Openpolis - Argomento: Ocsehttps://www.openpolis.it/2012-07-10T00:00:00ZRiccardo MIGLIORI: Primo italiano Presidente dell'OCSE (Organizzazione Cooperazione Sicurezza in Europa)2012-07-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647090Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) <br/><br/> <br />
Eletto per acclamazione, a Montecarlo, nuovo presidente dell’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che raggruppa ben 56 Paesi.
<p>«Sono molto soddisfatto perché è un successo per il nostro Paese». «È una vittoria di tutte le forze politiche ed è frutto di una unità nazionale. Quando non ci dividiamo otteniamo grandi risultati».<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilgiornale.it/interni/migliori_trono_dellosce/10-07-2012/articolostampa-id=596169-page=1-comments=1">il Giornale.it</a>DELIA MURER: Governo Monti, aspettiamo le proposte2011-11-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it622171Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Con la nomina di viceministri e sottosegretari si completa il quadro del nuovo Governo. Il premier Monti ha definito la sua squadra, “snella e di valore”. “Ora, però, aspettiamo i provvedimenti. La crisi si fa sempre più insidiosa. La stima dell’Ocse, secondo cui dall’anno prossimo l’Italia andrà in recessione, con il segno meno sulle tabelle di crescita, è allarmante. Significherebbe la perdita di nuovi posti di lavori, la contrazione dei consumi, una nuova, dilagante, povertà. Il Governo deve invertire rapidamente questa tendenza e mettere in campo le iniziative possibili per ridare fiato all’Italia”.
<p> “Naturalmente noi siamo ben attenti a che le manovre, necessarie, siano costruire nel segno dell’equità, del rigore, dell’attenzione a chi è rimasto indietro. Ci vuole uno scatto di capacità: coniugare sostegno allo sviluppo con la riduzione del debito. Non sarà facile ma Monti ce la può fare”. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.deliamurer.it/cms/it.html?view=article&catid=7%3Ageneraliste&id=351%3Agoverno-aspettiamo-le-proposte&tmpl=component&print=1&layout=default&page=">deliamurer.it</a>Renato BRUNETTA: “Taglio costi burocrazia resta priorità governo”2011-05-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560821Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro PA e innovazione (Partito: PdL) <br/><br/><br />
“Di fronte alla crisi, il peso degli oneri amministrativi è ancora più intollerabile per le imprese e l’intero sistema Paese. Per questa ragione, tagliare i costi della burocrazia per le imprese e disboscare la giungla delle procedure è divenuto un impegno prioritario di questo governo”.
<p>E’ quanto afferma il ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, in un intervento su Anci Rivista. Brunetta ricorda che “le analisi condotte dalle principali organizzazioni internazionali individuano nella complicazione burocratica una delle prime cause dello svantaggio competitivo dell’Italia nel contesto europeo e nell’intera area Ocse”, passando poi a ribadire gli impegni del governo.
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Tra questi il “Piano per la semplificazione amministrativa per le imprese e le famiglie 2010-2012, che fornisce il quadro dei risultati raggiunti dal ‘taglia-oneri’ e definisce obiettivi, strumenti e piani operativi per intensificare e completare le attività in corso e conseguire entro il 2012 il traguardo di un taglio di oltre il 25% dei costi della burocrazia”. Tornando proprio al ‘taglia-oneri” ormai a regime, Brunetta spiega: “Si tratta di un’attività di misurazione e riduzione degli oneri amministrativi, che già ci ha portato a sottoporre a misurazione 71 procedure ad alto impatto sulle imprese, selezionate con le associazioni imprenditoriali: sono stati stimati costi burocratici per 21,5 miliardi di euro all’anno e definiti interventi che comportano un ‘taglio’ stimato di 6,4 miliardi di euro l’anno”.
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Nel ripercorrere gli interventi in materia del governo, il Ministro ricorda inoltre: “Con la manovra finanziaria è stata introdotta un’innovazione senza precedenti per l’Italia: il principio di proporzionalità per gli adempimenti amministrativi che vengono differenziati in relazione alla dimensione, al settore in cui l’impresa opera e all’effettiva esigenza di tutela degli interessi pubblici: presto avremo meno scartoffie per le imprese e maggiore tutela degli interessi pubblici”.
“Approvati i primi regolamenti – aggiunge Brunetta - siamo già al lavoro per adottare un nuovo ‘pacchetto’ di interventi di semplificazione in materia di privacy, sicurezza sul lavoro e appalti. Non è tutto: il disegno di legge collegato alla finanziaria 2010, contiene numerose e importanti misure di semplificazione tra le quali ricordo la previsione della ‘Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche’ per contrastare le molestie amministrative e assicurare l’effettività ai diritti delle imprese e dei cittadini”. <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ancupm.it/content/zoom.asp?id_news=6435">www.ancupm.it | anci.it</a>Pier Luigi BERSANI: Lanciamo la sfida per la riscossa italiana2011-01-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it549609Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Davanti all’Italia c’è una prospettiva più fragile, più difficile e incerta rispetto a quella di paesi con i quali siamo stati fin qui in compagnia. Da anni ormai ci stiamo allontanando dalle aree più forti d’Europa e stiamo convergendo su quelle più deboli. Senza una forte correzione, il nuovo decennio aggraverà sensibilmente questo arretramento.
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Anche altri Paesi sviluppati hanno vissuto il trauma della globalizzazione e della crisi finanziaria ed hanno conosciuto la difficoltà di trovare strumenti efficaci per rispondere. Ovunque, davanti ad una novità secolare, le democrazie occidentali hanno misurato le debolezze di meccanismi di consenso che accorciano gli orizzonti al quotidiano. Ovunque, nei paesi sviluppati, la democrazia è dubbiosa della sua stessa efficacia, della sua capacità di affrontare le esigenze di cambiamento. Ovunque i cicli politici perdono di prospettiva. In Europa, in particolare, è sembrato che la globalizzazione non consentisse più un patto sociale costoso e inclusivo. Le forze progressiste hanno per questo pagato un prezzo elettorale. Si sono evidenziati fenomeni di spaesamento, di incertezza, di ripiegamento e sono emerse correnti di opinione difensive o apertamente regressive.
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In nessun caso, tuttavia, queste tendenze hanno preso il comando nei grandi Paesi europei. Quasi ovunque le destre hanno vinto dando voce ai problemi e ai timori, senza peraltro dimostrare fin qui di saper aprire la strada a soluzioni vere; e tuttavia in quegli stessi Paesi le correnti populiste e regressive sono state contenute dalle radici saldamente costituzionali delle forze conservatrici, da una statualità più credibile e riconosciuta, da una politica non screditata.
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In Italia, in forme peculiari e per certi versi anticipatrici, il campo del Governo è stato occupato nell’ultimo decennio da una salda complementarietà di berlusconismo e leghismo, nati entrambi in una fase di forte discredito della politica e di cronica debolezza delle Istituzioni.
<p>Berlusconismo e leghismo hanno, ciascuno per la sua parte, suscitato una "aggressività dei moderati" che ha fatto da traino ad una cultura di delegittimazione dello Stato, di individualismo, di complicità fiscale, di corporativismo sociale e territoriale, di xenofobia. Si è annunciata la libertà in forme tali che ognuno, individuo o gruppo sociale o territorio, potesse interpretarla a modo suo. L’esperienza di governo e il potenziale di comunicazione, sono stati utilizzati per accrescere questa presa di opinione, fino a costruire una solida ideologia capace di resistere ai fatti. Si è così alimentato un consenso per adesione in virtù del quale governare significherebbe interpretare e rappresentare piuttosto che risolvere. I problemi vengono scagliati di volta in volta contro un nemico o vengono semplicemente occultati dalla retorica e dal controllo della comunicazione. La fatica e i rischi delle riforme vengono aggirati dalla personalizzazione; una personalizzazione che, quando è necessario, risolve allestendo miracoli e che, se non risolve, denuncia ad alta voce limitazioni, ostacoli e barriere, costituzionali o meno che siano.
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Il meccanismo è dunque tale da produrre decisioni minime ma a forte carica simbolica e da drammatizzare tutto ciò che riguardi direttamente il Capo. Gli interventi strutturali sono assolutamente sporadici e consentiti solo se capaci di colpire e scompaginare gli universi sociali e politici dell’altro campo.
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Una simile descrizione della nostra ultradecennale vicenda politica potrebbe apparire unilaterale e faziosa se non fosse confermata da un onesto bilancio dei fatti. Dieci anni consentono ormai una misura degli effetti reali della curvatura personalistica e populista della nostra democrazia. Veniamo dunque ai fatti, facendoci forza nel selezionare fra la miriade di dati convergenti e univoci, quelli essenziali e riassuntivi. Nel 2000 la quota di popolazione italiana relativamente povera, che viveva cioè con un reddito procapite al di sotto del 75% della media dei Paesi UE, era pari al 22%. Mantenendo il confronto con gli stessi Paesi oggi è al 30%. Nello stesso periodo la percentuale degli italiani relativamente ricchi, cioè con redditi al di sopra del 125% della media UE precipita dal 57 al 25%. Non c’è paragone possibile con nessun altro Paese europeo.
<p> Con una velocità impressionante il Sud si allontana dal Nord e il Nord si allontana dall’Europa. Nella percentuale di crescita cumulata nel decennio, siamo negli ultimissimi posti al mondo. Quanto alle attività produttive, facendo pari a 100 la produzione industriale del 2005 oggi siamo all’86 a fronte di una Germania al 98,3 e ad una media dell’area Euro al 95,4.
<p>Cumulando i dati sulla disoccupazione, sugli ammortizzatori e sullo scoraggiamento nella ricerca di lavoro si ha un quadro impressionante. Siamo al fondo delle classifiche dei Paesi OCSE per disoccupazione giovanile. Per quella femminile contendiamo in Europa l’ultimo posto a Malta. Il 50% delle ricchezze si è concentrato sul 10% della popolazione senza rapporto alcuno con la fiscalità. Avviciniamo Norvegia e Danimarca nella pressione fiscale mentre perdiamo 10 miliardi di Euro rispetto al 2007 di incassi IVA pur con un aumento dei consumi in termini nominali.
<p>Passiamo in tre anni dal 104% di debito pubblico al 118% senza aver dovuto salvare nessuna banca. Sul fronte sociale scelgo una sola classifica: quella che certifica il nostro primato nell’abbandono scolastico. Quanto al futuro, non c’è previsione che non indichi per noi uno scenario di sostanziale stagnazione con una crescita potenziale inferiore alla metà di quella dei principali Paesi europei.
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Non servono cifre ulteriori. E’ ovvio che l’ultimo decennio poggia su problemi antichi e precedenti a Berlusconi. E’ altrettanto ovvio che nell’ultimo decennio i problemi non hanno avuto rimedio ma si sono disastrosamente aggravati. So bene che nella realtà italiana ci sono anche le luci e non solo le ombre, ci sono le energie e le risorse e non solo i problemi.
<p>Abbiamo una straordinaria capacità di reagire alle sfide: il ciclo di riforme legate all’euro né è stata nel passato una prova. In Italia c’è una straordinaria cultura del lavoro, c’è una incredibile vitalità di gran parte delle imprese; ci sono risorse di inventiva, di innovazione e di conoscenza comunque invidiabili; c’è una ricchezza maldistribuita e comunque mobilitabile per gli investimenti;
c’è un patrimonio di culture e di tradizioni da orientare alla crescita; c’è un bacino di solidarietà e di civismo capaci di prove eccezionali.
<p>La cifra italiana, infine, è ancora grandemente attrattiva nel mondo. Tutto questo c’è. Ma adesso la questione è un’altra. Se non ci convinciamo a guardare in faccia i problemi, non ne usciremo bene. La sostanza è questa. Restiamo fra i più ricchi Paesi del mondo, ma perdiamo rapidamente posizioni.
<p>Mantenere il nostro ruolo nella divisione internazionale del lavoro, dare una prospettiva di occupazione e di reddito alle nuove generazioni, preservare a standard accettabili un sistema di welfare, rappresentano ormai sfide tali da descrivere una vera e propria emergenza. Per di più, essere il grande Paese che in Europa cresce di meno e che ha il debito più alto ci espone inevitabilmente a pericolose ondate speculative. <br />
E’ realistico prevedere che nei prossimi anni il debito e il suo costo ci metteranno di fronte ad una serissima difficoltà.
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Torniamo adesso alla politica. Venendo ad oggi, le recenti vicende politiche e parlamentari mostrano il dissolvimento delle ultime risorse di governabilità che la destra poteva garantire. Eccoci dunque al punto. Chi riconosce l’emergenza, chi ne è davvero consapevole deve prendersi le sue responsabilità e suscitare una riscossa che mobiliti le energie e le risorse economiche, morali e civili di cui il Paese dispone.
<p>Per parte nostra, adempiamo a questo compito rivolgendoci innanzitutto alle forze dell’opposizione di centrosinistra e di centro. Riconosciamo le loro diversità, perfino nelle prospettive politiche. Ma se queste diversità prevalessero, potrebbe venirne per il Paese un altro decennio di deriva populista e di ulteriore scivolamento. Chi si oppone a Berlusconi sa che oggi bisogna guardare oltre Berlusconi. Questo guardare oltre contiene in modo ineludibile degli aspetti costituenti.
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Troppe sono state le deformazioni, le distorsioni; troppo prepotenti (e impotenti) le scorciatoie personalistiche; troppo lungo il sonno delle riforme. Qui non si parla semplicemente di una alternanza in un sistema che funziona.
<p> Qui si parla di una riorganizzazione della democrazia parlamentare. Qui non si parla di un semplice programma economico. Qui si parla di un nuovo patto fondamentale in campo economico e sociale su terreni fondativi come quelli della fiscalità e delle relazioni sociali. E’ questa la ragione profonda di un appello che vuole coinvolgere forze progressiste e moderate.
<p>Nessuno dovrebbe prendersi la responsabilità di negare il suo contributo ad una transizione costituente in nome di prospettive più limitate, personali o di partito. Ci sono forse altre strade? Davvero si può pensare di condizionare Berlusconi e la Lega? Davvero si può immaginare un appuntamento politico o elettorale che non proponga un bivio dirimente su fondamentali temi costituzionali? E non ci sarebbero forse poca logica e troppo rischio nel restringere o dividere in partenza il campo di forze che oggi si oppone alla destra? Discutiamo dunque di una piattaforma essenziale. Discutiamo di una riforma repubblicana che parli di Istituzioni, di federalismo, di legge elettorale, di informazione, di conflitti di interesse, di giustizia per i cittadini, di costi della politica, di legalità e che sia saldamente ancorata ai principi costituzionali.
<p> Discutiamo di questione sociale e di un grande patto per la stabilità e la crescita fatto di vere riforme: fisco, lavoro e precarietà, conoscenza, welfare, politica industriale, economia verde, liberalizzazioni, questione meridionale. Tutto questo impegnando l’Italia nel rilancio del grande sogno europeo. E’ su una simile piattaforma che il PD sta lavorando, ed è questa la proposta che avanzerà nelle prossime settimane.
<p> A chi ci obietta che la nostra proposta politica è difficile e forse utopica nelle condizioni date, noi rispondiamo semplicemente che la politica non si fa con il calcolo delle probabilità; la politica deve avere una idea di che cosa sia meglio per il Paese e sostenerla.
<p>In ogni caso quindi, a prescindere dalle risposte che avremo, e dagli esiti che proporrà la contingenza politica, questa sarà la nostra ispirazione: una ispirazione aperta e inclusiva, perché consapevole della profondità della crisi italiana. Ed è proprio questa consapevolezza che ci porta a sollecitare il contributo autonomo, attivo e responsabile dei protagonisti sociali, della cultura, dell’informazione libera e di ogni autorità civica e morale.
<p> A tutti ci rivolgeremo con le nostre proposte. L’Italia non può più accettare di essere narcotizzata dal chiacchiericcio politicista e da un divario fra politica e società che accumula sfiducia e passività. Dobbiamo cambiare l’agenda. Dobbiamo parlare finalmente dell’Italia e degli Italiani. Dobbiamo progettare un cambiamento. Dobbiamo organizzare uno sforzo collettivo in cui chi ha di più dà di più.
<p> La nuova generazione ha bisogno di un orizzonte. Nessuno venga meno a questa responsabilità, all’impegno per una riscossa italiana.
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=WJPTG">Il Messaggero</a>Dario ROMANO: Intervento in Consiglio Comunale sulla scuola pubblica2010-10-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it549589Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Senigallia (AN) (Lista di elezione: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) <br/><br/><br />
La ringrazio, Presidente. Vorrei, prima di iniziare, salutare il Sindaco, la Giunta e tutti i colleghi consiglieri.
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In questi mesi abbiamo assistito, purtroppo, al trasferimento della crisi finanziaria in crisi economica reale, sui redditi e sui consumi. Lo abbiamo visto e lo stiamo vedendo tutt’ora: aziende che chiudono; dipendenti in cassa-integrazione; crollo degli investimenti nel settore pubblico e, in buona parte, nel settore privato.
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Tutto questo ha costretto il governo a varare una manovra correttiva “in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, dopo che per mesi e mesi il ministro dell’Economia e delle Finanze aveva assicurato che la crisi non ci avrebbe toccato poi in maniera così profonda. E che era solamente una situazione temporanea.
<p>I fatti, riguardo a questo, si commentano da soli.
Tra i vari settori colpiti dalla micidiale scure tremontiana, c’è anche quello della pubblica istruzione.
<p>Come se non bastasse ciò che già vediamo da 15 anni a questa parte –parlo di una spesa di soli 4.5% del PIL nelle istituzioni scolastiche, contro una media OCSE di 5.7% PIL; di una spesa pubblica, nella scuola(inclusi sussidi alle famiglie e presti agli studenti) pari al 9% della spesa pubblica totale, quando la media OCSE è 13.3%; degli stipendi dei docenti di ruolo: un docente delle superiori comincia con poco più di 28mila euro all'anno di salario e arriva a 44mila solo alla fine della propria carriera, mentre la media OCSE è la seguente: si comincia con più di 35mila euro e si approda a oltre 54mila, ma dopo 24 anni e non 35 come in Italia.
<p>Anche la media europea è ben superiore a quella italiana. La Germania è un altro mondo: un prof delle superiori comincia con uno stipendio annuale di oltre 51mila euro per approdare, dopo 28 anni di lavoro, a oltre 72mila euro.
<p>I nostri docenti sono ai livelli dei colleghi sloveni, che, però, arrivano al top del salario dopo 13 anni –, adesso si aggiungono altri 150 mln € di tagli all’istruzione scolastica. Come se quei soldi, in realtà fossero sprechi e non investimenti per le nostre future generazioni.
I primi a farne le spese? Ovviamente il personale precario, docenti e ATA.
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Inoltre, il blocco delle assunzioni degli insegnanti di sostegno a 90.500 unità – che, tra l’altro, va palesemente contro la sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale, che vietava di fatto qualsiasi tetto all’assunzione di tali docenti, e giudicava incostituzionale qualsiasi rapporto matematico docenti/studenti, che andava valutato caso per caso invece – a 90.500 unità suona come più di un semplice campanello di allarme.
<p>Nelle settimane scorse il ministro Gelmini, in seguito agli innumerevoli ricorsi al TAR dei genitori di questi ragazzi disabili, aveva annunciato nuove assunzioni da valutare caso per caso.
<p>Ma questo, purtroppo, è solamente un triste palliativo che nasconde un disagio ben più grave. A fare le spese di questa situazione saranno gli alunni diversamente abili perché, a fronte di un medesimo numero di docenti, molti di essi si vedranno tolti ore di sostegno da parte degli insegnanti specializzati. In tal modo, per molti di essi risulteranno insufficienti e incompleti i pochi insegnamenti che apprenderanno.
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Pertanto, è doveroso da parte nostra avere un pensiero forte su questa tematica: non stiamo parlando di ideologie fini a se stesse. Dobbiamo impegnare questo Consiglio, la nostra Giunta e il Sindaco a prendere una posizione politica ben precisa, visto che questa situazione la potremo, purtroppo, toccare con mano nel sistema scolastico locale. <br />
Grazie.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.facebook.com/note.php?note_id=438525816572">Facebook - Dario Romano</a>Massimo DONADI: «Eviteranno i processi a Berlusconi, magari insieme all’Udc» - INTERVISTA 2010-09-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it505924Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
<b>Donadi, dice che Bossi non farà scherzi a Berlusconi, non lo sfiducerà. C’è da credergli?</b>
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«Oramai siamo al ventesimo patto in quattro mesi, c’è ancora qualcuno che si fida di qualcun altro? Questa maggioranza è una barzelletta che non fa più ridere nessuno. Se qualcuno poteva avere ancora dei dubbi credo che l’intervista del ministro Tremonti in cui candidamente ammette che non c’è crescita economica per l’Italia da 15 anni abbia tolto ogni residuo di dubbio. Delle due l’una: o è un cialtrone o ci prende in giro»
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Questa volta però il patto sembra forte e a pietanza unica la giustizia. Nel deserto di Montecitorio s’intravedono contatti tra la finiana Bongiorno e l’onorevole Ghedini, tra quest’ultimo e l’Udc. Il patto santificato ieri dalle parole del presidente Schifani («Fini non è sfiduciabile»), prevede un accordo Pdl Fli e Udc su un nuovo legittimo impedimento che protegga il premier in quanto tale dai processi. Una nuova norma ma dal contenuto identico a quella vecchia che se approvata dal Parlamento entro il 14 dicembre avrà come primo effetto quello di evitare che la Consulta si pronunci sul legittimo impedimento “vecchio” e già in vigore in modo da congelare sentenze e processi per altri sette otto mesi e avere più tempo per le modifiche costituzionali auspicate anche da Fini per garantire le funzioni del premier mentre è il Presidente del Consiglio.<br />
In tutto questo il processo breve perderebbe la norma transitoria. Requiem per le intercettazioni. Massimo Donadi capogruppo dell’Italia dei valori alla Camera storce la bocca e rotea gli occhi.
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<b>Le sembra un patto possibile?</b>
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«E’ chiaro che stanno lavorando in questa direzione e che l'Udc potrebbe seguirli. Ancora una volta al centro di tutto ci sono sempre e solo le pendenze giudiziarie di Berlusconi.
Questo governo è imbozzolato dalla testa ai piedi in un enorme conflitto di interessi. L’idea di fare un nuovo legittimo impedimento per impedire alla Consulta di pronunciarsi è come minimo golpista. Il nostro problema devono essere l’economia e il lavoro. Il fatto che un giovane su quattro è senza lavoro e che l’ Italia e l’unico paese fermo tra i venti lo dice l’Ocse»
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<b>Andiamo nell’altra metà campo, il centrosinistra. Quale politica delle alleanze per Idv?</b>
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Noi cerhiamo idee e progetti condivisi. Questa è la priorità»
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<b>In caso di crisi di governo esistono due opzioni, governo tecnico o elezioni. Che fate?</b>
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«Per noi è auspicabile un governo tecnico a tempo e con obiettivi precisi: tre quattro mesi per fare una nuova legge elettorale e una per il pluralismo dell’informazione tv. Dato questo schema di contenuti non escludiamo alleanze con nessuno»
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<b>Neppure l’Udc o Fini?</b>
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«Si tratta di scrivere nuove regole e a questo è giusto che partecipino tutti. Poi, dopo, ognuno torna a fare il suo mestiere. Nel centrodestra e nel centrosinistra»
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<b>Crisi e elezioni subito in questo caso?</b>
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«Non sarebbe la nostra prima scelta. E comunque l’Idv punta a una nuova coalizione di centrosinistra moderna, coesa e innovativa disposta a condividere un progetto chiaro e responsabilità di governo»
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<b>Anche con Rifondazione?</b>
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«Dipende da loro. Al centro di tutto resta il Pd, poi l’Idv, Sel, Verdi e tutti coloro che ci stanno. Il problema ma anche la priorità è avere chiaro il campo, il progetto, le idee. E qui nasce la critica al Pd…»
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<b>Il segretario Bersani ha fatto le sue proposte, il doppio cerchio, il Nuovo Ulivo.</b>
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«Bersani parla ma il problema è che non si sta lavorando per costruire questa coalizione. Oggi siamo a zero. E domani temo sarà ancora peggio. Di questo si assumeranno la responsabilità davanti agli elettori. Il fatto è che il Pd fa fatica a trovare una sintesi, è una somma di sigle senza idee. E’sfinito»
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<b>Le contestazioni alla Festa del Pd: l’Idv ha difeso i fischi a Schifani. E questo ha provocato nuove tensioni con il principale partito di opposizione.</b>
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«L’attacco a Bonanni è inaccettabile, squadrista e indecente. Cosa diversa sono i fischi a Schifani strumentalizzati da un ceto politico abituato a parlare solo in tv e intollerante ai fischi che pure sono, sia chiaro, il modo più sbagliato per affermare le proprie idee»
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<b>Ai dibattiti in genere, prima si ascolta, poi semmai si critica.</b>
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«E’ vero. Ma che razza di dibattito sulle riforme poteva immaginare il Pd invitando il più azzerbinato degli uomini di Berlusconi? Bersani dice che la politica del premier è una fogna e poi ne va a discutere con uno dei protagonisti della fogna…<br />
Il confronto è il sale della democrazia ma non credo che da Schifani possa arrivare un grande contributo»
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=TVSW5">l’Unità – Claudia Fusani</a>Giuseppe GIULIETTI: «Prima del voto risolvere il conflitto d’interessi»2010-08-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it503978Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto) <br/><br/><br />
"Prima di un eventuale voto, sarà necessario cambiare la legge elettorale", più o meno con queste parole quasi tutti i rappresentanti del centro sinistra hanno indicato la priorità per un eventuale governo di transizione che dovrebbe preparare le elezioni anticipate.
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Proposito condivisibile, ma che non tiene conto del fatto che il Berlusconi furioso non si farà cucinare a fuoco lento e tenterà di travolgere tutto e tutti e lo farà come sempre utilizzando a mani basse l’impero mediatico del quale dispone a suo piacimento. Se, come appare probabile, dovesse decidere di anticipare tutti e chiedere il voto immediato non sarà facile fermarlo. In queste condizioni il voto sarebbe trasformato in una sorta di giudizio di dio:
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"Volete voi Barabba o Gesù?", sarà uno degi slogan di una blasfema campagna elettorale.
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Per tutte queste ragioni, più o meno fantasiose, se potessimo dare un consiglio ai cosiddetti leader delle opposizioni, ma anche al presidente Fini, li vorremmo invitare a non separare mai l’urgenza di una nuova legge elettorale da quella di una "neutralizzazione" degli effetti peggiori dell’irrisolto conflitto di interessi.
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Se e quando dovesse comparire un governo d’emergenza o tecnico che dir si voglia, sarà almeno il caso di chiedere la nomina di un direttore generale di garanzia alla Rai, un rafforzamento della par condicio (altro che la sua abolizione!), un rafforzamento dei poteri delle autorità di garanzia affinchè possa intervenire in tempo reale quando le violazioni vengono commesse e non dopo, a fucilazione mediatica ormai eseguita.
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Se le autorità non dovessero sentirsela di fare il loro mestiere sarà il caso di chiedere all’Unione europea e all’Ocse di vigilare sul comportamento del polo Raiset e certificare il libero esercizio del voto.
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E’ assai probabile che gli eventi delle prossime ore rendano sorpassati tutti gli schemi e tutte le previsioni, ma se e quando dovesse mai aprirsi uno spiraglio sarà davvero il caso di non archiviare per l’ennesima volta il conflitto di interessi .
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Nel passato questa rimozione ha prodotto effetti nefasti, questa volta potrebbe rivelarsi esiziale, anche e soprattutto per quella destra che non intende piegare il capo e la schiena di fronte alle minacce del piccolo Cesare.<br />
<br/>fonte: <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/prima-del-voto-risolvere-il-conflitto-dinteressi/?printpage=undefined">micromega-online</a>