Openpolis - Argomento: africahttps://www.openpolis.it/2017-04-28T00:00:00ZFRANCO MIRABELLI: Propaganda contro Ong colpisce chi salva vite2017-04-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it779419Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“Al momento l’indagine della Procura di Catania sulle ONG è tutta da dimostrare e la battaglia propagandistica scatenata sull’inchiesta da alcune forze politiche rischia di colpire migliaia di volontari che quotidianamente si dedicano a salvare le persone in mare”. Lo ha detto il senatore del Pd Franco Mirabelli questa mattina ad “Aria pulita” su 7 gold.
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“Attribuire – ha continuato Mirabelli – un fenomeno epocale come quello migratorio, che oltretutto non riguarda solo il nostro Paese, a qualche organizzazione criminale e ai suoi presunti rapporti con le ONG, mi pare una tesi un po’ ardita che non tiene conto di qual è la situazione oggi in Nord Africa, in Siria e di quali ragioni spingono migliaia di persone disperate a cercare una vita diversa. L’immigrazione va regolata, ospitando solo chi nel proprio paese è a rischio della vita. Ma è una forzatura trasformare ONG impegnate in tutto il mondo in organizzazioni che favoriscono immigrazione e criminalità. Così come – ha concluso Mirabelli – fa sorridere la tesi secondo cui gli stranieri arrivano nel nostro Paese perché li andiamo a prendere e non perché l’Italia è attaccata al Nord Africa”.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/esteri/mirabelli-propaganda-ong-colpisce-salva-vite/">senatoriPD</a>Mario MAURO: «L'EU è inerte, serve un'agenda» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648121Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: PPE) <br/><br/><br />
«Sulla Nigeria l'Ue è latitante, anche all'Onu, dove invece sarebbe necessario imporre un'agenda precisa con richieste al governo federale del paese africano di una più forte azione». <p>
«Noto con rammarico che nemmeno una delle riunioni settimanali dei rappresentanti dei 27 stati Ue membri dell' Onu è stata dedicata alla questione. Né se n'è fatto carico il rappresentante a New York dell'Alto rappresentante per la politica Estera Ue Cathrine Ashton». <p>
<b>Che cosa dovrebbero chiedere i Paesi Ue all'Onu?</b> <p>
«Non si solleva la questione per non urtare i Paesi islamici. Un'agenda comune Ue per condizionare il dibattito al Palazzo di Vetro e fare pressione sul governo nigeriano affinché attivi il suo esercito, che è uno dei migliori del mondo, a difesa delle minoranze religiose».<p>
<b>L'EU non potrebbe fare come con il Ghana, a cui Bruxelles ha congelato 22 milioni di euro di aiuti per problemi sul fronte dei diritti umani?</b> <p>
«Si potrebbe certo, e questa è una specifica competenza della signora Ashton. La quale, invece, dopo la nostra risoluzione di marzo non ha fatto assolutamente niente». <p>
<b>Del resto questa inerzia è più generale. A che cosa e dovuta secondo lei?</b><p>
«Il punto è che, sia all'Ue come all'Onu, non si solleva la questione della Nigeria per timore di urtare le suscettibilità dei Paesi islamici. Si preferisce, soprattutto da parte dei media anglosassoni, parlare di una presunta guerra civile fra opposti estremismi. E' falso: in Nigeria non c'è una guerra tra fazioni, c'è solo un gruppo terroristico che colpisce, peraltro anche i musulmani. Mentre non risulta alcun gruppo cristiano che colpisca gli islamici».<p>
<b>E magari contano anche gli interessi economici...</b> <p>
Ma certamente, anche dell'Italia, legati ovviamente al petrolio. Del resto l'economia c'entra anche con questi gruppi terroristici, molto più della religione. Non è una guerra religiosa, ma un conflitto per nuovi assetti di potere, legati anche qui alla questione delle ricche royalties petrolifere. <br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IT7PK">Avvenire | Giovanni Maria Del Re </a>Andrea Riccardi: Cristiani perseguitati perché simbolo di pluralismo2012-04-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626966Alla data della dichiarazione: Ministro Cooperazione internazionale e integrazione<br/><br/><br />
I cristiani "purtroppo non da oggi, sono il bersaglio della violenza: a cominciare dalla violenza radicale islamista che vuole inverarsi attraverso il sacrificio umano del cristiano...". Lo sottolinea al Corriere della Sera il ministro per la Cooperazione internazionale Andrea Riccardi commentando la strage di cristiani in Nigeria.
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In Africa, come del resto in Iraq, si registra "un nuovo attivismo islamista" che punta a "costringere all'esodo la minoranza cristiana". Questo, rileva Riccardi, "perchè i cristiani sono miti e si confrontano, dialogano, sono una garanzia di pluralismo che il totalitarismo musulmano vuole annientare. Gli attentati a luoghi di culto sono l'espressione di un totalitarismo imbestialito: colpire gente in preghiera è una vera bestemmia, anche se gli islamisti lo fanno in nome di Dio".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.avvenire.it/Politica/Pagine/riccardi-su-attentati-in-nigeria.aspx">l'Avvenire</a>Andrea Riccardi: Mariani libera: Burkina Faso paese amico dell'Italia2012-04-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626852Alla data della dichiarazione: Ministro Cooperazione internazionale e integrazione<br/><br/><br />
...lasciando questa mattina Ouagadougou alla volta della Guinea Conakry, è stato ribadito il ringraziamento al presidente del Burkina Faso Blaise Compaorè, incontrato ieri, per ''il ruolo giocato dal suo Paese nella liberazione di Maria Sandra Mariani''.
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''Il Burkina Faso è uno Stato chiave, amico dell'Italia e dell'Occidente, in un'area geopolitica molto tormentata a causa dell'estremismo religioso, del terrorismo e del traffico di droga e di esseri umani.<br />
L'Italia ha un importante ruolo da recuperare in questa regione e, più in generale, in tutta l'Africa. Per questo è necessario compiere una approfondita riflessione su come rilanciare le nostre politiche di cooperazione internazionale''<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Mariani_libera__Riccardi__Burkina_Faso_paese_amico_dell_Italia-1146936-POL.html">Asca</a>Patrizia TOIA: L'UE agisca contro il land grabbing!2012-03-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626341Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
“Non è vero, come si dice spesso, che la cooperazione europea non sia efficace. Infatti è stato positivo il riscontro della Corte dei Conti Europea che, dopo un’attenta analisi, ha segnalato che gli aiuti UE allo sviluppo per la sicurezza alimentare nell’Africa subsahariana sono in gran parte efficaci e contribuiscono in modo determinante al conseguimento della sicurezza alimentare delle popolazioni che abitano quei territori”. Ad affermarlo è Patrizia Toia, deputata europea del Partito Democratico e vicepresidente del gruppo S&D al Parlamento Europeo.
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“La sicurezza alimentare è un problema globale: oggi, circa un miliardo di persone nel mondo soffre la fame. Nell’Africa subsahariana, in particolare, secondo i dati raccolti nel 2010, 239 milioni di persone, pari al 30% della popolazione totale, soffrivano la fame. Per far fronte a questa necessità, tra il 2002 e il 2012, l’Unione Europea ha stanziato oltre 3,1 miliardi di euro. Siamo consapevoli del fatto che molto ancora c’è da fare in questo ambito, affinché il cibo sia un diritto garantito per tutti e, sicuramente, l’Europa terrà in considerazione le indicazioni fornite dalla Corte” – prosegue Toia.
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“Personalmente, da tempo, insieme ad altri colleghi, porto avanti la battaglia al fenomeno del land grabbing, ancora poco noto alle cronache ma che in molti Paesi del Sud del mondo si verifica in modo indiscriminato, andando ad incidere in modo pesantemente negativo sulle popolazioni locali (spesso poverissime), privandole dei loro diritti e, conseguentemente, anche delle possibilità di accedere al cibo. La lotta a questo fenomeno è difficoltosa: il land grabbing vive sulla corruzione, sulla scarsa trasparenza negli accordi per l’acquisizione delle terre da parte di grandi multinazionali o addirittura di governi e servirebbero regole chiare a livello globale che stabiliscano in modo certo i diritti, ma qualcosa comincia a muoversi, anche grazie alle tante denunce di associazioni e ONG che operano in quei territori, e la politica deve saper raccogliere questa importante battaglia, che andrà a beneficio della sicurezza alimentare di molti che oggi ne sono privi” – conclude Toia.
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<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.it">patriziatoia.it</a>David-Maria SASSOLI: Africa, tre ostaggi italiani ancora nelle mani dei rapitori in Algeria e Tanzania 2012-03-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625580Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
A ricordare gli altri ostaggi italiani ancora nelle mani dei rapitori all’estero è intervenuto l’eurodeputato <b>David Sassoli</b> che ha annunciato:
<p> “La prossima settimana a Strasburgo chiederemo, tramite il Parlamento, alle istituzioni europee di mobilitarsi, di non spegnere i riflettori e di attivarsi per la protezione degli italiani e di tutti i cittadini europei sequestrati in tante regioni del mondo perché è necessario compiere ogni sforzo per riportare quelle persone alle loro famiglie”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/08/africa-ancora-ostaggi-italiani-nelle-mani-rapitori/196254/">Il Fatto Quotidiano</a>Emma BONINO: Mutilazioni genitali femminili. Una pratica da proibire e condannare - INTERVISTA2012-03-05T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625512Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Oltre tre milioni di bambine, soprattutto in Africa ma non solo, ogni anno subiscono l’atroce tortura della mutilazione genitale femminile (Fgm), una violenza che colpisce la donna per tutta la vita. Al Palazzo di Vetro dell’ONU, si è prossimi a votare, entro la fine dell’anno, una risoluzione di condanna di questa crudele pratica che calpesta i diritti umani delle donne. Protagonista di questa campagna per far votare la risoluzione dall’Assemblea Generale è l’Italia, il nostro paese è riuscito infatti a coinvolgere molti governi africani che adesso presenteranno di loro iniziativa questa risoluzione. Protagonista di questa ennesima battaglia per i diritti umani della donna è la radicale Emma Bonino, attuale vicepresidente del Senato, già Commissario europeo ai Diritti Umani e fondatrice della Ong internazionale “No Peace Without Justice” da sempre in prima linea nella campagna contro le Fgm. L’abbiamo intervistata al Palazzo di Vetro durante i lavori della sessione dell’Onu dedicata alla condizione della donna.
<p><b>Senatrice Bonino, allora anche sulle Fgm il traguardo di una risoluzione di condanna è ormai vicino?
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“Come forse i lettori sanno è una battaglia che va avanti da dieci anni con gli ultimi due dedicati ad avere una risoluzione delle Nazioni Unite che metta al bando queste pratiche e chiarisca per tutti l’aspetto legale, cioè che le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani di base e che come tali vanno messi fuorilegge. Abbiamo provato la prima volta nel 2010, c’è stato uno stop. Nel 2011 c’e’ stato detto dagli africani che questa era un affare africano e che quindi era preferibile una ‘African Ownership’ e allora abbiamo lavorato in Africa e abbiamo ottenuto la dichiarazione dei capi di stato e di governo nel summit di Malabo (Guinea). Dopodiché arriviamo qua pensando che ormai fosse tutto facile dato che, dal punto di vista politico, c’era anche questa dichiarazione, e invece ci siamo ritrovati nelle solite pastoie anche burocratiche. E credo che invece questi ultimi due giorni, in particolare l’evento di lunedì sera con così tante ministre africane e poi il concerto di martedì che è stato un grande successo e gli incontri bilaterali che io continuo ad avere, siano stati una svolta. All’evento di lunedì ha preso la parola il coordinatore del gruppo africano, l’ambasciatore Bertin Babadoudou, che ha detto che insomma sì, abbiamo trascinato con i piedi, per ragioni di gelosie...”
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<b>Chi era geloso? Forse qualche paese...</b>
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“Lui non ha elaborato... però ha detto che ‘adesso è il momento e io vi garantisco che entro questa sessione avremo la risoluzione’. E questo è stato un grande successo politico ed evidentemente si tratterà di non mollare la presa. Però devo dire che proprio a partire dall’evento si sono fatti vivi una serie di paesi di cui i ministri non erano presenti. Così ho avuto poi una serie di incontri bilaterali, per esempio con la Nigeria che mi ha contattato”.
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Un paese africano molto importante</b>
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“E poi la Liberia, un altro paese importante. E anche un bilaterale con gli americani con cui sono in contatto da molto tempo su questa questione”.
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<b>Insomma come se tutti volessero partecipare solo dopo la sorpresa di vedere così tanti ministri e ministre all’evento al Church Center...</b>
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“Sì, perché infatti sono arrivati paesi che non ci aspettavamo proprio, come la Costa d’Avorio. E non ci aspettavamo il Camerun, un altro esempio. Poi sono venute una serie di altre delegazioni, non a livello ministeriale e che però poi si sono fatte vive in questi giorni. Quindi a me pare che la volontà politica che avevamo constatato in Africa, finalmente si sia trasposta anche in questa burocrazia che a volte, volendo o non volendo, poi in realtà finisce per frenare sostanzialmente”.
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<b>Michelle Bachelet, l’ex presidente del Cile ora a capo di ‘UN Women’, fino all’anno scorso appariva piuttosto scettica sulle possibilità di arrivare presto ad una risoluzione. Invece lunedì sera appariva carica, piena di entusiasmo per l’iniziativa.</b>
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“Sì, con Michelle Bachelet abbiamo preso contatti l’anno scorso e abbiamo lavorato insieme per il rapporto del Segretario Generale, e credo che a furia di approfondire questo tema, anche lei sia arrivata alla conclusione, che gli sforzi nazionali vanno bene, anche gli sforzi a livello di comunità di base, ma tutto questo diventa effimero se non c’è un radicamento nella legge. Scritto nella pietra insomma, cosa è buono e cos’è cattivo. Quindi lunedì Bachelet ha dimostrato ampiamente di essere arrivata anche lei alla conclusione che avere una risoluzione è un dato molto importante. Stabilisce, erga omnes, questa pratica è una violazione e quindi come tale va proibita e va condannata.”
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<b>Il ministro del Lavoro Elsa Fornero - e per lei in questo momento non era facile lasciare l’Italia - ha detto qui a New York che ha capito come fosse importante esserci all’Onu in questo momento. E ha aggiunto che il governo Monti andrà fino in fondo su questo impegno. Il governo si sta muovendo più di quelli che lo hanno preceduto o sui diritti umani tutti i governi in Italia si comportano allo stesso modo?</b>
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“Sui diritti umani non tanto, ma su questa campagna specifica, i governi che si sono succeduti ne Alcuni più esposti, altri magari un po’ più tattici ma devo dire che anche il sostegno finanziario o anche il sostegno negli incontri con gli africani, e ricordo una missione in Uganda, con il Sottosegretario Scotti, che passammo a parlare di Fgm. Insomma tutti i governi, sul tema delle mutilazioni, a me pare sono stati sempre molto determinati. È chiaro che il ministro Fornero capisce che siamo al momento conclusivo e quindi bisogna assolutamente tenere la barra per non farsi sfuggire l’obiettivo. Perché può capitare che poi accadano altre priorità, la gente si distrae, poi quando si tratta di donne si distrae facilmente, ecco che allora è molto importante tenere la barra. Ecco quindi che penso che per il ministro sia stato molto importante esserci, di aver capito e visto la mobilitazione nostra a livello internazionale che va avanti da tanto tempo, poi la missione italiana ha organizzato il concerto con Angelique Kidjo che è un altro elemento molto importante per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale”.
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<b>Infatti si parla di oltre 50 televisioni che lo ritrasmetteranno, in Italia andrà in onda l’8 marzo, per la festa della donna.</b>
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“Un risultato molto importante, è dieci anni che lottiamo sulle Fgm”.
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<b>Già, ricordiamo anche che nel 2007, dopo una lunga campagna dei radicali si arriva al voto in Assemblea Generale sulla moratoria per la pena di morte. Quando avevate iniziato questa battaglia non ci credeva nessuno...</b>
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“Era il 1994 quando siamo partiti sulla moratoria e cocciuti come siamo l’abbiamo ottenuta”.
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<b>Adesso nel 2012 di nuovo vicini ad un obiettivo che solo qualche anno fa sembrava impossibile.</b>
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“Sì, veramente sembrava impossibile”.
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<b>Ma i radicali non mollano mai?</b>
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“Credo che la durata sia la forma delle cose. Lo sappiamo bene e spero che sia così anche nella campagna attuale che facciamo sulle carceri, sulla giustizia e la mancanza di diritto nel nostro paese, magari un po’ più presto se fosse possibile, ecco magari un pochino più rapido”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://notizie.radicali.it/articolo/2012-03-05/intervista/mutilazioni-genitali-femminili-emma-non-molla-mai">America Oggi | Stefano Vaccara | notizie.radicali.it</a>Andrea Riccardi: Discorso per la Cooperazione Internazionale e l'integrazione in occasione della 35esima sessione del Consiglio dei Governatori dell' IFAD2012-02-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625248Alla data della dichiarazione: Ministro Cooperazione internazionale e integrazione<br/><br/><br />
Sono onorato di prendere la parola in questo consesso di grande rilievo che manifesta a un’opinione pubblica mondiale spesso distratta, come la lotta alla povertà e alla fame sia un fatto decisivo e una realtà con cui ci si deve misurare costantemente. Non si tratta solo di un’emergenza, ma purtroppo di una drammatica costante della storia del nostro tempo.
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La rapidità dei cambiamenti e le sfide geopolitiche attraggono la nostra attenzione, se non la monopolizzano: i mutamenti impetuosi in Medio Oriente e nel mondo arabo, la tumultuosa trasformazione del continente africano con le sue povertà ma anche le opportunità quali le sue risorse naturali e umane, senza dimenticare il nuovo protagonismo dell’Asia e dell’America latina. Sono tanti i cambiamenti e non si arresteranno. E’ giusto prestare attenzione a tali realtà. Non sarò io a negarlo, per la passione che porto a questo scorrere impetuoso della storia dei nostri giorni.
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Tuttavia, in questo quadro tumultuoso e affascinante, ci sono dei fenomeni da non sottovalutare. Le carestie recenti (Corno d’Africa e Sahel) ricordano perentoriamente che la sicurezza alimentare è una priorità dell’agenda globale. La fame resta una triste, anzi lugubre, compagna della storia dei nostri giorni. Non possiamo dimenticarlo né cancellarlo dall’agenda della nostra azione politica. Molte sono le priorità per i nostri paesi, come l’Italia, stretta da una crisi economica. Ma la sicurezza alimentare, la lotta alla fame, è priorità delle priorità. Infatti – lo ha ribadito il Presidente Monti - la crisi alimentare è più grave di quella finanziaria.
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Sono stato recentemente in Niger, dove ho potuto constatare lo sforzo enorme che un piccolo paese affronta per rispondere alle sfide della fame, delle migrazioni, della pressione fondamentalista, dell’instabilità. Il Presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, mi ha detto di non volere che la prossima siccità sia sinonimo di carestia.
C’è una forte volontà dei Paesi dell’area di mettere in campo meccanismi sostenibili per garantire la sicurezza alimentare alle loro popolazioni.
Sappiamo che per nutrire una popolazione mondiale che raggiungerà 9 miliardi nel 2050, la produzione agricola dovrà crescere del 70 per cento circa. E’ una sfida enorme. E’ un cantiere su cui si deve lavorare fin da adesso! Solo una preveggente azione preventiva permetterà di reggere l’impatto con questa grande domanda alimentare.
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Lotta alla fame vuol dire anche – non dimentichiamolo! - un investimento nella pace. Infatti spesso le carte geografiche della fame e della guerra si sovrappongono in modo impressionante. Sfamare il mondo lo libera dall’inquinamento della guerra. Una recente ricerca dell’IFAD assieme all’International Food Policy Research Institute (IFPRI) ha esaminato il nesso tra sviluppo rurale, sicurezza alimentare e conflitto. La conclusione principale è molto interessante: i conflitti sociali sono più probabili quando i benefici della crescita economica non raggiungono i più poveri. E tale povertà si deve soprattutto all’assenza di investimenti nell’agricoltura. L’agricoltura infatti è il settore della lotta alla povertà per eccellenza. Da molti anni sono convinto che non solo la guerra sia madre di tante povertà, ma che la fame e la povertà siano madri della guerra e della violenza.
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Caro Signor Presidente Nwanze,
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mentre la ringrazio di avermi invitato a prendere la parola in questo consesso, le voglio assicurare che l’Italia guarda con molto interesse al lavoro dell’IFAD. E’ un interesse chiaro del Governo italiano. L’aumento del contributo italiano nella nona ricostituzione delle risorse è un messaggio concreto di fiducia nella vostra Istituzione. E’ un messaggio chiaro, in un tempo in cui purtroppo il nostro Paese ha ridotto le risorse in vari settori di cooperazione.
<p> Ma – vorrei aggiungere - l’opinione pubblica italiana guarda con grande interesse alla qualità dell’azione dell’IFAD. Credo che vi sarete accorti di questo, vivendo in Italia.
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Il vostro ruolo a sostegno dei piccoli agricoltori dei paesi in via di sviluppo è tra le risposte più efficaci alla lotta contra la fame. Infatti, coinvolge i quattro quinti dei veri protagonisti della lotta contro fame e povertà. Tra i protagonisti penso in particolare alle donne. E’ felice la scelta dell’ONU, che ha dedicato l’8 marzo di quest’anno al ruolo delle donne nelle campagne. Esse hanno enormi potenzialità nel far cambiare la storia di questo mondo agricolo.
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In questo cantiere si combatte quotidianamente e concretamente per evitare le catastrofi di cui solo alla fine si accorge la pubblica opinione.
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L’IFAD ha mantenuto fede alla sua missione anche in anni in cui il sostegno ai piccoli contadini è diminuito. La sua “doppia natura” è una qualità particolare: un valore aggiunto, perché combina l’esperienza e la competenza delle istituzioni finanziarie internazionali con l’inclusività delle agenzie delle Nazioni Unite.
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L’Italia ha sottoscritto, in ambito G20, un importante piano d’azione sulla volatilità dei prezzi alimentari e sull’agricoltura. E’ fondamentale agire in modo tempestivo per mitigare le fluttuazioni dei prezzi alimentari che causano fame, malnutrizione e instabilità sociale in molti paesi. Ma la politica non è solo agire nell’immediato. Non ci si può restringere all’emergenza. Tante volte i pompieri arrivano tardi, quando l’incendio ha bruciato tante vite umane. E talvolta gli incendi non si possono spegnere.
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Bisogna lavorare sul medio e lungo periodo! L’IFAD si qualifica sempre più come uno dei principali attori per la sicurezza alimentare, aumentando la produttività agricola e, non ultimo, individuando i modi per accrescere i redditi della popolazione rurale. Ha di mira infatti anche le attività non agricole. Occorre, in tante parti del mondo, creare impiego per le donne e i giovani che non hanno altra soluzione che migrare verso le città.
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In questo senso è necessario un pensiero sul futuro del mondo rurale in cui si forgino nuove relazioni tra città e campagna.
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Il mio punto di vista non è quello di un esperto di agricoltura o di sviluppo rurale, ma il punto di vista di chi ha dedicato la maggior parte della sua vita alla comprensione della condizione umana e al riscatto di chi è considerato periferico.
<p>Per me l’IFAD è una riserva preziosa per l’umanità, perché alimenta una visione in un tempo in cui spesso procediamo nella nebbia e senza visione del futuro. Questa è la visione: dare ai poveri del mondo rurale la possibilità di accedere a più benessere e sicurezza alimentare.
<p> E’ insomma far vivere milioni di donne e di uomini; far rivivere il mondo rurale, evitando la desertificazione umana delle campagne (sì, c’è anche una desertificazione di questo tipo!).
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Come Ministro dell’Integrazione, trovo di grande interesse quelle iniziative dell’IFAD che orientano le rimesse degli immigrati (investimenti della diaspora) verso la lotta contro la povertà rurale. Le rimesse sono infatti la più grande risorsa di cooperazione nel mondo. Mi sono impegnato a operare per una riduzione delle imposte sulle rimesse in considerazione della loro importante ricaduta in tante aree del mondo.
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L’agricoltura può rappresentare una via d’uscita sostenibile dalla povertà per molti piccoli contadini e allevatori. Ma essi hanno bisogno di accesso a una sufficiente quantità di acqua. Hanno bisogno di certezze relativamente alla proprietà o all’uso della terra; necessitano di denaro o prestiti per acquistare fertilizzanti e attrezzi agricoli. Hanno bisogno di mercati che funzionano. Quando sono senza terra hanno bisogno di un impiego che permetta loro di vivere. L’assenza di tali condizioni li fa affogare nel circolo vizioso della povertà. La morte per fame o la malnutrizione ne sono la conseguenza più tragica.
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Per questo, è necessaria una politica ambiziosa, non solo capace di risvegliarsi in qualche emergenza. E’ necessaria una visione per gli anni futuri. E sono lieto di passare poi il testimone a Bill Gates che ci aiuterà a immaginare un mondo in cui gli investimenti nell’agricoltura potranno ridurre sensibilmente la povertà.
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Nella mia qualità di Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione della Repubblica Italiana, considero prioritario, per il mio Paese, forgiare una cultura politica nuova nell’aiuto allo sviluppo. Abbiamo avuto e viviamo tempi non facili. In questi tempi siamo tentati di chiuderci in noi stessi, magari dicendo: “siamo impoveriti e in crisi, non c’è spazio per guardare al resto del mondo!”. Al contrario sono convinto che, proprio in momenti difficili, un Paese come l’Italia deve ascrivere la cooperazione nella sua visione del futuro, per vivere responsabilmente la globalizzazione. Questa è la mia lotta quotidiana.
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Per essere credibili di fronte a noi stessi e non solo di fronte al mondo, dobbiamo investire di più, sia in termini di risorse sia di idee. Faremo del nostro meglio, per incrementare le risorse. Ma l’Italia come secondo donatore dell’IFAD può dire di aver fatto la sua parte.
Non faremo mancare il nostro contributo di idee. Vorrei citare solo alcuni tra i settori in cui è possibile fare di più e meglio: le innovazioni tecnologiche che possono migliorare l’alimentazione, lo sviluppo dell’associazionismo tra i produttori agricoli, il sostegno agli “Stati fragili” (in quest’ultimo caso, l’agricoltura rappresenta una realtà vitale).
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L’appuntamento dell’Esposizione Universale Milano 2015, dedicata al tema “nutrire il pianeta, energia per la vita”, coincide con la scadenza del raggiungimento degli obiettivi del millennio. Rappresenta un momento ideale di sintesi delle iniziative in corso per il dimezzamento del numero degli affamati. Vorrei attrarre la vostra attenzione su questo importante appuntamento!
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La fame non è solo un problema umanitario. Non affrontare questo problema sarebbe un errore economico gravissimo. Se non si proteggono i bambini nei momenti critici della crescita e dello sviluppo, si può distruggere un'intera generazione: ciò avrà tanti effetti negativi, tra cui il ritardo dello sviluppo economico di un Paese per decenni. Così come è assurdo immaginare che possa venire rimessa in moto una dinamica economica quando la maggioranza dei lavoratori è denutrita, o ancor peggio è strangolata dal binomio malnutrizione-AIDS.
<p> La protezione di livelli minimi di nutrizione è un obiettivo centrale delle politiche di un Paese in via di sviluppo.
Mentre mi avvio alla conclusione, vorrei richiamare il vostro interesse sulla necessità di promuovere la condizione giuridica, ovvero i diritti delle popolazioni rurali: registrazione allo stato civile soprattutto, ma anche proprietà della terra e accesso al credito. Si inizia con il diritto ad esistere (registrazione allo stato civile, che spesso manca per i bambini) che permette il dispiegamento via via di altri diritti e in ultima analisi, il diritto a una vita dignitosa, libera dalla povertà e dalla fame.
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Il focus dell’IFAD sull’accesso all’acqua potabile, in vista dell’importante vertice di Marsiglia, assume particolare rilevanza. Pensiamo di non lasciare sola la Banca Africana di Sviluppo nel suo sforzo di favorire l’accesso all’acqua potabile in Africa.
Come romano, credo che la vostra presenza ricordi alla città di Roma la sua vocazione universale. Permettetemi di citare lo storico Theodor Mommsen: “A Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti”. Voi rappresentate un grande proposito cosmopolita.
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Il mio auspicio è che questa città e l’Italia tutta possa interagire meglio con quel mondo cosmopolita e globalizzato che voi rappresentate, e fare la sua parte per riscattare il destino dell’umanità.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.ifad.org/events/gc/35/speech/riccardi.htm">IFAD</a>Emma BONINO: Donne e non violenza: due rivoluzioni2011-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609765Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Dire che sono contenta è banale, ma vero. Sono molto contenta. Perché se pure qualche rumore sulla possibilità che il premio Nobel per la Pace potesse essere conferito a Ellen c’era, la competizione è stata difficile fino all’ultimo. Con lei, Ellen Johnson Sirleaf, ho lavorato un po’ di anni fa: era mia collega nell’International Crisis Group. Era il periodo in cui era in esilio a Washington, dopo l’arresto e la galera negli anni Ottanta seguiti al colpo di Stato; spinse l’organizzazione a occuparsi di più di Africa e delle dittature.
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Ma quello che mi fa più contenta è la motivazione di questo Nobel, che è rivoluzionaria. Non solo afferma che senza le energie e la creatività del 50 per cento della popolazione mondiale non si va da nessuna parte. Ma premia la scelta, da parte di queste tre donne, della nonviolenza declinata in modi diversi, certo, nelle diverse aree del mondo. Da radicale per me è un principio fondamentale. Infine, e questo si vede soprattutto nella scelta dell’attivista liberiana Leymah Gbowee, si premia la riconciliazione post dittatura. Lei, cristiana, ha fatto un’associazione con le donne musulmane, superando le diversità religiose in nome del bene del suo Paese. Mi ricorda, con tutte le diversità del caso, il Nobel del ‘76 attribuito alle attiviste nordirlandesi Betty Williams e Maired Corrigan che avevano fondato l’associazione Women for peace (donne per la pace), con le donne cattoliche e protestanti insieme.
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Ellen Johnson Sirleaf è riuscita a riappacificare la Liberia dopo l’era di Taylor. È stata inflessibile nel chiedere l’estradizione dell’ex presidente, accusato dal Tribunale speciale per la Sierra Leone dei crimini contro l’umanità commessi durante la guerra civile in quell’infelice Paese (fomentata dall’allora presidente liberiano Charles Taylor). E ripenso con orgoglio oggi quanto noi radicali con «Non c’è pace senza giustizia» abbiamo lavorato in sinergia con Ellen, per l’istituzione di quel tribunale ad hoc, cui pochissimi credevano. Da presidente, poi, ha condotto con saggezza e moderazione, così come ha fatto anche Mandela per il Sudafrica, la transizione del suo Paese. Ha istituito una commissione di riconciliazione per valutare i crimini commessi e confessati, senza pena di morte, in modo che potesse prevalere la giustizia sulla vendetta nel chiudere un’epoca sanguinosa della Liberia e guardare avanti.
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Il Nobel di quest’anno è un riconoscimento a generazioni, culture, provenienze etniche e religiose diverse. Tawakkol Karman è una ragazza, Leymah Gbowee quasi una quarantenne e Ellen una settantenne.
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Sono donne che provengono non solo da Paesi e zone del mondo diverse, una è musulmana, una, Leymah, è cristiana e Ellen non usa far riferimento pubblico ad alcuna religione. Tawakkol Karman è un’«islamista» con delle contraddizioni positive, non appartiene all’area liberale della primavera araba. Ma è un’islamista sui generis, non interamente velata, come usa diffusamente in Yemen. Ed è la prima donna araba, di qualsiasi disciplina, insignita del Nobel.
<p>
Io spero che le motivazioni di quest’anno facciano riflettere tutto il mondo. Non si è più premiata la diplomazia (basti pensare ai Nobel di Kissinger o Arafat, ma anche a quello di Martti Athisaari, o addirittura a quello a Obama), la soluzione classica dei conflitti. Si riconosce e si premia un elemento diverso: le donne, svantaggiate ovunque nel mondo, in posti dove si è o si è stati sull’orlo della guerra civile, con determinata nonviolenza cercano di riportare la legalità, il rispetto dei diritti della persona, la democrazia.
<p>
Ieri dopo aver letto la notizia, passando nei corridoi del Senato, mi sono ritrovata a sorridere ai colleghi maschi, scherzando ma non troppo: «Rassegnatevi e fate di necessità virtù». A noi donne dico: «È un momento importante, facciamone tesoro».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=15A1G7">Corriere della Sera</a>GIUSEPPE RANGON: profughi2011-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590635Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Monselice (PD) (Lista di elezione: CEN-DES (LS CIVICA)) <br/><br/>Oggi i primi dieci stranieri dalla Libia. Saranno ospitati al Ceod di Monticelli
Martedì 14 Giugno 2011,
(Ca.B.) Arriveranno oggi nella città della Rocca i primi dieci profughi che saranno accolti nel Ceod di Monticelli. Il
consigliere con delega alla Protezione Civile, Giuseppe Rangon, partirà alle 9 per andare a prenderli a Padova. E
in tarda mattinata raggiungeranno Monselice, che li ospiterà almeno per sei mesi. A riceverli ci sarà
probabilmente anche un comitato di accoglienza, spontaneamente costituito dai residenti. Sembrano infatti
appianate le tensioni sorte nei giorni scorsi, quando alcuni residenti avevano insultato gli operai a lavoro per la
sistemazione della passerella d'accesso al Ceod. Il primo pranzo nella città della Rocca avverrà alla presenza degli
amministratori e dei rappresentanti del mondo del volontariato. Salvo sorprese dell'ultima ora, è stata confermata
la nazionalità dei dieci profughi, tutti originari del Ghana e residenti in Libia, dove lavoravano come muratori,
piastrellisti ed escavatoristi. Si tratta di dieci uomini, tra i 20 e i 40 anni, che parlano l'inglese. L'idea del distretto,
e in particolare dell'amministrazione comunale, è però quella di insegnare loro l'italiano. Per questo si stanno
cercando docenti di lettere, preferibilmente professori in pensione o liberi per le vacanze estive, che sappiano
parlare anche in inglese.
Data:
14-06-2011 Il Gazzettino (Padova)
Comitato di accoglienza per i profughi
Argomento:<br/>fonte: <a href="http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/bf/filesupload/rassegna_stampa_protezione_civile_15_giugno_2011___NORD_60841.pdf">il giornale della protezione civile</a>GIUSEPPE RANGON: profughu2011-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590634Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Monselice (PD) (Lista di elezione: CEN-DES (LS CIVICA)) <br/><br/>Oggi i primi dieci stranieri dalla Libia. Saranno ospitati al Ceod di Monticelli
Martedì 14 Giugno 2011,
(Ca.B.) Arriveranno oggi nella città della Rocca i primi dieci profughi che saranno accolti nel Ceod di Monticelli. Il
consigliere con delega alla Protezione Civile, Giuseppe Rangon, partirà alle 9 per andare a prenderli a Padova. E
in tarda mattinata raggiungeranno Monselice, che li ospiterà almeno per sei mesi. A riceverli ci sarà
probabilmente anche un comitato di accoglienza, spontaneamente costituito dai residenti. Sembrano infatti
appianate le tensioni sorte nei giorni scorsi, quando alcuni residenti avevano insultato gli operai a lavoro per la
sistemazione della passerella d'accesso al Ceod. Il primo pranzo nella città della Rocca avverrà alla presenza degli
amministratori e dei rappresentanti del mondo del volontariato. Salvo sorprese dell'ultima ora, è stata confermata
la nazionalità dei dieci profughi, tutti originari del Ghana e residenti in Libia, dove lavoravano come muratori,
piastrellisti ed escavatoristi. Si tratta di dieci uomini, tra i 20 e i 40 anni, che parlano l'inglese. L'idea del distretto,
e in particolare dell'amministrazione comunale, è però quella di insegnare loro l'italiano. Per questo si stanno
cercando docenti di lettere, preferibilmente professori in pensione o liberi per le vacanze estive, che sappiano
parlare anche in inglese.
Data:
14-06-2011 Il Gazzettino (Padova)
Comitato di accoglienza per i profughi
Argomento:<br/>fonte: <a href="http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/bf/filesupload/rassegna_stampa_protezione_civile_15_giugno_2011___NORD_60841.pdf">il giornale della protezione civile</a>Romano PRODI: «Troppe contraddizioni sulle rivolte arabe. Così l'Italia perderà peso in Nordafrica» - INTERVISTA2011-06-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it584656<br />
«E` ondivaga la politica dell`Italia verso il Nordafrica. Le oscillazioni italiane, i continui cambiamenti, non ci giovano in nessuno scenario, qualunque sia l`esito finale in Libia e altrove». Romano Prodi è a Washington per presiedere la seconda conferenza internazionale "Africa: 53 Countries One Union" e da qui lancia l`allarme per la perdita d`influenza del nostro paese in un`area strategica.
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<b>Quale prezzo pagherà l`Italia?</b>
<p> «In Libia e in tutto il Nordafrica aumenterà l`influenza di quei paesi che hanno strategie più chiare: la Francia e l`Inghilterra tra gli europei, la Cina sicuramente, anche la Turchia per il suo peso economico crescente.
Il problema non si limita alla Libia. Sono in preda a sconvolgimenti tutti i paesi nei quali storicamente l`Italia si trova al primo o secondo posto come partner economico: Egitto, Tunisia, Siria, Iran.<br />
L`ondeggiare non ci aiuta, l`Italia vaverso una perdita secca su questo fronte strategico. Manca la capacità di inventare una nuova politica. Il governo italiano dovrebbe farsi promotore di una nuova visione europea, perché solo un approccio multilaterale ci può salvare».
<p>
<b>Lei qui a Washington oggi incontra i dirigenti americani e cinesi, oltre ai rappresentanti dell`Unione europea e dell`Africa.</b>
<b>Di tutte le rivoluzioni democratiche incompiute quale la preoccupa di più?</b>
<p>«L`Egitto, per l`importanza unica di questo paese. Le cose non stanno andando bene al Cairo, le difficoltà economiche sono enormi, l`industria turistica ha visto crollare le entrate in valuta, aumenta la delinquenza, un milione e mezzo di emigrati egiziani in Libia sono tornati e s`inaridiscono le rimesse.
I capitali sono fuggiti, gli imprenditori sono in carcere o progettano di scappare all`estero».
<p>
<b>Lei propone "una grande prova di amicizia" verso quei paesi. Al G8 di Deauville Barack Obama ha già annunciato la cancellazione del debito egiziano e tunisino.</b>
<p>
«E' importante, ma bisogna vigilare al rispetto degli impegni, i G8 non hanno una gran tradizione nel mantenere le promesse».
<p>
<b>Lei chiede di trasferire risorse e competenze all`Unione africana, ma paesi come la Francia e l`Inghilterra si oppongono.</b>
<p>
«E` comprensibile, in certi paesi africani le ex potenze coloniali ancora svolgono un ruolo immenso, gestiscono molti servizi essenziali. Ma bisogna uscirne, non è credibile una gestione degli interventi affidata ai vecchi colonizzatori».
<p>
<b>Potrebbe uscire da questa conferenza una mediazione per sbloccare l`impasse libica?</b>
<p>«La parola mediazione è impropria. La Nato non la vuole, evidentemente pensa che la vittoria è vicina. Ma la fine di Gheddafi avrà implicazioni profonde in tutta l`Africa, basti pensare che l`Unione africana otteneva il 30% dei suoi fondi dalla Libia».
<br />
<br/>fonte: <a href="http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=118ANK">la Repubblica - Federico Rampini</a>RICCARDO NENCINI: LIBIA. BERLUSCONI E FRATTINI COME GATTINI CIECHI 2011-02-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558319Alla data della dichiarazione: Assessore Regione Toscana<br/><br/>Il governo italiano in queste ore ha una responsabilità enorme per favorire una possibile evoluzione pacifica della crisi libica sia attivando ogni canale a disposizione con Tripoli sia consigliando per il meglio tutti gli altri governi europei e non. E’ invece sconcertante l’atteggiamento di sorpresa e di dichiarato attendismo manifestati fin qui dal presidente del consiglio e dal ministro degli esteri. Berlusconi e Frattini sembrano gattini ciechi eppure per la quantità e la qualità degli interessi che abbiamo in Libia, dovevano non solo essere informati da tempo di quanto stava per accadere, ma anche aver approntato tutte le possibili soluzioni, diplomatiche e non, per fronteggiare una crisi che potrebbe avere ricadute economiche e sociali drammatiche. Anche in questa occasione, invece, il governo si dimostra molto al di sotto delle esigenze vitali del Paese.<br/>fonte: <a href="http://www.partitosocialista.it/site/artId__3366/306/211-LIBIA__NENCINI-_BERLUSCONI_E_FRATTINI_COME_GATTINI_CIECHI.aspx">www.partitosocialista.it</a>Emma BONINO: Al Palazzo di Vetro la battaglia contro le mutilazioni genitali2010-11-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548306Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
Lunedì sera, a Vieni via con me, ho detto che il corpo delle donne è un campo di battaglia, da tempo immemorabile e in ogni continente. Alcuni commenti sembrano suggerire che ho delineato un quadro troppo nero o «lagnoso» della situazione.<br />
Non credo.
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È verissimo che in molti paesi le donne hanno conquistato nuove libertà e i movimenti al femminile sono i più vivaci ed innovativi. Penso in particolare all’Africa, al Medio Oriente e non solo. Ma proprio questa loro tenacia nel voler cancellare pratiche consuetudinarie violente e nefaste, questa loro forza e determinazione nel voler vivere rispettate come persone, dà il segno tangibile della vastità del problema.
<p>
Oggi è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.<br />
Una buona occasione per far mente locale sulle varie forme in cui si manifesta: dalla discriminazione di genere sul posto di lavoro agli stupri di massa documentati dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite, dalle migliaia di Sakineh alla violenza domestica «Gli amorosi assassini» come titola un documentatissimo libro di un gruppo di scrittrici - fino alla ventilata legge sui «consultori», a prima firma Olimpia Tarzia, qui nel Lazio.
<p>Ma per una battaglia in particolare questo è un periodo decisivo: quella contro le mutilazioni genitali femminili (MGF).
<p>In Europa, Aidos e Amnesty International hanno lanciato la campagna «End FGM» per ottenere una direttiva europea sulla prevenzione della pratica e, a New York, diversi governi - tra cui il nostro - stanno lavorando assiduamente perché l’Assemblea Generale dell’Onu, attualmente in corso, adotti una Risoluzione per la loro messa al bando universale.
<p>
Gli esiti dell’azione diplomatica a New York non sono però scontati, con alcuni paesi che resistono, ricorrendo agli alibi più diversi. Per questo, personalità di rilievo internazionale e leader politici di 42 Paesi hanno sottoscritto un appello dell’associazione radicale «Non c’è Pace Senza Giustizia» e del Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali: Clio Napolitano e le First ladies di Burkina Faso, Uganda, Guinea Bissau e Benin, insieme a Premi Nobel, ministri, parlamentari e attivisti per i diritti umani chiedono a tutti i governi degli Stati membri di compiere i passi necessari per l’approvazione della Risoluzione.
<p>
Il vantaggio di questo risultato è triplice: rafforzare la legittimità delle leggi già adottate a livello di singoli Stati; spingere tutti quei Paesi non ancora provvisti di legislazione ad attivare i propri Parlamenti; conferire ulteriore efficacia alle dichiarazioni già adottate in sede Onu in materia di tutela dei diritti delle donne.
<p>
Inoltre, contribuirebbe a far piazza pulita di una visione stereotipata delle MGF, spesso erroneamente ricondotte a questioni di carattere culturale o religioso, oppure relegate esclusivamente all’ambito sanitario, che pure esiste ma che di certo non ne esaurisce la portata. Una Risoluzione di messa al bando significherebbe riconoscere le MGF per quel che sono, una patente violazione dei diritti umani fondamentali di donne e bambine.
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Ma c’è un altro aspetto che merita attenzione. Per tutte quelle attiviste che hanno avuto il coraggio di affrontare apertamente la questione in contesti dove parlare di MGF voleva dire infrangere una secolare «regola del silenzio», rischiando talvolta la propria vita, una ferma presa di posizione della comunità internazionale avrebbe non solo l’effetto di legalizzare il loro impegno, ma di ricollocarle all’interno della società «dalla parte del giusto», dalla parte della legge. Persone che probabilmente non avranno mai occasione nella loro vita di visitare il Palazzo di Vetro ma che credono che le Nazioni Unite e i suoi Stati membri abbiano il dovere e gli strumenti per fare del mondo un posto migliore in cui vivere.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=VLW7D">L'Unità</a>GIOVANNI OLIVA: Passages: Photography in Africa”2010-01-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it475199Alla data della dichiarazione: Assessore Regione Piemonte (Partito: DS) <br/><br/>Dopo essere stata allestita in alcuni dei più importanti musei del mondo, tra cui il Brooklyn Museum of Art di New York, la mostra “Passages: Photography in Africa”, è visitabile al Museo Regionale di Scienze Naturali fino al 24 gennaio 2010. La mostra raccoglie le fotografie frutto della passione per l’Africa e per l’esplorazione di Carol Beckwith e Angela Fisher.
Le due fotografe occidentali hanno viaggiato separatamente per circa vent’anni fino a quando, sempre più affascinate dai rituali delle tribù africane, hanno deciso di unire la propria professionalità e creatività artistica per realizzare un grande progetto: hanno così trascorso 10 anni viaggiando in 26 paesi dell’ampio continente, immortalando con la loro macchina fotografica riti, storie e culture oggi in rapida estinzione, perché caduti in disuso o soppressi. La loro ricerca è culminata nell’opera in due volumi African Ceremonies, da cui sono tratte le 92 fotografie (di vario formato) esposte nelle sale del Museo.<br/>fonte: <a href="http://www.regione.piemonte.it/cms/piemonte-informa/la-parola-a/archivio/2009/dicembre/gianni-oliva-assessore-regionale-alla-cultura.html">http://www.regione.piemonte.it</a>Franco Frattini: «Dal G8 sul clima in arrivo un’intesa storica» - INTERVISTA2009-07-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391806Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Affari Esteri (Partito: PdL) <br/><br/><br />
«I media stranieri? Ci attacchino pure, sarà lo stesso un successo»
<p> Ormai le battute si sprecano. “Sarà certo un G8 che darà la scossa”, “la vera exit strategy è la fuga dei grandi da l’Aquila”. I giornali stranieri, soprattutto gli inglesi, ci mettono quella manciata di pepe che a Franco Frattini suona molto come un rigurgito anti italiano. Scrivono che ci saranno “problemi logistici da incubo”, che una nuova tornata di foto osé colpirà la traballante immagine del premier...
<p><b>Ministro, gli inglesi ironizzano e sparlano. Che effetto le fa?</b>
<p>
«Ci sono molti, dentro e fuori l’Italia, che non amano l’Italia. Io la amo, quindi la mia risposta è che il G8 sarà un grande successo per il nostro Paese; che noi tutti dobbiamo essere orgogliosi del lavoro fatto; che nessuno avrebbe immaginato una riconversione della caserma di Coppito, un centro che accoglierà alla grande i leader del mondo. Questi giornali scrivano quel che vogliono, hanno il diritto di farlo. Noi faremo un grande G8».
<p>
<b>La stampa è rompiballe per missione.</b>
<p>
«Poi questi giornalisti sapienti li invito tutti ad un forum con me, nella loro lingua madre non nella mia, e vedremo chi vince».
<p>
<b>Senta, ma se una grande scossa arrivasse davvero? Quale exit strategy avete pensato? Li ospita lei tutti alla Farnesina?</b>
<p>
«Speriamo che una di magnitudo 4, 5 non ci sia. La Protezione civile ha previsto tutte le possibilità, è il loro dovere. Ma stando a Coppito siamo convinti che tutti i nostri ospiti saranno in una zona altamente antisismica, senza problemi. Sarà un G8 sicuro sotto ogni punto di vista».
<p>
<b>Anche sotto quello no global?</b>
<p>
«Non abbiamo indicazioni di concentrazioni aggressive.<br />
Evidentemente anche il movimento no global ha compreso, spero, che questo G8 vuole portare un messaggio di solidarietà. Dovesse esserci qualcosa come a Vicenza, le forze di polizia interverrebbero. Dal punto di vista sismico nessuno può prevedere, ma siamo pronti».
<p><b>Anche allo scossone.</b>
<p>
«Sì, anche se gli scienziati dicono che lo sciame sismico può durare mesi ma una scossa come quella di aprile non è probabile».
<p>
<b>E le scosse politiche? Lei è già stato assai prudente sull’Iran. Si avvicina un G8 pieno di impegni ma senza grandi decisioni?</b>
<p>
«Due grandi temi lo affronteremo in modo ambizioso. Il primo è l’ambiente. Il Measure economy forum, che raccoglierà i paesi che producono il 90% del prodotto interno lordo del mondo, si accorderà su due obiettivi: dimezzare entro il 2050 le emissioni di Co2 nell’atmosfera. Lo slogan è -50 nel 2050: se ci accorderemo con Cina, India, Corea, con i paesi africani e sudamericani sarà un obiettivo estremamente ambizioso».
<p>
<b>E poi?</b>
<p>
«Scrivere nell’impegno finale: il riscaldamento del pianeta limitiamolo a 2 gradi centrigradi e non di più».
<p>
<b>Le mosse di Obama dovrebbero aiutare.</b>
<p>
«Sì, anche se Obama ha fatto un discorso serio. Non bastano Usa e Ue da soli, servono tutti gli altri paesi. Confido che alla fine ci sia un grande impegno del G8 contro la deforestazione selvaggia».
<p>
<b>Il secondo tema?</b>
<p>
«E’ L’Africa. Faremo di tutto per raccogliere l’appello del Papa. In agenda ci sono dichiarazioni solenni, cioè impegni politici: il mondo ricco e l’Africa devono dare una risposta sull’insicurezza alimentare, sotto il profilo della qualità ma anche della quantità. Incrocio le dita per riuscire ad adottare un fondo per l’Africa sulla food security di almeno 15 miliardi di dollari. E spero in una dichiarazione ad hoc sull’accesso all’acqua».
<p>
<b>Berlusconi però ha già detto che i soldi sono pochi e che non abbiamo ora disponibilità di cassa.</b>
<p>
«Ci saranno tre anni di tempo per rimettersi in carreggiata. Voglio ricordare che questa dichiarazione politica sul piano di rientro probabilmente non verrà adottata perché non tutti i paesi del G8 saranno disponibili ad accettare il piano di rientro. Noi che siamo indicati come il paese peccatore però il piano lo proponiamo, a patto che il rientro sia obbligatorio».
<p>
<b>Sui temi politici non sembrano esserci grandi novità. Lei ha già detto che sull’Iran non verranno prese misure. La real politik sta avendo il sopravvento?</b>
<p>
«Il primo obiettivo è la non proliferazione. Lo slogan ambizioso è “un mondo privo di armi nucleari”. Che significa non aumentare gli arsenali e insistere col disarmo. Quello che stanno facendo Russia e Stati Uniti ci conforta molto».
<p><b>Un messaggio a Iran e Corea del Nord. Ma con Teheran che farete?</b>
<p>
«Non avremo nuove sanzioni sull’Iran ma un programma a termine. Verificheremo a New York, il 24 settembre, nel G8 dei ministri degli esteri il dossier nucleare».
<p>
<b>C’è chi spinge per le sanzioni e chi frena, l’Occidente è diviso.</b>
<p>«Non ho sentito nessuno che abbia chiesto sanzioni, tranne la Gran Bretagna che ha avuto gli arresti in ambasciata. Tutti ritengono giusto il doppio binario: condannare la violazione dei diritti umani e dialogare sul nucleare per coinvolgere l’Iran».
<p>
<b>Sull’economia?</b>
<p>
«Per il global standard la tappa fondamentale sarà Pittsburg al G20».
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<b>E la cooperazione allo sviluppo?</b>
<p>
«Spendere per la cooperazione è un investimento. Se oggi riducessimo dell’1% il dazio sui prodotti agricoli dai paesi poveri ciò equivarrebbe all’intero ammontare degli aiuti destinati ai paesi poveri. Ci sarebbero 50 miliardi di dollari a disposizione. Bisogna chiudere il negoziato di Doha».
<p>
<b>Gli aiuti ai paesi in via di sviluppo?</b>
<p>
«La nostra idea è ridurre del 50% il costo delle rimesse dei migranti, che in media è del 10% e ingrassa le banche: si avrebbero a disposizione subito 13 miliardi di dollari l’anno». <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=MT6DB">Il Messaggero - Claudio Rizza</a>Pietro ICHINO: Immigrazione: Una terza via tra "cattivismo" e "buonismo" - INTERVISTA2009-05-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it391320Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
Proviamo a ragionare lucidamente sulla questione immigrazione. Innanzitutto esiste una terza via che superi la contrapposizione tra la logica di chi predica cattivismo e chi assoluto buonismo?
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Quello che contesto radicalmente al Governo è la sua politica un po’ ottusa di pura e semplice resistenza passiva: “respingimenti”, inasprimento e allungamento della reclusione degli irregolari nei Centri di Identificazione senza che ci si curi della loro capienza, sanzioni penali. Ma non lo contesto per motivi etici, contrapponendo “buonismo” a “cattivismo”: lo contesto sul piano dell’efficacia.
<p>
<b>Qual è l’alternativa che propone?</b>
<p>
Quello di cui parlo è l’immigrazione diretta dall’Africa, e in particolare il fenomeno dei disperati che si affidano agli scafisti per arrivare a Lampedusa dalla Libia o dalla Tunisia…
<p>
<b>Che sono soltanto una piccola parte degli irregolari che arrivano in Italia</b>
<p>
Sì, si stima che siano circa un settimo. Gli altri arrivano per rotte terrestri, attraversando Paesi confinanti. Ogni flusso migratorio ha le sue caratteristiche, presenta problemi peculiari e va affrontato con provvedimenti appropriati. Qui stiamo parlando del flusso che attraversa il canale tra l’Africa e Lampedusa.
<p>
<b>Lei ha lanciato l’idea provocatoria del traghetto tra Libia o Tunisia e Lampedusa.</b>
<p>
L’idea non è mia: il dialogo pubblicato sul mio sito con nomi di fantasia, è un dialogo cui ho realmente assistito due settimane or sono durante la cena offerta da un’ambasciata straniera.
<p>
<b>Ci può spiegare di che cosa si tratta?</b>
<p>
Lampedusa dista 113 chilometri dall’Africa e 205 dalla Sicilia. Se Lampedusa fosse trasformata in zona extraterritoriale, accessibile a basso prezzo con comodi servizi di linea, sradicheremmo il business degli scafisti. E sarebbe facilissimo impedire che le partenze clandestine avvenissero da Lampedusa verso la Sicilia.
<p>
<b>Ritiene davvero percorribile la soluzione di Lampedusa-zona franca?</b>
<p>
Abbiamo diversi esempi di soluzioni di questo genere adottate da altri Paesi in situazioni geografiche simili. Ma la soluzione non consisterebbe solo in questo: occorrerebbe anche stabilire in Libia e Tunisia dei centri di primo accertamento e accoglienza per profughi e rifugiati che hanno davvero il diritto di entrare in Italia.
<p>
<b>E tutti quelli che arriverebbero comunque a questi centri, o anche a Lampedusa, senza il diritto di entrare?</b>
<p>
Nessun buonismo verso chi mente sulla propria identità e provenienza. A chi si presenta lealmente senza reticenze, e può rendersi utile in casa nostra, converrebbe a noi per primi offrire un permesso di ingresso per la ricerca del lavoro, con controllo rigoroso dei movimenti e magari anche un tutor che faccia da garante. Se proprio riteniamo che in Italia non debba entrare, diamogli lavoro nella sua terra di origine.
<p>
<b>
E chi pagherebbe? E per far cosa?
</b>
<p>
Se destinassimo davvero, come ci siamo impegnati a fare, l’1 per cento del nostro reddito nazionale al sostegno dei Paesi in via di sviluppo, potremmo fare grandi cose. E ciascun “irregolare” ingaggiato ci costerebbe pochissimo; certamente meno di quel che ci costa portarlo in Italia, recluderlo per sei mesi, poi “espellerlo” mettendolo sovente in condizioni di dover delinquere per sopravvivere, quindi recluderlo di nuovo.
<p>
<b>Strategia fondamentale è quella degli accordi con i paesi terzi. Come dovrebbe articolarsi?</b>
<p>
No, guardi, io non penso ad accordi tra Stato e Stato, che sovente servono soltanto per sorreggere governanti africani corrotti.
<p>
<b>Che cosa propone, allora?</b>
<p>
Penso a una fitta rete di gemellaggi, tra città e città, ospedale e ospedale, scuola e scuola, famiglia e famiglia, per la trasmissione di buone pratiche, know-how tecnologico, risorse economiche. Gli irregolari che arrivano da noi sono sovente i più colti e intraprendenti delle loro terre d’origine: potremmo impiegarli come “ufficiali di collegamento” in questi gemellaggi, a 100 o 200 euro al mese, che nell’Africa sub-sahariana sono un’ottimo compenso.
<p>
<b>Ma con Paesi nel caos come Etiopia o Sudan, come si può fare?</b>
<p>
In quei Paesi la pratica dei gemellaggi tra formazioni intermedie o tra famiglie è solo più difficile, ma niente affatto impossibile. E, comunque, questo mi sembra il solo modo per far qualche cosa di utile a loro e, al tempo stesso, di utile a noi. Perché il problema epocale della disuguaglianza tra Africa ed Europa, altrimenti, può soltanto aggravarsi.
<p>
<b>Lei chiede agli Italiani di diventare molto generosi</b>
<p>
No: soltanto di diventare un po’ più lungimiranti nel loro egoismo. Altrimenti, sarà la stessa Europa a pagare una parte cospicua dei costi del ritardo di sviluppo dell’Africa sub-sahariana.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.pietroichino.it/?p=3583">La Sicilia - Giuseppe Lorenti da www.pietroichino.it</a>Roberto MUSACCHIO: Al via la campagna a favore del premio Nobel per la Pace alle donne africane.2009-02-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it388892Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: GUE/NGL) <br/><br/><br />
Lanciamo una campagna per assegnare nel 2010 il Premio Nobel per la pace alle donne africane. Con questa dichiarazione Patrizia Sentinelli, già viceministro agli Affari esteri nel precedente governo Prodi, ha parlato oggi a nome del Cipsi - Coordinamento di 47 ONG e associazioni di solidarietà internazionale - e di Chiama l'Africa durante la conferenza internazionale "La cooperazione con l'Africa in un contesto di crisi economico finanziaria. La proposta della cooperazione tra comunità". La conferenza, che si sta svolgendo a Roma presso la sala delle Colonne della Camera dei Deputati, è promossa da Ainram (Associazione internazionale "Noi ragazzi del mondo"), Comunità Internazionale di Capodarco e Gue/Ngl (Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica) ed è un ulteriore tassello che si aggiunge al viaggio di Cipsi e Chiama l'Africa in Senegal (27 dicembre 2008 - 10 gennaio 2009), per ribadire la volontà di ripartire con un nuovo partenariato, riscrivere una nuova storia e nuove relazioni tra Africa ed Europa. È proprio in Senegal, a Dakar, durante l'assemblea internazionale per un "nuovo patto di solidarietà tra Europa e Africa" svoltasi dal 28 al 30 dicembre 2008, che è nata la proposta di assegnare il Premio Nobel per la pace alle donne africane. <br />
Una proposta che nasce a partire dalla constatazione del ruolo crescente che le donne africane hanno acquistato nella vita quotidiana dell'Africa. Le donne sono protagoniste e trainanti sia nei settori della vita quotidiana che nell'attività politica e sociale. Sono le donne in Africa che reggono l'economia familiare. Le donne da decenni sono protagoniste nel microcredito e nella microfinanza e stanno svolgendo un ruolo sempre crescente nella difesa della salute, soprattutto contro il morbo dell'HIV e della malaria. Sono loro che svolgono spesso formazione sanitaria nei villaggi. Sono le donne africane che riescono a organizzarsi per lottare per la pace, e a mantenere la vita anche nelle situazioni più tragiche, in un impegno politico spesso capillare e non riconosciuto. <br />
Lanciare una campagna internazionale per l'attribuzione del Premio Nobel per la pace nel 2010 alle donne africane nel loro insieme, significa voler attribuire un Premio non ad una singola persona o associazione, ma un Nobel collettivo. L'Africa oggi può sperare nel proprio futuro soprattutto a partire dalle donne comuni, quelle che vivono nei villaggi o nelle grandi città, in situazioni spesso di emergenza e di cui le donne che sono emerse, sia nella politica, sia nella cultura, sia nell'attività imprenditoriale, non sono che un'espressione visibile. Nel contesto della crisi mondiale attuale, l'Africa potrebbe essere travolta - ha sottolineato nel corso del convegno Guido Barbera, presidente del Cipsi - ma tutti sono attenti solo a risolvere i problemi dei paesi ricchi. Alle prossime elezioni europee e amministrative dobbiamo ridefinire l'agenda politica: la priorità è la cooperazione internazionale intesa come relazione". Tra gli altri relatori presenti, Jean Léonard Touadi che ha introdotto la giornata, l'europarlamentare della Sinistra Europea Roberto Musacchio, il presidente di Capodarco Vinicio Albanesi, il direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" Eugenio Melandri, la poetessa Elisa Kidanè e la coordinatrice diaspora africa Nord Italia Cécile Kyenge Kashetu. <br />
Nei prossimi mesi, verrà lanciato un manifesto-appello con la firma di alcune personalità che hanno ruolo internazionale riconosciuto e saranno organizzati diversi convegni, iniziative di movimento, incontri con donne africane, proposte di viaggi in Africa per incontrare realtà di donne organizzate ecc., con l'obiettivo di raggiungere almeno 2 milioni di firme da inviare al comitato che attribuisce il Nobel. Verrà inoltre creato un sito web multilingue, in cui raccontare i passi della campagna e, nello stesso tempo, presentare storie di donne organizzate in Africa. <br />
Il sito è: www.noppaw.org (noppaw = Nobel peace price for african women). <br />
<br/>fonte: <a href="http://www.robertomusacchio.eu">robertomusacchio.eu/Apcom</a>Romano PRODI: Con la crisi si rischia di mettere l’Africa all’ultimo posto e di non garantire gli aiuti.2008-12-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it383193<br />
Africa / Prodi: Serve struttura sovranazionale al proprio interno.<br />
Con la crisi temo la mancanza di speranza di cinque anni fa.<br />
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Con la crisi finanziaria internazionale si rischia di mettere l’Africa all’ultimo posto e di non garantire quegli aiuti e quelle risorse necessarie che negli ultimi cinque anni, lentamente, si cominciava a garantire.
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Anche per garantire la pace, oltre all’intervento delle Nazioni unite, è necessaria la costituzione di “una struttura sovranazionale interna”.
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La preoccupazione è dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, ora presidente della Commissione Onu per l’Africa, che ha partecipato questa sera a Bologna ad un incontro promosso
dall’istituto De Gasperi sui temi della crisi mondiale.
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“Occorre fortificare la nascita di una struttura sovranazionale - spiega Prodi - una struttura interna africana che possa organizzarsi per mantenere la pace in Africa”. L’ex premier fa riferimento ai recenti massacri tra islamici e cattolici a Jos, in Nigeria. “Si possono promuovere missioni di pace in Libano e in altri Paesi, ma la situazione in Africa è drammatica” e c’è il rischio che quel continente “venga visto come estraneo”.
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“Questa crisi internazionale - continua Prodi - se picchia forte sul Terzo mondo è ancora più drammatica. Tutto si sta fermando verso l’Africa e adesso sto col fiato sospeso perché la situazione è incerta e c’è il rischio che si torni alla mancanza di speranza di cinque anni fa”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.romanoprodi.it/wordpress/?p=314">Apcom - web site - Romano Prodi</a>VALTER VELTRONI: Veltroni scherza sulla promessa di andare in Africa2006-10-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it327058Alla data della dichiarazione: Sindaco Comune Roma (RM) (Partito: PD) <br/><br/><p><strong>Fazio</strong>: sa che di lei si parla tanto<br /><strong>Veltroni</strong>: li lasci parlare<br /><strong>Fazio</strong>: sa che dicono che lei sarà il leader del partito democratico<br /><strong>Veltroni</strong>: quasi sempre le cose che si dicono poi non succedono. Poi come sa che noi abbiamo preso un impegno ad andare da un'altra parte... (ride)<br /><strong>Fazio</strong>: ah lei va in africa si si...</p><p><strong>Nota</strong>: la dichiarazione è poco oltre la metà del video </p><br/>fonte: <a href="http://www.chetempochefa.rai.it/TE_rendervideo/0,10938,1070922,00.html">RAI - Che tempo che fa</a>