Openpolis - Argomento: Lehman Brothershttps://www.openpolis.it/2009-01-25T00:00:00ZRomano PRODI: Banche e crisi economica: la lezione da apprendere. - Articolo su il Messaggero2009-01-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388404<br />
E’ opinione ormai scontata che i comportamenti del mondo finanziario e bancario (soprattutto nei paesi anglosassoni) siano all’origine dell’attuale grave crisi economica.<br />
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L’incoraggiamento ai consumi oltre ogni ragionevolezza, la creazione di titoli di valore almeno dubbio, l’opposizione ad ogni controllo pubblico e la caduta del senso etico nei comportamenti dei responsabili del settore sono certamente alla base di una crisi finanziaria che con una rapidità davvero senza precedenti ha infettato tutta l’economia reale.
Nonostante questo mi dichiaro senza alcuna esitazione a favore dei salvataggi bancari che con una varietà di strumenti vengono messi in atto in diversi paesi.<br />
Non vi è alcuna contraddizione tra la condanna dei comportamenti di molti protagonisti del sistema bancario e la politica dei salvataggi, perché quando la crisi si estende a tutto il sistema economico, il primo obiettivo deve essere quello di evitare che un panico diffuso nei confronti della solidità delle banche spinga i risparmiatori a ritirare i depositi e a portarli “sotto il materasso”, bloccando in questo modo tutta la vita economica.<br />
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Un elemento che ha aggravato il precipitare della crisi è stato infatti il comportamento delle autorità americane che, dopo aver tenuto senza briglia e senza controllo le banche, ha poi fatto fallire la Lehman Brothers, lasciando con questo intendere che nessuna banca poteva ritenersi sicura.<br />
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L’ondata di paura provocata da questo fallimento è stata solo parzialmente tamponata dalle decisioni di molti governi di dedicare cospicue risorse a sostegno del sistema bancario.<br />
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Ed è inutile, a questo proposito, lamentare l’eccessiva ingerenza dello Stato nell’economia, perché essa è stata resa indispensabile da questi eventi. Dobbiamo invece chiederci perché tanti politici, tanti operatori economici e anche tanti economisti alla moda ci hanno raccontato per quasi un paio di decenni che il mercato doveva essere il solo perfetto regolatore di se stesso e non aveva bisogno di nessun controllo.<br />
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Sappiamo invece tutti che, perché il mercato funzioni occorrono regole e comportamenti rigorosi. Occorre cioè che le regole siano rispettate e che ci sia una autorità che le faccia rispettare.<br />
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<b>Opportuni quindi gli aiuti a favore delle banche, ma nel rispetto di alcune precise condizioni.</b><br />
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La prima è che anche i loro dirigenti diano il proprio contributo al risanamento del sistema.<br />
Non si può tollerare una situazione in cui essi sono premiati (a volte in modo indecente) se le cose vanno bene, non sono puniti se le cose vanno male e, addirittura ricevono benefici copiosi se vengono mandati via in conseguenza dei loro errori.<br />
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In secondo luogo i “salvataggi” bancari hanno un senso se le banche provvedono con il massimo sforzo al finanziamento del sistema produttivo (soprattutto delle piccole e medie imprese) e delle famiglie.<br />
Se dobbiamo sostenere le banche perché sono le arterie del sistema economico, bisogna che il sangue lo portino davvero a tutti gli organi e quindi anche alle periferie del mondo economico. E, ripeto, soprattutto alle imprese di minori dimensioni che, anche quando sono sane, non hanno alternative al credito bancario.<br />
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Invece non solo l’esperienza quotidiana di molti imprenditori e consumatori ci parla di forti restrizioni al flusso del credito, ma lo stesso messaggio è contenuto nelle indagini di Confindustria, della Confederazione Nazionale Artigiani e di altri autorevoli organismi.<br />
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Ancora più incisivo è, a questo proposito, quanto scrive l’ultimo bollettino della Banca d’Italia, e cioè che le Banche italiane partecipanti all’indagine sul credito bancario (Bank Lending Review) hanno esse stesse ammesso di aver inasprito i criteri adottati per l’erogazione dei prestiti alle imprese.<br />
E sottolinea l’irrigidimento dei criteri di erogazione anche nei confronti del credito alle famiglie, sia nel settore del consumo, sia nei mutui per l’acquisto di abitazioni.
Lo stesso bollettino sottolinea poi che “il rallentamento del credito è più intenso nei confronti delle piccole imprese”. E questa frase, purtroppo, non ha bisogno di commenti.<br />
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Certo la crisi economica porta sempre con sé l’aumento delle sofferenze dei crediti ed è evidente che le banche debbano essere più prudenti nelle loro decisioni, ma il passaggio dalla prudenza all’adozione di criteri automaticamente più selettivi non si giustifica in alcun modo.Ancora più non si giustifica in quanto le banche italiane appaiono in generale meno colpite dalla tempesta che ha travolto le consorelle degli altri paesi.<br />
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<b>Quindi sì al sostegno alle banche ma solo se esse sostengono l’economia. Tuttavia non solo il sistema bancario, ma anche la pubblica amministrazione è chiamata con i propri comportamenti a dare un contributo positivo al sostegno dell’economia.</b><br />
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Non mi riferisco in questo caso a comportamenti di carattere generale, ma al fatto specifico (che costituisce una patologia esclusivamente italiana) del ritardo dei pagamenti nel caso dell’acquisto di beni e servizi e del ritardo dei rimborsi fiscali nei confronti di imprese e privati cittadini.<br />
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Si tratta di situazioni patologiche esistenti da tempo, situazioni patologiche che in molti settori e in molte regioni si vanno ulteriormente aggravando. Ciò deprime ancora di più il ciclo economico e rende allo stesso tempo più costoso l’acquisto di beni e servizi.<br />
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Il primo aiuto dello Stato all’economia in crisi sta quindi nella vecchia ed elementare regola che i debiti vanno pagati e vanno pagati nel tempo dovuto.<br />
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ROMANO PRODI
<br/>fonte: <a href="http://www.romanoprodi.it/wordpress/articoli/italia/banche-e-crisi-delleconomia-la-lezione-da-apprendere_370.html">Sito web - Romano Prodi</a>Romano PRODI: Per non passare da una crisi all’altra serve un leone non un gattino.2008-12-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383304<br />
La grande crisi dei mercati<br />
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- Facendo un bilancio dell’economia mondiale del 2008, l’unica conclusione possibile è che prima finisce l’anno meglio è.
Non c’è un indicatore che vada bene. Non la crescita, non il commercio internazionale, non l’occupazione.<br />
Solo il calo dell’inflazione è un elemento positivo, ma l’inflazione cala proprio perché tutto il resto va male. Si tratta di una crisi generalizzata e imprevista. Nessuno l’aveva immaginata così profonda e diffusa.<br />
Qualcuno aveva previsto tensioni nei mercati finanziari, altri lo scoppio della bolla immobiliare, ma nessuno pensava che l’intreccio di tutti questi fatti potesse portare ad una caduta così rapida e diffusa dell’economia mondiale.<br />
Non potendo quindi considerare buone le previsioni fatte in passato, non mi sento di avere un maggior grado di fiducia nemmeno nei confronti di coloro che oggi ci presentano raffinati e complicati grafici rispetto al futuro. Previsioni su quando comincerà la ripresa è meglio non farne. I ragionamenti sulla politica più opportuna da adottare sono invece d’obbligo.<br />
Per costruire questi ragionamenti partiamo naturalmente dalla constatazione (non è più una previsione) che, globalmente preso, il 2009 sarà un anno di recessione tanto per l’Europa che per gli Stati Uniti.
L’Oriente (pur con una sensibile diminuzione dei precedenti tassi di crescita) conoscerà uno sviluppo positivo, ma non a sufficienza per bilanciare la crisi del resto del mondo.Se non conosciamo i tempi di uscita dalla crisi, conosciamo almeno gli errori da evitare e le decisioni da prendere perché se ne possa al più presto venir fuori più forti e soprattutto più puliti.
Il primo errore è quello di sperare che una soluzione nazionale (di qualsiasi paese) posa risolvere una crisi che ha cause mondiali. Chi pensa di poterlo fare con il protezionismo, con i sussidi all’esportazione o con estemporanei aiuti alle imprese si sbaglia, perché gli altri Paesi non potranno che reagire con analoghe misure. La recessione si trasformerebbe fatalmente in grande depressione.<br />
Diverso è il caso del salvataggio delle banche (anche se non sono certo esenti da colpe) perché la certezza che il proprio denaro sia al sicuro è condizione del funzionamento stesso di ogni economia. Se si fosse intervenuti a salvare la Lehman Brothers, avremmo certamente evitato momenti di panico in tutto il mondo.<br />
Nell’anno che sta iniziando non vi sono solo errori da evitare, ma anche azioni da compiere. Tra queste non basta iniettare capacità di acquisto nei sistemi economici (come è stato già positivamente compiuto da moltissimi paesi negli ultimi mesi), ma soprattutto occorre stabilire nuove regole per i mercati e gli operatori finanziari.<br />
Regole valide per tutto il mondo.<br />
Mi limito a parlare di regole finanziarie perché stiamo riflettendo sull’economia, ma il mondo è ormai globale in tutti i sensi. Certo non si può vincere la sfida del terrorismo, dell’energia e dell’ambiente senza regole che coinvolgano tutti i grandi attori che agiscono sulla scena mondiale.<br />
Tornando all’economia, bisogna partire dalla constatazione che l’economia globale non è la somma delle economie di tutti i paesi, ma è qualche cosa di diverso, perché le diverse nazioni, se non agiscono in armonia, si distruggono reciprocamente.
Un primo passo in questa direzione è stato compiuto con la sostituzione del G8 con il G20, un’assise in cu,i accanto all’Europa, all’America e al Giappone, sono presenti i nuovi protagonisti dell’economia mondiale, a partire dalla Cina e dall’India.<br />
Bisogna però che il G20 non sia solo una riunione di emergenza, ma il luogo in cui si propongano e si impongano le riforme dei mercati finanziari e monetari di cui il mondo ha urgente bisogno. Ci vorrà tempo, perché anche la riforma di Bretton Woods era stata preceduta da due anni di intenso lavoro tecnico e politico, ma non vi è altra strada per mettere lo sviluppo del mondo su un binario virtuoso.<br />
Se infatti rimarranno regole nebulose e frammentate, mercati grigi in cui tutto si ricicla, istituzioni finanziarie che non rendono conto a nessuno della propria attività, non potremo che passare da una crisi a un’ altra crisi.<br />
Non bisogna nascondere il fatto che questa riforma è un compito difficilissimo. Così difficile che, quando si è cercato di promuoverla nell’ambito dell’Unione Europea, gli interessi e i veti dei diversi Paesi hanno trasformato il progetto di un leone in un disegno di un gattino.<br />
Se questo avviene nell’ambito europeo, figuriamoci come sarà difficile riscrivere queste regole di comportamento e di trasparenza a livello mondiale !<br />
Concludendo con alcune telegrafiche riflessioni possiamo dire che i governi stanno generalmente agendo nella direzione giusta per uscire alla crisi, ma non sappiamo quando queste azioni daranno frutto, perché nessuno conosce ancora le dimensioni della crisi. Ma soprattutto dobbiamo riconoscere che, se non si riscrivono nuove regole comuni per il funzionamento dei mercati, la ripresa sarà soltanto la preparazione della prossima crisi.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=KBUNI">Il Messaggero - Romano Prodi</a>