Openpolis - Argomento: fondo unico per lo spettacolohttps://www.openpolis.it/2011-02-23T00:00:00ZDELIA MURER: Teatri finanziati sul colore politico 2011-02-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558433Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
“Soldi per l’Arena di Verona e non per la Fenice di Venezia. Criterio? Il colore politico del sindaco”.
<p>Lo dichiara Delia Murer, deputata veneziana del Pd. “E’ quanto emerge – continua l’on. Murer - dall’esame del decreto Milleproroghe, così come proposto dal Governo”.
<p>La deputata si associa quindi alla polemica aperta dal sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che ha accusato il governo di aver penalizzato il Teatro La Fenice, escludendolo dai fondi del Fus (il fondo unico dello spettacolo), dirottati sull'Arena di Verona.
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«Bossi vada lì a fare le sue manifestazioni e lasci in pace Venezia», ha sbottato il sindaco. «Brunetta e Bondi non hanno fatto niente per la Fenice», ha aggiunto. «Un taglio gravissimo – replica l’on. Murer -, il centrodestra riconosca il suo errore”.
<p>La Fenice è stata pesantemente penalizzata dal decreto del governo. Che ha scelto di finanziare al Nord soltanto il teatro Alla Scala e l'Arena di Verona. «Scelta politica», ha accusato Orsoni, «a Milano il sindaco Moratti, a Verona il leghista Tosi».
<p>I parametri scelti, fanno notare i vertici del teatro veneziano, sembrano fatti apposta per tagliar fuori la Fenice. Si parla infatti del rapporto tra finanziamenti e i biglietti venduti. Chiaro che l'Arena può contare su 15 mila posti, la Fenice su un migliaio.
<p> «E comunque in quanto a qualità, con tutto il rispetto per l'Arena e le sue macchine sceniche, non c'è confronto con la Fenice», dice Orsoni senza mezzi termini. Il Teatro ricostruito dopo il rogo del 1996 è oggi in piena salute, con una programmazione di qualità diretta dal nuovo soprintendente Cristiano Chiarot. Ma senza i fondi del Fondo nazionale non ha alcuna possibilità di sopravvivere. 19 milioni di euro l'anno (su 33) se ne vanno per i costi fissi del personale, 290 persone. Musicisti, coristi, tecnici e solo in minima parte (30) amministrativi. Tra gli organici più bassi d'Italia, fa notare il Chiarot. Ma soprattutto, una macchina preziosa che produce cultura e alla fine incrementa gli incassi: se si taglia la produzione il deficit alla fine aumenta. Chiarot invita il governo a «mantenere gli impegni». «Con i tagli del Fus, 4 milioni sui 13 avuti lo scorso anno, che già erano stati tagliati di due», dice Chiarot, «è a rischio la stagione insieme con gli stipendi dei dipendenti. Tagliare è una scelta miope. perché la Fenice è una risorsa anche economica per l'intera città».
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<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=8%3Apolitica-sul-territorio&id=245%3Ateatri-finanziati-sul-colore-politico&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">Delia Murer.it</a>Giuseppe GIULIETTI: Bondi, licenza di uccidere il cinema italiano2010-10-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547423Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
Ci sono tanti modi per mettere i bavagli ed ammanettare le forme espressive sgradite:quella più classica, almeno da noi, è rappresentata dagli editti, più o meno bulgari, del signore e padrone del conflitto di interessi. Quando un autore o un programma non gli garbano, il piccolo Cesare provvede a richiedere la testa, per ora solo simbolica, dei reprobi. Così è stato per Enzo Biagi, per Michele Santoro, per Marco Travaglio, per Carlo Freccero, per Daniele Luttazzi, per Sabina Guzzanti, per ricordare solo alcuni nomi.
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In questi giorni l’attenzione del capo e dei suoi bravi si è invece concentrata su Roberto Saviano, su Roberto Benigni, su Milena Gabanelli, su Fabio Fazio, su Rai Tre, con il dichiarato intento di tenere, sempre e comunque, sotto tiro quei programmi che l’ossessionano e che, per altro, sono indicati con assoluta precisione nelle telefonate intercettate tra Berlusconi, il commissario della autorità Giancarlo Innocenti, il direttore Masi, il direttore Minzolini.
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In qualsiasi altro paese, dopo quelle intercettazioni, si sarebbe dimesso spontaneamente, quanto meno, il direttore generale del servizio pubblico, il quale, al contrario, invece di sospendere se stesso a vita, sta cercando di sospendere Michele Santoro.
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Questa, come scrivevamo all’inizio, è la censura classica, quella di tipo esplicitamente politico, quella che discende dal conflitto di interessi, brutale, ma immediatamente percepibile.
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In questi giorni, invece, si sta manifestando un altro tipo di censura, quella economica, non meno invasiva e pericolosa. Ci riferiamo, per esempio, alla clamorosa protesta messa in atto da tante associazioni del cinema italiano che hanno deciso di occupare la Casa del Cinema a Roma.
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Tante le ragioni della clamorosa protesta, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’ultima stesura della legge finanziaria. Il ministro Bondi, sì proprio lui, aveva promesso che, almeno in questo provvedimento, sarebbero state assunte le misure urgenti per impedire un tracollo del sistema industriale del settore. Qualche credulone aveva abboccato, invitando tutti ad aspettare con fiducia il regalo di Babbo Bondi.
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Invece non è accaduto nulla. La finanziaria di Tremonti non contiene nulla, nulla sul tax credit, nulla su Cinecittà, nulla sul reintegro del Fus nulla sulla futura legge di sistema. Non parliamo poi della cosiddetta tassa di scopo, quella che dovrebbe essere pagata dai grandi gruppi televisivi per dare linfa vitale alla industria del cinema e dello spettacolo, che tanto ha contribuito e contribuisce alla vita e ai palinsesti dei media tradizionali.
Figuratevi se il governo delle tv può chiedere un euro alle medesime tv, sarebbe come parlare di corda a casa dell’impiccato!
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Questa è la censura economica, quella che è già stata praticata nei confronti delle case editrici, degli istituti di cultura e delle fondazioni, degli enti lirici e dell’editoria, per non parlare del settore della formazione, dove il ministro Gelmini non essendo riuscita a trovare i soldi per le riforme, ha pensato bene di redigere una circolare bavaglio per impedire ai presidi di esprimere critiche nei confronti di sé medesima e delle sue proposte, per altro pessime.
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Questo governo, al di là delle parole, continua ad essere il governo che ha in testa e nel cuore il bavaglio e le manette per tutte le forme di espressione che rivendichino libertà ed autonomia e non siano comunque riconducibili alla logica del conflitto di interessi.
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Nei prossimi giorni si svolgeranno iniziative, già annunciate, dei sindacati dei giornalisti, delle associazioni di impresa, dei lavoratori e delle lavoratrici del cinema e dello spettacolo, della scuola e dell’università, degli istituti e delle fondazioni culturali. Iniziative sacrosante, ma non sarebbe il caso di coordinarle e di promuovere, anche e non solo, una grande manifestazione contro tutte le forme di censura, contro ogni oscurantismo, contro la demolizione del sistema formativo ed informativo?
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Non si potrebbe pensare ad una tenda delle libertà costituzionali da piantare davanti ai palazzi delle istituzioni, durante la discussione della legge finanziaria, per richiamare l’attenzione collettiva sui rischi individuali e collettivi che potrebbero derivare dal progressivo oscuramento del diritto della pubblica opinione ad essere informata e formata attraverso una molteplicità di fonti e di segni?
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A chi dice e pensa, anche nel centro sinistra e magari anche in qualche settore del mondo del cinema, che non ci sia nulla di voluto, ma solo sciatteria e dilettantismo, vorremmo ricordare che il ministro Bondi, ben assistito dai colleghi Tremonti e Brunetta, ha spesso lanciato i suoi strali contro il cinema, a suo dire, in mano ai bolscevichi, contro i film “disfattisti”, che poi sarebbero quelli che osano criticare l’Italia di Berlusconi; non contento, ha provato anche a scomunicare Sabina Guzzanti ed Elio Germano e, a tempo perso, è riuscito a polemizzare con Saviano, con Scalfari, con Santoro, e con tutti quegli intellettuali che non adorano il piccolo Cesare, cioè quasi tutti, senza più neanche distinzione di appartenenza politica.
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Negli ultimi giorni il medesimo ministro ha più volte annunciato che non esiterà a dimettersi qualora nella finanziaria non ci saranno alcune delle misure reclamate dall’industria della cultura e dello spettacolo. Per ora, tali misure non ci sono, ma la lettera di dimissioni non è ancora pervenuta.
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Del ministro si sono perse le tracce, le sue ultime dichiarazioni riguardano tutte la necessità di regalare uno scudo giudiziario all’amico Silvio. Se avesse dedicato un centesimo delle sue energie alla necessità di regalare uno scudo legislativo anche al mondo della cultura e delle arti, ogni problema sarebbe stato risolto per l’oggi e per i secoli a venire…<br />
Confidiamo che, almeno questa volta, Bondi voglia mantenere il punto e rassegnare le dimissioni!
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Vi alleghiamo i punti del documento votato all’unanimità da tutte le associazioni che hanno partecipato all’occupazione della Casa del Cinema.
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<b>Per il Cinema:</b>
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• immediato e certo rinnovo del tax credit e del tax shelter;<br />
• approvazione di una legge di sistema che crei un Centro nazionale della cinematografia sganciato da qualsiasi controllo della politica;<br />
• un prelievo di scopo con il quale chi utilizza il cinema e l’audiovisivo italiani (televisioni generaliste e satellitari, provider e Telecom) reinvesta un a parte dei profitti nella produzione nazionale e un prelievo sul costo del biglietto delle sale che inciderebbe per il 70%
sui profitti delle major straniere.<br />
• Reintegro del FUS, che può avvenire immediatamente e senza oneri per lo Stato semplicemente mettendo all’asta, come accade in tutta Europa, le frequenze del digitale terrestre che oggi vengono regalate a Mediaset;<br />
• Sostegno e difesa delle sale di città, spazio privilegiato del cinema italiano;<br />
• Promozione del cinema italiano all’estero;<br />
• Divieto per i network televisivi di mantenere posizioni dominanti sul mercato con il controllo di produzione, distribuzione e sale;<br />
• Salvaguardia e valorizzazione di un patrimonio storico come Cinecittà.
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<b>Per la televisione:</b>
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• Nascita di un mercato liberato dal monopolio di Rai e Mediaset; Riappropriazione dei diritti sulla fiction da parte di autori e produttori, in grado di creare un mercato internazionale per le opere televisive italiane;<br />
• Utilizzazione dei canali del digitale terrestre e dei canali satellitari - molti dei quali sfruttano gratuitamente e illegalmente le nostre opere - come nuove opportunità di una pluralità narrativa;<br />
• Obbligo di realizzare sul territorio nazionale la fiction finanziata con i l soldi del servizio pubblico;<br />
• Attenzione alla produzione e diffusione del documentario in tutte le sue forme.
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Per la Casa del cinema chiediamo al Comune di Roma:
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• La revoca della memoria di Giunta che affida di fatto la gestione a una sorta di "comitato d’affari";<br />
• La convocazione delle associazioni del mondo del cinema che si propongono come protagoniste della gestione della Casa e del suo indirizzo culturale.<br />
<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/bondi-licenza-di-uccidere-il-cinema-italiano/?printpage=undefined">micromega-online</a>Gabriele Scaramuzza: Il Decreto Bondi affossa la cultura del paese. 2010-06-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it502445Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Venezia (VE) (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il Senato della Repubblica sta in questi giorni convertendo in Legge il Decreto con cui il ministro Bondi riforma le Fondazioni liriche e sinfoniche in Italia, mortificando il sistema culturale del paese in uno dei suoi tratti originali e più riconosciuti, quello del melodramma e della lirica.<br />
Pericolosa e paradossale è l’opera del Ministro, che si affida alla forma del Decreto (che quindi dovrebbe avere motivi di urgenza) salvo poi precisare, all’articolo 1°, il rinvio della disciplina di dettaglio ad un successivo regolamento emanato dal Ministero che vedrà la luce solo tra qualche mese.<br />
Non stupisca l’apparente contraddizione, giacché in questo modo il Ministro sottrae al Parlamento la possibilità di predisporre una riforma di sistema sul tema, e riconduce alla discrezionalità del Ministro le scelte sulle singole fondazioni.<br />
Infatti, filo conduttore del Decreto è la riduzione in cattività delle Fondazioni liriche e sinfoniche, che anziché giovarsi di un quadro normativo e di finanziamenti omogeneo, nei fatti dovranno avviare trattative privatistiche con il Ministro di turno, e saranno sempre più esposte al pericolo della loro politicizzazione.
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Tutto ciò mentre prosegue lo svuotamento del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), che finanzia ogni anno la produzione dal vivo e rappresenta lo strumento per eccellenza per l’impresa culturale in Italia.
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Il FUS, che nell’ultimo anno del Governo Prodi aveva avuto una dotazione di 550 milioni di € è stato ridotto nel 2010 a 400, e nel 2011 sarà finanziato per appena 350 milioni, nei fatti pregiudicando l’operatività delle Fondazioni, delle Compagnie stabili, delle Orchestre sinfoniche, che dipenderanno appunto dalle scelte discrezionali del Ministro.<br />
Questo quadro è peggiorato dal pregiudizio che Ministri come Bondi e Brunetta hanno verso quelle professionalità cresciute nei nostri teatri, a partire dalla Fenice di Venezia, fino a dileggiare come “fannulloni” quel corpo artistico composto da professori d’orchestra, solisti, virtuosi che costituisce un’eccellenza italiana e che gode di un trattamento economico tra i più bassi in Europa.
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Il nostro paese ha bisogno di una riforma organica e di sistema di tutto il comparto culturale, che però non può avere a fondamento nulla di più della consapevolezza che esso rappresenta una straordinaria opportunità di crescita sociale ed economica, soprattutto se posto in relazione con le filiere del turismo nelle grandi città d’arte come Venezia.
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E quindi occorre andare controcorrente, dando al FUS maggiori risorse e stabilità, prevedendo misure di defiscalizzazione per i soggetti privati che investono nelle Fondazioni e nelle produzioni, come avviene in tanta parte del mondo occidentale.
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Quello dell’Italia è un caso singolare, con pochi epigoni: il nostro paese si riconobbe nazione prima di costituirsi come Stato. Possiamo ben dire che quella dell’Italia fu un’intuizione dello spirito prima che una costruzione istituzionale, e che a tenere viva questa intuizione (prima che fosse incarnata in precise strutture politiche e statuali) contribuirono in modo determinante la cultura, le lettere, la tradizione lirica e sinfonica.<br />
E forse è proprio questo che a molti degli uomini di governo, oggi in Italia, fa paura.
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<br/>fonte: <a href="http://consiglio.comune.venezia.it/?pag=redaz_2_260_274">Uff.stampa - Comune di Venezia</a>Renato BRUNETTA: «Il mio sogno? Un cinema meritocratico senza fondi pubblici»2009-09-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it417680Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro PA e innovazione (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Mescolare spettacoli e cultura è un imbroglio - ha detto - e gli italiani sono con me». Il ministro [...] ha parlato dai microfoni della radio Rtl 102.5, durante la sua rubrica «Il Brunetta della domenica». <br />
«Lo Stato ha il dovere di finanziare la cultura - ha detto Brunetta - e cultura significa scuola, formazione, musei, accademie, conservatori, biblioteche. Altra cosa è lo spettacolo che serve agli uomini per divertirsi, a volte anche per riflettere, ma è qualcosa di diverso dalla cultura». <br />
«Magari poi - ha aggiunto - lo spettacolo col tempo può diventare cultura. Però accostare lo spettacolo alla cultura è un grande imbroglio». <br />
E di seguito ha attaccato la Mostra di Venezia: «Lì ho visto spiegare come va il mondo da quelli stessi che non avevano capito niente, basta pensare al crollo del Muro. Io non voglio sostituire un'egemonia con un'altra - ha precisato - però penso che lo spettacolo è la Tosca di Dalla che ho visto a Verona, popolare, competitiva che si guadagna il pane tutti i giorni con nomi sconosciuti. Lo spettacolo deve essere meritocratico. Io dico: non diamo un euro ai film, si arrangino. E anche i giornali devono andare sulle loro gambe. Vuoi inneggiare a Chavez? Ma non con soldi italiani». <br />
Brunetta ha fatto poi un po' di conti: «Non abbiamo soldi per asili nido e anziani non autosufficienti e poi buttiamo 4-500 milioni di euro per finanziare gruppi di potere col Fus? Io mi sento male. Ho il difetto di essere diretto, ma gli italiani stanno con me». <br />
E non risparmia critiche anche al padre del Neorealismo. Registi come Rossellini, ricorda Brunetta, «alzavano il braccetto poi hanno chiuso il pugno. Un film è come un'azienda: ti presto i soldi, magari a tasso agevolato, se va bene ok, se no ti attacchi e me li ridai lo stesso. Ma perché - ha concluso - finanziamo il cinema? Forse che finanziamo i piano bar o le discoteche? Su questo andrò fino in fondo». <br />
<br/>fonte: <a href="http://iltempo.ilsole24ore.com/spettacoli/2009/09/14/1069643-brunetta_sogno_cinema_meritocratico_senza_fondi_pubblici.shtml">Il Tempo - Antonio Angeli</a>Renato BRUNETTA: 66/a Mostra del Cinema di Venezia: "E' la Mostra dei parassiti"2009-09-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it417635Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro PA e innovazione (Partito: PdL) <br/><br/><br />
Un affondo pesantissimo contro il mondo del cinema, quello pronunciato dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Un attacco che chiama in causa direttamente i registi, i produttori, gli attori presenti qui al Lido: "Esiste - dice da Gubbio l'esponente di governo - un culturame parassitario che spunta sentenze contro il proprio Paese: ed è quello che si vede in questi giorni alla Mostra di Venezia". <br />
Esponenti, prosegue, "di un'Italia leggeremente schifosa". Da qui l'invito, rivolto al collega Sandro Bondi, a "chiudere i rubinetti del Fus". Vale a dire il Fondo unico per lo spettacolo, a sostegno del quale, negli ultimi tempi, sono scesi in campo tanti volti noti dello showbiz nostrano.
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Parole-shock, da parte di un ministro certo non nuovo a prese di posizione forti. E che trovano grande eco qui, in una Mostra che sta per chiudere i battenti, e caratterizzata da una presenza massiccia di pellicole made in Italy. Commenti, quelli degli addetti ai lavori, pronunciati quasi sempre off records, perché "a uno come Brunetta nemmeno si risponde".
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Con qualche eccezione, però. Come Giuliano Montaldo, che in Laguna ha portato il suo film L'oro di Cuba, che proprio non ce la fa a non rispondere alla provocazione. Citando, nel rispedire le accuse al mittente, un'icona berlusconiana: "Ma di che stiamo parlando? - dichiara infatti - non è passata proprio ieri di qui una 'nuova attrice' che si chiama Noemi? Il problema è che non sanno proprio che cosa significhi la parola cultura".
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Altrettanto agguerrito il commento di un altro regista veterano, Citto Maselli, alla Mostra con Le ombre rosse. Che sottolinea la parola "culturame" usata dal ministro: "Non a caso è la stessa utilizzata da Mario Scelba negli anni delle peggiori repressioni della storia d'Italia. Sono cose che fanno venire in mente i tempi più bui". Per non parlare del "tono arrogante e semplicistico" con cui Brunetta ha illustrato le sue opinioni.
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Ma, restando qui a Venezia, c'è un'altra voce che si contrappone a quelle dell'esponente del governo. Ed è il governatore del Veneto nonché suo compagno di partito, Giancarlo Galan. Il quale, attraverso il suo portavoce, fa sapere che è sbagliato "fare di ogni erba un fascio". Ad esempio, prosegue, realtà come "l'Arena di Verona e al Teatro La Fenice di Venezia, e anche alla Biennale". Cioè l'ente che la Mostra del cinema la organizza: "Tutte istituzioni, a partire proprio dalla Biennale, che rappresentano un prestigio assoluto dell'Italia negli scenari internazionali".
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Più scontate le prese di posizione anti-Brunetta che arrivano da Roma, dalle fila dell'opposizione. Giovanna Melandri, per il Pd, insiste sul fatto che il ministro "vede parassiti ovunque, ha capito che questo slogan funziona e liscia il pelo a un sentimento fin troppo facile. Ma così facendo non vede l'operosità, il talento e la ricchezza culturale del nostro Paese". Mentre Giuseppe Giulietti, a nome dell'associazione Articolo 21, sottolinea come ai tagli al Fus ci abbia già pensato il ministro competente, Bondi: "Condurremo una battaglia durissima", annuncia.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/spettacoli_e_cultura/cinema/venezia/brunetta-fus/brunetta-fus/brunetta-fus.html">La Repubblica.it</a>