Openpolis - Argomento: elezioni politiche 2008https://www.openpolis.it/2009-06-26T00:00:00ZEnrico MORANDO: La madre di tutte le riforme: quella del mercato e del diritto del lavoro2009-06-26T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391751Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
L’imminente Convenzione nazionale del Pd è chiamata a scegliere leader e linea politica del partito, dopo la convulsa fase della sua costituzione (ottobre 2007), della sconfitta elettorale e del primo anno di opposizione al Governo di centro-destra.
<p>In questo documento provo a riassumere, dal mio punto di vista, i termini essenziali del confronto.
<p>Nei cinque punti (la nuova alleanza tra merito e bisogni; <br />
partito di centrosinistra a vocazione maggioritaria; <br />
partito aperto, degli iscritti e degli elettori;<br />
un nuovo internazionalismo democratico;<br />
una scelta chiara tra linee alternative) propongo di illustrare i cardini del posizionamento politico - funzione, natura e linea politica - che ritengo preferibile per il Pd.
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<b>1)</b> LA NUOVA ALLEANZA DEL MERITO E DEI BISOGNI
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Il Pd è un partito di centrosinistra, nato per cambiare l’Italia, secondo i principi di libertà, eguaglianza e solidarietà, attraverso una nuova alleanza del merito e dei bisogni: le componenti più dinamiche della società unite a quelle più esposte al rischio di esclusione da un credibile progetto di cambiamento, che promuova la coesione sociale anche per raggiungere più elevati traguardi di efficienza economica e metta la crescita del reddito nazionale al servizio di una maggiore giustizia e mobilità sociale.
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Per far ripartire l’ascensore sociale, ridurre progressivamente le aree dello smaccato privilegio e della disperata emarginazione, far crescere in modo stabile e duraturo la ricchezza nazionale, colmare il ritardo di sviluppo del Mezzogiorno, diffondere il benessere e irrobustire la classe media, cambiare lo Stato Sociale per renderlo davvero capace di aiutare chi resta indietro a camminare con gli altri, il progetto di cambiamento del Paese deve aggredire ogni forma di chiusura corporativa, creare dispari opportunità positive a favore delle donne e dei giovani, portare concorrenza dove non ce n’è o non ce n’è abbastanza, valorizzare il lavoro in quanto tale, dipendente o autonomo che sia, imporre alla Pubblica Amministrazione - dalla Giustizia agli apparati per la sicurezza -, insieme ai principi di trasparenza e valutazione indipendente, anche tempi, risultati e costi tratti dalle migliori esperienze europee e mondiali, iniettare nella società, nell’economica e nello Stato robuste dosi di meritocrazia, ridare prestigio alla politica riducendone i costi e riconsegnando nelle mani dei cittadini il potere di decidere, col voto, sulla rappresentanza e sul governo.
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L’Italia che da quindici anni cresce meno dell’Europa, che è il Paese con minore mobilità sociale, con più elevati livelli di disuguaglianza, e con il più rapido invecchiamento della popolazione, ha un drammatico e urgente bisogno di questo cambiamento.
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Il centro-destra fa leva sulla paura e alimenta il suo populismo con la politica dell’annuncio rassicurante. Il centro-sinistra può prevalere - nella competizione democratica - solo se allontana da sé (e dalla sua immagine) la tentazione di reagire in chiave meramente tattica, promuovendo un “suo” conservatorismo. Volto ad affermare interessi diversi rispetto a quelli tutelati dal centro-destra, ma pur sempre conservatorismo.
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La missione del Pd coincide con l’interesse di fondo del Paese: dare alla Politica italiana la forza necessaria per piegare la resistenza dei difensori dello status quo, impegnando la maggioranza del popolo nel sostegno a un progetto di cambiamento che riconosce e tutela gli interessi delle generazioni presenti, ma li compone in un ordine gerarchico che assegna priorità a quelli delle generazioni future.
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L’evidenza dei guasti provocati dall’estremismo liberista, dalla disordinata de-regolazione di istituzioni bancarie e finanziarie da cui dipende la stabilità dell’intero sistema economico, non deve indurre ad una reazione altrettanto estrema a favore dell’intervento statale in ogni ambito e per ogni problema. Da un lato è necessario essere vigili per impedire che gli interessi e le concezioni economiche che hanno provocato la deregolazione e la crisi non ostacolino progetti di intervento e di regolazione decisi e severi quanto basta per risolvere le difficoltà attuali e impedire che insorgano crisi analoghe in futuro: ostacoli in tal senso già si intravedono e li denunciano autorità come Paul Volcker, Warren Buffett e Gorge Soros, non certo degli statalisti.
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D’altro lato occorre essere consapevoli che lo Stato conosce fallimenti altrettanto seri quanto quelli del mercato, e in Italia, coll’inquinamento partitico e la debole qualità dell’amministrazione pubblica che ci contraddistingue, dovremmo saperlo bene. Il Partito Democratico, per la sua cultura e le sue ambizioni maggioritarie, respinge posizioni ideologiche pregiudizialmente favorevoli all’uno o all’altro polo della regolazione, allo Stato o al mercato, e ambisce a esercitare, per ogni caso concreto, una discrezione intelligente. Resto dunque convinto, per il caso italiano, che una posizione liberale equilibrata come quella espressa nel discorso del Lingotto sia quella più adatta ad attuare la visione del merito e dei bisogni che ho appena illustrato, l’unica adatta a un partito di centrosinistra.
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<b> 2)</b> IL PD, PARTITO DI CENTROSINISTRA A VOCAZIONE MAGGIORITARIA
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Un progetto così radicale di rinnovamento del Paese può essere solo il frutto di un lungo ciclo di governo riformista. Il Pd è nato per renderlo possibile. È stato proprio il Pd - con il suo atto di nascita, rifiutando la “divisione del lavoro” tra centro e sinistra; con la posizione che ha assunto prima delle elezioni Politiche del 2008, respingendo la logica delle coalizioni “contro”, troppo larghe e troppo disomogenee per garantire cambiamento nella stabilità - a rafforzare il gracile e malcerto bipolarismo italiano, favorendone la riorganizzazione attorno a due grandi formazioni politiche a vocazione maggioritaria.
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Il Pd non è un partito di sinistra, ma di centrosinistra. <br />
È il soggetto politico perno del centro-sinistra italiano, in quanto partito a vocazione maggioritaria. Nel duplice senso che è dotato di una leadership individuale e collettiva, di un radicamento sociale e territoriale, di una cultura politica, di un profilo ideale e programmatico tali da poter credibilmente aspirare ad interpretare le esigenze e le speranze della maggioranza del popolo e a raccoglierne il consenso. E che ispira la propria iniziativa, le proprie posizioni politico- programmatiche, la propria organizzazione e vita democratica interna allo svolgimento di questa funzione: costituire “naturalmente” l’asse della alternativa di governo al centro-destra.<br />
Vocazione maggioritaria non è sinonimo di pretesa di autosufficienza: il Pd può ritenere utile - al fine della realizzazione del suo progetto di cambiamento del Paese - la costruzione di coalizioni con altri partiti di centro-sinistra. Si tratterà, in quel caso, di coalizioni del tutto diverse da quella dell’Unione, perché caratterizzate dalla presenza, al loro interno, di un partito egemone, il cui leader è automaticamente leader dell’intera coalizione; e il cui programma è perfettamente compatibile - anche se non coincidente - col programma della coalizione stessa.
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È la regola democratica cui si ispirano le coalizioni in tutta Europa. Ferma restando la pari dignità politica di ciascuno dei partiti contraenti l’accordo, sono gli elettori a decidere i rapporti di forza al suo interno. Antidemocratica, e foriera di instabilità e fibrillazione delle coalizioni, è semmai la soluzione opposta, di cui l’Italia ha fatto esperienza nella fase finale della Prima Repubblica. Mentre la soluzione diarchica - il capo del governo appartiene al principale partito di governo, ma non è il leader del partito stesso - è tipica di democrazie bloccate, che non conoscono l’alternanza.
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Il Pd intende dunque costruire alleanze elettorali e di governo con altri partiti e movimenti politici, ma rifiuta la logica della divisione del lavoro tra le forze che le compongono: all’uno il compito di rappresentare gli orientamenti e le istanze più tradizionalmente raccolti dalle forze “di sinistra”, all’altro la rappresentanza “del centro moderato”, e così via, fino a partiti personali o espressione di una singola issue. <br />
Il Pd assume su di sé il compito di rappresentare direttamente l’intero arco dei valori e degli interessi del centro-sinistra: dalle istanze dei ceti più dinamici dell’imprenditoria, della scienza e della conoscenza, fino all’operaio monoreddito con due figli a carico e l’affitto da pagare. Per questo, riconosce priorità al suo progetto di cambiamento, non al sistema delle sue alleanze politiche.
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È infatti la credibilità della leadership e del progetto del principale partito del centro-sinistra il fattore che può realizzare - attraverso un lungo e sicuro lavoro nella società italiana e nei diversi territori - una profonda incursione nell’elettorato oggi maggioritario del centro-destra, per acquisire il consenso delle sue componenti più sensibili al sistema di interessi e valori tipici dell’alleanza tra merito e bisogni. <br />
L’obiettivo del Pd è dunque chiaro: entro il 2013, e partendo dai rapporti di forza elettorale scaturiti dal voto del 2008, deve mettersi in grado di strappare due milioni di voti al centro-destra. Un compito che nessun altro, piccolo partito di centro può seriamente proporsi.
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Scaturisce dalla consapevolezza di questa funzione la scelta di far nascere il Pd da un atto costituente come quello del 14 ottobre 2007, che ha visto protagonisti più di tre milioni di cittadini italiani. È la volontà di assumere effettivamente questa funzione che ha spinto all’identificazione - fissata nello Statuto - tra la figura del Segretario e quella del candidato Presidente del Consiglio. Ed è in perfetta coerenza con questa identificazione che il Pd ha deciso - una volta per tutte - di far scegliere il suo leader non dai soli iscritti al partito, ma da tutti i cittadini italiani che vogliono farlo, senza alcuna limitazione che non sia la pubblicità di quella loro partecipazione.
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<b>3)</b> PARTITO APERTO, DEGLI ISCRITTI E DEGLI ELETTORI
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Il Pd è un partito di iscritti ed elettori: ai primi, il potere di definire, gestire e dirigere l’iniziativa quotidiana del partito e il suo rapporto con la società e il territorio; di costruire sedi e strumenti della elaborazione politica e programmatica; di promuovere la formazione dei dirigenti, a tutti i livelli; di selezionare l’offerta politica - leader e linea - da presentare ai cittadini elettori, per la scelta definitiva. Ai secondi, il potere di decidere col voto - individuale e segreto - sul Segretario nazionale, la linea politica e la composizione - su base territoriale - dell’Assemblea Nazionale. E di fare altrettanto alla dimensione regionale. <br />
Per la scelta dei suoi candidati alle cariche monocratiche - Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione - il Pd ricorre al metodo delle elezioni Primarie, aperte a tutti i cittadini-elettori. <br />
Ad elezioni Primarie si deve ricorrere anche nel caso della partecipazione del Pd a coalizioni con altri partiti: il coinvolgimento dei cittadini elettori nella scelta dei candidati alle cariche monocratiche è infatti un cardine irrinunciabile del progetto del Pd per il rinnovamento e il miglioramento della qualità della politica.
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È il modello di partito aperto - nel quale tutte le cariche sono effettivamente contendibili, secondo procedure esigibili, fissate una volta per tutte - descritto dallo Statuto del Pd. Si deve tuttavia constatare un’enorme distanza tra la realtà del Pd in questo anno e mezzo e le previsioni statutarie: un tesseramento asfittico, tardivo e timoroso di rivolgersi con fiducia, per chiederne l’adesione, ai tre milioni e mezzo di cittadini “costituenti”. <br />
Primarie come eccezione, invece che come regola; spesso concepite come extrema ratio, quindi tenute troppo a ridosso della scadenza elettorale. Candidati alle elezioni Politiche (da eleggere su sterminate liste bloccate, come da assurda legge elettorale in vigore) scelti senza alcuna effettiva e ben regolata partecipazione a decidere né degli iscritti (che non c’erano), né degli elettori. <br />
Una gestione quotidiana del partito più affidata allo sforzo di giustapposizione dei gruppi dirigenti dei due partiti cofondatori che al “rimescolamento” delle energie disponibili, vecchie e nuove. Una dialettica interna più caratterizzata dalla presenza delle correnti interne ai Ds e alla Margherita che da nuove aggregazioni politico-culturali.
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Limiti e difetti spiegabili, almeno in parte, con lo stato di emergenza in cui il Pd ha vissuto dalla sua nascita. Imperdonabili, se permanessero nella fase che si apre colla Convenzione di Ottobre 2009.
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Lungi dal rimettere in discussione le norme chiave dello Statuto - quelle poste a presidio della natura e della funzione innovativa del Pd - la prossima Convenzione Nazionale deve assumere l’impegno ad una loro puntuale attuazione, entro la Primavera prossima, così che le Elezioni Regionali del 2010 possano essere affrontate - a partire dalla scelta con le Primarie dei nuovi candidati Presidenti entro il dicembre di quest’anno - da un Pd che sia effettivamente, anche sotto il profilo della sua struttura organizzativa e della sua vita interna, quello che ha promesso di essere, col suo atto di nascita e il suo Statuto.
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Il carattere del Pd come partito nazionale, federale perché fondato sull’autonomia statutaria e politica delle sue articolazioni regionali, non si è fino ad oggi affermato, anche a causa della scelta di eleggere i Segretari Regionali nel contesto della elezione del Segretario nazionale: <br />
quest’ultima ha prevalso su tutto, relegando quasi dovunque la “costruzione” del partito regionale ad assumere i caratteri di un mero effetto di “trascinamento” della scelta nazionale. L’autonomia politica dei gruppi dirigenti regionali e locali ne è uscita menomata, al punto da far ritenere a molti preferibile il modello seguito dal Pdl, tutto orientato alla nomina dei dirigenti regionali e provinciali da parte del leader nazionale. Se nomina deve essere, sia almeno trasparente e consenta imputazione di responsabilità.
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Il Pd può e deve essere alternativo al Pdl anche per questo aspetto essenziale: deve quindi esaltare l’autonomia degli organismi regionali (e, in ogni regione, locali) attraverso la Convenzione Regionale - ben distinta da quella nazionale - che definisce linea e leadership in un contesto di piena contendibilità delle relative cariche di direzione del partito.
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Agli organismi regionali - senza mediazione ed intervento degli organismi nazionali del partito - deve essere interamente assegnata la quota del finanziamento pubblico delle campagne elettorali regionali e locali.
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<b>4)</b> UN NUOVO INTERNAZIONALISMO DEMOCRATICO
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Per un nuovo internazionalismo democratico. <br />
Con la leadership di Obama, per una gestione multilaterale della ordinata transizione ad un nuovo assetto del mondo, di tipo multipolare. Per lo sviluppo ben regolato della globalizzazione, contro una reazione alla crisi economica che punta - come vuole la destra - sulla riduzione del livello di interdipendenza, sul protezionismo e sulla rinazionalizzazione delle politiche economiche.
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<b>Le parole chiave: democrazia ed Europa.</b>
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Democrazia come pace (non c’è mai stata guerra tra due democrazie). Come sviluppo economico e sociale (la democrazia rende più sostenibile e dà profondità temporale al capitalismo). Come incivilimento.
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Europa come polo attrattivo di pace e democrazia.<br />
Come modello di coesione sociale e di economia sociale di mercato. Come soggetto coprotagonista del nuovo governo della globalizzazione. Come soggetto di politica internazionale e di sicurezza, per la pace e i diritti umani.
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Per tutto questo, è necessario lavorare alla costruzione di una nuova Internazionale Democratica, organizzazione dei riformisti a dimensione globale: c’è il leader (Obama); <br />
c’è la missione (il governo della globalizzazione secondo principi di libertà, giustizia e coesione sociale, equilibrio ambientale); ci sono le tradizioni, le esperienze e le organizzazioni che possono farla nascere (i partiti Democratici di USA, India, Sud Africa, Brasile, Italia e i Partiti dell’Internazionale Socialista).
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In Europa, la scelta di dar vita subito ad un nuovo gruppo dei riformisti - che raccolga Democratici, Socialisti, Laburisti, Liberali di sinistra, altre formazioni di centrosinistra - è il primo passo per la formazione di un unitario Partito Europeo della Internazionale Democratica.
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Solo questo nuovo assetto politico-organizzativo dei riformisti rappresenta una risposta adeguata da un lato all’esigenza di costruire la mobilitazione politica e l’elaborazione politico-programmatica corrispondenti alla dimensione delle grandi questioni globali; <br />
dall’altro alla crisi e alle crescenti difficoltà della socialdemocrazia europea, emerse con drammatica evidenza dal recente voto per il Parlamento dell’Unione. In questo senso, l’intuizione da cui è nato il Pd italiano trova conferma della sua fecondità, ai fini della ridefinizione del profilo politico ideale e programmatico dell’intero centro-sinistra europeo.
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La crisi mette l’Europa di fronte ad una scelta: un nuovo balzo nel processo di unità politica o un progressivo scivolamento verso la rinazionalizzazione, con la crisi dello stesso mercato unico.
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Il centrodestra (Tremonti) esalta il ritorno delle leve della politica europea nelle mani dei singoli governi nazionali.
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Il centrosinistra europeo deve battersi per l’immediata attuazione del Trattato di Lisbona, per le cooperazioni rafforzate, per un salto in avanti sul terreno della integrazione nel campo della politica internazionale e della sicurezza (esercito europeo), per un effettivo coordinamento delle politiche economiche e fiscali, per una politica comune di investimenti pubblici, finanziati attraverso eurobond, per una gestione coordinata dei crescenti debiti pubblici, per limitare il ricorso alla concorrenza fiscale tra i Paesi europei e completare il mercato unico.
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Anche per questo è urgente una vigorosa iniziativa politica dei riformisti volta alla elezione del Presidente della Commissione, da parte del Parlamento, così da politicizzare la competizione elettorale e politica a dimensione europea, combattere l’indifferenza e l’astensionismo di tanta parte dei cittadini, superando al tempo stesso i rischi insiti in una gestione per accordo consociativo - tra i due maggiori raggruppamenti politici - delle istituzioni comunitarie.
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Questa Europa - nel contesto della radicale svolta impressa da Obama alla politica interna e internazionale degli USA - può essere coprotagonista di una ripresa di ruolo della Politica, nel governo e nel superamento degli squilibri globali. Alla condizione, naturalmente, che sia davvero in grado di rielaborare una convincente nozione di interesse comune, da far valere - parlando con una sola voce - nelle organizzazioni come il WTO, il Fondo Monetario e la Banca mondiale. E che sappia assumersi pienamente le conseguenti responsabilità, senza scaricare i compiti più gravosi e rischiosi (Afghanistan) sugli USA.
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<b>5)</b> UNA SCELTA CHIARA TRA LINEE ALTERNATIVE
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Questa visione della funzione del Pd, della sua natura, della sua collocazione internazionale e della sua organizzazione rappresenta uno sviluppo coerente delle scelte operate nella fase costituente e nella predisposizione del posizionamento del Pd per le Elezioni Politiche del 2008. Nel dibattito che si è sviluppato dopo la sconfitta, è emersa una visione alternativa: nella società italiana - per mille ragioni, tra le quali emerge la capacità delle singole componenti sociali “corporate” di resistere al cambiamento - non ci sarebbe una maggioranza riformista da organizzare politicamente. O, almeno, non ci sarebbe nel breve-medio periodo. Dunque, secondo questa diversa visione, il progetto del Pd - almeno nel breve-medio periodo - deve prevalentemente assumere il profilo di una proposta di mediazione tra interessi organizzati, per ciò che attiene ai contenuti; e di tradizionale coalizione di partiti - “di “sinistra” e di “centro” - per ciò che attiene alla formula politica. <br />
Non è un caso che - nella migliore elaborazione di questa linea - gli orientamenti politico-culturali prevalenti nella società italiana vengono riassunti attraverso la triade “progressisti, populisti e moderati” (Enrico Letta), che allude, in termini di sua rappresentazione politica, a “sinistra, destra, centro”.
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Il punto di contrasto è dunque chiaro, ed è indispensabile che lo si affidi agli iscritti ed elettori del Pd, per una scelta altrettanto chiara: partito riformista di centrosinistra a vocazione maggioritaria o partito “progressista” di sinistra che promuove l’alleanza coi “moderati”, prevalentemente rappresentati da un partito di centro?<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=4182">www.pietroichino.it</a>Dario FRANCESCHINI: "Basta con la corsa al logoramento Walter, anche al prossimo giro" - Intervista2008-06-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it357158Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Il vicesegretario del Pd Dario Franceschini dice di aver ben presenti i problemi: "Un clima di demoralizzazione fisiologico ma profondo, la necessità di una riflessione seria e non consolatoria sulla sconfitta per capirne le ragioni". <br />
Ma vede anche altro: "È ricominciato lo sport nazionale dei gruppi dirigenti del centrosinistra: logorare il leader. <br />
Questa disciplina va abolita. Veltroni ha ricevuto il mandato per costruire un partito e prepararsi a vincere le elezioni politiche come candidato premier.<br />
Solo un disonesto può pensare che il suo compito fosse invece quello di fare il Pd e conquistare Palazzo Chigi in appena tre mesi". <br /><br />
<b>Lei pronostica lunga vita al segretario, altri invece si chiedono quanto possa durare un uomo così accerchiato.</b><br />
"Penso, innanzitutto, che dobbiamo riflettere senza spiegazioni autoassolutorie sul voto del 13 aprile.<br />
La sconfitta è stata temperata da un nostro ottimo risultato in termini percentuali ed è positivo che un partito appena nato abbia superato, in tutta Italia, la somma dei partiti sciolti per dargli vita.<br />
Ma il dato più profondo è che i consensi raccolti da tutto il vecchio centrodestra e tutto il vecchio centrosinistra confermano che dal '94 in poi Berlusconi è sostanzialmente maggioranza nel Paese.<br />
Oggi, però, il divario è aumentato a loro favore. <br />
Quindi serve quello che abbiamo appena iniziato a fare: un ragionamento sui limiti del Pd, una registrata al nostro modo di stare all'opposizione per radicare il partito, per parlare a quel pezzo di Italia che ha apprezzato la novità del Pd ma questa volta non ci ha votato. <br />
Per realizzare questi obiettivi, lo capisce anche un bambino, non bastano i due mesi e dieci giorni trascorsi dal 13 aprile.<br />
Mi pare un po' presto per fare bilanci e chiedere svolte".<br />
<b>Quando si subisce una sconfitta pesante può succedere di passare la mano. Tornando a bomba: quanto dura Veltroni?</b><br />
"Questa domanda riflette la storia dell'Ulivo da quando è nato, più di dieci anni fa. <br />
Lo sport principale di gran parte dei gruppi dirigenti è stato quello di logorare il leader.<br />
Prodi vince nel '96 e subito si comincia a dire che non è adeguato, va a Palazzo Chigi D'Alema e un minuto dopo si pensa che è impossibile andare con lui alle successive elezioni, viene sostituito da Amato ma ci si mette a cercare un candidato alternativo, si candida Rutelli, che gestisce un'altra faticosa rimonta, ma dopo la sconfitta bisogna rimpiazzarlo, torna Prodi e si ricomincia daccapo".<br />
<b>È il turno di Veltroni.</b><br />
"Veltroni conduce tra gli applausi di tutti una campagna elettorale difficilissima, ma dopo il voto comincia il logoramento. <br />
Con una differenza profonda.<br />
Negli altri casi i leader erano i candidati di una coalizione alle politiche, in questo caso logorare Veltroni significa indebolire il partito che sta ancora nascendo.<br />
Mi chiedo: è davvero inevitabile questa specie di sport nazionale, non possiamo da questo punto di vista diventare più europei?". <br />
<b>Ma non è nei "paesi normali" che gli sconfitti si dimettono?</b><br />
"In Europa si lascia al leader il tempo di costruire il partito e di gestire il cammino per vincere le successive elezioni.<br />
Cameron in Gran Bretagna è da quattro anni a capo dei conservatori e li guida in vista del prossimo voto.<br />
Aznar è diventato numero uno del Pp spagnolo nel '89, ha perso nel '93 e ha vinto nel '96.<br />
La Merkel è stata eletta segretario della Cdu nel 2000 e ha conquistato la vittoria nel 2005. <br />
Zapatero è capo del Psoe dal 2000, ma è andato al governo nel 2004. Blair è diventato il leader laburista nel '94 e ha vinto nel '97.<br />
Questi dirigenti politici hanno chiesto e avuto degli anni per fare un lavoro profondo di cambiamento dei loro partiti senza perdere le giornate nelle tensioni e nelle beghe interne. <br />
Possiamo fare così anche noi? Anche perché è del tutto chiaro che il giorno in cui al posto di Veltroni ci fosse un altro, il gioco del logoramento ricomincerebbe daccapo". <br />
<b>Stupisce che il 30 per cento di italiani abbia votato un partito guidato da dirigenti tanto ingenerosi e rissosi.</b><br />
"Abbiamo fatto il Pd proprio per cambiare questa cultura.<br />
E in questo cambiamento si sono riconosciuti gli elettori delle primarie, quelli che hanno riempito le piazze durante la campagna elettorale e oggi ci chiedono di andare avanti.<br />
Certo, se aprono i giornali e vedono un partito avvitato su se stesso, hanno ragione a scoraggiarsi.<br />
Siamo a un bivio. Da una parte, si consolida una gestione collegiale del partito e si cerca di realizzare un dibattito aperto e franco, ma che concorre al rafforzamento della leadership e al radicamento del Pd.<br />
La strada opposta è quella di aspettare le Europee magari immaginando che con il 29,9 si perde e con il 30,1 si vince.<br />
Insomma, un percorso di guerra in cui tenere in costante litigiosa precarietà il partito e la leadership".<br />
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Ma davvero Veltroni può ricandidarsi alle prossime elezioni?</b> <br />
"Penso che questo sia il mandato che ha ricevuto.<br />
A meno che qualcuno, in modo disonesto, pensi che il suo compito fosse costruire il Pd e vincere contro il centrodestra in tre mesi e in quelle condizioni".<br />
<b>Il suo appello rischia di cadere nel vuoto. Non sarebbe il caso invece di prendere l'iniziativa, magari anticipando il congresso?</b> <br />
"Per carità, nessuno vuole sottrarsi. Avremo il congresso nazionale.<br />
Sarei un pazzo a dire che non si tocca niente per cinque anni. Anzi.<br />
Ma per mutare le cose serve profondità di analisi e tempo. <br />
Prendiamo il tema dell'opposizione. Cosa dovevamo fare: metterci a sbraitare subito contro il mostro Berlusconi?<br />
Sapevamo che sarebbero arrivate puntuali le occasioni per opporci. <br />
E vedrete che non ci manca né la forza né la voce per contrastare il Cavaliere".<br />
<b>
Parisi è netto.<br />
Dice che bisogna cambiare subito il leader, altrimenti la crisi trascinerà nel baratro l'intero Pd.</b> <br />
"E dov'è la notizia? Parisi fa così da 15 anni.<br />
Pensa che ogni momento positivo sia merito suo e ogni difficoltà sia figlia invece della tragica colpa di non aver seguito i suoi preziosi consigli.<br />
Parisi approva, Parisi collabora: quella sarebbe stata la novità da titolo".
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=IHRW3">La Repubblica - Goffredo De Marchis</a>Marco PANNELLA: "Domanda e Risposta." - Intervista2008-05-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it355403Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: ALDE) <br/><br/><br />
<b>Mette le mani avanti, Marco Pannella «io non ho proprio fatto niente» ben sapendo che un'immediata scossa la garibaldina "Assemblea dei Mille", convocata con il liberal-socialista Mauro Del Bue (dal 2 al 4 maggio a Chianciano) prima della "Waterloo" elettorale del 13 e 14 e del 27 e 28 aprile, l’ha già prodotta: Massimo D'Alema ha bollato la scelta del Pd di andare "da soli" al voto "un errore" e anche per il futuro «con il 33 o il 37% non si va da nessuna parte».</b><br />
Ma se D'Alema queste cose le avesse dette otto mesi fa, ci saremmo risparmiati la sconfitta che è figlia dell'inadeguatezza del Pd.<br />
<b>E forse ci sarebbe ancora il governo di Romano Prodi.</b><br />
I novisti del Pd avevano fretta di andare al voto come avevano fretta i reazionari, gli sfascisti di Berlusconi: e noi lì a difendere Prodi come gli ultimi giapponesi.<br />
<b>
E da ultimi giapponesi siete stati anche con Rutelli, lo farete con Valter Veltroni messo sotto accusa da D'Alema e Bersani?</b><br />
L'abbiamo gia fatto: i rapporti col Pd ora sono solidi e di collaborazione, ciascuno nella sua autonomia. Per me la leadership di Walter non è in discussione perché questo non interessa. A Rutelli è mancato quel 5% di Antonio Di Pietro: antropologicamente gli elettori dell'Idv sono più vicini al giustizialismo di Alemanno. <br />
Oggi mi interessa aiutare i liberali, i radicali, i socialisti, i laici chestanno nel Pdl, nella maggioranza berlusconiana, per portare avanti la rivoluzione liberale.<br />
<b>
Gianfranco Fini presidente delta Camera, Gianni Alemanno sindaco di Roma, per non dire dei fucili di Bossi: c'e una brutta aria in giro, c'e da aver paura?</b> <br />
Ne ho cosi tanta di paura che me ne sto sotto le coperte, sto tremando tutto: è Berlusconi il grosso problema, il vero problema storico del nostro Paese, ecco perché bisogna aiutare, dar una mano a tutti i laici, i liberali, i socialisti, i radicali, che stanno di là.<br />
<b>
A sinistra si è ipotizzata una Epinay italiana per poter rifare un nuovo centrosinistra. E per il Mitterand italiano le speranze sono riposte su Fausto Bertinotti e lo stesso D'Alema.</b><br />
Tante cose mi uniscono a Fausto: il progetto della Sinistra europea; la non-violenza, lo Stato di diritto, l'umanità femminile, la laicità... <br />
Però la struttura dell'Epinay italiana c'è già ed è la galassia radicale dove c'è spazio per tutti: e c'è la Rosa nel pugno che Mitterand mi regalò. <br />
Fausto ancora lo aspetto dopo averlo invitato a Chianciano, io non dispero, ma la cosa più importante è portare avanti la rivoluzione liberale. <br />
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Eppure dopo l'intervento di Cesare Salvi a Chianciano è circolata l'ipotesi di una tua avance a costruire quel nuovo soggetto politico della sinistra...</b><br />
I Radicali ci sono da 54 anni e continuano a vivere nonostante tanti li vorrebbero morti: per l'alternativa a Berlusconi si deve prima elaborare un programma chiaro con idee nuove per poi fare le aggregazioni: la Sa ha perso perché non c'era la politica, perché la battaglia vera non l'ha fatta con quella naturale durezza secondo la migliore tradizione: meglio un reazionario (Berlusconi) o un socialdemocratico (Veltroni)?<br />
A capo naturalmente del governo o di una grande metropoli.
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<br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/view.php?id=122072">Left - Carlo Patrignani</a>VALTER VELTRONI: PD: VELTRONI DA MILANO APRE ALL'UDC2008-04-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331945Prima riunione dei segretari regionali di tutto il partito a Milano per il Pd di Walter Veltroni. Ad una settimana dal voto davanti allo stato maggiore del partito il numero uno serra i ranghi e prepara l'opposizione partendo anche da quelli che potrebbero essere 'utili' alleati in Parlamento. E lo fa, aprendo ai centristi. "Partiamo da una grande forza che se fara' opposizione in maniera intelligente, se costruira' i rapporti con altre forze, e penso all'Udc, ci sara' la possibilita' di far ripartire la sfida riformista", dice Walter Veltroni. La riunione e' servita a Veltroni anche per lanciare l'idea di un Partito Democratico che sia strutturato in un coordinamento del Nord ed uno del Sud. Quanto al tema sicurezza, coglie l'occasione per lanciare un affondo al primo cittadino della citta' meneghina, dopo che la stessa aveva espresso critiche su questo terreno. "Mi ha colpito la mancanza di stile del sindaco Moratti. Sulla sicurezza abbiamo fatto grandi passi avanti. Il partito della Moratti - ha ricordato Veltroni - ha votato a favore dell'indulto e ha dato l'autorizzazione a centinaia di persone di entrare nel nostro Paese senza alcun controllo". La polemica innescata da due recenti episodi di violenza sessuale fanno dire a Veltroni: "Non capisco perche' se un caso di violenza sessuale avviene a Roma e' colpa dell'amministrazione locale mentre se avviene in qualsiasi altra citta' e' colpa del Governo". Per il numero uno del Pd molte responsabilita' vanno individuate proprio nella legge Bossi-Fini. E il vero problema e' quello di "riuscire a garantire l'accoglienza e la legalita'". Veltroni si dice colpito da questo uso politico di 'brutti' fatti di cronaca, nei quali alla fine "nessuno piu' parla delle donne violentate.
Si sta attenuando l'attenzione". (AGI) - Roma, 21 apr. - <br/>fonte: <a href="http://www.agi.it/politica/notizie/200804211926-pol-rt11247-art.html">Agi.it</a>Flavio TOSI: I cinque parlamentari leghisti di Verona2008-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331894Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Verona (Lista di elezione: Lega) - Sindaco Comune Verona (VR) (Partito: Lega) - Consigliere Consiglio Comunale Verona (VR)- Consigliere Consiglio Comunale Verona (VR) (Lista di elezione: Lega) <br/><br/>Le mie dichiarazioni sugli obiettivi principali dell’azione parlamentare dei 5 parlamentari veronesi della Lega non erano – né volevano essere – un’indicazione di isolamento rispetto agli altri parlamentari del centrodestra: erano solo una risposta a una specifica domanda di un giornalista sui parlamentari del mio partito. Dovrebbe essere chiaro ed evidente a tutti che, come sindaco di Verona, continuerò, come ho fatto in passato, a chiedere – e offrire – collaborazione a tutti i parlamentari veronesi e veneti, del Pdl o anche del Pd, nel superiore interesse della città. Concordo pienamente, infine, con quanto ha detto all’Ansa l’on. Alberto Giorgetti: a Verona non abbiamo bisogno di polemiche<br/>fonte: <a href="http://www.larena.it">L'Arena</a>Alberto GIORGETTI: Tosi parli a tutti gli eletti a Roma2008-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331893Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: AN) <br/><br/>Botta e risposta fra il sindaco Flavio Tosi e il coordinatore regionale di An, Alberto Giorgetti, sugli impegni della nuova squadra dei neoletti parlamentari della Lega. «Voglio credere», precisa il deputato di An, «che quanto annunciato da Tosi si riferisca ad un progetto di lavoro di squadra di parlamentari eletti con la coalizione del Pdl cui, seppure in forma diversa, ha partecipato e partecipa la Lega Nord. Non credo», continua, «che per gli impegni politici che attendono gli eletti veronesi alla Camera ed al Senato per il centrodestra si possa fare una distinzione tra leghisti e esponenti Pdl. Credo anche che, in una logica realmente strategica per il bene di Verona dovrebbero essere coinvolti tutti i parlamentari, anche quelli di opposizione».<br/>fonte: <a href="http://www.larena.it">L'Arena</a>Francesco GIORDANO: Intervento di Franco Giordano2008-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331847Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) <br/><br/>
<p>Penso che le cause principali della disfatta elettorale possano essere ricondotte a tre principali categorie: la prima, quella prevalente, di natura soggettiva e le altre due di natura oggettiva.
<p>La causa soggettiva sta nel fatto che l’alternativa di società che abbiamo evocato non è stata realizzata nel concreto, non è stata vissuta. Ciò è accaduto anche a causa dei tempi ristrettissimi in cui abbiamo costruito la Sinistra l’Arcobaleno e per l’incapacità di comunicare il nostro progetto politico.
<p>La prima delle due cause oggettive, invece, è l’americanizzazione dilagante della società, con la conseguente rimozione del conflitto sociale e la spettacolarizzazione della politica che hanno fatto emergere con forza la spinta “truffaldina” al voto utile.
<p>La seconda ragione oggettiva sta nello scarto che si è avuto fra le aspettative del nostro popolo e la reale efficacia nell’azione di governo, la capacità di incidere nelle scelte concrete: le nostre domande di cambiamento hanno incontrato fortissime resistenze provenienti, non solo da Dini e Mastella, ma dall’interno dello stesso PD.
<p>Ora, tutti insieme, dobbiamo ricostruire la sinistra in Italia: un soggetto politico radicato nel territorio, che investa sui movimenti e sulle comunità solidali, diverse da quelle proposte dalla Lega Nord, che promuova i conflitti e si riconnetta sentimentalmente con il suo popolo.
<p>Le chiacchiere sullo scioglimento del partito sono infondate, ma resta fondamentale l’unificazione della sinistra, non tanto dei partiti, quanto della vasta galassia di movimenti, associazioni, individui che costituiscono il corpo vivo della sinistra in Italia.<br/>fonte: <a href="http://www.franco-giordano.it">www.franco-giordano.it</a>Francesco GIORDANO: Intervista a Franco Giordano2008-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331846Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) <br/><br/>
<p>Franco Giordano, lo so che è difficile: ma ti chiedo per primo il significato delle tue dimissioni annunciate da segretario. E so che questo te lo rende ancor più difficile, ma non ti chiedo ora il significato emotivo, ti chiedo quello politico delle tue dimissioni, insieme a quelle dell’intera segreteria.
<p>A me pare evidente e direi scontato che dobbiamo disporci con umiltà ad un’assunzione collettiva di responsabilità. E’ quel che appunto proporrò. E, come pure s’è letto su qualche giornale, l’avrei fatto anche solo individualmente, su me stesso intendo. Ma sento fortissima, ora, la necessità persino vitale della responsabilità collettiva - che, ovviamente, metteremo al vaglio della discussione della nostra organizzazione. E questa responsabilità significa dare immediatamente la parola alle compagne e ai compagni di tutto il partito, che giustamente se la vogliono prendere: dargliela in maniera dirimente. Nella forma dovuta, che è quella del congresso: un passaggio che adesso è urgente, non più rinviabile.
<p>Al congresso subito, dunque, come atto di responsabilità: un congresso sulle responsabilità?
<p>E’ bene istruire subito questa discussione. E da parte mia intendo, con un gesto del tutto unilaterale, evitare ogni forma di personalizzazione; che ridurebbe la discussione stessa a mera futilità, nella nostra situazione. Questo gesto, credo, può invece facilitare una discussione reale su quello che è drammaticamente accaduto. L’esatto contrario d’una reticenza rispetto alle responsabilità: all’opposto, significa provare tutti insieme a discutere per reagire. L’anticipazione del congresso che ho già proposto nella segreteria di martedì e che riproporrò al Comitato politico nazionale è l’apertura di questa discussione.
<p>Ma è una discussione che interessa solo il Prc?
<p>Io sento che insieme sia utile aprire una discussione grande e pubblica: che possa trovare le sue sedi e i suoi spazi, estesa a tutte e tutti coloro che oggi si interrogano nelle forme più critiche sulla catastrofe. Dare insomma parola e ascolto a coloro che si sentono di sinistra, sulla nostra sconfitta. E’ un confronto da aprire già in queste ore, per lanciare una ricostruzione.
<p>Segretario, provo a interpretare uno sguardo esterno: non è che sia molto chiara la natura del contendere nella discussione del gruppo dirigente di Rifondazione… Il tema è quello della possibilità o meno di sciogliere il partito?
<p>In queste ore vedo che si brandisce il tema dello scioglimento del partito con una disinvoltura tale da autorizzare l’impressione che così si miri solo ad occupare postazioni congressuali ritenute più vantaggiose. Io non ho mai pensato allo scioglimento del Prc e sfido chiunque a trovare traccia del contrario. Il tema da proporre oggi proprio non è questo: anzi mi piacerebbe provare - questo credo sia l’impegno collettivo - a valorizzare una comunità e una storia, che sono le nostre, quelle di Rifondazione comunista. Ma qual è questa storia? Non certo la sua caricatura! La storia e la forza della nostra comunità sono state e sono nell’innovazione politico-culturale, in un percorso di apertura. Questa è Rifondazione comunista. E’ un progetto di permanente relazione con i movimenti e le soggettività del campo della sinistra. E dunque questo significa valorizzare la nostra storia: valorizzare l’innovazione, culturale e politica di questi ultimi 15 anni. E, perciò, significa anche tenere aperta la strada della costruzione della nuova soggettività a sinistra.
<p>Cioè, stai dicendo che non si dà futuro del Prc senza futuro di questa “nuova soggettività”? Che le due cose non sono in opposizione?
<p>Sì, dico che le due cose stanno insieme.
<p>Così, però, ti confesso che la temperie del dibattito interno risulta ancora più oscura: se non è uno scontro sullo scioglimento, cos’è allora? C’è dissidio, anche in quella che era la maggioranza, sulla valutazione del peso dell’esperienza di governo sulla frana elettorale?
<p>Io vedo, intanto, due ragioni della sconfitta che potremmo definire “oggettive” e una terza che è soggettiva, che dipende cioè dalla nostra responsabilità e che, secondo me, le sovrasta. Su quest’ultima non può esserci alcuna reticenza. Comincio dalle ragioni “oggettive”: la prima è che in queste elezioni si è impresso il segno di un’americanizzazione della società italiana, che recava tra i tanti aspetti l’auspicio della rimozione del conflitto sociale, la spettacolarizzazione della politica, la divaricazione fra una politica autoreferenziale e le dinamiche sociali. E nel pieno di questo scontro elettorale è venuto l’utilizzo truffaldino, cinico e disonesto del “voto utile”. La distanza con le destre era incolmabile, irrimediabile, il Pd ne era cosciente: ha dunque giocato la carta della nostra distruzione solo per raggiungere una soglia minima, sotto la quale sarebbe entrato immediatamente in discussione l’intero suo progetto.
<p>E l’altra ragione “oggettiva” del disastro?
<p>E’ che, accanto al voto utile, ha pesato la percezione netta e fondata d’uno scarto tra le aspettative di cambiamento di cui c’eravamo fatti portatori e i risultati concreti dell’azione di governo. Lo dico indipendentemente dal lavoro svolto dalle compagne e dai compagni che avevamo impegnato nell’attività dell’esecutivo, lavoro che ritengo positivo nelle condizioni date. Ma faccio tre esempi per me illuminanti, tre grandi manifestazioni: Vicenza contro la base Usa, il Pride e la più grande manifestazione degli ultimi tre lustri contro la precarietà, il 20 ottobre scorso. A diversi livelli, ne siamo stati stati fra i protagonisti: ma nell’azione di governo abbiamo incontrato un muro di impermeabilità sui temi che queste manifestazioni sollevavano. Tutto ciò ha prodotto disincanto, disaffezione, passività, astensionismo. E c’è da aggiungere che, su quelle domande di cambiamento, abbiamo trovato le più potenti resistenze, di soggetti forti cioè, non da parte di Dini o Mastella ma da parte del Pd. Per questo la ricostruzione del campo della sinistra non può che avvenire dentro un orizzonte strategico distinto da quello del Pd.
<p>Scusa, ma in quella strettoia dell’esperienza governativa non c’è una responsabilità soggettiva? Qual è quella cui alludevi?
<p>E’ che quegli elementi oggettivi, americanizzazione e voto utile per un verso e delusione delle aspettative sulla nostra presenza al governo per l’altro, si sono trovati al cospetto di un nostro ormai palese sradicamento sociale e territoriale. E questo si è miscelato con il fatto che un orizzonte di alternativa di società, per essere credibile, non può essere semplicemente evocato, dev’essere vissuto. Le modalità concrete con cui abbiamo dovuto in fretta e furia costruire la Sinistra Arcobaleno ci hanno impedito di lavorare su questi due terreni. Ma il radicamento è un nostro problema antico, divenuto sempre più acuto. Voglio qui pubblicamente ringraziare la generosità, la passione e l’intelligenza politica di Fausto Bertinotti, che ha provato in maniera del tutto disinteressata a supplire a questa nostra difficoltà con la sua candidatura per la Sinistra, provando a riempire il vuoto con la sua forza culturale e progettuale. Per questo ho trovato ingenerose e sgradevoli umanamente, prima ancora che politicamente, certe critiche personalizzate di questi giorni.
<p>Registrato: ma lo sradicamento del soggetto-partitico, che tu indichi come responsabilità soggettiva, non ne pone in causa in causa la consistenza stessa? E una concezione della politica?
<p>Guarda, queste nostre difficoltà hanno fatto dire a Nichi - intendo Vendola - che siamo stati percepiti come un residuo. Lo penso anch’io: è come se il vento dell’americanizzazione, del voto utile e del disincanto abbia travolto uno scafo già troppo fragile. Da qui dobbiamo ripartire. Il territorio e i luoghi di lavoro sono i terreni su cui provare a ricostruire.
<p>Sì, ma come? E in cosa diversamente da prima?
<p>Io continuo a vedere una crisi della globalizzazione, che è economica e finanziaria e che si spinge sino alle fonti energetiche. Viene da dire perciò che avevano proprio ragione i ragazzi “no global”. Dunque, una ricostruzione nostra e della sinistra si dà in un’idea di alternativa a questo modello in crisi: ma essa può nascere solo da una ricostruzione di soggettività. Il punto è: quali sono i soggetti su cui fare leva? Penso che dobbiamo battere su tre tasti: la ripresa in forme nuove del conflitto sociale, non relegandone la promozione alla titolarità sindacale ma assumendola politicamente; l’investimento da rinnovare sui movimenti; e l’investimento su quelle comunità, anche produttive, che hanno riscoperto il legame sociale e che resistono al processo di globalizzazione in una chiave rovesciata rispetto alle culture leghiste.
<p>Un corpo a corpo con legame sociale, territorio e comunità su cui insiste Marco Revelli quando richiama lo specchio rovesciato del successo della Lega…
<p>Ha ragione. La Lega, in una dialettica contrappositiva territorio-centro, ha recuperato come in un prisma i valori più diversi, costruendo però radici e configurando sulle paure nemici e bandiere sostitutivi del conflitto verticale: i migranti, lo scontro territoriale, l’egoismo fiscale. Noi invece nella dimensione territoriale dobbiamo riscoprire un’idea organizzativa mutualistica: il fare società di cui parla Marco, in grado di affrontare concrete risposte ai bisogni e di riorientare culturalmente. Verrebbe da dire con Lukacs: l’essere sociale e la coscienza, oggi così profondamente scissi e separati.
<p>Detto tutto ciò resta problematico capire il “quid” della tensione interna, che non sia il macigno collettivo della sconfitta. Le divergenze sono forse sul futuro di una “soggettività” unitaria a sinistra?
<p>Potrei dirti a questo punto che non so, non chiedere a me… Per conto mio, quel futuro l’immagino così: necessario, indispensabile e decisivo. La precipitazione che ci consegna in Italia questo voto, di cui sento così acuta la responsabilità, è che non c’è nessuno che rappresenti il conflitto, nella rappresentanza. E’ evidente che si spalanca come questione strategica quella della costruzione d’una sinistra in grado di affrontare questa situazione. Partendo, credo io, dal fatto che l’ipotesi federativa sperimentata con la Sinistra Arcobaleno si è rivelata impraticabile, dispendiosa di energie senza risultati concreti e perdente. Coloro che da sempre l’hanno sostenuta, come il Pdci, sono ora i primi a sfilarsi e avanzano una proposta di “costituente comunista” che per noi è una forma di regressione assolutamente improponibile: perché cancellerebbe esattamente la storia del Prc, la sua peculiarità, la sua diversità. Ma, ugualmente, non possiamo fermare la nostra elaborazione dentro l’alveo novecentesco, con il tema del “partito unico”. La sfida è sulla democrazia, sulla partecipazione e sull’innovazione. In questo senso è fortissimo il bisogno di una costituente: uno spazio pubblico in cui tutte e tutti possano intervenire, pesare e decidere.
<p>In ultimo, Franco: tu, personalmente, come ti senti adesso?
<p>Sento tutto il dolore di questi giorni. E sento anche la difficoltà a poter esternare il mio. Perché sento fortissima una grande responsabilità. La politica è fatta anche di sentimenti, di passioni; non solo di fredda, calcolatrice razionalità. E dentro tanto sgomento vedo pure tanta voglia di ricostruire e riprogettare il futuro. Tanta passione vera, appunto. Questa sconfitta peserà come un macigno nel cuore e nella testa di tante e tanti compagni. Bisogna aiutarci tutti a tenerci per mano e a tracciare collettivamente, con umiltà, con disponibilità all’ascolto, una strada. Non ci sono scorciatoie, solo passaggi decisivi. Bisogna riprovarci. Sapendo che nemmeno c’è tempo per inerzie, o calcoli personali.
<p>Intervista di Anubi D’Avossa Lussurgiu su Liberazione del 18 aprile 2008<br/>fonte: <a href="http://www.liberazione.it">Liberazione</a>Elettra DEIANA: Dopo il disastro elettorale l’unica strada è cercare di capire2008-04-18T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331845Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) <br/><br/>
<p>“Punto e a capo”, così il quotidiano Liberazione apriva la prima pagina martedì 15 aprile, all’indomani del terremoto elettorale che ha cancellato senza appello l’intero gruppo della Sinistra Arcobaleno dalle aule del Parlamento italiano. Prc/Se, Pdci, Verdi e Sinistra democratica non hanno più voce né alla Camera né al Senato e non l’avranno per chissà quanto tempo ancora, perché la nuova stagione politica inaugurata dalla vittoria di Berlusconi si annuncia lunga e i progetti di revisione del sistema elettorale, tutti ispirati a criteri molto restrittivi per le minoranze, non promettono ovviamente nulla di buono.
Punto e a capo, allora? Per forza, ma sarà durissima.
La prima cosa che bisognava fare subito alla vista di quei dati, e bisogna comunque fare con determinazione, è fermarsi per cercare di capire. Da dove viene quell’esito devastante che ha ridotto al 3% un bacino di consenso che soltanto due anni fa si aggirava complessivamente interno al 12%? Non ci può essere nessun punto e a capo senza un duro esercizio di analisi e comprensione della realtà che si è sbriciolata sotto i nostri piedi e senza una messa a punto di che cosa sia cambiato negli assetti politico-istituzionali del Paese e come questo sia potuto avvenire. Che senso ha in questo momento invocare un’accelerazione del progetto di costruzione della Sinistra mentre dobbiamo raccogliere i cocci del primo esperimento e capire dove si va, dopo un simile disastro? L’impazienza, dice il filosofo, “pretende l’impossibile, cioè il raggiungimento della meta senza mezzi”. In politica questo significa l’anticamera del suicidio.
<p>Con i risultati delle elezioni del 13 e 14 aprile, il Parlamento italiano ha subito una micidiale accelerazione nel processo di svuotamento del suo ruolo di rappresentanza della sovranità popolare. L’imposizione violenta, mentre è in vigore una Costituzione di tutt’altro segno, di un sistema bipolare/bipartico ne mortifica profondamente la natura e la funzione. Un golpe bianco? Buonista e soft, intessuto di buoni propositi e accattivanti pensierini di gestione bipartisan “per il bene e la tranquillità del Paese”? Di sicuro una metamorfosi mediaticamente veicolata attraverso la martellante e violenta campagna bipartisan sul voto utile e sull’inutilità fastidiosa delle forze minori. E’ dovuto intervenire il Presidente della Repubblica per ricordare il diritto costituzionale al libero esercizio del voto. La Costituzione? La coppia diabolica ha continuato fino all’ultimo respiro nell’esecrazione di ogni voto che non fosse Pdl o Pd.
Il risultato è un colpo durissimo alla democrazia parlamentare del nostro Paese, con un’amputazione della rappresentanza che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana e che ci porrà problemi complicatissimi di sopravvivenza e di credibilità politica.
La Sinistra L’arcobaleno, cartello elettorale costruito in fretta e furia, senza nessun reale coinvolgimento né del corpo dei partiti promotori né delle aree di riferimento né del mondo – quanto veramente vasto? – che spinge per la formazione di un soggetto di sinistra unitario, non ha retto alla prova. Poteva? Sarebbe stata necessaria su questo un’analisi ex ante da parte dei gruppi dirigenti. O la mia è un’idea un po’ vecchiotta, mentre sono in auge le sirene dei nostrani scimmiottamenti dell’americano “Yes, we can”? Sta di fatto che la Sinistra L’Arcobaleno è apparsa un oggetto misterioso, senza storia radicamento fascino, senza capacità di suscitare interesse. La questione del simbolo è solo un aspetto ma anch’essa, per chi fa politica, dovrebbe essere considerata con più attenzione.
Un bilancio – ma autentico - della campagna elettorale è una delle condizioni indispensabili per il famoso “punto e a capo”.
Il governo Prodi. Berlusconi ha vinto grazie ai risultati di quel governo. Veltroni ha cambiato la geografia del centro-sinistra, il sistema politico, il target del Parlamento seppellendo premier e programma dell’Unione. Noi ne abbiamo subito fino alla morte le conseguenze.
Punto e a capo. Va bene. Il nuovo soggetto di Sinistra. Va bene. Ne sono convinta. A patto che non passi tutto questo attraverso il nostro suicidio politico.<br/>fonte: <a href="http://www.elettradeiana.it">www.elettradeiana.it</a>Fausto BERTINOTTI: SALUTA DIPENDENTI, GRAZIE A TUTTI.2008-04-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331809Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) - Pres. Camera (Lista di elezione: PRC) <br/><br/><br />
Roma, 16 apr. - <b>Fausto Bertinotti ha salutato i dipendenti della Camera in una breve cerimonia consumata nella sala della Lupa di Montecitorio.</b><br />
Il presidente uscente ha voluto ringraziare tutto il personale per i quasi due anni di lavoro comune e per la collaborazione.<br />
Nel corso della cerimonia ha preso la parola anche il segretario generale della Camera, Ugo Zampetti, che a sua volta ha rivolto un saluto e un ringraziamento a Bertinotti ricordando, pero', che la collaborazione con il presidente uscente non si esaurira' il prossimo 28 aprile, ultimo giorno di questa legislatura.
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<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=1.0.2079964074">Adnkronos</a>Silvio BERLUSCONI: ''Saranno necessarie misure impopolari''2008-04-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331808Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: FI) - Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: FI) <br/><br/><br />
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Il Cavaliere illustra le linee guida del governo al termine del vertice del centrodestra convocato a palazzo Grazioli per definire la squadra di governo: ''Credo di essermi spinto troppo avanti nell'indicazione di qualche nome, i ministri li nomina il capo dello Stato''. Fini: ''No a logiche di partito''. Bossi: ''Il federalismo si farà'' <br /><br />
<b>La situazione è dura e il governo che verrà dovrà adottare misure impopolari. Silvio Berlusconi mette le mani avanti e al termine del vertice del centrodestra convocato per definire la squadra che salirà a Palazzo Chigi spiega che sarà necessario il "taglio degli enti, dei privilegi e delle spese inutili nella Pubblica amministrazione".</b> <br />
Escluso da Berlusconi il "modello Sarkozy" (ovvero l'ingresso nel governo anche di rappresentanti dell'opposizione) per il suo esecutivo. <br />
"Non c'è un 'modello Sarkozy'. C'è il modello che abbiamo fatto prima noi indicando personalità, per esempio Giuliano Amato, ad importanti incarichi internazionali" , ha sottolineato il futuro premier ricordando inoltre l'ok al ruolo di Amato alla Convenzione europea. <br />
"Non avremo nessuna difficoltà, per il bene del Paese, ad avere con noi" personalità di questo genere.
Quanto all'elenco dei ministri fa un passo indietro:<b> ''Credo di essermi spinto troppo avanti nell'indicazione di qualche nome che avremo come ministro.</b><br />
La Costituzione prevede che sia il capo dello Stato a nominare i ministri del governo su proposta del presidente del Consiglio. <b>Io non sono ancora presidente del Consiglio e rispetto ciò che la Costituzione riserva alla prima carica della Repubblica''.</b> <br />
Il Cavaliere ha comunque ribadito l'intenzione ''di mettere in campo una squadra operativa''. Quindi si è detto favorevole all'ipotesi che coloro che ricopriranno incarichi di governo nel suo prossimo esecutivo si dimettano da senatore o da deputato. "Ci sono diverse opportunità a questo riguardo - ha sottolineato - per permettere ad alcuni candidati che non sono stati eletti" di entrare in Parlamento.<br />
Ma per il leader del Pdl questa non sarà "un'imposizione tassativa, ma il suggerimento di una possibilità per chi fa parte del governo in modo da dare anche ad altri la possibilità di entrare".
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Il numero due della coalizione uscita vincitrice dalle elezioni, Gianfranco Fini ha assicurato dal canto su "che non ci sarà alcuna difficoltà nella composizione della squadra di governo, che avrà al massimo 60 componenti".
<br />
<b>Quindi Fini ha ricordato che</b> "è diritto dovere del presidente del Consiglio indicare i ministri più idonei per esperienza e professionalità" e ha aggiunto che "da parte nostra non c'è alcuna richiesta" in quanto partito, perché "abbiamo fatto il Pdl anche per superare la logica di partito, e perché per noi gli interessi generali sono un obiettivo prioritario".<br />
Il leader della Lega <b>Umberto Bossi conferma</b> che "le riforme le faremo, il popolo ci ha mandato qui per questo,
<b>il federalismo verrà fatto".</b><br />
E a confermarlo, illustrando le linee programmatiche del nascituro esecutivo, è stato anche Silvio Berlusconi: "Cercheremo di essere capaci di spiegare a tutti i cittadini i vantaggi di un federalismo solidale" che preveda anche "una fiscalità compensativa". <br />
Restando all'economia, il futuro premier, dopo aver affermato che questo esecutivo sarà costretto a prendere provvedimenti impopolari, ha sottolineato che la Bce "oggi è soltanto dedita al mantenimento dell'inflazione mentre dovremo ampliare queste funzioni". <br />
Quanto alla politica estera, il leader del Pdl ha confermato "l'attenzione alla situazione libanese e all'importanza che per noi ha il rafforzamento della democrazia in quel Paese" annunciando una revisione delle ''attuali regole di ingaggio" dei militari impegnati nel Paese giudicate inadeguate per svolgere la funzione di "bastione tra le fazioni contrapposte".<br />
Quanto ai rapporti con la Russia considerato da Berlusconi uno degli interlocutori internazionali privilegiati, "domani Putin sarà da me alle 15", ha ricordato sottolineando che "l'Occidente è uno solo e deve ricomprendere anche la Russia: opereremo in questa direzione alla luce anche dell'esperienza che abbiamo accumulato in questi anni". <br />
<b>Su Alitalia Berlusconi ha poi assicurato che c'è la possibilità "di</b> tornare alla primitiva soluzione che credevo si discutesse: la formazione di un grande gruppo internazionale con pari dignità tra le tre compagnie": Air France, Klm e Alitalia. <br />
"Se si andasse in quella direzione - aggiunge il Cavaliere - la compagnia di bandiera resta compagnia di bandiera". Poi il leader del Pdl rende noto uno slogan coniato "questa mattina: 'io amo l'Italia, io volo Alitalia'". <br />
Quanto ai rapporti con il governo in carica per approfondire le questioni legate ad Alitalia, "con Palazzo Chigi - spiega Berlusconi - è chiaro che si dovrà interloquire sulla situazione economica. <br />
<b>Credo che saremo interlocutori necessari".</b> Nel frattempo il Cavaliere annuncia che ci saranno incontri con chi si occupa del dossier per conto del centrodestra, vale a dire "Bruno Ermolli e tutti coloro che si occupano della questione".
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<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=1.0.2079375029">Adnkronos</a>ANDREA FERRAZZI: Il PD ha bisogno di scelte precise.2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331819Alla data della dichiarazione: Vicepres. Provincia Venezia (Partito: DL) - Assessore Provincia Venezia<br/><br/><br />
La scelta del Partito Democratico di presentarsi da solo alle elezioni è un investimento per il medio lungo termine.<br />
Nessun infatti poteva pensare che senza i Mastella e i Dini da una parte e i Verdi, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Socialisti dall’altra si potesse vincere. <br />
D’altro canto, dati alla mano, si sarebbe perso anche presentandosi con il vecchio schema. Al Governo Berlusconi vanno fatti gli auguri perché possa governare al meglio nell’interesse del nostro Paese. Il PD è un investimento dunque, ma che darà frutto se saprà compiere alcune scelte precise. Va superata infatti, e molto velocemente, la stagione delle cooptazioni da copertina e vanno valorizzate con forza quelle donne e quegli uomini che sono radicate e apprezzate nel territorio. <br />
Ci vuole finalmente il coraggio di aprire definitivamente ai giovani come ha saputo fare in modo significativo la Lega in Veneto. Queste persone vanno poi valutate nel merito, per il riconoscimento oggettivo di ciò che hanno fatto e per il consenso che hanno attorno a sè. <br />
Il PD deve infatti oggi costruire un rapporto di fiduciosa e fattiva appartenenza con i propri elettori. Per fare questo dovrà essere luogo di confronto dialettico, di appassionata e schietta ricerca comune di risposte efficaci alle questioni più urgenti e importanti. Dovrà inoltre essere a sua volta strumento di formazione di una classe dirigenti che respiri e cresca nel e con il territorio. <br />
Va perciò superata rapidamente l’idea di un partito centralistico/verticista e ancor più quella di un comitato elettorale e va invece fatto vivere e crescere. Un dato che emerge da una prima sommaria lettura dei dati, da verificare seriamente con l’analisi dei flussi, è stata la difficoltà di far breccia al centro e in particolare nell’elettorato cattolico, elettorato imprescindibile per chi voglia vincere e governare.<br />
Qui va compiuto uno sforzo particolare: va salvaguardata cioè la realtà di un PD che sia innervato da culture politiche diverse che insieme, in una proficua sintesi innovativa ribalti l’idea del già visto. <br />
Questa è la sfida culturale più importante e anche più affascinante, che può portare il PD ad essere significativo anche in Veneto e non solo strumento che pesca alla propria sinistra. <br />
Vi è poi tutta la questione relativa al programma. Qui sottolineo solo una cosa: il federalismo e dunque quello fiscale è questione troppo seria e improcrastinabile per non ritenerla prioritaria. <br />
Ciò non è in contrapposizione con il tema della solidarietà ma è il miglior modo di rispondere adeguatamente anche alle esigenze del sud del nostro Paese.
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<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=274">partitodemocraticoveneto.org</a>Paolo GIARETTA: «PD, primo partito in tutti i capoluoghi veneti» - Intervista2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331818Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: L' Ulivo) <br/><br/><br />
<b>Sen. Giaretta, la maratona elettorale è finita...</b><br />
«Il mio primo pensiero va a tutti i nostri elettori e ai nostri militanti e dirigenti che in ogni Comune del veneto hanno combattuto una buona battaglia. A loro va il mio forte e caloroso ringraziamento. Il partito nuovo ha dimostrato di esserci. E con i suoi quadri profondamente rinnovati è una forza reale che ci consentirà di affrontare le prossime sfide.»<br />
<b>Quale lettura dare del voto veneto?</b> <br />
« È un voto che va profondamente analizzato e interpretato perché si tratta di un vero e proprio sommovimento elettorale. Il dato politico - è inutile girarci attorno - è l’enorme avanzata della Lega Nord, che provoca un crollo del Popolo delle Libertà, rispetto alle precedenti elezioni, di 10,6 punti percentuali in meno alla Camera e 7,8 punti in meno al Senato: una cosa spaventosa. Ne deriva che è destinato ad aggravarsi in Regione Veneto l’aspro conflitto tra Lega, Alleanza Nazionale e Forza Italia che ha caratterizzato gli ultimi mesi.»<br />
<b>Il risultato del Partito Democratico è soddisfacente?</b><br />
«Il nostro risultato è buono. Il PD in Veneto, insieme all’Italia dei Valori, i quali, lo ricordo, costituiranno un gruppo unico alla Camera e al Senato, passa dal 2006 a oggi al Senato da 26,3% a 31,6% e alla Camera da 28,9% a 30,8%. Il PD da solo, al Senato, recupera 3,8 punti, passando dal 23,4% del 2006 al 27,2%.<br />
Alla Camera invece manteniamo il risultato del 2006. In tutti i capoluoghi di provincia il PD è il primo partito, mentre a livello regionale è il secondo. Si conferma dunque una realtà popolare e ben radicata».<br />
<b>Quanti sono gli eletti del PD?</b><br />
«L’effetto della mancata presenza della Sinistra L’Arcobaleno ci porta ad avere, fuori da ogni previsione, due deputati in più rispetto al 2006, uno per circoscrizione.<br />
Gli eletti alla Camera nella circoscrizione Veneto 1 sono dunque: Massimo Calearo, Alessandro Naccarato, Margherita Miotto, Federica Mogherini, Giampaolo Fogliardi, Gian Piero Dal Moro, Federico Testa e Daniela Sbrollini.<br />
I deputati che andranno a Roma a rappresentare la circoscrizione Veneto 2, posto che Rosy Bindi opterà per il seggio in Toscana, saranno: Andrea Martella, Pier Paolo Baretta, Simonetta Rubinato, Rodolfo Viola, Delia Murer e Francesco Tempestini.»<br />
<b>
Al Senato, invece?</b> <br />
«Al Senato l’avanzata della Lega ci impedisce purtroppo di fare il nono. Gli eletti dunque sono: Enrico Morando, Maria Pia Garavaglia, il sottoscritto, Felice Casson, Paolo Nerozzi, Maurizio Fistarol, Franca Donaggio e Marco Stradiotto.»<br />
<b>Come giudica l’esclusione della Sinistra radicale dal Parlamento italiano?</b> <br />
«Non festeggiamo la mancata inclusione della Sinistra radicale perché una realtà politica presente nel Paese è sempre opportuno che sia rappresentata nelle sedi istituzionali.<br />
Certo da questo voto esce un Parlamento fortemente ristrutturato, con solo 4 gruppi parlamentari (ne avevamo 30, tra gruppi e sottogruppi, nella scorsa legislatura).<br />
Questo ridisegno è il primo lascito positivo per il Paese del lavoro di Veltroni e dell’iniziativa politica del Partito Democratico. Grazie a Veltroni e al PD oggi abbiamo una realtà parlamentare più in linea con quella degli altri Paesi europei più moderni.<br />
Una semplificazione che rende la democrazia più veloce nel rispondere ai mutamenti e ai bisogni dell’Italia.»<br />
<b>
In questo Parlamento profondamente rinnovato, quale sarà il ruolo del PD?</b> <br />
«Il compito del Partito Democratico sarà di porre al centro della sfida politica le riforme necessarie per il Paese, a cominciare da quelle istituzionali (nuova legge elettorale, riduzione del numero parlamentari, federalismo fiscale, Senato federale…) e da quelle economiche necessarie a rendere più moderna l’Italia.» <br />
<b>La domanda è d’obbligo: si poteva fare di più?</b> <br />
«Avevamo bisogno di più tempo. Certo il voto così massiccio alla Lega conferma la presenza di una vera e propria questione settentrionale che si esprime in diffidenza verso la politica nazionale.<br />
Questo dovrà continuare ad essere un punto specifico di lavoro del Partito Democratico veneto in collaborazione con gli altri partiti regionali di Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige per rendere convincente il volto autenticamente federalista e riformista del PD, anche agli occhi degli elettori del Nord.»
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.partitodemocraticoveneto.org/dett_news.asp?ID=273">partitodemocraticoveneto.org</a>Anna FINOCCHIARO: ''È stata una netta sconfitta''2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331789Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: L' Ulivo) <br/><br/><br />
<i><b>La candidata del centrosinistra alla guida della Regione: ''Senza girarci troppo intorno'' è evidente che il dato è negativo anche se ''sapevamo fin dall'inizio che partivamo in grande sfavore''. Poi fa sapere: ''Ho sentito Veltroni ed era molto colpito''.</b></i> <br /><br />
<b>"Senza girarci molto attorno sono qui per commentare una netta sconfitta".</b> <br />
Così Anna Finocchiaro, commenta il risultato delle elezioni per la presidenza della Regione siciliana <b>vinte dal candidato di centrodestra Raffaele Lombardo.</b> <br />
''E' stata una netta sconfitta - riconosce Finocchiaro - ma ci sono alcune annotazioni a margine da fare".<br />
Così ricorda: "Sapevamo fin dall'inizio della campagna elettorale che partivamo da un dato di grande sfavore per noi: ci davano a 36 contro 64 delle forze avversarie.<br />
E il dato attuale è di 65 a 30".<br />
Ma "tutto questo - sottolinea - non basta a giustificare la mia sconfitta, è un dato incontrovertibile, direi solare, come altrettanto solare è stato il mio impegno messo nella campagna elettorale nella quale ho creduto fino in fondo".<br />
Poi un ringraziamento per "gli uomini e le donne che si sono candidati nella lista 'Anna Finocchiaro presidente', è stata una scommessa, un atto di coraggio". <br />
Finocchiaro ribadisce "che è in atto un bisogno di un forte cambiamento in Sicilia" poi, parlando ancora della sua campagna elettorale, ha voluto più volte sottolineare che "è stata una bella esperienza personale e politica perché ho avuto modo di vedere e apprezzare una Sicilia bellissima, anche se minoritaria che vuole crescere e uscire da logiche vecchie e negative.<br />
Insomma, sono convinta di avere fatto la cosa giusta perché questa Sicilia, questa voglia di crescere va assolutamente assecondata".<br />
Quindi l'esponente del Pd ha detto di aver "sentito oggi brevemente Veltroni al telefono.<br />
E' molto colpito dal risultato elettorale siciliano e ritiene che occorra <b>rafforzare la struttura del Pd</b> <b>e impiegare nuove forze e nuovi talenti".</b><br />
<b>Quanto alla coalizione Pdl-Lega Nord-Mpa che ha vinto</b> a livello nazionale, Anna Finocchiaro ne è certa: <b>"Sarà pervasa da profondi contrasti"</b>, al punto che "litigheranno come pazzi".<br />
Del resto, sottolinea, "le prime avvisaglie già ci sono: il Ponte di Messina lo vogliono Lombardo e Berlusconi, mentre Bossi dice che non se ne parla proprio. <br />
Insomma, ci saranno scintille".
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=1.0.2075959835">Adnkronos</a>GIANCARLO GALAN: La vittoria amara di Galan: «Mi hanno lasciato solo»2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331749Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Veneto (Partito: FI) - Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: FI) <br/><br/><br />
<b>«Ho cercato di difendere il mio partito dall’ascesa della Lega. Berlusconi deve risolvere il problema del federalismo prima di quello delle immondizie»</b><br /><br />
<b>Mi hanno lasciato solo».</b><br />
È amaro il prosecco con il quale Giancarlo Galan brinda alla vittoria del centrodestra: Il governatore del Veneto è contento come può esserlo uno che finalmente si toglie dalla scarpa una miriade di sassolini appuntiti.<br />
La Lega che sfonda in Veneto, contendendo al Pdl il ruolo di primo partito della Regione, non lo sorprende: «È un risultato logico e prevedibile», sbotta. <br />
Il segreto secondo lui è nella capacità di interpretare i temi che interessano ai veneti, quelli sui quali lui stesso non a caso ha battuto e ribattuto anche in questa campagna elettorale. <br />
Una fatica improba perché, accusa, è stato «lasciato solo». «Ho cercato di difendere il mio partito dall'avanzata prepotente della Lega, perché quelle del federalismo non sono tesi da salotto o da minoranza elitaria: interessano ai cittadini. Spero che adesso lo capiscano anche i miei a livello nazionale».<br />
Perché, ammette, ancora non lo hanno capito. O almeno non è emerso in questa campagna elettorale, nella quale <b>obiettivamente è stato difficile trovare una sintesi tra le parole d'ordine da spendere a Treviso e quelle da spendere ad Agrigento.</b> <br />
Ma il governatore osserva che <b>i temi veneti</b> sono stati completamente assenti dal dibattito nazionale sia del centrosinistra che del centrodestra: <b>«In Veneto è venuto Berlusconi per un'ora a Vicenza e poi Ignazio La Russa: e basta. Per parlare di temi nazionali. Mi hanno lasciato solo».</b><br />
<b>Un'accusa che coinvolge i parlamentari veneti</b>: «Molti di loro devono farsi un esame di coscienza, vorrei sapere se c'è qualcuno che ha mai detto qualcosa di alternativo alla Lega, se hanno spiegato ai loro elettori perché era meglio votare Pdl invece di Lega».<br />
La domanda è retorica, la risposta scontata e il voto nel vicino Friuli, dove la Lega si è fermata a un pur ottimo 13%, è una cartina di tornasole: <b>la questione settentrionale è una questione vera</b>, là dove c'è l'autonomia regionale la Lega non attira una massa di voti.<br />
«Chissà che questo convinca i miei parlamentari che il federalismo e l'autonomia si devono fare subito, prima ancora di affrontare le scoasse di Napoli».<br />
Il nervosismo di Galan, giura, non è dovuto alla possibilità nient'affatto remota che la Lega alzi il prezzo nell'alleanza che guida la Regione: «Ma chi se ne frega, il problema non è mica una poltrona: sono i bisogni del Nord e del Veneto».<br />
<b> Più leghista dei leghisti?</b> <br />
«No, realista. La Lega parla delle cose che interessano al Nord, mentre vorrei fare l'appello di chi ha sostenuto i motivi del voto al Pdl: Brancher, per esempio. Ma ce ne sono molti altri che frequentano troppi palazzi a Roma e ad Arcore, non hanno più rapporti con la gente. Poi si meravigliano se la Lega a Verona prende il 44\%».<br />
A questo punto, potrebbe anche cambiare il progetto di Galan di trasferirsi a Roma per soli 100 giorni, il tempo di vedere se il governo imboccherà la strada giusta.<br />
In realtà, il progetto si semplifica: <b>«Berlusconi dovrà risolvere il problema del federalismo prima di quello della spazzatura a Napoli, altrimenti la prossima volta in Veneto il Pdl prenderà il 5\% e la Lega il 55\%.</b> <br />
È l'ultimo appello, perché dopo mi sono stufato anch'io.<br />
<b>Chi me lo fa fare di litigare con i miei alleati della Lega, che hanno pure ragione?».</b><br />
Hanno ragione al punto che il governatore sotto sotto sarebbe anche <b>pronto a spingere non per uno, ma per due ministri leghisti veneti.</b><br />
Ma i sassolini nelle scarpe sono finiti, e allora si ferma a guardare il bicchiere mezzo pieno: «Il distacco di oltre 8 punti dato al centrosinistra a livello nazionale è clamoroso, nonostante l'estremo sacrificio della sinistra estrema che è scomparsa come fece il Pli nel '76 a favore della Dc. <br />
<b>E poi anche in Veneto il distacco è abissale».</b><br />
<b>Merito del centrodestra, ma molto demerito del centrosinistra</b>: «Da Veltroni mi aspettavo di più: a forza di leggere sui giornali le baracconate con il pullman... Potevano usarlo per andare a Medjugorie.<br />
Mi spiace per Calearo, che non farà il ministro: lui che sbava per qualunque poltrona.<br />
Aveva fatto un pensierino anche alla presidenza del Veneto, candidato per chiunque gliela potesse offrire».<br />
Galan ritrova la voglia di ridere e di fare la faccia feroce: ne fa le spese l'Udc per la quale conferma l'uscita dalla giunta regionale: «È nella logica delle cose, gliel'hanno detto gli elettori.<br />
Ne hanno persi uno su tre, con una campagna elettorale folle. <br />
Ormai l'Udc non ha più alcuna funzione politica, i due assessori non ci sono più: se la capiscono, andranno dove è andato il loro elettorato.<br />
Visto che si sono schierati contro di noi, gli ritiro le deleghe, e buonanotte».<br />
O buongiorno. Dipende da come la si vede.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3753216&Data=2008-4-15&Pagina=6">Il Gazzettino.it - Ario Gervasutti</a>Alberto GIORGETTI: (An) sul Pdl: «Ci aspettavamo qualcosa di più»2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331748Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: AN) <br/><br/><br />Verona -
<b>«Grande soddisfazione per il risultato della coalizione, che in Veneto è tra i più alti d'Italia, ma come Partito della Libertà ci aspettavamo qualche consenso in più».</b><br />
Il coordinatore veneto di Alleanza Nazionale, Alberto Giorgetti, non nasconde una punta di delusione per il risultato delle elezioni politiche in Veneto, risultato che pure conferma nettamente davanti il centrodestra.<br />
<b>«È stato forse premiato - osserva Giorgetti - un voto di protesta nei confronti di un quadro nazionale che in questi anni ha dato poco al Veneto, premiando così la Lega».</b><br />
<b>«Questo ci deve servire come Pdl - conclude - per lavorare al meglio e per dare le giuste risposte che il territorio si attende».</b><br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3753222&Data=2008-4-15&Pagina=7">Il Gazzettino.it ed. naz.le</a>GIAN PAOLO GOBBO: «Il ministro veneto potrebbe essere uno di noi» - Intervista2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331747Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Treviso (TV) (Partito: Lega) - Deputato Parlamento EU (Gruppo: Gruppo Unione per l' Europa delle nazioni) <br/><br/><br />
<i><b>Gongolante, sornione, commosso, ma ecumenico, Gianpaolo Gobbo, segretario veneto di una Lega da record, assapora nella sede provinciale di Treviso un trionfo che sembra riportare l'orologio della politica in Veneto indietro di dieci anni.</b></i>
<i><b>Un successo che esalta l'identità del movimento, il lavoro sul territorio e l'unità mantenuta, non il frutto del voto di protesta.</b></i><br /><i><b>E adesso la Lega vuole un ministro veneto.</b></i>
<i><b>Senza polemiche con nessuno. Anzi, Gobbo è convinto che Giancarlo Galan rimarrà in Regione fino allo scadere naturale del mandato.</b></i><br /><br />
<b>Se l'aspettava, segretario??</b><br />
«Erano mesi che sentivamo attorno a noi un forte interesse. È un premio al nostro lavoro, ai programmi realizzati, alla visibilità dei nostri uomini nella gestione di situazioni difficili».<br />
<b>A chi si riferisce?</b><br />
«Penso ai sindaci di frontiera che hanno dovuto sostituire lo Stato. <br />
I sindaci di Gorgo al Monticano, di Cittadella, in prima linea sulla sicurezza».<br />
<b>All'origine di questa valanga c'è il solito voto di protesta che in passato ha premiato la Lega?</b><br />
«No, è frutto della maturità del movimento. Mi pare che come risultati e seggi siamo a quei livelli. <br />
Il voto di protesta non c'è più. <br />
C'è solo la gente frontaliera che si rende conto ogni giorno che passa, guardando i paesi vicini, quanti sono i problemi - dall'economia al costo della vita - che vanno affrontati e risolti».<br />
<b>Come?</b><br />
«Con il federalismo fiscale. <br />
Questo vuole la gente, non l'arrembaggio. Per questo ha dato voti sereni, consolidati».<br />
<b>Cosa dimostrano queste elezioni?</b><br />
«Che la Lega è forte quando è unita.<br />
E da segretario in Veneto, dopo dieci anni posso dire che questo è anche un risultato della mia gestione.<br />
Ha portato frutti perchè ha consolidato i legami di collaborazione, la presenza sul territorio, senza dividerci tra padani o lombardi».<br />
<b>Quanto ha pesato la coalizione?</b><br />
«È evidente che ha pesato anche il fatto che per cinque anni avevamo governato, nel bene e nel male. <br />
Ed è un governo che aveva portato alla "devoluzione" che in Veneto e Friuli era stata approvata.<br />
In quel governo la Lega ha avuto un importante ruolo riformista con i suoi ministri».<br />
<b>Bossi, Calderoli, Maroni, Castelli?</b><br />
«Proprio loro. Prima Bossi poi Calderoli hanno portato alla riforma istituzionale. <br />
Maroni ha riformato il mercato del lavoro.<br />
Castelli ha riformato il sistema giudiziario».<br />
<b>Giancarlo Galan ha dichiarato di aver cercato di limitare in Veneto i danni, visto che intuiva la vostra crescita fortissima.</b><br />
«Se li ha limitati devo fargli i complimenti, perchè anche loro hanno avuto un buon risultato».<br />
<b>Questo cambia i rapporti di forze tra di voi?</b><br />
«Siamo entrambi due forze credibili, importanti.<br />
Assieme dobbiamo arrivare al federalismo fiscale».<br />
<b>Adesso numericamente siete di peso quasi uguale, almeno in Veneto.</b><br />
«Non siamo uguali per il peso elettorale, ma uguali per il progetto».<br />
<b>E se domani si ponesse il problema della presidenza del Veneto?</b><br />
«La presidenza è di Galan...».<br />
<b>Ma potrebbe andare a Roma.</b><br />
«Non credo, ma queste sono cose che si vedono dopo. <br />
Noi abbiamo un segretario federale, Bossi, che parlerà assieme a Berlusconi. <br />
Ma non prevedo cambiamenti, penso che Galan rimarrà in Regione fino alla scadenza, nel 2011».<br />
<b>E non cambiano i rapporti di forza con i lombardi?</b><br />
«Stupidaggini. Siamo forti perchè siamo assieme.<br />
Ma ha visto il risultato della Liga Veneta Repubblica? Il suo leader è un ectoplasma che sa solo andare in giro con addosso la bandiera.<br />
Già nel '98 avevano cercato di dividere i veneti dai lombardi. Sarebbe stato un errore. E i miei uomini lo hanno capito».<br />
<b>Con questi risultati, il Veneto avrà un ministro leghista?</b><br />
«Penso che ora si possa pensare a un ministro veneto.<br />
Potrebbe essere uno di noi che ha già avuto il battesimo come sottosegretario, che ha lavorato duro per tanti anni, non si è mai risparmiato, è sempre stato fidato».<br />
<b>Sembra l'identikit di Giampaolo Dozzo.</b><br />
«Può essere... ma questo non lo dico io. <br />
Dozzo ha fatto ottimamente il sottosegretario all'agricoltura per cinque anni, è sempre stato disponibile 24 ore su 24, non ha mai mollato con il suo impegno».<br />
<b>Un sentimento personale, in un mare di numeri?</b><br />
«Mai come questa sera sento il grande affetto della gente.<br />
Non abbiamo mai ceduto, vicini a quel grande uomo che si chiama Umberto Bossi e che continua a combattere dopo centinaia di battaglie.<br />
E a questo, mi creda, credo profondamente».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3753223&Data=2008-4-15&Pagina=7">Il Gazzettino.it ed. naz.le - Giuseppe Pietrobelli</a>Massimo Cacciari: «Quanti errori, serviva il Pd lombardo-veneto» - Intervista2008-04-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331746Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Venezia (VE) (Partito: DL) <br/><br/><br />
<b><i>In tutto il Nord dovevamo presentarci con una struttura autonoma,
come ha fatto la Lega: ma nessuno mi ha ascoltato</i> »</b><br /><br />
<b>Sindaco Massimo Cacciari risultati prevedibili?</b><br />
«Abbastanza. Ma la vera vincitrice è la Lega.<br />
<b>Motivo?</b><br />
«Disagio e difficoltà che il Paese attraversa non sono state colte dal Centrosinistra. E si sono rovesciate nella Lega.<br />
È "complementare" quel voto con quello a Italia dei Valori: gli elettori ci hanno messo un po' di protesta, un po' di "casta"».<br />
<b>Altro?</b><br />
«La Lega ha sempre rivendicato forte autonomia sia verso Berlusconi sia verso Forza Italia.<br />
Un voto che si poteva immaginare nelle regioni del Nord, ma ha preso voti Piacenza, Parma, in Toscana».<br />
<b>A chi sottrae voti la Lega?</b><br />
«In gran parte a Forza Italia, come nel Veneto, in modo clamoroso».<br />
<b>Sempre viva la questione Nord.</b><br />
«Resta aperta "in generale", ma c'è una Questione Settentrionale per il Centrosinistra».<br />
<b>Perché</b><br />
«La Lega mostra effettivi radicamento e tenuta.<br />
Ed esistono larghi settori di opinione pubblica, anche ondeggianti, caratterizzati da "repulsion" (lo dice in inglese, ndr) a prova di bomba verso il Centrosinistra».<br />
Che fare allora?«Questa situazione si rimonta se si fa come il sottoscritto predica (invano): se il Centrosinistra si presenta come forza autonoma dedicata a tempo pieno ai problemi del Lombardo Veneto.<br />
Con una sua struttura autonoma. Come fa la Lega verso Forza Italia e il Pdl».<br />
<b>Lei aveva chiesto un Pd federale.</b><br />
«L'hanno detto ma non praticato.<br />
Nemmeno nelle liste: si è visto».<br />
<b>Esiste la "questione democratica?</b><br />
«Certo! La Lega molti voti li prende perché denuncia, con più forza in certi territori, la prepotenza dei poteri forti; perché rivendica autonomia (in termini sballati politicamente e culturalmente) e indipendenza».<br />
<b>Tutto ciò...</b><br />
«Doveva essere un progetto proprio del Centrosinistra.<br />
Perché mi ero inventato il movimento dei sindaci? O il movimento del Nordest?»<br />
<b>Perché?</b><br />
«Quelle prospettive avrebbero dovuto essere fatte proprie dal Centrosinistra. <br />
Vennero osteggiate. <br />
Il Lombardo-Veneto è la vera questione del Centrosinistra di questo Paese. <br />
O funziona nel Lombardo-Veneto un partito democratico autonomo, territorialmente radicato, con una sua leadership specifica che poi si "ordina" al Pd nazionale.<br />
O non vai da nessuna parte. <br />
Lo dico da 20 anni. Cosa devo fare; torno a insegnare».<br />
<b>Desiderio o battuta?</b><br />
«Finito di fare il sindaco. L'ho già detto. L'avrei detto anche se avessimo vinto col 99\%. <br />
Ma non potremo mai vincere nemmeno col 51\% se continuiamo a dare per persi Lombardia-Veneto-Friuli».<br />
<b>Da domani che succederà nel Pd?</b><br />
«Speriamo che a furia di calci nel culo il Centrosinistra capisca. <br />
È questione di leadership credibili, autonomistici, nuova classe dirigente da far crescere: è una lunga marcia».<br />
E anche...«Smetterla di candidare nel Veneto facce nazional-popolari. <br />
Non ne azzeccano una. Anche se in questa regione il risultato del Pd è buono: non si "discutono" più Pd e Veltroni».<br />
<b>Che dovrà?...</b><br />
«Affrontare la questione settentrionale nei termini che denuncio da 15 anni: con strategia e gente nuova».<br />
Nomi?«Tanti, ma non ne faccio. C'erano giovani donne in gamba, rappresentati di categoria e associazioni culturali.<br />
Generazione ignorata. La classe politica più giovane è della Lega».<br />
<b>Basterà Veltroni?</b><br />
«Spero. I partiti europei si muovono sui carismi dei leader: Zapatero, Sarkozy e Berlusconi».<br />
<b>Veltroni deve parcheggiare il pullman tra Treviso e Vicenza?</b><br />
«Sì, pullman chiamato "Partito democratico Lombardo-Veneto"».<br />
<b>Berlusconi vittorioso....</b><br />
«Però Forza Italia ha lasciato sangue alla Lega, che presenterà il contro. <br />
Speriamo che non si sogni di andare a scontri istituzionali.<br />
I miei amici leghisti dicevano: la prossima volta la Regione sarà nostra, basta con Galan...».<br />
<b>I risultati della sinistra estrema?</b><br />
«Sparire così non va bene, perché potrebbe comportare forti tensioni sociali. <br />
Se tutta la storia politica della sinistra non è rappresentata neanche alla Camera diventa un problema per la democrazia».<br />
<b>Casini?</b><br />
«Glielo avevo detto, anche a Tabacci e Martinazzoli; non è pensabile il ritorno della Dc.<br />
Potevano capirlo prima. Vuoi stare in mezzo: dove?».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.gazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3753114&Data=2008-4-15&Pagina=2">Il Gazzettino.it ed. naz.le - Adriano Favaro</a>Ramon MANTOVANI: Dichiarazione sui risultati elettorali2008-04-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331820Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) <br/><br/>“Quattro partiti prendono un milione di voti e diventano extraparlamentari.
Se il gruppo dirigente irresponsabile che ha portato a questo disastro insiterà sulla linea della sinistra arcobaleno sarà travolto dai militanti e dagli iscritti di rifondazione comunista.
Sarebbe bene per loro e per il partito che si dimettessero immediatamente.
E’ stata l’esperienza di governo a deludere gli elettori e ad allontanarci dai movimenti e dalle lotte.
Bisogna ripartire da rifondazione e ripartiremo da rifodazione, anche cercando una unità seria con altre forze mettendo da parte l’idea elettoralistica e subalterna al partito democratico della sinistra e l’arcobaleno”.<br/>fonte: <a href="http://www.ramonmantovani.it">www.ramonmantovani.it</a>Silvio BERLUSCONI: NON CI VORRA' MOLTO TEMPO PER IL GOVERNO.2008-04-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it331743Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: FI) - Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: FI) <br/><br/>
<b>HO GIA' TUTTO IN TESTA, ALLEATI D'ACCORDO</b>
<br />
Roma, 14 apr. - <b>Per mettere a punto una squadra di governo ''non ci vorra' molto tempo, ho gia' parlato con Gianfranco Fini, ho parlato con Bossi.</b><br />
Ho gia' tutto in testa''. <br />
Lo afferma Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con Porta a Porta.<br />
Alla domanda se gli alleati sono d'accordo, il leader del Pdl replica: ''Per quel chi mi risulta si'.<br />
Questa volta -spiega- sara' tutto piu' facile, perche' abbiamo bisogno di uomini esperti, che abbiano la conoscenza dei problemi del paese e che possano mettersi immediatamente al lavoro''.<br />
Quanto alla rappresentanza femminile, Berlusconi conferma che al governo ''le donne saranno almento quattro''.
<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=1.0.2073038588">Adnkronos</a>