Openpolis - Argomento: conflitti d’interesse.https://www.openpolis.it/2010-11-02T00:00:00ZGiuseppe GIULIETTI: Dalle tute blu agli insegnanti. Vogliamo in tv tutti i soggetti sociali oscurati.2010-11-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547592Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
Giorgio Cremaschi, storico e appassionato dirigente della Fiom, ha rivolto un appello a Fabio Fazio affinché, dopo aver ospitato nella sua trasmissione l’ingegner Marchionne, voglia ora dare la parola anche ai tre operai licenziati dal canadese e reintegrati dal giudice.
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Non solo condividiamo la richiesta, ma ci permettiamo di prenderlo a pretesto per porre una questione più generale: chi garantisce la par condicio a coloro che non hanno potere, non dispongono di un presidente del Consiglio buono che telefona per loro ai direttori di Tg pubblici e privati, che non hanno neanche uno straccio di commissario della autorità di garanzia al quale dare ordini? Le stessi rilevazioni statistiche ci fanno conoscere i dati delle presenze politiche in tv, ma nulla ci dicono sulla presenza dei diversi soggetti sociali, sui temi trattati o rimossi, sulle zone della società condannate all’oscurità o alla semiclandestinità.
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I dati empirici rilevati dall’osservatorio curato da articolo 21 ci dicono che tra Marchionne e i suoi operai esiste non solo la conclamata divaricazione salariale, ma anche una mostruosa sproporzione mediatica. Conosciamo tutto sulle ragioni di Marchionne, sappiamo poco o nulla delle ragioni delle vite, delle motivazioni che ispirano non solo e non tanto i tre operai licenziati, quanto le centinaia di tute blu che ancora esistono in Italia. La rimozione mediatica della loro vita contribuisce in modo non marginale alla rimozione della questione sociale dalla coscienza nazionale e dalla stessa agenda istituzionale e politica, per altro già ben disposta a cancellare il tema della democrazia economica e della uguaglianza dei diritti.
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Naturalmente non mancano le eccezioni né in politica, né nei media, ma qui stiamo parlando dello spirito prevalente, del senso comune che si è determinato e che bisogna incrinare, se davvero si vuole favorire non solo il superamento di Berlusconi, ma anche del berlusconismo, che è fenomeno assai più complesso e contagiose.
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Per queste ragioni e senza volontà alcuna di interferire sulle autonomie professionali di chicchessia, ci permettiamo di estendere l’appello di Cremaschi a tutte le trasmissioni, a tutti i giornalisti, a tutte le emittenti, pubbliche o private che siano, a chiunque disponga di uno spazio di scrittura o di rappresentazione, affinché diano voce e volto ai tre operai della Fiat, ma anche affinché tornino in primo piano e magari in prima serata temi e soggetti sociali considerati residuali, marginali, non graditi perché scabrosi, perché non funzionali alla industria della paura, alle fabbriche di Avetrana, di Erba, di Garlasco.
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Già che ci siamo apriamo una battaglia culturale, redazione per redazione, programma per programma, alla Rai e non solo, affinchè gli studi (quelli che già non lo fanno e sono la stragrande maggioranza) si aprano anche agli studenti e agli insegnanti che lottano per salvare la scuola pubblica, a chi contrasta mafie e illegalità diffuse, ai lavoratori e alle lavoratrici dello spettacolo e del cinema che non vogliono che un immenso bavaglio riduca al silenzio anche cinematografiche. Ci sono tagli che diventano bavagli e quelli di questi giorni sono bavagli che tendono a colpire qualsiasi forma di autonoma espressione dei segni, dei punti di vista, delle opinioni, qualunque esse siano.
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Negli ultimi mesi ci siamo spesso ritrovati insieme per dar vita a grandi manifestazioni per la Costituzione, per la legalità, per il lavoro e la democrazia, dentro e fuori le fabbriche, sino alla straordinaria giornata di lotta indetta da tutto il cinema italiano e che ha registrato una partecipazione, un impegno, una solidarietà che ha stupito tutti noi che eravamo nella piazza davanti all’Auditorium.<br />
I tagliati e gli imbavagliati, i candidati a diventarlo non sono più una minoranza, ma ormai rappresentano la maggioranza della popolazione, chi saprà coniugare la questione sociale e la tutela dei diritti, probabilmente, riuscirà a vincere la partita, a staccare la spina al governo dei privilegi, dei conflitti di interesse, delle telefonate in questura, delle liste di proscrizione.
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Per questo l’appello lanciato da Cremaschi può e deve diventare un vero e proprio appello a ridare volto e voce ai tagliati, agli imbavagliati, agli oscurati. Coraggio, c’è solo l’imbarazzo della scelta!
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Giuseppe Giulietti
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P.S. Lucia Annunziata nella puntata di domenica della sua trasmissione su Rai 3 ha dato spazio agli operai della Fiat, ci sembra giusto segnalarlo e ringraziarla.
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<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/dalle-tute-blu-agli-insegnanti-vogliamo-in-tv-tutti-i-soggetti-sociali-oscurati/?printpage=undefined">micromega-online</a>Francesco FORGIONE: La politica non ha più zone franche. Solo la magistratura parla di mafia2008-12-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382717<br />
E’ da tempo, ormai, che ci troviamo di fronte ad un nuovo salto di qualità nei rapporti tra mafia e politica. Una mutazione profonda che, ben al di là degli aspetti giudiziari e penali, segnala una nuova grande questione morale nell’intero Mezzogiorno.<br />
La cosa che più fa rabbia è che una analisi, un dibattito e la ricerca-definizione di adeguati anticorpi non nascano da una consapevolezza autonoma della politica, ma siano sempre stimolati e portati alla luce dall’azione giudiziaria. E’ come se la politica ormai fosse incapace di leggere la realtà, di cogliere i limiti e i rischi del suo rapporto col territorio in aree – sempre più diffuse - egemonizzate dalle mafie, di vedere la degenerazione della funzione del governo locale e il suo mutare in puro esercizio del potere. La politica tutta, a destra centro e sinistra. Davvero non ci sono più zone franche per un’analisi impietosa che non può fermarsi alla superficie di una questione democratica che ormai sta mutando completamente il rapporto tra rappresentanti e rappresentati in intere aree del Paese.
La sentenza del giudice Morosini di cui Liberazione ha pubblicato ampi stralci apre uno squarcio di luce sui tratti nuovi delle relazioni politico mafiose. Anzi, toglie il “trattino” di congiunzione al rapporto tra politica e mafia. Non è una novità da poco conto.<br />
In passato per definire i rappresentanti dei partiti o delle istituzioni che, al di là dei fatti penali, si rapportavano in termini di favori o collusioni con le organizzazioni criminali si usava l’espressione di “referenti politici”: così è stato per uomini come Andreotti o Lima o Gava e l’elenco potrebbe continuare. Nella parola “referenti” si affermava comunque una estraneità, pur in un quadro normale di relazioni, addirittura di sistema, tra due entità: Cosa Nostra e la politica. Da almeno un decennio questo sistema è cambiato. In interi territori la mafia ha deciso di assumere la rappresentanza diretta delle sue istanze politiche.
Non è un caso che questo salto di qualità sia parallelo al processo di privatizzazione della politica e al nuovo rapporto tra politica, ruoli di governo e imprese impresso dalle politiche liberiste degli ultimi decenni con l’abbattimento di ogni forma di controllo e l’esplosione, a tutti i livelli, di conflitti d’interesse.<br />
Forse è proprio questo l’aspetto più interessante della sentenza Gotha. Intanto perché emerge un vero e proprio sistema economico imprenditoriale nel quale il confine tra economia legale e illegale è sempre più sfumato e, in questo sistema, la politica o è diretta espressione delle cosche o ne è cooptata. I temi sono quelli classici: le grandi speculazioni edilizie, le aree agricole da trasformare in aree commerciali per realizzare i mostri della grande distribuzione, gli appalti e la sanità pubblica e privata, i finanziamenti nazionali ed europei. Boss, imprenditori, commercialisti, società finanziarie e rappresentanti dei partiti vecchi e nuovi nella transizione infinita che, in Sicilia come nel resto del Sud, si alimenta anche del vecchi trasformismo meridionale e del cambio di casacca come cifra del degrado della politica e del suo rapporto con la società.
Certo la nascita di Forza Italia, partorita in Sicilia da Pubblitalia di Dell’Utri, ha operato una vera e propria selezione sul territorio, riorganizzando un personale politico – inabissato dopo Tangentopoli e i grandi processi di mafia - in grado di raccogliere quel consenso che gran parte della Dc, attraverso un sistema di potere mastodontico alimentato dalla spesa pubblica, aveva costruito sulla normalità dello scambio politico mafioso.<br />
A metà degli anni ‘90 nella nascente competizione con Forza Italia, prima l’Udeur e poi l’Udc di Cuffaro non potevano che sfidarsi sullo stesso terreno e nello stesso mercato della politica e del consenso. Scendono in campo le seconde file dei vecchi partiti e una serie di avvocati, medici, professionisti, imprenditori rampanti che irrompono nelle istituzioni - dai consigli comunali all’Assemblea regionale a Roma - per dare vita ad un nuovo sistema di potere e ad un nuovo blocco sociale. Lo capisce anche la mafia. Così, dopo la follia stragista di Riina del ’92 e ’93, il più “democristiano” dei corleonesi, Bernardo Provenzano, riporta Cosa Nostra alla politica, all’inabissamento, al mutismo delle armi e alla riconquista della logica d’impresa.
Per questo nell’operazione Gotha che, dopo l’arresto di Provenzano, porterà alla decapitazione di tutti i capi mandamento della città di Palermo, non ci sono più viddani, scesi all’assalto della metropoli, ma un pezzo importante e nuovo di borghesia mafiosa, tesa alla riconquista di un ruolo internazionale non solo nel traffico della droga ma anche nelle grandi attività finanziarie e commerciali. Anche per questo, l’operazione Gotha rappresenta l’operazione antimafia più importante dai tempi degli arresti dei responsabili delle stragi.<br />
In fondo, apparentemente, un politico di provincia come Francesco Campanella è solo un politico di paese da 123 preferenze, ma ha accesso alle stanze del potere, dalla regione al governo nazionale, parla con la destra e la sinistra, ha due “compari” di matrimonio come Mastella e Cuffaro ma decide anche chi deve diventare sindaco di Forza Italia. La sua forza politica è solo una forza mafiosa. Come quella di Mercadante, silenzioso deputato regionale che per dieci anni ho incontrato tra i banchi dell’Ars. Quasi sempre muto, mai un intervento, mai un’espressione di indirizzo politico, ma migliaia di voti e un posto nell’aula parlamentare sempre affollato da capannelli di deputati.
Una sentenza come questa, scritta in punta di penna, dovrebbe aprire un dibattito pubblico sulla natura della politica, del governo del territorio, dei partiti. Spingere anche la sinistra ad una riflessione drastica e di fondo sul suo ruolo nelle regioni di frontiera, dalla Sicilia alla Calabria, dalla Campania all’Abruzzo. La sinistra tutta, invece, o è muta o balbetta o fa autoproclami di diversità la cui percepibilità di massa è sempre più difficile e inafferrabile.<br />
In fondo, non basta dire che in Italia esiste una questione morale per autoassolversi la coscienza, occorre cominciare ad essere coerenti, drasticamente. Costi quel che costi.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=K3356"> Liberazione - Francesco Forgione</a>