Openpolis - Argomento: bilancihttps://www.openpolis.it/2012-08-24T00:00:00ZGianfranco Polillo: Esuberi indolore negli enti locali - INTERVISTA2012-08-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648480Alla data della dichiarazione: Sottosegretario Economia e finanze<br/><br/><br />Puntare sui prepensionamenti. Bilanci oscuri negli enti locali.
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Esuberi senza «macelleria sociale» negli enti locali. I 13 mila dipendenti di troppo che andranno sfoltiti dagli organici di regioni, comuni e province saranno per gran parte («oltre la metà») individuati tra coloro che stanno per maturare i requisiti per il prepensionamento. I conti comunque si faranno a fine anno, quando il governo con dpcm individuerà il «giusto» livello medio delle dotazioni organiche degli enti territoriali e chiederà alle amministrazioni che si pongono al di sopra di questa asticella di virtuosità di non assumere più personale (se lo sforamento supera il 20%) o dare corso ai tagli (se lo sforamento supera il 40%).
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In attesa di conoscere come verranno spalmati i 24 mila esuberi preventivati dall'esecutivo per tutto il pubblico impiego, il consiglio ai comuni è di «limitare il più possibile le assunzioni, soprattutto quelle fatte in modo surrettizio attraverso le partecipate». La reale tenuta dei bilanci locali preoccupa, e non poco, il sottosegretario all'economia, Gianfranco Polillo, secondo cui la ricetta per accendere i riflettori su alcune «gestioni allegre al limite del default» è solo una: istituire un organismo indipendente di certificazione dei bilanci. Perché <b>l'idea, lanciata in un'</b><a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1HM0AD"><b>intervista a ItaliaOggi (il 13 luglio scorso) dal presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino</b></a>, di ripristinare i controlli preventivi di legittimità, pur essendo «sacrosanta», è di difficile attuazione «in quanto richiederebbe una modifica costituzionale». Mentre un freno va posto subito visto che «molti enti locali sono diventati la Grecia d'Italia».
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<b>Sottosegretario, partiamo proprio da questa sua definizione. Non è un po' allarmistica? O davvero i bilanci degli enti locali sono una bomba pronta a esplodere?</b>
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La situazione è molto variegata, ma al tempo stesso piuttosto oscura. A tutt'oggi i conti degli enti locali non parlano un linguaggio comune, nonostante il decreto sull'armonizzazione dei bilanci (varato dal governo Berlusconi come corollario attuativo del federalismo fiscale, <i>ndr</i>) che però entrerà in vigore dal 2013. E così, accanto a enti virtuosi che hanno ben amministrato e rispettato il Patto e oggi si trovano in difficoltà per questo, c'è chi ha fatto il furbo mascherando situazioni di default occultate dietro gestioni apparentemente irreprensibili. Ma ora i nodi stanno venendo al pettine anche grazie agli ultimi interventi del governo Monti che ha imposto una stretta sulle partecipate, il mezzo attraverso cui si compie la maggior parte di questi falsi contabili, e una immediata pulizia dei bilanci. E mi riferisco al giro di vite sui residui attivi, ossia i vecchi crediti tributari non riscossi, e spesso non riscuotibili, ma messi lo stesso a bilancio. Il problema, tuttavia, rimane perché al momento non c'è nessuno che controlli efficacemente i conti pubblici. Lo dimostra quanto accaduto in Campania, dove il governatore Stefano Caldoro si è affidato ai tecnici della Ragioneria dello stato per districarsi tra le poste del bilancio regionale. E ha scoperto che l'ente era sull'orlo del fallimento.
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<b>Crede anche lei che la panacea possa essere il ritorno ai controlli preventivi di legittimità? Il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, la ritiene un'esigenza irrinunciabile perché, dice, i magistrati contabili hanno armi spuntate per realizzare un'efficace verifica delle gestioni dei comuni.</b>
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È una proposta sacrosanta, ma di difficile attuazione perché bisognerebbe cambiare il Titolo V della Costituzione. Nella legge che ha introdotto l'obbligo del pareggio di bilancio abbiamo previsto l'istituzione di un'Authority per il controllo dei conti pubblici. Un organismo indipendente (sul modello del Congressional budget office americano ndr) con compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica (si veda ItaliaOggi del 30/11/2011 <i>ndr</i>). L'Authority debutterà nel 2013 e credo che sia questa la strada per realizzare una rendicontazione realistica e trasparente dei conti pubblici. L'entrata a regime dei fabbisogni standard poi ci darà una mano nel tenere sotto controllo la spesa degli enti locali.
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<b>Insomma, lei dice che i comuni spendono e spandono. I diretti interessati invece ribadiscono, citando la Corte dei conti, la loro virtuosità e da settembre promettono battaglia contro i tagli della spending review. È una fotografia troppo ottimistica quella dei giudici contabili che riconoscono il ruolo svolto dai sindaci nel miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica?</b>
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La Corte dei conti fotografa quel che vede. Noi, su richiesta del presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, abbiamo chiesto all'Istat di fornirci un quadro della spesa corrente al netto dei costi per previdenza, interessi e trasferimenti. E il risultato è stato che dal '95 ad oggi le pubbliche amministrazioni centrali hanno ridotto le spese del 10%, mentre gli enti locali le hanno aumentate dello stesso importo con la conseguenza che ora generano più del 50% della spesa pubblica totale. Non si può pensare di mettere sotto controllo i conti pubblici senza passare al setaccio la spesa comunale che ad oggi cresce più di quella di regioni e province. Certo, molti dei costi sostenuti dai sindaci sono serviti a pagare i servizi erogati ai cittadini, ma l'oscurità dei conti ci impedisce di calcolare se vi sia stata o meno inefficienza sul fronte delle uscite.
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<b>In realtà i dati del dossier depositato da Enrico Bondi in senato sembrerebbero certificare queste inefficienze. Ai comuni vengono attribuiti 7,8 miliardi di spese in più (di cui 4,6 nelle città con più di 100 mila abitanti), molto meno a regioni e province: 2,5 e 2,3 miliardi. Le regioni, in particolare, con i tagli della spending review riuscirebbero a coprire la spesa extra per consumi intermedi. Più difficile sembra essere il compito dei comuni che per recuperare 7,8 miliardi di spese inefficienti andranno incontro a un futuro non proprio roseo (500 milioni di tagli quest'anno, 2 miliardi nel 2013 e nel 2014 e 2,1 miliardi dal 2015, <i>ndr</i>). Si rischia il conflitto istituzionale, non crede?</b>
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La spending review non è una manovra ma un work in progress, un'indicazione di metodo che necessiterà in futuro di continue verifiche. <br />
È chiaro che non si possono tagliare subito 7,8 miliardi agli enti locali, altrimenti la maggior parte delle amministrazioni andrebbe in default. Ma bisogna cominciare a scavare per cercare di razionalizzare al massimo la spesa. Oggi noi non abbiamo strumenti analitici di indagine, ma le notizie degli sprechi sono all'ordine del giorno. Basti pensare ai contributi erogati dai consigli regionali ai partiti, pari a circa 300 milioni di euro. Dal 2013 i bilanci pubblici dovranno parlare una sola lingua e quindi saranno confrontabili. L'istituzione di un organismo centralizzato di controllo sui conti consentirà di capire dove si annidano gli sprechi.
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<b>Nel 2013 però voi non sarete più al governo. L'azione dell'esecutivo sarà inevitabilmente condizionata dalla durata di questi ultimi scampoli di legislatura. Teme che, se il «rompete le righe» da parte del presidente Napolitano dovesse arrivare prima del previsto, ci sia il rischio che alcune riforme su cui il governo Monti ha puntato molto restino delle incompiute? Cosa ne sarà del riordino delle province? Se, come sembra ormai certo, non potrà che avvenire con un disegno di legge, difficilmente entrerà in vigore in questa legislatura. E nel passaggio da un governo all'altro potrebbero inserirsi pericolosi tentativi di dietrofront. <br />
Cosa ne pensa?</b>
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In effetti, penso anch'io che qualche problema ce l'avremo. Noi però abbiamo la coscienza a posto. Ribadisco, il governo Monti ha indicato una strada, quella del riordino, che dovrebbe portare a razionalizzare la governance degli enti di area vasta. Sarà compito del prossimo governo continuare l'opera e non credo che si possa tornare indietro. Ma non sarà una battaglia semplice.
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<b>Come non sarà semplice la battaglia sugli esuberi. Ne avete individuati 13 mila solo negli enti locali, ma il dpcm che fisserà i livelli di spesa media per il personale arriverà a fine anno. Avete già fatto i conti allora?</b>
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Diciamo che le previsioni sono quelle che lei ha citato. Abbiamo riscontrato che in linea di massima le piante organiche sono sovradimensionate rispetto alle necessità degli enti. Ma non vogliamo nessuna «macelleria sociale». I tagli si concentreranno per lo più su coloro che matureranno a breve i requisiti per la pensione. Più che esuberi dunque saranno prepensionamenti. Intanto però anche gli enti sono chiamati a fare la loro parte collaborando col governo in questi mesi che ci separano dall'emanazione del dpcm. Nuove assunzioni dovranno essere autorizzate con molta cautela perché potrebbero correre il rischio di finire successivamente sotto la ghigliottina della spending review. Per non parlare poi delle assunzioni surrettizie effettuate scaricando i costi sulle partecipate.
<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1JCQBY">Italia Oggi - Francesco Cerisano</a>Patrizia TOIA: Il bilancio europeo: un completamento dei bilanci nazionali2012-06-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646143Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
“No a tagli miopi, no a lotte tra Paesi perché la crescita é una chance comune per tutti i cittadini europei”. Questo il monito lanciato dall’eurodeputata <b>Patrizia Toia</b>, Vicepresidente S&D, nel corso della discussione sul Quadro finanziario pluriennale (QFP) e risorse proprie, cioè il Bilancio dell'Europa.
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“Il QFP é molto importante, ma ad una condizione, che gli Stati vedano i bilanci non come una fonte di spesa da tagliare, come tutta la spesa pubblica, ma come una risorsa che può aiutare l’economia a crescere, un investimento, non un costo per i cittadini, un modo per produrre risultati tangibili, perché le cifre sono programmi, progetti da realizzare”, ha insistito <b>Toia</b>.
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“Per essere efficace il Bilancio Europeo deve essere in sinergia con quelli Nazionali. Occorre un nuovo approccio, un approccio più coordinato quando si parla di bilancio europeo, che non deve essere visto come qualcosa a parte, ma piuttosto come un completamento dei bilanci nazionali, é importante che si rafforzi, quindi, il legame tra bilancio europeo e i bilanci nazionali, perché – ha continuato l’eurodeputata italiana – solo così si potrà creare quella massa globale in grado di sviluppare politiche efficaci”.
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“In vista della riunione del Consiglio europeo del 28-29 giugno, la richiesta di un Bilancio ambizioso e adeguato alle esigenze di crescita, rientra nella domanda più generale di un cambiamento totale di strategia ai Governi del Consiglio: unità tra i Paesi per fare l'Unione politica e fare muro contro la speculazione. L'Unione politica é la risposta indispensabile che rende efficaci sia l'unione bancaria che il sostegno alle difficoltà di ogni stato. L'Europa non può più limitarsi a spegnere ogni giorno un fuoco qua e là, in soccorso di questo o quel Paese, deve invece dare la certezza della sua unità e della sua forza”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://youtu.be/jSEu50GFKS8">YouTube Pd Europa</a>Emma BONINO: Se 900mila disoccupati vi sembran pochi2008-12-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382749Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/>
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La crisi finanziaria mondiale e gli effetti della recessione che hanno investito l’Italia impongono a chi governa l’economia del nostro Paese di prendere contromisure tempestive, univoche ed efficaci. Non siamo in epoca di interventi a pioggia i cui benefici rischiano di disperdersi in mille rivoli. Alle difficoltà che si profilano occorre rispondere avendo chiare le priorità e, da tempi non sospetti, non ho dubbi che la riforma degli ammortizzatori sociali debba essere in cima alla lista: lasciare qualche soldo nelle tasche della gente è una delle risposte per mantenere uno stimolo all’economia e proteggere nuovi disoccupati da un crollo verticale delle loro entrate.
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Facciamo due conti. L’Ocse stima che la recessione avrà pesanti conseguenze sul mercato del lavoro e che in Italia, nel 2009 e nel 2010, ci saranno circa due milioni di disoccupati. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio del ministero del Lavoro, gli ammortizzatori sociali italiani coprono solo il31% dei disoccupati con sussidi di varia natura. Gli altri devono arrangiarsi da soli.
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Nei prossimi due anni, dunque, ci saranno poco più di 600mila disoccupati che riceveranno un sostegno al reddito, a cui si aggiungono i cassaintegrati e circa 1,4 milioni senza alcuna fonte di reddito. Contribuiranno ad alimentare l’esercito dei poveri e potranno sopravvivere solo grazie all’aiuto delle famiglie o del lavoro nero. Ma prendiamo in considerazione, vista la difficile situazione dei bilanci pubblici, solo quelli che hanno perso un lavoro e non le persone alla ricerca del primo impiego. Sempre facendo una stima tagliata con l’accetta, poiché nel 2007 le persone in cerca di lavoro con una precedente esperienza lavorativa erano il 75% del totale, nel 2009 e nel 2010 i disoccupati che perderanno il lavoro, non coperti da alcun ammortizzatore sociale, saranno almeno 900mila, buona parte dei quali con contratti flessibili o atipici. Probabilmente i disoccupati saranno in proporzione molti di più rispetto agli inoccupati a causa della crisi che si abbatterà su molti settori produttivi.
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E’ un problema sociale, economico, politico e forse anche di ordine pubblico di qualche rilevanza che nei prossimi due anni ci saranno quasi un milione di cittadini italiani senza neppure le risorse minime di sussistenza?
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Il governo ha annunciato lo stanziamento di un miliardo di euro per allargare in misura modesta la platea dei beneficiari degli ammortizzatori sociali. Per poter erogare un’integrazione al reddito a buona parte dei 900mila disoccupati che si annunciano sono necessarie risorse aggiuntive pari a quelle che, alla fine, saranno pagate dai contribuenti per il salvataggio di Alitalia, cioè circa tre miliardi. Il piano governativo, che prevede tanti interventi sparsi di modesta entità, sarà in grado di produrre quello shock di cui abbiamo bisogno per incentivare la domanda e risollevare l’economia? Sono francamente scettica.
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Allora, concentrare le poche risorse per consentire a 900mila disoccupati di resistere, in modo dignitoso, alla tempesta dei prossimi due anni ha tanti vantaggi. Innanzitutto è una misura di giustizia sociale che esiste in tutti gli altri Paesi d’Europa. Solo in Italia vi sono due categorie di lavoratori, quella protetta contro il licenziamento involontario e quella abbandonata alla sua sorte. Cogliere quest’occasione per una rapida riforma degli ammortizzatori sociali, utilizzando la delega prevista dalla legge sul welfare del precedente governo che permette di abbreviare drasticamente le procedure di approvazione, consentirebbe di ottenere due risultati insieme: intervenire con urgenza su 900mila poveri assoluti che questa crisi getterà sul lastrico; avvicinare il nostro Paese all’Europa con una riforma degli ammortizzatori sociali moderna ma anche severa, tenuto conto delle condizioni vincolanti che, in un’ottica di welfare to work, sono alla base del patto tra Stato e cittadino beneficiario.
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Ma il provvedimento avrebbe anche una funzione anticiclica: trasferire tre miliardi sui ceti più bisognosi, privi in gran parte di altre fonti di reddito, darà una forte spinta alla domanda perché queste risorse si trasformeranno quasi interamente in acquisti di beni e di servizi essenziali. Di questo ha bisogno il nostro Paese, come molti economisti raccomandano, per uscire con le ossa meno rotte dalla recessione. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=133359">Il Riformista - Emma Bonino</a>Silvio BERLUSCONI: «Da gennaio sarò presidente del G8. E mi farò promotore di una regolamentazione della rete».2008-12-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382714Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Pres. del Consiglio (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Un annuncio che suona come una minaccia. Molto perché a formularlo è lui, Berlusconi. Il premier dell'unico paese occidentale dove l'informatica non solo non cresce ma va indietro. Ma il sospetto verrebbe anche se a parlarne fossero altri, uno qualsiasi dei «potenti». Il tema è Internet. Ieri, Berlusconi ha tagliato il nastro di un nuovo servizio offerto dalle Poste. Nell'occasione, il premier ha regalato qualche frase fatta. Prima dell'annuncio: <b>«Da gennaio sarò presidente del G8. E mi farò promotore di una regolamentazione della rete».</b> Nuove leggi, insomma.
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Berlusconi ne parlerà al vertice dei «grandi», a La Maddalena, e non all'Onu. Perché il Palazzo di vetro è ormai diventata un'organizzazione «pletorica». Che cosa proporrà ? Su questo, il presidente non ha detto una virgola di più. Forse l'idea gli è venuta ieri, sul momento, forse la deve dettagliare. Comunque per ora non si sa nulla.
C'è solo l'annuncio. Che appunto suona come una minaccia. Perché è lo stesso premier che 24 ore fa - non qualche anno fa col caso Biagi, ma l'altro ieri - ha proposto il licenziamento dei direttori dei due più importanti quotidiani perché poco graditi. Perché è alla testa di un governo che in meno di otto mesi, è riuscito a vietare tutto. Dalla possibilità di entrare in questo paese all'elemosina. Tutto vietato.<br />
La sua suona come una minaccia, dunque. Ma la verità è che quelle frasi sarebbero pericolose anche se a pronunciarle fossero altri. Perché il problema della rete non è nella mancanza di regole. E' nel fatto che non arriva dappertutto, perché costa troppo. E chi dovrebbe farlo, fa i conti solo con i bilanci. E' nel fatto che due terzi del mondo dispone del 95% delle connessioni. Quindi del 95% delle informazioni. Il problema della rete è che lo strumento più democratico di fruizione della cultura sta per essere soffocato dalle lobby del copyright.<br />
Le regole, allora. Le regole che ha in mente Berlusconi hanno poco a che fare con tutto questo. E di tutto la rete sente il bisogno meno che di nuove leggi. Che esistono già, e sono operative. La lotta alla pedofilia è condotta dal Canada al Sud Africa sulla base di norme esistenti, così come la lotta al terrorismo. E laddove non è arrivata la legge, la rete si è autogovernata. Per fare un esempio: tutti conoscono «wikipedia», l'enciclopedia on line fatta col contributo di milioni di utenti. Bene, «wikipedia» si è data norme quasi ferree, che impediscono, o attenuano, gli abusi. No, Berlusconi pensa ad altro. E infatti dice che <b>Internet è «un forum mondiale che va regolamentato».</b>
<b>Che va controllato.</b> In questo, rivelando molte analogie col centrosinistra. Visto che in Italia la proposta più liberticida di «regolamentazione» dei blog - cioè dei luoghi dove si esprime il massimo di libertà d'opinione - porta la firma dell'ex sottosegretario del governo Prodi, Levi.<br />
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La rete va imbavagliata, ancora. Come ha fatto il suo amico Sarkozy che ha deciso di espellere dalla rete chi è sospettato di scaricare file protetti dal copyright. Come vorrebbe fare l'Europa dove il consiglio dei ministri ha varato una proposta che - se approvata - consentirebbe alle polizie di introdurre virus nei pc in modo da poterli spiare. Come ha fatto l'America di Bush che, dopo l'11 settembre, s'è arrogata il diritto di violare qualsiasi privacy. Sì, l'America di Bush.
<p> <b>Quella di Obama non si sa ancora ma in ogni caso la sua prima mossa è in controtendenza.
E' di ieri l'annuncio che tutto ciò che era leggibile, ascoltabile, visibile sul sito del neo presidente sarà disponibile sotto licenza «creative commons». Basterà citare la fonte e chiunque potrà prendere quel che vuole, rielaborarlo, assemblarlo, smontarlo. Non ci sarà copyright.</b><br />
Nel suo piccolo Obama comincia a disegnare una rete libera. Per realizzarla, però, dovrà fare i conti con Berlusconi e gli altri. A cominciare dal prossimo vertice. Economico.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=K2ZY1">Liberazione - Stefano Bocconetti</a>