Openpolis - Argomento: Social Networkhttps://www.openpolis.it/2013-01-22T00:00:00ZAntonio POLITO: Il libero mercato siamo noi2013-01-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685291<br />
«È un processo sofisticato al quale cooperiamo tutti insieme»
<p>Fate così. Mettete su un cd di Wall Street, il film del 1983 con Michael Douglas, e invece di seguire le trame avide di Gordon Gekko fate un fermo immagine quando lui passeggia parlando al telefonino. Oddio, telefonino è una parola grossa. In mano ha un Motorola Dyna TAC 8000x, il primo telefono mobile della storia: pesava 800 grammi, costava 3.995 dollari (l'equivalente di 8.700 dollari attuali), la batteria si ricaricava in dieci ore e si scaricava con una telefonata di mezz'ora. Poi tirate fuori dalla tasca uno dei vostri cellulari (gli italiani, neonati compresi, ne posseggono uno e mezzo a testa): costa poche decine di euro, pesa meno di cento grammi, con un'ora di carica ve ne garantisce cinque di conversazione. Ma quel che è più importante è che sullo schermo potete vedere una partita, giocare a poker online, consultare le news, collegarvi a Twitter, avere accesso a Google, tutte attività normali per noi comuni mortali del 2013 ma proibite a un miliardario degli anni Ottanta. (Si calcola che un guerriero Masai con uno smartphone disponga oggi di più informazioni del presidente degli Stati Uniti di 25 anni fa: lo scrivono Peter Diamandis e Steven Kotler in Abundance. The Future is Better than you Think).
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Che cosa ha reso possibile questo spettacolare progresso in soli trent'anni? Un piano industriale? Una decisione politica? Un cambio di governo? L'investimento in ricerca del consiglio di amministrazione di un ateneo? Il diffondersi del neoliberismo o il ritorno al keynesismo? Niente di tutto questo: è stato il mercato.<br />
Parte con questo formidabile apologo il nuovo libro di Alberto Mingardi, appropriatamente titolato <a href="http://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3171331/l-intelligenza-del-denaro">L'intelligenza del denaro</a> (editore Marsilio, da domani in libreria). Il percorso tra il vecchio Motorola e il vostro telefonino è infatti il frutto di una trama fittissima di relazioni umane: scambi di informazioni e di merci, concorrenza tra aziende, corsa ad abbassare i costi, lotta per accaparrarsi i tecnici, studi per trovare nuovi materiali, mode che cambiano: l'incontro tra la gran voglia di accumulare guadagni da parte del produttore e la gran voglia di avere un telefonino migliore da parte del consumatore. Questo è il mercato. E la metafora non vale solo per la tecnologia. Se volete arricchire questa spiegazione con due bellissimi video, confrontate quello dedicato alla nascita di un cellulare <a href="http://tifwe.org/smartphone/">http://tifwe.org/smartphone/</a> con quello (I Pencil. The Movie) basato sul celebre saggio di più di 50 anni di Leonard Read, in cui si raccontava l'incredibile intensità di scambi necessaria per produrre una semplicissima matita.
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Con passo quasi pedagogico e con un tono antiaccademico, l'autore, che pure è un liberista della più bell'acqua sopravvissuto allo tsunami di demagogia che ha fatto seguito al terremoto della crisi finanziaria, non ripiomba il lettore nella solita disputa ideologica di questi anni ma si propone un'opera di chiarificazione. «Il mercato è un processo», spiega, complesso e sofisticato, al quale partecipano un'infinità di attori in modo libero ma preterintenzionale; è «un modo per stare assieme, una forma di cooperazione tra estranei su lunga distanza. Il mercato siamo noi: quando produciamo, quando consumiamo, quando risparmiamo. E la sua intelligenza, il suo linguaggio — conclude Mingardi — «risiede nel sistema dei prezzi».<br />
Chiunque sia stato su eBay capisce di che si parla.
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Essendo un processo, il mercato non può dunque essere un'entità. Soprattutto non può essere «antropomorfizzato». Trasformato cioè in un'entità negativa, crudele e famelica, che frustra i buoni propositi dell'umanità; o invece presentato dai più entusiasti fautori come un'entità salvifica, un «meccanismo ben oliato in grado di massimizzare il benessere sociale, un formidabile ascensore meritocratico» (qui c'è una sottile polemica con Manifesto capitalista, il recente libro di Luigi Zingales (Rizzoli, pagine 414, 18), cui pure l'autore è alleato nella sfida liberismo versus statalismo).
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Infatti mercato e capitalismo sono due cose diverse (e talvolta in conflitto).<br />
Mingardi arriva perfino a contestare la celebre metafora della «mano invisibile» di Adam Smith (ne La ricchezza delle nazioni, pubblicato a Londra nel 1776): perché una mano fa pensare a qualcosa di associato all'intenzionalità, che risponde agli ordini di una centrale nervosa. Mentre è preferibile l'immagine usata da Ludwig Lachman in The Market as an Economic Process, che invita a pensare al mercato non come al meccanismo di un orologio ma come a un caleidoscopio, le cui immagini casuali «sono ordinate e belle ma effimere, e le figure cambiano vorticosamente senza ripetersi mai».
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Il guaio è che la mente umana è naturalmente ostile all'idea che un processo complesso possa essere spontaneo, non guidato cioè da un disegno. La rifiuta nello stesso modo in cui resiste al fatto, pure accertato da più di un secolo, che le particelle di cui è composta la realtà fisica che ci circonda possano letteralmente essere in due posti contemporaneamente, o che la loro danza sia dominata dalla legge del caos (perfino il genio di Einstein si ribellò urlando che «Dio non gioca a dadi»).
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Però, mentre nessuna autorità pubblica approfitta di questa debolezza della mente umana per cercare di correggere la meccanica quantistica, tutti i politici si propongono di correggere il funzionamento del mercato in nome dell'umanità. Ed è questo in definitiva l'errore da cui Mingardi ci mette in guardia: il mercato ci comunica informazioni, dunque «ha ragione anche quando sbaglia».
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Il potere pubblico può fare molte cose per redistribuire la ricchezza come chiedono gli elettori; ma non può far niente per creare ricchezza meglio o più del mercato. Poiché siamo un Paese che negli ultimi vent'anni di ricchezza ne ha creata molto poca, forse questa lezione può essere attuale.<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1QW20X">Corriere della sera</a>Giovanni FAVA: Censura internet2012-01-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it650478Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Lega) - Consigliere Consiglio Comunale Sabbioneta (MN) (Lista di elezione: Lega) - Consigliere Provincia Mantova (Lista di elezione: Lega) <br/><br/><br />
Secondo Fava è “ridicolo” pensare che grazie all’emendamento basterà che chiunque invii una e-mail a un provider o un server per far censurare un contenuto e che nel mirino ci saranno siti come Wikipedia, Youtube, Google o Facebook.<p>
"E' sempre un giudice che alla fine decide – puntualizza l’esponente del Carroccio - E poi la ratio della proposta è quella di evitare fenomeni di contraffazione e di pirateria, serve a tutelare il copyright.<p>
In Francia, ad esempio, ci sono regole molto più severe delle nostre. Ricordate il caso della L’Oreal che fece rimuovere da E-bay la vendita di alcuni prodotti che venivano spacciati con quel marchio e invece erano contraffatti?".<p>
Fava, che è presidente a Montecitorio della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, ci tiene a precisare che l'emendamento presentato alla Legge comunitaria è stato frutto "di un ampio dibattito" nella commissione da lui guidata e poi è stato formalizzato in una proposta "condivisa anche dagli altri partiti, che io ho firmato essendo il presidente".<p>
"E' l'ipocrisia classica di quella politica che risponde ai poteri forti dei grandi gestori di provider, le aziende più liquide del mercato- spiega il deputato - Se l'aula ora vorrà abrogare una norma che mirava a tutelare il commercio elettronico contro gli atti di contraffazione lo faccia.<p>
Ma non si risolve il problema. Sarà solo la vittoria di chi fa gli interessi dei provider. In un momento di crisi come questo le imprese invece andrebbero tutelate, andrebbe protetta l'autenticità dei marchi e dei prodotti".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.corrierecomunicazioni.it/media/13524_bavaglio-a-internetfava-si-difendehanno-votato-tutti.htm">Corriere delle comunicazioni</a>Antonio PALMIERI: «La bufala del popolo della Rete» - INTERVISTA2011-06-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it586629Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/><br />
«Per i partiti eletti è necessario un grande impegno per predidiare tutte le grandi opportunità offerte dal web. In Italia è difficile che internet riesca a spostare grandi masse di elettori da uno schieramento all`altro»
<p>Internet, Facebook, Twitter e i blog hanno cambiato l`approccio di fare politica a destra quanto a sinistra.
Antonio Palmieri, responsabile comunicazione Internet del Pdl, è un pioniere della rete: «Quel che conta è "esserci", come persona e come politico.
"Abitare" la rete è una grande opportunità per tutti».
<p><b>Ma qual è il rapporto tra politica e web?</b>
<p> La rete rappresenta sempre di più uno strumento indispensabile che si è consolidato nel tempo in due direzioni.
Per i partiti politici il web è uno strumento di ascolto dell`opinione pubblica e dei propri sostenitori. Per i singoli eletti è un impegnativo, ma utilissimo, strumento di dialogo con i cittadini per informarli sul loro operato.
Inoltre, gli eletti ascoltano e rispondono alle critiche che vengono portate dai cittadini. In ogni caso internet è un bambino che ha "sempre fame" e non si accontenta della solita pappetta. È necessario un grande impegno per presidiare tutte le opportunità che il web offre.
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<b>Spesso molte notizie diffuse sui social network, come dimostrano alcuni casi in cui sono stati coinvolti esponenti politici, poi si rivelano false...</b>
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La moneta buona schiaccia quella cattiva. In primo luogo ci si difende con l`essere presente sul web, popolando la rete di contenuti esatti espressi con linguaggi semplici e chiari che rimandino a fonti certe chi desidera approfondire l`argomento.
L`altro modo è quello di contestare direttamente chi diffonde false notizie nei siti o nelle pagine dei social media.
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<b>Quale è stato il ruolo reale dei social network sull`esito dei referendum?</b>
<p> La realtà viene sempre prima della comunicazione. Nel referendum sul nucleare il risultato era già segnato dopo la catastrofe in Giappone e dopo che la Cassazione aveva ritenuto insufficiente la moratoria del governo.
L`onda emotiva scatenata avrebbe fatto vincere i sì anche senza la mobilitazione che c`è stata in internet.
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<b>Ma, secondo lei, il web è capace di spostare l`elettorato da una parte all`altra e quindi di condizionare l`esito del voto?</b>
<p> In Italia è difficile che il web riesca a spostare grandi masse di elettori da uno schieramento all`altro. Gli elettori delusi si rifugiano nell`astensionismo o nel non voto. In questo senso internet è importante per mantenere i rapporti coi propri elettori informandoli direttamente e continuamente.
E ascoltando e rispondendo alle obiezioni e perplessità poste dai cittadini.
Le elezioni ormai vengono in parte decise anche dagli eventi accidentali degli ultimi giorni prima del voto e, quindi, la rete con la sua immediatezza e capacità di diffusione può avere un ruolo importante nell`enfatizzare situazioni negative che possano accadere a ridosso delle elezioni.
Come, per esempio, è avvenuto nel famoso confronto Moratti-Pisapia su Sky.
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<b>E come si posizionano Pdl e Pd ordine?</b>
<p> Tutti e due gli schieramenti usano internet con approcci in parte simili. Rispetto alla sinistra, oltre al sito istituzionale del partito www.Pdl.it, abbia- moda tanti anni, una pluralità di presenze online. Per esempio c`è governoberlusconi.it dedicato alle realizzazioni del governo. C`è Forza Silvio.it, il network di Berlusconi con 243mi1a presenze registrate. Cerchiamo sempre d`inventarci, specie in campagna elettorale, iniziative online "forti".
Noi siamo un po` "corsari"...
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<b>In che senso?</b>
<p> Da quando nel 2001 ci inventammo il concorso sui manifesti taroccati cerchiamo costantemente di trovare nuove iniziative online che siano originali e accattivanti.
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<b>Per esempio...</b>
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Abbiamo lanciato la campagna sui gadget antiProdi nel 2006, in occasione della manifestazione del 2 dicembre.
Lo spazio "Sinistra tolleranza", nel forum del sito nazionale del Pdl, mostra il "meglio" degli insulti che quotidianamente ci vengono rivolti e che più volte è stato criticato dagli organi di stampa. Oppure, l`iniziativa "Silvio risponde" ha portato l`anno scorso il premier a rispondere online in audio ai sostenitori di ForzaSílvio.it. E, infine, il libro L`amore vince sempre sull`invidia e sull`odio raccoglie una selezione dei cinquantamila messaggi di solidarietà a Berlusconi che gli sono stati inviati in trentasei ore dopo l`aggressione a Milano, del 13 dicembre 2009. Esempi che hanno avuto risonanza anche all`esterno.
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<b>C`è un pubblico che segue solo la politica in internet?</b>
<p> Certamente, si tratta di appassionati.
Ovviamente il picco d`interesse c`è durante le campagne elettorali. In quei periodi milioni di cittadini cercano informazioni in internet e, quindi, bisogna essere pronti a dare notizie giuste.
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<b>Ha in mente qualche campagna?</b>
<p> Il Pdl dovrà continuare ad approfondire l`uso del mezzo che in questi ultimi anni ha moltiplicato i luoghi e le possibilità di comunicazione sia come capacità di distribuire informazioni corrette, sia soprattutto come capacità di ascoltare il cittadino e i nostri elettori e dare loro risposte più precise in tempo reale. È un grande lavoro continuativo che va svolto sempre in modo vario e diverso.
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<b>Ma esiste il "popolo della rete"?</b>
<p> È un`invenzione della sinistra. E glielo spiego subito: ogni mese sono online venticinque milioni di italiani, ciò vuol dire che esiste un "popolo in rete" e con queste persone bisogna saper dialogare ogni giorno e non soltanto durante le campagne elettorali.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=11HU54">Il Secolo d'Italia - Désirée Ragazzi</a>Angelo BONELLI: «Abbiamo conquistato un pezzo di destra» - INTERVISTA2011-06-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it584351Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Lazio (Lista di elezione: Verdi) <br/><br/><br />«La società è molto più avanti della politica».
<p><b>Onorevole Bonelli, avete vinto.</b>
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«Straordinaria giornata, rimarrà nella storia del nostro Paese. La portata di questa vittoria va oltre ogni aspettativa ed è frutto di una battaglia incredibile combattuta contro una strategia pianificata di disinformazione».
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<b>Quando ha capito che ce la potevate fare?</b>
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«Nelle ultime due settimane, da quando distribuivo volantini sul metro. Si avvicinava un sacco di gente per informarsi. E ce ne erano tanti che mi dicevano che avevano votato centrodestra, ma adesso mi sono scocciato, voglio andare a votare. <br />
Questo è un voto molto trasversale ed è un patrimonio per il Paese e tutta la politica».
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<b>Ma siete convinti veramente che la vittoria dei sì segni una cesura politica?</b>
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«È il segnale dello sgretolamento del modello del berlusconismo che aveva distrutto certi valori. Inoltre questo voto avrà un grande valore anche il altri paesi europei. Soprattutto sul nucleare. Ho appena finito di parlare con i verdi francesi e questo voto italiano contribuirà alle loro lotte».
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<b>Vi sentiti i soli vincitori?</b>
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«Il centrosinistra ha avuto un ruolo importante. Ma hanno vinto i movimenti, i referendari, il popolo dei network sociali. La politica deve capire che si deve avere più coraggio, basta con le alchimie politiche. La società è molto più avanti della politica. Si deve capire che se si ha il coraggio di proporre programmi e contenuti importati nessun obiettivo è impossibile. Se pensiamo che dicevano che il quorum era impossibile...».
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<b>Adesso si dovrà fare un piano energetico nazionale...</b>
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«Noi siamo pensiamo al risparmio e all'efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. Poi ci vuole una politica industriale che vada verso la terza rivoluzione industriale».
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<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=115WG6">La Repubblica</a>Giuliano Pisapia: «Un'iniezione di adrenalina»2011-05-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it565506Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) <br/><br/><br />
Il candidato del centrosinistra avanti nelle proiezioni.
<p>«E' solo la prima proiezione, ma è una iniezione di adrenalina».
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Il primo commento di Giuliano Pisapia alle proiezioni sui risultati delle elezioni comunali a Milano, che lo vedono in vantaggio sul Letizia Moratti e candidato a un probabile ballottaggio con il sindaco uscente arriva sul social network Twitter.
<p><b>In questa pagina lo</b> <a href="http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/elezioni-amministrative/sondaggio/voisietequi.shtml"><b>speciale Amministrative 2011 dell'Associazione Openpolis: Voi Siete Qui</b></a> <b>- Come orientarsi tra le città al voto.</b>
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<br/>fonte: <a href="http://www.wallstreetitalia.com/articolo-stampa.aspx?IdPage=1132931">Apcom </a>Marco BELTRANDI: Nessuno tocchi internet. Interrogazione parlamentare rivolta ai Ministri Alfano e Maroni per fare chiarezza sulle notizie di una possibile introduzione mediante decreto legge della norma di apologia di reato su Internet. 2009-12-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it474502Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Nonostante gli insulti e le istigazioni alla violenza proliferati su internet dopo l'aggressione al Premier, la rete non è il far west. Anche sul web esistono delle leggi che fanno perseguire dai tribunali chi ha commesso un reato. Eppure continuano tanto inutile allarmismo e <a href="http://www.corriere.it/politica/09_dicembre_15/maroni-censura-siti-istigazione-odio_be6a1ee4-e969-11de-ad79-00144f02aabc_print.html"><b>invocazioni di censura</b></a>.
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Alcuni dei messaggi e dei gruppi che si trovano sul social network Facebook in queste ore, dopo l’aggressione nei confronti del premier Silvio Berlusconi, sono sconcertanti. Sono migliaia le persone che non hanno il timore di associare pubblicamente il proprio nome a istigazioni alla violenza o a insulti al Premier. Ciononostante è importante evitare facili allarmismi: Internet non è il far west. Anche sul web esistono delle leggi, e se verrà accertato che qualcuno ha commesso un reato, inneggiando alla violenza contro Berlusconi o in qualsiasi altro modo, è giusto che sia perseguito. Dai tribunali però.
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A questo proposito la Procura di Roma ha già annunciato di aver aperto un fascicolo relativo ai gruppi apparsi ieri su Facebook. Ogni allarmismo appare quindi immotivato. C’è invece il rischio effettivo che il clima di scontro politico duro venga usato come pretesto per introdurre in Italia, sull’onda dell’emozione, norme restrittive e da stato di polizia, come è successo altre volte nel paese. Ad esempio dopo gli attentati terroristici negli Stati Uniti e in Europa, con l’introduzione di quel decreto Pisanu che prevede la schedatura preventiva dell’identità e delle attività di chi naviga in rete, per evitare il rinnovo del quale l’associazione Agorà Digitale e Radicali Italiani si stanno mobilitando in questi giorni.
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Dopo l’aggressione al premier moltissimi parlamentari ed esponenti del governo hanno rilasciato dichiarazioni che invocano leggi in grado di controllare e sanzionare comportamenti che incitino alla violenza in Rete, in modo rapido ed efficiente. E direttamente su iniziativa del governo. Eppure la censura di Stato ha poco a che vedere con la giustizia. Ha molto a che vedere, invece, con la volontà di limitare una libertà di espressione, quella online, difficile da controllare e che per i governi si dimostra sempre più un problema. Ha a che vedere con il tentativo di trovare una spiegazione tranquillizzante alla violenza di certe esternazioni, dipingendo Internet come un luogo frequentato da criminali e squilibrati, un luogo oscuro da cui proteggersi.
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Qualcuno si è spinto fino a sostenere che Tartaglia “era vicino agli ambienti dei social network”. Si tratta di un’immagine terribilmente falsa. I Radicali, i messaggi che oggi si leggono sulle bacheche di Facebook e del web, li conoscono bene. Sono gli stessi che si ascoltavano negli anni ‘80 o ‘90 a Radio Parolaccia, quando aprimmo i microfoni di Radio Radicale senza filtro 24 ore su 24. Un esperimento che consentì di ascoltare la voce di un’Italia che strepita, urla, minaccia, impreca e bestemmia e che oggi Internet permette di replicare su base permanente e per un numero di cittadini sempre maggiore. Un paese a volte orrendo, ma che esiste e non si può cancellare, e di cui invece sarebbe utile cercare di comprendere le cause.
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Nel frattempo agli onorevoli D’Alia, Carlucci, Maroni e quanti altri in queste ore stanno inneggiando alla censura in Rete è bene ribadire che la libertà si esercita nei casi limite. Quelli più sgradevoli o ripugnanti. Non ci sono direttori responsabili dentro Facebook e se qualcuno commette dei reati, a maggior ragione lì dove la privacy è praticamente assente, la responsabilità personale resta. Ma per questo c’è la magistratura. Altrimenti chi decide quali frasi sono da considerarsi oltre il limite accettabile. La Carlucci? Maroni? È importante che parlamento e società civile si mobilitino per limitare le tentazioni da stato di polizia del governo.
<p>Noi radicali abbiamo presentato una <b>interrogazione parlamentare</b> rivolta ai Ministri Alfano e Maroni a prima firma Marco Beltrandi, deputato radicale del gruppo del PD, per fare chiarezza sulle notizie di una possibile introduzione mediante decreto legge della norma di apologia di reato su Internet, già con il prossimo Consiglio dei Ministri.
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Non è chiaro quali potrebbero essere i dettagli del provvedimento ma bisogna evitare che vengano riproposte norme che in qualche modo equiparino Internet all’editoria, con conseguenze disastrose sullo sviluppo della rete in Italia, come denunciato da numerosi operatori del settore, con lo spettro dell’oscuramento di intere piattaforme per l’impossibilità tecnica di chiudere singoli gruppi. Sarebbe un fatto contrario ad ogni elementare principio costituzionale. Il Parlamento ha già deliberato pochi mesi fa su una proposte simile, contenuta in un emendamento del senatore D’Alia, esprimendosi in modo nettamente contrario, con un voto condiviso da gran parte della maggioranza. Non crediamo che da allora le condizioni siano cambiate, e una riproposizione di norme simili mediante decretazione d’urgenza sarebbe un atto grave nei confronti dei diritti dei fruitori della rete e delle prerogative delle Assemblee legislative.
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<br/>fonte: <a href="http://www.lucacoscioni.it/rassegnastampa/nessuno-tocchi-internet">Terra - Luca Nicotra</a>MICHELE VIANELLO: Il Vicesindaco di Venezia contro Brunetta. «Bloccare Facebook non è innovazione»2009-05-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391251Alla data della dichiarazione: Vicesindaco Comune Venezia (VE) (Partito: PD) <br/><br/><br />
Deluso dalla decisione del ministro di oscurare il social network negli uffici pubblici: «Si erge a censore dei sogni»<br />
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Il vicesindaco di Venezia è in minoranza: Michele Vianello è uno dei pochi a sostenere che l’uso di Facebook da parte dei dipendenti pubblici, in orario di lavoro, non è una perdita di tempo né uno spreco di risorse (pubbliche). Semmai, una opportunità. Vianello è in minoranza perché, da Roma al Veneto, i politici sono decisi a chiudere l’accesso al social network. Il ministro Renato Brunetta vuole vietarlo in tutti gli uffici statali. La Regione Friuli Venezia Giulia l’ha già negato. E i vicini della Regione Veneto si apprestano a mettere il "lucchetto" lunedì.
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L’altolà di Brunetta è dell’altro giorno: «Sto predisponendo un sistema di filtraggio che impedisca ai dipendenti pubblici di andare su Facebook», ha annunciato il ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione in un'intervista all'emittente televisiva Roma Uno, dicendo che l’obiettivo è «impedire di spendere soldi della collettività in modo non corretto».
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A Trieste, il "lucchetto" ai computer è già scattato: ieri la Regione Friuli Venezia Giulia ha bloccato l'accesso a Facebook ai propri dipendenti. L’assessore regionale al Personale Elio De Anna spiega che il direttore del Personale, Augusto Viola, «ha sospeso il collegamento con Facebook per tutti i dipendenti pubblici e anche per i politici della Regione perché riteneva che venisse fatto un uso improprio di questo servizio».
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Un analogo provvedimento potrebbe scattare lunedì nel Veneto, in tutti gli uffici della Regione: Flavio Silvestrin, assessore al Personale, sostiene infatti che bloccare l’accesso a Facebook sia «la soluzione migliore». Dice: «Ai fini della pubblica amministrazione, che se ne fa un dipendente pubblico di Facebook? Niente, come dice Brunetta giustamente è da vietare». Il paradosso è che la Regione Veneto ha da poco approvato un "Disciplinare per l’utilizzo di posta elettronica, Internet, telefoni e fax" in cui non si fa il minimo accenno a FB. «Ma è chiaro - dice Silvestrin - il Disciplinare l’abbiamo redatto parecchio tempo fa e poi discusso con i sindacati, all’epoca Facebook non era così utilizzato».
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È così che il vicesindaco di Venezia Michele Vianello si ritrova "isolato". In minoranza e in controtendenza. Ma convinto delle proprie ragioni, tanto che Vianello accusa Brunetta di essere un «censore». «Il ministro, che sbandiera l'innovazione come modello per svecchiare la pubblica amministrazione - dice il vice di Massimo Cacciari - con questa mossa smentisce se stesso. Inoltre non credo che il ministro abbia dati sull'uso dei social network da parte dei dipendenti pubblici tali da giustificare una crociata in tal senso».
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Vianello si dice «deluso» di Brunetta: «Una delusione profonda perché ritengo che il ministro sia una persona che crede veramente nell'innovazione. E il social network viene visto ormai dalla maggior parte degli innovatori come una preziosa risorsa per condividere il lavoro, per dare finalmente alla pubblica amministrazione un segno di modernità vera. È seguendo questa logica che il Comune di Venezia ha scelto da tempo di approdare alla filosofia del Web 2.0, dando ai dipendenti, nella prossima intranet che sarà inaugurata a breve, la possibilità di avere un loro facebook aziendale». «Mettendo un filtro a Facebook - aggiunge - il ministro Brunetta si erge a censore, anche dei sogni».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/stampa_articolo.php?id=57585">IL Gazzettino.it</a>Giovanni Saverio Furio PITTELLA: Rimuovere i gruppi pro Riina su Facebook è necessario2009-01-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it387808Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: Gruppo socialista al Parlamento europeo) <br/><br/><br />
"Non è vero che è impossibile distinguere tra libertà di espressione e censura. Le istituzioni e le forze dell'ordine possono e devono intervenire per rimuovere dalla rete, e quindi anche da un social network così ricco di potenzialità come Facebook, i gruppi che inneggiano al capo dei capi di Cosa Nostra perché questo è un dovere per la nostra democrazia. <br />
Già un paio di mesi fa ho denunciato, insieme al presidente del Gruppo PSE, Martin Schulz, la massiccia comparsa su internet di gruppi di estrema destra e neonazisti e ho chiesto al ministro dell'interno di ristabilire la legalità.<br />
Di fronte a una crisi così grave come quella di questi mesi dobbiamo scuotere le coscienze e restituire alla politica la sua capacità di rialimentare la speranza, anche presso i giovanissimi che si avvicinano alla rete.<br />
Servono proposte concrete su come combattere le mafie (riforma della certificazione antimafia, sostegno agli imprenditori estorti, sanzioni per chi si affida a rappresentanze locali inquinate). Ma è anche assolutamente necessario difendere la memoria storica di una stagione straordinaria di lotta alla criminalità organizzata. <br />
Proprio oggi che ricorre il venticinquesimo anniversario dall'assassinio da parte della mafia del giornalista Giuseppe Fava, dobbiamo affermare che quella memoria storica deve stare alla base della nostra capacità di reagire alla crisi di oggi e non essere dimenticata o dileggiata."
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<br/>fonte: <a href="http://www.giannipittella.org/news.asp?id=342">web site - Gianni Pittella</a>Matteo SALVINI: Account Facebook disattivato: non credo sia censura, forse è per troppa interattività con i miei contatti.2008-11-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it382806Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Gruppo: Lega) - Deputato (Gruppo: Lega) <br/><br/><b>Allora Salvini, che fine ha fatto?</b><br />
"Ma che ne so, l’altra mattina comincio a ricevere dei messaggini di colleghi e amici che mi chiedevano che fine avessi fatto, cosa fosse successo… E io non capivo. Poi ho capito quale fine avevo fatto".<br /><br />
<b>Quale?</b><br />
"Eh niente, ho provato ad accedere in Facebook. Ho inserito la mail, la password e mi è apparsa la scritta con la quale gli amministratori del social network mi comunicavano che avevano disattivato il mio account".<br />
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<b>E perché?</b><br />
"E’ questo il punto. Non mi hanno spiegato nulla! Ma cavolo, datemi un preavviso, uno straccio di spiegazione".<br />
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<b>Sì, Fb non è nuovo a questa polemica.</b><br />
"Non so se ci siano stati problemi tecnici, ma dovranno dirmi qualcosa. Ora ho mandato una mail allo staff e mi è arrivata una risposta automatica del server. Mi dicono che se ne stanno occupando, che riceverò comunicazioni al più presto, ecc. Non capisco".<br />
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<b>Ipotesi censura?</b><br />
"Non credo, dai".<br />
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<b>Salvini, una delle cause di disattivazione dell’account è una eccessiva “interattività” con i propri contatti.</b><br />
"Ah. Certo, la causa può essere anche questa. D’altra parte, l’altro giorno la sinistra ha fatto ostruzionismo alla Camera dei Deputati, e ha parlato per cinque ore filate. Le alternative erano il suicidio o il computer. E quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo, smanettando con la mail e con Facebook. Sono stato collegato un sacco di tempo, e magari avrò ho fatto troppe robe. Però cavolo, che almeno ti avvisassero".<br />
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<b>Le do una bella notizia. Poche ore dopo l’incidente, è nato il gruppo “Riattivate l’account di Matteo Salvini”. In poche ore gli utenti iscritti sono saliti a più di 300.</b><br />
"E porc… Guarda, mi fa un gran piacere, sono commosso. Certo, ho visto che c’è anche un gruppo che me ne dice di tutti i colori. Spero di tornare ondine e visitarlo".<br />
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<b>Ma che mi diventa, drogato di Facebook?</b><br />
"Beh, oltre a essere un’ottima occasione di svago di divertimento, era diventata anche un occasione di lavoro. Ero arrivato ad avere 2mila contatti. Comunque, quando ti levano l’account è come se ti moncassero una mano. È una roba bastarda". <br/>fonte: <a href="http://www.affaritaliani.it/mediatech/vitadafacebook/matteo-salvini-oscurato-facebook271108_1.html">Affari Italiani</a>