Openpolis - Argomento: dirittohttps://www.openpolis.it/2018-12-12T00:00:00ZFRANCO MIRABELLI: Stato più autoritario, non più forte2018-12-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it933994Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Il governo ha posto la fiducia sul disegno di legge anticorruzione perché la maggioranza è divisa e non può reggere voti segreti. Così come il decreto sicurezza, anche questo ddl ha il nome impegnativo di ‘Anticorruzione’, ma serve solo al M5s a parlare alla pancia dei suoi elettori. Sotto il titolo non si nasconde la lotta alla corruzione, ma una legge che stravolge i sistemi di garanzia per i cittadini e compromette lo stato di diritto e dunque la libertà di ciascuno e di tutti. Basta sacrificare i principi di uno stato democratico e liberale, fermatevi!”. Lo dice il senatore <b>Franco Mirabelli</b>, vicepresidente del gruppo del Pd, che è intervenuto in Aula nel dibattitto sul ddl Anticorruzione.
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“Nessuno – continua <b>Mirabelli</b> – può negare che la corruzione in questo Paese sia un cancro e che combatterla sia una priorità assoluta. Tanto è vero che nella passata legislatura è stato fatto moltissimo. Chi ha istituto l’Anac e le ha dato poteri di intervenire nei capitolati d’appalto? Chi ha rafforzato il reato di corruzione? Chi ha deciso che le norme sul sequestro dei beni fossero estese anche ai reati contro la Pa e contro il patrimonio? I governi del Pd. Al contrario, questa legge, anziché garantire la giusta pena per i corrotti, introduce norme anticostituzionali. A che serve prevedere che le pene accessorie non si estinguano mai per i corrotti e che per i corrotti non valgano le pene alternative? Che senso hanno gli agenti provocatori? Che senso ha bloccare i rapporti si un’impresa con Pa appena ricevuta la notizia di reato? Lo Stato non è più forte se baratta la libertà per la sicurezza, né se alimenta la cultura del sospetto. Diventa solo più autoritario e meno liberale”.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/giustizia/mirabelli-piu-autoritario-non-piu-forte/">SenatoriPD</a>Maurizio TURCO: Continua la lotta per l’universalità dello Stato di diritto 2016-03-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it768959<br />
La campagna per la transizione verso l’universalità dello Stato di diritto democratico federalista laico, dei diritti umani e del diritto alla conoscenza è arrivata ad un punto di svolta, non definitivo ma importante. Il 23 marzo presso la sede della SIOI ci sarà una manifestazione nel corso della quale saranno presentati gli atti del convegno internazionale, curati da Matteo Angioli, che abbiamo tenuto il 25 luglio presso il Senato con la partecipazione del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Presso la SIOI interverranno tra gli altri gli ex Ministri degli Esteri Franco Frattini e Giulio Maria Terzi di Sant’Agata che si è molto speso per questa campagna.
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Questa occasione servirà anche alla preparazione dell’iniziativa del Governo italiano per presentare la campagna presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, intorno al 20 aprile, insieme ad altri paesi che stiamo cercando di coinvolgere.
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E’ inutile dire dell’importanza, della necessità e dell’urgenza di questa campagna: basta aprire un giornale, ascoltare la radio, vedere la televisione. Il mondo è in fiamme, non da oggi. Lo sterminio per fame, sete e guerre nel mondo divampa ovunque. Le cause sono diverse ma non va dimenticato quello che disse nel 1979 Marco Pannella quando decise di impegnarsi nella lotta contro l’olocausto per fame: milioni di uomini donne e bambine “vittime del disordine politico ed economico internazionale”. Quel disordine continua a macinare milioni di morti, far sopravvivere milioni di disperati, mettere in cammino milioni di sfollati.
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A fronte di questo nuovo, grande olocausto è necessario agire e farlo subito.
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Di soluzioni e ricette in giro per il mondo ve ne sono a bizzeffe. E anche di imbroglioni. Dalla Francia, il paese dei diritti umani, un governo (socialista!?, del partito socialista europeo!?, dell’internazionale socialista!?), sostiene che lo stato di eccezione, lo stato di emergenza è lo stato di diritto. Così insultando anche il buonsenso.
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Contro anche questo ultimo tentativo di mistificare quanto accade noi continuiamo a lottare per tenere alta la bandiera dello Stato di Diritto perché non sia contrabbandato con Stato di Guerra.
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E’ evidente che non siamo catastrofisti (o non saremo più considerati tali solo se quel che è accaduto a Parigi accadrà anche in Italia?) quando non si sa più quanti a decine, centinaia di migliaia sono morti e moriranno nei più oscuri angoli del mondo per cause non naturali.
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Non è con le cataste dei morti che si potrà costruire una società ed un mondo migliore. Ancora una volta è profondamente vero che i mezzi prefigurano i fini. E noi prefiguriamo i nostri fini proprio a partire dai nostri mezzi e con i nostri comportamenti.
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Dal 1° novembre 2015 il Partito radicale ha sospeso le uscite di qualsiasi ordine e natura e siamo impegnati a ridurre il debito cumulato per riprendere al più presto e con più forza le lotte radicali. Ancora una volta non ci preme salvare il partito ma le speranze e le ragioni radicali. Lo stiamo facendo, in pochi, sono poco meno di 500 gli iscritti al Partito e in questo momento ci sono ancora 350 mila euro di debiti nei confronti di persone fisiche, collaboratori e fornitori.
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Essendo in pochi è dura. Ma siamo certi che chi il Partito radicale l’ha vissuto come lo si è vissuto in questi decenni non potrà non rilevare che, ancora una volta, siamo i soli (vorrei sia chiaro: i soli) a privilegiare le convinzioni sulle convenienze; gli interessi del paese su quelli del Partito.
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Siamo in pochi e comunque più dei tre confinati a Ventotene che nel pieno della furia nazionalsocialista e fascista scrissero il Manifesto per gli Stati Uniti d’Europa. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni e fuori pochi altri a diffonderlo clandestinamente.
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Oggi il contesto è molto peggiore, siamo confinati tra i confinati, tra coloro che non hanno diritti perché gli sono negati o violati. In un gioco al “si salvi chi può” in cui nessuno vince, al massimo briciole e miserie. Quasi che la lotta per lo stato di diritto la democrazia, il federalismo, la laicità sono, come lo erano considerati un tempo i diritti civili, espressione di vizi piccolo borghesi: la gente ha fame urlavano i politici che si consideravano perbene, ed erano gli anni del boom economico che sarebbero sfociati, per loro colpa grave, nell’ormai noto e paralizzante debito pubblico.
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Siamo consapevoli che la partita è enorme, lo sconforto potrebbe prendere con ragione il sopravvento a fronte di quello che ci circonda, eppure siamo ancora convinti che “se le donne e gli uomini, se le genti sapranno, se saranno informati, noi non dubitiamo che il futuro potrà essere diverso da quello che incombe e sembra segnato per tutti e nel mondo intero. Ma solo in questo caso.” Sono le parole con le quali si concludeva il Manifesto Appello del 1981 scritto da Marco Pannella e firmato da oltre 113 premi Nobel. Quel Manifesto è tutt’ora attuale e insieme al Preambolo allo Statuto del Partito radicale è la Costituzione politica di una alterità nel mondo della politica che rivendichiamo.
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Il 20 febbraio di dieci anni fa moriva Luca Coscioni: un radicale è buono solo da morto, affermò Marco Pannella dinnanzi al profluvio di aggettivi superlativi che sprecarono coloro che in vita lo avevano censurato, deriso, ostracizzato.
La lotta continua non è che l’inizio, continua a ripeterci Marco; e la lotta è sempre la stessa, la lotta per lo Stato di diritto democratico federalista laico i diritti umani e per il diritto alla conoscenza, da sempre e da prima di noi che ci siamo ancora e per coloro che verranno. Certo Altiero, Ernesto ed Eugenio e ancora Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo, Benedetto Croce, Antonio De Viti De Marco per citarne alcuni, solo italiani, non solo radicali, e tutti coloro che hanno portato un granello di sabbia per costruire il futuro auspicato ancora una volta da una messe di Premi Nobel.
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Siamo ancora qui, renitenti al potere, in mezzo a mille difficoltà politiche e personali, siamo in pochi, in questo momento esattamente 495. Con tutto quello che ci circonda e di tutto quello che riteniamo ci sia necessità: un soffio, un granello. E al granello che ognuno di noi è e di coloro che vorrà essere un grande grazie, a chi per la prima volta si è iscritto ieri o lo farà domani, a chi imperterrito lo fa da sempre.
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it">http://www.radicalparty.org/it</a>Rita BERNARDINI: Appello per il Diritto Universale alla Conoscenza2015-10-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it767750<br />
Grazie all’impegno di alcuni (ancora troppo pochi) radicali, stanno arrivando le prime adesioni all’Appello per il diritto universale alla conoscenza e la diffusione della proposta di delibera da sottoporre all’approvazione di consigli comunali, metropolitani e regionali per “<i>sollecitare il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri a fare proprio il progetto per la transizione verso lo Stato di Diritto e il Diritto alla Conoscenza contro la Ragion di Stato e su queste basi candidare sin da subito e pubblicamente l’Italia al posto di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite</i>”.
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<a href="http://www.radicalparty.org/sites/default/files/delibera-stato-diritto-conoscenza-radicalparty.pdf">La proposta di delibera in pdf</a>
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Per questa “opera” militante appena avviata voglio ringraziare pubblicamente Deborah Cianfanelli, Maurizio Bolognetti, Domenico Letizia, Giuseppe Candido, Marco Maria Freddi e Marco Cappato il quale ci ha comunicato di aver raccolto sull’appello le firme di tutti i consiglieri comunali di Milano, a partire da quella del Sindaco Giuliano Pisapia.
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Riusciremo da oggi al Congresso -che inizierà il 29 ottobre a Chianciano- a far esplodere la campagna in tutta Italia? E’ ciò che chiediamo fin dalle prossime ore perché, come ci ricorda Marco Pannella, quel che non ci impegniamo a fare in un fazzoletto ristretto di tempo, difficilmente riusciremo a portarlo a compimento in giorni o mesi.
<p><b>Cosa è possibile fare</b>
<p><b>-</b>sottoscrivere l’appello (<a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">link</a>)
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<b>-</b>inviare l’appello e la <a href="http://www.radicalparty.org/sites/default/files/delibera-stato-diritto-conoscenza-radicalparty.pdf">proposta di delibera</a> ai consiglieri comunali della tua città e al sindaco, oltre che ai consiglieri delle aree metropolitane, ai consiglieri regionali e al Presidente della tua Regione.
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<b>-</b>far firmare l’appello ad altri utilizzando le email e i social network (<a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">link</a>)
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<b>-</b>segnalare firme qualificate di personalità che riesci a convincere a (info@partitoradicale.org)
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<b>-</b>iscriverti al Partito Radicale (<a href="http://www.radicalparty.org/it/donation">link</a>)
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<a href=""http://www.radicali.it/comunicati/20151015/xiv-congresso-radicali-italiani-chianciano-29-ottobre-al-1-novembre-2015"">La lettera che ho inviato</a> ad iscritti e simpatizzanti per convocare il XIV Congresso di Radicali Italiani. Chianciano, 29 ottobre - 1 novembre 2015
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicalparty.org/it/content/firma-dichiarazione-roma-stato-diritto-conoscenza">www.radicalparty.org</a>Antonio Ingroia: In galera restino i potenti2013-01-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685312Noi abbiamo un sistema penale e penitenziario classista, dove in carcere finiscono i poveracci e in libertà ci sono i potenti. Va ristabilito il principio di uguaglianza: i potenti che hanno commesso gravi reati devono stare in carcere e i poveracci che hanno commesso reati bagatellari, che spesso non si possono neanche permettere un difensore che gli consenta di accedere alle misure alternative, vadano fuori.
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/1/10/30031-intervista-a-ingroia-nuova-bussola-politica-per-svuotare-le/">Contro la crisi</a>Furio COLOMBO: L'Editto di Violante 2012-08-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648498Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br /><b>Cos'è il «populismo giuridico»?</b> <p>
Non saprei rispondere, se non avessi letto la dettagliata cartella clinica proposta da Luciano Violante | "La Stampa", 20 agosto. Infatti l'espressione è come dire, estrosa, di tipo più letterario che scientifico, per dire: pura invenzione. Infatti il populismo, in tutte le sue descrizioni, dal linguista al politologo, è un movimento disordinato e incoerente basato o sulla forza di una assemblea variamente dominata da umori e guide che contano e passano, o sul gioco ben condotto da un leader che sa imporre come vuole i suoi progetti mutevoli attraverso passione, furore, menzogna, propaganda, paura, seduzione, smentita, esaltazione, condanna.
<p>Si è sempre detto "populista" di Berlusconi (vedi i percorsi appena descritti), mai di giudici come Ingroia e Scarpinato (o Borsellino e Falcone), ma neppure di Luciano Violante. Anche quando era giudice. Eppure ha percorso uno spazio abbastanza ampio, a volte con persuasioni, predicazioni, ammonizioni e rappresentazioni della realtà molto diverse. È stato, per esempio, chiamato Vischinsky, con riferimento a un implacabile personaggio sovietico. Ma mai populista, benché ogni sua mossa si appellasse all'opinione pubblica in cerca di un sostegno. Infatti l'aggettivo qualificativo "giuridico" accanto a populismo non si capisce e non spiega.
<p>"Giuridico", non dobbiamo insegnano a Violante, significa, specialmente nel diritto italiano (dunque romano) un set di regole precise, inequivocabili e con scarso margine di interpretazione. Per cui il populista giuridico sarebbe un signore rigido e strettamente legato a norme che per forza negano il populismo. Insomma, qualcuno come Violante ai bei tempi.
<p>Adesso Violante fa l'avvocato (non dico nella vita, dico sulla pagina de "La Stampa" su cui ha raccontato la nuova avventura, che stiamo commentando).
Il giudice-scrittore Carofiglio ci ha insegnato, nei suoi romanzi, che un avvocato dice qualunque cosa utile alla sua causa, specialmente se è indifendibile. E così Violante, già giudice rigoroso e di maglie strette, come i colleghi che sta tentando di screditare, si è trovato a inventare un mondo e un personaggio impossibili. Che dire? Un fatto della sua nuova professione è che non tutte le cause si vincono.
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<b>La Stampa intervista Luciano Violante</b> (<i>di Federico Geremicca | 20 agosto</i>)
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<b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1J6IGM">«C'è un populismo giuridico che ha come obiettivo Monti e Napolitano»</a></b><br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JCLQE">Il Fatto Quotidiano </a>David-Maria SASSOLI: Riforma Fornero. «Così si è scaricato sui più deboli l’onere della prova»2012-03-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626118Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
La professoressa Paola Severino, avvocato, docente di diritto penale, attualmente Guardasigilli, venerdì nel Consiglio dei ministri poteva essere invitata dal presidente Monti a svolgere una lectio magistralis sugli effetti della nuova disciplina dei licenziamenti economici sull’ordinamento italiano.
<p> Ai tecnici e agli economisti, la professoressa Severino avrebbe potuto spiegare il “costo” che la nuova disciplina dei licenziamenti economici produrrebbe su un principio generale del diritto: l’onere della prova. Il principio è sistemato nel Codice civile all’articolo 2697: colui che chiede il giudizio su un diritto negato deve prendersi l’impegno di provare ciò che afferma, assumendosi anche la responsabilità dell’insuccesso. La professoressa Severino avrebbe brillantemente spiegato anche le eccezioni – “presunzioni” – e gli ambiti assai ristretti in cui si può accettare di invertire l’onere della prova.
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Se il Consiglio dei ministri avesse ascoltato con attenzione l’illustre giurista ci saremmo risparmiati tante polemiche su una tipologia di licenziamento – per cause economiche che non consentirà mai al lavoratore di dimostrare che il suo licenziamento sottintende ad altre finalità. Polemiche che con troppa superficialità sono state catalogate nell’ambito di un “simbolismo” sociale di stampo conservatore.
<p> Se il datore di lavoro propone un licenziamento per ragioni economiche, oggi il lavoratore può ricorrere al giudice dimostrando che le ragioni economiche non sussistono; domani, con la legge Fornero, per ottenere il reintegro il lavoratore dovrebbe dimostrare che il licenziamento non è avvenuto per le ragioni dichiarate ma dovrebbe fornire la prova di quali siano le ragioni reali.
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È evidente un rapporto asimmetrico, che pone la parte debole nell’impossibilità di far valere le proprie ragioni. Davanti al giudice, dove si è chiamati ad esprimersi su una causa di licenziamento scelta dal datore di lavoro, il dipendente dovrebbe provare che non si tratta dei motivi manifestati dalla controparte, e che i motivi economici non sussistono. Una prova impossibile da fornire. A questo punto la professoressa Severino, con la competenza che la contraddistingue, avrebbe potuto intrattenere i suoi illustri colleghi sulla “probatio diabolica” – la prova del Diavolo e spiegare quando una prova diventa impossibile da ottenere.
<p>Le questioni giuridiche che pone l’istituto del licenziamento per motivi economici sono di grande rilevanza. Se il giudizio è incardinato come ricorso contro un licenziamento per ragioni economiche (giustificato motivo oggettivo), il giudice non potrà mai disporre il reintegro anche se accerterà che il licenziamento sia stato illegittimo.
<p>Facile, dunque, contrabbandare licenziamenti per “giustificato motivo oggettivo” per nascondere così altre finalità. In tempo di crisi, oltretutto, è alquanto agevole avanzare ipotesi di questo genere. Inoltre, neppure il giudice potrebbe intervenire. Alla mancata sapienza del Consiglio dei ministri tocca ora al Parlamento porre rimedio.
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Le forze sociali hanno dimostrato di aver chiara la dimensione dell’impatto umano e sociale del provvedimento; le forze politiche hanno il dovere ora di precisare la base giuridica su cui il Parlamento è chiamato ad intervenire per “ricucire” il senso della giustizia e i principi del nostro ordinamento. Lo strappo avanzato nel disegno di legge, d’altronde, rischia di produrre effetti negativi a valanga, mentre «l’efficacia del diritto è sempre nella determinatezza e specificità della tutela».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1CP8MM">l'Unità</a>Tiziano TREU: «Decisione giusta del giudice. Melfi non è Pomigliano» - INTERVISTA2010-08-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it504165Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Per Tiziano Treu «evidentemente il giudice non ha ritenuto sufficientemente grave il fatto». Ma più che dilungarsi sul caso degli operai reintegrati, il senatore del Pd ci tiene a sottolineare al Riformista che Melfi non è Pomigliano: «E stata una realtà sempre molto produttiva che non ha mai presentato forme di accordo così controverso come quello di Pomigliano».
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<b>Lei parla di un contesto particolare. Si riferisce alla manifestazione di protesta dei sindacalisti?</b>
<b>E in quel contesto è lecito e giustificato il comportamento degli impiegati licenziati?</b>
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Non voglio dire che la protesta giustifichi tutto. Però può essere che il giudice abbia detto che in quel caso specifico non si trattava di un adempimento contrattuale, ma si trattava invece di una manifestazione di protesta che non ha provocato gravi danni. Quello che voglio sottolineare a proposito dell`applicazione delle leggi è che Melfi, rispetto a Pomigliano d`Arco, è stata una realtà sempre molto produttiva, che ha avuto dei momenti di conflitto, ma che non ha mai presentato forme di accordo così controverso così come quello di Pomigliano. E
di questo ne dobbiamo tener conto.
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<b>Bè messa così, sembra una posizione più a sostegno della decisione dell`azienda.</b>
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Non proprio. Mentre a Pomigliano ci sono state polemiche di tutti i tipi, a Melfi la situazione di per sé non era controversa: quindi il giudice ha potuto valutare senza "strumentalizzazioni". Appena gli operai sono stati licenziati, c`è chi ha detto che la Fiat ha fatto una ritorsione, ma qualcun altro ha obiettato. E chi ha obiettato ha aspettato la decisione del giudice. Comunque, non c`erano particolari motivi a Melfi per parlare di "ritorsioni".
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<b>E ora per i dipendenti "espulsi" dalla Fiat cosa succede?</b>
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Il caso va valutato per com'è: il giudice ha deciso così, gli operai vengono reintegrati e la Fiat può ricorrere in appello. Bisogna stare tranquilli e rispettare le decisioni.
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<b>In Italia si parla sempre di giustizia "lumaca", questa volta però la decisione è arrivata dopo un mese.</b>
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Questa è un`osservazione giusta. Il caso dimostra che il processo del lavoro quando c`è di mezzo un licenziamento e soprattutto in questo caso con al centro un articolo 28 quindi l`attività sindacale - il processo del lavoro prevede una procedura di urgenza. Certo, dovrebbe essere così in tutti i casi.
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<b>Non vorrei sembrarle provocatorio: questa causa poteva risolversi con un arbitrato?</b>
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Dell`arbitrato lei sa che anche noi dell`opposizione abbiamo sempre detto che è uno strumento utile, naturalmente deve rispettare i principi generali. Dopo il richiamo del presidente Napolitano, l`ultima versione della legge - lo stesso governo l`ha corretta - dice che il giudice e l`arbitro possono decidere tenendo conto delle regole fondamentali del diritto del lavoro. Quindi anche un arbitro avrebbe potuto decidere se il licenziamento era giustificato e se, invece, non c`erano degli elementi antisindacali. Quindi: non un arbitrato in equità - come diceva la prima versione della legge - ma un arbitrato che tiene conto delle regole fondamentali del diritto.
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<b>Che fine ha fatto la proposta di legge bipartisan sulla partecipazione degli impiegati all`utile aziendale, firmata da lei e dai suoi colleghi Castro e Ichino?</b>
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E' stato sospeso l`esame a febbraio. Le parti e il governo si sono presi del tempo per vedere come sono le pratiche partecipative in Italia. Il ministro Sacconi, ha annunciato che l`esame di queste pratiche è quasi terminato. Quindi se tutto va bene e non ci sarà un terremoto parlamentare, la legge potrebbe passare in autunno. <br />
Me lo auguro anche per il rasserenamento del clima. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=TBYBY">Riformista - GianMaria Pica</a>Giorgio NAPOLITANO: Bobbio e la Carta. La Costituzione non è intoccabile. Fedeli alla Costituzione fino a volerla cambiare.2009-10-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it418308Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
La lezione che Norberto Bobbio poteva offrire a chi si inoltrasse sulla via dell'impegno nella sinistra politica a cavallo tra gli anni 40 e 50 giungeva controcorrente, in antitesi a posizioni prevalenti in quel campo. Posizioni in cui si rifletteva l'asprezza che la lotta politica stava raggiungendo in Italia, dopo la rottura dell'unità tra le forze antifasciste e dopo le elezioni del 1948 che avevano segnato una drastica contrapposizione tra l'alleanza di centro e la sinistra.
<p>Un'asprezza inseparabile da quella della guerra fredda che andava dividendo drasticamente il mondo in due blocchi, dei quali va ricordata la forte connotazione ideologica. <br />
Ai rischi fatali di antitesi e fratture, ben al di là dei confini italiani, si opponeva da parte di Bobbio l'«invito al colloquio»:<br />
al colloquio per lo meno - egli scrisse nel 1951 - tra gli uomini di cultura. (...) La polemica di Bobbio interveniva, invece, a sollevare interrogativi di fondo, a seminare dubbi, a proporre argomenti complessi, e a farlo dal punto di vista di un uomo di pensiero, di uno studioso portatore di molteplici valori politici, come ha scritto di recente Revelli - liberalismo, democrazia, socialismo, federalismo - che avevano caratterizzato da 'ircocervo' il Partito d'Azione.
<p>Non era dunque in nome di un bagaglio ideale ostile alla sinistra, era piuttosto in nome di un dichiarato interesse positivo per le sorti del movimento operaio e della sinistra, che Bobbio sviluppava il suo discorso, si rivolgeva a quegli interlocutori. Era un discorso volto a contestare una serie di semplificazioni e contrapposizioni fuorvianti libertà sostanziale,'di fatto' , 'vera' , contro libertà giuridica o formale, libertà socialista contro libertà borghesi; <br />
un discorso, quello di Bobbio, volto a contestare la riduzione del concetto di libertà a quello di potere, cioè di potere di esercitare un diritto altrimenti astratto, e quindi la negazione del valore della libertà come non impedimento.
<p> Dietro le posizioni teoriche - che Bobbio metteva drasticamente in questione, si manifestava in una parte della sinistra un'accentuata, prioritaria sensibilità per esigenze sociali e obbiettivi di riforma delle strutture economiche, ma si coglieva anche, e chiaramente, la difesa, l'idoleggiamento delle conquiste rivoluzionarie delle società dell'Est.
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Di qui l'affermazione nettissirna, da parte di Bobbio, della necessità, egli scrisse, che «qualunque sia la classe sociale che tenga le chiavi del potere, essa non governi dispoticamente e totalitariamente, ma assicuri all'individuo una sfera più o meno larga di attività non controllate, non dirette, non ossessivamente imposte»... <br />
La passione che aveva nel passato animato - parole di Bobbio - la battaglia liberale contro il dispotismo si era tradotta in istituzioni e principi che egli esortava la sinistra a valorizzare pienamente:<br />
la garanzia dei diritti di libertà - primo fra questi la libertà di pensiero e di stampa - la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche; la distinzione delle funzioni al servizio del principio di legalità; la distinzione degli organi dello Stato al servizio del principio di imparzialità.
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Questo messaggio liberale</b> di Bobbio si integrava peraltro con la valorizzazione da parte sua della democratizzazione dei regimi liberali, con l'impegno per la causa dell'uguaglianza, della giustizia e del progresso sociale. Un impegno che egli avrebbe, decenni pi tardi, riaffermato con particolare forza all'indomani della caduta del comunismo. La componente socialista della sua identità di pensiero e politica era innegabile, confermata nei fatti dalla sua collaborazione col partito che incarnava quella tradizione.
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Nonostante ciò , la sua lezione - torno alla prima metà degli anni 50 - non veniva facilmente recepita:<br />
né dai massimi custodi dell'ideologia e delle scelte politiche di fondo della forza maggiore della sinistra italiana, quella comunista, né da generazioni più giovani di militanti e di intellettuali. <br />
Il paradosso stava nel fatto che la lotta politica nel paese, nei suoi termini concreti, spingeva più che mai la sinistra di opposizione a impugnare la bandiera della Costituzione repubblicana, della libertà e quindi di principi e diritti che nello stesso tempo si insisteva sul piano dottrinario a sottovalutare o relativizzare.
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Ma la forza di persuasione di un messaggio come quello di Bobbio e la forza di fatti traumatici come il ventesimo congresso del partito sovietico, cominciarono ad aprire delle brecce, a imporre delle revisioni, a cui altre sarebbero seguite negli anni e nei decenni successivi. <br />
Fu un'evoluzione lenta, faticosa, e quella lentezza, con il suo contorno di ambiguità, sarebbe stata pagata dalla sinistra e dal paese. <br />
Per me personalmente, apprendere la lezione di Bobbio fu determinante, anche perché mi sarebbe poi apparsa condurre verso l'orizzonte della socialdemocrazia europea. (...)
<p><b>Nel luglio del 1984</b> Bobbio era stato nominato dal Presidente Pertini senatore a vita, e avevamo così occasione di incontrarci anche a Montecitorio quando il Parlamento si riuniva in seduta comune (...).<br />
All'indomani di quella nomina, egli mi scrisse del disagio di dover «prendere una parte più attiva alla vita politica, che mi pare sempre più caotica e nella quale non so bene che parte prendere».
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In realtà, egli sapeva che lo sbocco cui tendere era quello di una democrazia dell'alternanza anche in Italia e che ciò presupponeva un polo di sinistra rappresentato da quel grande partito riformista di stampo socialdemocratico europeo di cui lamentava la mancanza.(...) <br />
L'obiettivo era reso ancora arduo dallo stato dei rapporti tra i due maggiori partiti della sinistra, e Bobbio si esprimeva criticamente su entrambi, e anche dopo la svolta del 1989 nel Pci, ne parlava come di «un mulo cocciuto» che si fermava nel momento in cui avrebbe potuto raccogliere i frutti se ne avesse tratto tutte le conseguenze dalla sua marcia di avvicinamento al socialismo democratico europeo.
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<b>Condividevamo</b> largamente, insomma, giudizi ed auspici; e infine - gli scrissi alla vigilia delle elezioni del 1992 - mi ritrovai vicino al suo «sconforto storico» per il fatale riprodursi, senza quasi più speranza di superarla, della contrapposizione tra i due partiti.(...) <br />
Nella crisi del 1992-93 Bobbio si schierò attivamente per la riforma elettorale e costituzionale. Ne discutemmo all'Università di Torino nel maggio del 1993 (ero allora Presidente della Camera). «Riforma costituzionale», egli disse in quell'occasione, «a partire dalla Costituzione presente»; «processo riformatore da condurre in Parlamento con metodo democratico», aggiunse ironizzando sulla formula «rivoluzione costituzionale» agitata da un altro studioso.
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Già in precedenza, quando ragionavamo sulle prospettive della sinistra, egli aveva indicato come motivo di dialogo serio tra quei partiti le riforme costituzionali, rispetto alle quali «non si poteva negare» osservò «che Craxi fosse stato un precursore». Nel 94 anche il progetto di riforma della Commissione Jotti abortì; <br />
egli, che aveva condiviso la mia diagnosi di una «impotenza a riformare» come male oscuro e grave della democrazia italiana, tornò a rilanciare tuttavia la sfida del cambiamento, ribadendo: «Guai a noi se daremo l'impressione di essere fedeli alla Costituzione sino a considerarla intoccabile» senza distinguere tra la sua prima e la sua seconda parte.
<p>
<b>Al di là delle problematiche</b> e degli avvenimenti cui mi sono riferito finora, rilevo come certi accenti che ritrovo nel Bobbio di allora conservino una loro attualità. E per quanto diversi siano i soggetti politici oggi in competizione e in contrasto rispetto a quelli del periodo in cui ci scrivevamo e discorrevamo con Bobbio, posso - mi chiedo - ripetere le sue parole di una lettera del 92:<br />
«Ci vorrebbe un po'di equilibrio da parte di tutti»? Sono parole, se ripetute ora, destinate a lasciare il tempo che trovano? Fare, non dico «l'elogio della mitezza», ma il più naturale appello al senso della misura, al confronto costruttivo, al rispetto delle istituzioni e alla considerazione dell'interesse comune, è dunque solo un dar prova d'ingenuità? Ebbene, fosse pure questo, io non desisterò dal mio appello, rivolto come sempre in tutte le direzioni. E sono convinto che molti italiani, al di là delle loro diverse, libere scelte elettorali, lo condividano, ne avvertano la necessità.
<p>
Le questioni politiche e ideali in cui eravamo coinvolti, ciascuno a suo modo, discutendone io e Bobbio tra di noi e con altri, più di vent'anni fa o giù di lì, mi appaiono ormai lontanissime, da tempo, per così dire, passate in giudicato. <br />
Naturalmente, quella è stata la mia storia: una storia non rimasta eguale al punto di partenza, ma passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e attraverso personali, profonde, dichiarate revisioni. <br />
Da quel contesto mi sono via via distaccato quanto più ero chiamato ad assumere ruoli non di parte, a farmi carico dei problemi delle istituzioni che regolano la nostra vita democratica, i diritti e i doveri dei cittadini. <br />
L'approccio partigiano, naturale in chi fa politica, è qualcosa di cui ci si spoglia in nome di una visione più ampia.
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<b>Tutti i miei predecessori</b> - a cominciare, nel primo settennato, da Luigi Einaudi - avevano ciascuno la propria storia politica:<br />
sapevano, venendo eletti Capo dello Stato, di doverla e poterla non nascondere, ma trascendere. Così come ci sono stati Presidenti della Repubblica eletti in Parlamento da una maggioranza che coincideva con quella di governo, talvolta ristretta o ristrettissima, o da una maggioranza eterogenea, e contingente. Ma nessuno di loro se ne è fatto condizionare. <br />
Quella del Capo dello Stato «potere neutro», al di sopra delle parti, fuori della mischia politica, non è una finzione, è la garanzia di moderazione e di unità nazionale posta consapevolmente nella nostra Costituzione come in altre dell'Occidente democratico.
<p>
Per quante tensioni e difficoltà comporti l'adempiere un simile mandato, proseguirò nell'esercizio sereno e fermo dei miei doveri e delle mie prerogative costituzionali. <br />
E sono qui oggi anche per dirvi quanto siano state e siano per me preziose l'ispirazione civile e morale, e la lezione di saggezza, che ho tratto dal rapporto con Norberto Bobbio.<br />
Gliene sono ancora grato.
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<i>(testimonianza alla Cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio. Torino, 15 ottobre 2009)</i><br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=NOWRU">Il Riformista - Napolitano Giorgio</a>Marco CAPPATO: Un appello ad accademici contro la laurea Honoris Causa a Gheddafi2009-05-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391268Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Un appello urgente a tutti i Professori universitari affinché invitino il Senato Accademico dell’Università di Sassari a non conferire al Colonnello Gheddafi la Laurea Honoris Causa in giurisprudenza.
<p>“Non solo si tratta di un ‘Capo di Stato’ non eletto dal suo popolo e al governo da 40 anni” affermano i due Radicali “ma il suo Regime si caratterizza per la sistematica violazione di tutti i diritti umani fondamentali e la negazione della nozione di Stato di Diritto; conferirgli un titolo onorifico da parte di un Ateneo italiano sarebbe un’onta per la Patria storica del diritto nonché per la reputazione dell’Università italiana.”
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<b>Il testo dell’appello</b>
<p>
Ci permettiamo di sottoporre alla Sua attenzione un urgente appello che rivolgiamo a tutti i Professori universitari affinché si inviti il Senato Accademico dell’Università di Sassari a non conferire al Colonnello Gheddafi la Laurea Honoris Causa in giurisprudenza.
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Qualora lo condividesse La invitiamo a comunicarcelo rispondendo a questo messaggio.
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Appello urgente ai docenti universitari per il non conferimento della Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza da parte dell’Università di Sassari.
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*Noi sottoscritti,
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Ci appelliamo pubblicamente e urgentemente ai colleghi membri del Senato Accademico dell’Università di Sassari affinché si soprassieda alla richiesta di conferire la Laurea Honoris Causa in giurisprudenza a Mu‘ammar Abu- Minyar al-Qadhdha-fi-.
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Secondo il dettato dell'art. 169 del testo unico approvato con regio decreto 1592/1933, la laurea “honoris causa” può essere conferita soltanto a persone viventi che, per opere compiute o pubblicazioni fatte, siano venute in meritata fama di singolare perizia nelle discipline della Facoltà per cui è concessa.
<p>
Nel caso di Gheddafi, invece, si tratta innanzitutto di un “Capo di Stato” al governo da 40 anni, seppure mai eletto democraticamente dal suo popolo. Inoltre il suo Regime si caratterizza per la sistematica violazione di tutti i diritti umani fondamentali e la negazione della nozione di Stato di Diritto, come documentato da tutte le maggiori organizzazioni non-governative dei diritti umani.
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Conferirgli un titolo onorifico da parte di un Ateneo italiano sarebbe un’onta per la Patria storica del diritto, nonché per la reputazione dell’Università italiana tutta.
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*Appello a firma di Antonella Casu e Marco Cappato<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=141984">www.radicali.it</a>Barbara POLLASTRINI: Fine vita, dopo Eluana il Pd abbia più coraggio2009-02-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388739Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Caro direttore,<br />
Eluana ha scosso sentimenti e riflessioni. Per l`epilogo di una ragazza che si è consumata dentro una corazza di assenza e immobilità. Per l`amore di un padre che ha mutato una tragedia privata in un tema di responsabilità pubblica. <br />
Ora il Parlamento non può sfuggire e le sue scelte peseranno sul destino di tanti. Servirebbe una soluzione saggia e condivisa. Non è facile, ma neppure impossibile se accettiamo l`idea che esiste una storia di pensieri e principi a fare da lanterna, quella Costituzione che assegna alla "persona" diritti e doveri certi nel diritto alla salute, nella libertà di cura, nella propria dignità e responsabilità. Negli anni la medicina ha schiuso grandi opportunità e uno spirito di precauzione si è mescolato a speranze nuove. <br />
Ma il punto rimane lo stesso. Il riconoscimento dell`autodeterminazione di sé anche sui terni che attengono alla propria sfera più intima. Tema che ha attraversato in particolare il cammino delle donne. Dunque quando si riflette sulla cura o sulla fine della vita, tenere unite libertà del singolo e responsabilità verso gli altri significa assumere a fondamento lo Stato di diritto. In altri termini, pesano la famiglia, i medici, le istituzioni, ma alla fine sulla mia vita l`ultima parola è la mia e nessuno può procedere in mio nome. E questo il valore di quel consenso informato che ci accompagna nelle malattie.<br /><br />
Come degli articoli 2, 13 e 32 della Fine vita, dopo Eluana il Pd abbia più coraggio Costituzione o del contenuto della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina del Consiglio d`Europa. In questi principi non c`è un negare il valore della vita. C`è la scelta, al contrario, di un`educazione permanente alla vita. Per questo, se nell`assecondare le convinzioni di una parte, religiosa o culturale, la legge venisse meno a quei principi si condannerebbe un`altra parte a una disuguaglianza di fatto persino nei momenti più bui dell`esistenza. Ma la democrazia senza uguaglianza può scivolare nell`autoritarismo. Oppure nell`opacità. Come avviene nel turismo procreativo o nell`indifferenza verso i diritti umani. E come può avvenire nel risolvere, in solitudine, un dramma cui le istituzioni non hanno dato risposta. Allora non basta dire, "subito la legge". <br />
E tantomeno si può ignorare l`intento di imporre, sull`onda di eventi drammatici, una norma "ideologica" e di rivincita. Il nodo è la qualità di una legge mite, essenziale, da monitorare. Che mi consenta di rifiutare ciò che ritengo un accanimento verso la mia dignità e il mio corpo. "Garantire" una cura - questo è il nodo non significa "obbligarmi" a una cura. <b>Leggo che la politica dovrebbe fare un passo indietro.</b><br />
Anche due se la politica ha il volto di un Governo che usa la partecipazione del Paese per scardinare l`equilibrio tra i poteri facendosi interprete dell`ala oltranzista della gerarchia cattolica. Ma per quanto riguarda noi, penso che la politica debba fare un passo avanti, sul piano dei valori e di una battaglia delle idee. Dobbiamo capire che la consistenza storica di un partito è nella capacità di tenere uniti principi e proposta. Nel senso che tra economia e democrazia, tra temi etici e misure sociali non c`è un "prima" e un "dopo". <br />
Perché le persone non sono frazionabili. Vogliono un lavoro, il rispetto della loro dignità. E anche una speranza nei momenti duri che la vita riserva. Ma soprattutto perché è solo in nome dei "tuoi" valori che puoi contrastare lo sfondamento culturale di una destra spregiudicata e cinica. Ecco perché più chiaro doveva essere il nostro richiamo allo Stato di diritto quando il Governo ha avviato il suo assalto a una sentenza della Cassazione. Per la stessa ragione è vigile oggi la nostra difesa della Costituzione e massima la solidarietà al presidente Napolitano. Poi è ovvio, per la nostra storia, riconoscere libertà di coscienza su temi come questi. Ma non può essere un modo per eludere la discussione. Sempre che vogliamo diventare un partito vero.<br />
Ecco perché mi ha fatto riflettere che esponenti del Pd potessero prescindere nel loro eventuale Si alla "legge su Eluana" dalle motivazioni proposte e da anatemi così lontani da quella Costituzione che continua a essere la nostra "bibbia laica". Quando ho aderito al nuovo partito pensavo che culture diverse dovessero porre al centro proprio il valore della persona, per avanzare nella ricerca di soluzioni sagge anche su temi difficili, soprattutto in Italia. Ma per questo è richiesto a quelle culture di fare ciò che il vecchio riforniamo non ha mai fatto, investire fino in fondo nella libertà e responsabilità di ognuno come risorsa per il progresso di tutti. Nei giorni scorsi, si è scritto che non dobbiamo regalare i voti cattolici al Pdl o al l`Udc. Sento un altro dovere. Creare riferimenti ideali capaci di parlare ai cattolici e a chi non lo è. Anni fa a Milano il cardinale Martini volle la Cattedra dei non credenti, insegnando che una comunità per esser tale deve coltivare virtù civiche e morali condivise. Ho avuto conferma anche da quelle lezioni che la laicità è un bene prezioso per la convivenza e il dialogo, soprattutto nell`epoca di nuovi e vecchi fondamentalismi. E che l`autonomia della politica non è sinonimo di rinuncia, ma di coraggio e limpidezza. Viviamo tempi che impongono di non scordarlo mai.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KRFPB">Il Riformista - Barbara Pollastrini</a>Emma BONINO: Testamento biologico. "Il Pd ha scelto di non scegliere. E ha perso" - INTERVISTA2009-02-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388725Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Mentre il Pdl scatena l`ambaradam mediatico imboccando la via della «prevaricazione tra individui imposta per forza di legge», il Pd che fa? «Sceglie di non scegliere» e si perde nell`«orientamento prevalente». Emma Bonino, leader radicale e vicepresidente del Senato riflette su quanto accaduto e muove una critica molto dura anche al suo partito. <p>
<b>La mozione del Pdl approvata in Senato sembrerebbe chiudere Il dibattito, peraltro già viziato, sulla prossima legge sul testamento biologico. È così o i margini di manovra per fare una buona legge ci sono ancora?</b> <p>
La mozione del Pdl è un pessimo viatico per una legge per il testamento biologico mentre è utile per una legge contro. In questo sono d`accordo con il Professor Veronesi: meglio nessuna legge che una "cattiva" legge, vale a dire una legge che è anticostituzionale perché toglie la libertà di scelta alle persone. <p>
<b>Anche la mozione dei Pd, come quella maggioranza, partiva da un assunto che per molti scienziati è un falso ideologico e cioè che la nutrizione e l`idratazione artificiali non siano terapie mediche. Il Pd Inoltre aveva anche deciso di non fare ostruzionismo per evitare, dicono, la "contrapposizione frontale" tra le due opposte posizioni. Perché il Pd ha scelto di schiacciarsi sulla linea dei cattolici oltranzisti e perché la voce dei radicali non trova orecchie dentro il partito?</b> <p>
Penso che un partito politico deve assumere delle posizioni chiare per rispetto, tra l`altro, dei propri elettori, ovviamente consentendo sempre il dissenso che impropriamente viene denominato la libertà di coscienza, come se la coscienza ce l`avesse solo chi dissente. Il problema è che il Pd ha scelto di non scegliere fino all`ultimo, demandando ai gruppi parlamentari di individuare l`«orientamento prevalente». Che questo approccio fosse poco lungimirante abbiamo cercato di dirlo da mesi, chiedendo non solo che si votasse all`interno del gruppo, ma che se ne facesse una grande campagna nel Paese, magari convocando un Circo Massimo per la libertà e la laicità. Invece, il Pd si è trovato impreparato e frastornato dall`iniziativa dirompente di Berlusconi. Eppure, viste le iniziative dei gruppi parlamentari Pdl sin da luglio ricordate quando vollero che Camera e Senato sollevassero un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato? -, poi quelle del ministro Sacconi e di Eugenia Roccella, poi le dichiarazioni sempre più invadenti e pressanti delle gerarchie ecclesiastiche e infine una discesa in campo di Berlusconi con l`ambaradam mediatico che ne è conseguito: tutto ampiamente prevedibile. Perché non ci hanno ascoltati? Buona domanda da rivolgere a Veltroni.<p>
<b>Nelle prime formulazioni dei ddl sul testamento biologico Il Pdl era stato meno schiacciato sulle posizioni Vaticane. Nelle ultime settimane tutto è cambiato, perché?</b><br />
Infatti la "proposta Tommasini" era diversa, e molto. Da tempo alcuni preparavano il terreno, ma tutto è davvero cambiato quando è intervenuto Berlusconi che però della faccenda non si è mai occupato sul serio. Non sono brava nelle dietrologie, anche se dubito che il Presidente del Consiglio sia dettato da profondissima convinzione. C`è chi parla dell`uso del corpo di Eluana per ridisegnare un nuovo equilibrio dei poteri nel nostro paese. Inoltre se fosse passato il ddl avrebbe dimostrato che poteva fare approvare qualsiasi legge in quattro giorni. <p>
<b>I radicali pongono giustamente il problema di disciplinare l`eutanasia, ma come se non fossero in Italia e in questo contesto politico. E qualcuno, da sinistra, critica anche l`eccessivo accento che voi ponete sulla libertà individuale dei cittadini senza invece soffermarsi di più sul vincoli di relazione tra individui e su quelli terapeutici. Cosa risponde a queste critiche.</b> <p>
Che sono campate in aria. Se io decido di non volere il sondino naso-gastrico, in che cosa porrei l`accento eccessivo sulla libertà individuale? Mentre mi sembra che dire «tu non potrai mai togliertelo» sia una prevaricazione insopportabile tra individui, appunto. Una prevaricazione, poi, imposta per forza di legge, il che inevitabilmente íntroduce elementi di uno Stato etico e non laico. Quanto all`eutanasia, ci è capitato spesso di sostenere e promuovere diritti civili in grande sintonia con l`opinione pubblica, ma quasi sempre considerati dalla classe politica «fuori tempo o contesto». Capitò lo stesso per il divorzio e la lotta contro l`aborto clandestino... <p>
<b>Fecondazione artificiale, ricerca sulle staminali, e ora l`attacco alle libertà di cura e terapia. La destra si muove sempre più nell`ambito della bio-pontificia e ormai si fa sempre più possibile un nuovo, e stavolta vincente, attacco alla legge sull`aborto. Lei cosa ne pensa?</b><p>
Penso che se con i radicali non si ricrea d`urgenza nel paese una grande determinazione e mobilitazione "laica", ma tutto si lascia alle schermaglie parlamentari, beh, i numeri avranno la meglio, ovviamente. Appunto come accaduto per la legge 40 e come rischia di accadere per il testamento biologico... <p>
<b>Come ha vissuto dal Senato l`attacco di Silvio Berlusconi al Capo dello Stato e il brutto spettacolo che l`Aula ha offerto all`Italia la sera in cui è morta Eluana Englaro? Pensa che la crisi istituzionale sia superata o siamo solo all`inizio?</b> <p>
Beh, sentire in Aula, nell`ambito delle dichiarazioni di voto, la frase finale pronunciata dal vicepresidente dei senatori PdI Quagliarello, è stata una cosa da non credersi, da rimanere gelati. Per fortuna Anna Finocchiaro ha avuto la capacità di interpretare lo sdegno un po` di tutti. Poi, quando si è riconvocata l`assemblea, dopo l`interruzione, l`imbarazzo mi sembrava palpabile anche a destra. E stato il tentativo di creare un precedente in base al quale l`esecutivo può fare a meno dei pesi e contrappesi previsti dallo Stato di diritto scavalcando altri poteri autonomi dello Stato. Un colpo ulteriore ad un sistema italiano lontano dallo stato di diritto, compiutamente partitocratrico da tempo, troppo tempo. <p>
<b>Sabato prossimo lei sarà presente al convegno organizzato dai radicali per riflettere su questi ultimi giorni e sul testamento biologico. Quale lezione bisogna trarre dalle ultime vicende?</b> <p>
In questi anni - mi riferisco anche ai casi di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli - siamo stati investiti da una manipolazione politicamediatica incredibile dove, appunto, la politica manipola i media e viceversa, Parlo di mistificazioni estreme, da Berlusconi quando dice che Eluana avrebbe potuto partorire, a quelle più sottotraccia, con falsi scoop, falsi miracoli, falsi pentiti a reti unificate. Ma, in previsione dei dibattiti e del voto alla Camera e al Senato, credo fondamentale che si capisca chiaramente una cosa: che l`informazione lottizzata e manipolata è una peste per ogni paese democratico; che l`opinione libera dei cittadini si forma con il contraddittorio, e la si affossa con il "lavaggio del cervello" a senso unico del monopartito Raiset. Per questo con esperti della comunicazione, scienziati, medici, cercheremo di analizzare «verità e menzogne, sotto il dominio violento della partitocrazia».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KR0O3">Il Manifesto - Eleonora Martini</a>Marco CAPPATO: Caso Englaro. "Con questo DL, stravolgimento della Costituzione"2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388650Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
L'ipotesi di testo di decreto legge pubblicato in queste ore, è la conferma che i massimi vertici delle istituzioni italiane sono occupate da una banda di personaggi senza il minimo senso delle istituzioni e dello stato di diritto, per non parlare della pietà umana e del rispetto. E' proprio degli stati totalitari imporre la volontà del potere sulla autodeterminazione individuale, sul corpo, sulla salute, sulla vita, sulla malattia e sulla morte.
<p>
Se esistesse un'informazione libera invece di un regime della propaganda, se esistesse un ordine dei medici invece di burocrazia di medici d'ordine, potremmo aspettarci una ribellione dei medici e degli operatori sanitari contro questo stravolgimento della Costituzione e dei principi fondamentali riconosciuti a livello europeo e mondiale. Di fronte a questo ennesimo atto eversivo che viene dal Governo Berlusconi, non richiamare la politica in questa materia, come ha suggerito il leader della cosiddetta opposizione ufficiale italiana, Veltroni, ha come unico e possibile risultato quello di avallare l'azione del Governo ostacolando l'organizzazione nel paese della resistenza democratica e anticlericale. Come radicali, pur in condizioni di cancellazione in corso di perfezionamento, non lasceremo nulla di intentato, per continuare a rappresentare, affinché non soccomba, quell'Italia che si stringe attorno a Beppino Englaro.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.lucacoscioni.it/node/5037877">Sito Web Ufficiale - Associazione Luca Coscioni</a>VALTER VELTRONI: Caso Englaro. Decreto inaccettabile, serve un passo indietro2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388638Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"La politica si sta infilando troppo in questa vicenda"<br />
Siena - Un decreto ad hoc sul caso di Eluana Englaro sarebbe "inaccettabile": lo ha detto Walter Veltroni, segretario del Pd, parlando a margine di una visita alla sede di Siena della Novartis. <br />
"Io penso che la politica si stia infilando troppo in questa vicenda - ha affermato Veltroni - una vicenda che non può che essere affidata alla responsabilità e all'amore dei genitori di Eluana, e alle sentenze che sono state emanate dai diversi gradi di giudizio. Un intervento della politica così pesante sarebbe per me inaccettabile". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.apcom.net/newspolitica/20090205_174001_49b877f_55677.html">Apcom</a>Eugenia Maria ROCCELLA: Caso Englaro. Faremo ispezione nella clinica di Udine2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388636Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Sottosegretario Lavoro Salute e Politiche sociali (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Accanto all'ipotesi di un decreto ad hoc, il Governo valuta la possibilità di compiere ispezioni nella clinica di Udine, dove è ospite Eluana Englaro, e verificare che questa operi nella legalità. Lo annuncia il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, alle telecamere di Sat2000: "C'è questa bozza di decreto in sospeso - spiega Roccella - e c'è la possibilità di fare ispezioni: aspettiamo ulteriori informazioni dal presidente della Regione, Tondo, verificheremo le condizioni della clinica e della sua possibilità di agire nella legalità, cosa di cui non siamo certi". Di certo, ci sarà un intervento a breve: "C'è poco tempo, quando si comincia a togliere acqua ci sono danni irreversibili già dopo 4 giorni - sottolinea Roccella - è importante prendere una posizione forte, anche perchè non esiste una posizione neutrale". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.apcom.net/newspolitica/20090205_175901_44faf82_55680.html">Apcom</a>Antonio DI PIETRO: Nuovo appello a Napolitano. "Berlusconi sulle orme del nazismo"2009-02-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388635Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: IdV) <br/><br/><br />
Umiliati Parlamento e Costituzione.
"Berlusconi sta varando un poker di porcherie alla sudamericana"<br />
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Continua il pressing sul Quirinale: Antonio Di Pietro scrive una lettera aperta sul suo blog al presidente della Repubblica e denunci che il governo starebbe per realizzare, dopo la serie di 'leggi ad personam', "un nuovo poker di porcherie alla sudamericana" con "mortificazione del Parlamento", a partire da "una vera e propria occupazione della Rai" da parte di un presidente del consiglio che già domina il sistema privato.
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"Signor presidente - si legge - ci sia permesso segnalarle, nella sua qualità di garante della carta costituzionale, che, a nostro avviso, il governo Berlusconi sta per porre in essere un altro strappo alla Costituzione. Con un colpo solo si accinge ad un 'poker di porcherie' degno del peggior modello argentino: la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della Rai, la modifica dell'organo di autogoverno della Corte dei conti, la limitazione delle intercettazioni telefoniche, la modifica dei regolamenti parlamentari".
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"Occupando la Rai - denuncia Di Pietro- i cittadini non potranno pi sapere quel che accade nelle segrete stanze del potere e non potranno più esercitare alcun controllo democratico. Modificando i componenti della Corte dei conti che ha il compito specifico previsto dalla costituzione di controllare i conti della pubblica amministrazione - si mette anche tale organismo sotto il controllo dell'esecutivo che, quindi, potr falsificare a proprio piacimento i bilanci dello stato senza che nessuno possa impedirglielo. Limitando indiscriminatamente le intercettazioni telefoniche si impedisce alla magistratura di fare il proprio dovere e di contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Stravolgendo i regolamenti parlamentari si impedisce all'opposizione di esercitare i suoi diritti costituzionali e si riduce il Parlamento ad un semplice zerbino dell'esecutivo".
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"Quello che sta avvenendo nel nostro paese, ad opera dell'attuale governo - denuncia di pietro- sembra ricalcare più le orme del partito nazionalsocialista tedesco degli anni '30 che quelle di una democrazia fondata sul diritto".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/giustizia-9/di-pietro-5-feb/di-pietro-5-feb.html">Repubblica.it</a>Marco PANNELLA: Perché grido convinto "viva l'abominevole Santoro, e il suo insopportato Anno Zero"2009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388432Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Le censure, le deprecazioni contro "Anno Zero" e Michele Santoro, quando vengono dal potere in nome di una informazione corretta, democratica, leale, libera e indipendente, non sono altro che dimostrazioni di assoluta cecità o miserabile inganno di Regime.
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Nello stile di "Anno Zero" e di Santoro v'è qualcosa di una impagabile, insuperabile dinamica democratica (consapevole o no che sia). Uno stile che include profondamente i propri stessi anticorpi contro i rischi di automatici riflessi anti-democratici e intolleranti.
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Uno stile e dei contenuti - quelli di Santoro - che mettono in difficoltà il monopartitismo anti-democratico e anti-costituzionale che ormai distrugge lo Stato di diritto e l'unità civile della società italiana.
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Al contrario, nella RAI-TV domina l'ideologia di un Transpartito, ormai antropologico che produce menzogna e inganno di Regime ancor "meglio" che negli anni Trenta nei paesi fascisti, comunisti, violenti allora imperanti.
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Non a caso, a cominciare dall'ammiraglia Rete-Tg1, lo stile non è quello spiacevole e disturbante di Santoro, ma quello Italo-Vaticano, sintesi collotortista ormai quasi perfetta, del combinato disposto fra l'ultimo Stato Assoluto esistente oggi al mondo e il "nuovo" Stato-Regime partitocratico, oligarchico, corrotto e corruttore che salda al disastro "ideologico" perfino quello idrogeologico, quello civile e quello istituzionale. Regime oggi mirabilmente descritto in "Finanza&Mercati" da Marco Saverio Bobbio in occasione della miserabile vicenda "Commissione di Vigilanza" e della riedizione quasi perfetta dell'Italia istituzionale degli anni '30/'31 in poi.
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Con una differenza: quell'Italia fascista, razzista, clericale, violenta era perfettamente in linea con la sua propria legalità. L'Italia di oggi, semmai, lo è con quella lì, contro quella descritta nella Costituzione e nella legalità "vigenti" (e negate!).
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=136063">official web site - radicali italiani</a>Pietro ICHINO: L'avvocato, il sindacato e il conflitto di interesse - INTERVISTA2009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388427Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />L’asimmetria informativa tra professionista e cliente consente al primo di scegliere le soluzioni più utili a sè ma meno vantaggiose per il cliente<br />
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<b>Come stanno evolvendo la contrattazione sindacale e gli strumenti che vengono utilizzati nel sistema di relazioni industriali?</b><p>
Le direttrici del cambiamento sono più d’una. Una prima tendenza è quella verso un intreccio più intenso tra autonomia collettiva e autonomia individuale nella negoziazione delle condizioni di lavoro. Una seconda tendenza è nel senso dello spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso la periferia, cioè verso i luoghi di lavoro. Una terza tendenza, meno marcata ma pur sempre percepibile, è quella all’aumento dei contratti stipulati da sindacati italiani con management stranieri: in questi contratti la legge applicabile resta per lo più quella italiana, ma accade anche, sia pure marginalmente, che si negozino contratti collettivi destinati ad applicarsi nel contesto di ordinamenti stranieri. Ciascuna di queste tendenze determina un aumento del livello di competenza tecnico-giuridica richiesto al negoziatore.<p>
<b>
Come giudica la crescente richiesta da parte del mondo industriale di spostare la contrattazione dal piano nazionale al secondo livello, quello aziendale?</b><p>
Non è soltanto una richiesta proveniente dal mondo del management, questa, ma anche una necessità oggettiva: il contratto collettivo nazionale incontra difficoltà sempre maggiori a coprire l’intera materia e a tenere il passo con il ritmo dell’innovazione. Avvicinare la contrattazione al luogo di lavoro significa inoltre aumentare la possibilità per i lavoratori – se rappresentati bene – di trarre beneficio dagli aumenti di produttività.<p>
<b>Che ruolo devono giocare i sindacati in questo cambiamento?</b><p>
Il sindacato deve essere l’intelligenza collettiva che consente ai lavoratori di valutare i nuovi piani industriali via via che essi vengono loro presentati (o si profilano all’orizzonte: a volte occorre saper cogliere le occasioni andando a coglierle senza attendere che siano esse a venirci a cercare), valutare l’affidabilità di chi li propone e la sua capacità tecnica di realizzarli. Compito del sindacato, poi, se la valutazione è positiva, è di guidare i lavoratori nella scommessa sulla buona innovazione e rappresentarli efficacemente nella spartizione dei frutti, quando la scommessa è stata vinta.<p>
<b>Quanto conta l’assistenza legale durante una contrattazione?</b><p>
La buona assistenza legale può fare la differenza tra l’accordo che si fa e quello che non si fa: sovente occorre molta sapienza tecnico-giuridica per superare un problema negoziale. Lo stesso, del resto, accade sul piano della produzione legislativa: la stessa fattibilità politica di una riforma dipende in molti casi dalla capacità dell’estensore della nuova disposizione sul piano dell’“ingegneria giuridica”.<p>
<b>C’è un valore aggiunto nell’avere un legale al proprio fianco e quale?</b><p>
In molte situazioni l’avvocato è, per l’esperienza che detiene del diritto vivente, la sola figura dotata di quella capacità di “ingegneria giuridica” di cui parlavo prima: una capacità che talora manca agli stessi professori universitari che non esercitano la professione forense. I clienti, però, devono stare molto attenti, perché gli avvocati operano costantemente e inevitabilmente in una situazione di pericoloso conflitto di interesse.<p>
<b>Che cosa intende dire?</b><p>
Intendo dire che il rapporto tra cliente e avvocato, esattamente come quello tra paziente e medico, soffre di una grave asimmetria informativa: il primo ne sa molto meno del secondo. Quindi il secondo si trova nella possibilità di fatto di scegliere, tra due o più soluzioni, quella per lui più vantaggiosa, anche se più costosa per il cliente.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=1322">web site - Pietro Ichino | Chiara Albanese - Top Legal</a>MERCEDES BRESSO: «La Chiesa invita a non rispettare la legge. Non può farlo» - INTERVISTA2009-01-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388393Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Piemonte (Partito: PD) - Consigliere Regione Piemonte (Gruppo: DS) <br/><br/><br />
Il resoconto del botta e risposta andato avanti per tutto il giorno è copioso. Il cardinal Severino Poletto ha detto che sul caso Englaro i medici devono fare obiezione di coscienza. La legge di uno Stato non può andare contro la legge di Dio. Mercedes Bresso ha replicato che «non viviamo in una Repubblica di ayatollah».
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<b>Presidente, Mantovano definisce «incivile» la sua replica al cardinal Poletto. Perché ha pensato agli ayatollah?</b><br />
L’obiezione di coscienza, non esiste nell’ordinamento, vale solo per la legge 194, quindi quello del cardinal Poletto è un invito a non rispettare la legge vigente. Tuttavia sono convinta che nessuno possa essere obbligato a compiere azioni contrarie alla propria coscienza. Per questo una legge sul testamento biologico deve prevedere l’obiezione di coscienza che, ne sono certa, i medici adotterebbero con grande cautela. Sappiamo tutti per esperienza personale che i medici, cattolici e non, continuamente prendono decisioni insieme alla famiglia su quando interrompere le terapie. Soltanto la politica, nell’ipocrisia di questo dibattito, fa finta di non saperlo.<br />
<b>Quindi non è stato esagerato usare quel termine?</b><br />
La parola ayatollah non è un insulto, indica i capi religiosi che per un insieme di circostanze hanno ottenuto il potere temporale e hanno fatto coincidere la legge religiosa con quella politica. L’appello lanciato da Poletto non va in quella direzione?<br />
<b>Sul caso di Eluana Englaro la politica sta scrivendo fiumi di parole. Non è incivile anche questo atteggiamento?</b><br />
La confusione fra Stato e Chiesa provoca solo danni. Il dibattito politico da un lato è incivile perché non tiene conto della discrezione che si dovrebbe avere in un caso del genere e del fatto che in uno Stato di diritto vanno rispettate le sentenze, dall’altro perché mira a criminalizzare chiunque ritenga - in questo caso la famiglia Englaro - di essere titolare di un diritto.<br />
<b>Il ministro Sacconi dice di aver fatto riferimento, tra l’altro, alla Convenzione delle Nazioni unite.</b><br />
Il centrodestra, come è nel suo stile, sta modificando uno stato di fatto. Sacconi parla di Eluana come di una disabile e sta insinuando che il padre vuole ucciderla, quando tutti sappiamo che la vita di Eluana è artificiale. Si sostiene che alimentazione e idratazione non sono trattamenti medici e questo è un falso voluto,, al punto che Sacconi considera questi trattamenti nei Livelli Essenziali di Assistenza, cioè nelle cure, le stesse che il paziente può rifiutare, ma noi, istituzioni, no.<br />
<b>C’è una sentenza che rischia di restare inattuata a causa di una circolare ministeriale. Può accadere in uno Stato laico?</b><br />
Il ministro non può dare una interpretazione autentica della legge, spetta alla magistratura e le leggi le fanno i parlamenti. Nel caso specifico, poi, né io, né Sacconi, né tutti quelli che parlano, possiamo sostituirci al lavoro che hanno svolto medici e giudici prima di arrivare, con grande prudenza, ad una decisione.<br />
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C’è chi la accusa di aver riacceso la polemica senza che nessuno le avesse chiesto nulla. Come mai si è espressa sul caso Englaro?</b><br />
Mi è stata fatta una domanda da un giornalista e ho dato una risposta. Per quanto mi riguarda nella mia Regione non ci sono ostacoli, la grande maggioranza degli operatori sanitari del Piemonte ha dato la propria disponibilità.<br />
<b>Lei pensa che si arrivi ad una legge?</b><br />
Anche in presenza di una legge sarebbe sempre necessaria una figura di tutela, in caso di conflitto tra medico e famiglia, per esempio. La legge serve soprattutto per conoscere l’orientamento della persona, se invece andasse a porre limitazioni rischierebbe di toccare un principio non violabile dell’ordinamento: il diritto a decidere sulla propria persona. Il principio dell’habeas corpus è un principio inviolabile del diritto occidentale.<br />
<b>
Come mai si parla sempre meno di laicità?</b><br />
Da quando i cattolici non sono più largamente rappresentati dallo stesso partito, c’è una caccia aperta al loro voto e spesso ci si dimentica che ci sono tanti cattolici laici.<br />
<b>Sta dicendo che lo stato era più laico con la Dc?</b><br />
Probabilmente sì, la Dc spesso aveva atteggiamenti laici nei confronti del rapporto con la Chiesa. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KJISK">L'Unità - Maria Zegarelli</a>Maurizio SACCONI: Eluana Englaro. «Non metto sotto scacco nessuno».2009-01-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388363Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI) - Ministro Lavoro Salute e Politiche sociali (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Non metto sotto scacco nessuno, ho fatto solo una ricognizione delle leggi da applicare». Non si è fatta attendere la risposta del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, chiamato in causa dal governatore Mercedes Bresso che due giorni fa ha avanzato la disponibilità del Piemonte ad accogliere Eluana «in una struttura pubblica, perché quelle private sono sotto scacco del ministro».
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Parole che hanno innescato un’aspra polemica: da una parte il governatore che ribadisce ancora che la Regione è «pronta a dare attuazione alla sentenza della Cassazione», sostenuta dal sindaco di Torino, Chiamparino, e diversi esponenti del centro-sinistra. Dall’altra parte il governo intervenuto per difendere Sacconi. Per il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, Al Piemonte avrà gravi difficoltà a trovare gli strumenti procedurali per eseguire il decreto della Corte d’Appello» e «sottrarre l’alimentazione a un disabile, è ledere un suo diritto». Unica voce fuori dal coro del Pdl è del presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Giuseppe Palumbo che dice: «Sul caso Eluana c’è una sentenza che alla fine credo che dovrà essere rispettata» e aggiunge che «con una donna in coma da 17 anni, anche io che sono generalmente aperto alla vita, ritengo che si debba far fare alla natura il proprio corso».
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Intanto sull’atto del ministro del Welfare firmato lo scorso 16 dicembre 13 eurodeputati - tra cui il radicale Marco Pannella, Claudio Fava, Giovanni Berlinguer - hanno presentato un’interrogazione alla Commissione europea. I Radicali italiani intanto puntano il dito contro il silenzio del Pd che, dice il presidente Bruno Mellano, «continua a non riuscire a produrre alcuna posizione politica precisa». A difendere Bresso interviene Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se e sostiene che «ha dimostrato alto senso istituzionale e civile». Parlamentari e dirigenti del Pd piemontese si stringono intorno all’iniziativa: la posizione di Bresso, si legge in una nota, «rappresenta il doveroso atteggiamento di un’istituzione nei confronti delle regole dello stato di diritto e la migliore espressione di una politica laica e responsabile».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KJ49L">La Repubblica - p.co.</a>Marco BELTRANDI: Rai. «Speriamo che l’ex presidente ci segua»2009-01-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388359Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Nel giorno in cui tutto sembra finito, mentre pare si stia scrivendo l’ultimo capitolo del "caso Villari", i radicali non arretrano. Anzi, mettono in campo gli avvocati di fiducia. Dalla sede della commissione di vigilanza Rai che lui, da solo, occupa da otto giorni, arriva la voce affaticata (è in sciopero della fame) ma non doma del deputato radicale Marco Beltrandi: «Si apre adesso una stagione di ricorsi. In tutte le sedi e in tutte le forme possibili». Dal Senato Emma Bonino s’indigna: «Ma come? Non dicevano, illustri politici, che la questione vigilanza Rai non interessava a nessuno? Mi sembra che se ne occupino molto, invece!».
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Beltrandi si dice prima sicuro che Villari sarà con i radicali in questa "stagione dei ricorsi", poi si corregge: «Gli ho parlato e penso che farà ricorso». Poi, ancora: «Mi auguro che il presidente Villari e l’onorevole Sardelli mi seguano nella decisione di impugnare le lettere di revoca dei presidenti di Camera e Senato». Spiega Beltrandi: «Noi tre non ci siamo dimessi e veniamo revocati d’ufficio, è quasi un provvedimento disciplinare».
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La Corte Costituzionale ha sancito che la magistratura ordinaria non si può occupare di ciò che è disciplinato dai regolamenti parlamentari. Fra i consulenti giuridici radicali si ricorda, tuttavia, che certi atti della commissione di vigilanza non sono considerati (da alcuni giuristi) atti interni al Parlamento, bensì atti di "alta amministrazione". Può rientrare in questo la revoca dei commissari rimasti seduti sulle loro poltrone? In tal caso, sarebbe all’orizzonte un ricorso al Tar. Un altro aspetto allo studio degli esperti radicali è questo: il presidente Fini scrive che 37 commissari si sono dimessi e che i gruppi hanno già dichiarato che non li sostituiranno; ma quando si dimisero i due dell’Italia dei valori, il capogruppo disse che non sarebbero stati sostituiti e la presidenza non li considerò mai dimessi. Quindi, due pesi e due misure.
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Poi, c’è l’ipotesi del ricorso alla Corte Costituzionale. Conflitto di attribuzione fra la commissione di vigilanza e i presidenti delle Camere. Visto che la vigilanza ha anche poteri di controllo esterni, sulla tv pubblica, Fini e Schifani non avrebbero pieno potere di scioglimento. Il grande problema, qui, come ha spiegato ieri sul Corriere il costituzionalista Ainis, è che dovrebbe essere la commissione nel suo insieme a presentare il ricorso.
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Infine, l’aspetto penale. La commissione è bloccata da mesi, non nomina il nuovo consiglio di amministrazione Rai, non regola le tribune per le elezioni sarde, non disciplina l’accesso delle minoranze: i radicali hanno presentato nei giorni scorsi una denuncia contro ignoti. E’ stato aperto un fascicolo per interruzione di pubblico ufficio e l’avvocato Giuseppe Rossodivita sta per presentare una nuova memoria: «Abbiamo chiesto alla Rai di partecipare alle trasmissioni dell’accesso e la Rai ha risposto: gli spazi sono gestiti dalla commissione di vigilanza. E’ la dimostrazione che se la commissione non funziona vengono sospesi importanti diritti».
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Marco Beltrandi continua la sua occupazione al secondo piano di Palazzo San Macuto: «Resto qui, mi vengano a buttar fuori se vogliono». Beltrandi non è più commissario. Ma il Pd ha già detto che lo reinserirà nella nuova commissione (i radicali sono stati eletti nelle liste Pd). «Rispetteremo così in modo unilaterale gli accordi elettorali con i radicali», ha detto, fiero, il capogruppo alla camera, Soro.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=KJ3IO">Corriere della Sera - Andrea Garibaldi</a>