice: “Abbiamo visto a Milano migliaia di persone che hanno un sentimento sparpagliato, a volte caotico, alla ricerca di un orizzonte e di una bussola, che dovrebbe essere il compito della politica e del centrosinistra in particolare. Per liberarci di Berlusconi dobbiamo capire bene cosa è il berlusconismo: in questi anni c’è stata una mutazione culturale, evidenziata con la marginalizzazione del valore sociale della scuola, della conoscenza e del sapere. La Tv commerciale ha sostituito gli apparati della formazione ed ha diffuso l’idea che non esiste la società ma il mercato, non siamo cittadini ma clienti, utenti, pubblico. Anche il centrosinistra è stato complice di questa regressione culturale”.<br />
L’attacco alla democrazia, secondo Vendola, si manifesta nella critica alla Costituzione, agli articoli 1 e 3 (uguali di fronte alla legge) e poi 21 (sulla libertà di stampa): “Il bavaglio sulla bocca di Santoro è grave quanto il bavaglio all’operaio di Pomigliano o Mirafiori. Oggi la modifica dell’articolo 41 è il momento di massima aggressione della destra (e di subalternità della sinistra). Se cambi quell’articolo, che prevede la responsabilità sociale e ambientale dell’impresa, vuol dire che vuoi ‘costituzionalizzare’ il metodo Marchionne, cioè l’irresponsabilità dell’industria verso la società.<br />
“Ecco perchè dico che le forze di opposizione devono ora costruire una storia, una ‘narrazione’, un cantiere programmatico che abbia la capacità di legare insieme diritti sociali e civili, diritti umani e ambiente. Voglio voltare davvero pagina. Non trovarmi con il berlusconismo senza Berlusconi. Vorrei vivere in un paese non berlusconiano, con Berlusconi che fa il nonno”.
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<b>Ma lei con la ‘narrazione’ e le ‘fabbriche’ può anche raccogliere tra gli elettori tanti consensi da portare alla vittoria il centrosinistra? D’altronde Giovanni Bachelet al ‘Palasharp’ ci ha ricordato che “in democrazia non basta avere ragione, ma dobbiamo anche convincere il 51% ad essere d’accordo con noi”.</b>
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“Nel passato, candidati del centrosinistra, icone del moderatismo, hanno preso schiaffi e sono stati sconfitti (un esempio, Rutelli). Io ho vinto due volte in una regione che è sempre stata percepita come una fucina politica per l’Italia (ricordo Moro e, sull’altro versante, Tatarella), e, in tempi recenti, come la cassaforte elettorale del centrodestra (Fitto). Secondo i campioni della tattica e della realpolitik del Pd per vincere bisogna trasferire tanti frammenti di idee e proposte dell’avversario nel proprio campo; poi fare un discorso che non turbi il perbenismo piccoloborghese che si suppone essere la cifra dell’opposizione: quindi non si deve essere comunisti, nè credenti alla mia maniera, ma essere neosagrestani. Ma i ceti medi di oggi sono diversi da quelli di una volta: perdono la fiducia nel futuro, sono angosciati dalla precarizzazione del lavoro, un giovane su due nel mezzogiorno non ha prospettive di impiego. Noi dobbiamo interpretare questa paura. L’Italia è finita nel pantano non perché qualcuno si è presentato come estremista, ma perché la politica è diventata una melassa informe. Se Marchionne vuole stracciare 100 anni di storia industriale e sindacale, dobbiamo reagire e non tacere”.
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<b>Quindi, Vendola candidato alle primarie del Pd – se ci saranno davvero- per quali obiettivi di governo immagina di battersi?</b>
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” Non sto giocando una partita per la mia carriera….intendo invece combattere per destrutturare il centrosinistra com’è adesso, per poter aprire il ‘cantiere’ di un nuovo centrosinistra. Finora esso si è sempre presentato come un compromesso precario e forzoso tra cosiddetti radicali e i riformisti. Ma così non si è mai entrati nel merito vero dei problemi. Finora una parte del centrosinistra ha pensato a come guadagnare la vittoria elettorale, certo importante, ma non ha lavorato per raggiungere il mutamento sociale e culturale. Per cui si può anche vincere alle elezioni, e insieme perdere la società. Al centrosinistra è accaduto più volte.<br />
Quindi le primarie per me sono il momento della discussione sulla coalizione e sul programma, compiuta….all’aria aperta. Discutere nel chiuso degli organi direttivi significa condannarsi ad un avvitamento continuo”.
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<b>Il segretario Pd Bersani, all’Assemblea nazionale, ha detto che siamo “in una emergenza democratica, economica, sociale, morale” e, per andare oltre Berlusconi, ha riproposto un’alleanza elettorale di “tutte le forze di opposizione responsabili” e poi un “governo costituente” per affrontare i problemi più urgenti e gravi. Le pare una via percorribile?</b>
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“Francamente spero che nessuno insista ancora sulla proposta del governo costituente, perché sarebbe un contributo alla campagna elettorale di Berlusconi. Si pensa ad un accordo con Fini e senza Di Pietro. E perché? Casini poi non andrebbe mai insieme a quello o a quell’altro. È il gioco dei veti e delle interdizioni. Una coalizione così non si può fare. Io non ho pregiudizi verso gruppi o persone, ma chiedo: posso fare un accordo con chi ha considerato giusta la riforma Gelmini? Che è il cuore del berlusconismo. Ma di cosa stiamo parlando? Fini cosa vuole fare? Lo ha detto chiaramente: rifondare il centrodestra; mentre io voglio rifondare il centrosinistra. Come possiamo stare insieme? A meno che non si dica: alle elezioni andremo con un accordo perché vogliamo liberarci di Berlusconi e subito dopo il voto, modificheremo la legge elettorale, faremo una legge sul conflitto di
interessi e poi torneremo di nuovo alle urne”.
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<b>Non è un obiettivo programmatico di poco conto fare un governo per cambiare la legge elettorale….</b>
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“Ma è credibile e serio chiedere ora il voto per indire altre elezioni dopo sei mesi? Tolta la possibile intesa sulle regole, non è pensabile, dopo, giocare la partita nel campo della destra; né posso pretendere che un uomo di rango come Fini venga a giocarla in compagnia del centrosinistra. È autolesionismo puro: ogni volta che si parla di alleanza da Vendola a Fini la pattuglia parlamentare di ‘Futuro e Libertà’ rischia di perdere pezzi… Mentre è tempo di aprire il ‘cantiere’ del centrosinistra senza vincoli: la questione morale, il modello sociale, la libertà delle donne, la questione dell’immigrazione. Discutiamo dell’Italia che vogliamo, c’è un’Italia migliore di quella volgare che abbiamo sulle spalle ancora adesso”.
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<b>Ma lei ritiene che siamo alla vigilia di elezioni generali?</b>
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“I fatti politici e giudiziari si sviluppano in modo imprevedibile. Gli ingredienti decisivi variano di momento in momento. Oggi è Berlusconi che appare il più preoccupato per il ricorso alle urne. Sta vivendo queste settimane barricato nel Palazzo, come un qualunque ‘rais’ nordafricano. È attaccato alla poltrona. D’altronde la crisi del centrodestra è irreversibile, strutturale, non si capisce come si potrà ricomporre un quadro di stabilità. Anche la credibilità di quella classe dirigente è crollata. Adesso conterà molto la capacità che avrà il centrosinistra di mettere in campo una ipotesi di alternativa possibile e realizzabile”.
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Vendola ci ha così portato a sognare un’Italia davvero diversa e migliore, con una politica pulita e carica di progetti. La sua ‘narrazione’ è importante: finchè Berlusconi e il berlusconismo non saranno sconfitti, saremo immersi nell’incubo. Dimissioni del premier, anzitutto. Arrivederci a domenica 13 febbraio, in piazza con le donne.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.libertaegiustizia.it/2011/02/08/vendola-ora-tocca-allopposizione/print/">Libertà e Giustizia - Francesco Palladino</a>Mario MONTI: In Italia esistono due tipi di illusionismi, essi sono riconducibili alla dottrina di Karl Marx e alla personalità di Silvio Berlusconi2011-01-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it618058<br />
Esistono in Italia due illusionismi. Essi sono riconducibili, sia detto senza alcuna ironia, alla dottrina di Karl Marx e alla personalità di Silvio Berlusconi.
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Marx ha alimentato a lungo un sogno sul futuro: la classe operaia un giorno avrebbe vinto il capitalismo e avrebbe governato come classe egemone in un sistema più equo.
<p> Fallito quel sogno, in quasi tutti i Paesi le rappresentanze della classe operaia e delle nuove fasce deboli hanno modificato le loro azioni e rivendicazioni, ispirandole all' esigenza di tutelare al meglio e pragmaticamente tali interessi nel contesto di economie di mercato che devono affermarsi nella competizione internazionale. Solo così possono creare lo spazio per dosi maggiori di socialità (adeguati servizi sociali, sistema fiscale redistributivo, ecc.) che, per essere effettivamente conquistate, richiederanno appunto quelle azioni e rivendicazioni.
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In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell' opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività.
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Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L'abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po' ridotto l'handicap dell'Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.
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Ma in molti altri casi, basta pensare alle libere professioni, il potere delle corporazioni ha impedito che le riforme andassero in porto o addirittura venissero intraprese. E lì non si tratta di tenaci fiammelle rivendicative fuori tempo (ma che almeno vorrebbero tutelare fasce deboli della società), bensì di corposi interessi privilegiati che, pur di non lasciar toccare le loro rendite, manovrano un polo contro l'altro: veri beneficiari del bipolarismo italiano!
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Se Marx ha alimentato un sogno sul futuro, del quale in Italia sopravvivono tracce significative, Berlusconi ha fatto di più. Egli è riuscito ad alimentare, in moltissimi italiani, un sogno sul presente, per il quale la verifica sulla realtà dovrebbe essere più facile. Molti credono che oggi, in Italia, ci sia davvero un pericolo comunista (non solo quell'eredità di cui si è detto sopra, che ostacola le riforme). Molti credono che i governi Berlusconi abbiano davvero portato una rivoluzione liberale (come avevo sperato anch'io, incoraggiandolo da queste colonne ad un «Liberismo disciplinato e rigoroso», 8 maggio 1994).
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Soprattutto, di fronte al magnetismo comunicativo del premier, molti credono che l'Italia — oltre ad avere, anche per merito del governo, riportato indubbiamente meno danni di altri Paesi dalla crisi finanziaria — davvero non abbia gravi problemi strutturali irrisolti, anche per insufficienze di questo e dei precedenti governi.
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Ma, come ha detto il presidente Napolitano, «non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo». L'illusionismo berlusconiano non fa sentire al Paese la necessità delle riforme, che comunque l'illusionismo marxiano e il cinismo delle corporazioni provvedono a rendere più difficili. Eppure, la riforma dell’università e la riforma della contrattazione indicano la strada, mostrano che è possibile percorrerla. Se si procederà così, le gravi tare dell'Italia elencate da Ernesto Galli della Loggia (Corriere, 30 dicembre) potranno essere rimosse in cinque o dieci anni, senza cedere al «disperato qualunquismo».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corriere.it/editoriali/11_gennaio_02/monti-meno-illusioni-per-dare-speranza-editoriale_07bad636-1648-11e0-9c76-00144f02aabc.shtml">Corriere della sera</a>Paolo FERRERO: «Rifondazione è in movimento, Berlusconi è fermo all'Ottocento» - INTERVISTA2010-12-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548985 <br />
<b>Segretario, se andassero in porto i tagli all'editoria, questa potrebbe essere una delle ultime interviste a "Liberazione". Bel regalo di Natale dal governo Berlusconi....</b>
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Berlusconi ha un'idea fascista dell'informazione. Mettere in ginocchio giornali e piccoli editori significa trasformare l'informazione in informazione di regime. Nella stampa dei poteri forti. Ma chi pensa che l'antidoto al regime sia il mercato commette un grave errore. Magari chi è nelle grazie degli imprenditori avrà pubblicità e soldi, ma chi invece li critica, chi contesta il sistema non avrà una lira. Il mercato non è un antidoto alla lottizzazione o al regime, ne è l'altra faccia.
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<b>E l'altra faccia di questo governo sono le piazze piene di studenti che protestano, non solo contro la riforma Gelmini ma contro la loro precarietà esistenziale.</b>
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Questo movimento nasce dentro la crisi economica. Un'intera generazione che si ribella a un destino di precarietà, al ruolo che le è stato riservato dalle classi dominanti e dalle politiche europee. La gestione capitalistica della crisi mette in ginocchio le nuove generazioni e prevede il loro impoverimento. Essere giovani oggi non è solo una condizione generazionale ma è come appartenere ad una classe sociale sfruttata, precarizzata, senza speranza. Va colto il nodo strutturalmente, potenzialmente anticapitalistico della condizione giovanile oggi.
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<b>I ragazzi chiedono futuro, la politica è incapace di rispondere.</b>
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Questo movimento è nato e sta crescendo dentro la crisi della politica. Nati e cresciuti dentro il bipolarismo, i giovani di oggi non hanno mai avuto alcuna risposta dalla politica. Non sperano più nella capacità della politica di affrontare e risolvere i problemi della loro condizione sociale e si potrebbe dire anche esistenziale. Le proteste del '68 e del '69 trovarono uno sbocco politico attraverso partiti, sindacati, associazioni. Anche il movimento di Genova ha avuto un legame forte con la politica, con un importante ruolo di Rifondazione comunista. Oggi no, non più. Le delusioni che i giovani hanno avuto in questi vent'anni dai diversi governi - compreso Prodi e Rifondazione - hanno prodotto una sfiducia verso i partiti che è del tutto comprensibile. La politica non è vista come il terreno attraverso cui si possono cambiare le cose. Da qui un senso di estraneità e di rivolta, che chiede il cambiamento ma proprio per questo non ritiene i partiti uno strumento utile a dare una risposta. Vi è una grossa domanda politica, di cambiamento, che giustamente è diffidente verso la politica così come oggi è organizzata nel teatrino bipolare dell'alternanza tra simili.
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<b>I ragazzi in piazza esprimono valori forti: la cultura, la ricerca, il lavoro.</b>
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Il movimento chiede un cambiamento radicale della società: diritto allo studio, un lavoro decente, una vita degna di essere vissuta. I ragazzi si ribellano a un mondo dove i soldi sono gestiti dalle banche, i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri aumentano giorno dopo giorno. Diciamo che la radicalità dei contenuti non ha oggi un linguaggio e un universo simbolico a disposizione per rappresentare la propria voglia di cambiamento. A questo nodo politico dobbiamo lavorare per porci l'obiettivo di formulare, con i ragazzi e le ragazze del movimento, delle risposte.
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<b>C'era molta rabbia in piazza.</b>
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Alcune forme di protesta sono frutto di questa giusta arrabbiatura per l'impermeabilità del sistema politico. Così come sono il frutto della spettacolarizzazione del sistema dell'informazione: per finire in prima pagina non devi fare un corteo pacifico di centomila studenti ma devi fare a botte. Il sistema è questo. I moralisti dell'informazione che se la prendono con gli studenti rivoltosi sono gli stessi che parlano degli studenti solo se ci sono casini.
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<b>E la politica? Si chiude nelle zone rosse?</b>
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Il potere si è blindato nella zona rossa. L'unico che ha fatto un gesto politico positivo è stato Napolitano, ricevendo gli studenti e quindi riconoscendo le ragioni della loro protesta. La politica ha dato di sé uno spettacolo devastante: compravendita di voti, passaggi di casacca. Il Governo non si è posto il problema di ascoltare i ragazzi. Li considera nemici senza neppure discuterci. Cercano di trasformare un problema politico in problema di ordine pubblico. La democrazia conquistata a fatica nel novecento viene cancellata con un colpo di spugna. Fra Bava Beccaris che a fine ottocento spara con i cannoni sulla folla e Giovanni Giolitti che non manda i soldati contro gli operai che occupano le fabbriche c'è una differenza profonda. Beccaris non riconosce la questione sociale, per lui è solo un problema di ordine pubblico. Giolitti fa l'esatto contrario. Ora Berlusconi sta uscendo dal novecento per tornare all'ottocento. Chi non è d'accordo con lui, chi protesta è un nemico.
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<b>Di politici in piazza mercoledì ce ne erano ben pochi. E un unico segretario, lo stiamo intervistando.</b>
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In piazza c'era Rifondazione comunista, la federazione della Sinistra, mancava l'opposizione parlamentare. Del resto le avances del Pd al Terzo polo sono politicamente devastanti. Il più grande partito di opposizione ha teso la mano a chi come Fini vota la riforma Gelmini e avvalla le politiche del governo sul lavoro. Così facendo la politica si autoconfina nella zona rossa.
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<b>Quali saranno i prossimi passi?</b>
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Rifondazione è nel movimento. In strada come sui tetti. Vogliamo capire ed imparare. Vogliamo partecipare ad organizzare le lotte e a sviluppare la riflessione su come costruire un progetto di trasformazione, un movimento politico di massa. Abbiamo contribuito alla riuscita della mobilitazione del 16 ottobre, siamo dentro le lotte studentesche. Vogliamo continuare a starci per costruire insieme un rafforzamento del movimento e un dialogo tra studenti e lavoratori che metta in discussione la comune condizione di sfruttati senza prospettive.
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<b>Ora che la Gelmini ha avuto il via libera del Parlamento che ne sarà del movimento, studentesco e non solo?</b>
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Durerà se saprà costruire "istituzioni di movimento". Nel biennio '68-'69 successe così: nacquero consigli di fabbrica, comitati di zona. Dopo Genova sono nati i social forum. La ribellione contro un provvedimento ingiusto può e deve trasformarsi in un movimento di massa per cambiare lo stato delle cose presenti, per fare questo deve sedimentarsi in forme di partecipazione democratica. E' questa la sfida delle prossime settimane.
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<b>Che fare allora?</b>
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Occorre evitare due errori. Il primo è mettere al centro dell'azione del movimento la sola rivolta. Ci riporta diritti all'ottocento. Lo stato si chiude nella zona rossa e a te non resta che dar l'assalto al municipio. Per cambiare lo stato delle cose non basta il carnevale della rivolta. La reazione è comprensibile ma non è sufficiente. Un altro errore è pensare che lo sbocco del movimento sia quello elettorale, come una specie di passaggio di testimone dalla lotta alla rappresentanza istituzionale. Fu l'errore fatto da Rifondazione dopo Genova. Evitare il ribellismo e il politicismo per costruire consapevolmente un movimento politico di massa che si sedimenti nel tempo e nello spazio. Si dia una prospettiva e si radichi sui territori.
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<b>Domanda delle domande: come sconfiggere Berlusconi? Stiamo parlando di David contro Golia.</b>
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Bisogna sconfiggere Berlusconi e costruire un'alternativa al bipolarismo. Se continuiamo a ragionare secondo la logica del meno peggio - essenza del bipolarismo - non andiamo da nessuna parte. Noi vogliamo costituire un fronte democratico con chi effettivamente si oppone a Berlusconi, non con chi vota i suoi provvedimenti, come Fini. Per questo diciamo al Pd di smetterla con il politicismo e di costruire da subito il fronte democratico delle opposizioni, che deve essere costruito nel paese prima che sul terreno elettorale. Parallelamente proponiamo a tutta la sinistra, da Sel alle forze alla nostra sinistra, di formare un polo della sinistra italiana perché questo centrosinistra è totalmente inadeguato per rispondere alle richieste degli studenti e anche a quelle degli operai. Occorre costruire un fronte democratico per sconfiggere Berlusconi e un polo della sinistra per sconfiggere anche il berlusconismo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WBDC9">Liberazione - Frida Nacinovich</a>Maurizio GASPARRI: Manifestazioni studenti: "Ai cortei partecipano potenziali assassini" 2010-12-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548920Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI) <br/><br/>Dalla trasmissione agorà del 20 dicembre 2010.<br/>fonte: <a href="http://www.youtube.com/watch?v=Uok_HAVnoys">www.youtube.com</a>Luigi de MAGISTRIS: Un nuovo 1968? Speriamo di sì…2010-12-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548569Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Università e lavoro. Atenei e fabbriche. Rivive il 1968? Si, rivive nelle coscienze di oggi, quelle vigili e vive dei giovani che dimostrano consapevolezza dei loro diritti e che sanno capire quando essi sono minacciati. E che soprattutto non si arrendono, non cedono, non indietreggiano ma scelgono di combattere.
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E’ un 1968 in versione aggiornata, caratterizzato da nuovi strumenti di comunicazione come la Rete, per mezzo della quale ci si parla e ci si scambia informazioni, per mezzo della quale ci si convoca alla mobilitazione.
<p>Il mondo dell’istruzione scende in piazza per protestare, i ricercatori e gli studenti salgono sui tetti delle facoltà universitarie ed occupano luoghi simbolo della storia e della cultura nazionale, Colosseo compreso, con un impatto mediatico strabiliante che rimbalza sui blog e sui siti.
<p>I rettori e gli insegnanti affiancano questo movimento di opposizione saldando insieme, in un unico e comune sforzo di ribellione, generazioni diverse che rivestono ruoli diversi.
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A macchia d’olio, la protesta si estende come un virus salvifico in tutto il Paese, riconsegnando la speranza che la società civile non sia morta sotto i colpi del bromuro di regime, della tv commerciale, del modello produci-consuma-crepa, del dominio dell’apparire/avere sull’essenza/essere, della dittatura del benessere privato sull’interesse pubblico, del liberismo senza regole che concepisce lo Stato sociale come una zavorra.
<p>Insomma il berlusconismo non ha vinto totalmente, come è dimostrato da queste settimane di mobilitazione contro la riforma dell’istruzione firmata Gelmini.
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Una riforma che è distillato puro del berlusconismo, che rappresenta una negazione della democrazia, che risponde ad un piano preciso neo-autoritario messo a punto da questo esecutivo. Un piano che ha due terreni di intervento principali: l’istruzione e il lavoro. Piegare questi due pilastri della democrazia significa controllare la democrazia stessa.
<p>Le scuole e le università ridotte a serbatoi di giovani cervelli spenti e le fabbriche a spazi di contenimento di automi meccanici, centrando così l’obiettivo: rendere le coscienze controllabili e manovrabili.
<p>Riforma Gelmini e piano Marchionne-Confindustria-parte dei sindacati sono speculari perché servono lo stesso fine del governo.
Un piano tanto pericoloso quanto vecchio, a cui risponde per fortuna la protesta sociale e la disobbedienza civile, che l’esecutivo cerca di criminalizzare e soprattutto di provocare, magari per mezzo della militarizzazione degli spazi del dissenso come accaduto a Roma: il Palazzo blindato durante l’approvazione del ddl Gelmini, un dispiegamento di forze dell’ordine dislocate per tutta la città, ridotta a paesaggio spettrale. Roma città fantasma da golpe.
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La tecnica è antica, nemmeno troppo raffinata. E’ andata in scena a Genova col G8 del 2001 ed è stata riproposta a L’Aquila nel post terremoto. Il piano è invece chiarissimo. Si tenta di affondare la formazione pubblica per salvaguardare quella privata, quindi trasformare un diritto di tutti in privilegio di pochi; rendere gli atenei degli incubatori di servizievoli esecutori senza capacità critiche, esponendoli ai cda delle grandi aziende affinchè vi attingano gli odierni precari di cui hanno bisogno e che poi destinano ad un futuro di schiavitù; depotenziare la ricerca tirando la cinghia degli investimenti, quando in piena crisi una democrazia moderna stornerebbe tutte le risorse in essa senza tentennamenti, perché unico terreno su cui costruire lo sviluppo stabile che arricchisce un paese intero.
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Parallelamente, come nel ‘68, alle proteste degli studenti si accompagnano le manifestazioni dei lavoratori in difesa dell’occupazione e dei diritti, che si chiamano contratto nazionale, tempo indeterminato, concertazione, unità sindacale, referendum, salario proporzionato, sicurezza e salute. Ispirato da Tremonti, infatti, il ministro Sacconi sta attuando una contrazione della sfera dei diritti dell’occupazione, sterilizzando lo Statuto e svuotando la Costituzione. In ultimo con il collegato al lavoro, in cui spicca la restrizione dei tempi per ricorrere contro il licenziamento, in primis con la ‘partita Fiat’ su Pomigliano, giocata in realtà sulla pelle di tutti i lavoratori.
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Pomigliano come modello del lavoro che sarà, o meglio del lavoro come vorrebbero che fosse, Pomigliano come modello da esportare su scala nazionale. Abrogare il contratto nazionale aprendo la strada alla giungla del contratto aziendale, con il lavoratore solo davanti al datore di impiego, quindi debole e ricattabile, disponibile anche a cedere sul fronte del diritto (pause, orari, malattia, sciopero).
<p>Smantellando anche ogni difesa sindacale per mezzo della ingiusta pratica degli accordi separati che isolano quella rappresentanza dei lavoratori che invece resiste e vorrebbe fosse affidato a loro, con il referendum, l’ultima parola.
E’ dunque un nuovo 1968? Speriamo di si. Se non lo fosse, ce ne sarebbe comunque bisogno, e allora dovremmo augurarcelo. Soltanto ritrovando l’unità tra sapere e lavoro, come diritti di tutti, soltanto con un asse fra fabbriche e atenei sarà possibile respingere questo tentativo distruttivo della democrazia.
<p>E’ un dovere di noi tutti lottare per questo. Come in una bella canzone di De Andrè, infatti, "anche se voi vi crede assolti, siete lo stesso coinvolti".<br />
<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/un-nuovo-1968-speriamo-di-si/?printpage=undefined">micromega-online </a>Ignazio Roberto Maria MARINO: «Sì, abbiamo votato contro noi stessi» - INTERVISTA2010-11-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548347Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
È «perplesso» lgnazio Marino. Ed è difficile che qualcuno possa dargli torto. In fondo, non capita tutti i giorni di vedersi bocciare in Aula, e dal proprio segretario, il lavoro faticosamente portato a casa e peraltro accolto a suo tempo come una vittoria di tutto il partito. Ma è proprio quello che è accaduto quando Pier Luigi Bersani, alla Camera, è intervenuto con una dichiarazione di voto contro l”articolo 18 della riforma Gelmini, che lo stesso Pd aveva votato al Senato dopo aver contribuito in maniera determinate, con Marino, alla formulazione. Insomma, un pasticcio.
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<b>E lei, onorevole Marino, come l'ha presa?</b>
<p> Sono perplesso, anche perché quell'articolo Bersani lo conosceva bene, ne parlammo quando lo stavo scrivendo al Senato. Fu un lavoro difficile portato avanti con la commissione Bilancio e il sottosegretario Vegas. Alla fine trovammo la copertura economica per introdurre un principio al quale
non volevo rinunciare e che se questa norma entrasse in vigore permetterebbe di introdurre un principio rivoluzionario in grado di rendere trasparente il processo per l'attribuzione dei fondi pubblici per la ricerca.
<p><b>Al Senato ci fu un voto bipartisan</b>
<p>Sì, e anche in quel momento si era nel mezzo di una serie di votazioni conflittuali tra centrodestra e centrosinistra.
<p><b>Come mai alla Camera Bersani ha dichiarato il voto contro ?</b>
<p>Credo che lui sia entrato in Aula con l'intenzione peraltro apprezzabile di fare una dichiarazione di voto contro il disegno di legge. Il caso ha voluto che lo abbia fatto proprio quando era il turno del Pd di pronunciarsi sull'articolo 18.
<p><b>Possibile che non si sia reso conto ?</b>
<p>Immagino che la presidenza del gruppo alla Camera non lo abbia informato che sull'articolo 18 c'era stata una grande vittoria del Pd al Senato
<p><b>Un pasticcio: Il Pd vota contro se stesso</b>
<p>E' stato un errore ma un errore formale. Sono sicuro che Bersani è ancora d accordo col principio alla base di quell'articolo e sulla necessità che i fondi pubblici per la ricerca vengano distribuiti sulla base del merito e non sulla base delle pressioni delle lobby dei baroni.
<p><b>Però la sensazione è che la tattica abbia travolto il contenuto.</b>
<p>Capisco il ragionamento che ha portato alla posizione del Pd e del suo segretario ma è vero che ciò che è accaduto lascia una macchia perché dimostra che in Parlamento si prescinde spesso dai contenuti di ciò che si vota. Sarebbe meglio che in Parlamento si votasse più spesso ciò che si ritiene giusto e non ciò che si pensa sia conveniente.
<p><b>Che idea si è fatto della riforma e della protesta?</b>
<p>È una semplice enunciazione di principi, alcuni condivisibili come quello contenuto nell'articolo 18, che però non è accompagnata dagli strumenti che sarebbero necessari per renderli concreti. Ed è anche una riforma poco coraggiosa. Si dovrebbe avere il coraggio di riconoscere che negli ultimi trent'anni sono entrati in ruolo oltre 30mila professori molti dei quali non hanno prodotto nulla di scientificamente rilevante. Sarei per una riforma che preveda una valutazione di tutti i professori: chi non ha prodotto nulla che abbia contribuito alla crescita culturale del paese venga pensionato e lasci spazio ai giovani.
<p><b>Insomma, una sorta di rottamazione?</b>
<p>In un sistema moderno la verifica e un momento fondamentale. Se lasciassimo spazio ai migliori ovunque nella scuola, in economia, nella sanità, nell'informazione, ne avremmo tutti da guadagnare.
<p><b>Anche in Parlamento ?</b>
<p>Anche in Parlamento.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=VO4LW">Il Riformista - A. Calvi</a>Giorgio NAPOLITANO: «Condivido la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario»2010-10-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547060Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
"Conto sulla vostra responsabilità al di là dei momenti
di comprensibile frustrazione"
<p>
"Occorre rafforzare il rilievo all'università con i fatti
e non solo con le parole"
<p>
Pisa<br />
«Condivido la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario che nessuno può fingere di ignorare».
<p> Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso in occasione del 200° anniversario della Scuola Normale Superiore di Pisa.<br />
«Conto sul vostro sentimento di responsabilità al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione», ha aggiunto.
<p>
Ha aggiunto che «Senza interferire sulle decisioni del Governo e sulle discussioni parlamentari sento di dover riaffermare, e non cesserò di farlo, che occorre rafforzare il rilievo prioritario che va attribuito, non a parole ma con i fatti, alla ricerca, all’alta formazione e dunque all’università».
<p>
Circa 200 studenti universitari hanno svolto un breve corteo da piazza dei Cavalieri, dove ha sede la Scuola Normale, a piazza San Paolo, nei pressi del Teatro Verdi, dove è in corso la cerimonia ufficiale del bicentenario, per manifestare il loro dissenso nei confronti della riforma Gelmini.
<p> Una delegazione di studenti ha anche consegnato un volantino allo staff del Capo dello Stato intitolato «Vogliamo un Presidente indisponibile» nel quale si spiegano i motivi del no al ddl Gelmini e nel quale si afferma che ora è il momento di «prendere una posizione chiara e netta».
<p> Infine, il volantino degli studenti afferma: «Occorre schierarsi con decisione contro questa riforma a partire da ora, non farlo significa essere complici».<br />
Il volantino è firmato Studenti Indisponibili. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201010articoli/59561girata.asp#">La Stampa</a>Luigi de MAGISTRIS: Serve un nuovo '68 2010-10-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it546957Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Formazione e lavoro, studenti e metalmeccanici, università e fabbrica. Venerdì sono scesi in piazza gli alunni, gli universitari, i ricercatori precari, i professori. Sabato sarà la volta degli operai della Fiom.
<p>Il paese, colpito dalla crisi economica, vive sull'orlo di un conflitto sociale che rischia di farsi sempre più acre a causa della mancanza, da parte del governo, di un piano di sviluppo che non sia giocato solo sulla difensiva, ma che sappia rilanciare l'economia. Un piano a lungo termine, che non sia miope, che sia capace di rispondere alla sfida di un capitalismo senza lacci o norme che ha dimostrato tutta la sua fragilità, la stessa con cui adesso il mondo intero è costretto a fare i conti.
<p>Serve allora un altro modello di sviluppo e un altro modello di economia, fondate sul rispetto dell'ambiente, le fonti energetiche rinnovabili (che incrementano gli spazi occupazionali come testimonia il resto dell'Ue), la redistribuzione della ricchezza, la lotta all'evasione fiscale, una tassazione progressiva che colpisca le grandi rendite, la rivalutazione dei salari e delle pensioni, il rafforzamento dello stato sociale, la garanzia dei diritti.
<p> Purtroppo tutto questo non è al centro dell'agenda politica del governo, avvitato nel conflitto interno e impegnato a detonare la bomba Fini o lo scandalo P3, tanto che da mesi assistiamo alla completa dimenticanza del paese reale e dei suoi bisogni primari. Purtroppo tutto questo non rientra nelle potenzialità del governo, dove le anime di Sacconi, Tremonti e Brunetta spingono in direzione della solita e consumata ricetta liberista.<br />
Di cui fa parte a pieno titolo un piano reazionario di contrazione della sfera dei diritti, fra cui appunto quello all'istruzione e al lavoro, con le scuole e le università ridotte a serbatoi di cervelli spenti e le fabbriche a spazi di contenimento di automi meccanici.
<p>La riforma Gelmini e il piano Fiat di Marchionne, sostenuto da governo e Confindustria, sono due medaglie della stessa moneta, una moneta che si chiama riaffermazione del mercato senza vincoli, che porta la distruzione dello stato sociale (la formazione è privatizzata e l'investimento concentrato sull'istruzione non pubblica) e la fine del lavoro come fondamento della democrazia (l'occupazione considerata nuova forma di schiavitù).
<p> In questo quadro il sindacato va diviso e il fronte della mobilitazione studentesca silenziato, privando il mondo dell'istruzione pubblica dell'ossigeno economico necessario (l'Italia è l'unico paese al mondo che in tempo di crisi non investe in questo 'assist' strategico).
<p>La Fiat e il governo salutano con soddisfazione l'esclusione della Fiom dal banco della trattativa sui contratti dei metalmeccanici, consapevoli che il sindacato diviso è sinonimo di forza per i poteri forti industriali e politici, soprattutto se questa divisione passa poi per il confino dell'unica organizzazione che difende i diritti e sostiene la democrazia.
<p>Parallelamente strangolano il sapere pubblico privandolo di fondi e costringendolo alla piazza, perché l'unica coscienza giovanile che vogliono è quella stordita dai bisogni materiali indotti, quella permeabile alla pubblicità, quella che aspiri al solo comprare e che abbia nei bei corpi, soprattutto femminili, il segreto del successo come competizione senza meriti e senza morale. La cultura dunque conta poco, quasi niente. Il valore della solidarietà e del rispetto del diverso è cosa secondaria. Il sudore della mente pensante, poi, un accidente di percorso da evitare.
<p>È la ricetta liberista e allo stesso tempo è un piano socialmente neoautoritario. C'è bisogno dunque di un nuovo '68, cioè di una ritrovata unità tra sapere e lavoro, fabbriche e atenei, per respingere indietro al mittente il tentativo distruttivo della democrazia, che sfrutta la crisi in atto e che parla un linguaggio solo apparentemente nuovo, perché in realtà vecchio: quello di una società ingiusta ma controllabile, senza coscienza dei propri diritti e senza sogni, dove il debole soccombe. <br />
Ma il debole potrebbe essere ciascuno di noi.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.luigidemagistris.it/index.php?t=P1493">www.luigidemagistris.it</a>Paolo Giacon: Riforma dell’università. «No alla mancia di 150 euro mensili ai ricercatori, no alla fretta in Parlamento»2010-10-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it546581Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Padova (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Tre modifiche necessarie: governance, fondo per il merito, precarietà.
<p>Più in fretta possibile solo per un palese scopo elettorale. La maggioranza di centrodestra dimostra arroganza, autosufficienza ed autoreferenzialità quando dice di voler approvare il prima possibile la legge di riforma dell’università alla Camera dei Deputati. Non ci stupiremmo se il Governo decidesse di approvarla a colpi di fiducia.
<p>Gli Atenei, i rettori i ricercatori, gli studenti ed i docenti protestano e la risposta del Governo qual'è? <br />
Un’accelerazione ingiustificata dell’iter in commissione”.
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Paolo Giacon, responsabile regionale Università del Partito Democratico del Veneto, interviene sul rischio di discussione e di accelerazione alla Camera del provvedimento Gelmini.
<p>“La fretta è cattiva compagna: la riforma andrebbe condivisa, discussa e ponderata. Non è possibile liquidare il progetto di legge in poche sedute di commissione o in pochi minuti di dibattito parlamentare afferma il dirigente democratico.
<p>“E’ assurda – aggiunge Giacon – anche l’idea della Gelmini di “comprare” i ricercatori che attualmente protestano e hanno bloccato la didattica in numerosi Atenei, proponendo l’istituzione di una mancia di 150 euro mensili per convincerli a svolgere la didattica.<br />
Invece che alle mance, il ministro non dovrebbe dormire la notte pensando ai tagli pesantissimi che il vero ministro dell’Università, Giulio Tremonti, ha imposto negli ultimi anni”.
<p>
“Gelmini – puntualizza Giacon –dimostra di non aver capito le ragioni profonde del malessere degli Atenei. Dovrebbe pensare a riformare lo status giuridico di ricercatori e docenti invece di elargire mance. E non ha capito che solo tre modifiche fondamentali potrebbero calmare la protesta: modifica della governance, modifica o abolizione del fondo per il merito (non è giusto che questo non sia collegato anche al reddito) ed infine eliminazione di forme eccessive e degenerate di precariato universitario. E naturalmente la restituzione dei tagli alle università virtuose”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=1669">Pd Veneto</a>ANDREA CAUSIN: Una scuola abbandonata a se stessa2010-09-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it507304Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: PD) <br/><br/><br />
Inizia l’anno scolastico 2010-2011 all’insegna dell’incertezza e della precarietà. Incertezza su tutto ciò che riguarda i contenuti e l’organizzazione della didattica, precarietà nella direzione delle istituzioni scolastiche e del lavoro per migliaia di docenti personale ausiliario, tecnico e amministrativo.
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I NUMERI DELLA SCUOLA VENETA
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A confermare questo giudizio, anche a livello veneto, i dati ufficiali messi a disposizione dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto. Solo per citarne alcuni si tenga conto che l’anno inizia con ben 121 scuole su 711 senza il dirigente scolastico, assegnate ad un reggente che deve dirigere anche l’istituto di sua titolarità. Vicenza, Padova e Venezia le tre province in maggiore difficoltà. Nel 2008-09 erano solo 29 le reggenze, sono diventate 70 nel 2009-10 per raggiungere il numero di 121 nell’anno scolastico che si è aperto all’insegna della “riforma epocale” citata dal Ministro Gelmini. Di epocale c’è solo la confusione, la disorganizzazione, l’abbandono della scuola a se stessa. Quel che funziona lo si deve alla responsabilità e alla professionalità del personale che anche in condizioni di abbandono dimostra di avere senso del proprio dovere e rispetto dei ragazzi e delle loro famiglie. Ma lasciare senza guida 121 scuole su 711 (17%) vuol dire essere incapaci di una seria gestione e proprio nell’anno in cui partono novità di rilievo che richiederebbero ancora maggiore attenzione da parte del Ministero.
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Gli alunni delle scuola statale sono in aumento in tutte le province e in tutti gli ordini di scuola e sfiorano il tetto delle 600.000 unità (591.083 per la precisione). Il numero delle classi però cala da 27.979 a 27.923 soprattutto nella scuola primaria e nella scuola secondaria di secondo grado. Di conseguenza cresce il numero degli alunni per classe, anche se non in modo eclatante nella media, ma con alcune situazioni difficili dovute alla riorganizzazione dei corsi di studio nella secondaria superiore.
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Ciò che invece è gravissimo è il taglio del personale docente che, a fronte di un aumento di alunni, cala dalle 52.363 unità del 2007-08 alle attuali 48.307 unità (-4056 posti di lavoro) e il calo del personale ATA dalle 18.518 unità del 2008-09 alle attuali 16.700 (-1818). Questi numeri da soli basterebbero per dimostrare cosa significano i tagli nella scuola e danno l’idea delle difficoltà che dovranno affrontare i ragazzi, le famiglie e tutto il personale.
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Nella scuola le complessità non sono certo diminuite. Ad esempio gli alunni non italiani passano dai 67.398 dell’anno scolastico scorso ai 70.577 di quello che si apre, con un aumento di 3.179 unità pari al 4,7%. Come potremo garantire loro e a tutti gli altri allievi un buon livello di apprendimento nelle condizioni di precarietà e di abbandono sopra riportate?<br />
Ormai il fenomeno dell’inserimento scolastico di alunni non italiani è diventato irreversibile e arriva a punte che sfiorano il 19% nella scuola dell’infanzia per una media del 12,2%. E’ pur vero che soprattutto nei primi ordini di scuola i nati in Italia arrivano a superare l’80% nella scuola dell’infanzia e il 50% in quella primaria, ma resta molto da fare soprattutto nella scuola media inferiore e nella secondaria per garantire livelli di apprendimento e di integrazione adeguati evitando le forme di selezione e di abbandono oggi eccessivamente alte.
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Un’altra complessità è legata all’aumento degli alunni con disabilità che passano dai 12.883 dell’anno scorso agli attuali 13.756 e si trovano inseriti in classi più numerose. E’ pur vero che i posti di sostegno aumentano da 5.900 a 6.318 ma i docenti si troveranno a lavorare in condizioni ambientali più difficili. Il numero totale dei posti disponibili per le nomine a tempo indeterminato del personale docente e ATA calerà rispettivamente di 11 unità per i docenti e di 911 per il personale ATA.<br />
Nonostante tutto ciò la scuola del Veneto rispetto ad altre regioni presenta livelli di qualità mediamente tra i più alti, il che se per un verso ci può tranquillizzare, per un altro non può che preoccuparci per lo standard nazionale delle prestazioni, troppe volte rivelatosi tra i più bassi a livello internazionale.
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ALCUNE SITUAZIONI DI CRITICITÀ DELLA SCUOLA VENETA
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Accanto ai dati numerici segnaliamo alcune situazioni di particolare criticità della scuola nella nostra Regione.
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<b>1)</b> <b>Qualità dell'ambiente scolastico e sicurezza</b><br />
In Veneto la finanziaria regionale 2010 ha segnato un drammatico cambio di direzione rispetto alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle scuole. Dal 2005 al 2010 la regione ha speso circa 200 milioni di euro per interventi di manutenzione straordinaria. Con la finanziaria 2010 il capitolo relativo all'edilizia scolastica, che prevedeva la disponibilità annua di circa 40 milioni di euro che venivano assegnati ai comuni, è praticamente stato azzerato, rendendo di fatto impossibili le operazioni di adeguamento strutturale di cui molte scuole avrebbero bisogno. La situazione è particolarmente aggravata dal taglio del 25% dell'appalto delle pulizie da parte del Ministero della Pubblica Istruzione che mette a rischio la qualità dell'ambiente in cui vivono gli alunni del Veneto.
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<b>2) Tempo pieno e disagio alle famiglie</b><br />
Il taglio drastico del personale docente sta causando notevoli disagi alle famiglie.<br />
Sono 5000 infatti le famiglie che hanno fatto richiesta, vedendosela negare, del tempo pieno, in ordine soprattutto all'esigenza di andare incontro a un’organizzazione del lavoro, che vede occupati entrambi i coniugi. In Veneto, regione che registra uno tra i più elevati tassi di occupazione femminile d'Europa, il tempo pieno diviene una chimera, e per molte famiglie l'organizzazione scolastica della scuola primaria, sulla base delle 24 ore, diviene un vero e proprio problema.
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<b>3) A rischio i servizi per l'infanzia</b><br />
In Veneto il 70% del servizio delle scuole per l'infanzia (3 - 5 anni) viene svolto dalle scuole paritarie, ovvero iniziative private (parrocchie, cooperative, associazioni, ma anche amministrazioni locali) che in convenzione, svolgono un vero e proprio servizio pubblico. I finanziamenti statali negli ultimi anni sono stati dimezzati e quelli regionali, pur esigui, a causa del patto di stabilità vengono erogati con inaccettabile ritardo. Siamo perciò di fronte al rischio che aumentino le rette o che molte realtà, di fronte alle difficoltà, decidano di chiudere. I comuni sono inoltre in sempre maggiore difficoltà a trovare, nel capitolo della spesa corrente, le risorse per sostenere i servizi per l'infanzia svolti nel proprio territorio. A ciò si deve aggiungere il complesso problema delle strutture per i bambini con meno di tre anni, i cosiddetti nidi, che in assenza di risorse non riescono a soddisfare la crescente domanda delle famiglie.
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<b>4) Taglio dei fondi per la “terza area” degli istituti professionali</b><br />
La carenza di fondi ha impedito, da parte della Regione, il finanziamento della cosiddetta terza area degli istituti professionali limitandola alle sole classi quinte, privando in questo modo tantissimi alunni della possibilità di utilizzare uno strumento che, mettendo in relazione la scuola e il lavoro, favoriva l’inserimento occupazionale. Vane fino ad oggi le molte proteste delle famiglie.
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<b>5) Dimensionamento degli istituti scolastici</b><br />
La Regione è chiamata a presentare il piano di dimensionamento delle scuole del Veneto. In altre parole il progetto di organizzazione delle scuole in tutto il territorio. I tagli imposti dal Governo potrebbero creare situazioni gravissime in particolare nelle piccole realtà e soprattutto nella montagna dove chiudere una scuola più comportare gravissimi disagi per gli alunni e le loro famiglie. Un conto è introdurre, come è giusto, criteri di maggior razionalità favorendo alcune economie di scala, un altro tagliare le scuole più piccole a causa della carenza di fondi creando gravissimi disagi e finendo per favorire l’abbandono scolastico.
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<b>6) Il piano di orientamento scolastico e professionale della Regione</b><br />
A fronte della scarsità delle risorse rischia di saltare ogni possibilità di dar vita ad un vero e proprio piano per l’orientamento scolastico e professionale della Regione, vanificando quanto di buono fatto fino ad oggi e rinunciando a trasformare le iniziative svolte a livello territoriale in un progetto unitario al servizio degli alunni e delle loro famiglie, ma rivolto anche al mondo del lavoro.
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Come si vede non sono pochi i punti di criticità a livello regionale che purtroppo si aggiungono a quelli nazionali. Se allarghiamo infatti lo sguardo a livello italiano possiamo renderci conto di come la situazione presenti situazioni assai problematiche a causa del taglio dei fondi e delle iniziative del Governo che hanno messo in grave difficoltà la scuola.
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<b>LA SITUAZIONE NAZIONALE</b>
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A livello nazionale proseguono gli effetti negativi dei tagli prodotti dalle scelte del Governo su tutti i livelli di scuola e le situazioni si complicano ulteriormente. Ai posti persi lo scorso anno si aggiungeranno quelli di quest’anno (altri 26.000 docenti e 15.000 ATA).
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La novità per l’anno scolastico 2010-11 è l’entrata in vigore della riforma delle superiori che ha rimodellato l’offerta formativa senza preoccuparsi minimamene di mettere il personale della scuola nelle condizioni di far fronte alle novità della cosiddetta riforma epocale. La scuola è iniziata con grandissimi disagi e tra le proteste dei tantissimi precari che non hanno avuto la riconferma del posto di lavoro, addirittura derisi dalla maggioranza di governo e blanditi dal Ministro che ha promesso di metterli in ruolo nell’arco di otto anni. Si tenga conto che tra essi ci sono persone che da anni lavorano regolarmente permettendo il funzionamento delle scuole e non possono essere equiparati a coloro i quali hanno fatto pochi giorni di supplenza temporanea. Solo 16.500 assunzioni a fronte ci circa 100.000 posti scoperti.<br />
La soluzione a regime del problema del personale precario, docente e ATA, è una necessità della scuola prima ancora che un atto di giustizia.
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Rispetto alla secondaria salta agli occhi la progressiva “liceizzazione” della nostra scuola. A fronte delle tante parole inutilmente spese per sostenere l’istruzione tecnica superiore assistiamo ad una crisi degli istituti tecnici e soprattutto degli istituti professionali che portati a cinque anni rischiano di essere svuotati del ruolo ricoperto fino ad oggi. Abolire il diploma intermedio negli istituti professionali e assegnare questo obbiettivo ad un complicato rapporto di accreditamento con le regioni che sono senza fondi, può scoraggiare molti giovani dall’iscrizione a questo ordine di scuola o indirizzarli direttamente verso il sistema della formazione professionale che a livello nazionale presenta caratteri di grandissima disomogeneità sia a livello di qualità che di diffusione sul territorio. Il Veneto presenta una realtà medio alta e con opportuni interventi potrebbe anche difendersi ma a livello nazionale la situazione è drammatica.
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Per quanto riguarda l’organizzazione della didattica la riduzione oraria per alcune materie senza alcuna revisione dei programmi si tradurrà in un aumento della didattica frontale e del nozionismo, vanificando i risultati delle migliori sperimentazioni realizzate.
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LE INIZIATIVE DEL PD A LIVELLO NAZIONALE E REGIONALE<br />
IL Partito Democratico assegna alla scuola un compito di importanza strategica par la crescita delle persone e per il Paese. In questi giorni ha concluso la Festa nazionale della Scuola che è servita a mettere a punto una serie di proposte pecise che, dopo il seminario di fine mese, 24-25 settembre, porteranno alla definizione di una proposta programmatica che sarà varata dall’Assemblea Nazionale del partito fissata per i giorni 8-9 ottobre. Un percorso partecipato e molto rigoroso come richiede un problema di così grande importanza come la scuola.
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Agiremo su tutti i fronti per assegnare alla scuola le risorse necessarie e garantirne un ruolo adeguato, come sollecitato dallo stesso Presidente della Repubblica in suo recente intervento. Crediamo che il Governo debba invertire la rotta dei tagli e delle riforme improvvisate. Ne va del futuro del Paese e delle giovani generazioni. Agiremo in stretto contatto con i diretti protagonisti, gli studenti e le loro famiglie e ovviamente tutti gli operatori della scuola che continuano, nella grandissima maggioranza, a far fronte con impegno ad una situazione di abbandono da parte del Governo che, anzi, non perde occasione per additarli come responsabili dei problemi che affliggono l’istituzione scolastica.
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A livello regionale, sulla base delle decisioni nazionali, calibreremo un preciso piano di lavoro che oltre ai temi nazionali affronti le criticità sopra indicate e fin d’ora sfidiamo la regione a fare quanto hanno già fatto altre regioni, come l’Emilia Romagna, e cioè mettere a disposizione della scuola un pacchetto supplementare di risorse per rendere possibile la soluzione dei problemi più gravi della scuola in Veneto.
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Se la Regione terrà fede a quanto votato dal Consiglio Regionale nella mozione contro la crisi e recupererà dal bilancio 2011 le risorse necessarie, noi siamo disponibili ad un serrato confronto che permetta di varare un vero e proprio progetto organico della scuola in Veneto che raccordi le competenze statali e quelle regionali e offra ai nostri giovani quella scuola di qualità che sola garantisce la crescita dello spirito di cittadinanza che viene alimentato dalla libertà di pensiero e da buoni livelli di formazione di base.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.andreacausin.com/index.php?option=com_content&view=article&id=71">www.andreacausin.com</a>LEONARDO RAITO: Riforma Gelmini o Massacro Tremonti?2010-05-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503993Alla data della dichiarazione: Assessore Provincia Rovigo (Partito: PD) - Consigliere Consiglio Comunale Polesella (RO) (Lista di elezione: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) <br/><br/>Dietro il tanto auspicato riordino della scuola, il ministro Gelmini, o chi per lei (molti pensano che la riforma l’abbia scritta Tremonti) si nasconde in realtà une delle più pericolose sforbiciate al sistema della pubblica istruzione mai vista in sessantacinque anni di storia repubblicana. La scuola pubblica, che i padri dell’unità d’Italia prima e della repubblica poi, avevano pensato come il grande strumento di costruzione di intelligenze e coscienze civiche, viene ora svuotata nei suoi punti di forza, perdendo di vista gli obiettivi finali: elevata qualità della preparazione degli studenti, efficacia e qualità della didattica, possibilità di sperimentare percorsi integrativi extracurriculari. Riduzione degli orari di lezione, classi con troppi elementi non supportate da adeguata edilizia scolastica (vale la pena ricordare che l’ultima circolare ministeriale al proposito, fissava a 25 il numero ideale per la costruzione delle aule), difficoltà dell’accesso all’insegnamento, pongono sul tappeto troppi problemi che non si possono ignorare. Alcune discipline verranno inopinatamente cancellate, il che già di per se rende difficile, in chiave pedagogica, la piena acquisizione di competenze per il percorso individuale; molti docenti perderanno il proprio lavoro (1630 in tutto il Veneto). Il ritorno al maestro unico, checché ne dica qualche nostalgico della vecchia scuola genti liana, toglie ai ragazzi diverse opportunità: il confronto con più persone, la possibilità di avere maggiori opportunità di riscatto, docenti in grado di impiegare competenze specifiche. I tagli non risparmieranno i docenti di sostegno, complicando in questo modo l’approccio di ragazzi diversamente abili o con problematiche complesse. Le famiglie perderanno, con l’impossibilità del tempo pieno, anche l’opportunità di coniugare necessità sociali ed esigenze di lavoro, senza contare che molte amministrazioni rischiano di vedere vanificati investimenti nelle proprie strutture scolastiche che rischiano concretamente di non prevedere continuità di servizio. Dietro tutto questo, non è stata prevista una giustificazione per i cittadini italiani. La tanto sbandierata “razionalizzazione” prevede la cancellazione di plessi nelle frazioni e in piccoli comuni che perderanno, con la scuola, una delle principali credenziali del proprio tessuto sociale. Lo scenario apocalittico si concretizzerà, probabilmente, entro la fine del 2011, quando si chiuderà il percorso triennale di tagli alla spesa pubblica. Così, per un agognato risparmio senza il quale, ci dicono, l’Italia non ha speranza di salvezza, tagliamo alle radici le nostre piante migliori, quei giovani su cui si dovrebbe investire e che si vedranno privati di importanti possibilità.
<br/>fonte: <a href="http://www.rovigooggi.it/articolo/2010-05-10/riordino-scolastico-o-massacro-tremonti/">varia stampa locale</a>Mariastella GELMINI: Una scuola che promuove tutti non è una scuola che fa l'interesse dei ragazzi2010-02-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it495989Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Istruzione Università e Ricerca (Partito: PdL) <br/><br/>I dati sui risultati degli scrutini del primo quadrimestre delle scuole di primo e secondo grado resi noti dal Ministero dell’Istruzione confermano la linea più severa attuata già dall'anno precedente in sede scrutinante. Sono 63.525 gli studenti che hanno riportato un voto insufficiente nel comportamento; l’anno scorso invece erano stati 52.344. Il ministro Gelmini ha dichiarato: "Non fa mai piacere quando ad un ragazzo viene assegnata un'insufficienza. Spero che possa essere recuperata nel secondo quadrimestre. Ma una scuola che promuove tutti non è una scuola che fa l'interesse dei ragazzi. La nostra scuola è lontana da quella del 6 politico. Anche il comportamento è importante nella valutazione complessivo dei ragazzi, perchè gli studenti sono titolari di diritti ma anche di doveri come il rispetto delle istituzioni scolastiche e dei compagni”.<br/>fonte: <a href="http://www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/index.shtml">pubblicaistruzione.it</a>Nichi VENDOLA: «Siamo noi il nuovo» - INTERVISTA2009-06-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391470Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia (Gruppo: SeL) <br/><br/><br />
«Ci hanno oscurato, ma il cambiamento è inevitabile» Il presidente della Puglia e l'ostacolo dello sbarramento: «Sinistra e libertà è la vera novità politica di queste elezioni. Dopo il voto la costituente non si fermerà. Contro Berlusconi il Pd è prigioniero delle sue mediazioni. E chi si chiude nel sarcofago dell'ortodossia fa la fine della mummia»
<p>Dopo il disastro dell'Arcobaleno e la scissione di Rifondazione, la sinistra rischia di scomparire anche in Europa, divisa di fronte all'ostacolo del 4 per cento. A sentire Nichi Vendola, uscito dal Prc e attuale leader di Sinistra e libertà, qualunque sarà il riisultato del voto, non sembra proprio che le strade degli ex compagni possano tornare a incrociarsi.
<p>
<b>Superare lo sbarramento è questione di vita o di morte o al contrario, come dice Bertinotti, per la rinascita della sinistra italiana «tanto peggio, tanto meglio»?</b>[...]
<p>
Tutta l'intervista con <b>Vai alla pagina</b><br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=MG0VM">Il Manifesto - Micaela Bongi</a>ANDREA FERRAZZI: Tagli pesanti alla scuola veneta: «Cosa dice oggi, davanti ai numeri, l’assessore Donazzan?»2009-03-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390798Alla data della dichiarazione: Vicepres. Provincia Venezia (Partito: DL) - Assessore Provincia Venezia<br/><br/><br />
8.500 alunni in più in Veneto, 2.227 insegnanti in meno. Sono questi i dati, comunicati ufficialmente ieri l’altro ai sindacati della scuola dal ministero alla Pubblica Istruzione, con cui si inizierà il prossimo anno scolastico.
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«Quanto noi paventavamo da mesi ha trovato purtroppo conferma – denuncia Ferrazzi - un taglio al tempo scuola che mette in gravissima difficoltà migliaia di famiglie della nostra regione. Invece di riformare interi settori dell’istruzione che avevano bisogno di essere rinnovati il Governo ha preferito il taglio, soprattutto alle elementari, che abbassa drasticamente la qualità della nostra scuola e costringe ai salti mortali le famiglie venete già impegnate a fronteggiare una crisi pesantissima».
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«Il taglio di oltre 2 mila insegnanti in Veneto è scandaloso – continua il dirigente democratico – è vero infatti che anche nelle regioni del Sud hanno tagliato gli insegnanti, ma a fronte di un calo delle iscrizioni. Mentre in Veneto le iscrizioni sono aumentate di 8.500 alunni».
<p>
La riforma Gelmini penalizza in particolare la scuola veneta perché caratterizzata dal tempo lungo, un’opzione cancellata dalla nuova legge. Il tempo pieno (le 40 ore), previsto dalla Gelmini, in Veneto conta solo per il 13%. La maggior parte del tempo scuola era infatti tempo lungo.
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«Cosa diranno oggi, di fronte a questi numeri, i politici del centrodestra che per mesi ci hanno accusato di fare terrorismo? Cosa dirà oggi l’assessore Donazzan? – chiede Ferrazzi – La verità è che se i politici della destra ci avessero appoggiato nella nostra battaglia a difesa della scuola veneta non ci troveremo oggi con questo disastro».
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Sulla questione dei tagli alla scuola veneta interviene anche il segretario regionale Paolo Giaretta.
«In questo mesi si è tentato di distrarre l’opinione pubblica parlando di ritorno del grembiulino e del voto in condotta, la verità della riforma Gelmini è venuta a galla: meno servizi per le famiglie, meno scuola per i bambini, meno opportunità per il futuro – afferma Giaretta – Eppure il capitale più grande su cui può contare il Veneto è quello delle intelligenze e della cultura dei suoi abitanti. Tagliare i fondi della scuola e della formazione vuol dire tagliare le radici dello sviluppo futuro».
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«Naturale che, ancora una volta, a pagare siano i più deboli economicamente, quelli che non potranno acquistare i servizi a pagamento sul mercato privato e avranno diritti in meno per i propri figli» conclude il leader del PD Veneto.
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=762">official web site - Partito Democratico Veneto </a>Mariastella GELMINI: L'Italia spende in istruzione come la Germania, ma i soldi vengono spesi male.2008-11-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382089Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Istruzione Università e Ricerca (Partito: PdL) <br/><br/>"Il Governo di cui faccio parte è stato votato con un mandato preciso: ridurre il debito pubblico, il terzo al mondo e riqualificare la spesa. E' mio preciso dovere, come di ogni altro componente del governo, contribuire al raggiungimento di questo obiettivo. Le assicuro che da subito mi sono resa conto che le spese per il funzionamento e il personale della scuola erano fuori controllo ed ho ritenuto indispensabile intervenire. L'Italia spende in istruzione come la Germania, ma i soldi vengono spesi male. Usare meglio il denaro pubblico è un obbligo morale verso le nuove generazioni".<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-7/interv-gelmini/interv-gelmini.html">repubblica.it</a>Alfredo MANTOVANO: Studenti: Non si potrà non intervenire in caso di manifestazioni non autorizzate soprattutto se si creassero problemi di ordine pubblico, come ad esempio il blocco di binari2008-11-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381961Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Sottosegretario Interni (Partito: PdL) <br/><br/>Il rischio di infiltrazioni di provocatori nel movimento studentesco esiste, ma non da parte della polizia (come teorizzato e suggerito di recente al Viminale da Francesco Cossiga), bensì di organizzazioni politiche estremistiche, in particolare di sinistra.
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E' quanto sostiene il sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano (An) in una intervista a "Repubblica". "Il rischio-infiltrati fra gli studenti esiste. Ma non certo - dice Mantovano - da parte della polizia, che è sana".
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"Che possano infiltrarsi nella protesta studentesca in maniera strumentale - prosegue - soggetti che di professione fanno gli agitatori è una preoccupazione che si fonda già su qualche episodio accaduto nelle ultime settimane".
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Mantovano pensa "in particolare a personaggi dell'antagonismo e di alcuni centri sociali radicati nell'estrema sinistra", e minimizza sia le parole di Cossiga ("e' stato ministro dell'interno 30 ani fa") sia i pericoli provenienti dall'estrema destra.
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"La realtà della sinistra estrema è più articolata e ha una tradizione diversa. Nel passato anche recente c'è stata una trasmigrazione fra un'area non ben definita dell'estremismo di sinistra e quella del terrorismo che non e' il caso di ripetere oggi. Questo non vuol dire, ovviamente, che non ci sia attenzione sul fronte dell'estrema destra".
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Il sottosegretario afferma infine che "non si potrà non intervenire in caso di manifestazioni non autorizzate soprattutto se si creassero problemi di ordine pubblico, come ad esempio il blocco di binari". E si dice scettico sul fatto che il Parlamento possa impegnare il governo "a una linea più rigida a garanzia assoluta dell'ordine". <br/>fonte: <a href="http://www.ilpaesenuovo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5722&Itemid=80">Il Paese Nuovo</a>Nicola ZINGARETTI: Disobbedire alla riforma, difendere il merito2008-10-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381863Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Provincia Roma (Partito: PD) - Consigliere Provincia Roma (Lista di elezione: PD) <br/><br/><br />
Quando ci si accinge a valutare una riforma del sistema educativo, la domanda fondamentale da porsi è una sola, semplicissima: renderà migliore le nostre scuole e le nostre università, le metterà nella condizione di essere più moderne, efficienti e competitive? Nel caso dei decreti presentati dal ministro Gelmini, la risposta mi sembra evidente: no. Questa non è una riforma, ma un drastico e indiscriminato taglio delle risorse. Per questo ci opponiamo.
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Le diatriba salottiera sul voto in condotta e l'operazione amarcord che accompagna due decisioni di diversa gravità come la reintroduzione del grembiulino e del maestro unico non sono che tentativi di sviare l'attenzione dal nodo vero della questione. In una riforma c'è sempre un'idea di futuro. Giusta o sbagliata che sia. Ma in questi provvedimenti non c'è nulla di simile. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Quello che mi preoccupa è l'effetto devastante di queste scelte sul nostro Paese che, secondo tutte le statistiche, è già uno dei più ingiusti e socialmente immobili d'Europa. Un Paese in affanno. E il taglio delle risorse all'università, alla ricerca, non potrà che aggravare questa situazione, perché inceppa il motore del futuro.
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L'incantesimo è finito. Quest'estate, osservando un panorama desolato di sfiducia e rassegnazione, parlavamo della desertificazione dell'opinione pubblica. Ma ora che l'inadeguatezza di questo governo appare in tutta la sua evidenza, ora che dal piano del metodo, ostentazione di decisionismo fine a sé stesso, si passa al piano delle cose, entrando nel merito dei provvedimenti adottati nella calura di luglio, la percezione cambia. I cittadini di questo Paese sono svegli, vigili e, diciamolo pure, migliori del loro governo. Capaci di osservare, valutare e criticare liberamente.
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La reazione a questa falsa riforma è davanti ai nostri occhi: un movimento fortemente innovativo. Vedo, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, l'ulteriore crescita di una forte consapevolezza degli insegnanti, degli studenti, dei genitori, dei ricercatori e dei docenti che unisce scuole elementari, licei e università: un movimento di opposizione capace di presentare in forma inedita una forte domanda di cambiamento. Molto più di una semplice difesa della scuola e dell'università pubbliche. Un grande movimento per il futuro, che chiede opportunità per competere e un paese più giusto. Perché nella richiesta di un sistema educativo che funziona c'è la richiesta di rimettere in moto una società delle opportunità.
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Si parla tanto di meritocrazia. Spesso in maniera strumentale. Nei grandi paesi anglosassoni e del nord Europa, la meritocrazia è una grande forza positiva, fondata su due pilastri, che assumono in quelle culture una connotazione spiccatamente etica. Il primo è la responsabilità individuale. Sarai premiato per gli sforzi che farai. E sai, al contempo, che se ti impegni ci sarà una società pronta a premiarti per quello che vali, che non ti vedrai passare avanti qualcun altro che vale meno di te. Secondo, ancor più decisivo: le pari opportunità. Perché per consentire a ciascuno di impegnarsi ed esprimere il proprio talento, la gara deve essere equa. Bisogna che a ciascuno siano date le stesse condizioni di partenza, e dunque chi parte, per nascita o per censo, in una posizione svantaggiata deve essere sostenuto e messo alla pari degli altri. Regole semplici, ma di straordinaria importanza, che trovano il loro fulcro e motore nella qualità di un forte sistema educativo. La meritocrazia è l'esatto contrario del mito del self made man, degli abili escamotage e del fatti furbo. È nell'educazione, infatti, che si formano le basi e si consolidano i saperi che permetteranno poi di emergere come dirigenti, manager, ricercatori. Non nell'arte di arrangiarsi. Il taglio delle risorse riduce e compromette questo spazio. Ecco perché dico: il movimento della scuola è anche un grande movimento di massa per la meritocrazia. Il primo in Italia. E di conseguenza questo è il più grande movimento positivo contro il berlusconismo che si sia mai sviluppato nel nostro Paese.<br />
Noi siamo e saremo al fianco degli studenti, dei genitori, degli insegnanti, dei ricercatori che chiedono una scuola e un'università migliori. Come Presidente di una Provincia, so che l'esito di questa manovra ci tocca in prima persona. Il governo, in base a un'idea sbagliata di federalismo, impone agli enti locali la realizzazione concreta dei tagli. L'articolo 3 del decreto 154, sul dimensionamento delle scuole, con una formulazione intimidatoria «diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica». Pena il commissariamento e la gestione dei tagli da parte del governo. <br />
E l'autonomia delle Regioni e degli enti locali che fine fa? Di fatto, come ha sottolineato un ordine del giorno approvato lo scorso 13 ottobre dall'Unione delle Province Italiane, viene annullata. È questo il federalismo previsto dal titolo V della Costituzione? In un certo senso, possiamo dire che disobbedire alla riforma è l'unica possibilità che abbiamo per rivendicare i nostri diritti. E per questo, di fronte all'arroganza del governo, noi, in base ad un'idea corretta di federalismo, non opereremo nessun taglio sul nostro territorio, invitando tutti gli enti locali a fare lo stesso. Lo diremo con chiarezza alla prossima conferenza unificata. Il governo si assuma le sue responsabilità. Una risposta forte, unitaria, può cambiare le cose.
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<br/>fonte: <a href="http://www.unita.it/view.asp?IDpag=13&IDcontent=80479">l'Unità - Nicola Zingaretti</a>Giorgio NAPOLITANO: Gli scontri di piazza Navona sono il segnale dei rischi che il movimento studentesco corre.2008-10-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381862Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/>ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, prima di lasciare Milano, dove ha incontrato i rettori degli atenei lombardi e alcuni rappresentanti degli studenti.
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Gli incidenti, ha aggiunto, "hanno suscitato grandissima attenzione, ma non solo d'immagine, la rappresentazione vera di questa grande massa di studenti che si e' messa in agitazione".<br />
Il movimento e' per Napolitano "qualcosa di molto ampio e anche piuttosto tumultuoso, in cui e' abbastanza facile introdurre degli elementi devianti".<br/>fonte: <a href="http://www.agi.it/milano/notizie/200810312016-pol-r012963-art.html">Agi</a>Angelo BONELLI: La versione del governo [sugli scontri di piazza Navona] preoccupa, perche' indica che siamo alle prove tecniche di un regime2008-10-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it381854''Le dichiarazioni del Governo sugli scontri di piazza Navone sono gravissime. Ci sono, infatti, filmati che documentano inequivocabilmente quello che e' successo, ossia la vera e propria aggressione da parte di Bolocco Studentesco con tanto di caschi, mazze da basebal e spranghe nei confronti degli studenti inermi che manifestavano pacificamente. Si vede addirittura un furgoncino dal quale gli aderenti di blocco studentesco prendevano i bastoni per la loro aggressione''. Lo ha dichiarato Angelo Bonelli, dei Verdi commentando quanto ha riferito oggi alla Camera il Governo sugli scontri avvenuti a Piazza Navona.
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''La versione del governo preoccupa, perche' indica che siamo alle prove tecniche di un regime - ha concluso Bonelli -. Il Governo Berlusconi non solo non difende chi manifesta pacificamente, ma cerca anche di criminalizzare gli studenti che si sono opposti al decreto Gelmini e che sono state solo le vittime, nell'indifferenza delle forze dell'ordine, di una aggressione premeditata da parte di Blocco Studentesco''.<br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/moddettnews.php?idnews=787873&canale=ORA&articolo=SCUOLA:%20BONELLI%20(VERDI),%20GRAVISSIME%20DICHIARAZIONI%20GOVERNO%20SU%20SCONTRI">ASCA</a>