Openpolis - Argomento: mediterraneohttps://www.openpolis.it/2012-03-09T00:00:00ZMarco CAPPATO: «Bisogna allargare i confini: la nuova frontiera è il Medioriente» - INTERVISTA2012-03-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625566Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: Lista Bonino - Pannella) <br/><br/><br />
«La nuova frontiera dell'Europa è l'allargamento verso l'altra sponda del Mediterraneo. È un'illusione pensare che dentro i confini dei vecchi stati nazionali si possano affrontare le grandi sfide della democrazia, dell'ambiente e delle migrazioni».
<p><i>Marco Cappato, presidente del gruppo Radicale-Federalista europeo, risponde così alla tesi esposta dal direttore di questo giornale, Piero Sansonetti, sull'incompatibilità genetica tra Europa e democrazia.</i>
<p> «Il punto è che bisogna scegliere un'Europa democratica e federalista, alternativa sia all'Unione Europea attuale, sia alla strada dei nazionalismi».
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<b>Sansonetti però sostiene che proprio questo è impossibile. Per lui, anche il modo nobile che aveva Altiero Spinelli di pensare l'Europa federale ha in sé un deficit di democrazia.</b>
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Sansonetti sbaglia. Io condivido l'idea che ci sia bisogno di restituire sovranità al diritto e alla democrazia. Non si può considerare fisiologico il superamento di fatto delle istituzioni democratiche. Ma in realtà c'è stato un tradimento costante e sempre più avanzato dello spirito di fondo del manifesto di Ventotene. Spinelli diceva che la vera frattura politica non è tra un po' più di socialismo o un po' meno di socialismo ma tra i federalisti europei e i nazionalisti. Ma questo non significa dire che non è importante - o che è equivalente - una politica più o meno socialista, più o meno liberale. Significa avere visto con più di sessanta anni di anticipo che la prima posta in gioco è quella della fine dello stato nazionale, che gli stati nazionali sono sempre meno adeguati ad affrontare la dimensione larga dei problemi moderni. Quello del superamento degli stati nazionali è solo la prima linea di frattura, il luogo dello scontro politico necessario, per consentire poi la creazione di un'Europa democratica, tale da consentire la divisione sulle questioni di merito. L'alternativa alla vittoria di questa battaglia è il ritorno dei nazionalismi e dei populismi, in uno stato nazionale ormai sfasciato, incapace di affrontare le questioni nel merito.
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<b>Ma se - come dice - l'Europa è il vero luogo della politica perché siamo invece di fronte all'espulsione della politica dalle scelte europee?</b>
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Quando il grande sogno degli Stati Uniti d'Europa ha dovuto cedere il passo al progetto dell'Europa funzionale, costruita solo attorno alle singole questioni, si è realizzato proprio il paradosso che Spinelli voleva scongiurare: gli stati nazionali non sono più in grado di affrontare le questioni contemporanee (l'ambiente, le migrazioni) e la politica viene così spazzata via. Non era questo l'auspicio di Spinelli.
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<b>Allora la questione diventa: è possibile convertire questa Europa funzionale in un'Europa politica?</b>
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In realtà questa è l'unica possibilità che abbiamo. Non può esistere l'illusione di promuovere a livello europeo e mondiale delle politiche per affrontare l'emergenza ecologica mondiale senza un impulso dell'Europa. Perfino con la debolezza politica dell'Ue attuale, essa rappresenta l'unica speranza perché nell'agenda politica mondiale possa essere inserita una priorità ecologica in grado di fermare la dilapidazione delle risorse ambientali.
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<b>L'Europa ha avuto due grandi direttrici. La prima è stata quella della pace. La seconda è stata quella dell'allargamento a Est. Ora nessuna delle due esercita più fascino.</b>
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È questo che ci deve imporre di non abbassare lo sguardo. Dobbiamo porci il problema dell'allargamento all'altra sponda del Mediterraneo. È la nuova sfida dell'Europa. Un'Europa immediatamente federalista, che eserciti la sua forza d'attrazione verso i popoli dell'altra sponda del Mediterraneo. E che dica noi vogliamo che siate Europa, cioè parte di una un'unica comunità dove viene fatto valere il diritto individuale, la democrazia, le libertà fondamentali. E' questo il punto.
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<b>L'individuo come unità base dell'Europa?</b>
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Sì. Noi radicali dagli anni Ottanta diciamo che Israele deve entrare nell'Unione Europea. Per cambiare l'Europa. Non solo per garantire la sicurezza e impedire l'involuzione securitaria che invece è in atto a Israele. Perché è chiaro che se tu dai al popolo israeliano - non al governo, non allo Stato - la garanzia di essere la frontiera avanzata di una comunità democratica allora anche la questione delle concessioni territoriali sarà affrontata con una serenità diversa. Perché a quel punto la cancellazione di Israele non può più essere all'ordine del giorno. È questo il contributo che l'Europa può dare alla pace oggi.
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<b>La nuova Europa è allora l'allargamento della narrazione della pace in Medioriente...</b>
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Certo. Perché questo significa anche trovare gli strumenti per governare i problemi della migrazione. Noi abbiamo una bomba demografica che scoppia dall'altra parte del Mediterraneo. Come pensiamo di governarla? Facendo ognuno per conto suo? O pensando che la battaglia per l'affermazione di diritti è al di sopra degli stati?
L'allargamento aiuterebbe a prevenire la bomba demografica, dando una possibilità di sviluppo a quell'area e riducendo la pressione demografica stessa sull'Europa.
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<b>Sono delle idee audaci e attraenti, le sue. Ma quanto sono diffuse a Bruxelles?</b>
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Sicuramente rispetto a qualche anno fa non c'è più l'illusione che l'Unione europea viva una sorta di progresso graduale. La consapevolezza che questo modello di Europa stia fallendo è cresciuta e diffusa. Ammetto che l'idea di un assetto monocratico transnazionale è ancora molto indietro. Perché nel campo democratico - non nel campo non degli estremismi nazionalisti - vive l'illusione che ai nazionalismi anti-democratici l'unica risposta possibile siano i nazionalismi democratici. Ma nel momento in cui si accetta - e qui torniamo a Spinelli - che l'unico terreno dello scontro politico è quello nazionale la partita è persa. Basta guardare all'inadeguatezza che i nostri stati hanno persino a far valere il diritto nel loro territorio. E' evidente il collasso dello stato di diritto in un paese come l'Italia. Nemmeno di fronte alle morti in carcere c'è una capacità di risveglio di coscienza democratica, di reazione delle istituzioni democratiche. Il che porta dritti al prevalere del nazionalismo antidemocratico. Perché quando non si riesce a governare con la legalità e il diritto non si può pensare che si possano affermare dei sistemi democratici tolleranti. Bisogna invece affermare l'idea che la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone vada al di là del loro stato di appartenenza. Per questo serve l'allargamento.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1BWAYT">Gli Altri - Nicola Mirenzi</a>Furio COLOMBO: Morti clandestine2011-06-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it582734Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Frasi belle e nobili sono state scambiate fra lo scrittore Claudio Magris e il presidente della Repubblica. Bella e memorabile la frase di Magris (“Democrazia è mettersi nella pelle degli altri, anche di quei naufraghi in fondo al mare”), bello il fatto che Giorgio Napolitano abbia fatta sua quella frase. Perché il tema, è la strage di migranti nel Mediterraneo.
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L’Italia però è un’altra, ambigua e confusa da una politica folle. Lo dimostra una breve intervista con il ministro Frattini, nella stessa pagina, (Il Corriere della Sera, 6 giugno). Dice il ministro degli Esteri: “Stiamo raccogliendo le prove che questi profughi sono spinti sulle barche anche a forza dal regime libico”. Nel suo candore di esecutore di ordini, Frattini dimentica che la frase, identica, è già stata detta da Bossi e da Maroni, ed è diventata un titolo a piena pagina su La Padania fin dall’inizio della rivolta libica. Era accompagnata dalla precisazione che i profughi erano in realtà ergastolani liberati di proposito dalle carceri libiche.
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Perché questa stramba invenzione leghista? Per impedire che si creasse un senso di accoglienza e di solidarietà verso chi fugge dalla guerra. In tanti, poi, non solo Frattini e non solo la Lega, ma anche grandi giornali super partes, hanno finto di dimenticare che i sopravvissuti al mare che riuscivano ad aggrapparsi agli scogli italiani, se non erano criminali mandati apposta da Gheddafi, erano “clandestini” da rimandare indietro subito, “senza se e senza ma” (cito da Roberto Maroni ).
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Qualcuno ricorda la nobile frase “foera di ball” di un ministro della Repubblica? Qualcuno, in questo Paese, ha cancellato il reato assurdo e giuridicamente impossibile di “clandestinità” prima che lo facesse la Corte europea? Qualcuno ha annullato il trattato di fraterna alleanza Italia-Libia (votato con slancio e fervore da quasi tutto il Parlamento appena due anni fa), o vuole ricordare le feste italiane al criminale a cui la Nato, Italia inclusa, sta dando ora la caccia?
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L’unica cosa da chiedere a Frattini è di non inquinare gli interventi di Magris e Napolitano contro l’indifferenza, è di non ripetere invenzioni e bugie copiate dalle ossessioni della Lega, e dal magistero di Bossi e Borghezio. È ciò che ha reso indifferente l’Italia come forma di distacco da un governo assurdo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=10YAYB">il Fatto Quotidiano</a>Furio COLOMBO: Chi ha tradito Tripoli 2011-04-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560087Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Sto cercando di immaginare come sarà il capitolo Italia-Libia nei libri di Storia della Carlucci, cioè libri non comunisti. I protagonisti, come è noto, sono il sanguinario Colonnello Gheddafi, a cui ci lega ancora il più stretto trattato di fraterna amicizia (ratificato trionfalmente da un Parlamento quasi unanime, meno quattro gatti radicali e pochi cani sciolti); sono gli Insorti, che da due mesi vengono massacrati dal loro ex glorioso e celebrato leader; sono un presidente francese sotto elezioni che ha immediatamente capito che lo si notava di più se bombardava; sono un’alleanza detta NATO priva del tutto di visione politica al momento. E l’Italia.
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Il suo capo prima dice che non interviene, per non disturbare il Colonnello. Poi i nostri aerei volano come richiesto dalla NATO. Ma, ripete il ministro della Difesa tutto d’un pezzo, La Russa, “noi non bombarderemo mai”. Infine, passa da Roma un senatore americano importante e arriva a Palazzo Chigi. Ed ecco che il governo italiano, con la fierezza di chi non ce la fa più a tollerare le stragi a Misurata, proclama: “Bombardiamo anche noi”.
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Restiamo con tristezza, ai fatti. Primo, in tutto il mondo democratico che ha passato decenni a fare affari con la Libia non c’è uno, religioso o ateo, che abbia credibilità e forza per mediare. Qualcuno avrà ripensato con nostalgia al tempo in cui Pannella si batteva, con la Lega Araba e contro Gheddafi, per portar via Saddam Hussein dall’Iraq. Qualcuno avrà sperato in una guida ferma degli Stati Uniti, che hanno un presidente come Obama, premio Nobel per la Pace. Non è andata così.
<p> È un mondo in cui si deve chiedere un favore a Berlusconi e ti accorgi subito che stiamo vivendo in un mondo in cui, molto prima di dover correre in aiuto dei rivoltosi, si doveva correre in aiuto dei migranti fermati in mare, e tutti sanno cosa vuol dire: un cimitero nel Mediterraneo. Il Nordafrica chiedeva aiuto ben prima di Misurata. Ciò che chiedeva costa meno della guerra.
<p>Io sono fra coloro che vogliono correre in aiuto di chi si rivolta contro Gheddafi. Rimpiango che accada ora e in questo modo, e con la guerra come il solo strumento e dopo una lunga festa celebrata mentre Gheddafi stava già massacrando il suo popolo e incassando la sua taglia.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=ZD7KZ">il Fatto Quotidiano</a>Giorgio NAPOLITANO: «L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia naturale sviluppo della linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa e confortata da ampio consenso in Parlamento»2011-04-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560067Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica<br/><br/><br />
"Ancora oggi, ad ormai 66 anni di distanza da quella giornata storica, la Festa della Liberazione richiama alla nostra mente l'idea del compimento di un'opera, del termine di un percorso : la riconquista - per l'Italia - della libertà, dell'indipendenza e dell'unità, a fondamento della rinascita della democrazia". Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro con gli esponenti delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane e delle Associazioni d'Arma.
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"Ma sul significato nazionale di questa ricorrenza a centocinquantanni dall'Unità d'Italia ho parlato ieri all'Altare della Patria e non ritornerò anche perché i drammatici eventi - ha affermato il Presidente Napolitano - che accadono oltre le nostre frontiere ma intorno a noi e le profonde ripercussioni che essi hanno sul nostro stesso paese e presumibilmente ancor più avranno sul suo futuro ci inducono a guardare al 25 aprile 1945 in una prospettiva più ampia ed attuale. Oggi ci interroghiamo - ha infatti rilevato il Capo dello Stato - in Europa e in tutto l'Occidente, sulla possibilità di rivoluzioni o evoluzioni democratiche nel mondo arabo, fatto senza precedenti e carico di potenzialità straordinarie. E le previsioni non sono facili ; né è semplice il compito che può spettare a paesi come il nostro. Ma ciò non toglie che sentiamo - in particolare noi italiani nel ricordo delle lotte di liberazione e del 25 aprile - di non poter restare indifferenti di fronte al rischio che vengano brutalmente soffocati movimenti comunque caratterizzati da una profonda carica liberatoria".
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Il Presidente Napolitano ha ribadito che "non potevamo restare indifferenti alla sanguinaria reazione del colonnello Gheddafi in Libia: di qui l'adesione dell'Italia al giudizio e alle indicazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e quindi al piano di interventi della coalizione postasi sotto la guida della NATO. L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia - annunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio Berlusconi - costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento".
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"Naturalmente - ha proseguito il Presidente - sappiamo bene come ai problemi di fondo che si pongono nei paesi dell'area africana e mediorientale lo strumento militare non può dare l'insieme delle risposte necessarie. La risposta di fondo anche al rischio di flussi migratori disperati e convulsi verso le nostre sponde, sta in un fattivo, forte impegno di cooperazione allo sviluppo dei paesi delle sponde Sud ed Est del Mediterraneo. Dobbiamo portarci all'altezza delle nostre responsabilità come mondo più sviluppato e ricco, mostrare lungimirante generosità, essere non solo coerenti con principi e valori di solidarietà, ma capaci di comprendere quale sia il nostro stesso interesse guardando a un futuro che è già cominciato".
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Per il Presidente Napolitano "nulla sarebbe più miope, meschino e perdente, del ripiegamento su sé stesso di ciascuno dei paesi membri dell'Unione Europea. Ciascuno dei nostri paesi ha un avvenire solo se scommette sull'unità dell'Europa, e sull'assunzione delle responsabilità che ci competono in un mondo così fortemente cambiato e in via di cambiamento. E questo è in realtà l'autentico significato della partecipazione dell'Italia e delle sue Forze Armate alle missioni internazionali".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=16416">Quirinale.it</a>Marco PANNELLA: Lassini, referendum e sciopero della fame2011-04-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560040<br />
<b>Lassini: ormai è candidato ed esprime la pancia berlusconiana.</b>
<p>"Ci hanno pensato tardi a chiedergli di uscire dalla lista, perché lo hanno fatto quando non era più tecnicamente possibile". E' il commento di Marco Pannella sulla candidatura di Roberto Lassini nelle liste del Pdl al Comune di Milano e sulle polemiche sui suoi manifesti elettorali.
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Pannella ha spiegato che la posizione de Il Giornale, rappresentata dall'intervento del direttore Alessandro Sallusti, è "ineccepibile: questi manifesti rappresentano il ventre, la pancia berlusconiana. E allora lo si fa fuori da candidato, perché è lui, mentre va bene quando esprime quelle posizioni il Presidente del Consiglio".
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"Sallusti poi è certamente un anti-montanelliano, butta carte e intonazioni che appartengono alla caricatura del fascismo. Ma Sallusti in fondo dice una verità: Lassini interpreta una parte dei sentimenti di quel popolo, e Libero e Il Giornale hanno quella funzione", ha concluso Pannella.
<p>REFERENDUM TRADITI? POCO CREDIBILI GLI ULULATI DI OGGI
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"Leggi che tradiscono i referendum? E dove sta la notizia? Nella nostra esperienza parlamentare degli anni Settanta abbiamo visto tentativi smaccati di cancellare i referendum, in cui il centrosinistra e il Presidente della Repubblica facevano di tutto per far fuori i nostri quesiti. Oggi dunque questi ululati sul fatto che il governo Berlusconi fa una delle cose che gli altri hanno fatto sempre mi fanno sorridere. Forse vale la pena di ricordare che il Partito Comunista Italiano, dal 1972 al 1974 il partito - di fronte ad una Dc che era marmellata - che cercava di abolire o superare la legge Fortuna per non fare quel referendum sul divorzio che poi vincemmo"
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MIO SCIOPERO DELLA FAME ANCHE PER MORTI DEL MEDITERRANEO
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"Una opposizione che faccia il suo mestiere, che sia pro-rivolta o contro la rivolta in Libia, pro-intervento armato o contro l'intervento armato, dovrebbe porsi il problema delle migliaia di morti che fanno oggi del Mediterraneo un cimitero".
<p>Lo ha detto Marco Pannella, nel corso della consueta conversazione dominicale con Radio Radicale, tornando a spiegare le ragioni dello sciopero della fame che sta conducendo dallo scorso martedì.
<p>"Berlusconi non è che avesse a sua disposizione particolari strumenti culturali, andava dai dittatori e gli diceva che tutti lo amavano, come è successo a Lukashenko.<br />
Io voglio sapere perchè sappiamo di tragedie solo se arrivano dei cadaveri sulle spiagge. E molto spesso le correnti non portano i cadaveri sulle spiagge. A nessuno interessa? Perchè nessuno pensa di usare i sofisticatissimi satelliti che tutto il mondo occidentale possiede per monitorare il mare, pieno di carrette e di disperati?", ha detto Pannella.
<p>"Oggi il problema è quello che chiamo della democrazia reale".Il problema è che "oggi anche gli eredi del Pci sono in qualche modo responsabili della "degenerazione del regime italiano": "Senza accanimento di sorta dico che il post- Pci ha continuato ad essere una causa, una componente, della degenerazione anti-democratica di questo sessantennio.
<p>E il problema rimane quanto tutta la ricerca storica, il costituzionalismo italiano, liquidato il conto con i costituzionalisti laici, con coloro che avevano proposto una lettura diversa dello sviluppo culturale e politico del mondo anglosassone piuttosto che di quello europeo, sia stato in grado di rispondere alla domanda che pongo.
<p>Pannella è tornato ad esprimere "non un obiettivo ma un auspicio, che sia possibile almeno al Presidente della Repubblica italiana conoscere un po' di più la storia, e quel che facciamo". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/comunicati/20110424/lassini-pannella-ormai-candidato-ed-esprime-pancia-berlusconiana">radicali italiani</a>Emma BONINO: «Vittima dei nemici politici ma la Ue si fa anche male da sé» - INTERVISTA2011-04-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560005Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
<b>Recenti risultati elettorali (dalla Finlandia all'Ungheria) e sondaggi d'opinione (l'ascesa del Fronte nazionale in Francia) riflettono la crescita di atteggiamenti xenofobi, chiusure nazionaliste, settarismi culturali. Come valuta questi fenomeni?</b>
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«Con preoccupazione, soprattutto perché non vedo contrappesi istituzionali. Per entrare in Europa si fissano dei parametri severi ma una volta entrati non esiste meccanismo che possa mettere in dubbio lo status di paese membro. Neppure di fronte a derive che vanno contro lo spirito e la lettera dei Trattati istitutivi e della Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Non a caso, anche il Consiglio d'Europa, custode della Convenzione, è molto preoccupato tanto da incaricare un gruppo di personalità europee, di cui faccio parte, di redigere un rapporto sul tema della convivenza in Europa nel 21mo secolo. Lo presenteremo tra un paio di settimane».
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<b>Il rafforzamento di formazioni politiche euroscettiche condiziona le politiche dei singoli Stati. La Ue può resistere a queste spinte disgregatrici?</b>
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«Solo se troverà la forza di rilanciare subito la sua azione in maniera da evitare che i microinteressi nazionali o sub-nazionali diventino egemoni nel processo politico europeo. Con il Partito Radicale Nonviolento da anni sostengo che i nazionalismi, l'Europa delle patrie, rischiano di determinare la fine non solo della patria europea, ma delle patrie stesse. È ora di tornare al progetto dei padri fondatori, abbandonando l'idea antistorica dell'Europa dei piccoli Stati-nazione. Nessun paese, neanche la Germania o la Francia, figuriamoci una piccola Italietta autarchica, è in grado da solo di affrontare i passaggi chiave di quest'epoca, o di sedersi al tavolo con i giganti Russia, India, Cina o Stati Uniti. Questo può farlo solo l'Europa. O, meglio, gli Stati Uniti d'Europa».
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<b>Berlusconi e Maroni ipotizzano l'uscita dalla Ue. Sparate propagandistiche?</b>
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«Forse non sono solo sparate propagandistiche, ma temo elementi fondativi di questa coalizione di governo e di questo blocco politico».
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<b>Tremonti suggerisce di abrogare i trattati esistenti e ricostruire l'Europa da zero. Vuole consolidare le istituzioni comunitarie o affossarle?</b>
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«Quando parla di un'Europa rafforzata Tremonti dovrebbe chiarire a che entità si riferisce, senza dimenticare però che la prima ferita profonda alla coesione europea fu inferta nel 2003 quando Germania e Francia violarono il Patto di Stabilità, anche con il consenso di Tremonti, che in quel momento era presidente dell'Ecofin. Due anni dopo il Consiglio dei ministri europei bocciò, se non ricordo male all'unanimità, una proposta di iniziativa della Commissione - in seguito alle rivelazioni sui dati alterati dalla Grecia per essere ammessa nella zona euro - tesa ad affidare ad Eurostat un potere di audit sulle statistiche nazionali».
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<b>Minacciata dai nemici politici, la Ue è poco aiutata dai suoi stessi dirigenti. Barroso, Ashton e altre figure di spicco dell'Unione sembrano esse stesse contagiate dall'euroscetticismo. Esiste un problema di leadership inadeguata?</b>
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«Sì, purtroppo da troppo tempo anche nelle istituzioni europee si celebra una messa senza fede. La Commissione Barroso rinuncia troppo spesso a fare il proprio mestiere riducendosi a fare da segretariato al Consiglio. Sarebbe bello se ogni tanto facesse delle battaglie a tutela degli interessi europei e del loro rafforzamento e avanzasse, esercitando il proprio diritto d'iniziativa, proposte magari impopolari agli occhi del Consiglio, anche a costo di farsele bocciare. Almeno si capirebbe che l'Europa vuole esistere aldilà delle resistenze nazionali. E invece no: quando la Commissione capisce che una proposta rischia di non passare in Consiglio, neanche la avanza. Però, più che buttare la croce addosso ai Barroso e alle Ashton, le responsabilità sono dei governi che li hanno nominati».
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<b>Una, due, tre scelte urgenti e importanti per rivitalizzare la Ue...</b>
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«Gli Stati Uniti d'Europa, cioè una politica estera e di difesa comune, un solo esercito anziché 27, una politica comune dell'immigrazione e dell'energia. Senza dimenticare che molte cose si potrebbero fare a trattati vigenti, ad esempio portare a compimento il mercato interno, come l'ex commissario Monti ben documenta nel suo rapporto. Occorre poi rivedere i rapporti con il Sud del Mediterraneo, i cui sconvolgimenti di questi mesi fanno emergere il fallimento delle nostre politiche. Non si può rinviare oltre l'accelerazione del processo di adesione della Turchia».<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=Z8AYH">l'Unità - Gabriel Bertinetto</a>Anna FINOCCHIARO: «Così il premier ha indebolito l'Italia» - INTERVISTA2011-03-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559467Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
"Il Cavaliere non ha tutelato la dignità del Paese nei rapporti con il raìs e non si è schierato apertamente con il popolo libico"
<p>Il presidente Berlusconi non è stato capace di tutelare la dignità e l`autorevolezza dell`Italia nei rapporti con il raìs prima e poi è stato contraddittorio nel momento in cui doveva assumere la decisione di schierarsi, senza se e senza ma, con gli oppositori e con il popolo libico. E ancora oggi non si presenta in Parlamento e non scioglie le ambiguità della sua maggioranza. Con la risoluzione Pdl-Lega, Berlusconi ha tenuto insieme la maggioranza ma ha indebolito l`Italia».
<p>A sostenerlo è Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Senato del Partito democratico.
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<b>Quale immagine dà di sé alla Comunità internazionale un Paese il cui primo ministro è assente mentre il Parlamento discute dell`intervento militare in Libia?</b>
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«Una immagine di estrema debolezza del Governo ma anche di debolezza della posizione dell`Italia nella Comunità internazionale. Avevamo chiesto al presidente Berlusconi
di assumere lo stesso comportamento tenuto da Fillon, da Zapatero, da Cameron...<br />
Così non è stato. Il presidente del Consiglio teme che da una sua presenza in Parlamento possa derivare una lacerazione nella maggioranza».
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<b>Si voleva lanciare un segnale di unità, si è finito per votare cinque volte al Senato mentre alla Camera la risoluzione Pdl-Lega-Ir è passata per soli 7 voti di scarto...</b>
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«Noi abbiamo provato in tutti i modi, al Senato, a evitare che la giornata si concludesse con una serie di votazioni che hanno reso sostanzialmente incomprensibile quello che, a nostro avviso, doveva essere invece mostrato con tutta evidenza, in maniera limpida, e cioè l`impegno dell`Italia a onorare i suoi obblighi internazionali derivanti dall`adesione alle risoluzioni Onu 1970 e 1973. Io ho chiesto di ritirare tutte le risoluzioni, a cominciare dalla nostra, per votare il dispositivo secco delle dichiarazioni del ministro degli Esteri, Franco Frattini. Questa offerta è stata sdegnosamente respinta dal Pdl e dalla Lega per una ragione evidente...»
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<b>Quale?</b>
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«Solo sull`ambiguità della risoluzione Pdl-Lega, sulla sua incompletezza e anche sulle sue mistificazioni, la maggioranza poteva mantenere la propria unità. Tanto è vero che il ministro Frattini, mentre ha dato parere favorevole sulla risoluzione del Pd, esclusivamente su di essa fra le tante che erano state presentate, lo stesso Frattini ha dato parere favorevole alla risoluzione Pdl-Lega alla condizione che fosse assorbita la risoluzione del Pd. Questo per la ragione che la nostra era l`unica risoluzione chiara. Ed era anche quella che riproduceva il deliberato delle commissioni Esteri e Difesa che si erano riunite qualche giorno prima. Peraltro nelle sue dichiarazioni, il ministro Frattini ha smentito la risoluzione Pdl-Lega almeno su due punti importanti».
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<b>C`è chi sostiene che i diritti umani non si difendono con le bombe...</b>
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«L`affermazione è del tutto giusta. Abbiamo però un problema: se non tacciano i cannoni di Gheddafi e se non si arresta il massacro del popolo libico, se non si difendono, cioè, i diritti umani degli oppositori e dei civili, non si può ristabilire la legalità di cui il capitolo dei diritti umani è parte essenziale. Non dobbiamo mai dimenticare che milioni di persone che si sono ribellate a un regime dittatoriale e che per questo stanno subendo azioni di guerra e rischi per la loro stessa incolumità fisica, civili innocenti abbandonati alla furi a oppressiva».
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<b>L`Italia è stata tacciata di tradimento da Gheddafi e, al tempo stesso, non riesce a conquistare la completa fiducia degli oppositori...</b>
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«Questo perché il presidente Berlusconi non è stato capace di tutelare la dignità e l`autorevolezza dell`Italia nei rapporti con il raìs prima e poi è stato contraddittorio nel momento in cui doveva assumere la decisione di schierarsi, senza se e senza ma, con gli oppositori e con il popolo libico. E ancora oggi non si presenta in Parlamento e non scioglie le ambiguità della sua maggioranza. Il meno che si possa dire è che la gestione della vicenda libica è stata, da parte del Governo, ondivaga e confusa».
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<b>Invece che un mare di dialogo e di cooperazione, il Mediterraneo rischia di essere trasformato nel mare dei respingimenti forzati...</b>
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«Questo è il grave rischio se lasciamo alla Lega la libertà di trattare la questione dei profughi e degli aventi diritto alla protezione internazionale, come una questione di immigrazione clandestina. Su questo punto si misura lo scarto più drammatico, perché riguarda la vita e il destino di migliaia di esseri umani, tra la posizione della maggioranza e quella del Partito democratico».
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<b>In Italia e fuori di essa, c`è chi guarda agli sconvolgimenti in atto nel Nord Africa e nel Vicino Oriente solo in termini negativi, di preoccupazione...</b>
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«E' un approccio sbagliato, che non condivido. Vorrei che si guardasse con un altro spirito e con maggiore lungimiranza e coraggio a ciò che accade sulla sponda Sud del Mediterraneo. Perché accanto ai conflitti e alle tragedie di oggi, si apre però la speranza di milioni di persone, per lo più giovani, circa la fine dell`era delle
dittature e l`inizio di una stagione democratica. Questo impegnerà moltissimo i Paesi occidentali, a cominciare dall`Italia, perché lo scarto tra le politiche che finora si sono praticate con quei regimi, in nome della realpolitik, e quelle che si rendono oggi necessarie, è uno scarto assoluto. E come i Paesi occidentali si comporteranno oggi e nell`immediato futuro, che deciderà chi è legittimato ad affrontare, assieme ai popoli protagonisti della "Primavera araba", un futuro di democrazia». <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/dettaglio/76117/">l'Unità - Umberto De Giovannangeli</a>ALFIO NICOTRA: Così si uccide il Risorgimento arabo2011-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559221Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Arezzo (Lista di elezione: PRC) <br/><br/><br />
L'interventismo democratico è un tarlo che scava nei cervelli e nelle coscienze delle persone. Lo ritrovi ad ogni occasione in cui bisogna rendere nobile la guerra e gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Sono armi di distrazione di massa con un unico obiettivo: oscurare le vere ragioni (gli interessi economici) per cui si muovano le truppe e si alzano in cielo i bombardieri. Così l'Italia è in guerra con la benedizione di chi dovrebbe custodire la Costituzione.
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C'è l'Onu si dice, ma chi lo dice sa benissimo che le Nazioni Unite non possono proclamare la guerra, perché si straccerebbe la ragione sociale per cui sono state fondate. L'armamentario ideologico della guerra umanitaria è sempre lo stesso, ma tutte le volte prende vigore nelle penne dei giornalisti embedded (Concita docet) e nei discorsi dei politici che improvvisamente si accorgono che inermi sono massacrati da uno spietato dittatore. Se srotoliamo questo armamentario propagandistico dalla Restore Hope in poi, scopriamo le stesse frasi e gli stessi ingredienti ovunque la "civile" comunità occidentale ha scelto di recuperare la barbarie della guerra come strumento normale e accettabile della politica. C'è sempre un Siad Barre, un Saddam Hussein, un mullah Omar, un Milosevic da paragonare ad un Hitler moderno. Ci sono sempre popolazioni civili da salvare e democrazie da esportare. Poco importa se quelle popolazioni sono state per anni massacrate da armi ed eserciti addestrati dalle "coalizioni dei volenterosi" che intorno agli Usa e alla Nato via via, di volta in volta, si formano per l'abbisogna.
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Si arriva all'assurdo, in questa nuova guerra di Libia, che tra la coalizione che vuole tutelare i civili ci sono anche alcuni paesi arabi che in casa loro sparano sulla folla che manifesta. Questa è l'ennesima guerra per il petrolio e il gas libico ma non solo. Si vuole riprendere l'egemonia e il controllo del mondo arabo messo in discussione dalle rivolte popolari. Le rivolte nel Maghreb sono in primo luogo rivolte sociali contro l'insostenibilità di uno scambio diseguale con il Nord ricco, bianco e cristiano del pianeta che da quelle parti era rappresentato per di più da regimi autoritari e corrotti.
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Queste rivolte hanno sicuramente investito anche la Libia, ma la diversità di reddito e l'esiguità della popolazione autoctona (6 milioni a fronte di 1,5 milioni di immigrati) oltre al fatto di possedere uno dei più grandi giacimenti di petrolio del pianeta, rendono concreta e tutt'altro che fantasiosa l'esistenza di una regia esterna. Per questo non cadiamo nella trappola di chi dice: o stai con Gheddafi o stai con i bombardieri occidentali.
Noi stiamo dalla parte dell'umanità contro ogni dittatura e anche contro questa vergognosa macchina da guerra.
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Il nostro dissenso dal Presidente Napolitano è totale. Infatti, è la scelta di intervenire militarmente ad uccidere nella culla il Risorgimento arabo. Ogni Cruise lanciato su Tripoli è nuovo odio che i fondamentalisti religiosi mettono in cascina in tutto il mondo arabo. Perché nemici di multinazionali e fondamentalisti sono i popoli e la loro volontà di autodeterminarsi costruendo esperienze democratiche non più prigioniere del pensiero unico del mercato. Già lo si vede con le contestazioni in Egitto a Ban Ki Moon. Cosa può pensare un qualsiasi cittadino di un qualsiasi Paese arabo dello strabismo occidentale e della politica dei due pesi e due misure? Perché le risoluzioni dell'Onu valgono per la Libia e sono carta straccia per Israele che ogni settimana bombarda la popolazione inerme di Gaza? Perché nessuno frena i soldati sauditi che hanno invaso il Bahrein e che reprimono con la forza le manifestazioni popolari?
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L'interventismo democratico è un tarlo che uccide la diversità della sinistra, assorbendola dentro una nuova ideologia neocoloniale. Il parlamento ridotto ad una caserma, con Di Pietro e il Pd che scavalcano a destra il governo per sostenere la bontà dei bombardamenti, segnala l'inconsistenza dell'attuale opposizione istituzionale. Il sì alla guerra della Cgil è un ulteriore segnale di imbarazzante omologazione al pensiero dominante. Occorre invertire questa tendenza suicida. Mobilitandosi subito contro la guerra senza se e senza ma, unendo tutte le forze che si oppongono all'intervento. Prima che le bombe uccidano insieme alle persone anche le idee e le speranze di un Mediterraneo diverso e migliore.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.liberazione.it/rubrica-file/Cos--si-uccide-il-Risorgimento-arabo---LIBERAZIONE-IT.htm">Liberazione</a>Pier Ferdinando CASINI: Libia. "Dissociazione della Lega intollerabile"2011-03-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559164Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC) <br/><br/><br />
"La Francia e l’Inghilterra ci hanno soffiato l’influenza politica nel Mediterraneo".<br />
Lo ha affermato il segretario dell'Udc Pier Ferdinando Casini nel corso del forum Confcommercio di Cernobbio, scusandosi di fare un"’comiziaccio" di fronte al pubblico a causa delle sue critiche all’esecutivo.
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"Il baciamano a Gheddafi - ha affermato Casini - non l’ho fatto io, così come il Trattato con la Libia non l’ho fatto io". Casini ha poi rivendicato il "senso di responsabilità" manifestato dal suo partito quando "ha votato a favore" dell’intervento italiano in Libia.<br />
"Per fortuna - ha aggiunto - non abbiamo deciso di offrire le basi senza intervenire, sarebbe stato come piazzare i fucili senza sparare, come dire vorrei ma non posso".
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<b>Casini critica pesantemente il governo</b>, che definisce "irresponsabile", e bolla la decisione della Lega in commissione parlamentare di non partecipare al voto sulla risoluzione Onu come "intollerabile". "Gheddafi è un criminale di guerra - ha detto a Cernobbio - ma in Italia, purtroppo, c’è un'opposizione responsabile e un governo da irresponsabili. La dissociazione della Lega è semplicemente intollerabile".<br />
<br/>fonte: <a href="http://qn.quotidiano.net/politica/2011/03/19/476406-libia_casini_contro_governo.shtml">Quotidiano.net</a>Furio COLOMBO: Con la Libia contro la Libia2011-03-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559160Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Eccoli che arrivano dal Consiglio dei ministri straordinario, La Russa (Difesa) e Frattini (Esteri). Vengono per informare deputati e senatori (in un’aula di Palazzo Madama) sullo stato di guerra che si sta creando con la Libia. Avete letto bene, la Libia, il Paese a cui siamo legati da un trattato fraterno mai denunciato, mai cancellato. Tanto per ricordare che trattato è, all’art. 4, comma 2 recita: “L’Italia non userà né permetterà l’uso del proprio territorio in qualsiasi atto ostile contro la Libia”. Bene, ora La Russa, il ministro della Difesa, viene a dire a deputati e senatori di una parte e dell’altra che le basi italiane sono a disposizione della Nato. Che ne è stato del Trattato di smodata amicizia con la “Grande Jamahiria popolare e socialista” (così è intestato il trattato)? Non ci crederete, ma solo Emma Bonino, e chi scrive, hanno voluto saperlo. Per non sbagliare, il ministro degli Esteri Franco Frattini profitta della benevola mancanza di curiosità del resto dell’assemblea, senza distinzione di parte.
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E salta la risposta. La Russa, bisogna ammetterlo, ha un altro temperamento. È stato colorito, efficace e insistente nel mentire. La domanda era: “Ma come può il governo respingere in mare una nave con 1800 passeggeri, tra cui molte donne e bambini senza alcuna verifica di condizioni e di diritti (per esempio il diritto d’asilo) proprio nelle ore in cui l’Onu dà il via libera a un intervento militare che coinvolgerà tutto il Mediterraneo?”. Il ministro La Russa non esita a dire che “dopo avere accertato che venivano dal Marocco, li abbiamo riforniti di carburante e aiutati a tornare in Marocco”. Dunque una gita, di notte, con il mare forza 6. Solo La Padania potrebbe smentirlo: “Roberto Maroni è riuscito a evitare che sbarcassero a Lampedusa 1800 stranieri della nave marocchina proveniente dalla Libia” (17 marzo).
<p>Ecco dunque l’intervento umanitario secondo Maroni: la nave veniva dalla Libia, ed è stata rimandata in Libia dove, se necessario, si può anche bombardare, ma non accogliere esseri umani. Dunque siamo in guerra con la Libia e contro la Libia. Con l’Europa e contro l’Europa. Per salvare gli assediati e per respingerli in mare se riescono a fuggire. <br />
Tragici, pericolosi, ridicoli.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=YBO4P">il Fatto Quotidiano</a>Nichi VENDOLA: «C'è un'Italia migliore» - INTERVISTA2011-03-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it559133Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
<b>Presidente Vendola, Il drammatico terremoto in Giappone ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica italiana, per via della Centrale di Fukushima danneggiatea dal sisma, la questione nucleare. Qual è la sua posizione?</b>
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Credo che la tragedia giapponese debba suscitare in tutto il mondo una vera, e approfondita pausa di riflessione. L’impressione è che tutti i paesi più grandi, più industrializzati vivano il trauma della catastrofe nucleare nella centrale giapponese, davvero come un punto di cesura rispetto al passato. Noi abbiamo visto la lobby nuclearista affidarsi a dei guru, diciamo così “scientifici”, che basavano la loro sicumera e la loro fede nuclearista sulla rievocazione del calcolo probabilistico; bene , in trentadue anni abbiamo avuto nel mondo tre incidenti rilevanti: Three Mile Island nel 1979 negli Usa, nel 1986 a Chernobyl , in Ucraina e oggi a FukuShima in Giappone. <br />
Siamo dinanzi ad un avventurismo pseudo scientifico figlio delle grandi lobbies economiche che si sono arricchite con il nucleare civile e militare (perché ricordo che il nucleare civile è imparentato al nucleare militare entrambi vivono di segreti , di militarizzazione del territorio e di omertà istituzionali) allora io penso che, mentre il mondo riflette sull’avventura nucleare, non è possibile che l’unico governo che dica “andiamo avanti” sia quello italiano con le parole veramente indecenti del Ministro, per così dire, dell’ambiente Stefania Prestigiacomo e con la svagatezza dei vertici dell’Enel che ci raccomanda di non lasciarsi prendere dall’emotività. Francamente se ci lasciassimo prendere dall’emotività avremmo reazioni, diciamo, ben più robuste di quelle dichiarazioni di rottura radicale su questo fronte. L’Italia non potrà mai accettare un ritorno al nucleare. Noi ci batteremo con ogni mezzo contro questa follia voluta da quella che oggi rischia di apparire soltanto una cricca criminale.
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<b>Ci sono altri avvenimenti importanti e drammatici: riguardano la sponda sud del Mediterraneo. Come giudica il comportamento dell’ Occidente nei confronti della attuale situazione in Libia?</b>
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Noi abbiamo usato la Libia, diciamo, come il nostro docile servitore per i lavori sporchi. Abbiamo affidato alla Libia il compito di costruire dei campi di trattenimento, diciamo degli “universi “concentrazionari in cui tenere rinchiusi migranti, talvolta la sorte di questi migranti la si giocava ai dadi nel deserto, abbiamo coccolato non solo il Rais di Tripoli ma i dittatori di tutto il Nord Africa perché ci faceva comodo questa modalità di esportazione della nostra economia e dei nostri commerci. E’ qui è cascata un po’ l’ipocrisia dell’Occidente, come casca l’asino, perché altrove dovevamo esportare la libertà con i bombardieri e qui abbiamo preferito altro genere di esportazioni non occupandoci della soppressione delle libertà fondamentali in tutti questi Paesi. Per fortuna una nuova generazione, quella che è cresciuta con Internet, è diventata consapevole dei propri diritti ed ha aperto un percorso rivoluzionario in tutto il Mediterraneo, purtroppo questo percorso meriterebbe dall’altra parte del Mediterraneo interlocutori credibili e maturi e non un’Europa esitante tremebonda e un’Italia scopertamente compromessa con gli affari di alcuni di questi dittatori.
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<b>Parliamo delle vicende di casa nostra. Secondo lei l’Italia è ancora sotto l’ipnosi berlusconiana?</b>
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L’Italia vive dentro un clima di censura insopportabile, ed è difficile far vivere la contesa politica quando c’è una specie di falsificazione delle cose che accadono, c’è una manipolazione delle verità, c’è una disinformazione di regime. Se posso fare un esempio le carte della procura di Milano sulla ‘ndrangheta in Lombardia, sulla ‘ndrangheta pesante che controlla il territorio con modalità assai simili alle modalità con cui controlla la Calabria, la n’drangheta che agisce in ospedali importanti come se fosse in Aspromonte o nella Locride, l’a ‘ndrangheta che non viene minimamente contrastata da un apparato di potere che finge di non vedere ciò che tutti possono vedere già da anni, costituisce un grande scandalo nazionale. Se un boss mafioso in un qualunque ospedale pugliese avesse potuto fare le proprie riunioni e scandire i propri ordini, credo che tutta la classe dirigente pugliese sarebbe stata portata presso la “Corte di Cassazione” del Tg1, delle trasmissioni televisive, e invece nulla, un silenzio e un’omertà istituzionale che impressiona. Ecco in questo clima è difficile, diciamo così, costruire una positiva interlocuzione con dei falsari. Siamo, quindi, dentro una fase in cui il berlusconismo che ha perso credibilità e consenso si muove come un animale ferito dando colpi di coda che stanno ferendo l’assetto democratico del Paese, speriamo che si possa riparare il danno, stanno uccidendo la cultura, la scuola pubblica, stanno uccidendo l’anima del Paese.
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<b>Cosa manca al Centrosinistra per diventare egemone nella società italiana?</b>
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Manca la volontà di fare una grande battaglia politico-culturale, di uscire fuori dai propri accampamenti, dalla gestione dei piccoli sistemi di potere. Il centrosinistra deve sentirsi sfidato dalla crisi che è soprattutto una crisi di prospettiva per le giovani generazioni.E piuttosto che inseguire l’alleato impossibile, quello che da un momento all’altro lascerà il campo berlusconiano e verrà a rafforzare il nostro campo, dovrebbe occuparsi dei soggetti sociali che hanno bisogno di essere rappresentati e che sono il blocco sociale del cambiamento: gli studenti, il lavoro dipendente, la piccola e media impresa, il mondo della cultura, il mondo delle donne. Sono questi i soggetti fondamentali della rivoluzione democratica di cui l’Italia ha bisogno.
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<b>Leggendo il suo Manifesto, “C’è un’Italia migliore”, onestamente non trovo molta distanza tra Lei e i valori del PD. Perché non la convince quel partito?</b>
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Quel partito talvolta non colpisce i suoi militanti e i suoi dirigenti. Il dibattito sulla natura incerta del PD è aperto dentro al PD. Personalmente il problema non è, diciamo, una condivisione sui temi politico-emozionali, siamo tutti quanti per l’accoglienza degli esseri umani, siamo tutti quanti per il diritto al lavoro, ecc.<br />
Il problema è di capire quali sono le politiche di lotta contro leggi che hanno rappresentato un regresso civile, sociale, sono quelle che io vorrei che il centrosinistra avesse nel proprio cantiere. Se il PD avesse questa agenda di proposta e probabilmente saremmo nel PD, se siamo in Sinistra Ecologia e Libertà è perché vi è stata una deriva moderata del Partito Democratico.
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<b>In una recente intervista ha affermato che, per lei, Rosy Bindi potrebbe essere la candidata a premier per il Centrosinistra. E’ ancora di quell’idea?</b>
<p>
Io dicevo, nella misura in cui il centrosinistra si riconosce nella denuncia di una crisi democratica, che è meritevole di essere affrontata da una coalizione democratica la più larga possibile, a quel punto io dico che non si discuta di una figura premiership legata alle virtù della tecnocrazia, perché se la crisi è democratica, non è tecnocratica, non c’è bisogno di un tecnocrate, ma c’è bisogno per una fase transitoria limitata ad alcune riforme come quella della legge elettorale, per il conflitto di interessi, di una figura fortemente caratterizzata in termini politici e democratici. Da quel punto di vista Rosy Bindi, in quella situazione, è stata la mia proposta. Non è incompatibile con il tema prioritario per dare un’anima al centrosinistra delle primarie.
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<b>Ultima domanda: A 150 anni dall’Unità possiamo ancora emozionarci per quell’evento?</b>
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Devo dire che abbiamo rispolverato il Risorgimento, l’avevamo per decenni messo sotto naftalina e oggi il Risorgimento torna come una questione della nostra attualità, perché abbiamo il sentimento diffuso di un processo di fuoriuscita dall’Unità del Paese, sentiamo la minaccia della cultura leghista, sentiamo l’avanzata di un federalismo che non è solidale, ma è la fotografia dell’egoismo sociale di una parte del Paese e sappiamo che i fenomeni di disgregazione nazionale possono essere molto più rapidi di quanto non si immagini e sono sempre alimentati dalle sottoculture del localismo e delle identità etnoterritoriali.<br />
<br/>fonte: <a href="http://confini.blog.rainews24.it/2011/03/16/ce-unitalia-migliore-intervista-a-nichi-vendola/">RaiNews24 | Confini - Pierluigi Mele</a>Antonio POLITO: La frontiera italiana2011-03-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558689<br />
In poche settimane l'Italia ha cambiato la sua collocazione geopolitica, ma non sembra ancora rendersene conto. Le rivoluzioni in corso nel Maghreb hanno rimesso il Mediterraneo al centro della storia del mondo e l'Italia, che lo voglia o no, è al centro del Mediterraneo. La posizione geografica in politica conta. Non a caso uno dei periodi di maggior stabilità e prosperità della nostra storia è coinciso con il lungo dopoguerra, quando il ruolo di confine orientale dell'Occidente ha reso l'Italia un Paese importante sullo scacchiere internazionale: l'avamposto della Nato a Est.
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La caduta del Muro di Berlino ci ha dissolto come frontiera orientale della democrazia e della libertà, ma ora la Storia torna a battere alle nostre porte. Lampedusa non è soltanto la disgraziata isola dove si illuminano ogni sera i nostri incubi di invasioni barbariche. È anche il luogo simbolo della nuova frontiera dell'Occidente che siamo chiamati a rappresentare: la frontiera meridionale. Siamo l'unica media potenza europea letteralmente a un tiro di schioppo dall'Algeria, dalla Tunisia, dalla Libia (non a caso Italo Balbo la chiamava la «quarta sponda») e anche dall'Egitto. Ciò che faremo, ciò che diremo sarà rilevante per gli sviluppi futuri di queste rivoluzioni, delle quali niente del poco che sappiamo è in grado di dirci oggi che piega prenderanno.
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Il rivolgimento in corso è così straordinario che perfino la questione palestinese sembra marginalizzata e comunque è stata clamorosamente assente in questa originalissima arab street che ha fatto fuori i tiranni. Siamo diventati così importanti che Obama ha perfino sentito il bisogno di telefonare a Berlusconi.
<p>
Non sembra che il nostro dibattito pubblico sia però consapevole di questa nuova grande occasione. Sul piano politico, il governo è tutto preso a far dimenticare il più presto possibile l'eccesso di baciamaneria al dittatore libico e l'opposizione è tutta presa a non farlo dimenticare mai. Entrambi combattono una battaglia di retroguardia, regolano conti del passato.
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Ci sarebbe invece da prendere alcune decisioni. Intanto come apparire amici di chi farà fuori Gheddafi, dopo essere stati così tanto amici di Gheddafi. Qualche ostilità dobbiamo metterla infatti in conto, ma non è affatto impossibile - come ha scritto Angelo Panebianco su questo giornale il 27 febbraio - far coincidere finalmente il giusto e l'utile. Ma una politica che persegua l'interesse nazionale richiede un respiro anche più vasto. Per esempio uno sguardo alla Tunisia, dove l'influenza francese esce notevolmente acciaccata dalla caduta di Ben Ali.
<p>Per esempio una riconsiderazione della nostra rete diplomatica, non particolarmente acuta nell'avvertire il rombo dello tsunami in arrivo, e della nostra rete consolare, strangolata dalle ristrettezze di bilancio.
<p>Per esempio il lancio di un canale tv in lingua italiana dedicato a questi Paesi, che forse conta più di dieci anni di politica estera per conquistare i cuori e le menti di un popolo vicino.
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Ma ancor di più si tratta di rispondere alla domanda chiave che questo rivolgimento storico ci pone: sarà un bene, o è solo l'ennesimo mostro uscito dal videogame della globalizzazione? E, soprattutto, come indirizzarlo verso la democrazia? Conviene che l'Europa l'abbracci, come propone chi già vede il Maghreb nell'Unione Europea, o conviene metterlo prima alla prova? Va aiutato con soldi, armi e tecnologia, come abbiamo fatto con le dittature precedenti, o va legato con immigrazione, commerci e cultura?
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L'Italia ha la possibilità di guidare questo dibattito in Europa. Se però è in grado di farlo prima di tutto a casa sua. Queste settimane sono state sconfortanti: un balbettio imbarazzato del governo, analisi abborracciate e sostanzialmente al buio, scarse informazioni: ci sono volute un paio di uscite del capo dello Stato per dare all'Europa l'idea che eravamo anche noi della partita.
<p>L'unica cosa che sembra interessarci della caduta del Muro del Maghreb è il numero esatto di immigrati che arriveranno sulle nostre coste, e si sente in giro un insopportabile tanfo di nostalgia per i vecchi regimi, brutti sì, ma così utili a evitarci rogne.
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Sarebbe invece il caso, una volta tanto, di resuscitare il Parlamento per la funzione cui è destinato: una sessione straordinaria, con relazione del governo, per discutere che fare dell'Italia in questo nuovo scenario internazionale e per costruire uno straccio di politica estera comune sulla sponda sud del Mediterraneo. Non ci sarebbe modo migliore che parlare del nostro futuro anche per ricordare degnamente il nostro passato: il 150° dell'Unità d'Italia, ma anche il centenario dell'invasione coloniale di Tripolitania e Cirenaica.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=XU545">Corriere della Sera</a>Romano PRODI: «Ora la missione dell'Europa è di guardare verso il Sud» - INTERVISTA2011-03-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558686<br />«Serve una partership per far germogliare i semi della democrazia»
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Da presidente del Consiglio e da incaricato dell`Onu, Romano Prodi è stato spesso in Maghreb e in Medio Oriente, conosce tutti i leader, continua a parlare con diversi potenti del mondo e in queste ore si è fatto un`idea: «L`Europa? In quest`area, in queste settimane, sta perdendo ulteriormente terreno. <br />
E invece si sta concretizzando una ripresa di influenza da parte degli Stati Uniti. Dopo aver a lungo sostenuto il governo-chiave di tutta l`area, l`Egitto, gli americani si sono schierati a favore del cambiamento e lo hanno fatto rapidamente.<br />
Non è privo di significato il fatto che in Tunisia la gente in piazza sventolasse la bandiera americana e bruciasse quella di un grande Paese europeo».
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<b>Quando è scoppiato l`incendio in Tunisia, lei ha detto: attenti all`Egitto...</b>
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«Sì, perché l`Egitto è la chiave di tutto. Lo è per dimensioni, numero di abitanti e per posizione strategica. Ma soprattutto - e questo viene spesso dimenticato - perché è il Paese delle grandi università, della profondità del pensiero islamico.<br />
E attraverso queste università l`Egitto influenza tutta la fascia subsahariana che arriva fino all`Oceano Atlantico. Le città costiere del Nord Africa oramai sono città di diplomati e laureati senza un futuro».
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<b>Nell`Università del Cairo, nel giugno dei 2009, Barack Obama - Presidente afroamericano dal nome islamico - disse che la democrazia non sì esporta ma che gli Stati Uniti sono al fianco di chi la anela. Gli americani hanno una «dottrina» per quest`area. L`Europa?</b>
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«Il discorso del Cairo era stato meraviglioso ma aveva lasciato un po` di frustrazione perché non era stato seguito da azioni. L`Europa? L`opinione diffusa nel Medio Oriente che ti senti ripetere è questa: voi europei siete i numero uno per i rapporti commerciali e negli investimenti, ma politicamente non contate nulla».
<p>
<b>In un editoriale per «La Stampa», l`ex direttore dell`«Economist» Bill Emmott ha proposto che l`Ue, come nei suoi momenti migliori, dovrebbe saper cavalcare proposte anticipatrici, in questo caso l`espansione dell`Unione alla costa meridionale dei Mediterraneo: che ne pensa?</b>
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«Mi sembra un intervento interessante. E non soltanto perché riprende una proposta che nel 2003 avevo fatto come Presidente della Commissione Europea. Dopo il fulmineo allargamento verso Est, dicevo: la storia ci ha spinti verso il Nord, ora dobbiamo andare verso il Sud».
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<b>
Emmott suggerisce forme diverse di adesione...</b>
<p>
«Siamo d`accordo. La proposta della Commissione che confidenzialmente chiamammo allora "l`anello degli amici" e in modo strutturato "politica di vicinato", sostanzialmente diceva questo: tutti i Paesi confinanti con l`Europa - la Bielorussia e l`Ucraina ma anche Israele, la Libia, l`Algeria, l`Egitto, la Siria e Libano - se vogliono, nei prossimi decenni potranno condividere tutte le regolamentazioni europee (mercato interno, politiche culturali e di ricerca) ma non le istituzioni. Un cammino previsto per tutti, ma che con realismo si proponeva di contrattare con ogni singolo Paese. Non se ne fece nulla. Il Nord Europa non ci voleva sentire».
<p>
<b>Oggi, davanti al terremoto in corso, quella proposta può riprendere forza?</b>
<p>
«Certo. L`idea più realistica sarebbe quella di evitare di mettere assieme tutti i Paesi in un colpo solo. Bisogna fare uno schema aperto che consenta a ciascuno di accostarsi adagio adagio».
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<b>Sembra comunque una chimera...</b>
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«Il vero problema è che oramai da diversi anni il bilancio europeo - lo 0,96% del prodotto lordo - viene tenuto su un livello inadatto per operazioni di questa portata. Ma c`è problema ancora più grande che impedisce di volare alto...»
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<b>Quale?</b>
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«La politica nel Mediterraneo dovrebbe essere sentita come politica comune europea. Ma così non è, neppure davanti all`emergenza. Non c`è alcun richiamo a impegni di lungo periodo».
<p>
<b>Forse un terremoto ancora più grande di quello in corso potrebbe aprire gli occhi ai Paesi del Nord Europa?</b>
<p>
«Attenzione: il terremoto è già avvenuto! Qui abbiamo dei semi di democrazia e il momento della coltivazione è questo, perché se la democrazia va avanti aiutata solo dagli americani, ogni intervento nostro a posteriori sarebbe vano. Un intervento europeo è urgente. Il momento è adesso. Anche perché in situazioni come questa c`è sempre un grosso rischio».
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<b>Quale?</b>
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«Tutti quelli che hanno cominciato il cambiamento potrebbero venir messi in un angolo: vedete stiamo peggio di prima».
<p>
<b>L`allargamento dell`Ue all`Est fu un investimento rischioso: è servito a tamponare il sentimento verso lo "stavamo meglio quando stavamo peggio"?</b>
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«Certo. Dopo il fulmineo allargamento ad Est, ricordo il rimprovero: perché con loro siete stati così rapidi? E vero, li aiutammo ad entrare. Ma è così che si aiuta la democrazia. Sono orgoglioso di quel che facemmo: l`allargamento è stato l`unico vero episodio di esportazione della democrazia nel mondo. L`unico. Ed ha funzionato».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=XU5YV">La Stampa - Fabio Martini</a>Vincenzo BIANCO: «Il Mezzogiorno si salva dalla crisi solo se guarda all’Europa» - INTERVISTA2009-04-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it390863Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
<b>Berlusconi insiste con la candidatura e non accetta il
confronto con Franceschini. Rifiuto prevedibile, no?</b><br />
«In Europa non c’è alcun capo di governo che pensa neppure
lontanamente di candidarsi alle europee. Di fronte all’elementare problema dell’incompatibilità che gli è stato ricordato, Berlusconi non può replicare al segretario del Pd dicendo
“candidati pure tu”. Poteva scegliere
una risposta più saggia...»<br />
<b>Il premier capolista dappertutto, perché?</b><br />
«In realtà nel suo disegno di potere
l’Europa non compare nemmeno. Il
Presidente del Consiglio pensa di affermare ancora di più la sua
leadership assoluta sul Paese e sul neonato
Pdl. Non bisogna dimenticare che
mostra insofferenza nei confronti anche dei pur timidi tentativi di autonomia che si riscontrano nel nuovo partito, quelli di Fini ad esempio. Va alla
ricerca di un consenso plebiscitario
che gli consenta di superare le difficoltà della crisi economica...»<br />
<b>Ma la crisi parla da sola...</b><br />
«Un imprenditore siciliano del settore meccanico mi ha detto, in questi
giorni, che i suoi ordini sono caduti del 50%, che riesce a reggere grazie
ad alcune nicchie di mercato e che le
aspettative per il 2009 e per tutto il
2010 sono assolutamente negative.
Le parole di Berlusconi appaiono improntate ad un ottimismo fuori luogo
che fa da contraltare ad una disarmante incapacità di porre in essere
una qualunque linea».<br />
<b>Lei potrebbe essere capolista del Pd
nelle isole...</b><br />
«Sarà la direzione del partito a decidere sulle candidature».<br />
<b>Cosa rappresenta l’Europa per il Mezzogiorno?</b><br />
«Mi sono formato alla scuola di Ugo La
Malfa che parlava di un Mezzogiorno
aggrappato all’Europa. Il Sud guarda all’Europa come sbocco culturale, come
orizzonte, come visione. Se c’è un futuro per il Mezzogiorno, questo è legato ai suoi rapporti con il Bacino del
Mediterraneo, ma sempre ed anzitutto con l’Europa»<br />
<b>Il Pd propone il sussidio europeo per
chi perde il lavoro...</b><br />
«Lo aggancerei a processi formativi
qualificati per superare il rischio di
una mera assistenza»<br />
<b>Lei ha vissuto la battaglia sul testamento biologico. Norme sbagliate anche dal suo punto di vista?</b><br />
«L’Italia con quel testo ha fatto un
gigantesco passo indietro. Neanche
negli anni 50 si sarebbe potuta immaginare una vicenda come questa.<br />
La Dc era assai più laica! Nei giorni scorsi ho riunito ad Amelia
l’Associazione Liberal Pd. Abbiamo
affrontato anche il tema della laicità dello Stato, contrapposto a quello - parole usate poi da Fini - che appare come uno Stato etico. Le frasi pronunciate da Franceschini, poi,
da una parte hanno riconosciuto alla Chiesa la legittimità di esprimere
la sua posizione, e, dall’altra, hanno rivendicato con forza la laicità
dello Stato. <br />
Nel ddl sul bio-testamento non si è tenuto in nessun conto l’articolo 32 della Costituzione».<br />
<b>Possibili miglioramenti radicali alla
Camera?</b><br />
«Io spero che alla Camera ci siano le
condizioni per adeguare il testo a
quello di altri Paesi europei. Se dovesse persistere, alla fine, la gravissima violazione della
Costituzione di
oggi i Liberal Pd - insieme con chi ci
sta - proporrebbero la raccolta delle
firme per andare al referendum».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=LA531">l'Unità - Ninni Andriolo</a>GIOVANNI CHIODI: Aree del Mediterraneo e Balcani2009-01-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388455Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Abruzzo (Partito: PdL) - Consigliere Regione Abruzzo (Gruppo: FI) <br/><br/>Due grandi direttrici dovrebbero guidare la nostra azione in quell'area: infrastrutture e cultura. I Paesi del Mediterraneo meridionale per proseguire nel loro sviluppo hanno bisogno impellente di modernizzare le loro infrastrutture. Per questo la Regione potrebbe promuovere relazioni istituzionali per creare un canale privilegiato per le imprese abruzzesi. Il bisogno di cultura, poi, è evidente. Maghreb e paesi arabi sono afflitti da livelli di analfabetismo troppo elevati; in particolare studi tecnici, matematici, di scienze e di economia non sono abbastanza diffusi. Quindi le nostre Università abruzzesi potrebbero essere favorite dalla Regione in progetti che attraggano leve di giovani, li formino e ne facciano i futuri ambasciatori dell'Abruzzo nei propri paesi. E' cosi che funziona il ciclo virtuoso degli studenti stranieri bene utilizzato da Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia. Inoltre, dovremmo offrire a giovani abruzzesi la possibilità di spendere qualche anno di vita all'estero, lavorando su concreti progetti di cooperazione finanziati dalla Regione. Istruzione ed ambiente dovrebbero essere i due filoni privilegiati. I nostri ragazzi tornerebbero arricchiti dall'esperienza di lavoro nei paesi emergenti<br/>fonte: <a href="http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=18848">primadanoi.it</a>