Openpolis - Argomento: industriahttps://www.openpolis.it/2016-03-31T00:00:00ZFRANCO MIRABELLI: IBM: accordo firmato oggi dimostra che Italia e Milano sono competitive2016-03-31T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769053Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) <br/><br/>“L’accordo firmato oggi a Boston dal Presidente del Consiglio Renzi con l’Ibm ha un valore enorme in termini di investimenti. Si tratta di 150 milioni di dollari per la costruzione di un centro di eccellenza per lo sviluppo di soluzioni cognitive applicate alla sanità, all’healt science e alla pubblica amministrazione. Ma quello che mi sembra ancora più importante e significativo è che questo centro sorgerà nell’area di Expo 2015: questo vuol dire che la scelta di puntare su quell’area per farne un polo di eccellenza e di sviluppo era giusta e che Milano, grazie anche alla positiva esperienza di Expo, e l’Italia sono tornate ad essere attrattive e competitive per gli investimenti stranieri. Penso che nessuno possa negare che questo sia anche merito del governo e delle sue scelte: non credo che solo qualche anno fa questo accordo sarebbe stato possibile”. Lo dichiara il senatore del Pd Franco Mirabelli.<br/>fonte: <a href="http://www.senatoripd.it/industria-commercio-turismo/mirabelli-accordo-firmato-oggi-dimostra-che-italia-e-milano-sono-competitive/">senatoriPD</a>Maurizio SAIA: Lo sceriffo marcia in centro e sfida Rossi2014-05-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it720051 «Siamo tanti – il commento di Saia – e per la prima volta siamo tutti insieme. Spero che la gente capisca quanto siamo uniti».
Intanto Saia ha annunciato quattro appuntamenti tematici le «quattro S»: sicurezza, sociale, sviluppo del commercio e sviluppo dell’industria. «Inviteremo anche Rossi a confrontarsi con noi, ma sono sicuro che la sua sedia rimarrà vuota» ha chiuso Saia.
<br/>fonte: <a href="http://www.saiasindaco.com/lo-sceriffo-marcia-in-centro-e-sfida-rossi.html">www.saiasindaco.com</a>Pier Luigi BERSANI: Industria 20202013-02-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it691231Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/>Un nuovo grande piano industriale per la crescita del Paese. A preannunciarlo e' stato Pier Luigi Bersani, incontrando a Roma i lavoratori della Thales Alenia Space. "Da ministro avevo lanciato il progetto 'Industria 2015', ora e' la volta di 'Industria 2020' e ci mettiamo dentro tutto quello che serve per rilanciare il saper fare dell'industria italiana", ha spiegato il segretario del Pd. Al primo punto c'e' il sostegno all'innovazione, ha elencato Bersani. "Bisogna prendere quello che sappiamo fare e portarlo all'altezza della sfida internazionale" anche nel campo delle eccellenze come l'Alenia. "Bisogna essere consapevoli che queste imprese tecnologiche hanno bisogno di un ombrello che e' nella politica intesa non come ruolo dello Stato o come gestione", ha proseguito, "dobbiamo riprendere un orizzonte fatto di prestigio del Paese che non puo' farsi ridere dietro dal mondo. E con Berlusconi se ne sono viste di cose...".
Poi "ci vuole una diplomazia economica, che consenta di scambiare qualche figurina e non solo di farsene portare via...", ha chiarito, per esempio "tra noi e la Francia le figurine non sono girate bene...".
Infine, "serve un atteggiamento consapevole sul tema della ricerca, con un sistema normativo e legislativo che faccia da sponda".
Bersani ha rivendicato la necessita' che il governo riprenda una funzione di guida nel sistema industriale. "Io intendo che i governi abbiano un occhio sul sistema industriale. No parlo ne' di protezionismo ne' di dirigere il traffico, ma sentire dire questa cosa che il governo non c'entra sull'industria non va bene", ha sottolineato. "L'unica soddisfazione di stare al governo e' che se li chiami devono venire, non posso sapere dai giornali se Marchionne vuole chiudere una fabbrica". <br/>fonte: <a href="http://www.agi.it/politica/elezioni-politiche-2013/pd-sel/notizie/201302222134-pol-rt10305-elezioni_bersani_se_vinco_puntero_su_industria_2020">Agi Agenzia giornalistica</a>Patrizia TOIA: Industria: riportiamo la manifattura europea al centro del dibattito2012-12-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684825Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/>“L'Unione Europea è nata con la comunità del carbone e dell’acciaio, sarebbe grave se questo settore perdesse la sua centralità nel vecchio continente in un prossimo futuro”. Lo afferma l’eurodeputata del gruppo S&D, Patrizia Toia dopo il voto sulla risoluzione sull’industria siderurgica in Europa. “Dobbiamo perciò difendere questo settore – prosegue Patrizia Toia - e il ruolo di una siderurgia stabile e saremo uniti, con le altre istituzioni per fermare il declino industriale. Troppo spesso cadiamo nelle trappola di chi impone nella discussione sul settore, specialmente nel caso italiano dell'ILVA, un dualismo tra i sostenitori dell'ambiente e quello dei lavoratori. E’ una chiave di lettura sbagliata perché manca di una prospettiva di futuro. Purtroppo i maggiori gruppi siderurgici si orientano sempre di più verso oriente e verso il continente americano costringendo così l’Europa a pagare un prezzo altissimo in termini occupazionali. Questo pone un enorme interrogativo sul futuro del nostro modello di sviluppo”. “Ecco perché – conclude Patrizia Toia - occorre lavorare affinché la siderurgia sia parte integrante di un sistema produttivo avanzato sostenendo gli investimenti, le nuove tecnologie, i nuovi processi e la riqualificazione degli impianti, per un'economia europea che faccia un uso efficace delle risorse, anche di quelle energetiche e della ricerca di nuovi e diversi materiali”.<br/>fonte: <a href="http://www.agenparl.it/articoli/news/economia/20121213-industria-toia-pd-riportiamo-la-manifattura-europea-al-centro-del-dibattito">Agenparl</a>Patrizia TOIA: Siderurgia: "Mantenere solide produzioni per rilanciare il settore" 2012-11-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684252Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/>“Ilva di Taranto, Thyssenkrupp di Terni, Lucchini di Piombino, sono alcuni dei nomi che risuonano nella nostra testa quando pensiamo alla pressante crisi del settore siderurgico. Ma il calo della produzione siderurgica ha purtroppo aspetti drammatici anche in altri paesi UE e gli effetti nell'occupazione stabile, precaria e interinale stanno facendo pagare un prezzo altissimo a migliaia di lavoratori. I maggiori gruppi siderurgici si orientano sempre più verso il mercato dell'Estremo Oriente o del continente americano - ha sottolineato l'on. Patrizia Toia in plenaria a Strasburgo, nell'ambito della discussione sul settore siderurgico in Europa - ma per uscire dalla crisi è necessario che un sistema manifatturiero come il nostro mantenga solide produzioni di base in grado di fornire il mercato interno”.
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“Questa è l'occasione del rilancio, uscendo dalla sbagliata e fuorviante contrapposizione tra sostenitori dei lavoratori e sostenitori dell'ambiente - ha proseguito Toia - abbiamo bisogno di un'industria che veda la siderurgia come parte integrante di un sistema produttivo avanzato e di concrete ed equilibrate soluzioni per salvaguardare le esigenze della produzione e dell'occupazione con la tutela della salute e dell'ambiente”.
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“Serve una forte progettualità europea che punti alla sostenibilità come al vero valore aggiunto con cui volgiamo competere - ha concluso Toia - sostenendo gli investimenti in nuove tecnologie e nuovi processi per riqualificare gli impianti e contribuire ad una economia europea efficace nell'uso delle risorse e dell'energia, salvaguardando la produzione europea dalla concorrenza sleale e rafforzando la qualità dell'occupazione e la sua stabilità”.
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toiasiderurgia20112012.pdf">patriziatoia.it</a>Patrizia TOIA: Crisi settore auto in Europa: "Chiediamo avvio di un tavolo europeo"2012-11-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it684251Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/>“E' purtroppo ormai evidente che la crisi del settore automobilistico in Europa è strutturale e riguarda il destino stesso della domanda. - ha esordito l'on. Patrizia Toia, eurodeputato PD, vicepresidente del gruppo S&D intervenendo in plenaria a Strasburgo al dibattito sulle ristrutturazioni del settore auto in Europa - Il declino industriale in atto e che ha colpito duramente questo settore ha dimostrato che ci vuole un coordinamento delle politiche nazionali e che senza di esso, non si supera la crisi attuale e non ci sarà ripresa e rilancio".
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"Oggi è richiesto all'Europa un compito nuovo se vogliamo tenere l'industria dell'auto in Europa e non disperdere le competenze professionali e il know-how esistente - ha proseguito Toia - Chiediamo quindi che si dia avvio ad un grande tavolo europeo che metta in campo un progetto di ristrutturazione e di rilancio con lungimiranza e coraggio".
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"La ristrutturazione non può infatti essere solo il frutto di frammentate decisioni nazionali o delle singole imprese - ha concluso Toia - occorre concertare e guidare a livello comunitario questo processo, mettendo intorno allo stesso tavolo i soggetti interessati e i governi dei Paesi, offrendo il sostegno alla ricerca e all'innovazione per spingere verso nuovi prodotti più sostenibili e alla formazione e riqualificazione del capitale umano con il fondo sociale e il fondo di adeguamento alla globalizzazione, oltre che incentivi allo sviluppo delle infrastrutture".
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toia_settoreauto20112012.pdf">patriziatoia.it</a>Claudia Porchietto: Piano Auto Ue: Porchietto lancia appello a Tajani affinchè coinvolga le Regioni 2012-11-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656947Alla data della dichiarazione: Consigliere Provincia Torino (Gruppo: FI) - Assessore Regione Piemonte (Partito: PdL) <br/><br/><br />
"Colgo con estrema soddisfazione la disponibilità del governo tedesco, annunciata da Antonio Tajani, a collaborare per tradurre in azioni politiche il piano auto varato dall'Ue. Due mesi fa avevo lanciato l'idea per un intervento compatto e sinergico dell'istituzione comunitaria sulle politiche industriali e oggi si sta realizzando".
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"Oggi lancio un appello affinché l'Ue coinvolga le regioni più esposte nel comparto per affinare insieme le misure concrete che deriveranno dal piano Auto Ue. In particolare auspico delle deroghe agli aiuti di stato per alcune aree particolarmente colpite dalla crisi come la provincia di Torino e l'apertura a nuove aree franche che la Cancelliera Merkel aveva peraltro già lanciato".<br />
<br/>fonte: <a href="http://claudiaporchietto.it/comunicati_stampa.php?id=245">claudiaporchietto.it</a>Roberto COTA: "Gm Eco future Award" 2012-11-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656897Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Piemonte (Partito: Lega) - Consigliere Regione Piemonte (Gruppo: Lega) <br/><br/><br />
"Vorrei congratularmi con Alessandro Acquaviva del Politecnico di Torino, lo studente vincitore del premio Gm Eco future Award, sezione 'La mobilità del futuro ad impatto ambientale minimo'.
<p>Si tratta di un riconoscimento importante, che sono orgoglioso sia andato ad uno studente del Piemonte, del Politecnico di Torino e per un settore strategico come quello dell’automotive, su cui la Regione Piemonte è fortemente impegnata attraverso una piattaforma tecnologica da 60 milioni di euro.
<p>E’ importante per noi sapere di poter contare su competenze industriali di eccellenza, che sono la miglior garanzia perché la nostra Regione possa rivestire quel ruolo di primo piano che gli compete. Il presente e futuro del Piemonte non può che essere legato all'industria e al manifatturiero".<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/in-breve/cota-su-gm-eco-future-award.html">www.regione.piemonte.it</a>Patrizia TOIA: L'Europa necessita di un'industria dell'automotive forte2012-11-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656880Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
Il gruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo oggi ha invitato l’UE ad elaborare una strategia ambiziosa e ben finanziata per promuovere l'industria automobilistica europea e diventare leader nel settore a livello mondiale entro il 2020.
<p>La vicepresidente del gruppo S&D e vicepresidente della Commissione Industria Ricerca Energia Patrizia Toia ha affermato che “Questo piano dovrebbe essere il primo passo per una vera e propria industria dell’automotive europea competitiva e sostenibile”.
<p>“Noi contribuiremo a migliorare la proposta al fine di impostare azioni volte a rilanciare il settore e aumentare la concorrenza. L’industria automobilistica europea deve competere a livello globale con prodotti che rappresentano l'eccellenza in materia di sicurezza, di design e per le basse emissioni di carbonio”.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_sd08112012.pdf">patriziatoia.it</a>Nichi VENDOLA: «Il rigore? Per me è una religione» - INTERVISTA2012-11-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it656729Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
Abbattere il peso fiscale su lavoro e imprese, divenuto in Italia principale fonte di agonia. Barra ferma sul rigore, che deve essere addirittura «vessatorio» per quel che riguarda la spesa corrente.
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Cessione di sovranità nazionale per costruire un’Europa davvero democratica. E tre parole chiave per uscire dal tunnel della crisi: industria (a partire da «quell’oggetto misterioso che è la politica industriale»), innovazione, agricoltura. È un Nichi Vendola che non ti aspetti, quello che accetta di parlare con il Sole 24 ore del programma economico per le primarie del centro-sinistra e quindi, se le urne premieranno l’alleanza Pd-Sel-socialisti, per il governo del Paese. Il governatore della Puglia ci accoglie con la notizia che la Ragioneria generale dello Stato e il dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica di Palazzo Chigi hanno sancito che la Puglia ha la migliore capacità di spesa dei fondi comunitari: la regione ha investito risorse europee più di tutte le altre regioni del Sud messe insieme e ha superato del 78% il target di spesa assegnato dal governo a febbraio.
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<b>La buona amministrazione come patente di governabilità, presidente Vendola?</b>
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Quella dell’utilizzo dei fondi Ue è stata una perfomance straordinaria. Io ci tengo a far vedere anche la lista della spesa della regione Puglia, dal momento che mi dipingono sempre come un acchiappanuvole… Per me il rigore è stato veramente una religione in questi otto anni. Naturalmente non è stato il rigore dei tagli lineari ma il rigore della riqualificazione, ad esempio delle società partecipate. Erano quasi tutte in default e io le ho portate in attivo con processi di ripatrimonalizzazione seria e con uno sfoltimento delle strutture burocratiche. Diciamo che ho fatto una guerra agli acronimi. Che cos’è uno Iacp? È un istituto autonomo di case popolari. Risponde alla sua missione? No. Una parte delle risorse veniva drenata inappropriatamente dalle strutture burocratiche, e gli Iacp erano luoghi di confluenza tra malavita e disagio sociale. Da otto anni ho commissariato gli Iacp e abbiamo cominciato a dare case popolari. Ancora nel 2005 l’Acquedotto pugliese era famoso per la frase “dà più da mangiare che da bere”, oggi ha la considerazione di tutte le agenzie di rating. Ed è passato da un’intensità di investimenti al di sotto dei 20 milioni di euro a circa 120 milioni l’anno. E così via. Abbiamo fatto la cura dimagrante a tutto quello che era la costellazione dei sistemi pubblici che ruotano attorno all’ente regione e abbiamo operato una rifinalizzazione.
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<b>Ma un conto è governare una regione, un conto è governare l’Italia. Perché i mercati si devono fidare di Nichi Vendola?</b>
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Si potrebbe una volta tanto capovolgere l’impostazione: ma noi ci possiamo fidare dei mercati? I cittadini, le famiglie, i lavoratori. Per chi come me non demonizza il mercato (ora parlo al singolare) è concepibile che il mercato sia il regolatore di tutta la vita sociale oppure il compito precipuo della politica consiste nell’indicare la prevalenza del bene comune e della necessità di far soggiacere il mercato a regole e a controlli? Quando si parla del mercato finanziario è immaginabile che tutto resti così com’è nonostante l’esito catastrofico che ha prodotto un trentennio di finanziarizzazione dell’economia mondiale? Sono stati commessi dei gravi errori.
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<b>Errori commessi anche dalle sinistre di governo, dalla presidenza Clinton negli Usa ai governi di centro-sinistra in Italia. La finanza pensa ai suoi interessi, è la politica che stabilisce le regole.</b>
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La sinistra ha peccato gravemente come peccano tutti i neofiti. Passare dalla demonizzazione del mercato all’apologia del mercato è stato un grave errore culturale. Io penso che dobbiamo costruire un approccio laico al mercato. La produzione di ricchezza si è progressivamente sganciata dall’economia reale. È stato il periodo del mutar di pelle del capitalismo, da capitalismo prevalentemente industriale a capitalismo prevalentemente finanziario, con un effetto distorsivo del sistema: la finanza diventa un cannibale che si mangia il mercato e mette a rischio la stessa democrazia. Tesi estremiste? Sono tesi contenute in un pamphlet di Guido Rossi pubblicato proprio dal Sole 24 Ore. Partirei dalla Costituzione, articolo 47. L’Italia protegge e stimola il risparmio. E lo Stato coordina, controlla e disciplina il sistema del credito. Norme che sono lampadine tascabili per illuminarci quando ci perdiamo nei nostri labirinti. Fu Roosevelt negli anni Trenta a introdurre una normativa per separare le banche di risparmio dalle banche d’affari, normativa colpevolmente superata da Clinton alla fine degli anni Novanta. Come vede, io non sono indisponibile all’autocritica. E siccome spesso veniamo dipinti come coniatori di facili slogan, ci tengo a dire che non sto immaginando l’assalto al moloc in forme di dannunzianesimo politico. Sto dicendo che a beneficio dell’economia reale, a tutela della libera concorrenza forse occorre intervenire per regolamentare i mercati finanziari. Nessuna maledizione brechtiana nei confronti delle banche, ma penso che proprio nel nome di un capitalismo sano non si possa avere indulgenza nei confronti di chi viaggia dalle parti delle Cayman.
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<b>Dunque rimettere al centro l’economia reale, è questa la ricetta?</b>
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Soprattutto a partire da quell’oggetto misterioso che è la politica industriale. La borghesia italiana ha deciso di praticare l’astinenza da circa un trentennio. Ora il problema numero uno è che le industrie pesanti italiane arrivano in affanno all’appuntamento con l’ambientalizzazione. Dall’Ilva alla chimica, noi oggi ci poniamo le domande che la Germania si è posta 40 anni fa. Oggi difendiamo la compatibilità di industria e ambiente e di lavoro e salute, ultimi nell’Ocse. Questo il primo effetto del mancato impegno del pubblico nella politica industriale. Il secondo effetto è quello di avere stimolato la pigrizia e l’indolenza delle nostre imprese, che hanno creduto di poter essere competitive sul terreno del costo del lavoro e della tutela dei diritti. Ma il dato più scandaloso del nostro Paese è quello di essere fanalino di coda negli investimenti per l’innovazione, sia di parte pubblica sia di parte privata. A Barletta, ad esempio, la crisi terribile del calzaturiero è stata risolta almeno in parte con stimoli da parte della regione per aiutare la riconversione in calzature di sicurezza: studio sui materiali. Dunque politica industriale, poi innovazione, infine agricoltura, la vera Cenerentola dell’economia. Eppure l’entroterra italiano si sta spopolando, sta avanzando il bosco medievale man mano che arretra l’agricoltura. Qui c’è bisogno di lavorare perché una nuova generazione di specialisti torni nelle campagne.
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<b>Veniamo al fisco. Voi siete favorevoli alla patrimoniale, così come a una Tobin tax più pesante. Non pensa che la pressione fiscale sia già troppo alta?</b>
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Il fisco contribuisce all’agonia del mondo dei produttori, oggi imprese e lavoro stanno crepando di fisco e questo è inaccettabile. La pressione fiscale va drasticamente alleggerita su lavoro e imprese. Io penso al cuneo fiscale anche in termini di premialità: vanno avvantaggiate le imprese che si adattano a determinati parametri, ad esempio di sostenibilità ambientale e di formazione della manodopera. Occorre poi rivedere le aliquote: è scandaloso che fa parte dello stesso scaglione chi guadagna centomila euro e chi ne guadagna 10 milioni. E poi va liberato il Paese dalla patrimoniale sui poveri, ossia l’Imu sulla prima casa, quasi la violazione di un diritto fondamentale. Quanto alla Tobin tax, bisognerebbe invertire la logica del governo Monti: più è rapida la transazione finanziaria più alto deve essere il prelievo, perché la speculazione normalmente gioca proprio sulla tempestività. <br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1MVOXU">Il Sole 24 Ore | Emilio Patta</a>Patrizia TOIA: Per il rilancio dell'economia serve un nuovo sistema industriale europeo2012-10-10T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655659Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/>"Una politica industriale europea che sostenga e condivida gli sforzi degli Stati membri deve puntare non solo a rilanciare il manifatturiero, ma a una vera e propria reindustrializzazione dell'Unione europea. Per questo è necessario che Consiglio e Commissione abbiano maggiore forza, perché non si parli solo di competitività ma di una vera e propria politica europea per i settori produttivi".
Lo afferma la vicepresidente della Commissione Industria del Parlamento europeo, Patrizia Toia, nel giorno della presentazione della comunicazione della Commissione su una nuova politica industriale.
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"Non bastano le regole del mercato -aggiunge-. La competitività non è solo per il mercato ma ha bisogno di strumenti di crescita. Gli elementi essenziali su cui puntare sono le infrastrutture, l'innovazione, il digitale e la ricerca".
"E' poi necessario che a livello europeo si pensi a una politica commerciale utile alle industrie europee, cioè equa e bilanciata. E a più risorse per il credito alle imprese va affiancata una politica industriale più verde e più posti di lavoro dignitosi.
"E' solo da una politica industriale così strutturata che può venire una nuova speranza di ripresa per l'economia europea", conclude.
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toia10102012.pdf">patriziatoia.it</a>Patrizia TOIA: Nucleare: sicurezza al centro di ogni decisione2012-10-04T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it655455Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU (Gruppo: S&D) <br/><br/><br />
“La sicurezza nucleare del nostro continente deve essere l'unico obiettivo delle azioni della Commissione Europea”, afferma Patrizia Toia, eurodeputata PD eVicepresidente della Commissione Industria, Energia e Ricerca, al termine della riunione straordinaria con il Commissario europeo per l'Energia, Oettinger.
<p>“Oggi il commissario ci ha presentato i risultati delle investigazioni realizzate su 134 reattori europei, i famosi stress tests decisi d'urgenza dopo la catastrofe di Fukushima e, nonostante gli sforzi profusi dalle autorità di controllo nazionali ed europee, è chiaro che le centrali europee sono troppo vulnerabili”, dichiara Toia.
<p>“Occorre il concorso dei gestori degli impianti, degli enti locali, degli Stati membri e della Commissione Europea perché l'assenza di misure antisismiche o la mancanza di strumenti di soccorso siano superati dall'impegno di rafforzare la sicurezza nucleare nella prospettiva di un'uscita progressiva da un rischio che purtroppo ci coinvolge tutti, vista l'estrema prossimità a paesi come la Francia o la Svizzera che utilizzano da tempo questa tecnologia. Ci aspettiamo, quindi, che il Commissario Oettinger persegua il nostro obiettivo primario: garantire a tutti i cittadini europei approvvigionamenti di energia sicuri e senza rischi per la salute”, conclude l’eurodeputata italiana.<br />
<br/>fonte: <a href="http://www.patriziatoia.info/home/images/yootheme/comunicati/comunicato_toia04102012.pdf">patriziatoia.it</a>Elsa Fornero: Che cosa chiedo alla Fiat2012-09-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it650427Alla data della dichiarazione: Ministro Welfare<br/><br/><br />
La Fiat è ormai una multinazionale. Ma è anche una grande industria italiana. Per questo, Marchionne ha il dovere di spiegarci quali sono le sue strategie per l’Italia. Aspettiamo sue notizie nei prossimi giorni. Io ho molte cose da chiedergli. E l’attesa non può essere eterna…».
<p> Elsa Fornero è molto preoccupata. E lancia l’ultimo appello al Lingotto: «Il governo non può imporre le sue scelte a un’impresa privata. Non possiamo “convocare” l’amministratore delegato al ministero. Ma all’amministratore delegato abbiamo chiesto un impegno preciso: ci dica come intende cambiare i contenuti del piano Fabbrica Italia. Ci dica se e come sono state modificate le strategie di investimento del gruppo nel nostro Paese. Ci dica se e come sono mutati gli impegni occupazionali negli stabilimenti attivi sul territorio nazionale. Marchionne non può tirarsi indietro. Lo deve non tanto e non solo al governo e ai suoi azionisti, ma soprattutto ai lavoratori della Fiat, e a migliaia di famiglie che vivono grazie alla Fiat. E lo deve anche all’Italia… ».
<p>Dunque, per il ministro del Welfare non bastavano l’Alcoa e l'Ilva. Non bastavano il Sulcis, Taranto e i 150 tavoli aperti su altrettante crisi aziendali, a rendere ancora più caldo il solito autunno che sta per cominciare. La crisi della Fiat chiude il cerchio. In tutti i sensi: da quello pratico a quello simbolico. Fornero ne parlerà in serata al concerto di gala del “Prix Italia” di Torino: quasi un mezzo consiglio dei ministri informale, con i “colleghi” degli Interni Anna Maria Cancellieri e dell’Istruzione Francesco Profumo. In quella che fu la capitale dell’auto quasi non si parla d’altro. La “ritirata” del Lingotto. Il “tradimento” di Sergio l’Amerikano.
<p>La conferma del declino industriale di un Paese che, a dispetto di qualche ottimismo di troppo profuso in questi ultimi giorni dal governo, resta ancora piantato dentro al tunnel. E se si intravede qua e là una flebile luce — come del resto aveva avvertito pochi giorni fa proprio l'amministratore delegato della Fiat con il suo consueto e profetico cinismo — «forse non è il tunnel che finisce, ma è solo il treno che ci sta per travolgere». Ora la profezia si autoavvera. Il «treno che ci sta per travolgere » è la fine troppe volte annunciata del grande sogno di Fabbrica Italia.
<p> Al suo posto, ora c’è l’incubo dell’ennesima disfatta industriale. La “fuga” della Fiat dal Belpaese. La chiusura di almeno due dei cinque stabilimenti superstiti (Pomigliano, e chissà, magari anche Mirafiori). La ricaduta occupazionale potenzialmente devastante sui quasi 25 mila dipendenti diretti del gruppo (senza considerare l’indotto).
<p> L’addio definitivo a un altro settore produttivo, l’automobile, che prima e soprattutto dopo la guerra ha rappresentato il cuore del Miracolo Economico. Smantelleremo anche quello, dopo aver alzato bandiera bianca sulla chimica e l’informatica, la siderurgia e l’alimentare?
<p>La Fornero non si rassegna. «A noi sta a cuore che la Fiat difenda e rilanci la sua produzione e i suoi investimenti in Italia». Se questo non accadesse, il danno sarebbe enorme. Non solo per gli “stakeholder”, come li chiama il ministro del Welfare, ma per l’intera nazione.
<p> Il problema è che Marchionne finora non ha dato nessuna spiegazione, e nessuna garanzia. Per questo la Fornero rilancia: «Io ho parlato più volte con Marchionne. Ci avevo parlato prima dell’estate, e ci ho parlato di nuovo nei giorni scorsi. Dopo l’annuncio di venerdì, all’amministratore delegato ho chiesto un incontro urgente. Gli ho comunicato una serie di date. Mi ha risposto che era in partenza per gli Stati Uniti, e che mi avrebbe fatto sapere al suo rientro. Ma finora il mio telefono non ha ancora squillato. Sto aspettando sue notizie. Me le aspetto nei prossimi giorni, e non mi faccia dire di più…».
<p>Il ministro evita gli ultimatum: anche perché quelli timidamente abbozzati finora, con il numero uno del Lingotto non hanno prodotto nessun risultato. Sarebbe rovinoso se lo schema si ripetesse ancora una volta: il governo che fa la voce grossa, il “ceo” che fa spallucce e va avanti per la sua strada. La strada che porta a Detroit, dove Marchionne sta lavorando anche in questi giorni. Per questo, evidentemente, non ha tempo per alzare il telefono, e dare una data alla Fornero che gliela chiede.
<p>«E’ vero — ammette il ministro — finora le nostre richieste non hanno raggiunto risultati concreti. E questo è un problema che avvertiamo, mi creda. Ma con la stessa sincerità le dico che il governo, in questi mesi e in queste ore non è stato con le mani in mano. Contatti ci sono stati e ci sono, con il Lingotto. Corrado Passera si sta facendo carico del confronto sulle strategie industriali, io delle ricadute occupazionali. Le assicuro che ci stiamo muovendo…».
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Fornero ha un lungo elenco di domande, da rivolgere all’amministratore delegato. Il ministro è il primo a riconoscerlo: «La crisi dell’auto — osserva — è globale e strutturale». Ma perché la Fiat perde molto più del mercato? E perché l’Italia continua ad essere l’area di maggiore criticità? Il nostro Paese diventerà solo uno dei tanti sbocchi di commercializzazione, o resterà ancora uno dei centri nevralgici di produzione automobilistica? Quali e quanti stabilimenti potrebbero chiudere? Ci sono progetti alternativi di reimpiego o di reindustrializzazione? La lista delle richieste potrebbe continuare. Purtroppo, finora, quello che manca drammaticamente sono le risposte. Ma anche se i fatti di questi mesi e di queste settimane non le danno ragione, Fornero nega che il governo sia stato inerte, se non addirittura “insensibile” di fronte agli allarmi che arrivavano lungo la rotta Torino-Auburn Hill. Non si sente un «ministro inesistente uscito da un libro di Italo Calvino», come ha scritto giustamente Luciano Gallino su questo giornale. «No, a questa rappresentazione non ci sto — obietta — e posso garantirle che sul caso Fiat il governo ha le idee molto chiare, e si sta impegnando in modo unitario e molto deciso. Nei prossimi giorni lo vedrete… ».
<p>Il problema è capire i termini di questo «impegno unitario e deciso». Se cioè Monti e i suoi ministri possano limitarsi ad ottenere una semplice “informativa” da Marchionne, oppure se vogliano inchiodarlo ad un vincolo più stringente sul piano delle scelte strategiche. Fornero, sia pure con cautela, accredita la seconda ipotesi: «L’epoca dello Stato Padrone è finita da un pezzo, per fortuna. Il governo non può decidere dove una grande industria privata deve allocare le sue risorse. Ma la Fiat, che ha fatto tanto per l’Italia, ha anche delle responsabilità verso questo Paese. Vorremmo che ne tenesse conto, e che desse un segnale al più presto… ».
<p>Il monito è rivolto a Marchionne: il suo silenzio non può durare ancora a lungo, e comunque non certo fino al consiglio di amministrazione Fiat fissato per il 30 ottobre: il chiarimento deve avvenire molto prima. Ma il monito sembra rivolto anche a John Elkann: la famiglia Agnelli non può tacere a sua volta, riparata dietro al suo manager. Fabbrica Italia era un progetto faraonico: 20 miliardi di investimenti, che rappresentavano un volano potenziale per l’intera economia nazionale. Se ora svaniscono, o si dirottano altrove, l’azionista deve pur assumersi le sue responsabilità. Stavolta è in ballo qualcosa di più del destino di un glorioso marchio tricolore. <br />
La posta in gioco è uno degli ultimi “pezzi” del Sistema-Paese.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1KF16M">la Repubblica | Massimo Giannini</a>Maria Antonietta FARINA COSCIONI: Ilva.Confortante che il Ministero della Salute abbia pronto un dossier epidemiologico su Taranto 2012-08-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648435Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Conforta apprendere che il ministero della Salute, come ha precisato il ministro Balduzzi, ha predisposto e aggiornato un dossier epidemiologico sulla situazione relativa a Taranto. Da giorni, infatti, sosteniamo, isolati, che il ministro della Salute non può non avere un ruolo importante nella vicenda Ilva; che da questa vicenda sembra al contrario essere escluso; che non si tratta di “affare”, come appare, di esclusiva competenza del ministro dello Sviluppo, del Lavoro e dell’Ambiente».
<p> «L’auspicio, è che il ministro ne possa riferire quanto prima in Commissione Affari Sociali della Camera, e che sia accolta la richiesta che già da giorni ho inoltrato alla presidenza della Commissione stessa, circa l’audizione del ministro: sulla questione Ilva e non solo, dal momento che sono decine gli impianti e le strutture industriali dannose alla salute degli esseri umani e che producono morte e danni irreversibili alla collettività, conferma, ennesima, che alla strage di diritto e legalità si accompagna sempre una strage di popolo e vite umane».<br /><br/>fonte: <a href="http://www.radicali.it/print/comunicati/20120822/ilvabalduzzi-farina-coscioni-confortante-che-ministero-della-salute-abbia-pronto">www.radicali.it</a>Nichi VENDOLA: Ilva: «Andare allo scontro è sbagliato» - INTERVISTA2012-08-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648168Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) - Consigliere Regione Puglia<br/><br/><br />
«Andare allo scontro è sbagliato. Gli atti del giudice indicano la strada per evitare la chiusura. Qui, a Bari, al tavolo degli incontri che ho avuto con l’Ilva e i sindacati, abbiamo scelto un’altra strada rispetto a quella di Roma. E ne sono felice, perché nelle prossime ore la partita potrebbe anche sbloccarsi».
<p>
<b>Presidente Vendola, ce l’ha con la decisione del governo di ricorrere alla Consulta contro la magistratura pugliese?</b>
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«Mi tengo alla larga dalle dispute giuridiche. Ma vedo i fatti. L’esecutivo, per bocca del sottosegretario Catricalà, ha attivato un conflitto con i giudici di Taranto. Dal tavolo pugliese, con l’Ilva e le forze sociali, è partito invece un rilancio positivo del confronto con la magistratura».
<p>
<b>Basta questo per pensare di risolvere il caso?</b>
<p>
«Abbiamo chiesto all’Ilva di confermare il nuovo stile dell’azienda. Il dialogo con le parti, una svolta radicale su ambiente e salute. E il prefetto Ferrante ha manifestato tutto il suo rispetto per le decisioni dei giudici».
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<b>Belle parole?</b>
<p>
«Abbiamo chiesto atti concreti e impegnativi che assomiglino molto al cronoprogramma per la fabbrica di chi ha disposto il sequestro dell’area a caldo, cioè la Procura. Le risposte sono state incoraggianti. La spinta nostra è che avvenga quanto prima».
<p>
<b>Insomma, l’Ilva sarebbe pronta a presentarsi con un piano di “bonifica” alla Procura. Parliamo di giorni, di settimane?</b>
<p>
«Parliamo di ore».
<p>
<b>Ma i magistrati hanno già disposto la chiusura dell’impianto. Che fanno, aprono una trattativa “sindacale” sul piano di Ferrante?</b>
<p>
«Chi ha letto l’ordinanza sa. Bisogna guardare con meticolosa attenzione a quel che i giudici hanno scritto nelle carte, e anche fra le righe. <br />
Lì dentro c’è la soluzione, il percorso da compiere per evitare la chiusura, ambientalizzando finalmente la fabbrica. L’Ilva deve presentarsi disarmata».
<p>
<b>Cioè?</b>
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«I magistrati hanno sorpreso qualcuno con la pistola e il colpo in canna. Le buone intenzioni non bastano. Il proiettile va tolto dalla pistola. <br />
E solo i giudici possono certificarlo. Quel che deve fare l’azienda è un gesto forte di stacco definitivo col passato, rompere la spirale fabbrica-malattia».
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<b>Nello scontro tra lavoratori e giudici si schiera allora con i pm e il gip di Taranto?</b>
<p>
«Solo un certo variegato estremismo dà questa chiave di lettura, fornisce la rappresentazione caricaturale di una frattura insanabile. Fra gli operai la sensibilità sull’ambiente è cresciuta tanto, sanno bene che ne va della loro salute. Servono perciò le ragioni della mediazione, insieme ad un messaggio rassicurante, che stemperi un clima che rischia di incendiarsi. Ma ci sono in giro tanti nemici della mediazione».
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<b>Chi sono?</b>
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«Da una parte l’industrialismo cieco, vecchio stile, tipo Italsider che ha avvelenato le nostre città. Dall’altra, l’ambientalismo fondamentalista, che pensa di fare a meno dell’industria. Roba da reazionari».
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<b>La Regione Puglia è esente da colpe per l’inquinamento dell’Ilva?</b>
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«Vedo all’opera qualche canaglia e sciacallo d’alto bordo che cerca di rovesciare le responsabilità su di noi. Parlano i fatti. Con le leggi regionali all’avanguardia nazionale che la Puglia si è data, in tre anni la diossina è passata da 786 grammi a 3,4 grammi all’anno».
<p>
<b>E il governo nazionale?</b>
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«C’è uno spaventoso vuoto normativo in materia. Non a caso è scattato l’intervento della magistratura. Mi sarei aspettato perciò una attenzione molto più scrupolosa sui profili delle competenze di ciascuno, prima di far scattare conflitto come quello aperto davanti alla Consulta».<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IZNTN">la Repubblica - Umberto Rosso</a>Corrado Clini: «L’iniziativa del gip è di rottura non contro l’Ilva, ma contro il governo» - INTERVISTA2012-08-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648170Alla data della dichiarazione: Ministro Ambiente<br/><br/><br />
«Se il giudice sospetta che io stia facendo carte false a favore dell'azienda mandi un avviso di garanzia, altrimenti ci lasci lavorare».
<p>«Una cosa è certa: il governo non starà a guardare. Siamo assolutamente determinati a mandare avanti il programma di risanamento ambientale, che non prevede la chiusura dell’impianto Ilva di Taranto».
<p>
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha appena sentito il premier Monti, e la linea è chiara: l’esecutivo non porgerà l’altra guancia.<br />
<b>Ministro Clini, è rimasto sorpreso della nuova ordinanza del gip?</b>
<p>
«Sono rimasto sorpreso del fatto che il gip abbia insistito nella sua linea nonostante fosse in atto una iniziativa da parte delle autorità competenti per il risanamento del sito, oltretutto attuata anticipando i tempi previsti dalle direttive europee. Diciamolo: l’iniziativa del gip è una iniziativa di rottura non contro l’Ilva, ma contro il governo».
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<b>Nel senso?</b>
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«Che rischia di creare una confusione su chi ha la responsabilità in Italia ad autorizzare impianti industriali e a controllarne l’esercizio. E questo non è questione da poco, perchè negli altri paesi europei la responsabilità è chiara. E non avviene che un magistrato interviene nel merito dell’esercizio delle funzioni dell’autorità competente, nel nostro caso il ministero dell’Ambiente, a meno che non sospetti che l’autorità commetta un reato. Cosa che può essere, naturalmente. Ma allora delle due l’una: o ritengono che stiamo facendo carte false per aiutare l’Ilva e allora devono mandarci, a me compreso, un avviso di garanzia oppure o ci si lascia lavorare per il risanamento dell’impianto».
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<b>Vuol dire che il rischio è che questo intervento comprometta la credibilità dell’Italia come paese nel quale fare impresa?</b>
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«E’ così. Un investitore che arriva in Italia chiede regole chiare. Il 4 agosto 2011 il mio ministero ha rilasciato all’Ilva l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che consente l’esercizio degli impianti a condizione che sia rispettate una serie di misure di prevenzione, e l’Ilva ha fatto ricorso osservando che alcune delle prescizioni erano più severe delle norme nazionali. Non basta. Il 12 marzo ho riaperto l’Aia per adeguarla, ben prima del 2016 richiesto dal’Ue, alle nuove prescrizioni europee, e l’Ilva ha presentato ancora ricorso. Ho chiesto al presidente dell’Ilva di ritirare i ricorsi e ci sono riuscito, avviando assime alla regione Puglia e all’azienda un percorso condiviso. E ora arriva il gip e di fatto mi sconfessa».
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<b>Forse il gip non credeva alla bontà del percorso avviato...</b>
<p>
«Che mi convocasse, ero pronto a fornire ogni informazione. Ma nessuno lo ha fatto. Ora, il problema non è solo che questa azione giudiziaria possa convincere la famiglia Riva a disimpegnarsi, dopodichè a Taranto perderemmo undicimila posti di lavoro e salterebbe il piano di bonifica, trasformando il sito in un altro monumento all’inquinamento. Il rischio è che si avrebbero danni all’intero comparto della siderurgia italiana e all’intera economia italiana. Perchè chi verrebbe più a investire da noi se un gip può sconfessare il ministero competente?».
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<b>Ma il Gip sembra preoccuparsi solo dell’Ilva, non degli effetti sull’economia della sua decisione.</b>
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«Guardi, mi rendo contro che il confronto può essere rude, perchè in genere i politici sono abituati fare dichiarazioni del tenore: ho fiducia nell’operato della magistratura. Ma io non sono ipocrita. E devo dire che prendo l’iniziativa della magistratura per quello che è: una iniziativa a prescindere. Sono convinto che la soluzione migliore sia il dialogo e per questo ho chiesto un incontro al Procuratore della Repubblica di Taranto. Dopodichè se il dialogo risulterà impossibile, allora, come hanno detto Bersani, Alfano e Casini, cioè i leader che sostengono questa maggioranza, bisognerà fare chiarezza».<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IY95C">Il Giorno | Il Resto | La Nazione - Alessandro Farruggia </a>Pier Luigi BERSANI: «Fedeli all'Europa del rigore. Industria fra le politiche prioritarie» - INTERVISTA 2012-08-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648122Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
La Fiat: «Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché già una volta negli anni '80 Torino ci ha condizionati». <br />
«La prima cosa che intendo dire all'Italia e all'Europa è che noi siamo quelli dell'euro, siamo quelli dei governi Prodi, Amato, D'Alema che fecero fede in condizioni difficili a tutti i patti internazionali, europei e occidentali, che siamo quelli di Ciampi e Padoa-Schioppa».
<p>Pierluigi Bersani sa che la sfida più grande per lui è ormai arrivata.<br />
Mancano sette-otto mesi alla chiusura della legislatura, ma ormai la corsa in vista delle elezioni è partita. Chi vuole avere chance per andare al governo deve mettere sul tavolo le carte migliori che ha a sua disposizione. Bersani è tra i più accreditati. Lui lo sa. E sul Sole 24 Ore prova a spiegare agli elettori italiani, all'Europa e ai mercati perché devono fidarsi del centro-sinistra dopo i buoni risultati del governo Monti.
<p><b>Bersani, non c'è il rischio che i prossimi mesi siano occupati dalla campagna elettorale, proprio mentre il Paese è ancora chiamato a scelte difficili?</b>
<p>
E intanto utile, in questi mesi che ci avvicinano a un appuntamento elettorale, come avviene in tutte le democrazie del mondo, dare messaggi molto chiari sui temi di fondo: lealtà al governo Monti, lealtà verso il grande obiettivo europeo, responsabilità nella tenuta dei conti, nella riduzione del debito e nella costruzione di un avanzo primario. Contro ogni deriva regressiva e populista intendiamo fare barriera forte. Detto questo, vogliamo arrivare all'appuntamento elettorale dicendo la nostra, sull'Europa e sull'Italia.
<p> <b>Partiamo dall'Europa, deve fare di più.</b>
<b>Ma come e in che direzione?</b>
<p>
<p> L'Europa così come gira non va bene. Io credo innanzi tutto che il dibattito con le opinioni pubbliche europee vada spostato dalle tecnicalità economiche al tema di fondo che è culturale e politico. Il patto iniziale fu la riunificazione della Germania dentro una Europa forte. Se si rompe quel patto andiamo verso l'incognito. Purtroppo in questi anni abbiamo visto diffondersi, sotto l'influsso della globalizzazione, un'ideologia di destra per cui chi è forte pensa che chi è debole gli stia svuotando le tasche. È una ideologia pericolosa, l'abbiamo vista anche nelle reazioni all'intervista di Monti, al di là della frase più o meno felice sui parlamenti.
<p><b>Intanto il clima con la Germania diventa sempre più teso. È giusto secondo lei attribuire ai tedeschi responsabilità su quello che sta avvenendo?</b>
<p> Non va bene fare guerre con la Germania. Noi paesi cosiddetti periferici dobbiamo riconoscere che dopo l'euro non abbiamo fatto i compiti a casa, non abbiamo approfittato dell'abbassamento dei tassi. Secondo me questo è avvenuto per responsabilità di Berlusconi, ma come Paese dobbiamo riconoscerlo. La Germania deve riconoscere, però, che tutto quel che ha guadagnato dall'euro, ed è tantissimo, può anche perderlo e che una famiglia non si salva ammazzando qualche familiare. Quindi va fatto valere un discorso di corresponsabilità. Solo così l'Europa farà passi avanti e li farà fare a tutti noi.
<p><b>L'Italia ha fatto i suoi compiti a casa?</b>
<p> Abbiamo fatto molto. Ma è venuto il momento, e noi lo faremo da subito se saremo chiamati agovernare, di mettere al centro delle nostre preoccupazioni l'economia reale. Quand'anche avessimo tutti gli scudi anti-spread del mondo, se l'economia reale viaggia in questo modo, non ce la caviamo.
<p> <b>La recessione che abbiamo davanti è di dimensioni preoccupanti.</b>
<p> Dobbiamo fare ogni sforzo per la crescita, o almeno per contrastare la recessione. Magari sui conti pubblici teniamo, ma qui rischiamo di arretrare decisamente nelle quote mondiali di produzione e lavoro. Nelle esportazioni i margini si vanno assottigliando. Il mercato interno è fermo. Così rischiamo una riduzione strutturale della nostra base produttiva. Allora nei famosi compiti a casa va data priorità a quella che potremmo definire, in senso esteso, politica industriale, che per me vuol dire anche politiche per i servizi o l'agricoltura.
<p><b>Il governo non fa abbastanza?</b>
<p> Diciamo che per ora c'è attenzione non sufficiente. Ma il problema viene da lontano. Per troppo tempo abbiamo assistito inerti allo spostamento di investimenti dall'economia reale alla finanza. Dobbiamo invertire la rotta. Siamo un sistema di piccole e medie imprese, dobbiamo averne cura. Io rimpiango, per esempio, la dual income tax, il credito d'imposta per la ricerca, le prospettive tecnologiche dell'industria per il 2015. Se avessimo tenuto su queste misure forse non saremmo a questo punto.
<p><b>Il governo ha rinunciato a ripristinare il credito di imposta per la ricerca...</b>
<p>E invece va fatto. Quando io ci lavorai immaginavo uno strumento che doveva insediarsi come strutturale: gli imprenditori devono sapere che è un incentivo a disposizione per anni e senza rubinetti di sorta che creano sfiducia e incertezza.
<p><b>Su quali settori è giusto puntare?</b>
<p> L'Italia deve fare l'Italia. Deve puntare sulle sue tradizioni, tipicità, sul patrimonio del made in Italy. Poi deve portare tutto questo alle frontiere tecnologiche nuove. Quindi l'efficienza energetica, le tecnologie del made in Italy, le scienze della vita, le tecnologie per i beni culturali, e così via.
<p> <b>Intanto la burocrazia e i cavilli bloccano spesso gli investimenti. Cosa fare?</b>
<p> Bisogna agire su alcune condizioni del contorno: dalla giustizia civile alle duplicazioni amministrative. Ma ho una mia idea sul rilancio degli investimenti industriali, quello del riuso delle aree industriali.
<p> <b>Un buco nero fino ad oggi in Italia.</b>
<p> Ed è una grande opportunità. Oggi abbiamo enormi aree dismesse, bloccate dai costi di bonifica e da pastoie burocratico-amministrative. Dobbiamo introdurre un meccanismo anche fmanziario che risolva il problema delle bonifiche e permetta con dei patti d'insediamento qualche accelerazione da un punto di vista amministrativo e autorizzativo.
<p> <b>Resta il problema più ampio della pletora di autorizzazioni e controlli che rendono impossibili spesso gli investimenti.</b>
<p> La via è quella di esternalizzare: una serie di funzioni che riguardano le attività produttive possono essere affidate a un'autocertificazione rafforzata da parte di professionisti assicurati, così l'amministrazione pubblica si concentra sui controlli.
<p><b>Cos'altro ha in mente quando parla di nuova politica industriale?</b>
<p> Ci sono tanti strumenti da rivedere: siamo a posto con le procedure straordinarie, leggi Prodi 1 e 2, la legge Marzano? Secondo me no. Vogliamo discutere sulla cassa integrazione speciale? Mi va bene che tassativamente non ci siano proroghe ma nel sistema industriale italiano è un errore buttare via uno strumento così.
<p>
<b>È giusto usare anche la Cdp per fare politica industriale? <br />
E con che ambiti?</b>
<p>Credo sia utile come riferimento nelle società delle reti e va bene il volano per le infrastrutture. Ma io sarei più ambizioso nel riconsiderare questo fondo strategico che non si capisce bene cosa faccia. Noi abbiamo un sistema di medie imprese, quelle che innovano, investono, si internazionalizzano, che adesso sono piene di impegni con le banche. Allora io dico: con partecipazioni minoritarie, in modo selettivo, è inimmaginabile un fondo misto di partecipazione dove transitoriamente Cdp, le banche trasformando temporaneamente i loro crediti, siano impegnati in operazioni non di salvataggio, ma di supporto?
<p><b>Sulla banda larga continuiamo ad avanzare solo con piccoli passi.</b>
<p> Lì ci vuole una forte regìa del Governo. E sono convinto che Cdp deve essere messa al servizio via via di una soluzione combinata, soluzione che guardi al progetto paese.
<p><b>La produzione automobilistica in Italia continua ad arretrare. II Governo farebbe bene a convocare Marchionne?</b>
<p> La diplomazia economica dei governi è importante. Io ho sempre detto che l'unica soddisfazione certa di un ministro è che se chiami un interlocutore questo deve venire. Poi può dire quello che vuole, ma deve venire e dirtelo. Qui c'è un po' di debolezza del Governo. Su Fiat, ma anche su Finmeccanica dove lo Stato è proprio azionista.
<p><b> Ma la decisione sugli investimenti in Italia tocca alla Fiat non al Governo.</b>
<p>Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché Fiat già ci ha condizionato già una volta negli anni '8o bloccando la possibilità di altri ingressi Se hanno tutti gli stabilimenti in cassa integrazione, non possono bloccarci nei prossibili sviluppi dell'industria automobilistica in Italia.
<p> <b>Lei ha capito che fine ha fatto il piano Fabbrica Italia?</b>
<p> Io non ho mai capito cosa fosse e quindi non ho mai capito dove è finito. Si è imbastita una polemica tra Marchionne e Fiom e si è perso di vista l'aspetto industriale vero. Se Fiat non ce la fa, meglio i tedeschi che nessuno. Ma io sono preoccupato che un pezzo di Paese vada in controllo estero. Su Ansaldo energia e su Ansaldo trasporti per esempio eviterei di perdere il controllo.
<p><b> Come vede la situazione dell'Ilva?</b>
<p>
La decisione presa martedì consente sviluppi positivi. I temi ambientali, attenzione, sono temi veri.
<p> <b>La politica industriale richiede risorse, così come il rispetto degli impegni Ue. Nel momento in cui vi proponete per governare il Paese dovete dire dove prendete i soldi.</b>
<p> Io vorrei smontare l'assioma o taglio o tasse. Spesso a un taglio corrisponde una sorta di tassa che magari viene pagata dagli italiani più deboli in termini di servizi. Bisogna mirare i tagli agli sprechi veri, altrimenti deprimi il mercato e metti le mani nelle tasche degli italiani.
<p> <b>Altre fonti di risorse?</b>
<p>Riequilibreremo i carichi fiscali. Ma soprattutto: noi al netto del ciclo siamo tra i Paesi messi meglio. Senza toccare l'avanzo primario, bisogna trovare con l'Europa un minimo meccanismo di elasticità.
<p> <b>Cambiare i patti?</b>
<p> No, solo un calcolo del ciclo fatto con buon senso. Da vedere con la Commissione. Se poi arrivasse un po' di sollievo sui tassi... Le operazioni di politica industriale non costano moltissimo. E io darei priorità a un'altra questione: con il governo Prodi non eravamo in crisi e spendevamo 2,5 miliardi di fondo sociale, oggi con la recessione è ridotto a 150 milioni. Non c'è teoria, per quanto liberista, al mondo che non consideri che in epoca di recessione devi rispondere con spesa sociale. Farei una task force con enti locali e terzo settore per affrontare questa questione.
<p><b> Siamo tornati a misure di spesa. Lei ha ribadito gli impegni europei, ma poi quando si parla delle risorse necessarie allo sviluppo e a centrare quegli impegni c'è troppa genericità.</b>
<p> Guardiamo la storia. Quando si è trattato di controllare la spesa corrente abbiamo fatto meglio noi della destra. Per un motivo semplice: conosciamo meglio l'amministrazione e la macchina di governo.
<p> <b>Sugli enti locali si può tagliare ancora?</b>
<p> Bisogna vedere di cosa parliamo. L'enorme pletarora di consorzi e società miste va sbaraccata. Poi bisogna ridurre il carico di impiego pubblico in una forma che lavori sul turn-over in modo intelligente. Poi vanno alienati beni pubblici. Ma in forma realistica, quando sento parlare di 400 miliardi, dico: eravate lì potevate farlo. Ma come lo declina Grilli o come lo dice Astrid sicuramente si può fare.
<p><b> A proposito di dove reperire le risorse non ha ancora parlato di patrimoniale...</b>
<p>La nostra posizione è quella di un contributo dei grandi patrimoni immobiliari. Aggiungo che, a proposito di dove prendo i soldi, noi sull'evasione dobbiamo fare di più. Serve la Maastricht della fedeltà fiscale: arrivare all'obiettivo più tre o meno tre di fedeltà fiscale rispetto all'Europa. Come ci si arriva: attraverso la deterrenza certamente, come si fa negli Usa, ma soprattutto attraverso banche dati incrociate.
<p><b> Ma non pensa che con l'Imu già oggi la tassazione su chi ha più immobili è molto alta? Credo che per i patrimoni più ingenti ci possa essere qualche contributo in più, potenziando un po' le esenzioni per chi ha di meno.<br /> Proviamo a individuare la rappresentanza sociale di un suo eventuale governo.</b>
<p> Lavoro dipendente che fa il suo dovere, professioni che accettano la modernizzazione, l'intellettualità e la creatività italiana, gli imprenditori che fanno il loro mestiere e credono alla loro impresa. Ci metto anche il ceto medio impoverito. Isolo invece come avversari tutte le posizioni di rendite a qualsiasi livello, le ricchezze e i patrimoni che rifiutano la solidarietà. L'accordo con la Svizzera va fatto perché bisogna raggiungere la ricchezza mobile che si occulta.
<p> <b>Non si preoccupa quando Vendola apre a Casini a condizione che «rinunci alle politiche liberiste, mercatiste e rigoriste» appoggiate in questi anni?</b>
<p> Le aggettivazioni ognuno le sceglie come vuole. Che però in questi dieci anni in Italia e in Europa si sia permesso che l'egemonia finanziaria dominasse su tutto è stato un problema.
<p> <b>Ma Vendola mi sa che facesse riferimento più al Casini che appoggia Monti che ad altro....</b>
<p> Io ho già detto che la continuità con Monti sarà la salvezza di un'Italia che è europea e europeista. Che sta ai patti finché i patti non si cambiano e migliorano. Quindi la dignità di un Paese che sa qual è il suo destino. Dopodiché io convengo sul fatto che in Europa e in Italia noi dobbiamo dare più attenzione al lavoro.
<p><b> Ma non è un'umiliazione per la politica fatta dai partiti in questi anni che un governo tecnico abbia fatto in pochi mesi una serie di riforme di cui si parlava da anni e non realizzavano?</b>
<p>
Qualcuno dice che tra il '96 e il '98 si sono viste liberalizzazioni e politiche industriali più incisive di quelle fatte ora.
<p><b>Sulle liberalizzazioni gioca in casa, ma sul resto?</b>
<p> Sulle pensioni abbiamo fatto molto.
<p><b>Anche qui negli anni '90. Ma nell'ultimo governo Prodi siete tornati indietro sullo scalone...</b>
<p>
Giustamente credo, la gradualità nelle riforme serve. Come si è dimostrato con la vicenda degli esodati.
<p><b>Bersani, insisto, perché questo è il punto: in Europa e sui mercati c'è preoccupazione per un ritorno di Berlusconi, ma anche di un centro-sinistra bloccato sulle riforme dai veti politici e sindacali.</b>
<p>
È un pregiudizio. La nostra è una politica intenzionata a chiedere il consenso della gente dicendo come prima cosa che siamo in una crisi seria e che serve responsabilità. Ma io rifiuto l'affermazione che il governo Monti abbia fatto più riforme dei governi politici di centro-sinistra. Se poi le riforme sono solo l'articolo 18...
<p><b> A proposito, sulla riforma del lavoro rimetterete le mani?</b>
<p> Sì. Il mercato del lavoro va sicuramente reso più efficiente. Ma il dibattito sull'articolo 18 è un dibattito interno ideologico. Il problema è quello della produttività: e qui siamo carenti in investimenti, ambiente di contorno, rigidità organizzativa ed eccesso di precarietà. In questo senso io credo che la questione del lavoro vada vista anche dal punto di vista dei contratti. E qui sono un convinto sostenitori di uno spostamento verso l'ambito aziendale, preservando però una base di omogeneità nazionale. Dare flessibilità organizzativa a fronte di investimenti esigibili: questa è la pista da percorrere.
<p><b>Ma l'alleanza con Casini si fa prima o dopo le elezioni?</b>
<p> Dipenderà anche dal sistema elettorale. Io ho in testa un'area progressista aperta che non è solo partiti. Che sia in condizioni prima o dopo le elezioni, di lanciare un appello di collaborazione a tutte le forze europeiste, antipopuliste e costituzionali. Poi credo nei vincoli che ci siamo dati nella carta d'intenti per governare insieme: si decide a maggioranza quando non siamo d'accordo. <br /><br/>fonte: <a href="http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012080922362570.pdf">Il Sole 24 Ore | Fabrizio Forquet</a>Angelo BONELLI: «L’area a caldo Ilva va chiusa. Clini è ministro dell’Ambiente non dell’Industria» - INTERVISTA2012-08-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648171Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Lazio (Lista di elezione: Verdi) - Consigliere Consiglio Comunale Taranto (TA) (Lista di elezione: Verdi) <br/><br/><br />
«In 17 anni ci sono stati gravi danni e tra gli operai sono aumentati i tumori del 107%».
<p><b><a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2012/08/06/corrado-clini/%C2%ABnon-mi-dimetto-per-il-caso-ilva-disastri-fatti-dallindustria-pubblica%C2%BB-intervista/648034">Il ministro Clini ha detto a Repubblica</a> che il disastro ambientale della città è colpa dell’industria pubblica, l’Italsider, tra gli anni Sessanta e Novanta.</b>
<p>
«La tesi Italsider mi indigna. Dal 1995, quando l’imprenditore Riva rilevò l’industria pubblica, sono passati 17 anni. Diciassette. Scaricare i problemi sul passato è una strategia politica che si scontra con le perizie della procura. Ascolti. Perizia chimica, rilevazioni giugno 2011gennaio 2012: “In questo arco
di tempo gravissime violazioni delle leggi sull’inquinamento”. Perizia epidemiologica, rilevamenti 1998-2010: “In 12 anni per i lavoratori dell’Ilva c’è stato un aumento del 107% dei tumori allo stomaco”. Siamo in piena era Riva».
<p>
<b>Il ministro avrà letto le perizie.</b>
<p>
«Il problema è che Clini, uomo favorevole agli Ogm e al nucleare, è il ministro dell’Ambiente ma fa il ministro dell’Industria. Passera non parla, è egregiamente rappresentato. Il silenzio dei ministri della Sanità e dell’Agricoltura è sconcertante: 1.700 capi abbattuti, 1.000 agricoltori esodati dalla diossina. Questo governo ha sposatola tesi Ilva ed è pronto a raddoppiare sulla stessa costa gli insediamenti Cementir ed Eni».
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<b>Il ministro dell’Ambiente ha escluso di essere lui il “Corrado uomo nostro” che si ascolta nelle intercettazioni sui dirigenti Ilva. Ha detto anche che con Riva non ha mai avuto rapporti.</b>
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«Corrado Clini dal 1991 e per vent’anni è stato direttore generale del ministero dell’Ambiente, il tecnico che si relaziona con il ministro. Mi pare fantascienza ascoltare che non si è mai occupato dell’Ilva. Nell’agosto 2010, da direttore del ministro Prestigiacomo, non conosceva forse il decreto 155, il “salva Ilva”? Ha aumentato di due volte e mezzo i limiti del benzoapirene».
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<b>Ora arrivano 336 milioni per migliorare la produzione.</b>
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«Soldi dei contribuenti a un’azienda che negli ultimi tre anni ha fatto due miliardi e mezzo di utili e neppure un euro di risarcimento per i lavoratori. Vivaddio, ora partirà un processo».
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<b>Solo il ministro colpevole, allora?</b>
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«Il presidente della Regione Puglia, <a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2012/08/14/nichi-vendola/ilva-%C2%ABandare-allo-scontro-%C3%A8-sbagliato%C2%BB-intervista/648168">Nichi Vendola, ha fatto la sua parte</a>. Gli riconosco due buone leggi su diossina e impatto sanitario, ma Taranto ha un registro tumori fermo al 2006».
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<b>L’Ilva va chiusa o risanata?</b>
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«L’area a caldo va chiusa: produce il 98% del benzopirene. Bilbao e Pittsburgh hanno fermato l’acciaio vent’anni fa e oggi sono prosperose. A Taranto si può puntare sui semilavorati a freddo e spianare i giacimenti minerali, le loro polveri fanno sanguinare il naso dei bambini del rione Tamburi».<br /><br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1IPWD4">la Repubblica - Corrado Zunino</a>Francesco BOCCIA: «Da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia»2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648088Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) <br/><br/><br />
«Surreali e grottesche le critiche che arrivano dalla Germania al Presidente del Consiglio. Monti non ha parlato di Parlamenti telecomandati dai governi, ma di governi che devono avere il coraggio di disegnare una rotta, un orizzonte. E in questo momento l'orizzonte è l'Europa».
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«Premesso che da Berlino non accettiamo lezioni di democrazia quello che dev'essere chiaro alla politica e all'opinione pubblica tedesca è che l'Italia ha fondato la Comunità europea prima e l'Unione dopo per costruire un grande progetto politico collettivo. Chi pensa che per noi l'Ue sia solo un modo per indebitarsi nel miglior modo possibile a scapito di altri Paesi, deve rivedere i suoi orizzonti. Noi non abbiamo mai chiesto deroghe ai trattati e mai ne chiederemo. Non abbiamo fatto come la Germania nel 2003. Oggi chiediamo coraggio per la costruzione degli Stati Uniti d'Europa. Se i tedeschi sono contrari lo dicano e abbiano il coraggio di assumersi la responsabilità dello stop al processo d'integrazione politica».
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«Se dopo una crisi globale come questa salta l'integrazione politica e si torna alla peggior difesa nazionalistica, in Germania devono sapere che il prezzo alto lo paghiamo tutti, a partire proprio dall'economia tedesca. Quando la Bce con le prime due ltro (long term refinincing operations) ha consentito il finanziamento all'1% delle banche e hanno partecipato alcune ex divisioni finanziarie di aziende automobilistiche che hanno riversato la liquidità alle stesse aziende (come Bmw e Wolkswagen), nonostante fossero violati i principi più elementari della concorrenza, da Berlino nessuno si è scandalizzato. La reazione spropositata di una parte della politica tedesca alle dichiarazioni di Monti impone una seria riflessione: intanto sarebbe opportuno evitare senza alcuna valutazione di politica industriale la vendita di aziende italiane. A partire dall'incomprensibile cessione di Ansaldo Energia alla Siemens. Sul tema chiediamo al governo di bloccare le trattative e di informare il Parlamento».
<br><br/>fonte: <a href="http://www.asca.it/news-Crisi__Boccia_28Pd29__no_lezioni_democrazia_dai_tedeschi-1185143-POL.html">asca</a>Corrado Passera: «Mai più veti agli investimenti industriali» - INTERVISTA 2012-08-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it648035Alla data della dichiarazione: Ministro Sviluppo economico- Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti<br/><br/><br />Niente dirigismo su Fiat ma Marchionne deve chiarire sul piano.
<p><b>Ministro, con il decreto sviluppo l'Italia ha messo un altro importante tassello nel puzzle dei suoi compiti a casa, ma i mercati restano molto inquieti. Le parole di Draghi sul ruolo della Bce hanno avuto interpretazioni contrastanti. Come è possibile una reazione così schizofrenica come quella che i mercati hanno avuto tra giovedì e venerdì?</b>
<p>Draghi giovedì ha detto una cosa molto importante per la costruzione dell'Europa che vogliamo: ha detto che la Bce non solo sarà agente del fondo Efsf e dell'Esm, come aveva deciso il Consiglio europeo del 28-29 giugno, ma che metterà anche risorse proprie per garantire la stabilità dell'euro. Un passo avanti decisivo. Probabilmente il primo impatto sui mercati è stato negativo perché si erano create aspettative eccessive e perché nella comunicazione di giovedì scorso sono rimaste alcune ambiguità sulle condizioni e sui tempi degli eventuali interventi.
<p><b>Una cosa è chiara: i Paesi che vogliono che scattino gli acquisti sui propri titoli dovranno chiedere l'attivazione del meccanismo di aiuti. La Spagna, ormai è chiaro, lo farà. Anche l'Italia è a quel punto?</b>
<p> Escludiamo che chiederemo aiuti come un Paese che non ce la fa a garantire i propri fabbisogni di finanza pubblica. L'Italia ha fatto tutto quello che andava fatto per essere padrona di se stessa e ha conti solidi. Anzi, noi siamo tra i principali contributori degli aiuti che affluiscono ad altri Paesi. E tuttavia, se il mercato dovesse continuare a non riconoscere in termini di spreads il valore di quanto fatto in Paesi come il nostro, allora l'Europa dovrà intervenire, in difesa dell'euro prima ancora che dell'Italia.
<p> <b>Con quali condizioni?</b>
<p>Quando si parla di condizioni per l'intervento la mia opinione è che si chiederebbe all'Italia di confermare ulteriormente le cose che stagià facendo. Niente di più. Ad altri Paesi magari ci sarà da chiedere misure aggiuntive per garantire la stabilità dei loro conti per abbassare il rischio sistemico che oggi circonda l'euro. I nostri compiti a casa - come oggi si suole dire - li abbiamo fatti.
<p> <b>Ma la richiesta è pronta a partire?
</b>
<p>No. E comunque sarebbe per questo secondo tipo di intervento, non per altro.
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<b>Monti per caso vi ha detto di tenervi in allerta ad agosto?</b>
<p> Monti ha detto in pubblico che non c'è ad oggi nessuna richiesta di aiuto di nessun genere.
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<b>II decreto sviluppo è stato appena approvato in Parlamento. Da quali misure si aspetta i primi effetti?
</b>
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La forza del decreto che venerdì è diventato legge sta nelle tante misure vere, concrete che contiene: i project bond, gli strumenti per i finanziamenti alle imprese, la riforma del diritto fallimentare che introduce anche in Italia il Chapter ii, il credito di imposta per chi assume ricercatori, la strumentazione a disposizione delle Pmi per raccogliere fondi a breve e medio termine, nuove regole per ridurre la dipendenza energetica nazionale, che si inseriscono in un piano che già ci ha visto intervenire con la separazione di Snam e con la riforma degli incentivi alle rinnovabili. E poi il piano città e la defiscalizzazione che consentiranno di sbloccare ulteriori infrastrutture, su cui oggi ci sono già in campo risorse per 35 miliardi: ogni singolo cantiere di quei 35 miliardi può essere seguito sul nostro sito "Cantieri Italia". Questa legge - per la quale ringrazio il Parlamento per il contributo e la fiducia - è una tappa importante nella realizzazione concreta dell'Agenda per la crescita lanciata nel dicembre scorso.
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<b>Ma la scarsità di risorse a disposizione non ha finito per limitare il raggio d'azione del provvedimento?</b>
<p> Abbiamo deciso di puntare le limitate risorse a disposizione soprattutto su un settore con leva fortissima sull'economia diffusa come quello dell'edilizia. Una misura che per 12 mesi, fino a 96milaeuro, consente di portare il 50% in detrazione, alla quale si aggiunge il bonus sull'efficienza al 55%, vuol dire per le famiglie fino a quasi aoomila euro di lavori pagati, per circa metà, dallo Stato.
<p> <b>E per le imprese? La carenza di liquidità resta la vera emergenza: che cosa si pub fare in questo campo?
</b>
<p>Anche su questo tema siamo intervenuti attraverso il decreto sviluppo, con l'estensione del regime dell'Iva secondo il criterio della cassa. Anche i 20 miliardi di garanzie attraverso il Fondo centrale di garanzia e i primi 6 miliardi per il ripagamento dello scaduto andavano in questa direzione. A quest'ultimo proposito, aver sbloccato la certificazione, l'assicurazione e la compensazione dei debiti con la Pa è stato un lavoro di grande portata, malgrado le difficoltà.
<p> <b>Ma le imprese continuano a domandarsi quando e come potranno recuperare i propri crediti...</b>
<p>Possono cominciare a farlo da subito. È possibile scaricare dal sito del ministero dell'Economia il modulo di richiesta. Quindi si fa la domanda per vedersi certificare il credito. Se la pubblica amministrazione non lo fa entro 6o giorni, interviene un commissario ad acta. A quel punto hai un titolo che certifica il credito e puoi renderlo bancabile e andarlo a scontare, oppure cederlo, oppure compensarlo con un debito fiscale. È un forte alleviamento del problema anche se non ancora la soluzione defmitiva, che consiste nel pagare lo scaduto e nel non ricrearne di nuovo, obiettivo che potremo raggiungere con l'adozione della direttiva Ue sui pagamenti prevista entro l'anno. Non dimentichiamoci che per moltissime imprese che aspettano di essere pagate il debitore è privato e non pubblico.
<p><b>Sulla crescita ci sono però molte più attese. Potrà essere questo l'obiettivo sui cui concentrare gli sforzi negli ultimi mesi della legislatura?</b>
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È la mia priorità. Le nuove normative già in produzione riguardano innanzitutto la nascita di nuove aziende e l'Agenda digitale che consisterà in un pacchetto corposo su digital divide, e-government, e-commerce, ottimizzazione dell'informatica pubblica, alfabetizzazione informatica. E ancora: lavoriamo su strumenti per facilitare gli investimenti esteri in Italia, per ulteriori semplificazioni anche nell'ottica della legge annuale per le Pmi.
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<b>Queste ulteriori misure saranno accorpate in un nuovo decreto sullo sviluppo?</b>
<p> Abbiamo sempre detto che Agenda digitale e start up sarebbero arrivate entro l'estate, cioè entro fine settembre. È possibile che questi due provvedimenti siano accorpati, ma naturalmente deciderà Monti. Ad ogni modo sono ancora tanti i fronti ancora aperti per completare l'attuazione dell'Agenda della crescita entro i tempi del nostro Governo.
<p><b>Le imprese si aspettano un vero credito di imposta per gli investimenti in ricerca. Arriverà nel nuovo decreto?</b>
<p> Per questa misura dobbiamo trovare 600-700 milioni e occorre aspettare gli effetti della spending review, possibile perciò che arrivi in una fase successiva. L'equilibrio dei conti pubblici rimarrà vincolo assoluto nel nostro lavoro.
<p><b>Il piano Giavazzi per tagliare gli incentivi verrà attuato o resterà un esercizio accademico?</b>
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È un contributo autorevole e ci stiamo lavorando per vedere come trasformarlo in norme. Il rapporto conferma il riassetto già fatto al Mise con l'abrogazione di 43 norme e la creazione di un fondo unico perla crescita sostenibile. Dovremo occuparci di tutta un'altra serie di incentivi alle attività economiche, pubbliche e private, per i quali introdurremo criteri di filtro e meccanismi per valutare di volta in volta se un incentivo è giustificato o meno.
<p> <b>L'Italia fatica ad attrarre investimenti dall'estero. Come recuperare?</b>
<p> Ci sono tanti fondi sovrani o fondi istituzionali, comunque investitori internazionali, interessati all'Italia sia nel mondo delle infrastrutture che delle aziende italiane. Mi aspetto alcuni primi segnali importanti già nei prossimi mesi. <br />
E stiamo lavorando a strumenti che aiutino a facilitare questi investimenti: la principale difficoltà per gli investitori esteri riguarda tempi e modi della interlocuzione con i vari enti autorizzativi sul territorio e con le autorità fiscali.
<p><b> Lo stop alla centrale Enel in Calabria è l'ultimo caso di investimenti bloccati da veti di ogni tipo.</b>
<p> Perché non accadano più i tanti casi di ritardo o blocco ingiustificato bisogna avere il coraggio di intervenire sulla organizzazione della Pubblica amministrazione e della politica, soprattutto sul territorio. Oggi troppe decisioni sono di responsabilità condivise da troppe entità. La prima riforma da fare, che necessita però di un tempo superiore a quello che ha questo governo, dovrebbe essere ripulire il numero di livelli istituzionali e stabilire con chiarezza chi ha il potere di decidere, su che cosa e in che tempi. Su questi temi ci giochiamo l'Italia dei prossimi anni. Sulla banda larga il nostro Paese è in netto ritardo.
<p> <b>Per la nuova rete il modello giusto può essere una newco con Telecom e Cassa depositi e prestiti attraverso Metroweb?</b>
<p>Ci stiamo adoperando perché venga accelerato molto il processo di ammodernamento della nostra rete di telecomunicazioni: è una priorità. Per le reti il modello Terna per l'elettricità o Snam per il gas può essere la scelta più saggia sia in termini di efficienza che di promozione della concorrenza.
<p> <b>Non c'è il rischio che la Cdp diventi una sorta di ritorno all'Iri?</b>
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È necessario assicurare risorse adeguate alle reti sulle quali si deve investire per ammodernare il Paese. Non sempre il solo privato garantisce questa visione di sistema e, in taluni casi, un impegno pubblico-eventualmente associato al mercato - può garantire in maniera più efficace investimenti, apertura di mercato e interesse nazionale.
<p> <b>Lei ha capito che fine ha fatto il piano Fabbrica Italia di Fiat?</b>
<p> Seguiamo ovviamente con grande attenzione il progetto Fabbrica Italia. Dalle dichiarazioni che si sono susseguite è evidente che tale progetto si è modificato. Ci aspettiamo, a questo punto, che responsabilmente l'azienda chiarisca con nettezza al Paese, nell'ambito della sua nuova fisionomia globale, obiettivi e piano di investimenti che ha rispetto all'Italia. Siamo molto attenti a questo.
<p><b>Incontrerà Marchionne per chiedere aggiornamenti?</b>
<p>Non è un problema di incontri.
<p><b>Il problema è il ruolo che lo Stato deve avere davanti a pezzi importanti dell'industria italiana che possono essere a rischio.</b>
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<p>Noi dobbiamo creare condizioni perché ci siano investimenti nel nostro Paese e perché sia meno difficile fare impresa. L'Agenda per la crescita affronta concretamente molte delle problematiche che riguardano i principali fattori di competitività. Senza mai diventare dirigista: che lo Stato si sostituisca alle imprese per determinarne le scelte strategiche, industriali o commerciali è lontanissimo dalle idee di questo governo e, del resto, ogni volta che si è agito diversamente si sono fatti pasticci.
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<b>Tra i rumors c'è quello di un interesse di Volkswagen per Alfa Romeo...</b>
<p> Ovviamente, anche se ci fosse, non potrei dirlo.
<p><b>Ma lei ha segnali di investitori internazionali interessati a entrare nel settore automobilistico in Italia?</b>
<p> Di sicuro la produzione automobilistica in Italia ha grande tradizione e qualità, ci può certamente essere interesse da parte di investitori internazionali, almeno me lo auguro.
<p> <b>E i tedeschi interessati ad Ansaldo Energia?</b>
<p> Finmeccanica ha comunicato che non si sente in grado di seguire tutti i settori che oggi ha in portafoglio, in più ha un problema di indebitamento, quindi ha individuato alcune possibili aree di dismissione. Quello che conta è fare in modo che queste aziende abbiano azionisti solidi e in grado di garantire il loro sviluppo di mercato. È ovvio che vediamo con favore l'impegno e la crescita di gruppi italiani, ma ancora di più lo sviluppo in Italia di investimenti e occupazione.
<p> <b>Come sta vivendo l'indagine della Procura di Biella che la coinvolge su Biverbanca, che è stata una controllata di Intesa?</b>
<p> Mi ha fatto piacere che la stessa Procura abbia chiarito con un comunicato che, per quanto mi riguarda, si è trattato di un atto dovuto, visto il ruolo di amministratore delegato del gruppo.
<p> <b>È fiducioso sulla soluzione del caso Ilva?</b>
<p> Siamo ottimisti che gli interventi attuati e programmati possano rendere compatibili il rispetto delle norme e il mantenimento in attività di un'azienda oggettivamente molto importante per il Paese.
<p><b>Si dice che sarà uno dei protagonisti del riordino dell'area moderata italiana. Ha quest'ambizione?</b>
<p> Per il momento ho l'ambizione di fare bene il ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e Trasporti.<br />
<br/>fonte: <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1INH31">Il Sole 24 Ore - Fabrizio Forquet e Carmine Fotina </a>