Openpolis - Argomento: nazionalismohttps://www.openpolis.it/2012-03-16T00:00:00ZEmma BONINO: «Subito una Federazione. Oggi l'Europa non conta nulla» - INTERVISTA 2012-03-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625749Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) - Vicepres. Senato <br/><br/><br />
«Penso che ritenere lo stato nazionale come l'unico contenitore possibile entro il quale esercitare la democrazia sia un grande abbaglio, oltre che un'affermazione antistorica».
<p>La presidente Emma Bonino interviene così nel dibattito avviato dal nostro giornale da un articolo di Piero Sansonetti sul deficit di democrazia dell'Unione Europea che - a parere del direttore degli Altri - è congenito al modo in cui l'Europa è stata pensata.
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Anche nella versione nobile del pensiero federalista spinelliano. «Ma la visione di Altiero Spinelli - spiega Bonino - era di un'Europa che superasse ideologie e nazionalismi per prendere una forma federale, con un parlamento europeo pienamente legittimato dal punto di vista democratico, quindi non solo eletto a suffragio universale ma con ampie competenze che ancora oggi non esercita proprio a causa delle resistenze provenienti dagli stati nazionali».
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<b>Insomma, era tutto giusto. Ma è una visione che ha perso?</b>
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Al contrario di Sansonetti, direi che la malattia dell'Europa è proprio il fatto che non sia diventata gli Stati Uniti d'Europa. Invece di costruire la patria europea si è preferito tornare all'Europa delle patrie, come invocava De Gaulle. Così facendo, peraltro, si stanno distruggendo anche le patrie e con loro le democrazie. Basta vedere l'ondata di populismo e intolleranza che sta attraversando questa Europa delle patrie, con partiti nazionalisti e xenofobi che spuntano come funghi non solo in Ungheria, ma nella liberale Finlandia o nella tollerantissima Olanda. E trovo leggermente sprezzante relegare il pensiero di Spinelli a "nobile utopia" quando è proprio la mancanza di visione e di coraggio a essere uno dei difetti principali dell'attuale leadership europea. Con il risultato, di tutta evidenza, di farci tornare indietro e ripiegarci su noi stessi anziché farci andare avanti in un mondo, tra l'altro, che va al galoppo e non sta certo lì ad aspettarci.
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<b>C'è un nodo ineludibile, però. Questa Europa è sfata costruita seguendo il principio funzionalista. È realistico pensare che possa effettivamente essere convertita in un'Europa pienamente politica?</b>
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In realtà è una via obbligata. Solo che la classe politica stenta a capirlo, perfino di fronte a questa crisi che ci ha colpito e che ci offre la grande opportunità di imboccare finalmente questo cammino. Ammoniva Giorgio Napolitano in un discorso nel 1999 - sul tema Altiero Spinelli e l'Europa guarda caso - che «l'approccio funzionalista, la scelta di una integrazione essenzialmente economica e in origine per singoli settori, attraverso successivi allargamenti e parziali trasferimenti di poteri, ha dato tutto quello che poteva dare». Concordo. E i Trattati post 1999 - Nizza e Lisbona - non hanno fatto neppure loro quel salto di qualità che Napolitano invocava con queste parole. A questo aggiungo che la moneta unica è stata introdotta senza quei necessari meccanismi - di governance, come si dice oggi - che ne garantissero la stabilità nel tempo, pensando che la politica avrebbe seguito.
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<b>Così non è stato.</b>
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Per questo già da tempo propongo di avviarci sul cammino di una maggiore unione politica creando, come primo passo, una federazione leggera che non assorba oltre il 5% del Pil europeo - ora è del 1% e serve spesso a distribuire a destra e a manca Controproducenti sussidi - per assolvere precise funzioni di governo come la difesa, la politica estera, i grandi programmi di ricerca scientifica, le reti infrastrutturali transeuropee, la sicurezza dei traffici commerciali e delle persone... Non si tratta quindi del superstato europeo così spesso evocato dagli affossatori del progetto europeo ma di rifarsi al federalismo di Spinelli, Monnet, Adenauer adattandolo alle realtà del XXI secolo, vale a dire riconoscendo che 27 costosissimi eserciti nazionali non hanno più senso, che la ricerca ha bisogno di una dimensione di scala che nessuno stato nazionale da solo può più assicurare; che le reti infrastrutturali esistono già a supporto del mercato interno ma le finanziamo a macchia di leopardo, ognuno per conto proprio; che l'unione doganale è già una competenza esclusiva dell'Unione dì oggi ed è ridicolo quindi che sopravvivano 27 diversi organismi distinti e separati...
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<b>L'Europa ha assunto una faccia punitiva, non esercita più fascino. Come Si può rilanciare?</b>
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Certo, è difficile che questa Europa così in crisi possa rimanere un modello per altre realtà regionali che aspirino ad integrarsi. Per questo credo che nei prossimi mesi dovremmo lavorare perché l'Unione del rigore possa diventare anche l'Unione della crescita e dell'occupazione, dell'innovazione e della conoscenza, e penso che questo possa solo avvenire tornando allo spirito comunitario, coinvolgendo le istituzioni europee. Ma, anche per tornare al commento iniziale di Sansonetti, se vogliamo creare un demos europeo occorre identificarsi nelle sue strutture democratiche. Per questo sono convinta, per esempio, che l'elezione diretta del presidente della Commissione di Bruxelles aiuterebbe a rilanciare l'idea europea. E, a proposito del non rassegnarsi, proprio in questi giorni assieme al Consiglio italiano del Movimento europeo abbiamo preso un'iniziativa italo-tedesca per incoraggiare scelte di natura costituzionale allo scopo di garantire il rilancio di un processo di decisione politica che vada oltre quello fiscale e per la crescita e che possa rafforzare la democrazia europea e l'efficacia del sistema istituzionale dell'Unione.
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<b><a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2012/03/09/marco-cappato/%C2%ABbisogna-allargare-i-confini-la-nuova-frontiera-%C3%A8-il-medioriente%C2%BB-intervista/625566">Marco Cappato, nell'intervista</a> che ci ha rilasciato la scorsa settimana, rilanciava l'ipotesi a voi cara di un allargamento dell'Europa verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Quanto è sostenibile in questo momento?</b>
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La mia idea - che poi era anche quella dei padri fondatori - è che l'Europa non è un progetto geografico, né un progetto religioso. E un progetto politico, che ammette di essere perennemente in costruzione e per questo capace di autocorreggersi. Il mio timore è che la tendenza alla rinazionalizzazione delle politiche europee, che sta avvenendo in reazione alla crisi, porti al protezionismo che a sua volta porta all'autarchia. Il rischio è che l'Europa rimanga un mero mercato interno, chiuso in se " stesso; stiamo andando talmente indietro da mettere in discussione persino le politiche comuni acquisite, come la concorrenza e la libera circolazione dei capitali. Temo in definitiva che vengano meno la visione e lo spirito europeo. Basta guardare alla scarsa lungimiranza con cui abbiamo trattato il dossier Turchia, per esempio. Invece l'Europa è una necessità: se non la si vuole fare per convinzione, la si faccia per necessità.
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<b>Cioè?</b>
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Chi pensiamo possa autorevolmente sedersi al tavolo del G20, del Wto o del Fondo monetario ristrutturato? Sicuramente Cina, India, Stati Uniti, Brasile... Ma poi? Anche se a quei tavoli si siede il più potente paese europeo, la Germania, rischia di non avere un adeguato rapporto di forza con le altre potenze. Figuriamoci l'Italia, per non parlare della Padania... Quindi, se vogliamo avere qualcosa da dire e se vogliamo contare nella gestione complessiva degli affari del mondo a cominciare da quelli che sono sotto i nostri occhi - come una migliore gestione dell'immigrazione e della bomba demografica, fenomeni tra l'altro interconnessi - cerchiamo di fare gli Stati Uniti d'Europa. Altrimenti, presi singolarmente, non conteremo, saremo condannati all'irrilevanza.<br /><br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/rassegna-stampa/int-bonino-subito-una-federazione-oggi-leuropa-non-conta-nulla">Nicola Mirenzi - Gli Altri</a>Marco CAPPATO: «Bisogna allargare i confini: la nuova frontiera è il Medioriente» - INTERVISTA2012-03-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625566Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: Lista Bonino - Pannella) <br/><br/><br />
«La nuova frontiera dell'Europa è l'allargamento verso l'altra sponda del Mediterraneo. È un'illusione pensare che dentro i confini dei vecchi stati nazionali si possano affrontare le grandi sfide della democrazia, dell'ambiente e delle migrazioni».
<p><i>Marco Cappato, presidente del gruppo Radicale-Federalista europeo, risponde così alla tesi esposta dal direttore di questo giornale, Piero Sansonetti, sull'incompatibilità genetica tra Europa e democrazia.</i>
<p> «Il punto è che bisogna scegliere un'Europa democratica e federalista, alternativa sia all'Unione Europea attuale, sia alla strada dei nazionalismi».
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<b>Sansonetti però sostiene che proprio questo è impossibile. Per lui, anche il modo nobile che aveva Altiero Spinelli di pensare l'Europa federale ha in sé un deficit di democrazia.</b>
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Sansonetti sbaglia. Io condivido l'idea che ci sia bisogno di restituire sovranità al diritto e alla democrazia. Non si può considerare fisiologico il superamento di fatto delle istituzioni democratiche. Ma in realtà c'è stato un tradimento costante e sempre più avanzato dello spirito di fondo del manifesto di Ventotene. Spinelli diceva che la vera frattura politica non è tra un po' più di socialismo o un po' meno di socialismo ma tra i federalisti europei e i nazionalisti. Ma questo non significa dire che non è importante - o che è equivalente - una politica più o meno socialista, più o meno liberale. Significa avere visto con più di sessanta anni di anticipo che la prima posta in gioco è quella della fine dello stato nazionale, che gli stati nazionali sono sempre meno adeguati ad affrontare la dimensione larga dei problemi moderni. Quello del superamento degli stati nazionali è solo la prima linea di frattura, il luogo dello scontro politico necessario, per consentire poi la creazione di un'Europa democratica, tale da consentire la divisione sulle questioni di merito. L'alternativa alla vittoria di questa battaglia è il ritorno dei nazionalismi e dei populismi, in uno stato nazionale ormai sfasciato, incapace di affrontare le questioni nel merito.
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<b>Ma se - come dice - l'Europa è il vero luogo della politica perché siamo invece di fronte all'espulsione della politica dalle scelte europee?</b>
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Quando il grande sogno degli Stati Uniti d'Europa ha dovuto cedere il passo al progetto dell'Europa funzionale, costruita solo attorno alle singole questioni, si è realizzato proprio il paradosso che Spinelli voleva scongiurare: gli stati nazionali non sono più in grado di affrontare le questioni contemporanee (l'ambiente, le migrazioni) e la politica viene così spazzata via. Non era questo l'auspicio di Spinelli.
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<b>Allora la questione diventa: è possibile convertire questa Europa funzionale in un'Europa politica?</b>
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In realtà questa è l'unica possibilità che abbiamo. Non può esistere l'illusione di promuovere a livello europeo e mondiale delle politiche per affrontare l'emergenza ecologica mondiale senza un impulso dell'Europa. Perfino con la debolezza politica dell'Ue attuale, essa rappresenta l'unica speranza perché nell'agenda politica mondiale possa essere inserita una priorità ecologica in grado di fermare la dilapidazione delle risorse ambientali.
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<b>L'Europa ha avuto due grandi direttrici. La prima è stata quella della pace. La seconda è stata quella dell'allargamento a Est. Ora nessuna delle due esercita più fascino.</b>
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È questo che ci deve imporre di non abbassare lo sguardo. Dobbiamo porci il problema dell'allargamento all'altra sponda del Mediterraneo. È la nuova sfida dell'Europa. Un'Europa immediatamente federalista, che eserciti la sua forza d'attrazione verso i popoli dell'altra sponda del Mediterraneo. E che dica noi vogliamo che siate Europa, cioè parte di una un'unica comunità dove viene fatto valere il diritto individuale, la democrazia, le libertà fondamentali. E' questo il punto.
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<b>L'individuo come unità base dell'Europa?</b>
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Sì. Noi radicali dagli anni Ottanta diciamo che Israele deve entrare nell'Unione Europea. Per cambiare l'Europa. Non solo per garantire la sicurezza e impedire l'involuzione securitaria che invece è in atto a Israele. Perché è chiaro che se tu dai al popolo israeliano - non al governo, non allo Stato - la garanzia di essere la frontiera avanzata di una comunità democratica allora anche la questione delle concessioni territoriali sarà affrontata con una serenità diversa. Perché a quel punto la cancellazione di Israele non può più essere all'ordine del giorno. È questo il contributo che l'Europa può dare alla pace oggi.
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<b>La nuova Europa è allora l'allargamento della narrazione della pace in Medioriente...</b>
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Certo. Perché questo significa anche trovare gli strumenti per governare i problemi della migrazione. Noi abbiamo una bomba demografica che scoppia dall'altra parte del Mediterraneo. Come pensiamo di governarla? Facendo ognuno per conto suo? O pensando che la battaglia per l'affermazione di diritti è al di sopra degli stati?
L'allargamento aiuterebbe a prevenire la bomba demografica, dando una possibilità di sviluppo a quell'area e riducendo la pressione demografica stessa sull'Europa.
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<b>Sono delle idee audaci e attraenti, le sue. Ma quanto sono diffuse a Bruxelles?</b>
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Sicuramente rispetto a qualche anno fa non c'è più l'illusione che l'Unione europea viva una sorta di progresso graduale. La consapevolezza che questo modello di Europa stia fallendo è cresciuta e diffusa. Ammetto che l'idea di un assetto monocratico transnazionale è ancora molto indietro. Perché nel campo democratico - non nel campo non degli estremismi nazionalisti - vive l'illusione che ai nazionalismi anti-democratici l'unica risposta possibile siano i nazionalismi democratici. Ma nel momento in cui si accetta - e qui torniamo a Spinelli - che l'unico terreno dello scontro politico è quello nazionale la partita è persa. Basta guardare all'inadeguatezza che i nostri stati hanno persino a far valere il diritto nel loro territorio. E' evidente il collasso dello stato di diritto in un paese come l'Italia. Nemmeno di fronte alle morti in carcere c'è una capacità di risveglio di coscienza democratica, di reazione delle istituzioni democratiche. Il che porta dritti al prevalere del nazionalismo antidemocratico. Perché quando non si riesce a governare con la legalità e il diritto non si può pensare che si possano affermare dei sistemi democratici tolleranti. Bisogna invece affermare l'idea che la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone vada al di là del loro stato di appartenenza. Per questo serve l'allargamento.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1BWAYT">Gli Altri - Nicola Mirenzi</a>Marco Del Negro: Federalismo e Nazionalismo2010-10-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it622963Alla data della dichiarazione: Consigliere Consiglio Comunale Basiliano (UD) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) <br/><br/>Certamente la politica ha bisogno di fatti tangibili ed è necessario che dall'astratto si passi al concreto; è altresì vero che, senza un elemento astratto da cui far discendere una proposta politica, si rimane prigionieri di quanto già prodotto dalle spesso disastrose iniziative dei nostri avversari, che dell'astratto hanno fatto un paradigma politico. È giusto perciò capire attentamente di quali cose si stia parlando e cercare almeno di non inseguire Lega e Co, utilizzando la loro stessa tattica di creazione di simboli e concetti la cui attrattiva formale surclassa decisamente il valore contenutistico.
Spesse volte, parlando di concetti quali nazione o nazionalismo, dimentichiamo quale sia il reale significato dei termini in questione. L'identità nazionale, secondo l'analisi di diversi studiosi, necessita di due elementi costitutivi che permettono ad una comunità di individui di definirsi nazionale e potersi riconoscere come entità fisicamente e simbolicamente esistente. Il primo è un dato oggettivo, formato da caratteristiche naturali, culturali e storiche che definiscano un gruppo come un aggregato di persone accomunate da qualità osservabili e distinguibili da quelle degli altri. Secondariamente, vi è l'elemento psicologico che si estrinseca nella percezione soggettiva del sentirsi parte di un gruppo e nel riconoscere come "simili" quanti abbiano il medesimo diritto ad auto - qualificarsi come membri di una certa nazione.
A mio avviso (non solo, chiaramente…), la nazione è una costruzione artificiale dell'uomo tesa a soddisfare la necessità delle classi dirigenti di turno di giustificare il loro potere in ragione di una rappresentanza degli interessi e delle tradizioni di un dato popolo nazionale; diversamente lo Stato, pur essendo similmente fittizio e finalizzato a legalizzare la forza e giustificare l'azione di polizia e di coazione, rappresenta uno strumento per la soddisfazione dei bisogni della popolazione che lo abita e pertanto è elemento insostituibile per la tranquilla convivenza civica. Per molto tempo Stato e nazione sono stati utilizzati some sinonimi, rappresentando nell'immaginario comune lo stesso valore patriottico e simbolico, fatto di inni, bandiere e confini. Invece da alcuni anni, forse da un paio di decenni, i confini interni sono diventati più rilevanti di quelli esterni, lo straniero è diventato un problema di politica estera ed il patriottismo degli italiani si è rinchiuso a tutela degli interessi più intimi; in questo contesto emerge la necessità di trovare il nemico che bussa alle porte e giustifica lo spostamento della attenzione pubblica lontano dall'inefficienza della classe politica che amministra la cosa pubblica. La Lega si fa portatrice di queste istanze di "pulizia sociale"; e lo strumento principe è il federalismo, quale costruzione istituzionale atta a risolvere tutti i problemi di uno Stato centrale inefficiente e corrotto.
Non voglio soffermarmi su pregi e difetti del federalismo, anche se ritengo che questo mal si adatti alla Repubblica italiana (almeno per quanto riguarda l'attuale suddivisione regionale), per la storia e le tradizioni politiche che ne hanno caratterizzato le sue prime 64 primavere; voglio bensì contribuire all'analisi, che abbiamo avviato, con una considerazione sulla proposta di federalismo e l'intersecarsi di questa con l'avanzata di una pericolosa ondata di nazionalismo, caricato di xenofobia, finto tradizionalismo e profonda ignoranza.
Nel caso in cui si giunga a considerare la nazionalità come un elemento fondante della cittadinanza e discriminante in base alla concezione dei diritti e dei doveri, e si riporti questa considerazione a livello regionale, si corre il rischio di identificare, in modo fittizio, comunità i cui membri sono uniti dal risiedere all'interno del medesimo limite territoriale, con realtà nazionali autonome e degne di rivendicare un'indipendenza, ora amministrativa e domani forse politica. Il danno più grave prodotto dalle politiche della Lega è di aver inculcato nelle teste di molti, troppi, cittadini del Nord la convinzione di essere un popolo, una nazione autonoma e riconoscibile, condizionando, non al possedere alcune caratteristiche oggettive, bensì al riconoscersi affini perché residenti nel medesimo territorio, l'aver o meno diritto ad un certo tipo di vita. Il pericolo è che non sia sufficiente una divisione tra Nord e Sud, ma si cerchi un'emancipazione di singole realtà regionali.
La realtà sociologica della nostra Regione e dell'Italia tutta è ben diversa; a mio avviso, non esiste alcuna nazione friulano - giuliana, proprio per il fatto che non è possibile sovrapporre le tradizioni culturali e storico-sociali dell'area giuliana e del Friuli rurale (ma nemmeno con quelle della Carnia…). Qualora il federalismo venisse interpretato sulla scorta di certe convinzioni popolari, inculcate attraverso lo strumento di certe politiche che reinventano la tradizione o la manipolano a seconda dei fini particolari di chi governa, si creerebbero le condizioni per uno stravolgimento sociale, giustificato solo dalla ricerca di un autonomismo non adatto a farsi interprete delle nostre tradizioni e delle nostre necessità economiche.
Azzardo un'interpretazione, fingendomi politologo: con uno Stato forte per tradizioni ed identità (Stati Uniti e Germania), il federalismo è auspicabile perché in grado di razionalizzare le risorse, rapportandole alle esigenze dei territori; viceversa con un istituzione statuale frammentata, abitata da cittadini spesso deficitarii di una cultura civica, che garantisca che le regole vengano regolarmente rispettate e venga mantenuta in piedi una speranza di progresso personale e collettivo in prospettiva futura. In Italia, insomma, con un valore nazionale più di forma che di sostanza, con una frammentazione culturale e sociale senza pari, il federalismo non può che portare alla creazione di tante isole di pseudo - autonomismo, nate dall'anelito all'emancipazione ed alla "proporzionalizzazione" delle spese e dei consumi. Per queste ragioni, ritengo che sia di fondamentale importanza conoscere a fondo il quadro all'interno del quale discutiamo di federalismo e di riforma istituzionale. Nel nostro piccolo, è a mio avviso fondamentale distinguere tra propaganda populista e proposta politica; dovremmo pertanto far sì che, quando proponiamo il federalismo, questo sia compatibile con esigenze più alte, chiaramente espresse dalla Costituzione, la più grande dimostrazione che pur non essendo nazione, l'Italia possa considerarsi Stato, unico ed indivisibile.
<br/>fonte: <a href="http://www.marcodelnegro.blogspot.com">www.marcodelnegro.blogspot.com</a>