Openpolis - Argomento: patrimonio privatohttps://www.openpolis.it/2011-10-08T00:00:00ZGiulio TREMONTI: «Il segreto bancario è finito e nessuno se n’è accorto» - INTERVISTA2011-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609756Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«Non basta più reprimere, d’autorità, l’evasione fiscale. La vera scommessa, forse la vera sfida, è prevenirla, facendo leva sulla convenienza a non rischiare e soprattutto sulla coscienza del dovere di pagare». «Ciò che va fatto è chiudere l’asimmetria tra l’essere legale e il doverlo essere».
<p><i>Colloquio con Giulio Tremonti nella roccaforte dell’Economia, a via XX Settembre, con un ministro evidentemente attento al quadro italiano ed europeo, ma oggi deciso a concentrare la riflessione su un unico punto: il salto di efficienza nel contrasto all’evasione fiscale. O, meglio, i nuovi mezzi scelti per combatterla.</i>
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<i>Giulio Tremonti riflette per qualche secondo. Poi comincia a spiegare la forza di un impegno destinato a crescere. «Se oggi le entrate derivanti dal contrasto all’evasione crescono via via, tuttavia è l’ethos fiscale a essere ancora troppo debole». È solo una frase sussurrata. Il ministro punta il dito su una serie di tabelle e avverte: «Guardi, nel 2010 sono stati recuperati 25 miliardi, in termini di cassa. È un dato oggettivo, ed è una cifra colossale».</i>
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<i>Tremonti parla per quasi due ore. Per spiegare una svolta in cui crede. Un’accelerazione inevitabile. Poi, sulla porta dell’ufficio, si affida all’ultimo ricordo storico per rimarcare le difficoltà legate alla lotta all’evasione e per dichiarare guerra all’idea di un nuovo super condono tombale su cui arriva anche la netta frenata di Palazzo Chigi. Tremonti parla di Ezio Vanoni, grande ministro delle Finanze del passato, professore a Pavia. Lui non abbassò le aliquote dei redditi più alti, non abolì l’imposta di successione, non legò la stabilità del bilancio al gettito illusorio di una sanatoria e allo smobilizzo del patrimonio immobiliare.
E soprattutto non premiò i "furbi" con condoni.</i>
<p> <b>Sul condono fiscale il ministro fa un gesto netto con la mano. E lascia cadere le parole una a una:</b>
<p>«Vorrebbe dire frenare sul nascere il progetto di contrasto all’evasione fiscale, sarebbe un togliere forza al nostro vero obiettivo. Finora le entrate da lotta all’evasione fiscale e contributiva sono servite sistematicamente per finanziare la spesa pubblica: sanità, pensioni, assistenza... Il condono minaccia però l’afflusso di queste entrate negli anni a venire, che finirebbero per cancellarsi. E, così facendo, alla fine ci troveremmo con un maggior deficit».
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<b>Tremonti non vuole parlare di un possibile concordato con la Svizzera sui capitali italiani depositati nelle banche locali, non vuole spiegare il senso del tormentato decreto per lo sviluppo. E non vuole svelare le "sue" verità sullo stato dei rapporti con Silvio Berlusconi e soffermarsi sui ripetuti tagli al nostro rating. Preferisce conversare sull’Italia che sogna e su quella che c’è.</b>
<p> «Un Paese, almeno in certe fasce, ancora ostaggio dell’evasione, dell’illegalità, della criminalità. Ma no taxation without representation».
<p><b>Il ministro dell’Economia arriva in fretta al punto:</b>
<p> «Uno Stato "assente" produce irresponsabilità, amoralità, evasione fiscale. Ed è il Sud che soffre di più per questo».
<p><b>Tremonti mostra consapevolezza sulla necessità di un cambio di passo. E la lotta all’evasione non può che essere un punto di partenza. «La gente capirà», torna a dire, spiegando che esiste anche una «logica premiale» dietro una mano sempre più ferma.</b>
<p> «Più recuperiamo risorse dalla lotta all’evasione, più avremo spazi per ridurre le imposte».
<p><b> Per spiegare il progetto il ministro ripete un concetto già scandito.</b>
<p> «Non basta più reprimere, non basta più l’intenso ed efficace lavoro che viene fatto, tanto dall’Agenzia delle Entrate, quanto dalla Guardia di Finanza. Certo è necessario tutto questo, ma non è sufficiente, tenendo conto della nostra "geografia" economica e della nostra storia politica. E allora è arrivato il momento di cambiare registro e di scommettere con decisione sulla prevenzione».
<p><i> Tremonti usa un’immagine che aiuta a capire la forza della svolta impressa dal governo, e dal suo ministero, all’impegno per allargare – «secondo giustizia» – la platea dei contribuenti: «I tavoli a due gambe traballano; bisognava aggiungerne altre due. Ecco quello che si è deciso di fare: un tavolo a quattro gambe».</i>
<p>«Accanto ad Entrate e Fiamme Gialle, dobbiamo usare di più le banche e i Comuni. Abbiamo, cioè, deciso di coinvolgere i Comuni nel controllo del territorio anche per questo aspetto vitale. E, soprattutto, di usare meglio i dati degli istituti di credito e di ridurre davvero il segreto bancario, come succede nel resto d’Europa».
<p> <b>All’improvviso il linguaggio di Tremonti si fa semplice e diretto. Quasi insolito, nella concretezza del messaggio.</b>
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«L’accertamento non basta. Se si vuole ridurre l’evasione, dobbiamo trasmettere un messaggio non poliziesco; ma sociale, di deterrenza. Aggiungendo alla repressione la prevenzione sarà possibile intensificare significativamente il contrasto all’evasione fiscale». L’evasione fiscale, un male che piega il nostro Paese, è un male storico e radicato, un male mai davvero venuto meno, dai tempi dell’unità d’Italia».
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<b>C’è un’idea del dovere fiscale ancora troppo "lontana". Anche dal territorio.</b>
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«Gli uffici fiscali e le caserme della Guardia di finanza, sono infatti troppo remoti, tutti naturalmente collocati nei centri medio-grandi. Per contro abbiamo 8mila Comuni e 4 milioni di partite Iva sparse sul territorio. Data questa geografia economica, quella del dovere fiscale è un’idea lontana dai portafogli degli italiani. E di riflesso è un’idea lontana dalle coscienze degli italiani». Evadere è oggi il migliore investimento possibile. Garantisce come minimo un rendimento immediato del 40 per cento. Un rendimento che non trovi da nessuna altra parte».
<p> <b>E allora?</b>
<p> «Allora rendiamoci conto che c’è anche un altro metodo da sviluppare. Che non è "poliziesco", ma morale e culturale. Si tratta di lavorare sulle coscienze e sulle teste. Di capire tutti insieme che così non si può andare avanti. L’interesse generale non è la somma degli interessi particolari».
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<b>Tremonti mostra un fascicolo carico di pagine. Contiene dati storici e dati inediti sull’evasione.</b> <br />
<i>Numeri, cifre, percentuali, statistiche che testimoniano la forza del «contrasto». Sul primo foglio leggiamo un titolo in corsivo: Ricostruire dalle rovine. Dentro c’è la relazione di Antonio Pesenti (professore di Pavia, incarcerato dal fascismo, ministro di sinistra nel secondo Governo Bonomi) a un Consiglio dei ministri nel marzo 1945. Tremonti legge quasi meccanicamente, come se conoscesse quel testo a memoria.</i>
<p> «Non è un mistero che il nostro sistema di accertamento è sempre stato difettoso. Per le deficienze degli uffici tributari e più ancora per la scarsa coscienza fiscale del contribuente italiano».
<p><i>Sono passati sessantasei anni e il macigno è ancora lì. Enorme, pesante. Contribuisce a bloccare lo sviluppo del Paese. Falsa e condiziona la ripresa dell’economia italiana. Un’«impressionante» ingiustizia, come ha annotato il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Tremonti annuisce</i>.
<p> «Il fenomeno dell’evasione fiscale ha dimensioni davvero impressionanti...».
<p> <b>Cento, centoventi o addirittura centosettanta miliardi?</b>
<p> «È difficile persino dare cifre precise. Ma non è il momento dell’analisi statistica, è quello dell’azione. Ho riflettuto a lungo sulle parole del cardinale Bagnasco, ho pensato ai ripetuti inviti della Conferenza episcopale a debellare un "male" che finisce per avere ricadute durissime sui carichi fiscali delle famiglie e sui servizi loro offerti».
<p><b>Tremonti ragiona a voce alta.</b>
<p> «Ha ragione il cardinale, le cifre sono enormi. Anche se è vero che negli ultimi anni l’azione di contrasto è stata più decisa».
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<b>Anche il ministro dell’Economia sa, però, che serve un nuovo sforzo, una nuova azione, magari anche più convinzione. E questa prende forma tornando sul concetto del segreto bancario.</b>
<p> «Abbiamo stabilito che scompare sul serio e, in pratica, nessuno se n’è ancora accorto, nessuno l’ha notato, nessuno l’ha sottolineato con la giusta rilevanza... Ma legga il decreto legge del 13 agosto; lo legga, per favore...».
<p><b>La nuova norma consente all’Agenzia delle Entrate di chiedere alle banche informazioni fondamentali: movimentazioni complessive annuali, saldi, eventuali garanzie.</b>
<p> «Queste informazioni verranno incrociate con le dichiarazioni fiscali e se non sarà tutto chiaro, scatteranno i controlli propedeutici all’individuazione dell’eventuale evasione».
<p> <b>Il linguaggio è tecnico, ma il messaggio di Tremonti è netto.</b>
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«Così, come nel resto d’Europa, superiamo il segreto bancario. Non per completare l’accertamento, ma per partire da qui, per fare l’accertamento, invertendo il processo, per vedere se i dati bancari da cui si parte coincidono a valle con le dichiarazioni presentate. Se no, c’è la rettifica automatica».
<p> <b>È una svolta profonda.</b><br />
<i>Finora i dati relativi alle movimentazioni di qualsiasi rapporto finanziario potevano essere chiesti dal fisco alle banche, ma solo in forma eccezionale, dopo l’attivazione di un controllo fiscale innescato su dati non bancari. E per questo ciò è avvenuto solo in un numero limitato di casi: nel 2010 ci sono state appena 11mila richieste in banca, a fronte di 400mila accertamenti. E nessuno è venuto a saperlo. Tremonti alza gli occhi da quelle ventidue righe dattiloscritte:</i>
<p> «Vede, di fatto sulla massa delle movimentazioni bancarie permaneva il segreto...».
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<b>Ministro, ma non si corre il rischio di esagerare? In tanti parleranno di "intrusione" fiscale...Lui allarga le braccia e nega:</b>
<p> «È stata una scelta difficile, complessa, impegnativa; ma anche una scelta profondamente morale e politica, una scelta non più rinviabile. In Europa funziona così, anzi molto di più. In Europa tutti i dati sono infatti online. Se hai soldi in banca, lo dichiari al fisco».
<p> <b>E noi faremo come l’Europa?</b>
<p> «Abbiamo ancora molta opacità, diverse zone grigie: in Europa il fisco sa tutto di quello che hai. Lì in dichiarazione si pagano le tasse sugli interessi bancari. Qui da noi non siamo a questo».
<p><b>Un voltar pagina che sa di "pugno di ferro", forse perfino tardivo.</b>
<p> «No, è soltanto un grado di rigore in più. Lo ripeto: nessuno ha in mente traumatiche azioni di polizia tributaria; la sfida è aprire una fase di presa di coscienza».
<p> <b>Crede che la gente capirà?</b>
<p> «Lo spero proprio. Per questo bisogna muoversi con gradualità. Se il progetto verrà realizzato con prudenza ed equilibrio, e io spero che sia così, darà risultati importanti; se dovessimo fare l’errore di spingere troppo sull’acceleratore, rischieremmo di uccidere il progetto prima che parta. Di trasformarlo di fatto in un boomerang».
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<b>Non è una sfida facile e un sistema fiscale così "complicato" come quello italiano non aiuta.</b>
<p> «Tutti dicono di voler "semplificare", ma nessuno ha mai semplificato. Il nostro sistema è stato disegnato mezzo secolo fa e da allora il mondo è cambiato profondamente...».
<p><b>Tremonti però non anticipa ricette. Ammette solo che nessuna ipotesi di lavoro viene trascurata pregiudizialmente. Anche il modello americano? Anche l’idea di offrire "premi" a chi opera e fa operare fiscalmente alla luce del sole?</b>
<p> «È complicato confrontare sistemi troppo diversi, in America lo Stato sociale è corto ed è solo per questo che la lista delle deduzioni fiscali è lunga. Quello è un mondo diverso: non c’è l’Inps, non c’è la scuola pubblica, ti paghi la sanità ed è per questo, non per fare la lotta all’evasione, che deduci tutto».
<p> <b>Stiamo ragionando sul contrasto di interessi, ma una pausa leggera precede la nuova riflessione:</b>
<p> «E poi vedo anche altri rischi. Chi ha soldi e reddito compra e detrae, ma la persona "incapiente", che campa con settecento euro al mese? Le stesse cose, gli stessi servizi costerebbero meno ai capienti che a lei. Non è costituzionale».
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<b>A Tremonti preme di modellare l’ultima delle quattro gambe. Per lui importantissima. Vuole riflettere sul ruolo «fondamentale» di controllo del territorio che si è deciso di affidare ai Comuni.</b>
<p> «C’è una sfasatura tra il luogo dove si produce il reddito e quello dove si accerta il reddito», <i>sottolinea il ministro, ammettendo subito che</i> «l’efficacia dell’azione di controllo, finora, ne è stata compromessa».
<p> <b>La svolta è rivitalizzare i Consigli tributari istituiti presso i Comuni. Insomma, là dove l’Agenzia delle Entrate non arriva ecco gli Enti locali.</b><br />
<i>Tremonti spinge. Spera che «si parta prestissimo».
Che sia questione «di mesi», non di anni.</i>
<p> «Il Tesoro è pronto a garantire ai Comuni ogni supporto tecnico per metterli nelle condizioni di muoversi ora»,<i> assicura il ministro che subito avverte:</i> «Parte dei soldi della lotta all’evasione finiranno proprio nelle casse dei Comuni. Chi non si attiva, non prende nulla. Per contro, proprio i necessari tagli ai Comuni serviranno anche a questo: a spingerli ad attivarsi anche loro nel contrasto all’evasione fiscale».
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<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=15ACXW">Avvenire - Arturo Celletti </a>Maurizio SAIA: Emendamento n° 2.3 (testo 2) 2011-09-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609688Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: CN) <br/><br/><br />
Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:<br />
1. Per gli anni 2012, 2013 e 2014 è applicata sulle rendite patrimoniali, il cui valore sia superiore a 1.000.000 euro, una tassa del 2 per cento. Sono esclusi dalla tassazione il computo del valore patrimoniale della prima casa, del patrimonio immobiliare in cui ha sede l'azienda ove il contribuente opera e gli impieghi di capitale in titoli di Stato italiani.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=615563">www.senato.it</a>Paolo GIARETTA: Patrimoniale, un tema scomodo ma da affrontare2011-02-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558078Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Ha ragione il Direttore Papetti (Gazzettino del 13 febbraio) a giudicare negativamente una “patrimoniale” che si applicasse a tutti i patrimoni, indipendentemente dalla loro dimensione, lasciando lo stesso livello di spesa pubblica e aumentando ulteriormente la pressione fiscale.
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Ma la proposta avanzata da Veltroni al Lingotto è profondamente diversa e la riassumo così.
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Primo passo: abbattere la spesa pubblica. Negli ultimi 10 anni (8 dei quali governati da Berlusconi) la spesa è cresciuta ad un tasso medio annuo del 4%, con un Pil a crescita sotto l’1%. La nostra proposta è: la spesa sia contenuta alla metà della crescita del Pil, con una revisione straordinaria di tutta la spesa esistente: neppure la spesa di un euro deve essere scontata. Nulla si deve continuare a fare in un certo modo solo “perché si è sempre fatto così”. Tutto deve essere trasparente e valutato. Carriere e stipendi di tutti, in alto come in basso, vanno legati alla valutazione dei risultati.
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Abolizione delle province nelle città metropolitane; un solo Ufficio territoriale del Governo; un solo istituto di previdenza; un nuovo modello di difesa e sicurezza, integrato in Europa, con meno uomini, e mezzi più sicuri ed efficaci. Le risorse liberate, insieme a quelle derivanti da una dura lotta alla grande evasione fiscale vadano ad alleggerire la pressione fiscale di chi paga troppo: lavoratori dipendenti, pensionati, piccoli imprenditori in regola con il fisco.
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Secondo passo: un piano straordinario per valorizzare il grande patrimonio pubblico italiano e attraverso la sua alienazione dare una forte scossa per l’abbattimento del debito pubblico. Una quota significativa del patrimonio pubblico va conferita ad un’apposita Società, partecipata dal sistema delle Autonomie, che la paga finanziandosi sul mercato e recando a garanzia il patrimonio ricevuto.
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Tutte le risorse acquisite, dal primo all’ultimo centesimo, sono usate dallo Stato per ridurre il debito, mentre la Società sarà libera di valorizzare il patrimonio come meglio crederà, fermi restando i vincoli culturali, ambientali e storico-paesaggistici.
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Terzo passo. La Banca d’Italia ha certificato di recente che il decimo più ricco della popolazione italiana possiede quasi la metà del patrimonio privato italiano, che nel suo insieme ammonta a circa il triplo del debito pubblico. E’ così sconcertante chiedere al 10% più ricco della popolazione di contribuire in via straordinaria con una frazione minima della propria ricchezza ad abbattere il macigno del debito che sta strozzando il paese? Se il debito fosse riportato con queste mosse straordinarie ad esempio dall’attuale 120% del Pil all’80% avremmo liberato per il paese energie finanziarie enormi.
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Di questo si tratta. Non c’entrano niente i risparmi dei pensionati o il modesto investimento in qualche appartamento. Questo patrimonio lo colpirà ingiustamente l’IMU, introdotta dal decreto sul federalismo municipale, che colpirà tutte le proprietà immobiliari tranne la prima casa. Cosicché il ceto medio che ha investito in 2 o 3 appartamenti vedrà il proprio reddito colpito, mentre le grandi proprietà immobiliari in capo alle società finanziarie non pagheranno un euro. Si è chiesto ai lavoratori della Fiat un sacrificio. Possibile che debba fare un sacrificio chi ha un reddito di 1000 euro al mese e al 10% più ricco della popolazione non si possa chiedere un modesto contributo per rimettere in piedi il paese? In ogni caso la linea direttiva di Tremonti per la riforma fiscale (sempre promessa, mai avviata) è “dalle persone alle cose”. Se come cose non si intendono i grandissimi patrimoni cosa si intende? Sono temi scomodi ma chi ha a cuore il futuro nostro ha il dovere di affrontarli.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=XHAYK">Il Gazzettino</a>