Openpolis - Argomento: regimehttps://www.openpolis.it/2012-03-08T00:00:00ZGiuseppe GIULIETTI: Verità e Giustizia per Stefano, Federico, Giuseppe, Aldo.2012-03-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625588Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
Ilaria Cucchi è una giovane donna che, da anni, lotta per chiedere verità e giustizia sulla morte del fratello Stefano, entrato vivo ed uscito morto dal carcere.
<p>
Patrizia Aldrovandi Moretti è la mamma di quel Federico che fu pestato a morte da un gruppo di poliziotti a Ferrara. La storia fu oscurata e censurata, la famiglia oltraggiata, quasi messa all’indice per aver osato ribellarsi alle veline di regime.
Adesso Patrizia, insieme con i giornalisti della Nuova Ferrara, tornerà in tribunale, ma per essere processata per aver “Diffamato” chi avrebbe dovuto tutelare suo figlio Federico. Le hanno chiesto quasi due milioni di euro come risarcimento.
<p>
Lucia Uva è invece la sorella di Giuseppe, morto in carcere a Varese, probabilmente in seguito ad un pestaggio eseguito da alcuni ” Tutori dell’ordine”.
Non si è mai rassegnata, ha rotto il muro delle omertà e delle connivenze. Proprio in questi giorni Luigi Manconi ha avanzato l’ipotesi che, prima di morire, Uva sarebbe stato addirittura violentato dai suoi aguzzini.
<p>
Rudra Bianzino è invece un giovane ragazzo di Perugia che, una triste mattina, si è visto arrestare il papà, Aldo, accusato di coltivare canapa indiana e di possesso di altre droghe. Aldo è morto in carcere, il suo corpo portava segni di violenze, le inchieste hanno negato ogni responsabilità dei suoi custodi, poi li hanno rinviati a giudizio per omesso soccorso, intanto Rudra è restato solo, è morta anche la mamma travolta dal peso di una tragedia immane.
<p>
A questi “Fantasmi” ha dedicato una lettera Ilaria Cucchi. Ci sembra giusto pubblicarla anche qui, perché non è solo un grido di dolore per le ferite subite, ma anche un vero e proprio manifesto di chi, nonostante tutto, continua a credere nello stato di diritto e a reclamare legalità, verità, giustizia.
<p><b>Noi siamo fantasmi…</b>
<p>
di Ilaria Cucchi
<p>
Stefano, Federico, Giuseppe, Aldo. Tutti fantasmi. Non esistevano in vita e tanto più si vuole non esistano ora che sono morti in mano allo Stato. Fantasmi che avevano tutti una vita… una vita senza valore calpestata ed annientata in nome dello Stato supremo. Tutti morti le cui vite non valevano nulla.
<p>
Non valevano l’umana pietà, non valevano l’aiuto di coloro che avevano il dovere di aiutarli, non valevano la tutela di coloro che avevano il dovere di tutelarli, non valevano le cure di coloro che dovevano curarli, non valevano il rispetto di coloro che dovevano rispettarli.
<p>
Non degni di considerazione.<br />
Però questi fantasmi, una volta vivi, ora hanno i loro processi….
Sono tutti processi storti, sì… storti perché mai aderenti ai fatti, con imputati sbagliati, pm sbagliati, accuse sbagliate.<br />
Ma questi processi storti stanno regalando ai nostri cari… fantasmi la verità delle loro morti….
<p>
La Giustizia non se ne cura più di tanto… ma noi regaliamo loro la sensazione di valere ancora qualcosa, di esistere e di essere importanti.<br />
Sono processi storti per una giustizia miope. Ma ci sono, anche per tutti gli altri, tanti, troppi, fantasmi che non hanno mai avuto un processo, sia pure storto.<br />
<br/>fonte: <a href="http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/03/08/giuseppe-giulietti-verita-e-giustizia-per-stefano-federico-giuseppe-aldo/">micromega</a>Furio COLOMBO: Gli smemorati che gli baciavano la mano 2011-08-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it607911Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Libia: la vicenda che si sta concludendo in questi giorni o in queste ore non si potrà elencare sotto il nome “vittoria militare” o “vittoria politica”. La troveremo alla voce “fallimento”, uno dei più squallidi fallimenti morali e politici della storia moderna. Perché valori come l’onore di un Paese e il valore della vita umana sono stati tranquillamente e formalmente offerti a un dittatore furbo e folle (che tutti conoscevano come furbo e folle) in cambio di danaro e petrolio.
<p>
Cominciamo dall’Italia. Esattamente tre anni fa, e in piena consapevolezza delle conseguenze tragiche che sarebbero ricadute su tanti esseri umani (migliaia o decine di migliaia, tra prigionieri senza scampo e morti in mare?) il Parlamento italiano ha ratificato a grandissima ed entusiasta maggioranza trasversale, un trattato di vero e proprio gemellaggio tra Libia e Italia, con pagamento di immense somme da parte dell’Italia, stretta alleanza militare, disponibilità di basi italiane a protezione della Libia, scambi di segreti militari e di alta tecnologia. Intanto l’Inghilterra, truccando sentenze e cartelle mediche, restituiva alla Libia, con tutti gli onori, uno degli assassini di Lockerbie (aereo americano abbattuto da terroristi libici sopra la Scozia) in modo che potesse presenziare alle feste Berlusconi-Gheddafi, mentre aerei militari italiani tracciavano segni tricolore nel cielo di Tripoli (Gheddafi e Berlusconi li volevano verdi come il colore della Jamahiriya ma il comandante delle Frecce tricolori si è rifiutato).
<p>
E poi c’è stato il celebre baciamano di Berlusconi a Gheddafi, sigillo di affari pubblici e privati felicemente conclusi (non dimenticando il ruolo decisivo “dell’azionista libico” ieri in Fiat e oggi in Unicredit). Cominciano a sbugiardare, uno per uno, i deputati italiani grandi e piccoli, celebri e ignoti, che avevano esaltato nell’aula del Parlamento italiano Gheddafi e il suo tetro regime. A quel punto entra sulla scena politica del Nord Africa in tumulto la Francia, entra l’America, entra la Nato. Berlusconi e Frattini mentono a lungo, fanno gli improbabili pacifisti. Poi sono comandati dentro il conflitto. Offrono le basi già offerte alla Libia e bombardano con gli aerei che avevano fatto festa sopra Gheddafi. Berlusconi e Frattini mentono ancora.
<p>
Appena due settimane fa, insieme alla Lega, il nobile partito italiano che in Gheddafi aveva trovato un boia per i disperati che tentano di emigrare, avevano parlato di “finire la guerra”, ovvero di sottrarsi al compito assegnato dalla Nato. Adesso, come nelle migliori farse, sono pronti a dire “abbiamo vinto”, senza neppure sapere o immaginare chi governerà e come.
<p>
Sperano che sia gentaglia, così si potrà firmare subito, “per ragioni storiche” un nuovo trattato di sottomissione, in cambio di danaro, petrolio e vite umane (migranti da affondare). Lo faranno a larga maggioranza trasversale.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=13FIJU">Il Fatto Quotidiano</a>Paolo FERRERO: Giro della Padania. La Lega come il PNF - Partito nazionale fascista2011-08-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it607892<br />
“Nei giorni scorsi, dopo aver scoperto che la Federazione Ciclistica Italiana ha organizzato dal 6 al 10 settembre il Giro della Padania, con partenza da Paesana e maglia verde prevista per il primo in classifica, ho scritto al Presidente della FCI per chiedere di annullare la corsa.
<p>Com’è noto infatti la Padania non esiste se non nella propaganda della Lega Nord e quindi questa corsa si configura a tutti gli effetti come una manifestazione politica sotto le mentite spoglie di una manifestazione sportiva, come avveniva ai tempi del fascismo.
<p>Il fatto grave è infatti che la Federazione Ciclistica Italiana, fa parte del CONI, che è l’organizzazione a cui lo stato italiano ha delegato la gestione dello sport, al fine di garantire l’autonomia dello stesso dalla gestione politica.
<p>
Alla mia lettera aperta non ho ricevuto risposte da parte del Presidente della FCI.<br />
Ho però ricevuto una risposta da parte del sottosegretario agli interni Michelino Davico, noto esponente leghista.
<p>
Se vi potevano essere dubbi sul fatto che sia la Lega Nord ad aver ispirato questa corsa per ragioni politiche, ora non ve ne sono più. Che poi, esponenti del governo per materie che nulla hanno a che vedere con lo sport, si sentano in dovere di rispondere al posto del Presidente della Federazione Ciclistica, che dovrebbe essere un organismo apolitico, la dice lunga sul fatto che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio atto di regime, in cui non vi è alcuna distinzione tra partiti politici, funzioni di governo e organismi come la Federazione Ciclistica che nulla dovrebbero avere a che vedere con i partiti.
<p>
Per questo oggi ho scritto al Presidente del CONI Giovanni Petrucci, per chiedere un suo intervento su questa situazione inaccettabile in un paese democratico.” <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=39&id=16999&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">controlacrisi.org</a>Marco PANNELLA: «Sulla giustizia la gente tornerà a mobilitarsi» - INTERVISTA2011-08-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590926<br />
Aveva già prolungato lo sciopero della fame a 90 giorni, sospendendolo soltanto dopo le parole di comprensione venute dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a fine luglio. Oggi Marco Pannella guida un’altra mobilitazione non violenta, che ha raggiunto la quota delle mille adesioni. Un’astensione da acqua e cibo di 24 ore che lui stesso definisce «straordinaria» e che, alla vigilia di Ferragosto, punta a richiamare nuovamente l’attenzione sulle disumane condizioni di vita nei penitenziari italiani. Fino a chiedere che il Parlamento si riunisca in seduta straordinaria per affrontare il tema della giustizia e delle carceri.
<p>
<b>Ferragosto rappresenta per molti politici l’occasione di visitare le carceri. Come spiega l’ampia adesione a questo sciopero della fame e della sete, ben più impegnativo della periodica passerella?</b>
<p>
Proprio oggi (venerdì, ndr) si sono uniti anche molti parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione. Se su questo, però, avessimo avuto l’attenzione dei media audiovisivi che avesse fatto sapere di questa manifestazione di lotta, decine di migliaia di persone si sarebbero associate e questo sciopero sarebbe stato un evento storico. È stato dimostrato già nei mesi precedenti, durante i quali in 30mila hanno partecipato alla manifestazione non violenta. In nessun altro Paese accadrebbe una cosa simile. Ma si è persa un’opportunità, non abbiamo avuto il meritato spazio nel mondo dell’informazione, che preferisce essere necrofila e disanimata. Una stampa antidemocratica e di bassissimo livello.
<p>
<b>Lei dunque è convinto che l’opinione pubblica sia capace di una grande partecipazione attorno al tema carcere e giustizia?</b>
<p>
La gente è interessata molto di più a questo che a tutte le affermazioni che possono venire dal governo. Il problema della giustizia, come anche la Gran Bretagna sta dimostrando, è il più sentito in tutta l’area euro-mediterranea. Quello che ha mosso i popoli nordafricani oppressi dai totalitarismi avveniva in nome della democrazia, della libertà e della giustizia, appunto. Questo è scritto nel Dna della gente comune. In più in Italia, dopo cinquant’anni di lotte radicali, non violente, fatte di pratica delle istituzioni, abbiamo spinto e animato affinché non si debba aspettare molto ormai perché avvenga anche qui la transizione anti-regime.
<p>
<b>Ha parlato anche di questo nel suo recente incontro con il neo Guardasigilli Nitto Palma?</b>
<p>
Abbiamo potuto constatare che il nuovo ministro nutre la consapevolezza di volerci conoscere meglio. Non c’era una trattativa in ballo, è stato un incontro interlocutorio in cui si sono approfonditi i punti di vista con la calma necessaria. I nostri, evidentemente, sono ben più conosciuti e il ministro fa parte di una coalizione di governo che sui temi della giustizia ha una sua posizione. Ricordo che il suo predecessore all’inizio utilizzava un linguaggio audace, anche concorrente alle indicazioni dominanti, dopodiché onestamente non ha saputo fare nulla.
<p>
<b>Lei anche in quella sede ha rilanciato l’ipotesi di un’amnistia. Perché i Radicali insistono su questo provvedimento?</b>
<p>
Per una semplicissima verità: nove milioni di processi arretrati, la metà soltanto sul penale, sono uno spreco di risorse. Noto che in dottrina e nella recente giurisdizione europea si chiarisce che se tra l’evento eventualmente individuato come illecito penale e il giudizio di un tribunale intercorre troppo tempo è impossibile che quel giudizio sia serio e ragionevole. Il principio di compattezza tra evento giudiziario ed evento storico impone un provvedimento come l’amnistia che produce immediatamente effetti strutturali sul sistema. Avremmo così un milione e mezzo di processi in corso. E liberando le risorse finanziarie umane e scientifiche si potrebbe garantire un salto di qualità. Negli ultimi dieci anni, invece, abbiamo assistito a una poderosa amnistia di fatto, rappresentata dalle innumerevoli prescrizioni.
<p>
<b>Per migliorare la vivibilità delle carceri basterebbero anche piccole ma incisive misure. Da dove partire?</b>
<p>
Lo ripetiamo da trent’anni che bisogna depenalizzare e rimuovere quelle tristi parodie che sono state le leggi della Seconda Repubblica. La Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi sulle droghe, la ex Cirielli sono responsabili della maggioranza degli ingressi in carcere. L’abuso della carcerazione preventiva è uno strumento perverso per cui, alla scadenza del periodo, metà dei detenuti vengono proclamati innocenti. A peggiorare la vita in prigione incide il sovraffollamento, il disporre di due metri di spazio a testa invece che sette, l’assenza di luoghi per la socialità, lo studio, le attività lavorative. Il 40 per cento dei detenuti si trova in un carcere che è lontano dal territorio di appartenenza, complicando la possibilità di ricevere visite. L’attuazione di leggi, come la Gozzini sulle misure alternative, è impedita dalla mancanza di risorse umane e finanziarie. Tutto questo fa del carcere un luogo invivibile e rafforza la mia convinzione che, ormai da decenni, in questo Paese la democrazia non sia in pericolo, ma sia stata sepolta.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.terranews.it/news/2011/08/«sulla-giustizia-la-gente-tornera-mobilitarsi»">Terra - Dina Galano </a>Marco CAPPATO: Biotestamento. Ora grande manifestazione per bloccare dl Calabrò2011-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590065Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: Lista Bonino - Pannella) <br/><br/><br />
PD e altri partiti si muovano.
<p>Prima di parlare di referendum, c’è ancora tempo per fermare una legge che l’80% degli italiani non vuole.
<p>
Negli ultimi mesi noi Radicali per cinque volte abbiamo manifestato davanti Montecitorio in totale solitudine, a parte alcune associazioni laiche e adesioni individuali.
<p>
Dal Partito Democratico o da altri non si è vista una campagna di alcun tipo, nemmeno un manifesto.
<p>
Se il DL Calabrò è potuto passare alla Camera è solo perché chi può convocare le masse non l’ha fatto, mentre i grandi tenutari dell’informazione di regime non hanno mai organizzato un dibattito in prima serata che potesse coinvolgere milioni di cittadini.
<p>
A questo punto diciamo proprio a coloro che hanno espresso posizioni contro questa legge che è il momento di lottare per coinvolgere la società, l’opinione pubblica e anche i partiti di appartenenza in una grande mobilitazione per fermare una legge impopolare e dunque tutt’altro che inarrestabile.
<p>
Per essere ancora più espliciti, chiediamo ad esempio a tutti i parlamentari contrari al dl Calabro di rivolgersi pubblicamente ai propri Segretari, a partire da Bersani, Di Pietro e Fini, affinché il dibattito conclusivo al Senato sia preceduto da una grande manifestazione nazionale per la libertà delle scelte di fine vita.
<p>
Se non ora, quando?
<p>
Dichiarazione congiunta con Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/comunicati/20110713/biotestamento-staderini-cappato-ora-grande-manifestazione-bloccare-dl-calabr">Partito Radicale</a>Giuseppe GIULIETTI: “In piazza contro tutti i bavagli. Se non ora, quando?”2011-07-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it589844Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
Alla Rai è davvero cambiato tutto, prima quelli sgraditi a Berlusconi venivano cacciati a colpi di pubblici editti, ora vengono accompagnati alla porta ed invitati ad andarsene. Non c’è bisogno di leggere le intercettazioni per capire che, sia pure con modi e toni diversi, è in piena attuazione il piano per dissolvere la Rai e stroncare qualsiasi anomalia editoriale, a partire da Raitre. Basta leggere la <a href="http://www.corriere.it/spettacoli/11_luglio_05/dandini-nessuno-sa-dirmi-se-ce-la-faro-serena-dandini_a13b2cfa-a6cd-11e0-bbaa-d83a3b6f7958.shtml"><b>lettera di Serena Dandini, pubblicata dal Corriere della Sera</b>,</a> per rendersi conto di quanto sta accadendo.
<p>
Dopo la sostanziale espulsione di Santoro e di Saviano, la scena si sta ora ripetendo con <a href="http://www.corriere.it/politica/11_giugno_21/conti-rai-conferma-i-programmi_d0fd29c2-9bc7-11e0-b47c-4c6664789138.shtml"><b>Milena Gabanelli</b></a> e Serena Dandini, considerate persone non gradite, forse anche loro saranno nel lunghissimo elenco di quelle e quelli “che mi hanno fatto perdere le elezioni e i referendum”.
<p>
Nel frattempo Berlusconi e famiglia ringraziano due volte. La prima perchè la Rai esegue i comandi, la seconda perchè la medesima Rai si sta suicidando industrialmente allontanando da sé non solo alcuni tra i migliori talenti professionali, ma anche il pubblico che li seguiva e li seguirà.
<p>
Dal momento che l’obiettivo palese di questo assalto è quello di imbavagliare la pubblica opinione e di dissolvere quello che ancora resta della Rai chiederemo a tutte le associazioni del settore, a tutti i sindacati, a tutte le forze politiche di promuovere insieme una gigantesca class action, di raccogliere milioni di firme, e di presentarle nel corso di una grande manifestazione nazionale contro ogni forma di bavaglio: dalle intercettazioni alla rete, dalle censure al conflitto di interessi impugnato come una clava per abbattere avversari e competitori politici ed industriali.
<p>
<b>“Se non ora quando?”</b>. Con queste parole un coraggioso gruppo di donne, innamorate della Costituzione, convocarono a Roma una straordinaria manifestazione, una di quelle che hanno segnato il risveglio nazionale, la fine di un lungo periodo segnato dalla acquiescenza, dal torpore, talvolta anche dalle complicità.
<p>
Mai come in queste ore sarà il caso di ripetere “Se non ora quando?” e di presidiare con inaudita passione civile l’articolo 21 della Costituzione dalle ultime raffiche di un regime morente, ma non per questo meno pericoloso, anzi.
<p>
Questo è il momento per mettere insieme partiti, movimenti, associazioni, sindacati, per concordare una azione quotidiana, pressante, incisiva, che non conosca pause, sino alla vittoria finale.
<p>
Chiunque abbia idee e proposte le tiri fuori: class action contro la Rai, esposti alla Corte dei conti, ricorso al tribunale ordinario, iniziative davanti alle sedi delle silenti autorità di garanzia, manifestazioni davanti alla sede del parlamento europeo, della corte internazionale dei diritti, delle istituzioni e delle assemblee elettive, a cominciare dalla Camera e dal Senato, utilizzo delle rete per far impazzire il censore, iniziative in tutte le piazze italiane dedicate alla libertà di informazione, sino ad arrivare ad un grande manifestazione nazionale, da indire quando riporteranno in aula la legge madre di ogni bavaglio: quella sulle intercettazioni.
<p>
Di fronte a quello che sta accadendo ci auguriamo davvero che ciascuno rimetta in un cassetto lo spirito di parte, di partito, di associazione, di organizzazione, per mettersi a disposizione di una grande battaglia per la legalità repubblicana e per la dignità costituzionale. Teniamoci pronti perchè questa “banda degli onesti” non esiterà neanche nel mese di agosto per mettere a segno l’ultimo sfregio. Se sarà il caso dovremo essere pronti a rispondere sempre e comunque, anche nella giornata di ferragosto!<br />
<br/>fonte: <a href="http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/07/06/giuseppe-giulietti-in-piazza-contro-tutti-i-bavagli-se-non-ora-quando/">MicroMega</a>Giuseppe GIULIETTI: Tutti in piedi per la libertà di informazione2011-06-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it585199Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
“Tutti in piedi per la libertà di informazione, in tutte le piazze d’Italia”, così, parafrasando il titolo della bellissima serata promossa a Bologna dalla Fiom e dalla squadra di Annozero, potremmo chiamare una grande giornata nazionale per la libertà di informazione, capace di coinvolgere tutte le piazze, quelle reali e quelle virtuali. Sui palchi in prima fila potremmo chiamare tutti gli invisibili, tutti quei volti ignoti che stanno animando la “nuova resistenza nazionale” e che spesso, troppo spesso, non trovano rappresentazione mediatica e politica.
<p>
Magari potremmo chiedere alle ragazze e ai ragazzi che stanno occupando il Teatro Valle a Roma di mettere il loro talento e la loro irresistibile vitalità e creatività a disposizione di questa grande giornata per la libertà della cultura contro ogni forma di bavaglio e di privatizzazione dei beni comuni.
<p>
Non si tratta, solo e soltanto, di esprimere la nostra solidarietà e vicinanza a quanti sono stati e saranno ancora colpiti dagli editti del Caimano, ma anche e soprattutto di rivendicare un diritto che costituisce la premessa stessa per il libero esercizio del voto.
<p>
“I referendum hanno dimostrato che in Italia non c’è un regime e che si può vincere anche senza le tv”, questa tesi l’abbiamo già sentita e non ha portato fortuna neppure a chi l’ha sostenuta. In realtà la vittoria è arrivata nonostante la censura e nonostante le omissioni che comunque hanno contribuito ad ostacolare il vento del cambiamento, senza questo servizio d’ordine costoro sarebbe stati spazzati fuori da tempo, anzi forse non sarebbero mai nati.
<p>
Sarà appena il caso di ricordare, agli smemorati di ogni colore, cosa accadde a Prodi quando, nel giro dell’ultima settimana elettorale, si vide mangiare un vantaggio di oltre 10 punti.
<p>
Chi avesse dei dubbi si vada a leggere i più accreditati rapporti internazionali sulla anomalia italiana. In ogni caso anche i governi comunisti crollarono nonostante avessero il controllo totale delle tv. Non erano forse regimi ugualmente?
<p>
Il regime mediatico e non solo, dunque, esiste e lotta contro di noi. È probabile che sia ormai giunto al capolinea, perché la realtà fattuale si è presa la sua rivincita, ha svelato le bugie berlusconiane, e soprattutto non c’è tv che tenga quando le condizioni di vita dei cittadini non corrispondono agli spot del capo e delle sue tv, il tutto aggravato dalle sue continue e pagliaccesche esibizioni a colpi di bunga bunga.
<p>
La marea degli scontenti e persino dei risentiti da lui stesso aizzati, probabilmente travolgerà ciò che resta degli emuli di Salò, ma la questione del regime mediatico resta e resterà in tutta la sua gravità.
<p>
Nelle prossime ore il Caimano giocherà la carta di sempre: l’occupazione delle piazze mediatiche.
<p>
Dopo aver allontanato Santoro dalla Rai, proverà con la Gabanelli, con il programma “Vieni via con me”, minaccerà a colpi di tariffe telefoniche e di frequenze da assegnare, Sky e La7, tenterà di assestare qualche colpo o qualche dossier contro De Benedetti e contro gli azionisti di RCS.
<p>
Forse non ci riuscirà, ma ci proverà e per questo dobbiamo rianimare le mille piazze d’Italia su una questione che è vitale per assicurare il buon funzionamento dell’ordinamento democratico.
<p>
Da qui la decisone di Articolo 21, di Libertà e Giustizia, di Move.On, di Progetto Viola e di tanti altri di lanciare una petizione per chiedere che dalla Rai siano cacciati i sequestratori, che gli uomini della P4 si dimettano, che Annozero torni al suo posto, che la corte dei conti colpisca quelle e quelli che stanno portando a compimento il disegno della P2 di “dissolvere la Rai”, o meglio quello che ancora resta in vita.
<p>
Tutti in piedi dovremo anche chiedere a noi stessi, a tutte le forze di opposizione di sottoscrivere un programma minimo comune che reciti più o meno cosi: “I sottoscritti si impegnano, nei primi cento giorni del futuro governo, ad approvare una legge che decreti la incandidabilità alle elezioni, di ogni ordine e grado, dei titolari di concessioni nel settore dei media. Inoltre, contestualmente, sarà reintrodotta la normativa antitrust e l’autorità di garanzia sarà composta da un solo giudice nominato dal presidente della repubblica. Per quanto riguarda la Rai sarà recepita legge spagnola che prevede un comitato editoriale composto dai migliori talenti della cultura, della ricerca, dello spettacolo, del giornalismo e i partiti, a partire dai nostri, non potranno più esercitare forma alcuna di controllo diretto sulla gestione e sulla autonomia editoriale della Rai. Saranno infine eliminate tutte quelle norme che continuano a disturbare il corretto e doveroso esercizio del diritto di cronaca”.
<p>
Speriamo che, almeno questa volta, si possa arrivare, possibilmente prima delle elezioni, ad un progetto condiviso, e affinché non si ripetano le scene del passato si potrebbe persino nominare un comitato dei garanti incaricato di vigilare sulla effettiva applicazione del programma, magari potremmo chiedere proprio a Stefano Rodotà, a Margherità Hack, ad Andrea Camilleri, a Paolo Flores d’Arcais, a Barbara Spinelli, a Federico Orlando, e ai tanti che proprio dallo spazio di MicroMega, non hanno mai smesso di battersi per presidiare i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.
<p>
Già, perché checché se ne dica e se ne scriva, il regime mediatico non solo è esistito, ma esiste ancora e può fare danni etici e politici devastanti.
<p>
Sarà il caso di non dimenticarlo, per l’oggi e per il domani!<br />
<br/>fonte: <a href="http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/06/20/giuseppe-giulietti-tutti-in-piedi-per-la-liberta-dinformazione/">MicroMega</a>Marco PANNELLA: Continuare a lottare contro il Regime partitocratico divenuto perfino “referendario”; ma è in atto la rivolta democratica dei popoli euro–mediterranei2011-06-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it584346Ma che III Repubblica! Dobbiamo invece, tuttora, lottare per uscire da quella unica, sessantennale, antidemocratica, illegale, che resta al potere, oggi con la sua “destra”, per l’essenziale – però – sempre con i suoi colleghi di “sinistra”.
Non basta, certo, che il Regime partitocratico, nella sua parte più solida tradizionale, sia, in una sua parte, divenuto perfino “referendario”, dopo aver vietato, impedito per decenni, con la sua “suprema cupola della mafiosità partitocratica” (50 richieste regolari respinte) con ogni sorta di violenze antidemocratiche e anticostituzionali, in ogni modo, impedendo di svolgere o sputtanando i referendum (hanno sciolto perfino 5 legislature per impedirne la tenuta: altro che le attuali, goffe, contorsioni berlusconiane!).
Di fronte agli esiti trionfali dei referendum Radicali (ad es.: Referendum su finanziamento pubblico, su riforme “Tortora”di giustizia, su grandi riforme istituzionali-elettorali e quella antiproibizionista) legiferando poi in modo assolutamente contrario, da ladri di verità, di legalità, di danaro quali sono sempre stati, e - fino a prova del contrario - purtroppo continuano ad essere.
Così come a Milano e a Napoli abbiamo con decisione appoggiato Pisapia e De Magistris, e assicurato che continueremo a farlo (pur avendo essi confermato di far proprio il veto di Regime contro i Radicali) così, alla forze partitocratiche che sembrano essersi convertite all’esercizio costituzionale dei ricorsi referendari al popolo, diamo il nostro sincero benvenuto, ben sapendo che a questo sono dovuti giungere nella speranza di salvarsi e non essere travolti – con l’intero loro Regime - dal fallimento berlusconiano e bossiano, con l’illusione di potere così di salvarsi e proseguirlo.
Quel che sta accadendo – e che salutiamo con gioia - è la nuova espressione vincente, italiana, di una rivolta democratica dei popoli euro–mediterranei, contro i loro Regimi antidemocratici, di indegne “Democrazie Reali”.<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/comunicati/20110613/marco-pannella-sui-referendum">Radicali.it</a>Marco PANNELLA: Lassini, referendum e sciopero della fame2011-04-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560040<br />
<b>Lassini: ormai è candidato ed esprime la pancia berlusconiana.</b>
<p>"Ci hanno pensato tardi a chiedergli di uscire dalla lista, perché lo hanno fatto quando non era più tecnicamente possibile". E' il commento di Marco Pannella sulla candidatura di Roberto Lassini nelle liste del Pdl al Comune di Milano e sulle polemiche sui suoi manifesti elettorali.
<p>
Pannella ha spiegato che la posizione de Il Giornale, rappresentata dall'intervento del direttore Alessandro Sallusti, è "ineccepibile: questi manifesti rappresentano il ventre, la pancia berlusconiana. E allora lo si fa fuori da candidato, perché è lui, mentre va bene quando esprime quelle posizioni il Presidente del Consiglio".
<p>
"Sallusti poi è certamente un anti-montanelliano, butta carte e intonazioni che appartengono alla caricatura del fascismo. Ma Sallusti in fondo dice una verità: Lassini interpreta una parte dei sentimenti di quel popolo, e Libero e Il Giornale hanno quella funzione", ha concluso Pannella.
<p>REFERENDUM TRADITI? POCO CREDIBILI GLI ULULATI DI OGGI
<p>
"Leggi che tradiscono i referendum? E dove sta la notizia? Nella nostra esperienza parlamentare degli anni Settanta abbiamo visto tentativi smaccati di cancellare i referendum, in cui il centrosinistra e il Presidente della Repubblica facevano di tutto per far fuori i nostri quesiti. Oggi dunque questi ululati sul fatto che il governo Berlusconi fa una delle cose che gli altri hanno fatto sempre mi fanno sorridere. Forse vale la pena di ricordare che il Partito Comunista Italiano, dal 1972 al 1974 il partito - di fronte ad una Dc che era marmellata - che cercava di abolire o superare la legge Fortuna per non fare quel referendum sul divorzio che poi vincemmo"
<p>
MIO SCIOPERO DELLA FAME ANCHE PER MORTI DEL MEDITERRANEO
<p>
"Una opposizione che faccia il suo mestiere, che sia pro-rivolta o contro la rivolta in Libia, pro-intervento armato o contro l'intervento armato, dovrebbe porsi il problema delle migliaia di morti che fanno oggi del Mediterraneo un cimitero".
<p>Lo ha detto Marco Pannella, nel corso della consueta conversazione dominicale con Radio Radicale, tornando a spiegare le ragioni dello sciopero della fame che sta conducendo dallo scorso martedì.
<p>"Berlusconi non è che avesse a sua disposizione particolari strumenti culturali, andava dai dittatori e gli diceva che tutti lo amavano, come è successo a Lukashenko.<br />
Io voglio sapere perchè sappiamo di tragedie solo se arrivano dei cadaveri sulle spiagge. E molto spesso le correnti non portano i cadaveri sulle spiagge. A nessuno interessa? Perchè nessuno pensa di usare i sofisticatissimi satelliti che tutto il mondo occidentale possiede per monitorare il mare, pieno di carrette e di disperati?", ha detto Pannella.
<p>"Oggi il problema è quello che chiamo della democrazia reale".Il problema è che "oggi anche gli eredi del Pci sono in qualche modo responsabili della "degenerazione del regime italiano": "Senza accanimento di sorta dico che il post- Pci ha continuato ad essere una causa, una componente, della degenerazione anti-democratica di questo sessantennio.
<p>E il problema rimane quanto tutta la ricerca storica, il costituzionalismo italiano, liquidato il conto con i costituzionalisti laici, con coloro che avevano proposto una lettura diversa dello sviluppo culturale e politico del mondo anglosassone piuttosto che di quello europeo, sia stato in grado di rispondere alla domanda che pongo.
<p>Pannella è tornato ad esprimere "non un obiettivo ma un auspicio, che sia possibile almeno al Presidente della Repubblica italiana conoscere un po' di più la storia, e quel che facciamo". <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/comunicati/20110424/lassini-pannella-ormai-candidato-ed-esprime-pancia-berlusconiana">radicali italiani</a>Massimo Cacciari: Urlando Berlusconi disarma l'opposizione2011-04-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560010<br />
«Con le sue sparate costringe gli altri a difendere i "sacri principi". E a non parlare del resto». «Questa capacità di movimento e di "assalto", non condizionata da alcuna organizzazione di partito e culturalmente estranea a ogni "diplomazia" politica, è sempre stata un'arma essenziale del presidente del Consiglio».
<p>E' possibile spiegare razionalmente l'escalation berlusconiana? E' pensabile che i toni da guerra civile dell'ultimo periodo esprimano soltanto una delirante paura per i procedimenti giudiziari in corso? oppure è ormai necessario ricorrere a spiegazioni di ordine clinico-psicologico?
<p>Io credo che, come tutta la storia di questo ventennio ci insegna, il comportamento di Berlusconi corrisponda, invece, a disegni e calcoli precisi, anche se condotti con una spregiudicatezza straordinaria, ai limiti dell'irresponsabile. D'altra parte, questa capacità di movimento e di "assalto", non condizionata da alcuna organizzazione di partito e culturalmente estranea a ogni "diplomazia" politica, è sempre stata un'arma essenziale del Presidente del Consiglio, e un'arma, temo, in profonda sintonia antropologica con una buona fetta, se non la maggioranza, dei nostri concittadini.
<p>
Anzitutto, si tratta per Berlusconi di capitalizzare al meglio e nel più breve tempo possibile lo scampato pericolo del voto sulla fiducia. Quella vittoria poteva subito trasformarsi in rapida agonia se non fosse stata immediatamente rilanciata. Una classica manovra di contropiede, altrimenti gli avversari avrebbero occupato stabilmente, soffocandolo, la sua metà campo. Non si è da decenni presidenti del Milan per nulla. Ma ancor più pericoloso appariva il gioco che si andava aprendo all'interno del Pdl. Qui tutto indica, comunque, un futuro di indecente disgregazione correntizia, da Democrazia cristiana degli anni più bui ma senza neanche lo straccio di un cavallo di razza.
<p>Credo che Berlusconi sia abbastanza cinico e disincantato da conoscere bene tale destino ma, fino a quando sarà in sella, dovrà assolutamente lottare per rimandarlo. Non solo perché refrattario psicologicamente all'idea di finire sconfitto, ma per portare a termine tutte le iniziative che gli appaiano indispensabili a garantirgli immunità assoluta, personale e dei suoi colossali business. Alzare al parossismo il tono dello scontro ha come necessario effetto eliminare ogni seria discussione interna e concentrare il proprio "popolo" sull'agenda dettata dal Capo. Stabilita questa situazione, ci si può anche concedere il lusso di "abbondare", facendo intendere che anche l'erede sarà scelto, alla fine, da chi impera.
<p>
Ma il risultato forse più cospicuo del berlusconiano richiamo alle armi è disarmare ulteriormente l'opposizione. Paradossale, ma logico. Costringere l'opposizione all'angolo, in difesa degli "inviolabili principi" della democrazia e della Costituzione è il gioco in cui Berlusconi è apparso fino a oggi più abile. E di fronte ai furibondi attacchi di questi giorni è davvero difficile non sentirsi obbligati a "difendere", non essere "conservatori". Come poter, obiettivamente, far intendere la propria voce sui disastri della scuola, sul precariato universale dei giovani, sul colpevole dilettantismo di cui ha dato prova la nostra politica estera in questo periodo di crisi epocali, sull'impreparazione totale ad affrontare il drammatico problema dell'immigrazione, di fronte a chi "piccona" quotidianamente i cardini dell'attuale ordinamento democratico, delle regole vigenti?
<p>"Bucare" oggi le grida di Berlusconi è veramente un compito improbo. Certo, completamente diverso sarebbe il quadro se il centrosinistra, nelle sue varie denominazioni, avesse posto al centro della propria strategia già da anni il tema di una riforma di respiro costituzionale, radicale quanto coerente. Ma così non è avvenuto, e forse non poteva avvenire, per la cultura e la storia dei suoi gruppi dirigenti.
<p>
Così si continua nell'inseguimento. Oppure si ripetono proposte oggi "irricevibili", che potevano avere un senso soltanto alla vigilia della fallita "spallata" finiana, su governi di "decantazione". Nel frattempo, Berlusconi radicalizza ogni dimensione del confronto, spiazzando ancora una volta l'opposizione. La sua uscita a Milano è emblematica. Da un anno e passa il sottoscritto va insistendo sull'importanza politica del voto di Milano e sulla necessità per il centrosinistra di aprire in questa città un autentico "laboratorio politico", provando a dar vita a un "nuovo polo" riformatore. Questa prospettiva, del tutto realistica, è stata gettata via per incapacità, per inerzia burocratica, per cupo conservatorismo. Berlusconi ha capito la posta in gioco, e la debolezza della Moratti, e si spende senza alcun "pudore". <br />
I capi dell'opposizione seguiranno. Speriamo non sia l'ennesima occasione perduta.<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=Z8TGH">L'Espresso</a>Paolo FERRERO: «Chiediamo alla Cgil lo sciopero generale. Bisogna fare come l'Egitto»2011-02-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557989<br />
«Chiediamo alla Cgil lo sciopero generale. Bisogna fare come l'Egitto». Queste le parole di Paolo Ferrero, il segretario del Prc, durante la manifestazione milanese 'Se non ora, quando?', che secondo Ferrero «è utile per dire che c'è un'Italia che non è d'accordo con la politica di Berlusconi». Ma non basta solo questo, «ci vuole di più. Per questo chiediamo alla Cgil lo sciopero generale. Bisogna fare come in Egitto». Perché il paragone tra Berlusconi e Mubarak è pertinente. «Cambia le leggi per non andare in galera. Se non è dittatura questa - ha concluso l'ex ministro - è regime tv».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=39&id=11834&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">controlacrisi.org</a>Rosy BINDI: «Dal Tg1campagna di mistificazione inaccettabile»2011-02-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557954Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) - Vicepres. Camera <br/><br/><br />
Una campagna di mistificazione per conto di Berlusconi quella del Tg1. Lo dice Rosy Bindi, presidente dell'Assemblea nazionale del Pd e vicepresidente della Camera.
<p>«Il Tg1 di Minzolini di questa sera – dichiara – è l'ennesima testimonianza di una informazione priva di credibilità e totalmente al servizio degli interessi personali del presidente del Consiglio.
<p>La sproporzione dei tempi a favore della destra e l'incredibile monologo del consigliere del principe Giuliano Ferrara, che per un tempo lunghissimo e senza contraddittorio ha potuto attaccare impunemente giudici, stampa e partiti dell'opposizione, sono inaccettabili.
<p>Cosa ci aspetta nei prossimi giorni? Non sono solo state violate le regole fondamentali di correttezza e imparzialità del servizio pubblico.
<p>È in atto una vera e propria campagna di mistificazione della realtà, di manipolazione dei fatti – questa sì – degna della propaganda di regime. Non si tratta tanto e solo di chiedere compensazioni, quanto di ristabilire la dignità e l'autorevolezza della Rai e di salvaguardare i principi elementari del pluralismo e della democrazia violati in maniera pesantissima». <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=7349">TMNews</a>Marco PANNELLA: «Tratto con Silvio ma non mi vendo» - INTERVISTA2011-02-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557887<br />
L’interrogativo che attanaglia il palazzo in questi giorni è: abboccherà o non abboccherà Marco Pannella all’amo del Cavaliere? Lo storico leader radicale minaccia querele al solo sentir pronunciare la domanda. «Io non sono un venduto» ringhia giurando di non essere interessato alle poltrone. Ma non nega che c’è un dialogo in corso tra lui e Silvio Berlusconi. Lo intercettiamo al telefono a Londra, dov’è stato invitato da Peter Lilley, deputato conservatore impegnato nell’inchiesta della commissione Chilcot, per aiutare il parlamento inglese a fare luce sulla prima guerra in Iraq. Tema che fu oggetto di una strenua campagna radicale nel 2003: "Esilio per Saddam". Pannella è in treno con il senatore Marco Perduca. La linea va e viene.
<p>
<b>Pannella, racconta che lei avrà una consistente voce in capitolo nel rimpasto di governo.</b>
<p> «Ah sì?».
<p>
<b>Le voci di palazzo danno per certo che lei abbia già in mente il nome del futuro guardasigilli, se Angelino Alfano dovesse diventare coordinatore del PdL: il tecnico d’area radicale Mario Patrono. <br />
É così?</b>
<p> «È un complotto, sono affermazioni false. Menzogne consapevoli che fanno parte di una campagna di regime che ha un solo scopo».
<p>
<b>E quale sarebbe?</b>
<p>«Vogliono farmi apparire come un venduto».
<p>
<b>Venduto no. Però voi radicali negli ultimi dieci anni non avete fatto che flirtare ora con il centrodestra ora con il centrosinistra...</b>
<p> «Vede che anche lei è complice del regime? Regime che ha anche un altro scopo».
<p>
<b>Sentiamo.</b>
<p> «Far sì che Berlusconi appaia sempre come l’anticomunista e che gli antiberlusconiani siano tutti comunisti. Così fanno sembrare che le vere porcherie non sono quelle con le escort, ma quelle che fanno i compagni del Pd».
<p>
<b>Ma è vero o no che sarà lei a scegliere il futuro ministro della Giustizia?</b>
<p> «Se mi fa questa domanda vuol dire che è incapace di intendere e di volere».
<p>
<b>É stato lei a scrivere nel suo profilo su Facebook: «È possibile ch’io mi trovi un giorno a dover "nominare" ministri, della giustizia o d’altro».</b>
<p> «Che c’entra, non mi riferivo a questo governo».
<p>
<b>Ammetterà che avete parlato di giustizia con Berlusconi quando vi siete incontrati, visto che siete entrambi garantisti.</b>
<p> «Allora insiste? Quello che non è chiaro a voi, è chiaro a Berlusconi, che sarà corrotto ma non è cretino».
<p>
<b>Lei ha incontrato almeno due volte il premier nelle ultime settimane. Cosa vi ha offerto per diventare la quarta gamba del centrodestra?</b>
<p> «Lei fa il suo mestiere di giornalista e le esprimo tutta la mia solidarietà. Ma già la sua domanda è figlia di questo regime corrotto e purulento nel quale la menzogna è necessaria perché sopravvivano».
<p>
<b>Pannella, vuole far credere che il Cavaliere non c’ha neanche provato con voi radicali?</b>
<p> «C’è un dialogo in corso tra me e Berlusconi, ma è più di quindici anni che dialoghiamo».
<p>
<b>Quindi è possibile un nuovo accordo con Berlusconi?</b>
<p>«Aridaje».
<p>
<b>Lei esclude in modo categorico che i radicali entrino a far parte della maggioranza di governo?</b>
<p> «Ripeto: io non sono un venduto e non mi interessano le poltrone. Escludo che i radicali assumano responsabilità in questo o in un prossimo governo Berlusconi».
<p>
<b>Però farà da stampella.</b>
<p> «Macché stampella!».
<p>
<b>É stato lei a scrivere su Facebook «sono fermamente convinto che sia metodologicamente necessario, democratico, un dovere civile aiutare anche le istituzioni disastrate e far durare la legislatura più in là possibile, se possibile fino alla fine».</b>
<p> «E lei non c’ha capito un tubo».
<p>
<b>Sarà, ma anche Emma Bonino ha capito la stessa cosa. Tant’è che ha detto: «Capisco Marco, ma io ho meno fiducia di lui in Berlusconi, che non mi pare più in grado di gestire alcunché politicamente parlando».</b>
<p> «La saluto».<br />
<br/>fonte: <a href="http://notizie.radicali.it/print/941">Notizie Radicali - Barbara Romano</a>Marco PANNELLA: Dopo l’incontro con Berlusconi2011-01-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557679<br />
<i>Quello che segue è il comunicato diffuso da Marco Pannella il 28 gennaio, pochi minuti dopo la conclusione dell’incontro con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta e il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Un incontro che al pari del precedente del 14 dicembre, ha visto un fiorire di illazioni,congetture fantasiose, pio-pio, bau-bau, bla-bla.<br />
Il suggerimento, almeno per i radicali, è quello di leggere Pannella e tenersi alla “letteralità” del suo dire, che è chiarissimo e inequivoco, a patto, evidentemente, di saper e voler leggere. <br />
Pannella inoltre, è intervenuto domenica 30 gennaio a “Radio Radicale”, e lunedì ha ulteriormente chiarito e descritto i termini della questione, con una lunga intervista sempre trasmessa da “Radio Radicale”.</i>
<p>
Nel corso dell’ultimo incontro nella prima decade di dicembre, con il Presidente Silvio Berlusconi, avevamo opportunamente preso atto del dialogo, che come Radicali abbiamo sempre ritenuto importante e urgente nei suoi riguardi, sia nella sua veste istituzionale che in quella di leader dello schieramento politico maggioritario. In quella occasione comunicai a Silvio Berlusconi, Gianni Letta e Angelino Alfano che non eravamo interessati a discutere con loro gli eventi che sarebbero maturati in vista del famigerato 14 dicembre, evento sul quale il nostro orientamento era quello che si è poi verificato, ma a un dialogo di ampio respiro a partire dalle situazioni e dalle prospettive attuali e comunque successive al 16 dicembre.
<p>
Oggi, in un colloquio di circa due ore abbiamo continuato a chiarire le rispettive posizioni e trovare risposte adeguate e strategiche alle isolate e desolanti urgenze nelle quali sprofonda quello che, per noi Radicali, costituisce il punto ormai terminale di un disastroso sessantennio partitocratico, tale per le responsabilità delle sue componenti di sinistra, estrema o “riformista”, e della destra, impotentemente, autoritaria e antidemocratica o di quella che continua a dichiarare di richiamarsi a quella liberaldemocratica, tutte insieme determinando la disastrosa connotazione del sessantennale Regime.
<p>
Un regime proprio oggi evocato dal primo presidente Ernesto Lupo, che pertinentemente ha fatto proprio, citandolo alla lettera (mentre la “politica” e i media l' hanno reso assolutamente clandestino) il richiamo del Comitato dei ministri del consiglio d’Europa, nella quale si afferma esplicitamente che il regime italiano deve ritenersi ormai estraneo ai patti costitutivi, in particolare alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
<p>
Nell'incontro abbiamo, in particolare, evocato le urgenze oggettive di grandi riforme istituzionali, a cominciare da quelle sulla giustizia e quelle caratterizzanti l’infamante Regime – per noi Radicali, come è noto – costituito da entrambe le parti "opposte", unite in un sostanziale monopartitismo "pluralistico", erede di quello del ventennio mussoliniano.
<p>
Ritengo che sia, da parte Radicale e Berlusconiana, molto utile continuare seriamente a dialogare. Aggiungo che, come è noto da anni e anni stiamo tentando di convincere la “opposizione“ di centrosinistra del regime a fare quantomeno altrettanto. Sembra modesta aspirazione e richiesta, ma niente affatto tale se si considera in modo intellettualmente e politicamente onesto il viscerale e vecchio riflesso anti-liberaldemocratico, anti-“internazionalista” di coloro che un tempo comprensibilmente si entusiasmavano cantando – e non solo – l’Internazionale.<br />
<br/>fonte: <a href="http://notizie.radicali.it/print/875">Notizie Radicali</a>Emma BONINO: «Lo scandalo è la truffa elettorale su cui non è stata fatta giustizia» - INTERVISTA2011-01-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557257Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Il caso Arcore è sotto ogni decenza istituzionale, ma mi interessano di più le firme false.
<p><b>Senatrice Emma Bonino, Nicole Minetti, nonostante le polemiche, ha già detto che non si dimetterà. Come donna, ancor prima che come parlamentare, che cosa pensa di ciò che sta accadendo?</b>
<p> «Saranno i giudici a stabilire se la Minetti ha commesso reati. A me interessa altro. E non parlo tanto delle vicende che investono il presidente del Consiglio, evidentemente al di sotto di ogni decenza istituzionale, alfiere di pubblici proibizionismi che non condividiamo, come sulla prostituzione, in pieno contrasto con le condotte private. Mi interessa ancor di più il fatto che proprio in Lombardia si siano compiuti reati contro i diritti civili e politici del tutto evidenti, sui quali non si è fatta giustizia e neppure chiarezza».
<p>
<b>Il caso Minetti ripropone ancora una volta il tema della degenerazione della politica. Chi la difende, come Formigoni, sostiene che prima bisogna aspettare la conclusione dell'inchiesta. È d'accordo?</b>
<p>
«Formigoni non difende Minetti, ma se stesso. Finge di dispiacersi per meglio prendere le distanze, non tanto da Minetti ma da Berlusconi. Quanto al rispetto di Formigoni per i giudici, ma per favore! Adesso chiede di "lasciarli lavorare": quando però altri giudici, quelli dell'ufficio elettorale, avevano constatato l'irregolarità delle sue firme, più che di lasciarli lavorare si preoccupò di avvicinarli via P3 e di mandargli contro gli ispettori di Alfano».
<p>
<b>L'elezione della Minetti nel listino di Formigoni ci riporta al tema della denuncia fatta da voi Radicali sulla firme false. Perché dite che lo scalpo della Minetti servirà a coprire il caso?</b>
<p>
«Da undici mesi denunciamo la gravissima truffa elettorale compiuta con la falsificazione delle firme e delle autentiche sui moduli della coalizione Lega e Pdl per Formigoni. Abbiamo persino ottenuto le prove materiali delle 600 firme false, delle autentiche fatte quando le liste ancora non esistevano. Abbiamo assistito a un presidente di Regione che ha cambiato versione più volte, accusandoci di aver falsificato noi i suoi moduli e poi scaricandole responsabilità sui suoi sottoposti. Risultato? Nulla di nulla. Il Tar ha addirittura dichiarato il nostro ricorso inammissibile, mentre dalla procura aspettiamo notizie».
<p>
<b>Voi parlate di complicità anche da parte «dell'opposizione ufficiale ed editoriale». A che cosa vi riferite?</b>
<p>
«Il giorno dopo che Cappato e Lipparini pubblicarono le prove dei falsi sulle liste, Formigoni fu ospite da Santoro con Bersani. Non una domanda sulle firme, non una battuta. Da allora il silenzio è stato rigorosamente rispettato in decine e decine di interviste stampa e tivù concesse dal governatore. E non ho sentito ancora un solo leader politico sollevare la questione, non solo del Pd, ma nemmeno Di Pietro o Vendola, o persino Grillo».
<p>
<b>Il Pd ha criticato Formigoni sostenendo che sul caso Minetti è stato reticente.</b>
<p>
«A me importa il caso Formigoni, altro che caso Minetti».
<p>
<b>Per quale motivo ci sarebbe tutto questo riguardo nei confronti del governatore?</b>
<p>
«Il potere berlusconiano vacilla, e questo è un bene. Per noi Radicali è il momento di battersi per un'alternativa riformatrice, laica, liberale. Formigoni è invece, con Tremonti, candidato prescelto della continuità del regime. Rappresenta il nuovo potere probabile, ancor più illiberale e clericale, al centro di un sistema ramificato ormai anche al Sud, da Comunione e liberazione alla Compagnia delle opere, con rapporti d'affari e spartizioni con le cooperative rosse e il potere leghista, dalla sanità all"Expo agli appalti. Finché il centrosinistra non mostrerà di voler essere alternativo, perderà. E la prossima occasione per provare a cambiare saranno le elezioni comunali di Milano».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WXV3R">la Repubblica (Ed. Milano) - Andrea Montanari</a>Marco PERDUCA: Se il dissenso non è tollerato - INTERVISTA2011-01-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557140Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Sessanta giorni per la transizione democratica non bastano per la Tunisia. Lo ha detto alla "Voce Repubblicana" il senatore Radicale Marco Perduca.
<p><b>Senatore Perduca, cosa pensa di quello che sta accadendo in Tunisia dopo la fine del regime di Ben Ali? E che ruolo dovrebbe svolgere l’Italia?</b>
<p>
"Quella che abbiamo visto è una rivolta che ha avuto come casus belli l’aumento dei beni alimentari. Chi conosce bene le vicende politiche della Tunisia sa perfettamente che in quel paese non era consentito il minimo dissenso perché si temeva che il paese potesse cadere nelle reti del fondamentalismo islamico, come è accaduto nella vicina Algeria. Si temeva che le Tunisia potesse diventare un avamposto occidentale nel Maghreb. E gli unici interessi che sono andati avanti non sono stati quelli dell’Occidente, ma quelli del clan di Ben Ali. L’Italia è sempre stata vicina al regime di Ben Ali e ai regimi socialisti che volevano l’autodeterminazione dei popoli africani. Questa impronta politica ha portato alla nascita di una grossa fetta di parastato. L’esercito è stato il simbolo di ogni forma di cambiamento e della distribuzione delle terre al popolo. La Tunisia si è sempre considerata un bastione dell’Olp, che qui aveva il suo quartier generale. In questo paese non ci sono state grosse riforme economiche. Ci troviamo di fronte ad una dittatura soft che si conclude nel sangue. Questa rivolta è contenuta rispetto a quello che è accaduto in Romania e in Jugoslavia".
<p>
<b>Rispetto a questi paesi, però, le ragioni di tali moti sono prettamente economiche. La "rivolta del pane" del 1984 in questo paese del Maghreb ci insegna che in Tunisia i rivolgimenti politici hanno una ragione esclusivamente economica...</b>
<p>
"La ricchezza di questo paese è concentrata nelle mani di poche oligarchie. Ma c’è anche uno scontento politico generalizzato. Nelle piazze di Tunisi e di altre città tunisine ci sono anche molti studenti che oggi non hanno un avvenire perché non c’è un sistema di opportunità che possa dare a questi ragazzi una speranza concreta per il futuro".
<p>
<b>Per anni si è detto che l’Italia ha avuto un ruolo politico nel colpo di Stato costituzionale del 1987 che ha portato alla deposizione di Bourghiba. È giusto che l’Italia possa avere un ruolo in questo delicato momento della Tunisia?</b>
<p>
"Il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi ha fatto delle dichiarazioni molto caute di apertura verso la transizione democratica in quel paese. Ma il ministro degli Esteri non ha manifestato ancora una posizione precisa. L’Italia, la Francia e la Spagna avrebbero dovuto preoccuparsi di indicare una transizione politica più lunga dei 60 giorni proposti per il cambiamento. Questi paesi dovrebbero preoccuparsi del ruolo che potrebbe svolgere la Libia in questo quadro".<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WSQAF"> La Voce Repubblicana - Lanfranco Palazzolo</a>Paolo FERRERO: Da Fiat ricatto mafioso agli operai di Mirafiori ed azione eversiva contro la Costituzione Italiana2011-01-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it549494<br />
Quello della Fiat nei confronti degli operai di Mirafiori si configura come un ricatto di tipo mafioso. O accetti di rinunciare ai diritti tutelati dal contratto nazionale, dalle leggi e dalla Costituzione o chiudo lo stabilimento.
Si tratta di un modo di agire inaccettabile in uno stato democratico in cui le regole non sono soggette ad essere modificate dalla forza bruta perché le regole servono esattamente a contenere l’arbitrio e i ricatti del più forte nei confronti dei più deboli.
<p>
La Fiat quindi pone in essere un ricatto di tipo mafioso nei confronti degli operai e nello stesso tempo conduce una azione eversiva nei confronti della Costituzione italiana. Quella Costituzione conquistata anche dagli operai Fiat che hanno scioperato rischiando la vita sotto l’occupazione nazista mentre la dirigenza Fiat collaborava con il regime.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?view=article&catid=36&id=10516&tmpl=component&print=1&layout=default&page=&option=com_content&Itemid=68">www.controlacrisi.org</a>Paolo FERRERO: «Rifondazione è in movimento, Berlusconi è fermo all'Ottocento» - INTERVISTA2010-12-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548985 <br />
<b>Segretario, se andassero in porto i tagli all'editoria, questa potrebbe essere una delle ultime interviste a "Liberazione". Bel regalo di Natale dal governo Berlusconi....</b>
<p>
Berlusconi ha un'idea fascista dell'informazione. Mettere in ginocchio giornali e piccoli editori significa trasformare l'informazione in informazione di regime. Nella stampa dei poteri forti. Ma chi pensa che l'antidoto al regime sia il mercato commette un grave errore. Magari chi è nelle grazie degli imprenditori avrà pubblicità e soldi, ma chi invece li critica, chi contesta il sistema non avrà una lira. Il mercato non è un antidoto alla lottizzazione o al regime, ne è l'altra faccia.
<p>
<b>E l'altra faccia di questo governo sono le piazze piene di studenti che protestano, non solo contro la riforma Gelmini ma contro la loro precarietà esistenziale.</b>
<p>
Questo movimento nasce dentro la crisi economica. Un'intera generazione che si ribella a un destino di precarietà, al ruolo che le è stato riservato dalle classi dominanti e dalle politiche europee. La gestione capitalistica della crisi mette in ginocchio le nuove generazioni e prevede il loro impoverimento. Essere giovani oggi non è solo una condizione generazionale ma è come appartenere ad una classe sociale sfruttata, precarizzata, senza speranza. Va colto il nodo strutturalmente, potenzialmente anticapitalistico della condizione giovanile oggi.
<p>
<b>I ragazzi chiedono futuro, la politica è incapace di rispondere.</b>
<p>
Questo movimento è nato e sta crescendo dentro la crisi della politica. Nati e cresciuti dentro il bipolarismo, i giovani di oggi non hanno mai avuto alcuna risposta dalla politica. Non sperano più nella capacità della politica di affrontare e risolvere i problemi della loro condizione sociale e si potrebbe dire anche esistenziale. Le proteste del '68 e del '69 trovarono uno sbocco politico attraverso partiti, sindacati, associazioni. Anche il movimento di Genova ha avuto un legame forte con la politica, con un importante ruolo di Rifondazione comunista. Oggi no, non più. Le delusioni che i giovani hanno avuto in questi vent'anni dai diversi governi - compreso Prodi e Rifondazione - hanno prodotto una sfiducia verso i partiti che è del tutto comprensibile. La politica non è vista come il terreno attraverso cui si possono cambiare le cose. Da qui un senso di estraneità e di rivolta, che chiede il cambiamento ma proprio per questo non ritiene i partiti uno strumento utile a dare una risposta. Vi è una grossa domanda politica, di cambiamento, che giustamente è diffidente verso la politica così come oggi è organizzata nel teatrino bipolare dell'alternanza tra simili.
<p>
<b>I ragazzi in piazza esprimono valori forti: la cultura, la ricerca, il lavoro.</b>
<p>
Il movimento chiede un cambiamento radicale della società: diritto allo studio, un lavoro decente, una vita degna di essere vissuta. I ragazzi si ribellano a un mondo dove i soldi sono gestiti dalle banche, i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri aumentano giorno dopo giorno. Diciamo che la radicalità dei contenuti non ha oggi un linguaggio e un universo simbolico a disposizione per rappresentare la propria voglia di cambiamento. A questo nodo politico dobbiamo lavorare per porci l'obiettivo di formulare, con i ragazzi e le ragazze del movimento, delle risposte.
<p>
<b>C'era molta rabbia in piazza.</b>
<p>
Alcune forme di protesta sono frutto di questa giusta arrabbiatura per l'impermeabilità del sistema politico. Così come sono il frutto della spettacolarizzazione del sistema dell'informazione: per finire in prima pagina non devi fare un corteo pacifico di centomila studenti ma devi fare a botte. Il sistema è questo. I moralisti dell'informazione che se la prendono con gli studenti rivoltosi sono gli stessi che parlano degli studenti solo se ci sono casini.
<p>
<b>E la politica? Si chiude nelle zone rosse?</b>
<p>
Il potere si è blindato nella zona rossa. L'unico che ha fatto un gesto politico positivo è stato Napolitano, ricevendo gli studenti e quindi riconoscendo le ragioni della loro protesta. La politica ha dato di sé uno spettacolo devastante: compravendita di voti, passaggi di casacca. Il Governo non si è posto il problema di ascoltare i ragazzi. Li considera nemici senza neppure discuterci. Cercano di trasformare un problema politico in problema di ordine pubblico. La democrazia conquistata a fatica nel novecento viene cancellata con un colpo di spugna. Fra Bava Beccaris che a fine ottocento spara con i cannoni sulla folla e Giovanni Giolitti che non manda i soldati contro gli operai che occupano le fabbriche c'è una differenza profonda. Beccaris non riconosce la questione sociale, per lui è solo un problema di ordine pubblico. Giolitti fa l'esatto contrario. Ora Berlusconi sta uscendo dal novecento per tornare all'ottocento. Chi non è d'accordo con lui, chi protesta è un nemico.
<p>
<b>Di politici in piazza mercoledì ce ne erano ben pochi. E un unico segretario, lo stiamo intervistando.</b>
<p>
In piazza c'era Rifondazione comunista, la federazione della Sinistra, mancava l'opposizione parlamentare. Del resto le avances del Pd al Terzo polo sono politicamente devastanti. Il più grande partito di opposizione ha teso la mano a chi come Fini vota la riforma Gelmini e avvalla le politiche del governo sul lavoro. Così facendo la politica si autoconfina nella zona rossa.
<p>
<b>Quali saranno i prossimi passi?</b>
<p>
Rifondazione è nel movimento. In strada come sui tetti. Vogliamo capire ed imparare. Vogliamo partecipare ad organizzare le lotte e a sviluppare la riflessione su come costruire un progetto di trasformazione, un movimento politico di massa. Abbiamo contribuito alla riuscita della mobilitazione del 16 ottobre, siamo dentro le lotte studentesche. Vogliamo continuare a starci per costruire insieme un rafforzamento del movimento e un dialogo tra studenti e lavoratori che metta in discussione la comune condizione di sfruttati senza prospettive.
<p>
<b>Ora che la Gelmini ha avuto il via libera del Parlamento che ne sarà del movimento, studentesco e non solo?</b>
<p>
Durerà se saprà costruire "istituzioni di movimento". Nel biennio '68-'69 successe così: nacquero consigli di fabbrica, comitati di zona. Dopo Genova sono nati i social forum. La ribellione contro un provvedimento ingiusto può e deve trasformarsi in un movimento di massa per cambiare lo stato delle cose presenti, per fare questo deve sedimentarsi in forme di partecipazione democratica. E' questa la sfida delle prossime settimane.
<p>
<b>Che fare allora?</b>
<p>
Occorre evitare due errori. Il primo è mettere al centro dell'azione del movimento la sola rivolta. Ci riporta diritti all'ottocento. Lo stato si chiude nella zona rossa e a te non resta che dar l'assalto al municipio. Per cambiare lo stato delle cose non basta il carnevale della rivolta. La reazione è comprensibile ma non è sufficiente. Un altro errore è pensare che lo sbocco del movimento sia quello elettorale, come una specie di passaggio di testimone dalla lotta alla rappresentanza istituzionale. Fu l'errore fatto da Rifondazione dopo Genova. Evitare il ribellismo e il politicismo per costruire consapevolmente un movimento politico di massa che si sedimenti nel tempo e nello spazio. Si dia una prospettiva e si radichi sui territori.
<p>
<b>Domanda delle domande: come sconfiggere Berlusconi? Stiamo parlando di David contro Golia.</b>
<p>
Bisogna sconfiggere Berlusconi e costruire un'alternativa al bipolarismo. Se continuiamo a ragionare secondo la logica del meno peggio - essenza del bipolarismo - non andiamo da nessuna parte. Noi vogliamo costituire un fronte democratico con chi effettivamente si oppone a Berlusconi, non con chi vota i suoi provvedimenti, come Fini. Per questo diciamo al Pd di smetterla con il politicismo e di costruire da subito il fronte democratico delle opposizioni, che deve essere costruito nel paese prima che sul terreno elettorale. Parallelamente proponiamo a tutta la sinistra, da Sel alle forze alla nostra sinistra, di formare un polo della sinistra italiana perché questo centrosinistra è totalmente inadeguato per rispondere alle richieste degli studenti e anche a quelle degli operai. Occorre costruire un fronte democratico per sconfiggere Berlusconi e un polo della sinistra per sconfiggere anche il berlusconismo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WBDC9">Liberazione - Frida Nacinovich</a>Giuseppe GIULIETTI: Il Caimano all'assalto della Consulta2010-12-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548973Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
"Se la Corte costituzionale non mi darà ragione, mi scatenerò contro di loro, in tv e sulle piazze." <br />
Questa l’ultima molotov lanciata da Berlusconi contro la Costituzione e i giudici.
<p>
In questi giorni Maroni e Gasparri hanno minacciato di usare il daspo contro gli studenti, anzi Gasparri avrebbe voluto fermare preventivamente i potenziali molestatori delle piazze. Ebbene quale provvedimento dovrebbe essere applicato ad un presidente del Consiglio che usa queste parole, che minaccia la suprema corte, che oltraggia la carta fondamentale?
<p>
Se c’è qualcuno da fermare è proprio il piccolo Cesare, a lui andrebbe impedito l’accesso alle tv e alle piazze, la zona rossa andrebbe realizzata attorno a palazzo Grazioli, per impedire al molestatore di disturbare i cittadini e la carta costituzionale.
<p>
Parole simili hanno lo sgradevole sapore del ricatto, della pressione preventiva per indurre i giudici a non procedere "secondo scienza e coscienza", ma a decidere secondo convenienza, facendo prevalere l’interesse particolare sull’interesse generale.
<p>
Chiunque abbia a cuore lo stato di diritto, ha il dovere di costruire un cordone sanitario attorno ai giudici della Consulta, per consentire loro di lavorare e di decidere in pace, senza essere condizionati dall’acre odore delle molotov verbali e dagli annunciati cortei, secondo il copione profeticamente anticipato da Nanni Moretti nel film "Il Caimano".
<p>
In ogni caso se e quando Berlusconi dovesse mai decidere di promuovere una marcia dal chiaro sapore golpista, altra parola non troviamo, sarà il caso di farsi trovare pronti e di schierarsi a presidio dell’ordinamento democratico e costituzionale.
<p>
Marco Travaglio ha già proposto di indire una grande giornata per la legalità repubblicana, una iniziativa segnata dalla lettura degli articoli della Costituzione e dalla esposizione del tricolore, che dovrà essere, aggiungiamo noi, il colore unificante della giornata. Per una volta dovremo esserci tutti, abbandonando vecchi schemi, spirito di fazione e di frazione inconcludenti discussioni sulle alleanze e sulle tattiche.
<p>
Se il Caimano dovesse tentare l’assalto finale spetterà a ciascuno di noi reagire con la dovuta intransigenza democratica, questa volta davvero senza se e senza ma.<br />
<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-caimano-allassalto-della-consulta/?printpage=undefined">micromega-online</a>Luigi de MAGISTRIS: Ecco il piano autoritario del Governo2010-12-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548972Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
Quale sarà la prossima mossa del Governo per accelerare la realizzazione del piano di rinascita autoritario che sta consolidando nel Paese? A che cosa stanno pensando – su mandato di Silvio Berlusconi e dei poteri occulti e meno occulti dei quali è espressione e garante – i ministri degli interni, della difesa e della giustizia con il supporto dell’esecutivo e di pezzi delle istituzioni?
<p>
In primo luogo, devono scongiurare che importanti indagini della magistratura in svolgimento individuino la rete piduista che governa, di fatto, parte del Paese. Il popolo non deve sapere che cricche corrotte e in parte mafiose stanno governando e mortificando le istituzioni. La conoscenza dei fatti produce pensiero libero che potrebbe divenire critico e, quindi, dissenso.
<p>
In secondo luogo, devono fare in modo che ogni questione democratica diventi questione di ordine pubblico. L’ansia di insicurezza sociale – radicalizzata dai media controllati dal regime – per considerare l’immigrazione come questione che attiene alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico. Questo serve per acquisire consenso sociale presso quella parte del Paese che ha paura e che si piega su posizioni egoiste.
<p>
La questione del lavoro e del rapporto con il capitale, il conflitto sociale e la lotta di classe degli operai, va inquadrata come preludio di infiltrazioni estremistiche tra i lavoratori. La manifestazione della FIOM e le posizioni della CGIL come radicalizzazione del conflitto che genera mostri e, quindi, presentare la piazza come luogo pericoloso.
<p>
Le lotte del popolo abruzzese e dei cittadini campani – distrutti dalle pratiche emergenziali con le quali le cricche gestiscono le calamità naturali e le emergenze ambientali – devono essere represse con i manganelli. Le manifestazioni degli artisti e del mondo della cultura colpite con la repressione. L’arresto della cultura che viene anche uccisa con la privazione di risorse. La cultura è pericolosa per il piano piduista, la gente non deve pensare, si deve omologare, deve essere conformista e seguire la strada del pensiero unico.
<p>
Le lotte degli studenti – anche di professori e ricercatori – devono essere fermate, oggi come a Napoli e Genova nel 2001. Alle forze dell’ordine si ordina di sgomberare scuole e università. Arresti e fermi di giovani in vorticoso aumento. Devono scongiurare la crescita del movimento studentesco e magari la sua saldatura con le lotte dei lavoratori, operai in primis. Il raccordo con i precari e i disoccupati, la contaminazione tra coloro che hanno capito e si vogliono ribellare a un regime classista che sta uccidendo la democrazia.
<p>
Il regime sta pensando di passare a un’altra fase. Non è più sufficiente l’utilizzo del solo potere disciplinare per piegare chi si oppone legittimamente agli abusi del potere; non basta più l’utilizzo illegale delle norme per piegare servitori dello Stato e dissidenti. Non basta più la violenza morale e della carta da bollo.
<p>
Stiamo passando alla strategia della tensione, seppur in una fase ancora embrionale. Devono dimostrare che il dissenso è esercitato in forme criminali e che le lotte sono condotte in modo violento, da parte di sovversivi. L’obiettivo è quello di ribaltare la verità – della normale devianza – nascondere che i veri eversori dell’ordine costituzionale sono proprio i governanti.
<p>
Stanno preparando il terreno per presentare provvedimenti normativi di urgenza che diano poteri speciali, consolidino lo stato di eccezione già sperimentato a L’Aquila, sospendano diritti costituzionali insopprimibili in modo democratico. Bisogna tenere gli occhi spalancati; conosciamo la tenuta democratica della stragrande maggioranza delle forze dell’ordine che eviteranno di essere utilizzate quale strumento per abbattere la democrazia.
<p>
Ma non basta. Stanno lavorando per costruire uno stato d’eccezione, consegnare poteri speciali alle forze dell’ordine e agli apparati di sicurezza, sospendere diritti, limitare il diritto di associarsi e manifestare. Utilizzano il pretesto della violenza che mette a rischio il Paese. Hanno paura, vogliono solo difendere il loro potere istituzionale, politico ed economico.
<p>
Stiamo entrando nella fase più pericolosa, tenuto conto anche dell’instabilità del quadro politico. Chi lotta per i diritti, per la Costituzione e per la democrazia possiede la ragione delle idee e il plusvalore della passione. Si deve isolare ogni forma di violenza fisica per evitare che venga utilizzata dal Governo per approvare decreti legge – sui quali stanno ragionando - che sospendano diritti democratici, si deve vigilare sulle infiltrazioni di pezzi deviati delle istituzioni e realizzare l’unità del centro-sinistra e manifestazioni di massa che tengano lontani gli strateghi della tensione che lavorano per dividere il fronte democratico, consolidare la borghesia mafiosa e narcotizzare il popolo.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=W8KJ2">Il Manifesto</a>